Gli anni Ottanta: verso l istituzionalizzazione e la nascita di centri femminili
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- Adelina Capelli
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1 gore fino al 5 agosto 1981, era stato introdotto dal Codice Rocco, promulgato durante il fascismo, che con l art. 587 prevedeva la riduzione di un terzo della pena per chiunque uccidesse la moglie, la figlia o la sorella per difendere l onore suo o della famiglia. A coronamento dell articolo 587 vigeva l istituto del matrimonio riparatore, che prevedeva l estinzione del reato di violenza carnale nel caso in cui lo stupratore o il seduttore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando così l onore della famiglia. 223 Gli anni Ottanta: verso l istituzionalizzazione e la nascita di centri femminili 84 Se gli anni Settanta furono prevalentemente caratterizzati dalla nascita e dallo sviluppo di movimenti femministi, spesso autonomi e separatisti, impegnati nelle importanti battaglie sopra citate, negli anni Ottanta, i movimenti femministi tesero a una maggiore rarefazione e iniziò un processo di istituzionalizzazione con l ingresso di donne dei movimenti negli organismi istituzionali (Consigli regionali, provinciali, comunali) e vennero creati centri e strutture specificamente rivolti a donne. In Italia, intanto, sempre più ragazze frequentavano le scuole superiori: negli anni Ottanta arrivarono a superare il numero dei colleghi maschi. Secondo un dato dell Istat, erano in possesso di diploma di scuola media superiore il 40% delle ragazze contro il 37% dei ragazzi. Per il sorpasso all Università sarebbe stato necessario aspettare ancora alcuni anni: negli anni Ottanta i laureati erano il 7% contro il 5% delle laureate. In quegli anni le donne entrarono in numero sempre maggiore nel mondo del lavoro e si iniziarono a trovare alcune donne in carriera che raggiunsero posizioni di vertice. Marisa Bellisario, amministratrice delegata nell azienda Italtel, fu la prima italiana a occupare il vertice di una importante struttura produttiva e divenne il modello delle donne in carriera. L altra faccia della medaglia dell emancipazione femminile in Italia fu il calo della fecondità: con un indice di 1,5 per donna, si ebbe un calo del 30% delle nuove generazioni rispetto a quella dei genitori. La Chiesa continuava a tener fede alle sue posizioni conservatrici e il papa Wojtyla, nell enciclica papale Laborem exercens, si pronunciò contro il lavoro femminile affermando: l esperienza insegna che bisogna adoperarsi per la rivalutazione sociale dei compiti materni, della fatica ad essi unita e del bisogno che i figli hanno di cura, di amore e di affetto per potersi sviluppare come persone responsabili [ ] L abbandono for Manifesto del Consultorio Lilith di Merano, Convegno di Studi su Donne e Salute,
2 , 226. Alcune delle prime iniziative culturali del Centro Documentazione ormazione della Donna, Bolzano Logo del Museo della Donna - rauenmuseum di Merano. 85
3 zato di tali impegni, per un guadagno retribuito fuori della casa, è scorretto dal punto di vista della società e della famiglia, quando contraddica o renda difficile tali scopi primari della missione materna Anche in Alto Adige negli anni 80 l attenzione del movimento femminista tese a spostarsi dalle piazze in luoghi più istituzionali e mirò alla realizzazione di progetti specifici. Le donne del gruppo A. Kollontai, che erano state il motore del movimento femminista a Bolzano, si concentrarono prevalentemente sull attività del consultorio A.I.E.D. La legge provinciale sul finanziamento ai consultori privati, approvata nel 1979, favorì la costituzione nel 1982 a Merano di un secondo consultorio gestito da donne e ispirato a criteri femministi e laici, il consultorio Lilith. Si sentì inoltre in quegli anni anche la necessità di recuperare e costruire un sapere femminile, di riflettere sulla storia per costruire delle identità femminili che avessero radici nel passato e di promuovere e diffondere una conoscenza e una cultura femministe. In Italia nacquero a tale scopo diversi centri e librerie di donne. A Bolzano nacque nel 1985 il Centro documentazione e informazione della donna con annessa biblioteca e a Merano, nel 1988, il Museo della donna. Le donne dei movimenti iniziarono anche ad entrare negli organismi istituzionali. A Bolzano nel 1980 alcune donne attive nel Kollontai e nel SVZ- rauen decisero di candidare alle elezioni comunali all interno della lista interetnica Nuova Sinistra/Neue Linke con lo slogan: Una femminista in Consiglio comunale. Nel 1983 si ripresentarono anche alle elezioni provinciali insieme al raggruppamento politico interetnico confluito nella Lista Alternativa/ Alternativen Liste. Per l occasione prepararono un manifesto con lo slogan: Sedici donne nella Lista Alternativa: con le nostre esigenze e le nostre speranze, con ragione e sentimento, con fantasia e concretezza. Grazie anche all impegno di queste donne venne eletta in Consiglio Provinciale Andreina Emeri, una delle promotrici del gruppo A. Kollontai Manifesto elettorale con lo slogan Una femminista in Consiglio Comunale. Nasce la Casa per donne maltrattate 86 Nel frattempo, a metà degli anni 80, all interno del più ampio dibattito sul tema della violenza contro le donne, divenne argomento centrale di discussione fra le donne del movimento altoatesino la costituzione di una Casa per donne maltrattate. Si trattava di un modello ripreso da realtà dell Europa centro-settentrionale, allora sconosciuto in Italia, e lo si voleva proporre in Provincia di Bolzano. Il processo di costituzione fu relativamente lungo, ma giunse a buon fine anche grazie alla positiva collaborazione fra donne fuori e den Manifesto elettorale con lo slogan: Sedici donne nella Lista Alternativa: con le nostre esigenze e le nostre speranze, con ragione e sentimento, con fantasia e concretezza.
4 tro le istituzioni. Nel 1984 su iniziativa delle Consigliere Provinciali Andreina Emeri (Lista Alternativa) e Grazia Barbiero (PCI) venne presentata una mozione in Consiglio provinciale con la richiesta di istituire, con finanziamento pubblico, una Casa delle donne. La proposta fu ripresa nel 1986 dall allora Assessore alla sanità e politiche sociali, Otto Saurer, che istituì una commissione di studio per la realizzazione di tale struttura, all inizio priva di donne e successivamente, in seguito a veementi proteste, soprattutto delle studentesse della Südtiroler Hochschilerschaft, vi furono inserite anche due donne: Michaela Ralser (SH) e Marina Rossi-Dordi (A.I.E.D.). Si giunse così alla realizzazione di una proposta di legge per l Istituzione di un servizio casa delle donne che fu approvata in Consiglio Provinciale nell ottobre Grazie a questa legge fu possibile all associazione Donne contro la violenza creare a Merano la prima casa per donne maltrattate d Italia. Negli anni successivi furono creati centri simili in altre località della Provincia di Bolzano e l esperienza altoatesina venne presa come modello anche da altre realtà italiane. Dall uguaglianza alle pari opportunità Nell arco degli anni 80 un altro passo verso il processo di istituzionalizzazione delle questioni femminili fu fatto con l istituzione delle Commissioni di pari opportunità fra uomo e donna. Nel 1984 si insediò, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Commissione nazionale delle pari opportunità con il proposito di realizzare la parità tra uomo e donna in tutti i campi istituzionali e sociali. La prima Presidente fu la socialista Elena Marinucci. La Commissione divenne un importante punto di riferimento per i diritti delle donne. In Provincia di Bolzano la necessità di creare una tale Commissione fu recepita solo alcuni anni dopo, con legge provinciale del 10 agosto 1989, e nel 1990 venne istituito il primo Comitato provinciale pari opportunità come organo consultivo della Giunta Provinciale. Tale Comitato è composto di 15 donne provenienti da diverse associazioni e organizzazioni femminili della Provincia. Negli anni successivi, come vedremo, questo Comitato assunse un ruolo importante nella diffusione della cultura di genere e delle pari opportunità in tutto il territorio provinciale. Intanto a livello nazionale, agli inizi degli anni 90, le studentesse arrivarono a superare gli studenti anche nelle università: il numero delle laureate raggiunse il 50,2% del totale dei laureati. Nel mondo del lavoro però la parità uomo-donna era ancora lontana. Nel 1990 le lavoratrici dipendenti avevano denunciato un reddi Cartolina delle iniziative del Comitato Provinciale Pari Cartolina delle iniziative del Comitato Provinciale Pari 87
5 to che era pari solo al 76% di quello dei loro colleghi. Per cercare di trovare una soluzione a questo problema e promuovere la parità di trattamento sul lavoro il Parlamento approvò, nel 1991, la legge 125 sulle azioni positive che aveva lo scopo di rimuovere gli ostacoli che bloccavano o rallentavano gli avanzamenti professionali e di carriera delle donne e inoltre cercavano di inserirle, con programmi appositi, in attività professionali nelle quali erano sottorappresentate. u istituita anche la figura della Consigliera di parità con la funzione di vigilare e denunciare le discriminazioni nei confronti delle donne sul luogo di lavoro. Negli anni a seguire anche in Alto Adige in ambito femminile si agì molto per cercare di realizzare la parità in campo politico e professionale e, come detto, un ruolo centrale lo assunse il Comitato Provinciale pari opportunità che, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni 90, promosse una serie di iniziative e azioni per sensibilizzare la popolazione sulla questione delle pari opportunità fra uomo e donna e per fare pressione sulla classe politica affinché introducesse provvedimenti legislativi atti a rimuovere le discriminazioni di genere. Meritano di essere ricordate le numerose iniziative e campagne di denuncia nei confronti della violenza contro le donne, le campagne per il vota donna e per le pari opportunità in ambito politico con la richiesta di introdurre le quote rosa accompagnata da una raccolta di firme a favore di una legge d iniziativa popolare per una presenza paritaria (50%) di donne e di uomini nelle liste elettorali, le campagne per la parità nel lavoro domestico e nelle professioni. Inoltre, anche grazie all azione del Comitato Provinciale Pari Opportunità, si arrivò a ottenere nel 2002 la modifica della legge sul maso chiuso che conteneva una grave discriminazione delle donne nell asse ereditario del maso chiuso. La questione era stata sollevata già dieci anni prima dalla Consigliera provinciale Alessandra Zendron, che aveva proposto un emendamento per mutare la legge negli aspetti in cui violava il principio di uguaglianza fra uomo e donna, ma che non era mai riuscita a trovare la maggioranza in Consiglio 233. Cartolina delle iniziative del Comitato Provinciale Pari Logo della lista civicca rosa, Enrosadira, Bolzano Cartolina delle iniziative del Comitato Provinciale Pari
6 provinciale a causa della tenace resistenza della S.V.P. che anteponeva il rispetto della tradizione alla questione dell uguaglianza dei diritti. Alle elezioni provinciale del 2003, contestualmente a un forte dibattito sulla introduzione della presenza paritaria di donne nelle liste elettorali, che non trovò attuazione per la resistenza dei partiti tradizionali, e alla crescita di una consapevolezza collettiva sulla necessità di una maggiore presenza femminile nella politica, si presentò alle elezioni provinciali per la prima volta una lista civica rosa, Enrosadira, formata prevalentemente da donne. Complessivamente le donne elette in Consiglio provinciale nel 2003 furono il 30%, mai prima si era raggiunta una percentuale così elevata, non solo in Alto Adige, ma in nessun altro Consiglio regionale o provinciale d Italia Logo dell associazione Donne Nissà. 237 Gli sviluppi più recenti Tra la fine degli anni 90 e il 2000, anche grazie ai finanziamenti europei, le pari opportunità e le questioni di genere, nelle loro svariate sfaccettature, continuano a essere dibattute e approfondite in Provincia di Bolzano attraverso corsi e convegni organizzati da vari organismi e istituzioni. Nascono nuove associazioni e nuovi centri: per venire incontro alla crescente presenza di donne straniere nasce a Bolzano l associazione Donne Nissà con funzione di accoglienza e integrazione delle donne straniere. Nascono alcune reti fra associazioni e alcune di queste si uniscono in una ederazione delle Associazioni culturali femminili la quale, in sinergia con il Comune di Bolzano, che mette a disposizione i locali, progetta un Centro interculturale delle donne con la finalità di dare ospitalità, visibilità e dignità ai percorsi culturali, politici e sociali delle donne di tutti i gruppi linguistici. Il Centro interculturale delle donne, che al suo interno ha un Archivio storico delle donne, una biblioteca, un Caffè e lo sportello donna del Comune di Bolzano, vede la sua apertura definitiva nel 2007 e si propone come centro di riferimento per tutta la provincia di Bolzano. Si tratta, cronologicamente parlando, dell ultimo tassello di un percorso di affermazione sociale delle donne in atto in tutto il territorio provinciale destinato a svilupparsi ulteriormente negli anni a venire Centro interculturale delle donne, opera di Cristina Vignocchi Logo dell Associazione rauen helfen rauen Biblioteca della Donna, Bolzano. 89
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