Rhi-Sausi: se la povertà fa spettacolo

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1 Rhi-Sausi: se la povertà fa spettacolo a cura di Cristiana La Bianca C è chi si impegna davvero e chi per finta, ma è comunque importante che se ne parli. Blair e Chirac, Bono e Schumacher, governi e testimonial sotto la lente professionale del direttore del CeSPI Esistono tre palcoscenici per un tema alla moda. Il primo è sempre sotto gli occhi di tutti. Ai bordi delle strade. Nelle mani tese verso chi non ha mai dovuto tendere una mano per chiedere. C è poi la televisione che nel caso di una crisi umanitaria o di uno tsunami, si riempe di immagini e ci impedisce di voltarci dall altra parte. E infine ci sono le grandi occasioni internazionali come il World Economic Forum di Davos o gli appuntamenti del G8: riflettori accesi sui potenti della terra, che un tempo discutevano soltanto le cose dei potenti, e che ora invece sembrano occuparsi soprattutto di povertà. Senza dubbio è diventato un tema alla moda, afferma José Luis Rhi-Sausi, economista e sociologo messicano, direttore del Centro studi politica internazionale (CeSPI). Chi ne discute con maggiore autenticità, chi con minore. Ma l importante è che se ne parli. Perché l essere parte dell agenda internazionale, si traduce in cose concrete. La cornice di Davos lasciava tuttavia perplessi: politici, miliardari, economisti, persino attrici tutti sulle Alpi svizzere a parlare di fame nel mondo. L interesse per l argomento si ripropone ciclicamente. I grandi della terra se ne sono già occupati in altri periodi. E comunque il crescente flusso migratorio non può essere disgiunto dall assenza di opportunità economiche per grandi nuclei di popolazione nel mondo. Ma per capire partiamo dagli obiettivi del millennio fissati dall Onu: il segretario generale Kofi Annan ha stabilito che le nazioni non possono permettere che nel mondo ci sia tanta indigenza, ed entro il 2015 dovrà essere dimezzata. A tale appello hanno aderito diversi soggetti internazionali. Questo ha fatto sì che il forum più importante, da sempre luogo deputatato per discutere di economia, alta finanza e monete, divenisse uno spazio per affrontare il tema povertà. Francia e Gran Bretagna sembrano tuttora fare davvero sul serio. Sì. Ed esiste un indicatore infallibile per stabilirlo: quanto viene destinato dai Paesi ricchi per il contributo pubblico allo sviluppo (Aps). Beh, Parigi e Londra negli ultimi anni hanno invertito la tendenza decrescente degli aiuti e li hanno aumentati. La Gran Bretagna ha addirittura fatto della cooperazione internazionale una parte importante della politica, inserendola persino tra i temi di discussione del G8 di giugno, a presidenza britannica. E comunque è anche importante l effetto dimostrativo: qualcuno inizia, gli altri lo seguono. Imagoeconomica 107

2 DOSSIER Perché lo fanno? In parte ci sono criteri di politica interna: dopo l intervento armato in Iraq, sicuramente Blair è in difficoltà di fronte ai propri concittadini. E gli serve controbilanciare con un serio impegno verso l Africa che soffre. Ma non è soltanto questo. Esiste una molteplicità di fattori che stanno rafforzando l attenzione. La classe politica sa che non occuparsi di queste tematiche, al di là dell elemento morale a esse connesso, crea instabilità e riduce la sicurezza. Oltretutto abbiamo situazioni di una gravità difficilmente immaginabile. Non stiamo parlando soltanto dei più poveri dei poveri. In alcuni Paesi africani il problema riguarda anche l equivalente dei loro ceti medi. Prenda per esempio un intera generazione di insegnanti decimati dall Aids: lei immagini quanto tempo servirà per ricrearla. In tal senso le dico: il fenomeno è diventato troppo grosso per essere ignorato dalla politica. Ormai però siamo alla spettacolarizzazione e allo star system allargato: Tony Blair, Bono Vox e Bill Gates insieme in conferenza stampa rientrano in una foto di gruppo che fa ingiallire persino il ricordo di We are the world. È chiara l invadenza delle tattiche mediatiche per la raccolta fondi. Ma è anche necessaria. Prenda il caso italiano: è praticamente scomparsa la cooperazione ufficiale dello Stato. Grazia Neri_AFP 108

3 L indicatore suggerito dalle Nazioni Unite negli anni Settanta era almeno lo 0,7% del Pil, ma oggi sono pochissimi i Paesi che lo raggiungono, (principalmente Nord Europa e scandinavi). Roma, come sa, è passata all ultimo posto dei donatori in termini relativi. E comunque in pochi casi si arriva allo 0,1%: in parte per vincoli di bilancio, come nel caso italiano; in parte per scelta politica. Ma se l aiuto allo sviluppo non produce voti, non crea lobby, tende a essere meno preponderante nella politica pubblica. Mentre al contrario acquista maggior rilevanza il ruolo del finanziamento diretto: la singola offerta del cittadino. In questo caso si segue una logica molto più mediatica e il testimonial, il cantante o l attrice famosa servono per accumulare più risorse. L esempio più chiaro lo abbiamo avuto con lo tsunami: impressionante quanto si è raccolto con gli sms. Al costo di un euro, chiunque lo può fare e pure molto velocemente. Velocissimo ai tempi è stato anche Michael Schumacher: la sua offerta personale gli ha attirato più simpatia di una vittoria in Formula 1. Anche qui tattica mediatica? Io sono un po antipatico, mi occupo dei poveri e acquisto in simpatia. Ma non lo applichi soltanto a Schumacher. Io sono un governo: faccio relativamente poco per i poveri del mondo, però nell emergenza tsunami arrivo primo. Questo ha effetto sull opinione pubblica interna e anche sul piano internazionale. _Lo star system scende in campo contro la povertà: da Bono (nella foto a fianco con Bill Gates e Tony Blair) e Michael Schumacher (qui a sinistra) sono tanti i testimonial impegnati nella raccolta fondi Contrasto 109

4 DOSSIER Quali sono migliori testimonial italiani in tal senso? Due casi di assoluto successo sono Giobbe Covatta per Amref, molto bravo e molto efficace, e Claudia Koll per il Volontariato Internazionale per lo sviluppo (Vis), la Ong dei salesiani: un organizzazione credibile rappresentata da un volto credibile. E quanto sono efficaci queste organizzazioni? Se non ci sono malversazioni, l aiuto d emergenza arriva. Sia nelle crisi provocate dall uomo come conflitti e guerre, sia per le calamità naturali. Il contributo può essere maggiore o minore, ma è facile quantificarlo. Altra faccenda è però innescare processi di sviluppo e di crescita: in quei casi abbiamo una vasta casistica con risultati alterni. _Il cittadino italiano è molto attivo quando si tratta di emergenza, ma spesso si chiede quanto siano gli aiuti che giungono realmente e in modo efficace sul luogo della calamità. Ma, al di là dell emergenza, servono tempi più lunghi per processi davvero incisivi sulla comunità Non le capita mai di fare un offerta per l Africa e chiedersi se quei soldi arriveranno a destinazione? È indubbio: esiste un ambiente culturale negativo attorno alla credibilità della cooperazione internazionale. Conosco bene il caso italiano, perché l ho studiato a lungo ed è molto significativo: qui la cooperazione è stata toccata da Tangentopoli, e da allora non si è più ripresa. L incidenza è stata davvero forte. Sia per la classe politica, che per l opinione pubblica. Perchè da una parte il politico considera la cooperazione quasi come un terreno minato: meglio stare alla larga. Dall altra, l opinione pubblica ha forse paura che i soldi vengano rubati o che comunque ci sia qualcosa di poco pulito. Altro discorso è quando ci sono di mezzo le Ong. O quando si cercano fondi per questioni tipo per chi ha perso la casa in Bangladesh. Allora la reazione è immediata. Olycom Lei in altre occasioni ha parlato di debolezza delle Organizzazioni non governative. Può spiegare che cosa intendeva? Questa è una tematica più specifica. Ma le faccio comunque un esempio: sa chi sta gestendo i fondi raccolti con gli sms? La Protezione Civile. Questi messaggini dipendono infatti direttamente dalla Presidenza del Consiglio, passano sotto il suo diretto controllo politico e come braccio esecutivo c è la Protezione Civile. La Presidenza del Consiglio sta facendo oggi cooperazione internazionale, quando invece abbiamo nel Ministero degli Esteri la Direzione generale della cooperazione. Ma perché? Per lo stesso motivo che dicevamo prima: perché si cerca visibilità politica. Ma si tratta di aiuti di emergenza, e i soggetti principali che fanno aiuti di emergenza sarebbero la Farnesina come istituzione e le Ong nell esecuzione. Se il mondo non governativo fosse un soggetto forte, questo non sarebbe accaduto. Ma in termini di efficienza sono meglio la Protezione Civile o le Ong? È difficile esprimere un giudizio. Io non ho nessun motivo per dubitare né di uno né dell altro. Esiste però una legge: n

5 del sulla disciplina della cooperazione dell Italia con i Paesi in via di sviluppo. Non dico che sia proibito l intervento della Protezione Civile, ma comunque non è regolamentato. E non si tratta di un caso solamente italiano: succede un po ovunque in Europa. Insomma tutti sembrano alla ricerca dell effetto Schumacher. Un artista come Goran Bregovic sostiene che la sensibilità delle persone è più scoperta oggi: non è più come prima; i poveri ora si vedono, basta accendere la Tv. Lei è d accordo? Non c è dubbio. Tanto è maggiore l attenzione televisiva, tanto più la sensibilità è scoperta. Se lei però vuole sapere se è bene o male, io devo risponderle sì e no. Il cittadino italiano è molto attivo quando si tratta di emergenza. Ma vuole vedere dove vanno a finire i soldi. E si dimostra meno disponibile quando si dice: tu ci dai il denaro, noi facciamo i progetti di sviluppo e tra 5 anni si otterranno i risultati. Il caso tsunami in tal senso è emblematico e paradossalmente negativo perché abitua il donatore a un tipo di cooperazione del tutto e subito. Facendogli perdere consapevolezza del fatto che servono tempi più lunghi per processi davvero incisivi sulla comunità. Proseguendo di questo passo, andremo d emergenza in emergenza. E alla fine il circuito mediatico sfinirà emotivamente lo spettatore-donatore. Ce ne siamo già accorti con la questione dei sequestri: Clementina Cantoni è arrivata in ritardo, quando già iniziava a subentrare la stanchezza. E poi si deve iniziare a pensare in termini più globali alle politiche commerciali. Da una parte si danno i soldi con la cooperazione, dall altra a mala pena entrano in Europa i prodotti agricoli del Sud America o dell Africa, perché la politica Ue è molto protezionistica ancora adesso. In tal senso la cooperazione non può risolvere i disastri realizzati da altri. E non puoi continuare a dare denaro. Per fare cosa? Per coltivare prodotti che tanto i Paesi poveri non riusciranno a vendere? Lei prima mi chiedeva se la Francia faceva sul serio negli aiuti. Sì, ma fa sul serio anche nella vendita delle armi in Africa e sul protezionismo. Mi tolga un ultima curiosità: spesso si dice che alcuni italiani non comprendono questo flusso migratorio, perché non ricordano più quando erano loro ad avere la valigia di cartone: è possibile una paragone? Il flusso verso l'america di fine inizi 900 fu quasi completamente generato da un meccanismo di attrazione più che di espulsione. Non che si stesse bene in Italia allora, ma di certo il richiamo era molto potente: c'erano persino agenzie specializzate per il reclutamento; c erano incentivi; c erano leggi per attirare flussi migratori in Brasile o Argentina. Oggi sono invece gli effetti di espulsione a essere più forti: le condizioni economiche in alcune aree del mondo non permettono una vita degna; rappresentano una motivazione più forte per partire rispetto alle stesse mete del viaggio. E spesso quando si arriva l inserimento non è facile e la vita si fa dura. Olycom 111

6 DOSSIER PROGRESSO INSUFFICIENTE VERSO GLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO DISTRIBUZIONE REGIONALE DEI BAMBINI SOTTO I CINQUE ANNI DI ETÀ CHE MUOIONO OGNI ANNO, 2002 (% del totale) 1,5 Europa centrale e orientale e CIS 5,8 Stati Arabi 33,4 South Asia 42,8 Africa sud-sahariana 12,2 Asia orientale e Pacifico 3,7 America Latina e Caraibi DISTRIBUZIONE REGIONALE DELLA POPOLAZIONE DENUTRITA (% del totale) 4,0 Europa centrale e orientale e CIS 4,1 Stati Arabi 37,6 South Asia DISTRIBUZIONE REGIONALE DELLA POPOLAZIONE CHE VIVE CON MENO DI UN DOLLARO USA AL GIORNO, 2000 (% del totale) 1,9 Europa centrale e orientale e CIS 0,7 Stati Arabi 39,2 South Asia 22,2 Africa sud-sahariana 25,6 Asia orientale e Pacifico 6,4 America Latina e Caraibi Totale globale: 831 milioni nel ,3 Africa sud-sahariana 23,7 Asia orientale e Pacifico 5,1 America Latina e Caraibi Davide Casali (3) DISTRIBUZIONE REGIONALE DELLE RAGAZZE ETÀ DI ISTRUZIONE PRIMARIA CHE NON VANNO A SCUOLA, 2000 (% del totale) 2,2 Europa centrale e orientale e CIS 7,6 Stati Arabi 31,7 South Asia DISTRIBUZIONE REGIONALE DEI BAMBINI IN ETÀ DI ISTRUZIONE PRIMARIA CHE NON VANNO A SCUOLA, 2000 (% del totale) 2,5 Europa centrale e orientale e CIS 7,2 Stati Arabi 31,7 South Asia 39,9 Africa sud-sahariana 11,9 Asia orientale e Pacifico 1,9 America Latina e Caraibi 43,0 Africa sud-sahariana 13,7 Asia orientale e Pacifico 1,9 America Latina e Caraibi Totale globale: 104 milioni nel 2000 DISTRIBUZIONE REGIONALE DELLE PERSONE PRIVE DI ACCESSO A FONTI D ACQUA MIGLIORATE, 2000 (% del totale) 2,7 Europa centrale e orientale e CIS 3,9 Stati Arabi 20,6 South Asia 24,9 Africa sud-sahariana 41,4 Asia orientale e Pacifico 6,6 America Latina e Caraibi DISTRIBUZIONE REGIONALE DELLE PERSONE PRIVE DI ACCESSO A MISURE SANITARIE ADEGUATE, 2000 (% del totale) 12,4 Africa sud-sahariana 39 South Asia 2,1 Stati Arabi 5,0 America Latina e Caraibi 41,5 Asia orientale e Pacifico Totale globale: 2,741 milioni nel