Malattie da prione. Dipartimento Scienze Veterinarie Sezione Patologia Animale, Profilassi e Igiene degli Alimenti di Origine Animale

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1 Malattie da prione Dipartimento Scienze Veterinarie Sezione Patologia Animale, Profilassi e Igiene degli Alimenti di Origine Animale Prof. Vincenzo Cuteri

2 Malattie da Prione Queste nuove patologie agiscono nella clandestinità: restano in incubazione silenti per anni e poi uccidono senza pietà ogni individuo infettato. Cominciano con un mal di testa accompagnato da un andatura incerta e vacillante e si trascinano poi spaventosamente, per mesi, fra allucinazioni, paralisi, crisi epilettiche e coma Il cervello delle vittime diventa come una spugna; il loro intelletto si spegne; non riescono più a camminare, parlare, vedere, inghiottire; muoiono lentamente soffocate dalla polmonite o sfinite dalla fame.

3 Andamento delle malattie da prione

4 Il prione è dotato di una straordinaria resistenza

5 Resistenza del Prione Il nuovo patogeno non vuole morire. L autoclave a malapena ne rallenta la crescita, resiste ad ore di trattamento con radiazioni, a mesi di immersione in formaldeide, anni di sepoltura. Sopravvive ad un forno a settecento gradi per mezz ora. E capace di superare le barriere di specie e non evoca risposta immunitaria. Il nuovo patogeno è una proteina: una proteina presente in tutti i mammiferi che quando cambia la sua conformazione diviene capace di propagarsi

6 Prusiner e l eresia del prione Il termine Prione (prion in inglese) si deve a Stanley Prusiner (premio Nobel 1997 per la Medicina). Questo termine fu da lui coniato nel 1982 (quando la BSE non era ancora nota) per indicare un nuovo tipo di patogeni caratterizzati per essere degli agenti infettivi di natura proteica: proteinaceous infective agents Con questo nome Prusiner voleva nettamente distinguere questi agenti dai virus, viroidi e virini per metterne in risalto l assenza di acidi nucleici.

7 Prusiner e l eresia del prione Venne accusato da alcuni colleghi di protagonismo poiché a loro parere, quando scelse questo termine non vi erano ancora evidenze forti in favore di agenti infettivi di natura proteica ed anche perché non era semplice accettare un idea così controcorrente: ovvero di un agente patogeno capace di propagarsi senza la presenza di DNA o RNA. L idea di una proteina infettiva appariva all inizio come un eresia, poiché nettamente controcorrente e perché sembrava sconfessare il dogma centrale della biologia molecolare che afferma che: l informazione va dal DNA all RNA e da questo alle PROTEINE.

8 Prusiner e l eresia del prione Nel 1985 partendo dal frammento NH2 terminale riesce a risalire alla sequenza del gene (situato sul braccio corto del cromosoma 20 nell uomo) codificante per la proteina del prione Il prodotto del gene è un normale costituente dell ospite, una proteina ubiquitaria nei vertebrati Prusiner riconosce che esistono due forme della proteina prionica che si differenziano esclusivamente per il modo in cui la catena degli aminoacidi è avvolta. Prusiner introduce la sigla PrP (Proteina Prionica) e distingue le due forme proteiche usando il suffisso c per la forma cellulare normale (PrP c ) e il suffisso sc per la variante patologica (PrP sc )

9

10 Transizione alla conformazione patogenetica

11 PrP sc

12 Resistenza alle radiazioni

13 PrP sc - resistenza alle proteasi

14 Resistenza alle proteasi

15 Differenze fra PrP C e PrP Sc

16 Resistenza del prione

17 La capacità propagativa della proteina del prione

18 L eresia del prione L idea di una proteina infettiva appariva all inizio come un eresia, poiché sembrava sconfessare il cosiddetto dogma centrale della biologia molecolare. Tale dogma (la cui enunciazione viene attribuita a F. Crick) asserisce che l informazione va dal DNA all RNA e poi alle PROTEINE e non viceversa dalle PROTEINE al DNA. In realtà come vedremo il dogma centrale non c entra nulla, ad essere messa in discussione è eventualmente un altra generalizzazione: (che potremmo chiamare il dogma centrale della microbiologia) che afferma che non esistono agenti infettivi privi di acidi nucleici.

19 Teorie dell infettività del prione

20 La propagazione del prione Attraverso quale via, raggiunge il SNC? Come si propaga entro il SNC?

21 Attraverso quale via il prione raggiungere il SNC? Quale strade percorre? Quanto tempo impiega? Quanto prione é necessario per produrre la malattia?

22 Diffusione del prione

23 Tratto gastrointestinale - placche del Peyer

24 Le placche del Peyer Sono il prototipo del tessuto linfatico mucosale Esse contengono compartimenti linfoidi che sono analoghi alla corticale profonda e ai follicoli dei linfonodi Ciascuna placca contiene numerosi follicoli B separati da tessuto linfoide diffuso Partecipano alla produzione di IgA secretorie e alla induzione di tolleranza sistemica verso alcuni antigeni ambientali

25 Tratto gastrointestinale

26 Le cellule M

27 Il prione usa le cellule M per attraversare l epitelio intestinale Solo quando si induce la differenziazione di cellule M attraverso la co-coltura coltura con cellule linfoidi, si può dimostrare la presenza di materiale infettante nel compartimento basale della coltura Questi dati indicano che la differenziazione delle cellule M nella coltura comporta la transcitosi del prione e che tali cellule possano essere l iniziale porta di ingresso del prione a seguito di trattamento orale.

28 Le cellule dendritiche follicolari

29 Le cellule dendritiche follicolari Le cellule dendritiche follicolari si trovano nei centri germinali dei follicoli linfoidi della milza, linfonodi e nei tessuti linfoidi associati alle mucose (dunque anche nelle placche del Peyer) La maggior parte delle cellule dendritiche follicolari non sono derivate da precursori del midollo osseo e non sono correlate alle cellule dendritiche classiche Le FDCs diversamente dalle classiche DC non esprimono antigeni dell MHC di classe II, e dunque non presentano peptidi antigenici alle T cellule, ma esprimono invece recettori ad alta affinità per il complemento e per il frammento Fc delle IgG Esse hanno la funzione di catturare complessi antigene anticorpo complemento per poi mostrare questi antigeni sulla loro superficie per il riconoscimento da parte dei B linfociti.

30 Il ruolo del sistema immunitario nella propagazione del prione Usando un pannello di animali knochout deficienti in varie funzioni del sistema immune si può concludere che Mentre i difetti a carico dei linfociti T non hanno alcun effetto sulla propagazione del prione, le mutazioni che distruggono la differenziazione e le risposte dei B linfociti (SCID, RAG-/- µ MY-/-) prevengono lo sviluppo di scrapie per via periferica, ma non intracerebrale Le B cellule (o processi dipendenti dalle cellule B) sono fattori limitanti nello sviluppo dello scrapie in seguito ad inoculazione periferica (ip). Ma in animali con alti livelli di infettività nella milza questa è associata ai linfociti B e T ed allo stroma; tuttavia non si riesce a mettere in evidenza alcuna infettività nei linfociti circolanti. Il sospetto comunque che i linfociti B possano essere un carrier per i prioni ci dovrebbe far riconsiderare la sicurezza dei prodotti ematici (sangue e derivati)

31 Dal lume intestinale ai neuroni cerebrali Inizialmente il prione si trova associato alla mucosa (particolarmente nelle M cells) Passa poi nei macrofagi e nelle cellule dendritiche follicolari (FDC) che lo passano ai linfociti T e B la funzionalità dei B linfociti o di processi da essi dipendenti sembra necessaria per la propagazione del prione al SNC Successivamente si ritrova nel sistema nervoso enterico (per prossimità cellulare?) L ingresso al cervello può avvenire attraverso il midollo spinale o attraverso il nervo vago

32 Trasporto lungo l assone

33 Propagazione del prione

34 Propagazione del prione

35 Transizione alla conformazione patogenetica

36 Propagazione del prione

37 La proteina X

38 Quanto prione é necessario per produrre la malattia?

39 L unità infettiva Una singola molecola di PrPsc non è ancora contagiosa, La quantità minima che può scatenare un infezione comprenderebbe almeno singole molecole di PrPsc La lunghezza media delle catene sembra essere di circa 1000 unità

40 Sporadic CJD

41 La proteina del prione Quale funzione?

42 Knoch-Out mice

43 Esperimenti con topi knochout e transgenici

44 Alla ricerca del fenotipo

45 Ruoli della PrP c Detossificazione dal rame Ruolo nella trasmissione GABAergica Ruolo nei ritmi circardiani

46 Struttura della proteina del prione

47 Propagazione del prione

48 Ruolo della proteina del prione nella detossificazione del Cu+

49 Reazione di Fenton

50 Le malattie da Prione umane (note prima del 1995)

51 Le malattie da Prioni umane

52 Area del Kuru

53 La tribù dei Fore

54 Il Kuru Carleton Gajdusek Così Gajdusek definisce il Kuru: è un parkinsonismo tipicamente progressivo, che colpisce soggetti di ogni età, soprattutto donne e bambini. Capita di vedere interi gruppi di giovani adulti sani e ben nutriti andarsene in giro barcollando, con tremori diffusi. Le vittime poi perdono la capacità di deglutire e si consumano di fame e di sete sino alla morte. In altri casi soccombono prima, o per polmonite, o perché incapaci di muoversi, giacendo nell urina o negli escrementi e sviluppando profonde piaghe da decubito che degenerano in cancrena Nobel 1976 per la medicina

55 La tribù dei Fore Nel 1967 fu chiaro che l endocannibalismo nel quale si consumano carni dei propri congiunti spiegava la distribuzione della malattia fra i due sessi e nelle diverse fasce d età; infatti erano le donne e i bambini che mangiavano i cervelli e non gli uomini.

56 Andamento del kuru

57 Il Morbo di Cruetzfeldt-Jacob e le altre malattie da Prione

58 CJD sporadico l origine della forma sporadica può dipendere da una rara conversione spontanea alla conformazione patogenetica oppure da una mutazione somatica

59 Polimorfismo al codon 129 CJD sporadica

60 sporadic CJD

61 Il Morbo di Cruetzfeldt-Jacob e le altre malattie da Prioni

62 Malattie da prione umane FFI e JD178 Mutazioni responsabili della Insonnia Fatale Familiare (FFI) e della variante ereditaria del morbo di Creutzfeldt- Jacob (CJD178)

63 Conversione da PrP mutata

64 Il Morbo di Cruetzfeldt-Jacob e le altre malattie da Prioni

65 Forme Iatrogene: contaminazione GH Alla fine del 1996 la contaminazione di un lotto di ormone della crescita (GH) estratto da ipofisi prelevate da cadavere (tra il 66 e il 77 si erano impiegate circa mezzo milione di ghiandole) produsse circa 130 morti (tutti giovani) 15 in USA 17 nel Regno Unito 40 in Francia

66 Forme Iatrogene

67 Le malattie da Prione negli animali

68 Malattie da prione negli animali Scrapie (sheep) BSE (cattle) infection in genetically susceptible sheep infection with prion contaminated meal lethal lethal TME (mink) infection with prion from sheep or cattle lethal CWD (mule, deer elk) FSE (cats) EUE (kudu, orix nyala) unknown infection with prion contaminated meal infection with prion contaminated meal lethal lethal lethal

69 Lo scrapie Lo scrapie, che veniva chiamata un tempo anche virosi nervosa degenerativa degli ovini, deriva il suo nome dal sintomo più ovvio che l accompagna: il prurito. Questo sintomo era così intenso che le pecore, per trovare un po di sollievo, si strofinavano contro muri, alberi e palizzate finendo per strapparsi la lana dai fianchi

70 Lo scrapie Le prime registrazioni della comparsa di tale patologia in Europa risalgono al All inizio del 1900 la malattia era endemica nelle Isole Britanniche e colpiva ogni anno circa l 1% degli ovini adulti. Poiché erano secoli che la gente mangiava agnelli e montoni provenienti da greggi infette, si trattava evidentemente di una patologia non trasmissibile all uomo, ma che comunque causava gravi perdite agli allevatori

71 Lo scrapie Negli anni trenta i veterinari francesi dimostrarono che lo scrapie era infettivo. Nel 1947 lo scrapie fece per la prima volta la sua comparsa negli Stati Uniti in un allevamento del Michigan che aveva importato ovini dal Canada di provenienza in origine dalla Gran Bretagna.

72 La BSE

73 Apocalypse Cow

74 Perché è comparsa la BSE? (un possibile ipotesi) Le scorie per la produzione della farina animale vennero lavorate a temperatura più bassa e venne anche abbandonata la procedura di estrazione con solventi Le farine lavorate a temperatura più bassa contenevano dunque anche più grassi proteggendo il prione dall inattivazione Le sole due aziende inglesi che continuarono ad usare la vecchia procedura erano quelle che fornivano farine per la Scozia; questa fu l ultima regione del paese a denunciare epidemie di BSE. Inoltre fu aumentata la percentuale di farina usata per l alimentazione dei bovini passando anche in alcuni casi dall 1 al 12%

75 La BSE

76 Il morbo della Mucca Pazza

77 Valutazione del rischio

78 Valutazione del rischio

79 The worst and best case scenario

80 Gestione del rischio Le normative comunitarie e nazionali

81 Le normative (ambiti di applicazione) Una parte della legislazione ha riguardato la regolamentazione dell uso delle proteine animali nell alimentazione del bestiame. Un altra parte ha stabilito quale sia il materiale specifico a rischio nonché le sue modalità di rimozione e distruzione Contestualmente vengono individuati organismi comunitari e nazionali con il compito di sorveglianza epidemiologica della encefalopatia spongiforme e ne vengono definiti i compiti. Norme specifiche vengono anche definite per quanto concerne la possibilità di trasmissione delle TSE all uomo e agli animali tramite l uso di medicinali, sangue e derivati o attraverso altre pratiche mediche potenzialmente a rischio.

82 Regolamentazione dell uso di proteine animali 1988 Divieto nel Regno Unito di Gran Bretagna dell uso di proteine di ruminanti per l alimentazione dei bovini In Italia in accordo a quanto stabilito in ambito CE viene proibita la somministrazione ai ruminanti, con la dieta, di mangimi contenenti proteine derivate da tessuti di mammiferi. Novembre 2000 il divieto viene esteso in quanto si stabilisce di proibire la somministrazione di proteine animali a tutti gli erbivori. 27 marzo Regolamento CE/248/2002: vieta la somministrazione di proteine animali trasformate ad animali d allevamento che sono tenuti, ingrassati e allevati per la produzione di alimenti. La somministrazione di proteine animali ai ruminanti

83 Le farine animali nel nostro paese

84 Materiale specifico a rischio (definizioni) La rimozione di materiale specifico a rischio dai prodotti destinati ad alimenti e mangimi rappresenta la misura più importante a tutela della salute pubblica. Tale materiale comprende attualmente (reg.ce 270/2002) Cranio, compresi cervello ed occhi; tonsille; colonna vertebrale escluse le vertebre della coda e le apofisi trasverse delle vertebre lombari, ma includendo i gangli spinali e il midollo spinale di bovini di età maggiore di 12 mesi nonché gli intestini, dal duodeno al retto, e il mesentere di bovini di qualunque età Cranio,compresi cervello ed occhi; nonché tonsille e MS di ovi-caprini di età superiore ai 12 mesi e della milza di animali di qualunque età. Oltre al materiale specifico a rischio suddetto devono essere considerati materiale specifico a rischio, nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e in Portogallo, ad eccezione della Regione autonoma delle Azzorre, i seguenti tessuti: l'intera testa, esclusa la lingua, e includendo il cervello, gli occhi, i gangli trigeminali e le tonsille; il timo, la milza e il midollo spinale dei bovini di età superiore ai 6 mesi.

85 Materiale specifico a rischio (procedure rimozione ed eliminazione) Il materiale specifico a rischio è rimosso presso i macelli, i laboratori di sezionamento e gli impianti e le strutture per il trattamento di materiali ad alto rischio e viene contraddistinto (onde evitare l uso illegittimo) tramite colorazione o altra marcatura che deve permanere sino alla distruzione del materiale La distruzione avviene tramite incenerimento o sotterramento in discarica autorizzata

86 Sistemi di sorveglianza Ogni stato membro ha adottato un proprio sistema interno di sorveglianza tra i cui compiti è prevista una dettagliata raccolta dei dati che andranno a confluire in un registro europeo. In Italia tramite apposito decreto 7/01/2000 è istituito il Sistema Nazionale di Sorveglianza Epidemiologica della Encefalopatia Spongiforme. Tale sistema comprende tra l altro Responsabili degli allevamenti I servizi veterinari Il dipartimento degli alimenti nutrizione e sanità pubblica veterinaria del Ministero della Sanità L Istituto Superiore di Sanità Gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali Il CEA e il COVEPI (Centro di Referenza Nazionale Veterinario per l Epidemiologia la Programmazione e l Informazione) Gli stabilimenti di produzione di mangimi per l alimentazione dei ruminanti Gli stabilimenti di trasformazione dei rifiuti di origine animale per la produzione di alimenti destinati al consumo animale I titolari degli stabilimenti di Macellazione Una Banca Dati Informatizzata

87 Sistemi di sorveglianza Il regolamento CE 270/del 14 febbraio 2002 stabilisce con precisione quali siano i controlli da effettuare sulla popolazione bovina e ovi-caprina degli stati membri.

88 Best-Case Scenario

89 Best-case Scenario 2

90 These are the guinea pigs Un poster della Associazione dei vegetariani in risposta alla seguente affermazione del governo inglese: il modo migliore per sapere se la BSE si può trasmettere agli esseri umani consiste nel monitorare tutti i casi di CJD nei prossimi 20 anni

91 Il primo caso di BSE in Italia

92 Come viene effettuato il test per riscontrare la presenza di prione

93 3 tipi di test 1 Western Blotting (Prionics Check) 2 ELISA (con reagente chemiluminescente) (Enfer) 3 Immunodosaggio a sandwich (Bio Rad)

94 Affidabilità del test Il test attualmente in uso per determinare se una mucca macellata è infetta presenta un tasso di falsi negativi troppo elevato

95 La nuova variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob

96 New vcjd Nel 1996 la nuova variante della Creutzfeldt-Jakob viene ufficialmente riconosciuta come una nuova malattia. Essa rappresenta la forma umana della BSE

97 New vcj

98 Aspetto spongiforme e placche amiloidi nella nvcjd

99 La barriera di specie

100 Monthly CJD statistical figures

101 New vcjd (età di comparsa)

102 Quante morti ci dobbiamo attendere?

103 Polimorfismo al codon 129 e CJD sporadica

104 Modelli di epidemie

105 Criteri diagnostici

106 Criteri diagnostici per la nvcjd

107 Criteri diagnostici EEG La presenza di complessi trifasici generalizzati ad onde strette alla frequenza di 1-2 cicli al secondo è indicativa nella diagnosi della forma sporadica della CJD

108 Criteri diagnostici MRI scan BILATERAL PULVINAR HIGH SIGNAL ON MRI SCAN on nvcdj

109 Criteri diagnostici biopsia tonsillare (positiva solo nella nvcjd)

110 La malattia di Alzhaimer

111 Possibili strategie terapeutiche

112 5 possibili strategie terapeutiche

113 Strategia 1 (bloccare la sintesi di PrPc) Creare animali senza proteina del prione PrP KO Nucleotidi antisenso Ribozimi

114 Strategia 2 (stabilizzare la forma cellulare) Lo scopo è di rendere il cambiamento conformazionale energeticamente sfavorevole

115 Strategia 3 (aumentare la clearance della PrPsc) Farmaci che destabilizzano gli aggregati polimerici di PrPsc per ripristinare la sensibilità alle proteasi lisosomiali

116 Strategia 4 (interferire con il binding della PrPc con la PrPsc agendo sulla PrPsc

117 Strategia 4b (interferire con il binding della PrPc con la PrPsc agendo sulla PrPc

118 Strategia 5 (interferenza con la Proteina X) Attraverso un approccio structure based sono state identificate nel data base (Available Chemical Directory) 1000 potenziali molecole candidate. 63 sono state testate e due di queste hanno mostrato la capacità di inibire in modo dose dipendente la formazione della PrPsc e di avere un basso livello di tossicità Una ricerca substrutturale nella stessa directory ha rivelato altre 5 molecole eterocicliche che mimando la struttura superficiale della proteina del prione nella regione che lega la proteina X interferiscono nel processo di replicazione

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