Assessorato alle Politiche sociali. Immigrazione. Progetto giovani. Cooperazione internazionale. - Ai Responsabili del Settore Pubblica istruzione
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- Romolo Sorrentino
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1 Direzione Generale Politiche Sociali Servizio Politiche Familiari, Infanzia e Adolescenza Prot. n /DPS Bologna, lì 9 marzo Ai Responsabili del Settore Pubblica istruzione - Ai Responsabili del Settore Servizi sociali Alla FISM regionale Alla Lega della Cooperative regionale Alla Confcooperative regionale e, p.c. - Agli Assessori alla Pubblica istruzione - Agli Assessori ai Servizi sociali dei Comuni e delle Province dell Emilia - Romagna LORO SEDI Oggetto: indicazioni sull applicazione della legge regionale n.1 del 2000 ad integrazione delle precedenti circolari Prot. n /DPS del 5 maggio 2000 e Prot. n /DPS del 7 novembre A un anno dall entrata in vigore della legge regionale in materia di servizi educativi per la prima infanzia e della prima direttiva di attuazione (Delib. C.R. n del 28 febbraio 2000) è possibile riassumere le principali problematiche emerse e segnalateci dagli Enti locali e da gestori privati. Qui di seguito si elencano i principali temi trattati nei quesiti, e le difficoltà interpretative fin qui prospettate. AUTORIZZAZIONE AL FUNZIONAMENTO E ACCREDITAMENTO La legge (art. 1, comma 3) prevede tra l altro, l emanazione di direttive concernenti le procedure per l autorizzazione al funzionamento e l accreditamento. Per predisporre uno strumento utile e snello, questa Amministrazione ritiene che le procedure sull autorizzazione al funzionamento debbano essere concordate con i Comuni, che dovranno gestirle; a questo scopo sta per essere istituito un gruppo tecnico, con l incarico di predisporre la bozza dell atto, che verrà poi portato alla più ampia consultazione.
2 . Come indicato nella circolare del 30 maggio 2000, fino alla emanazione di tale direttiva, i Comuni sono legittimati alla concessione di provvedimenti di autorizzazione provvisoria ai servizi provvisti dei requisiti indicati nella legge e nella direttiva citata, con riserva di integrare la procedura con gli adempimenti che saranno previsti nella futura direttiva (ad es. il parere della Commissione tecnica provinciale di cui all art. 23 della legge). Si segnala che, per meglio gestire il periodo provvisorio, molti Comuni hanno adottato una delibera consiliare, che indica le procedure per la richiesta e la concessione dell autorizzazione.. L accreditamento costituisce per legge (art. 19 comma 2), condizione per l accesso a finanziamenti pubblici, e, dunque, anche per il convenzionamento. Le procedure per l accreditamento formeranno oggetto di un successivo provvedimento, fino all emanazione del quale i Comuni potranno naturalmente continuare a stipulare contratti e convenzioni con soggetti privati, a condizione che gli stessi abbiano i requisiti richiesti dalla legge per l accreditamento (art. 19). GRAVE PREGIUDIZIO PER I BAMBINI E ASSENZA DI DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE I requisiti la cui assenza può comportare grave pregiudizio per i bambini sono senz altro quelli relativi a sicurezza, igiene, funzionalità dell ambiente, tutela del benessere elencati al paragrafo 1.3 della direttiva sui requisiti strutturali, ma questi non esauriscono ogni possibile fattispecie; si pensi, ad esempio, al caso di un servizio che rimanga privo, per un periodo non breve, di qualsiasi spazio esterno: ciò rappresenterebbe un pregiudizio per i bambini che possono rimanere al nido per l intero arco della giornata. In quest ultimo caso occorrerebbe trovare una soluzione che ovviasse alla carenza di spazio esterno, in assenza della quale potrebbero scattare le misure previste all art. 21 della legge regionale. Si pensi inoltre alla assenza di una tabella dietetica approvata dall Azienda USL, o all assenza (reiterata) di personale qualificato o al mancato rispetto del rapporto numerico indicato dalla direttiva. A tale proposito si ribadisce, come già affermato nella parte narrativa della delibera n.1390, citata, che i provvedimenti regionali indicano solo i requisiti richiesti ai fini del funzionamento dei servizi, senza interferire su eventuali altre norme vigenti e non pertinenti alle competenze regionali. Con ciò si vuol dire, ad esempio che, seppure la legge regionale non cita l obbligo del rispetto della normativa antincendio, ciò non significa che il privato non vi sia tenuto, se ciò sia previsto dalla normativa statale. In sintesi, non è possibile enumerare con precisione tutti i requisiti la mancanza dei quali comporti un grave pregiudizio per i bambini; la legge ha voluto tuttavia assicurare che le sanzioni della sospensione e della revoca del provvedimento di autorizzazione scattino solo in presenza di episodi gravi. La sospensione e la revoca del provvedimento di autorizzazione, proprio perché conseguenti a fatti gravi, e comunque solo dopo l inutile decorso di tempi assegnati per provvedere, comporta la chiusura del servizio, proprio per assicurare la cessazione di comportamenti dannosi per i bambini. In caso di servizi educativi funzionanti in assenza di autorizzazione al funzionamento il Comune dovrà diffidare il soggetto a presentare entro un certo termine la domanda di autorizzazione, e, nel contempo, nello svolgimento delle sue competenze di vigilanza, controllare l esistenza dei requisiti fissati a tutela della sicurezza, igiene, funzionalità dell ambiente e del benessere dei bambini e di quant altro necessario a tutela degli stessi, per valutare che non si ricada nei casi di pericolo di cui sopra. Qualora il titolare dovesse impedire l ispezione, sarebbe possibile procedere alla chiusura del servizio, solo in quanto il Comune sarebbe impossibilitato a verificare che non esistano pericoli per la salute dei bambini.
3 SERVIZI RICREATIVI Assessorato alle Politiche sociali. Immigrazione. Progetto giovani. Numerose sono state le richieste di chiarimento in ordine alla natura e alla disciplina dei servizi ricreativi. L art. 9 della L.R. 1/2000 stabilisce per i servizi ricreativi rivolti a bambini al di sotto dei tre anni un regime diverso da quello dei servizi educativi, proprio in virtù delle differenti finalità delle attività che vi si svolgono e, conseguentemente, del diverso rapporto che si instaura nei due casi tra i bambini e il personale e le strutture, nonché del tempo di permanenza nelle stesse. I servizi ricreativi non necessitano di autorizzazione al funzionamento, né, conseguentemente, devono possedere i requisiti richiesti dalla legge per ottenerla, né quelli strutturali (esclusi quelli relativi alla sicurezza e alla salute dei bambini), né quelli organizzativi, quale il possesso dei titoli di studio elencati al capitolo 5.4 della direttiva n. 1390/2000 per i soli servizi educativi. Quanto ai caratteri di estemporaneità ed occasionalità indicati dalla direttiva come caratteristici di tali servizi, non è possibile definirli esattamente, sia a causa della varietà di tipologie esistenti, sia perché si tratta di caratteristiche non misurabili con assoluta precisione. E tuttavia possibile fornirne alcuni indicatori, che occorrerà comunque valutare in rapporto a ciascun singolo caso. Ad esempio sarà difficile qualificare come ricreativo un servizio quotidiano, o con una periodicità definita, casi nei quali pare ragionevolmente sussistere quella continuità di rapporti che è una delle principali caratteristiche del rapporto educativo, specie a favore di bambini con meno di tre anni. Hanno invece carattere occasionale i servizi che vengono prestati, anche quotidianamente, in occasione di vacanze, in località turistiche a favore di famiglie e bambini in villeggiatura, a condizione che non abbiano durata superiore a due, tre settimane. Il fatto che i servizi ricreativi non siano soggetti all autorizzazione al funzionamento, ma debbano presentare esclusivamente denuncia di inizio attività, non esime il Comune dall obbligo di effettuare controlli sui servizi, ai sensi dell art. 9 comma 5. L autodichiarazione del privato deve attestare il possesso dei requisiti previsti all art. 27, commi 2 e 3 della legge e di quelli previsti al paragrafo 1.3 della direttiva n. 1390/2000, cioè quelli relativi alla sicurezza, igiene e funzionalità dell ambiente e tutela del benessere; a tal fine non può ritenersi sufficiente la generica attestazione allegata alla autodenuncia, che non fa riferimento ad alcuna norma in merito, né cita dati di fatto dai quali si possa evincerne il rispetto. Dal momento del ricevimento dell autodichiarazione scatta per il Comune l obbligo della vigilanza di cui all art. 12 comma 1 lett. a) della legge regionale, oltre alla facoltà di disporre i controlli di cui all art. 9, comma 5 della stessa legge. TITOLI DI STUDIO DEL PERSONALE EDUCATORE La direttiva n.1390/2000, al capitolo 5.4 elenca tassativamente i titoli di studio validi per l accesso ai servizi educativi per la prima infanzia. L art. 37 della richiamata L.R. 1/2000 dispone che le norme relative alle procedure di autorizzazione ed accreditamento, quelle sui requisiti strutturali e le relative norme attuative (direttive) si applicano alle strutture destinate ai servizi per l infanzia di nuova realizzazione, mentre i servizi funzionanti dovranno adeguarsi a tali disposizioni entro cinque anni per quanto riguarda i requisiti strutturali e tre anni per gli altri, a partire dall emanazione delle direttive attuative. Precisato che la Regione non è competente a stabilire l equipollenza tra titoli di studio, trattandosi di competenza ministeriale, si può comunque affermare che, se il servizio privato era funzionante (anche
4 indipendentemente dall esistenza di eventuali convenzioni con il Comune) al momento dell entrata in vigore della L.R. 1/2000 (29 gennaio 2000) l autorizzazione al funzionamento della quale il servizio deve essere munito, può essere concessa a condizione che il titolo di studio mancante venga acquisito entro tre anni dalla emanazione della direttiva n.1390/2000. Può essere utile segnalare che, qualora un Comune avesse inserito il requisito del titolo di studio in un capitolato, senza fare riferimento alla norma transitoria di cui all art. 37, l obbligo del titolo di studio deriverebbe dal capitolato stesso, che, come è noto, ha forza di legge tra le parti. Ciò non deriverebbe dalla applicazione della normativa regionale in materia di servizi educativi per la prima infanzia, ma dal rispetto della normativa statale in materia di contrattazione pubblica. EDUCATRICE FAMILIARE E BABY SITTER Alcuni Comuni hanno richiesto di esplicitare il regime giuridico delle baby sitter, in rapporto con i servizi educativi per la prima infanzia. La legge non nomina la figura della baby sitter, non per vietarla - cosa per la quale non avrebbe nemmeno la competenza, trattandosi di un rapporto di diritto privato, per ciò sottratto alla competenza regionale e che non comporta oneri, né impegni a carico delle Amministrazioni pubbliche -, ma in quanto tale figura non rientra tra i servizi educativi, oggetto della normativa. L art. 16 della legge qualifica come servizi educativi per la prima infanzia quelli che prevedano l affidamento di bambini di età inferiore ai tre anni in un contesto diverso da quello familiare e a fronte di un compenso economico ; i principali caratteri distintivi del servizio educativo sono dunque: a) l affidamento; b) l età dei bambini; c) il contesto diverso da quello familiare; d) il compenso economico. Si può parlare dunque di baby sitter quando una famiglia si accorda con una lavoratrice privata che, in casa della famiglia o in altro luogo scelto e gestito dalla famiglia stessa, si impegni, a fronte di un compenso economico, alla custodia e alla cura dei bambini della famiglia. Il luogo ove i bambini sono accuditi è una discriminante fondamentale, in quanto, se non è possibile - e forse nemmeno auspicabile - che l Ente pubblico entri nell ambito familiare, ciò diventa indispensabile ove il luogo sia diverso, per garantire quelle condizioni di sicurezza, igiene e funzionalità che sono assicurate ai bambini che fruiscono dei servizi educativi. Con l istituzione della figura dell educatrice familiare, di cui al comma 8 dell art. 3 della legge e al paragrafo 6 della direttiva, la Regione vuole offrire una possibilità di servizio educativo diverso e flessibile alle famiglie che riconoscano l importanza di un apposita qualificazione professionale della persona cui affidare i propri figli, inserendola all interno della rete dei servizi educativi. Baby sitter ed educatrice familiare hanno entrambe un rapporto privatistico con le famiglie; ma nel caso dell educatrice familiare l Ente pubblico dà garanzia di professionalità e di collegamento con i servizi del territorio, impegnandosi anche a sostenere economicamente la sperimentazione. SPAZI E LOCALI INTERNI. DEROGHE PER GLI SPAZI ESTERNI La Direttiva sui requisiti strutturali ed organizzativi, già citata, per quanto riguarda l organizzazione dell interno dei servizi, usa una terminologia tecnica, che probabilmente deve essere esplicitata; in particolare è necessario chiarire la differenza tra spazi e locali. Per la corretta interpretazione della terminologia è necessario fare riferimento alle finalità complessive del disposto normativo, che si propone l obiettivo di favorire la crescita qualitativa dei nidi d infanzia, nonché quello di recepire e regolamentare i servizi di nuova tipologia; il tutto nel rispetto delle diversità che caratterizzano i percorsi intrapresi nelle diverse realtà locali.
5 Il progetto pedagogico, che la legge all art. 27 indica come strumento preliminare per l avvio del processo edilizio, dovrà indicare le finalità educative dei servizi e le modalità gestionali per garantirne il funzionamento, nel rispetto del quadro legislativo e delle disposizioni normative di competenza degli Enti locali. Ai paragrafi 2.2 e 2.7 la Direttiva definisce i criteri per l organizzazione degli spazi interni al nido d infanzia facendo uso dei termini spazi e locali/vani. La Direttiva definisce locali o vani quegli spazi che devono avere una chiara delimitazione e sono destinati a funzioni che non ammettono interrelazioni con altre attività (WC, zona filtro, accettazione), mentre definisce complessivamente spazi tutte quelle superfici necessarie al soddisfacimento dello standard, ma la cui organizzazione è conseguenza delle scelte assunte in sede di definizione del progetto educativo gestionale. A questo è affidato il compito di precisare il grado di flessibilità nell uso degli spazi, il loro grado di polivalenza e le procedure gestionali per assicurare il costante mantenimento delle condizioni igieniche e ambientali a livello ottimale. La deroga per gli spazi esterni di cui al paragrafo 2.5 della direttiva è stata prevista per i servizi educativi per la prima infanzia situati nei centri storici o nelle zone identificate come ambiti urbani consolidati, in vista della ristrettezza di spazi normalmente disponibili in tali zone, nelle quali, comunque, trattandosi di zone residenziali, è utile collocare i servizi. La legge (art.36, comma 3) limita la possibilità di deroghe ai servizi funzionanti. Ne consegue che, nelle zone sopra richiamate, il servizio la cui struttura venga costruita ex novo non può fruire delle deroghe previste al paragrafo 2.5 della Direttiva. NORME TRANSITORIE E FINALI A norma dell art. 16 della L.R. 1/2000, l apertura e la gestione dei servizi educativi per la prima infanzia privati...sono soggetti all autorizzazione al funzionamento : con il riferimento alla gestione la legge ha voluto assoggettare al nuovo regime autorizzatorio i servizi già funzionanti, che altrimenti si sarebbero trovati in una situazione di mancanza di regole ingiustificabile e potenzialmente dannosa per i bambini che li frequentano. Come già indicato nella circolare del 7 novembre 2000, i servizi funzionanti che ne abbiano le condizioni devono essere autorizzati al funzionamento. Si ricorda, in ogni caso, che, anche prima dell entrata in vigore della L.R. 1 del 2000, la delibera del Consiglio regionale n del 14 settembre 1978 prevedeva l obbligo per tutti i servizi per la prima infanzia, pubblici e privati, di rispettare le leggi ed i regolamenti regionali allora vigenti in materia. La legge, per evitare di paralizzare l attività di servizi funzionanti, recando così un notevole danno ai bambini frequentanti e alle loro famiglie, ha previsto all art. 37, comma 2, un periodo di tempo per adeguarsi ai requisiti previsti dai Titoli II e III. Per quanto riguarda il Titolo II, relativo ai requisiti e alle procedure per l autorizzazione al funzionamento e l accreditamento, deve intendersi che il periodo di tre anni possa essere utilizzato per l adeguamento ai requisiti richiesti dagli articoli 17 e 19, mentre l obbligo della richiesta di autorizzazione discende direttamente dall entrata in vigore della L.R. 1/2000, avvenuta il 29 gennaio Il triennio, a norma dello stesso art. 37, decorre dalla emanazione delle direttive regionali di attuazione. Per quanto riguarda i requisiti per l autorizzazione al funzionamento la direttiva sui requisiti strutturali ed organizzativi è stata approvata con delibera del Consiglio regionale 28 febbraio 2000, n.1390, dunque il periodo di cinque anni per quanto riguarda i requisiti strutturali ( di cui al Titolo III) e di tre anni per tutti gli altri, decorre da tale data.
6 Diverso è il caso dell accreditamento, procedura che presuppone l esistenza di un servizio già autorizzato, e per il quale sono necessarie indicazioni di livello regionale, deliberate le quali cominceranno a decorrere i tre anni previsti dalla legge per l adeguamento dei servizi privati funzionanti. Gli impegni relativi ai servizi educativi per la prima infanzia che caratterizzeranno l attività della Giunta regionale nel prossimo periodo sono le seguenti: - la proposta al Consiglio regionale della delibera di indirizzi per la programmazione degli interventi per lo sviluppo e la qualificazione dei servizi educativi rivolti ai bambini in età 0-6 anni per il triennio e del programma annuale per l anno finanziario 2001 entro il prossimo mese di aprile; - la proposta al Consiglio regionale della delibera sulle procedure per l autorizzazione al funzionamento entro il prossimo mese di maggio; - la proposta al Consiglio regionale della delibera sull accreditamento entro il prossimo mese di ottobre. A disposizione per qualsiasi chiarimento dovesse ritenersi utile, si inviano distinti saluti Il Direttore generale Politiche sociali dott. Francesco Cossentino
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