Sezione I Disposizioni generali

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1 Sezione I Disposizioni generali Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) Rito ordinario di cognizione: il procedimento regolato dalle norme del titolo I e del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile; b) Rito del lavoro: il procedimento regolato dalle norme della sezione II del capo I del titolo IV del libro secondo del codice di procedura civile; c) Rito sommario di cognizione: il procedimento regolato dalle norme del capo IIIbis del titolo I del libro quarto del codice di procedura civile. COMMENTO 1. I tre riti applicabili. La permanenza della specialità dei riti L art. 1 D.Lgs , n. 150 definisce i riti ai quali sono stati ricondotti i vari procedimenti speciali, con la specifica indicazione delle norme del codice di procedura civile che prevedono e disciplinano ciascun rito. In particolare: a) il rito ordinario di cognizione è il procedimento regolato dalle norme del titolo I e del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile (artt e artt c.p.c.); b) il rito del lavoro è il procedimento regolato dalle norme della sezione II del capo I del titolo IV del libro secondo del codice di procedura civile (artt c.p.c.); c) il rito sommario di cognizione è il procedimento regolato dalle norme del capo IIIbis del titolo I del libro quarto del codice di procedura civile (artt. 702bis-702quater c.p.c.). Dovendo necessariamente confrontarsi con gli evidenziati limiti della legge-delega, il compito del legislatore delegato non era semplice, ma l impressione è che, sebbene finalizzato a ridurre i riti speciali contenziosi, esso non riuscirà a determinare un effettiva riduzione di tali riti. Anzi, paradossalmente potrebbe sortire l effetto opposto.

2 20 I riti semplificati - Parte II - D.Lgs. 150/2011 Le soluzioni prospettate dal D.Lgs. 150/2011 appaiono più una misura di razionalizzazione dei riti speciali che una vera e propria semplificazione e riduzione. La stessa Relazione illustrativa del testo ammette che l intervento «non può ritenersi esaustivo delle esigenze di semplificazione e di razionalizzazione del sistema processuale civile, in conseguenza delle rilevanti delimitazioni contemplate dalla legge di delega, che ha escluso la possibilità di intervenire sulle disposizioni processuali in materia di procedure concorsuali, di famiglia e minori» e altre. È sicuramente apprezzabile la scelta di preferire alla tecnica della novella legislativa la compilazione, in un unico testo legislativo, di tutta la normativa processuale speciale interessata dalle modifiche, sostituendo le norme previste dalle singole leggi speciali con dei richiami al nuovo testo legislativo. Questo consente, infatti, di rinvenire agevolmente in un unico testo tutte le norme che disciplinano ciascun procedimento speciale. In questo modo si supera la frammentazione della disciplina sui riti speciali che attualmente è ricompresa nelle diverse leggi speciali e l intera disciplina processuale speciale viene assorbita in un unico testo legislativo, realizzando in tal modo una sorta di testo unico dei riti speciali, ma è difficile sostenere che la conseguenza di ciò sia anche il superamento della specialità dei riti o, meglio, di una parte di essi, obiettivo che invece era alla base della legge-delega. A ben vedere, infatti, il legislatore delegato ha raccolto la delega circa i modelli processuali da utilizzare, ma ha ritenuto opportuno una volta individuato il rito di destinazione per ognuno dei riti speciali da superare dedicare una disciplina speciale integrativa di quella generale dello stesso rito di destinazione contenuta nel codice. Il risultato è decisamente deludente: fermi i modelli di riferimento (rito del lavoro, procedimento sommario di cognizione, rito ordinario), di fatto si conserva la specialità della disciplina processuale da applicare a ognuna delle categorie di controversie interessate dal decreto legislativo. Vale la pena rilevare che la specialità del rito ricorre sia quando la sua disciplina è integralmente autonoma e differenziata, sia quando pur con riferimento a un unico modello processuale si introducono singole disposizioni processuali speciali, che in qualche modo integrano o modificano la disciplina generale del modello processuale di riferimento. Il D.Lgs , n. 150, premesse alcune norme comuni a tutti i riti interessati dal nuovo intervento normativo, ha disciplinato analiticamente i vari procedimenti (uno per ogni articolo), pur tenendo presenti i modelli processuali di riferimento indicati dalla legge-delega. Il risultato è che i procedimenti speciali presi in considerazione sono stati riscritti e impostati

3 Sezione I - Disposizioni generali 21 secondo i tre modelli di riferimento indicati dalla legge-delega, e non adattati ai tre riti fondamentali, che nelle intenzioni del legislatore delegante dovrebbero rimanere come gli unici riti di cognizione. È sintomatico di questo modo di operare il fatto che gli artt D.Lgs. 150/2011 si presentano come una raccolta di procedimenti in linea di massima regolati dal rito di destinazione indicato dalla legge-delega, salve le specifiche disposizioni aggiunte proprio in ognuno degli articoli richiamati. In ognuno di questi articoli, infatti, il 1 comma ripete quasi ossessivamente che alle controversie richiamate si applica il rito di destinazione scelto (lavoro, sommario o ordinario) «ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo» o «ove non diversamente disposto dal presente articolo». È evidente che sono proprio queste disposizioni specifiche che connotavano e continuano a connotare la specialità del rito. 2. La scarsa incidenza pratica della riforma Normalmente, la scelta di ricorrere a processi speciali, ovvero diversi da quello ordinario, è giustificata dalla particolare natura delle controversie nella consapevolezza che il principio di uguaglianza sostanziale (art. 3, co. 2, Cost.) e quello di effettività della tutela giurisdizionale (art. 24, co. 1, Cost.) impongono al legislatore di ricorrere a forme di «tutela differenziata» adattate alle peculiarità sostanziali delle singole situazioni giuridiche da tutelare. L art. 54 L. 69/2009, dopo aver individuato i riti che il legislatore delegato avrebbe dovuto utilizzare come «riti di destinazione» per la conversione dei riti speciali, ha imposto di salvaguardare, della previgente disciplina processuale speciale, sia le disposizioni che configurino, in capo al giudice, poteri istruttori ufficiosi più ampi di quelli consentiti dal «rito di destinazione» prescelto, sia le disposizioni finalizzate a produrre effetti che non possono conseguirsi con la disciplina del «rito di destinazione» contenuta nel codice di procedura civile. Tale operazione conservativa si giustifica nell ottica di superare i riti speciali salvaguardando, tuttavia, le disposizioni processuali speciali ispirate dall esigenza di assicurare la parità sostanziale fra le parti (nel caso della previsione di poteri probatori ufficiosi più ampi) e l effettività della tutela giurisdizionale (nel caso della previsione di meccanismi processuali in grado di assicurare effetti sostanziali che non avrebbero potuto conseguirsi con la disciplina codicistica). Il D.Lgs. 150/2011, invece, ha preferito salvare, della previgente legislazione speciale, tutti gli effetti processuali previsti dalla legislazione speciale previgente, anche quelli non consentiti dalla disciplina del rito di

4 22 I riti semplificati - Parte II - D.Lgs. 150/2011 destinazione, con la conseguenza che l effetto di semplificazione dei riti speciali presi in considerazione è sostanzialmente nullo (il decreto legislativo si riduce a un elencazione di riti diversi anche all interno del medesimo modello processuale applicato). Art. 2 Disposizioni comuni alle controversie disciplinate dal rito del lavoro 1. Nelle controversie disciplinate dal Capo II, non si applicano, salvo che siano espressamente richiamati, gli articoli 413, 415, settimo comma, 417, 417bis, 420bis, 421, terzo comma, 425, 426, 427, 429, terzo comma, 431, dal primo al quarto comma e sesto comma, 433, 438, secondo comma, e 439 del codice di procedura civile. 2. L ordinanza prevista dall articolo 423, secondo comma, del codice di procedura civile può essere concessa su istanza di ciascuna parte. 3. L articolo 431, quinto comma, si applica alle sentenze di condanna a favore di ciascuna delle parti. 4. Salvo che sia diversamente disposto, i poteri istruttori previsti dall articolo 421, secondo comma, del codice di procedura civile non vengono esercitati al di fuori dei limiti previsti dal codice civile. COMMENTO L art. 2 D.Lgs , n. 150 contiene le disposizioni comuni alle controversie disciplinate dal rito del lavoro, necessarie per consentire un efficace adeguamento di tale rito alle controversie specificate nel capo II del decreto. In particolare, sono stati ricondotti al rito del lavoro (artt. 6-13, D.Lgs. 150/2011): a) l opposizione a sanzione amministrativa e l opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada; b) l opposizione a sanzione amministrativa in materia di stupefacenti; c) l opposizione ai provvedimenti di recupero di aiuti di Stato; d) le controversie in materia di applicazione delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali; e) le controversie agrarie; f) l impugnazione dei provvedimenti in materia di registro dei protesti; g) le opposizioni ai provvedimenti in materia di riabilitazione del debitore protestato.

5 Sezione I - Disposizioni generali 23 L adattamento del rito del lavoro a tali fattispecie ha reso necessaria l adozione di disposizioni di coordinamento, per consentire l adeguamento alle materie oggetto dei procedimenti suindicati di regole processuali specificamente introdotte per la decisione di controversie in materia di rapporti di lavoro. Nell emanazione di siffatte disposizioni di coordinamento e di adeguamento si è esclusa l applicazione di quelle disposizioni del rito del lavoro che si giustificano, in quel modello processuale, esclusivamente in virtù dell esigenza di garantire un particolare favor nei confronti del lavoratore, anche in considerazione della peculiare connessione, nel rapporto di lavoro, dei diritti del lavoratore con i diritti della personalità, qual è il diritto a un esistenza libera e dignitosa sancito dall art. 36 Cost. Pertanto: a) è stata sancita l inapplicabilità delle previsioni del rito del lavoro oggettivamente incompatibili con le materie diverse da quelle indicate dall art. 409 c.p.c., come nel caso della disciplina della competenza territoriale e della competenza del giudice di appello (artt. 413 e 433 c.p.c.), delle specifiche regole per la difesa in giudizio delle pubbliche amministrazioni datrici di lavoro (art. 415, co. 7 e 417bis c.p.c.), dell accertamento pregiudiziale sull efficacia, validità e interpretazione dei contratti e accordi collettivi (art. 420bis c.p.c.), dell esame dei testimoni sul luogo di lavoro (art. 421, co. 3, c.p.c.), del potere di richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali (art. 425 c.p.c.); b) è stata espressamente esclusa l applicazione delle previsioni del processo del lavoro che introducono significative differenziazioni dei poteri processuali; c) è stata esclusa l applicazione delle disposizioni in materia di costituzione e difesa personale delle parti (art. 417 c.p.c.), di condanna officiosa al pagamento degli interessi e della rivalutazione sui crediti di lavoro (art. 429, co. 3, c.p.c.), della disciplina differenziata dell efficacia esecutiva della sentenza (art. 431, co. 1-4 e 6 c.p.c.); d) è stato previsto che l ordinanza anticipatoria di cui all art. 423, co. 2, c.p.c. possa essere concessa su istanza di ciascuna parte ed è stata esclusa la possibilità di deroga ai limiti in materia di prova sanciti dal codice civile consentita nel processo del lavoro dall art. 421, co. 2, c.p.c., similmente a quanto già previsto dalla disciplina delle controversie in materia di locazione, comodato e affitto. L art. 2 prevede, inoltre, l esclusione dell applicazione della disciplina in materia di mutamento del rito dettata dagli artt. 426, 427 e 439 c.p.c., relativa al provvedimento di mutamento del rito da ordinario di cognizione

6 24 I riti semplificati - Parte II - D.Lgs. 150/2011 a lavoro e viceversa, in considerazione del fatto che tale fattispecie è oggetto di una specifica e più completa disciplina contenuta nell art. 4 D.Lgs , n Art. 3 Disposizioni comuni alle controversie disciplinate dal rito sommario di cognizione 1. Nelle controversie disciplinate dal Capo III, non si applicano i commi secondo e terzo dell articolo 702ter del codice di procedura civile. 2. Quando la causa è giudicata in primo grado in composizione collegiale, con il decreto di cui all articolo 702bis, terzo comma, del codice di procedura civile il presidente del collegio designa il giudice relatore. Il presidente può delegare l assunzione dei mezzi istruttori ad uno dei componenti del collegio. 3. Fermo quanto previsto dai commi l e 2, quando è competente la corte di appello in primo grado il procedimento è regolato dagli articoli 702bis e 702ter del codice di procedura civile. COMMENTO L art. 3, analogamente a quanto previsto dall art. 2 per i procedimenti assoggettati al rito del lavoro, contiene le disposizioni comuni alle controversie disciplinate dal rito sommario di cognizione, necessarie per consentire un efficace adeguamento di tale rito alle controversie specificate nel capo III del decreto legislativo. Vengono, in particolare, ricondotti a tale ultimo rito (artt , D.Lgs. 150/2011): a) le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato; b) le opposizioni ai decreti di pagamento delle spese di giustizia; c) le controversie in materia di immigrazione, ivi comprese quelle in materia di diritto di soggiorno e di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell Unione europea o dei loro familiari, di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell Unione europea e di riconoscimento della protezione internazionale; d) le opposizioni al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari; e) le opposizioni alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio;

7 Sezione I - Disposizioni generali 25 f) le azioni popolari e le controversie in materia di eleggibilità, decadenza e incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali, regionali e per il Parlamento europeo, nonché le impugnazioni delle decisioni della Commissione elettorale circondariale in tema di elettorato attivo; g) le controversie in materia di riparazione a seguito di illecita diffusione del contenuto di intercettazioni telefoniche; h) le impugnazioni dei provvedimenti disciplinari a carico dei notai; i) le impugnazioni delle deliberazioni del Consiglio nazionale dell Ordine dei giornalisti; l) le controversie in materia di discriminazione; m) le controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità; n) le controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento. In conformità al criterio di delega previsto dall art. 54, co. 4, lett. b), n. 2), L. 69/2009, è stata esclusa, per tutti i procedimenti suindicati, la possibilità di conversione del rito sommario di cognizione nel rito ordinario. Alcune controversie ricondotte al rito sommario di cognizione come, ad es., quelle in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato prevedono che la decisione di primo grado sia inappellabile, conservando quanto stabilito dall attuale disciplina quale effetto processuale speciale in ossequio alle previsioni della legge di delega (art. 54, co. 2, lett. c), L. 69/2009). Una parte della dottrina ritiene che il procedimento sommario di cognizione, in prime cure, non sia a cognizione piena in quanto carente della compiuta predeterminazione delle forme istruttorie. L art. 702ter, co. 5, c.p.c. prevede, infatti, che «il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo ritenuto più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all oggetto del provvedimento richiesto». Tale dottrina ha affermato che, al fine di garantire almeno un grado di cognizione di merito piena, dovrebbe essere assicurato un appello aperto a ogni nuova richiesta istruttoria, quale infatti si trova disciplinato nell art. 702quater c.p.c. Tale conclusione sarebbe costituzionalmente imposta dall art. 111 Cost., in cui si richiede che il processo, fonte di giudicato, deve essere «regolato dalla legge», e dunque non rimesso alla discrezione giudiziale. A fronte di tale posizione la dottrina maggioritaria ha, invece, affermato la natura piena della cognizione prodotta dal procedimento di cui agli artt. 702bis ss. c.p.c., anche in prime cure.

8 26 I riti semplificati - Parte II - D.Lgs. 150/2011 Si osserva che la sommarietà della forme è concettualmente distinta da quella della delibazione: l ipotesi di un procedimento a «cognizione sommaria» qual era espressamente qualificato, ad esempio, il rito di cui all art. 19 D.Lgs. 5/2003 è logicamente distinta da quella di un procedimento «sommario di cognizione». La qualità della valutazione in ordine alle inferenze probatorie, cioè, può essere massima anche quando si proceda con forme semplificate. Tale conclusione, sposata espressamente anche dai pareri parlamentari, è confermata da una serie di indici positivi: a) il comma 5 dell art. 702ter stabilisce che il giudice procede a tutti gli atti di istruzione rilevanti e non solo a quelli indispensabili, a differenza di quanto, invece, previsto dall art. 669sexies, co. 1, c.p.c. Tale ultima previsione, inserita nella disciplina del procedimento cautelare uniforme, è sintomatica della natura di procedimento a cognizione sommaria del cautelare, giustificata dall urgenza e coerente con la mancata produzione di un giudicato; b) l art. 702ter, co. 5, c.p.c. dispone che il giudice procede agli atti istruttori rilevanti «in relazione all oggetto del provvedimento» richiesto, e non, come si legge nell art 669sexies, co. 1, c.p.c., a quelli indispensabili «in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento» richiesto. Da ciò si ricava che la domanda svolta con il rito sommario è finalizzata alla piena tutela del bene della vita che è ad essa sottesa e ne costituisce, appunto, l oggetto. La finalità della pretesa, cioè, non è la conformazione del provvedimento strumentale alla cautela del diritto, quanto piuttosto la protezione piena quest ultimo. Quest impostazione è fatta propria dalla legge-delega, laddove (art. 54, co. 2, lett. b), n. 2) prevede la riconduzione, al rito sommario in parola, dei procedimenti «in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell istruzione della causa», operando un chiaro riferimento alla semplificazione delle forme e non alla sommarietà della cognizione. Come osservato in dottrina, questa scelta è pienamente legittima sul piano costituzionale, a prescindere dalla corrispondenza con un appello aperto a nuove richieste istruttorie, in quanto l art. 111 Cost. non può essere letto nel senso di richiedere sempre e comunque un processo «interamente» regolato dalla legge quanto, piuttosto, nel senso che la disciplina processuale non può che essere legislativa, vale a dire affidata a norme primarie. Del resto, in applicazione del principio di proporzionalità dell uso della risorsa giudiziaria, non illimitata, l introduzione equilibrata di forme proces-

9 Sezione I - Disposizioni generali 27 suali flessibili è essenziale per garantire il principio anch esso costituzionale e anch esso sancito nello stesso art. 111 Cost. di ragionevole durata dei processi. Tale opzione interpretativa è stata adottata anche dalla Corte costituzionale, che ha sempre escluso l illegittimità del ricorso, da parte del legislatore ordinario, alle forme camerali, ampiamente rimesse alla discrezionalità giudiziale, anche per la composizione di conflitti su diritti soggettivi e status, mostrando che la destrutturazione delle forme istruttorie può abbinarsi anche a controversie vertenti su diritti fondamentali. La giurisprudenza costituzionale ha affermato che tale scelta non è di per sé suscettibile di frustrare il diritto di difesa, in quanto l esercizio di quest ultimo può essere modulato dalla legge in relazione alle peculiari esigenze dei vari procedimenti, purché ne vangano assicurati lo scopo e la funzione. Si deve, pertanto, escludere l illegittimità del rito camerale in quanto tale, dovendo a tal fine valutarsi la sua rispondenza a obiettive ragioni giustificatrici e, in primo luogo, alla natura del processo in cui tale rito si svolge (Corte cost. 587/1989). È stato, altresì, sottolineato più volte che l ammissibilità del rito camerale rinviene una coerente e logica motivazione nell interesse generale a un più rapido funzionamento del processo (Corte cost. 543/1989). Ciò che risulta essenziale è il rispetto del contraddittorio, del diritto alla prova e all assistenza tecnica, che del primo costituiscono la compiuta declinazione, oltre, naturalmente, al presupposto della terzietà del giudice (Corte cost. 170/2009). Il contenitore neutro rappresentato dal modello camerale non richiede, per la sua costituzionalità, il doppio grado di merito. Ne deriva che nel procedimento di cui agli artt. 702bis ss. c.p.c., il fatto che il legislatore abbia previsto un appello «aperto» non implica la necessità costituzionale della scelta, bensì la coerente traduzione dell alternatività che connota quel procedimento rispetto al rito ordinario. In altre parole, il legislatore, ponendo il procedimento sommario di cognizione quale alternativa al rito «comune» per le cause che richiedono un attività istruttoria più semplice, ha previsto due correttivi al «dimensionamento» delle garanzie implicato dalla conseguente semplificazione delle forme: la possibilità, per il giudice, di fissare l udienza di cui all art. 183 c.p.c., riconducendo la causa sui binari «ordinari», e un appello più aperto, ma questo non esclude la facoltà, per il legislatore, di ricorrere a forme semplificate nelle ipotesi in cui la peculiarità della fattispecie lo giustifichi. Sulla scorta di tali considerazioni la Consulta ha reiteratamente escluso l incostituzionalità del procedimento di cui agli artt. 28 ss. L. 794/1942,

10 28 I riti semplificati - Parte II - D.Lgs. 150/2011 che prevede l applicazione di un modello camerale e l inappellabilità (Corte cost. 22/1973, 238/1976 e 96/2008). Alla luce delle considerazioni che precedono, deve ritenersi ampiamente compatibile con le garanzie costituzionali la riconduzione, al rito sommario di cognizione, senza facoltà di conversione al rito ordinario, anche di quelle controversie per le quali è previsto un unico grado di giudizio. Art. 4 Mutamento del rito 1. Quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone il mutamento del rito con ordinanza. 2. L ordinanza prevista dal comma l viene pronunciata dal giudice, anche d ufficio, non oltre la prima udienza di comparizione delle parti. 3. Quando la controversia rientra tra quelle per le quali il presente decreto prevede l applicazione del rito del lavoro, il giudice fissa l udienza di cui all articolo 420 del codice di procedura civile e il termine perentorio entro il quale le parti devono provvedere all eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria. 4. Quando dichiara la propria incompetenza, il giudice dispone che la causa sia riassunta davanti al giudice competente con il rito stabilito dalle disposizioni del presente decreto. 5. Gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. Restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. COMMENTO L art. 4 D.Lgs. 150/2011 disciplina l ipotesi in cui una delle controversie previste dal decreto legislativo venga erroneamente introdotta applicando un rito diverso da quello previsto dalla legge. In particolare, è previsto che: a) il giudice disponga il mutamento del rito, con apposita ordinanza pronunciata anche d ufficio, non oltre la prima udienza di comparizione delle parti; b) se la controversia rientra tra quelle per le quali il decreto prevede l applicazione del rito del lavoro, poiché tale ultimo rito prevede che le preclusioni, assertive e probatorie, scattino in un momento anticipato

11 Sezione I - Disposizioni generali 29 rispetto agli altri riti, con l ordinanza di mutamento del rito deve essere fissata l udienza di cui all art. 420 c.p.c. e il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all eventuale integrazione degli atti introduttivi. Al fine di dissipare dubbi interpretativi sulle forme della riassunzione del giudizio nell ipotesi in cui venga dichiarata l incompetenza del giudice adito, l art. 4, co. 4 impone al giudice che dichiara la propria incompetenza di indicare il rito da applicare per la riassunzione davanti al giudice competente. Il comma 5 dell art. 4 prevede che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito applicato prima del mutamento. La disciplina del mutamento del rito si discosta dalle analoghe norme contenute nel codice di procedura civile, le quali, per quanto riguarda il mutamento del rito disciplinato dal rito del lavoro (artt. 426 e 427 c.p.c.), prevedono la possibilità di adottare il provvedimento di mutamento del rito anche in grado d appello (art. 439 c.p.c.), in ossequio a un particolare favor per il rito del lavoro, strumento di tutela della parte processuale debole (il lavoratore), e in considerazione della connessione, nel rapporto di lavoro, dei diritti del lavoratore con i diritti della personalità. A fronte di ciò, il mutamento del rito sommario di cognizione in rito ordinario è regolamentato dall art. 702ter c.p.c. in modo differente, che consente la pronuncia di mutamento delle forme processuali in uno specifico momento del procedimento, ossia la prima udienza di comparizione delle parti, e non, invece, in grado d appello. Infatti, in quella differente fattispecie, in caso di mancato raccordo con le forme ordinarie in prime cure, vi sarà semplicemente un appello più aperto a nuove richieste istruttorie (art. 702quater c.p.c.), ma non un mutamento del rito in senso proprio, come prescritto, tipicamente, nell art. 439 c.p.c. Nell emanare una disciplina del mutamento del rito comune a tutte le fattispecie, poiché risultava priva di disciplina la fattispecie del mutamento del rito da sommario di cognizione a rito del lavoro, si è tenuto conto: a) dell assenza di ragioni tali da dar luogo a un favor assoluto per uno specifico modello procedimentale; b) dell esigenza di ridurre al minimo l ambito temporale di incertezza sulle regole destinate a disciplinare il processo, al fine di scongiurare vizi procedurali che, riverberandosi a catena su tutta l attività successiva, possano far regredire il processo, in contraddizione con i principi di economia processuale e di ragionevole durata sanciti dall art. 111 Cost.

12 30 I riti semplificati - Parte II - D.Lgs. 150/2011 La disciplina posta si caratterizza, pertanto, per la presenza di una rigida barriera temporale (prima udienza di comparizione), oltre la quale è precluso pronunciare il mutamento del rito, sia in via di eccezione di parte, sia come provvedimento officioso del giudice, analogamente alla disciplina prevista in materia di competenza territoriale. Dalla virtuale consolidabilità del rito erroneamente seguito dalle parti e dall esigenza di circoscrivere al minimo l incertezza interpretativa scaturisce, inoltre, la regola posta dal comma 5 dell art. 4, secondo la quale gli effetti processuali e sostanziali della domanda giudiziale si producono secondo le norme del rito applicato prima del mutamento, al fine di escludere in modo univoco l efficacia retroattiva del provvedimento che dispone il mutamento medesimo. Tale disciplina riguarda unicamente gli effetti della domanda e non incide sulla facoltà della parte convenuta di provocare il mutamento del rito, con apposita istanza tempestivamente proposta. Infine, restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento, al fine di evitare incertezze interpretative in merito al regime delle preclusioni, tutelandosi l affidamento riposto sulle regole procedimentali seguite fino al mutamento. Art. 5 Sospensione dell efficacia esecutiva del provvedimento impugnato 1. Nei casi in cui il presente decreto prevede la sospensione dell efficacia esecutiva del provvedimento impugnato il giudice vi provvede, se richiesto e sentite le parti, con ordinanza non impugnabile, quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni esplicitamente indicate nella motivazione. 2. In caso di pericolo imminente di un danno grave e irreparabile, la sospensione può essere disposta con decreto pronunciato fuori udienza. La sospensione diviene inefficace se non è confermata, entro la prima udienza successiva, con l ordinanza di cui al comma l. COMMENTO Tra le norme che il D.Lgs , n. 150 ha mantenuto in vigore, secondo quanto previsto dall art. 54, co. 4, lett. c) della legge-delega, vi sono quelle che prevedono la sospensione dell efficacia esecutiva del provvedimento impugnato in sede giurisdizionale (ad es., sospensione dell efficacia esecutiva dell ordinanza-ingiunzione, sospensione dell efficacia

13 Sezione I - Disposizioni generali 31 esecutiva del verbale di accertamento di infrazione stradale, sospensione dell efficacia esecutiva del decreto che dispone il pagamento delle spese di giustizia, ecc.). L art. 5 D.Lgs , n. 150 ha introdotto una disciplina uniforme del procedimento di inibitoria, che trova applicazione nei casi in cui è consentita la sospensione del provvedimento impugnato. Al riguardo, va ribadito che, in applicazione dei principi generali, e salvo che la legge disponga diversamente, la proposizione dell opposizione non sospende automaticamente l efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, occorrendo, a tal fine: a) che la legge attribuisca espressamente al giudice il potere di sospendere il provvedimento; b) che la parte abbia formulato un apposita domanda; c) che ricorrano gravi e circostanziate ragioni, di cui il giudice deve dare conto nel provvedimento di sospensione. Si è voluto, in tal modo, sottoporre il potere del giudice di sospendere l efficacia esecutiva del provvedimento a un rigoroso accertamento della sussistenza dei presupposti per la sospensione (ragionevole fondatezza dell opposizione e pericolo di un grave pregiudizio derivante dal tempo occorrente per la decisione dell opposizione), di cui il giudice dovrà dare conto in modo chiaro ed esauriente. Al fine di dare piena attuazione al principio del contraddittorio, l ordinanza che sospende l efficacia esecutiva del provvedimento impugnato non potrà essere emessa prima dell udienza fissata per la comparizione delle parti: tuttavia, se durante il tempo occorrente per l instaurazione del contraddittorio le ragioni dell opponente rischiano di subire un pregiudizio irreparabile, il giudice può disporre la sospensione inaudita altera parte, con decreto pronunciato fuori udienza. Il provvedimento di sospensione dovrà essere confermato alla prima udienza successiva pena la sua inefficacia con ordinanza non impugnabile, nella quale il giudice deve dar conto delle gravi e circostanziate ragioni che giustificano la sospensione dell efficacia esecutiva del provvedimento impugnato. L applicazione dell art. 5 è stata esclusa soltanto per salvaguardare speciali esigenze connesse con la particolare natura del provvedimento impugnato (come nei casi previsti dagli artt. 9 e 21, per i quali è previsto uno speciale procedimento di inibitoria, autonomamente regolato), ovvero quando la sospensione è un effetto automatico dell impugnazione (come, ad es., nel caso previsto dall art. 13, co. 5bis, D.Lgs. 286/1998).

14 32 I riti semplificati - Parte II - D.Lgs. 150/2011 [Omissis]. Art. 34 Modificazioni ed abrogazioni COMMENTO L art. 34 contiene numerose modificazioni e abrogazioni di leggi speciali (per il testo, v. in Appendice). Nell ambito di tale riscrittura e semplificazione della legislazione speciale è stato adottato un modello di intervento già sperimentato in occasione dell esercizio della delega legislativa conferita al governo dall art. 44 L. 69/2009, che ha portato all approvazione del codice amministrativo (D.Lgs. 104/2010). L intervento normativo, infatti, incide sulla legislazione speciale con l eliminazione di tutte le disposizioni processuali ivi contenute, sostituendovi l espressa previsione della giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie il cui oggetto viene delimitato da ciascuna legge speciale e con il rinvio all articolo del D.Lgs , n. 150 che disciplina il relativo procedimento. Inoltre, sono state emanate le necessarie disposizioni di raccordo per garantire l organicità e la coerenza del testo normativo di ciascuna legge speciale oggetto di intervento. Art. 36 Disposizioni transitorie e finali 1. Le norme del presente decreto si applicano ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso. 2. Le norme abrogate o modificate dal presente decreto continuano ad applicarsi alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore dello stesso. COMMENTO L art. 36 detta, infine, la disciplina transitoria, stabilendo che le norme del D.Lgs , n. 150 si applichino ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, conformemente al principio generale espresso dall art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale.

15 Sezione I - Disposizioni generali 33 Allo scopo di evitare eventuali dubbi interpretativi circa l efficacia delle disposizioni abrogative viene, inoltre, espressamente sancita l ultrattività delle norme abrogate o modificate dal presente decreto, le quali continueranno ad applicarsi a tutte le controversie pendenti alla data di entrata in vigore dello stesso.

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