Strategie per il Canavese. Cosa sarà. Ipotesi di futuro e scenari di sviluppo

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1 Strategie per il Canavese Cosa sarà Ipotesi di futuro e scenari di sviluppo 1

2 INTRODUZIONE... 3 Primo atto Prima della grande crisi... 4 Un presente con molte ombre... 6 Alcuni indicatori socioeconomici... 6 Motori inceppati e nuovi driver Il bicchiere mezzo vuoto Ciò che resta del mondo Olivetti Gli stabilimenti dei grandi gruppi esterni Avanguardie agenti, naufraghi della crisi e zona grigia I grandi progetti di trasformazione L economia green dell agricoltura, della cultura e del turismo Una deriva inerziale? Le risorse per il futuro Gli scenari: hard landing o decrescita governata? L agenda prioritaria Le infrastrutture di collegamento: i treni da e per Torino Il ricambio generazionale nelle organizzazioni pubbliche e private La qualità sociale come fattore di attrattività La qualità del capitale umano Il Canavese di domani: spazio di posizione e spazio di rappresentazione

3 INTRODUZIONE La presente ricerca ha come oggetto il futuro del Canavese; è stata commissionata dal Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Canavese, nel quadro delle sue attività di promozione e valorizzazione del sistema produttivo locale, e realizzata in collaborazione con il Consorzio AASTER (società indipendente di ricerche economiche e sociali, diretta dal sociologo Aldo Bonomi). Il documento si inserisce nel quadro del più ampio progetto Strategie per il Canavese, che ha già dato luogo, nel giugno 2012, ad un convegno del Comitato Piccola Industria che ha fotografato l attuale situazione del territorio; questa nuova iniziativa mira invece, come secondo step del medesimo progetto, a fornire, attraverso la costruzione di un adeguata base empirica e l analisi delle tendenze in atto, alcune indicazioni sui futuri possibili, nel quadro dei più generali cambiamenti che interessano la provincia di Torino e il nord-ovest. Precedenti indagini rilevavano, accanto alla presenza di alcune imprese dinamiche, diffuse competenze tecniche, buone istituzioni, una ridotta capacità attrattiva del Canavese e un possibile stillicidio di risorse umane e intellettuali. E anche per questa ragione che con quest iniziativa intendiamo in un certo senso andare oltre il Canavese, per riflettere sulle relazioni territoriali e d area vasta che, non ultimo in virtù del riordino degli enti territoriali avviato dall esecutivo in carica, richiedono l adozione di uno sguardo non localistico. L indagine è stata realizzata sia attraverso l analisi di fonti statistiche e documentarie, sia attraverso una ricognizione sul campo, finalizzata ad acquisire il punto di vista sul presente e sul futuro del territorio di un gruppo selezionato di operatori dell economia, della rappresentanza, di esponenti degli enti locali e di istituzioni sociali del territorio. Lucia Lorenzi presidente Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Canavese 3

4 Primo atto Prima della grande crisi L indagine qui introdotta si proponeva di delineare, in base all analisi di alcuni indicatori socioeconomici e ad una campagna di interviste a protagonisti dell economia, della società, delle istituzioni del territorio, uno o più scenari alternativi per il futuro del Canavese, fornendo alcune indicazioni sui fattori che potrebbero favorire la concretizzazione di quelli più favorevoli. La base empirica delle analisi contenute in questo documento, che costituisce al medesimo tempo una prima anticipazione e una sintesi dei risultati di ricerca, è costituita dalle diverse fonti statistiche consultate, dai materiali documentari acquisiti e soprattutto da venticinque interviste realizzate sul territorio tra l autunno e l inverno Lo schema seguito nel corso delle interviste si è basato sulla ricostruzione del passato recente (sul piano economico e sociale) del territorio, sulla diagnosi del presente, sulle prospettive future individuate come possibili motori di rilancio dell economia e della società locale. Nei primi anni Duemila il Canavese era descritto come una piattaforma multifunzionale in potenza, interessata da avanzati processi di metamorfosi del sistema industriale, con una crescente rilevanza delle produzioni qualitative di nicchia, favorite dalla permanenza sul territorio di importanti risorse cognitive sedimentate dalla straordinaria storia industriale e tecnologica dell Olivetti (Censis, 1997; AASTER, 2004; Provincia di Torino, 2004). Un piccolo nucleo di imprese specializzate nella componentistica intelligente e le propaggini della filiera dell automotive ne costituivano le specializzazioni più radicate, insieme a un settore informatico non più in grado di esercitare una leadership, ma capace di dare vita ad alcune dinamiche nuove realtà imprenditoriali. Su queste radici, a fronte della parziale tenuta dei livelli occupazionali assicurati dai lasciti del sistema olivettiano nell informatica e nella telefonia e dagli insediamenti di alcune grandi imprese torinesi e multinazionali, s innestavano alcune possibili linee di sviluppo basate su vocazioni inespresse: un grande progetto di economia dell entertainment (Millenium Park), la crescita delle attività legate alle produzioni audiovisive, la scommessa imperniata sul Bio-Industry Park e la crescente attenzione verso le potenzialità di sviluppo turistico. Il tutto nel quadro di una tradizione solida nella formazione tecnica e nella ricerca, rafforzata dall allora recente insediamento del Politecnico. Ancora prima della grande crisi deflagrata nel 2008, un analisi realizzata dall Ires Piemonte, riepilogava giungendo a conclusioni analoghe alle ricerche precedentemente citate i punti di forza del Canavese nella presenza di alcuni poli produttivi storici (meccanica e elettronica a Ivrea, dello stampaggio nel Canavese Occidentale) ed emergenti (biomedicale, intrattenimento), nei livelli di istruzione medio-alti e nella qualità del sistema formativo rafforzato dal decentramento di alcune sedi di Università e Politecnico), nella presenza di un nucleo di imprese fortemente orientate all innovazione e infine in due beni collettivi, come la qualità del capitale naturale (ambiente, paesaggio) e quella di una pubblica amministrazione e di servizi pubblici, oltretutto con una certa vocazione cooperativa. Per contro, la ridotta dimensione delle imprese, in un tessuto produttivo polverizzato, i deficit infrastrutturali, il difficoltoso ricambio generazionale, costituivano i principali ostacoli sulla strada di un riposizionamento complessivo, minacciato anche dallo scarso dinamismo imprenditoriale e dall eccessiva dipendenza da centri di potere esterni al territorio, oltre che dalla penuria di 4

5 risorse umane giovani e qualificate. Le opportunità erano ancora individuate in alcuni progetti volti a ottimizzare in una logica di cluster i poli produttivi consolidati o più promettenti: tra questi un business park, la cittadella Politecnica, lo sviluppo di un polo energetico sostenibile. 5

6 Un presente con molte ombre Dopo dieci anni la scena proposta dall analisi dei principali indicatori socioeconomici e soprattutto dalle interviste ai protagonisti dell economia, della società e delle istituzioni canavesane, appare decisamente orientata al pessimismo. Nel Canavese, in particolare, si radicano e combinano tre differenti cicli negativi: la crisi economica globale apertasi nel 2008 e il suo acutizzarsi a partire dalla seconda metà del 2011, in seguito alla crisi dei debiti sovrani e alle misure intraprese dall esecutivo nazionale e dalle autorità europee per contenere il disavanzo dei conti pubblici; il lungo processo di metamorfosi del Nord-Ovest e della provincia di Torino, che coincide con una relativa perdita di rango negli assetti competitivi dell Italia del Nord; la progressiva periferizzazione del Canavese all interno dello stesso Nord-Ovest, che coincide essenzialmente con le tappe della ritirata della Olivetti. Sul tema si ritornerà in seguito. A premessa occorre rimarcare da subito che le innegabili difficoltà della fase e le ombre che questa proietta sulle prospettive di rilancio del territorio, non legittimano da sole l esistenza di un problema Canavese distinto da quello più generale del paese e del Nord- Ovest. L analisi degli indicatori economici e sociali non sembra per ora autorizzare l immagine di un deragliamento dal sentiero tracciato al crepuscolo del fordismo, denso di incognite ma anche di ambivalenze potenzialmente proficue. Il Canavese, in altre parole, è profondamente immerso nella crisi che minaccia le stesse regioni più ricche del paese di cui, nonostante la deindustrializzazione e la dismissione di parte delle sue eccellenze, è ancora parte integrante. Difficilmente il Canavese potrà uscire dalla situazione attuale esclusivamente con le proprie forze. Come si argomenterà, è problematico discernere oggi le sorti dell economia canavesana da quelle più generali del sistema torinese inteso in un accezione d area vasta, cui le imprese locali appaiono sempre più intrecciate da rapporti di interdipendenza, di scambio, di comune accesso ai beni collettivi. Alcuni indicatori socioeconomici I dati di seguito illustrati si fermano perlopiù al 2011; intercettano, dunque, la grande crisi seguita alla gelata della fine del 2008 e al terribile 2009, quando l economia italiana e quella piemontese registrarono un calo del prodotto interno del 5 per cento. Si fermano però alla fase di relativa stabilizzazione coincidente con il biennio , anni che fecero registrare soprattutto nel Nord-Ovest un repentino peggioramento della situazione sociale e occupazionale, ma anche una parziale ripresa dei livelli produttivi, trainati dalla rimessa in moto della domanda estera. Come noto, il 2012 ha registrato un nuovo drastico peggioramento, legato soprattutto alla crisi del mercato domestico e alla riduzione degli investimenti collettivi. Di ciò forniscono testimonianza immediata, oltre che un nuovo significativo calo del Pil, tutte le statistiche inerenti ai consumi interni, ai redditi delle famiglie, all occupazione. La fase apertasi a fine 2011, in altri termini, ha prodotto effetti ancora più vulneranti dal punto di vista sociale. In questo quadro la situazione dell area torinese, che rimane su livelli comparativamente peggiori rispetto a quasi tutte le aree del centro-nord, non mostra (a differenza di due-tre anni prima) un accelerazione in senso negativo; le criticità 6

7 rimangono tutte, ma sembrano oggi colpire con maggiore intensità altre aree del Nord e dello stesso Piemonte. Tendenze demografiche degli ultimi dieci anni L immagine del Canavese prevalente tra gli intervistati propone il ritratto di un territorio in lento ma inesorabile declino demografico, caratterizzato da invecchiamento della popolazione residente e dall esodo dei giovani. Dati e indicatori demografici tuttavia, se non invalidano del tutto tale rappresentazione, la relativizzano in modo sostanziale. Procediamo con ordine. Il Canavese è in declino demografico e invecchia? Dipende da quale prospettiva si adotta. Ivrea, ad esempio, a inizio anni Ottanta aveva ancora abitanti e oggi non ne raggiunge Se si assumono come riferimento gli ultimi dieci anni, però, è da osservare che il Canavese come buona parte del Piemonte e del paese - ha invertito la tendenza al calo demografico e tra il 2001 e il 2011 la popolazione è complessivamente cresciuta di oltre unità (intorno al 4 per cento), nel quadro di un invecchiamento nel complesso contenuto (indice di vecchiaia da 172 a 178). L andamento della popolazione ha seguito un trend analogo a quello più generale della provincia di Torino. La disaggregazione nei quattro sub-territori che compongono il Canavese propone però evidenti differenze interne. La crescita è risultata, sia in termini assoluti sia in percentuale, più sostenuta nei due sistemi del Canavese meridionale, particolarmente nel Ciriecese, di fatto una seconda cintura metropolitana, dove alcuni comuni (come San Maurizio Canavese) hanno registrato incrementi particolarmente sostenuti. Per contro, la crescita è stata nel complesso più contenuta nel Canavese Occidentale, mentre l Eporediese si connota come area a stagnazione demografica la città di Ivrea in modo particolare. Anche gli indici di vecchiaia riflettono la stessa articolazione; le aree maggiormente attratte nell orbita metropolitana sono mediamente più giovani, raccogliendo o avendo raccolto negli anni passati un flusso in uscita dal core urbano, composto da famiglie relativamente giovani, o riuscendo a trattenere in maniera più efficace, in virtù del migliore collegamento, i pendolari in età attiva che lavorano nel capoluogo. Il dato risalta soprattutto nel Ciriacese, che per quanto avviato come tutto il paese lungo la via dell invecchiamento, ha un indice di vecchiaia nettamente migliore di quello provinciale, regionale e al di sopra dello stesso dato medio del Nord. All estremo opposto l Eporediese, con tassi di invecchiamento allineati alle aree più mature del Nord-Ovest (e quindi dell Italia), ampiamente al di sopra della media di Torino e del Piemonte. A metà strada si situano il Canavese Occidentale ed il Calusiese, con livelli di invecchiamento all incirca simili alla media provinciale (intorno a 170), rimasti negli ultimi dieci anni relativamente invariati (sono quindi territori maturi, che però non stanno invecchiando). Riepilogando, considerate queste differenze, il Canavese non ha una popolazione più anziana di quanto non si riscontri in tutta la provincia di Torino; con l eccezione di Ivrea, la popolazione residente è più giovane che nel capoluogo, seppure più anziana che nel resto della provincia, Torino esclusa su questo dato incide fortemente la struttura demografica della prima cintura periurbana, con una popolazione sensibilmente più giovane del resto della provincia. 7

8 Comuni e territori Alcuni indicatori demografici per territorio 2001 e 2011 Residenti Residenti Saldo % % % Ind 2011 vecchiaia Ind 2001 vecchiaia Caluso ,0 13,7 5, Castellamonte ,5 14,1 6, Ciriè ,2 14,1 5, Cuorgnè ,3 14,8 6, Ivrea ,8 12,5 5, Rivarolo Canavese ,3 14,0 5, San Maurizio Canavese ,3 12,6 6, Calusiese ,3 13,5 5, Ciriacese ,1 13,7 6, Eporediese ,2 12,6 5, Occidentale ,2 14,1 6, Canavese totale ,1 13,4 5, Al fine di fornire elementi qualitativi sulle dinamiche socioeconomiche che insistono sul Canavese, si è proceduto (per questo e altri indicatori) a confrontare i dati raccolti con quelli che interessano altri sistemi locali del lavoro (SLL) del centro-nord. Tali sistemi produttivi sono stati individuati in base a variabili dimensionali e produttive, privilegiando alcuni territori che per differenti ragioni (tenuto conto dei tanti aspetti non riproducibili e unici della storia industriale del Canavese) possono essere ragionevolmente oggetto di confronto. Tra questi compaiono altri sistemi locali piemontesi come Pinerolo (anch esso in provincia di Torino e con una caratterizzazione storica industriale), Casale Monferrato per il suo mix storico di manifattura e agricoltura, Alba e Bra, scelti viceversa per le performance che li collocano come veri benchmark non metropolitani a livello regionale. Al di fuori del Piemonte, sono stati individuati i SLL di Follonica in Toscana e Lanciano in Abruzzo, territori con cui i Giovani di Confindustria del Canavese hanno recentemente instaurato un rapporto di collaborazione e scambio di esperienze, Vigevano e Busto Arsizio in Lombardia, piccole-medie città al centro di territori con grandi tradizioni manifatturiere (per quanto con caratteristiche del tutto differenti dal Canavese), Schio e Arzignano/Valdagno in Veneto, altri capoluoghi virtuali di sistemi industriali pedemontani, il cui sviluppo in passato è stato trainato anche da grandi imprese del settore tessile (Lanerossi e Marzotto), e infine Ferrara, area investita anch essa da avanzati processi di declino industriale nel settore della chimica. Il confronto con i sistemi locali esterni conferma anche su questa scala il relativo dinamismo demografico, nel periodo , del SLL di Ciriè, che incrementa quasi del 9 per cento i residenti, mentre gli altri due sistemi, con una popolazione in crescita rispettivamente del tre (Ivrea) e del quattro (Rivarolo) per cento, pure beneficiando del trend di parziale ripresa demografica, trainata principalmente dal flusso migratorio nel complesso non così rilevante nel Canavese, che a fine 2011 contava il 6 per cento di stranieri tra i suoi residenti, ma comunque sufficiente ad invertire la tendenza al calo della popolazione - hanno registrato un ritmo di crescita inferiore ai SLL utilizzati per il confronto, con l eccezione di Casale Monferrato 8

9 (che nel periodo in questione ha avuto una crescita pari a zero) e Atessa-Lanciano, in Abruzzo. Nell insieme, la popolazione canavesana era cresciuta secondo un trend analogo a quella del pinerolese, al di sotto di Alba e Bra, dei SLL lombardi e veneti esaminati, e di Follonica, ma al di sopra anche a Ferrara. Popolazione residente in alcuni SLL del Centro-Nord. Serie (Numero indice, 2001=100) CIRIE' 100,0 101,6 104,1 106,1 107,1 107,7 108,8 IVREA 100,0 100,6 101,4 102,6 103,0 103,0 103,1 RIVAROLO CANAVESE 100,0 100,2 101,6 103,1 103,8 103,9 103,9 CANAVESE 100,0 100,9 102,4 103,9 104,7 104,9 105,4 PINEROLO 100,0 100,6 102,8 104,1 104,9 105,2 105,6 ALBA 100,0 101,0 103,2 104,9 106,1 106,9 107,4 BRA 100,0 101,2 104,0 105,7 107,1 108,3 109,1 CASALE MONFERRATO 100,0 99,4 100,5 100,6 100,6 100,3 100,0 BUSTO ARSIZIO 100,0 102,1 105,3 106,4 107,7 108,6 109,5 VIGEVANO 100,0 102,4 106,4 108,2 109,9 111,3 112,6 ARZIGNANO 100,0 102,1 104,7 105,1 105,9 106,2 106,7 SCHIO 100,0 102,2 105,0 106,2 107,2 107,9 108,3 FERRARA 100,0 99,7 102,0 102,8 103,6 104,2 104,7 FOLLONICA 100,0 101,8 104,3 105,7 106,8 106,9 107,0 ATESSA 100,0 100,4 100,5 101,2 101,7 101,5 101,3 Seconda questione. I giovani sono pochi e abbandonano il territorio? La tabella suesposta evidenziava che i enni nel Canavese costituivano, a fine 2011, il 13,4 per cento della popolazione, i giovani adulti di anni il 5,8 per cento. In entrambi i casi sono percentuali lievemente inferiori al totale della provincia di Torino, in particolare se si esclude (per i enni) il comune capoluogo, nonché del Piemonte e del Nord Italia; a trainare in basso il valore complessivo, è nuovamente il dato dell Eporediese; il resto del Canavese non si distingue né in negativo né in positivo rispetto al territorio provinciale. Dieci anni prima i giovani erano più numerosi: i enni erano il 16,8 per cento (17,3 a livello provinciale), anche allora in virtù del contributo negativo dell Eporediese (15,9 per cento), i enni il 7,7 per cento, a fronte dell 8,1 per cento provinciale senza significative differenze interne al Canavese. I giovani sono meno che in passato poiché la popolazione è invecchiata nel complesso, non a causa di particolarmente accentuati fenomeni di abbandono del territorio. Certo, il Canavese come tutte le aree extra-urbane adiacenti a grandi centri subisce in qualche misura un effetto metropoli, la cui rilevanza non va tuttavia enfatizzata. La coorte anagrafica degli odierni enni, in dieci anni è cresciuta, sul totale del Canavese, di ben unità (più nel Ciriacese e nel Canavese Occidentale, ma anche nell Eporediese), quella dei enni di oltre unità. Effetto delle migrazioni e dei trasferimenti da altri territori, sicuramente; ma anche della limitata consistenza finora dei trasferimenti di giovani. E probabile che tali defezioni verso Torino, Milano o altre destinazioni italiane e estere, siano concentrate nelle fasce skilled e con elevati titoli di studio della popolazione giovane. Il Canavese, secondo questa ipotesi, ha subito 9

10 processi di selezione avversa perdendo coloro che, sulla carta, sarebbero i migliori. Sarebbe del tutto fuorviante descrivere però tale flusso nei termini di un generalizzato brain drain. L analisi dei saldi naturali e migratori, sia nell interscambio tra i comuni italiani, sia con l estero, del 2011, ancora una volta, non fornisce indicazioni particolarmente negative. Il saldo naturale in rapporto al numero di residenti del Canavese, in effetti, è più negativo che nel resto del territorio provinciale, ma in linea con il dato regionale; l Eporesiese ha un rapporto critico tra nascite e decessi, ma il dato appare bilanciato da un saldo migratorio interno e con l estero nel complesso migliore del territorio provinciale extra-metropolitano. In più, l analisi per sub territori evidenzia una certa forza attrattiva sia del Canavese Occidentale sia dell area di Ivrea, superiore a quella riscontrata nell anno nel Ciriacese e nel Calusiese. Si tratta di un dato importante: la tenuta demografica, anche negli anni a venire, sarà in primo luogo funzione della capacità di attrarre e trattenere la componente straniera. In secondo luogo, il saldo migratorio interno, a livello provinciale, testimonia la permanenza, accanto ai fenomeni di riurbanizzazione legati soprattutto all immigrazione, da qualche anno in chiaro ridimensionamento (e questo costituisce un problema), di un piccolo flusso di de urbanizzazione; nel 2011 è stato soprattutto il Canavese a beneficiare dei movimenti di popolazione interni al territorio, più che la cintura metropolitana, la Valle Susa o il Pinerolese. In particolare, se nel medio periodo tale flusso ha alimentato un piccolo boom demografico nei comuni canavesani prossimi al core urbano, i dati del 2011 evidenziano una superiore attrattività dell Eporediese e del canavese Occidentale. Segnali deboli, da non sopravvalutare e da verificare nel tempo, che potrebbero tuttavia preludere ad un piccolo trend. Saldo naturale e saldo migratorio per territori (anno 2011) Saldo naturale Saldo migr. estero Saldo migr. Interno SN x 1000 ab SME x 1000 ab SMI x 1000 ab Caluso ,5 0,5 0,0 Castellamonte ,6 0,9 1,0 Ciriè ,0 0,9 0,3 Cuorgnè ,4 2,2 0,1 Ivrea ,0 1,2 2,1 Rivarolo Canavese ,2 0,4 0,1 San Maurizio Canavese ,1 1,0-2,1 Calusiese ,1 0,6 0,3 Ciriacese ,8 0,4 0,4 Eporediese ,0 1,3 1,7 Occidentale ,7 1,1 1,5 Canavese totale ,6 0,8 0,9 Torino ,5 2,0-1,5 Resto Provincia ,2 0,6 0,4 Provincia Torino ,4 1,2-0,3 Piemonte ,6 1,1 0,0 Nord ,3 1,2 0,2 Italia ,2 1,1 10

11 Riepilogando, non si riscontra un trend demografico comparativamente negativo del Canavese nel suo complesso, semmai una stagnazione, con correlate tendenze all invecchiamento, dell Eporediese e del centro maggiore, Ivrea. Non si tratta di un eccezione di poco conto; l Eporediese e Ivrea costituiscono per diversi aspetti il cuore dell identità canavesana. In prospettiva, è importante che il Canavese continui a compensare le (limitate) perdite di popolazione giovane con l ingresso di stranieri e residenti provenienti da altri territori. Il primo flusso è collegato alla disponibilità di posti di lavoro. Il drastico calo di nuovi permessi di soggiorno, a livello provinciale, degli ultimi anni è un chiaro indicatore della perdita di attrattività. Nel Canavese, a fine 2011, la presenza straniera era pari a unità, il 6 per cento della popolazione residente; le maggiori concentrazioni erano a Ivrea, Ciriè, Castellamonte e Cuorgné; in termini percentuali Ivrea (7 per cento), Cuorgnè (10,3 per cento), Castellamonte (8,7 per cento), oltre che diversi centri minori (Pont Canavese, Feletto e altri) hanno percentuali più elevate, ma si consideri che gli stranieri ufficialmente residenti a Torino città costituiscono il 13 per cento della popolazione totale. Imprese e occupazione Occupati e disoccupati. Come ovunque e con particolare intensità nel Nord-Ovest, la crisi nel Canavese ha colpito duramente. Nel confronto con altri Sistemi locali del lavoro, però, non emerge una situazione comparativamente sfavorevole. Il tasso di occupazione nel 2011, nei tre SLL del Canavese, per quanto sensibilmente inferiore a quello di altre aree del Piemonte economicamente più dinamiche, come Alba e Bra, e al di sotto dei sistemi di Schio, Arzignano e Ferrara, è nettamente più elevato che nei SLL dell Italia centrale (Follonica e Lanciano) e in quello di Casale Monferrato, oltre che della media nazionale. E però da osservare che Ivrea ha un tasso inferiore a Ciriè e Rivarolo, allineato a quello dell area metropolitana torinese e di Pinerolo. Tasso di occupazione in alcuni Sistemi Locali del Lavoro del Centro-Nord (serie ) CIRIE' 50,7 51,2 49,2 48,7 49,6 IVREA 47,4 47,9 46,4 47,1 47,5 RIVAROLO CANAVESE 49,2 49,7 47,2 47,4 48,6 PINEROLO 48,0 48,8 46,7 47,1 47,6 TORINO 48,9 49,2 47,6 46,6 47,7 ALBA 53,5 54,2 53,7 53,8 54,2 BRA 54,5 54,1 54,0 53,2 53,0 CASALE MONFERRATO 45,4 45,7 45,5 46,6 45,8 BUSTO ARSIZIO 53,5 51,9 49,8 49,7 49,4 VIGEVANO 50,1 51,0 50,7 49,5 49,5 ARZIGNANO 53,1 52,0 52,0 51,6 52,3 SCHIO 51,5 51,3 52,0 50,9 51,5 FERRARA 51,0 50,9 50,3 48,4 50,1 FOLLONICA 46,7 47,6 47,1 46,8 44,5 LANCIANO 44,8 45,0 39,9 39,9 42,6 ITALIA 45,9 45,9 44,9 44,4 44,3 Il tasso di disoccupazione, nei tre SLL canavesani, si è drasticamente impennato a partire del 2009, raggiungendo nel 2011 una media, nel territorio, del 7 per cento, appena al di sotto di quella regionale e inferiore a quella provinciale, il cui tasso risente però della grave situazione 11

12 dell area metropolitana (nel SLL di Torino, nel 2011, il tasso aveva raggiunto il 9,8 per cento). L incidenza della disoccupazione nel Canavese risulta superiore, oltre che nei SLL di Alba e Bra, anche nei SLL di Pinerolo, Vigevano, Arzignano, Schio e Ferrara, ma al di sotto di quella riscontrata nei SLL di Casale Monferrato, Busto Arsizio e Lanciano. Tasso di disoccupazione in alcuni Sistemi Locali del Lavoro del Centro-Nord (serie ) CIRIE' 4,2 4,9 7,0 6,8 7,0 IVREA 4,1 5,0 6,9 7,3 7,1 RIVAROLO CANAVESE 4,4 4,9 7,2 6,9 7,0 PINEROLO 4,0 4,7 6,4 6,0 6,2 TORINO 4,8 5,8 8,7 10,2 9,8 ALBA 2,3 3,2 3,2 3,6 3,3 BRA 2,4 3,6 3,3 3,8 4,3 CASALE MONFERRATO 4,4 4,6 5,7 5,0 7,5 BUSTO ARSIZIO 3,3 3,7 6,1 6,3 8,8 VIGEVANO 4,1 4,8 5,8 6,1 5,9 ARZIGNANO 3,1 3,7 4,9 5,4 5,0 SCHIO 3,4 3,4 4,6 5,7 4,5 FERRARA 2,6 4,5 5,7 6,8 5,8 FOLLONICA 4,1 4,7 5,9 5,7 7,1 LANCIANO 5,1 5,2 8,0 10,4 7,7 ITALIA 6,1 6,7 7,8 8,4 8,4 E da considerare che a partire dal 2012 il tasso di disoccupazione (rimasto relativamente stabile nel 2011) a livello nazionale, regionale e provinciale ha ripreso la corsa verso l alto, raggiungendo proporzione allarmanti. La nuova fase recessiva appare segnata principalmente dalla debolezza della domanda interna e dalla drastica contrazione dei consumi delle famiglie, laddove nel complesso le esportazioni mostrano una maggiore tenuta. A livello nazionale il tasso di disoccupazione è salito del 2,3 per cento e, circostanza più allarmante, risultava in ulteriore aggravamento nella parte finale dell anno (11,6 per cento nel quarto trimestre, ben al di sopra della media annuale attestatasi al 10,7 per cento). Con qualche rara eccezione la disoccupazione è cresciuta, per numero di persone e incidenza sulle forze di lavoro, praticamente ovunque, secondo però una geografia modificata rispetto agli anni precedenti. In Piemonte, questa volta, il tasso cresce in misura più limitata nelle province di Torino e di Biella, mentre in alcuni territori in cui si era prima registrata una maggiore tenuta Cuneo, Asti e soprattutto Alessandria e Vercelli sale vistosamente. Nella media del 2012 le province con tasso di disoccupazione a due cifre sono risultate Vercelli, Novara e Alessandria, mentre Torino (occorre però rimarcare la critica situazione dell area metropolitana) e Biella sono state scavalcate. Le imprese. Nel medio periodo, tra il 2001 e il 2012, il Canavese ha aumentato, secondo i dati Unioncamere, di circa unità il numero delle imprese attive nonostante gli ultimi due anni abbiano visto nel complesso una stagnazione superando i complessivi, per un incremento quasi dell 8 per cento. Poiché nello stesso periodo si è registrata una certa riduzione del numero di addetti, l aumento delle imprese, lungi dal riflettere una positiva dinamica dell economia, indica soprattutto un processo di polverizzazione del tessuto produttivo. La vivacità demografica delle imprese non riflette necessariamente una buona condizione di salute dell economia. Non casualmente dal confronto territoriale emerge che 12

13 alcuni dei sistemi locali con bassa crescita numerica delle imprese (Bra), o a crescita negativa, come Alba, sono quelli che hanno registrato il maggiore incremento degli occupati, denotando di conseguenza un processo di consolidamento della struttura produttiva. La proliferazione del numero degli operatori, in ogni caso, testimonia almeno la presenza di vocazioni imprenditive e orientamenti all impiego indipendente. Nello stesso arco temporale, nel Canavese, come in tutti i SLL considerati, si è registrato un forte calo del numero di imprese agricole e manifatturiere (va segnalata però la parziale eccezione del Calusiese e del Ciriacese, dove il numero di aziende manifatturiere è rimasto sostanzialmente stabile), più che compensato dalla proliferazione di partite iva nel settore delle costruzioni, nel commercio e negli altri servizi. Numero di imprese nel Canavese e in alcuni territori di confronto, 2001 e 2012 (va e saldi) Saldo Saldo % Agr Manif Costr Altro ind Comm e tur Altri serv Calusiese , Ciriacese , Eporediese , Canavese Occ , Canavese Tot , Pinerolese , Alba , Bra , Casale Monf , Busto Arsizio , Vigevano , Schio , Arzignano , Ferrara , Follonica , Lanciano , Il confronto, nello stesso periodo, del numero degli addetti alle imprese attive, 1 pone il Canavese, nel complesso, come una delle aree a maggiore deficit occupazionale, insieme a Casale Monferrato, Vigevano, Arzignano e Ferrara. In dieci anni il numero degli occupati in imprese canavesane è calato di oltre unità, per un saldo percentuale negativo pari al 17,4 per cento (solo Ferrara, tra i territori in esame, ha realizzato una performance peggiore). L analisi per territori pone in luce una evidente frattura tra il Canavese meridionale (Ciriecese e Calusiese), con limitate perdite occupazionali, e settentrionale, dove le perdite sono state consistenti. L Eporediese, in particolare, con un saldo percentuale negativo del 31,5 per cento (circa occupati), sembrerebbe aver accusato nel periodo esaminato una dinamica negativa senza eguali tra i territori analizzati. Il dato, però, va spiegato; non esprime infatti il numero di occupati dell Eporediese, ma il numero degli addetti alle imprese che vi hanno sede legale. I cambi di proprietà e i trasferimenti di alcuni importanti pezzi del sistema ex-olivetti, operatori presenti in molte regioni italiane, gonfiano il dato ben oltre i tagli occupazionali avvenuti. Dalle analisi compiute sugli archivi Istat delle imprese attive, consultabili solo fino al 1 Il dato non va confuso con gli occupati a livello locale. Si tratta infatti del numero di addetti impiegati dalle imprese con sede legale nel territorio, comprensivo dei dipendenti di unità locali di altre regioni. 13

14 2010, emerge che tra il 2001 e il 2010 gli occupati nelle imprese e attività professionali del Canavese (al netto del settore pubblico e dell agricoltura) non erano affatto diminuiti, ma aumentati di seimila unità. Il saldo negativo di oltre 15mila unità emergente dai dati Unioncamere, se non esprime una equivalente perdita di posti di lavoro, evidenzia certamente la perdita di funzioni direzionali sul territorio. Dal punto di vista del punto di vista del numero di occupati effettivo, almeno per quanto riguarda il periodo , la situazione appare relativamente più stabile, con perdite decisamente contenute anche nel SLL di Ivrea. Numero di addetti delle imprese nel Canavese e in alcuni territori di confronto, 2001 e 2012 (va e saldi) Saldo Saldo % Agr Manif Costr Altro ind Comm e tur Altri serv Calusiese , Ciriacese , Eporediese , Canavese Occ , Canavese Tot , Pinerolese , Alba , Bra , Casale Monf , Busto Arsizio , Vigevano , Schio , Arzignano , Ferrara , Follonica , Lanciano , L analisi della struttura imprenditoriale locale, evidenzia che rispetto agli stessi territori utilizzati per i precedenti confronti, nel Canavese risultano: maggiormente rappresentate le imprese artigiane (39 per cento del totale nel Ciriacese, 34,6 per cento nel Canavese Occidentale, mentre sono solo il 31,6 per cento dell Eporediese), che con l eccezione dell area di Ivrea, risultano più fitte anche dei SLL veneti di Schio e Arzignano; specularmente, incide poco il numero delle società di capitale; nell Eporediese sono il 12,6 per cento, un dato superiore agli altri territori piemontesi ad eccezione di Casale Monferrato, ma negli altri tre sub territori non raggiungono il dieci per cento; giova evidenziare che nei SLL non piemontesi del Nord Italia la percentuale non scende mai al di sotto del 20 per cento; il dato è coerente con il processo di frammentazione del sistema produttivo cui si è già fatto riferimento; tra il 2001 e il 2010 (dati Istat ASIA) la struttura degli occupati per classe dimensionale delle imprese evidenzia un calo nelle classi superiori (gli occupati nelle imprese con più di mille addetti è scesa dal 21,6 al 12,4 per cento, nella classe medio-grande dal 14,1 al 9,3 per cento); una lievemente superiore incidenza delle imprese femminili rispetto ai territori di confronto del Nord, inferiore però ai sistemi locali di Follonica e Lanciano; una generalmente più contenuta incidenza delle imprese con titolare straniero; 14

15 una più significativa rilevanza delle imprese con titolare al di sotto dei 35 anni o con compagine societaria composta prevalentemente da giovani, con la parziale eccezione di Ivrea. Incidenza imprese per alcune caratteristiche del titolare o della natura giuridica per territori (2012) % Artigiane % Femminili % Giovanili % Straniere % Società capitale Calusiese 34,4 24,1 12,5 5,2 8,5 Ciriacese 39,1 23,9 13,3 5,7 8,8 Eporediese 31,6 24,9 10,3 6,0 12,6 Canavese Occ. 34,6 25,9 12,9 5,3 9,3 Bra 32,6 20,4 11,8 7,6 10,9 Alba 24,2 23,8 8,7 4,8 10,9 Pinerolese 33,1 23,9 11,9 5,6 7,9 Casale Monf 26,6 25,6 8,8 5,7 15,0 Busto Arsizio 31,8 22,1 10,5 8,7 27,7 Vigevano 33,0 22,1 10,6 9,3 22,2 Arzignano 33,5 21,5 9,7 7,6 26,3 Schio 33,4 21,5 8,1 7,8 25,8 Ferrara 25,0 22,3 8,4 8,1 20,5 Follonica 23,6 28,9 10,6 8,0 17,7 Lanciano 21,4 32,3 10,3 6,1 13,7 Alcune caratteristiche dell occupazione. Il mercato del lavoro canavesano si caratterizza per una differenziazione interna tra i SLL di Ciriè e Rivarolo, da una parte, e di Ivrea dall altra. I primi due mantengono una spiccata caratterizzazione manifatturiera, con rispettivamente il 39,8 e il 43,7 per cento degli occupati nel ramo industriale. Solo i due SLL veneti e Lanciano, tra i territori esaminati, hanno quote di occupazione manifatturiera ancora superiori. Ivrea, viceversa, vede una presenza rarefatta di occupazione industriale (23,3 per cento, dato che la pone al terz ultimo posto tra i 14 SLL confrontati), a fronte di una spiccata specializzazione in alcune attività di servizi. Con il 16,1 per cento, guida per distacco la graduatoria basata sull incidenza degli occupati nei servizi avanzati sul totale (ICT, servizi professionali, ricerca, editoria, ecc.), in virtù delle tuttora ampie quote di impiegati nel settore delle telecomunicazioni e dell informatica. Inoltre, dopo Busto Arsizio, è al secondo posto per incidenza degli occupati nei servizi operativi e di supporto, che includono trasporti e logistica, servizi di pulizia, sorveglianza, facility management, noleggio, disbrigo pratiche. Occupati nelle Unità locali per settore di attività in alcuni SLL (2011) Manif. Costr. Comm. Trasp. e Alberghi Servizi Finanza Welfare servizi ristor. avanzati Immob. e cultura supporto Totale Cirie' 39,8 11,5 18,5 5,3 11,3 5,3 3,7 4,6 100,0 Ivrea 23,3 9,5 17,3 5,7 18,0 16,1 4,2 6,0 100,0 Rivarolo Can. 43,7 10,9 16,8 4,4 10,8 6,1 3,8 3,5 100,0 Pinerolo 37,7 11,1 18,1 5,1 10,1 7,1 4,7 6,3 100,0 Alba 36,8 10,7 18,0 5,3 12,8 7,3 4,8 4,2 100,0 Bra 36,8 12,1 18,4 4,6 11,4 7,1 4,7 4,9 100,0 Casale Monf. 36,4 10,6 20,9 4,9 10,1 6,5 4,8 5,8 100,0 Busto Arsizio 33,7 9,1 17,4 4,3 18,5 7,3 5,0 4,8 100,0 Vigevano 35,6 11,1 19,5 4,3 12,0 7,1 4,9 5,5 100,0 15

16 Arzignano 57,4 7,6 13,4 4,0 7,2 4,2 3,7 2,4 100,0 Schio 51,6 7,3 16,2 4,1 7,1 6,1 4,4 3,3 100,0 Ferrara 21,0 9,6 23,2 7,3 16,0 10,5 6,0 6,6 100,0 Follonica 18,2 12,3 23,0 13,3 13,1 7,0 5,5 7,5 100,0 Lanciano 45,5 8,7 15,0 4,9 13,3 5,4 2,5 4,7 100,0 Totale 24,9 10,5 20,2 7,3 15,4 10,4 5,5 5,8 100,0 Questa caratterizzazione si riflette anche nella prerogativa della domanda di lavoro. Nel 2012 il 36,2 per cento del totale degli avviamenti comunicati al CPI di Ivrea rientrava nel gruppo professionale delle professioni intellettuali, scientifiche e ad elevata specializzazione; in nessun altro territorio provinciale risultano percentuali tanto elevate (nel CPI di Torino, secondo in questa graduatoria, gli avviamenti rientranti in questo gruppo sono stati il 18,2 per cento del totale). Del tutto simmetricamente, il CPI di Ciriè aveva la più alta quota di avviamenti nelle professioni non qualificate (27,9 per cento), mentre i CPI di Cuorgnè e Chivasso che include parte dei comuni canavesani risultavano quelli con la più alta incidenza di avviamenti nel gruppo professionale degli operai specializzati, artigiani, agricoltori. 16

17 Motori inceppati e nuovi driver Il bicchiere mezzo vuoto Più che la disamina analitica degli indicatori economici e sociali, però, sono i processi qualitativi e il modo in cui sono percepiti a fornire la cifra del cambiamento e le tendenze verso cui è sono avviate l economia e la società canavesana. Nel Canavese, si è detto, si combinano e intrecciano tre diverse crisi, che hanno tempi, spazi e cause differenti e sono da assumere come fenomeni certamente correlati, ma anche relativamente autonomi. La crisi economica globale apertasi nel 2008 e il suo acutizzarsi a partire dalla seconda metà del 2011, in seguito alla crisi dei debiti sovrani e alle misure intraprese dall esecutivo e dalle autorità europee per contenere il disavanzo dei conti pubblici. Come noto, gli effetti economici e sociali di questa lunga fase recessiva hanno colpito selettivamente alcuni paesi, tra cui l Italia. Il lungo processo di metamorfosi del Nord-Ovest (senza la Lombardia) e particolarmente della provincia di Torino, con una relativa perdita di rango negli assetti competitivi dell Italia del Nord, a seguito dell assottigliamento del suo apparato industriale, della scomparsa di alcune grandi imprese di rilevanza globale o del ridimensionamento del loro radicamento locale, di una perdita di numerose funzioni direzionali nel settore bancario, nelle telecomunicazioni e in altri settori strategici. Il Nord-Ovest rimane una delle aree sviluppate del paese, la dotazione di strutture e infrastrutture resta importante, sul territorio sono presenti specializzazioni produttive di pregio e imprese con forte capacità di penetrazione internazionale. Il Piemonte è parte del ristretto gruppo delle grandi regioni orientata all export. La qualità delle istituzioni formative, la presenza di centri finanziari, di grandi fondazioni bancarie, gruppi multiutilities, inoltre, fanno del Nord-Ovest un area più organizzata di altre zone del paese sotto il profilo dei prerequisiti della competitività. La crisi deflagrata nel 2008 sembra però allontanare il Nord-Ovest dai fuochi più dinamici del Nord. Il capoluogo piemontese è forse tra le grandi città quella che ha pagato finora il dazio più oneroso alla crisi. Percentuali di disoccupati senza eguali nel Nord, scivolamento nelle graduatorie del reddito pro capite ne sono primi e immediati indicatori. Entro questa cornice s inserisce la tendenza ad una progressiva periferizzazione del Canavese all interno dello stesso Nord-Ovest, che coincide essenzialmente con le tappe della ritirata della Olivetti. La grande e celebrata storia dell industria più moderna e innovativa sia nelle logiche del prodotto sia sul piano del rapporto con il territorio, delle relazioni industriali, della cultura manageriale che l Italia abbia forse mai avuto, impregna tuttora di sé il racconto degli attori territoriali. Non potrebbe essere altrimenti: lo status del Canavese e soprattutto del suo capoluogo virtuale, Ivrea, è derivato essenzialmente dalla presenza di questa industria. La sua progressiva dismissione, dopo la scalata a Telecom, lo smembramento della componente informatica e manifatturiera e la cessione della telefonia al futuro gruppo Vodafone, hanno costituito uno dei passaggi cruciali del capitalismo italiano, i cui esiti sono stati abbondantemente squadernati e analizzati in numerosi volumi dedicati alla scomparsa dell Italia industriale. Come si è anticipato nel capitolo introduttivo, negli anni Duemila la compresenza di parte del patrimonio industriale ex Olivetti, assottigliato in termini quantitativi e depauperato in quelli cognitivi, ma pur sempre significativo sul piano occupazionale e in grado di trattenere ancora 17

18 competenze tecniche e ingegneristiche qualificate, di alcune imprese manifatturiere di medie dimensioni, specializzate nei settori della meccatronica, nello stampaggio a caldo, nell automotive e in alcune nicchie del made in Italy e dei progetti di differenziazione del tessuto economico (biomedicale, intrattenimento, audiovisivi), sembravano assicurare risorse sufficienti per un riposizionamento in chiave multifunzionale dell economia del territorio. Gli enti locali e il sistema associativo, inoltre, sembravano assicurare, grazie ad una discontinua ma effettiva capacità di cooperazione, alcune risorse di sistema e beni collettivi, organizzati intorno ad enti, agenzie formative, centri di ricerca o strutture per il trasferimento tecnologico. Il Politecnico di Torino, infine, aveva aperto una sede proprio ad Ivrea. Qual è stata l evoluzione, negli ultimi anni, di questi processi di riposizionamento? La narrazione degli intervistati, inevitabilmente, assume il biennio come spartiacque; nelle interviste emerge chiaramente, infatti, un prima e un dopo. Per quanto non siano assenti ricostruzioni del passato recente che enfatizzano l elemento del declino di lungo periodo, l idea per cui il Canavese prima della nuova grande crisi aveva trovato una dimensione di equilibrio e di relativa stabilità trova altrettanto numerose e autorevoli assertori. Il Canavese, in altre parole, nella cornice di una inevitabile perdita di rilevanza (situata nel ridimensionamento dell importanza del Nord-Ovest in generale nel panorama nazionale), aveva ritrovato una via allo sviluppo. Fino a cinque anni fa c era una situazione (dal punto di vista industriale) abbastanza stabile, con una serie di aziende frutto della parcellizzazione dell Olivetti che avevano un ciclo normale, alcune andavano meglio, alcune un po in crisi. Il territorio si interrogava su grandi progetti, Mediapolis, piuttosto che la riconversione di Borgofranco, piuttosto che Scarmagno, anche le entità pubbliche che in qualche maniera progettavano su gruppi, es. l ospedale nuovo e quant altro. Sostanzialmente è un territorio che nonostante tutto ha abbastanza tenuto, anche con l aiuto di cassa integrazione ordinaria e straordinaria. (Carlo Della Pepa, Sindaco di Ivrea) La lettura dei cambiamenti proposta dalle interviste e dai processi osservabili empiricamente, focalizza lo sguardo su cinque oggetti. 18

19 Ciò che resta del mondo Olivetti. Le attività rimaste sul territorio dopo lo smembramento di Olivetti, lungi dall innescare nuovi processi di sviluppo, si sono negli anni fortemente ridotte per consistenza e peso occupazionale. I numerosi cambi di proprietà che hanno coinvolto le società progressivamente cedute e dello stesso settore della telefonia che, negli anni Novanta, sembrava poter assumere il ruolo guida che fu dell informatica, sono regolarmente coincisi con la dismissione di parti di quel patrimonio e con l erosione della base occupazionale. La componente della telefonia è rappresentata oggi principalmente dalle attività di customer care e contact center di Vodafone, Wind e Telecom, direttamente o attraverso società come Comdata, che permangono, anche se con qualche segno di sofferenza (Carlo Della Pepa, Sindaco di Ivrea). Nonostante l immagine prevalente, le attività dei call center presenti sul territorio sono ritenute di superiore complessità e maggiore qualificazione rispetto alla media del comparto, che contribuisce di conseguenza a fornire occupazione di qualità e trattenere quindi sul territorio, oltre che lavoro e redditi, anche competenze perlomeno di livello intermedio. Le attività che Vodafone ha mantenuto direttamente non sono paragonabili alla letteratura che circola in Italia sui call center. I processi che vengono gestiti sono sicuramente di un certo livello, non sono call center di basso livello. (Enrico Capirone, Assessore Ivrea) La crisi ha tuttavia imposto ulteriori limature di personale anche in questo ambito, dove si fanno strada anche nuove ipotesi di delocalizzazione. I più recenti esuberi sono stati annunciati proprio da Vodafone. Altre attività di servizio nel settore della telefonia sono presenti nel polo di Scarmagno; CellTel, di proprietà del gruppo romano Telis con una partecipazione del 15% di Olivetti, opera nella riparazione di telefonini e apparecchi elettronici e di logistica per conto di Telecom e Mediaset; circa duecento posti di lavoro, oggi a rischio. Innovis, nata nel 2002 da una partnership tra Comdata e Olivetti Tecnost, 180 posti, anch essi a rischio. Vodafone ha mantenuto a Ivrea attività di ricerca e progettazione; grazie a questa presenza la città è stata individuata come sede per la sperimentazione della connettività 4G a mps. Una presenza di pregio, che non ribalta però uno scenario occupato soprattutto da funzioni di minor valore, e il silente trasferimento di quelle specialistiche negli headquarter milanesi del gruppo come è avvenuto nel caso del dipartimento di informatica, il cui abbandono ha comportato anche la crisi di un indotto locale di servizi specialistici e la chiusura di fornitori che avevano in quel cliente il principale mercato. Quanto alla componente informatica, lo smembramento di Olivetti e i tanti passaggi di proprietà attraverso scatole cinesi sempre meno ricche di contenuti, hanno portato ad un forte depauperamento produttivo. Esemplare in questo senso il trittico che da Getronics, primo acquirente, ha condotto a Eutelia, poi ad Agile e al Gruppo Omega; di questi restano 160 dipendenti, ormai anch essi a rischio di perdita del lavoro. Rimane Olivetti, che ha chiuso gli stabilimenti di Aglié e San Bernardo, e mantiene il suo presidio di 550 addetti circa a Ivrea, mentre lo stabilimento valdostano di Arnad, dedicato alla produzione di testine inkjet, appare destinato alla chiusura. E possibile una ulteriore riduzione dei volumi anche nella produzione di stampanti per il settore bancario PC e Tablet, prodotti prevalentemente nell est europeo o in oriente. 19

20 I dieci anni che separano i primi anni Novanta dai giorni nostri, in altre parole, sono stati contrassegnati dalla lenta agonia del settore informatico e dalla sostanziale delocalizzazione delle funzioni di maggior valore della telefonia. L impatto occupazionale di queste scelte è stato rilevante e le prospettive future non inducono all ottimismo; la tenuta perlomeno di una base di occupati relativamente ampia costituisce nondimeno una premessa per qualsiasi scenario a breve termine per il territorio. Una delocalizzazione integrale costituirebbe infatti un duro colpo ai già compromessi livelli occupazionali, senza che possibili alternative abbiano il tempo e la possibilità di svilupparsi. Questa immagine è per altri versi da temperare in virtù del permanere e della diffusione, sul territorio, di una cultura dell informatica e delle nuove tecnologie orientata all innovazione, sedimentata e capace di riprodursi e trasmettersi alle generazioni entranti, aspetti sui quali si tornerà tra breve. Gli stabilimenti dei grandi gruppi esterni. Le stesse riflessioni sono in parte proponibili in relazione agli insediamenti industriali appartenenti a gruppi multinazionali piuttosto che nazionali, ma con headquarter esterni al Canavese. Anche su questo versante si registrano situazioni critiche e chiusure di notevole impatto. Ad oggi, il principale insediamento è rappresentato dallo stabilimento Dayco di San Bernardo d Ivrea, multinazionale leader nella progettazione e produzione di sistemi di trasmissione di potenza, un sito industriale all avanguardia per tecnologia, innovazione ed organizzazione. A regime lavorano 560 addetti, ma la crisi del settore auto pone interrogativi sulla continuità di questi volumi produttivi. Altre importanti sedi di multinazionali sono presenti nel Ciriacese nel ramo automotive (Metzeler) o nella produzione cartaria (Ahlstrom). Sono quasi sempre presenze industriali qualificate e pesanti sul piano occupazionale; il problema, che si pone in tutti i casi di unità produttive esito di investimenti diretti esteri, greenfield e brownfield, è trasformare l ancoraggio in radicamento. 2 Diverso è il caso degli stabilimenti canavesani dei gruppi industriali con sede a Torino. Solo una chiusa visione localista può infatti considerare imprese esterne Pininfarina e Prima Industrie. Il problema della deindustrializzazione, in questo caso, è lo stesso che riguarda l intero tessuto produttivo del nord-ovest. La perdita occupazionale dei due stabilimenti Pininfarina di Bairo e San Giorgio Canavese, da tempo in cassa integrazione, s inquadra non in una scelta di delocalizzazione, ma nelle conclamate difficoltà che hanno portato alla dismissione del ramo manufacturing del gruppo. 2 Come proposto da un ampia letteratura che si può fare risalire a Pierre Veltz, nello scenario competitivo della globalizzazione, dell apertura dei mercati, della mobilità dei capitali, occorre sempre più distinguere tra radicamento e ancoraggio delle imprese al territorio. L ancoraggio indica legami deboli o temporanei tra l impresa e il sistema territoriale, laddove il radicamento (che può naturalmente avere diversi gradi d intensità) presuppone una intensa interazione reciproca e integrazione tra l'impresa e le diverse dimensioni del sistema territoriale. 20

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