La parabola del Padre misericordioso

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1 La parabola del Padre misericordioso Il cap. 15 del Vangelo secondo Luca si apre con queste parole: si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: costui riceve i peccatori e mangia con loro. Gesù, quindi, è circondato da peccatori e mangia con loro, gesto che, secondo la mentalità giudaica esprimeva una profonda comunione. Ma gli scribi e i farisei sono scandalizzati dal comportamento di Gesù, non approvano l agire di Gesù considerato contrario alla legge. Gesù risponde. Come? Con la parabola della pecora smarrita, della dramma smarrita e del figliol prodigo. Le suddette parabole, infatti, si propongono di offrire la vera immagine di Dio, che manifesta la sua misericordia verso i peccatori e la gioia per la loro conversione. Noi, stasera, rifletteremo sulla parabola comunemente detta del figliol prodigo che è, forse, la parabola più bella di Gesù, considerata da sempre come un Vangelo nel Vangelo. In realtà il titolo della parabola non si adatta bene al contenuto, perché centro del racconto è la figura del Padre, pertanto si dovrebbe intitolare parabola del Padre misericordioso. Il punto saliente, infatti, scaturisce proprio dal comportamento del Padre, che attende con ansia il ritorno del figlio, lo perdona, lo accoglie con gioia perché è salvo. La parabola ci presenta il volto di Dio come rivelato da Cristo, un Dio non vendicativo e castigatore, ma un Dio di amore e di perdono, pronto ad accogliere il peccatore pentito e a reintegrarlo in pieno nella figliolanza che aveva rinnegato. Ė la storia di una conversione, di un ritorno a Dio dopo l allontanamento da Lui. I personaggi principali del racconto sono: un padre, che rappresenta Dio, e due fratelli che rappresentano l umanità. Il testo della parabola inizia così: un uomo aveva due figli, il più giovane disse al padre: padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta. Ed egli divise tra loro le sostanze. Dammi la parte di patrimonio che mi spetta, è questa la pretesa del figlio più giovane, il quale dimostra così di voler abbandonare la casa paterna, di voler interrompere la relazione con il padre per gestirsi la propria vita in piena autonomia, il figlio pretende di

2 costruire da solo la propria vita, arbitro assoluto di se stesso, senza legami, senza condizionamenti, senza regole. Ma non solo, il figlio pretende la parte di patrimonio che gli spetta, mentre il padre è ancora in vita. Ė come se il figlio dicesse al padre: voglio soltanto i tuoi averi, non voglio più vederti, per me sei morto. Infatti, chiedere l eredità a qualcuno significa considerare già morta la persona alla quale la chiediamo. Cosa fa il Padre? Accetta la proposta del figlio lasciandogli piena libertà di andare via. Sa che il figlio sta commettendo un errore, però non vuole togliergli la libertà. Il Padre desidera dei figli che rimangano presso di lui liberamente. E il padre divise tra loro le sostanze: è la rottura definitiva, perché la divisione è l opposto della comunione con il padre e con il fratello. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolse le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Ma l autonomia tanto sognata, tanto desiderata si rivela presto un fallimento, le illusioni sono presto dissipate. Perché quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava. Il figlio, così, finisce in totale miseria, perduto e in una situazione di abbruttimento generale. Allora abbiamo un capovolgimento della situazione. Lui, che era figlio si ritrova a fare il guardiano di una mandria di porci, (che per la mentalità giudaica era l animale impuro per eccellenza). Colui che si era allontanato dal padre per essere libero, ora diviene schiavo, umiliato e senza alcuna dignità: è il fallimento totale. Allora il figliò rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! La situazione di miseria, l esperienza della propria nullità risvegliano nel cuore del figlio il ricordo della casa paterna, la nostalgia del padre. Allora consapevole del proprio peccato e spinto anche dalla necessità, decide di tornare dal padre; è il primo passo verso la salvezza, la conversione.

3 Ė deciso, pensa il figlio: ritornerò da mio padre e gli dirò: padre ho peccato contro il cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi servi. Qual è il ragionamento del figlio? Se io ho peccato contro Dio, non sono più figlio, ma almeno avrò cibo in abbondanza, almeno mangio. Il giovane allora pensa di correre incontro al padre, di gettarsi ai suoi piedi per farsi perdonare. Il figlio è convinto di dover meritare il perdono dopo aver perso l amore del padre. Egli è convinto di dover convincere il Padre a riaccoglierlo, e tutto questo perché ha un immagine errata del padre. Infatti, c è una sorpresa che attende il figlio e che sorprende tutti noi: il padre non la pensa affatto come lui. Perché: quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio disse: padre ho peccato contro di te, non sono più degno de essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: presto, portate qui il vestito più bello e rivesti telo. Mettetegli l anello al dito ed i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa. Il figlio pensava di essere solo a percorrere il lungo e doloroso cammino verso il Padre; solo con il suo rimorso, con la sua vergogna, con la sua umiliazione. In realtà il padre avverte i passi del figlio che ritorna, lo vede quando ancora era lontano. Perché? Semplicemente perché non aveva mai cessato di aspettarlo. Il figlio aveva pensato di correre incontro a padre, di gettarsi ai suoi piedi, ma il padre non gli da il tempo di farlo, assume l iniziativa dell incontro, precede il figlio. Il Padre non rimprovera il giovane, non gli chiede di rimediare al male commesso, non lo punisce, Anzi lo vide e commosso gli corse incontro e lo baciò. Attenzione al verbo commuoversi, letteralmente si sentì rimuovere nelle viscere, che è il verbo che indica il sentimento materno. Il Padre quindi, prova per il figlio lo stesso sentimento che una madre prova per il suo bambino, un amore viscerale. Ecco allora perché forse in questa parabola manca la madre, è sintetizzata nella figura divina. Possiamo qui ammirare una delle opere più belle del pittore francese Rembrant, che rappresenta proprio la parabola oggetto della nostra

4 riflessione. Si nota il Padre che abbraccia amorevolmente il figlio che ritorna. Ma c è un particolare degno di nota e che sfugge ad una lettura superficiale. Le due mani del padre sono diverse, una è tipicamente mascolina, è rugosa, grande, l altra è più piccola, più delicata quasi ad evocare una mano femminile. Ė come se il pittore suggerisse (a ragione) il volto materno di Dio, Dio-Padre è anche madre. Il padre, così, fa consegnare al figlio un anello e dei calzari, simbolo dell uomo libero e poi organizza un banchetto in maniera che tutti partecipino alla festa, alla sua gioia, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. Siamo giunti al secondo momento della parabola, entra in scena il fratello maggiore, che apparentemente è una figura marginale, in realtà è una figura essenziale del racconto. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: è tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Ad una prima lettura si ha l impressione che il figlio maggiore sia veramente il figlio ideale, perché non aveva mai abbandonato il padre, aveva sempre obbedito, non aveva mai fatto colpi di testa, ma in realtà dalle sue affermazioni e dal suo comportamento emerge tutta la sua grettezza. Perché un vero fratello correrebbe ad abbracciare colui che è stato ritrovato, sarebbe felice di condividere la gioia con il padre, sarebbe felice di far festa. Invece non accade così. Perché egli si dimostra, geloso, invidioso, disgustato e assume un atteggiamento di arroganza non solo nei confronti del fratello ma anche nei confronti del padre, che viene accusato di ingiustizia, perché gioisce e fa festa con colui che è soltanto un peccatore. Dopo aver rimproverato il padre, rivolge il suo risentimento verso il fratello, che chiama con disprezzo questo tuo figlio, non mio fratello, perchè evidentemente non lo considera tale.

5 Il figlio maggiore, nella sua presunzione si crede giusto perché è osservante, è rispettoso. Ma in realtà il suo cuore è piccolo e diviso, non conosce né l amore del padre, né l amore del fratello. La sua è soltanto una giustizia formale ed una apparente fedeltà. L invidia, il risentimento, l egoismo lo rendono incapace di gioire per il fratello ritrovato. Perché anche lui ha una concezione sbagliata del padre. Per il fratello maggiore, infatti, il padre è un padrone per il quale lavorare. Infatti, il figlio maggiore, come emerge dalla parabola non lo chiama mai padre. Qui si intravede l atteggiamento degli scribi e dei farisei che mormorano contro Gesù: costui riceve i peccatori e mangia con loro. Ma il padre, anche in questo caso non rimprovera il figlio maggiore, ma al contrario esce e lo supplica, usa misericordia anche con lui, perché non vuole perderlo, lo chiama figlio, facendo appello ai suoi sentimenti. Il padre, infatti, risponde: Figlio tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo, ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. C è qualcosa di strano in questa parabola, perché il racconto finisce qui. Luca non dice nient altro; non sappiamo se il fratello maggiore ha accettato l invito del padre e quindi è entrato e ha fatto festa riconciliandosi con il fratello. Non si sa. Perché la parabola rimane aperta, senza soluzione scontate, senza lieto fine. Ma c è un perché a tutto questo. Infatti il racconto non ha un finale perché siamo noi a doverlo completare; la risposta la dobbiamo dare noi. La parabola, infatti, sfocia in alcune domande poste in maniera implicita agli ascoltatori, ai lettori. La prima domanda. Che idea ho io di Dio? Chi è per me Dio? La seconda domanda. sono in grado di partecipare alla gioia di Cristo, quando vedo dei peccatori che si avvicinano a lui, che si convertono o so soltanto puntare l indice per giudicare e arbitrariamente condannare? Noi, spesso, abbiamo un immagine distorta di Dio, proprio come i due fratelli della parabola. Perché vediamo in lui non un padre, ma un despota, un tiranno, un giudice pronto a punirci, un padre-padrone a cui sottostare e di cui aver timore, paura; la conseguenza è che ci sentiamo schiavi, e non

6 figli. Invece il Dio che ci rivela Cristo è diverso; è un Dio-Padre di misericordia, disposto al perdono. Infatti la parabola, più ancora dell esperienza dolorosa del peccato e della sua tragicità, mette in evidenza la reazione benevola del padre che perdona e per questo trasforma l esistenza del figlio che si era perduto lontano da lui. Dio rimane sempre padre nonostante tutte le nostre mancanze, le nostre infedeltà. Dio è misericordioso (cioè fedele al suo amore), anche quando noi gli voltiamo le spalle, lo rinneghiamo. Allora la vera conversione consiste nel riscoprire il volto del Padre, il volto di Dio. Significativa in tal senso è un affermazione di Suor Faustina Kowalska, la mistica della Divina Misericordia: Anche se i nostri peccati fossero neri come la notte, la misericordia divina è più forte della nostra miseria. Occorre una cosa sola: che il peccatore socchiuda almeno un poco la porta del proprio cuore, il resto lo farà Dio. Ma Dio non è misericordioso perché è indifferente al male, Dio non scende a compromessi con il male, però sa compatire chi lo compie e attende il suo ritorno, attende la conversione. Nessuno, pertanto, deve sentirsi perduto, perché come dice il profeta Ezechiele Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. (Ez 18,32). Nel vangelo di MT leggiamo che Cristo non è venuto per i giusti, ma per i peccatori (Mt 9,13). Siamo tutti invitati a fare esperienza personale del perdono e dalla riconciliazione. Ė questo uno dei messaggi della parabola. Riconciliazione, che significa passare dalla morte alla vita, dallo smarrimento al ritrovamento. Perché la lontananza il rifiuto di Dio comporta la morte spirituale, mentre il ritorno coincide con la resurrezione, ovvero con il ritorno alla vita nuova dei figli di Dio. Cosa leggiamo, infatti, nella parabola? Questo mio figlio era morto, ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. Adesso cerchiamo di rispondere al secondo quesito. Noi siamo disposti a gioire quando vediamo dei peccatori che si convertono o il nostro atteggiamento ricorda quello del fratello maggiore, che non accetta un Padre che ama i peccatori? Siamo disposti alla riconciliazione con i nostri fratelli? Occorre tenere presente che, la riconciliazione, non è un qualcosa che riguarda soltanto il nostro intimo, ma si deve estendere agli altri, verso il prossimo; è necessario credere e sperare che tanti figli perduti possano ritornare al Padre. Noi a volte, proprio come il figlio maggiore disprezziamo coloro che consideriamo peccatori e neghiamo loro perfino la possibilità di cambiare, di ravvedersi, di convertirsi, e

7 questo perché abbiamo difficoltà di accettare la condiscendenza di Dio verso coloro che sbagliano, abbiamo difficoltà ad accettare un Dio che ama i peccatori. Al termine della parabola abbiamo visto che il padre chiede al figlio maggiore di gioire, di far festa, ma il figlio non accetta, non vuole gioire, perché pensa di non aver bisogno di conversione, di perdono, perché nella sua presunzione, si crede giusto. In realtà, la sua è una falsa giustizia, perché è basata soltanto sulla legge e non sulla misericordia, sull amore. Abbiamo detto che non c è riconciliazione con Dio, se non c è perdono sincero per le mancanze del nostro prossimo; riconciliarsi è credere che esiste un Dio-Padre e pertanto siamo tutti fratelli. Se io non riesco a considerare, a dire al mio prossimo mio fratello, non posso chiamare Dio Padre. Allora la festa è possibile soltanto se i due fratelli della parabola riusciranno a dire Padre nostro. Proprio come Gesù ci esorta a fare. Noi, spesso, ci consideriamo veri figli di Dio, perché siamo battezzati, non commettiamo grandi peccati, la domenica partecipiamo alla celebrazione eucaristica, partecipiamo alla vita della parrocchia, quindi tutto ci è dovuto, tutto è garantito; siamo salvi. Quasi, quasi, il fatto di essere dei buoni cristiani, lo avvertiamo come un dovere. E così siamo tristi, nervosi, incapaci di far festa, di gioire per il bene altrui, ci sentiamo figli, ma in realtà siamo servi, schiavi dell amarezza che ci rende vuoti, incapaci di ricevere e di donare, incapaci di amare. I pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno dei cieli dice Gesù ai farisei e a tutti i falsi religiosi. Per concludere: la parabola ci insegna che dinanzi a Dio una osservanza fredda e puramente esteriore dei precetti non ha importanza, perché a Dio ciò che importa realmente è la bontà del cuore e non l esteriorità. La parabola ci mostra che il pensiero e l agire di Dio, sono assai diversi da quelli umani. La logica di Dio è diversa da quella umana. Noi abbiamo pensieri di giustizia umana, Dio ha pensieri di misericordia. Nel libro del profeta Isaia leggiamo: I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie, oracolo del Signore. Is 55,8. La parabola del Padre misericordioso corrisponde alla realtà di tutti i tempi, di tutti i luoghi; è la parabola in cui tutti noi possiamo riconoscerci; a volte ci riconosciamo nel figlio minore, a volte nel figlio maggiore. Siamo un po l uno e un po l altro. Dio però va incontro a tutti e due e questo deve darci la fiducia di poter essere in ogni circostanza ritrovati dal Padre e invitati a tornare da lui, sia che veniamo dalla perdizione, dalla dispersione come il

8 figlio minore, sia che veniamo da una falsa giustizia e da una fedeltà puramente formale come il figlio maggiore. ESERCIZI SPIRITUALI PARROCCHIA SAN CATALDO ENNA PASQUA 2010.

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