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1 Quali vie per una politica d asilo più credibile? Occorre un sistema d asilo efficiente, corretto e sostenibile sia a livello mondiale che davanti all elettorato. Impulsi dal 5 Simposio svizzero sull asilo di Felicina Proserpio Il quinto Simposio sviz-zero sull asilo politico (30-31 gennaio 2013), patrocinato dall Alto Commissariato delle Nazioni Unite (ACNUR) e dall Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (SFH/OSAR) ha coinvolto 280 operatori pubblici e privati del settore, studiosi e studenti da tutta la Svizzera. Il programma ha offerto approfondimenti e spunti di riflessione da diverse angolature sulle prospettive per una più credibile politica d asilo. Non sono mancati gli interlocutori istituzionali come Mario Gattiker, Direttore dell Ufficio della Migrazione, e Simonetta Sommaruga, Ministro della Giustizia, ma neppure esponenti della stampa, dell Università, delle Organizzazioni non governative, di Caritas e Croce Rossa. La credibilità di un sistema di asilo esige che esso sia efficiente - cioè che non sprechi risorse -, che sia in grado di riconoscere correttamente le persone bisognose di protezione e di garantirgliela - dunque non semplicemente rapido -, che sia sostenibile a livello mondiale - cioè non concentrato esclusivamente su coloro che raggiungono il territorio elvetico - e, non da ultimo, che goda del consenso dell opinione pubblica. Se è vero che il dibattito, anche nel Simposio, si è concentrato particolarmente su efficienza e correttezza, non sono mancate però importanti sottolineature degli altri due aspetti. Approcci coordinati a livello globale Un primo ampliamento di orizzonte sembra ormai maturato: in materia di protezione internazionale non è possibile fermarsi ai confini svizzeri, bensì occorre tener conto del contesto europeo. La prospettiva mondiale, invece, fa ancora fatica a permeare le nuove proposte di riforma. Mentre giustamente si cercano procedure che snelliscano il sistema svizzero d asilo, rendendolo più efficiente ed equo, stenta a raccogliere l attenzione del grande pubblico e dei partiti la responsabilità internazionale che ogni paese è chiamato ad assumersi di fronte alle grandi crisi umanitarie. In proposito Pascale Moreau, direttrice operativa dell Ufficio europeo dell ACNUR, ha fatto presente alcune emergenze: si calcolano circa due milioni di profughi siriani interni e richiedenti asilo nei paesi confinanti con la Siria; si stima la fuga di circa persone dal Mali e non si possono dimenticare le crisi in Costa d Avorio, Libia, Sudan, Congo, Afghanistan, Iraq, Somalia ed Eritrea. È necessario un maggiore impegno dei paesi europei al riguardo, sia in termini di supporto e solidarietà con le regioni di provenienza dei profughi sia in merito all accesso alla protezione in Europa. A livello mondiale l ACNUR registra la necessità di ricollocare circa ottocento mila rifugiati ma dispone ogni anno solo di circa posti, prevalentemente negli Stati Uniti, in Canada e in Australia. Lo scorso anno l Europa ha partecipato ai programmi di reinsediamento accogliendo solo profughi bisognosi di essere trasferiti in un paese terzo dopo essersi rifugiati provvisoriamente in un campo ACNUR. Il principio della correttezza ha ribadito la Moreau non è limitabile alle sole procedure nazionali di asilo, ma deve guidare la politica d asilo in senso più ampio. Questo significa riconoscere la natura globale dei flussi di rifugiati e la necessità di approcci coordinati a livello globale e regionale. D altra parte questo è possibile solo se l elettorato sostiene simili aperture. A questo riguardo è stata sottolineata da più parti l importanza dell informazione.

2 I mass-media Talvolta l opinione pubblica contrasta quegli approcci razionali sui quali gli esperti concorderebbero. [ ] Nel dibattito pubblico viene presentata spesso un immagine veramente distorta dell emigrazione e dell asilo. Siamo preoccupati - continuava la Moreau per quanto riguarda la tematica dell asilo in Europa per il crescente trend di sensazionalismo e di rappresentazione dei richiedenti asilo come persone che cercano di abusare della protezione internazionale o addirittura come criminali. I reportage si concentrano primariamente sugli aspetti negativi giocando con i numeri e dando la percezione che l Europa sia sommersa da profughi tutti alla ricerca del benessere economico. Queste sono immagini sensazionalistiche, facili da diffondere specialmente in tempi di crisi economica e che fanno leva sulle paure più profonde della gente. Sarebbe particolarmente dannoso permettere a simili timori di guidare il dibattito sull asilo, deviandolo da alcune delle situazioni più difficili al mondo. Asilo: un pilastro del nostro sistema di valori Sebbene riguardi solo una minoranza degli immigrati la credibilità della politica d asilo è molto importante perché - come ribadiva il Ministro della Giustizia, Simonetta Sommaruga - tutt oggi l asilo costituisce un pilastro del nostro sistema di valori. [ ] Concedere asilo è un compito statale nobile e allo stesso tempo elementare; è un nostro dovere in quanto uomini e donne. Tale rimane anche se le sfide riguardanti i rifugiati nel corso dei decenni sono mutate continuamente, la situazione attuale è sotto molti punti di vista più complessa che nel passato e i richiedenti asilo non sono più europei, bensì provengono dall Africa, dal Medio Oriente e dall Asia. Dopo che in 30 anni dieci revisioni della legge sull asilo - adottate con il dichiarato scopo di inasprire il sistema di asilo e di ridurre la cosiddetta forza attrattiva della Svizzera - hanno lasciato in eredità procedimenti lunghi e una certa sfiducia della società civile, la riforma alla quale si sta lavorando punterebbe, a detta della sua promotrice, in un altra direzione: lo snellimento della procedura non è fine a se stesso ma esprime la centralità della persona nel procedimento di asilo, la quale non deve essere costretta a vivere in uno stato di incertezza per anni. È previsto un ampliamento della tutela legale dei richiedenti asilo tenendo conto del fatto che il gratuito patrocinio è condizione e non ostacolo per un acceleramento della procedura. Il Ministro della Giustizia desidera inoltre rafforzare la collaborazione statale con le organizzazioni non governative. In Svizzera come metteva in risalto Simonetta Sommaruga è tradizionalmente molto forte l impegno della società civile a favore di richiedenti asilo e rifugiati: diverse organizzazioni non governative prestano assistenza nel procedimento di asilo, collaborano nella gestione degli alloggi e nella realizzazione di progetti di integrazione, gestiscono ambulatori specializzati per il trattamento delle vittime di tortura, partecipano al dibattito politico Questi apporti risultano vitali per un buon funzionamento del sistema di asilo ma anche affinché l asilo non corra il rischio di ridursi ad un atto tecnocratico delle autorità. Collaborazione e distanza critica da parte della società civile - entrambe auspicate dal Ministro esigono però anche riflessioni di più ampio respiro come quelle introdotte al Simposio dal prof. Piquet, dell Università di Neuchâtel, che ha espresso qualche dubbio generale su alcuni punti centrali del sistema d asilo svizzero ed europeo. Una perplessità riguarda, ad esempio, la centralità della protezione della persona solo in Svizzera o in Europa: i diritti di una persona cambiano totalmente dal momento in cui oltrepassa la frontiera svizzera o europea, a motivo dei diversi standard di protezione dei rifugiati applicati nei diversi continenti. Può permettersi il sistema d asilo svizzero e più in generale

3 europeo di concentrarsi sulla sola protezione di chi ha raggiunto l Europa, ignorando l insufficiente protezione garantita agli altri? O non si tratta piuttosto di una incoerenza di fondo che mina alla base la credibilità di qualsiasi politica e procedura di asilo, se non viene affrontata cominciando a pensare a delle forme europee e mondiali di burden sharing, cioè di suddivisione equa dei costi e prima ancora della responsabilità per la protezione dei rifugiati? Più personale meno ritocchi alla legge Interessanti, anche se su un altro piano, sono anche alcuni elementi emersi nell intervento del Direttore dell Ufficio Federale della Migrazione (UFM), Mario Gattiker, il quale ha riconosciuto che il numero degli impiegati dell UFM svizzero sono pari - in proporzione - ad un quarto di quelli del corrispettivo organo amministrativo olandese, dal quale la riforma in discussione in Svizzera prende esempio. Quando Gattiker ha assunto il suo incarico nel 2011 l UFM era strutturato per trattare circa richieste d asilo all anno ma ha dovuto confrontarsi con , concludendo perciò l anno con un elevato numero di richieste non esaminate. Se è vero come diceva Mario Gattiker che il personale senza un sistema adeguato non basta, è anche necessario tener presente che nessuna riforma organizzativa potrà snellire la procedura senza un adeguato aumento del personale dell UFM, come sottolineava Walter Stöckli, giudice presso il Tribunale Amministrativo Federale. Altrimenti troppi casi rimangono a lungo pendenti a spese dei rifugiati che devono attendere anni per vedere riconosciuto il loro diritto alla protezione e conseguentemente poter lavorare, imparare la lingua locale ecc. Gattiker ricordava inoltre che la durata dei procedimenti è solo in parte influenzabile. Infatti, ad esempio, alcune verifiche riguardo a circostanze essenziali della fuga del richiedente, che sono da effettuare, richiedono comunque tempo poiché concernono fatti realizzatisi in paesi stranieri. I principali dettagli della riforma in discussione sono stati poi illustrati da Susanne Bolz, dell Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati. Frequenti riorganizzazioni e riforme legislative - come emergeva chiaramente dall intervento di Stöckli - rischiano però di essere controproducenti in quanto creano incertezze e lunghe fasi di adattamento. Pur senza sottovalutare i correttivi strutturali che si intendono introdurre con la nuova riforma risulta quanto mai importante focalizzare sempre nuovamente il rapporto fra scopo e mezzi: se lo scopo è la protezione dei perseguitati e di coloro che essendo in fuga da guerre e catastrofi naturali non possono essere rimandati in patria - oltre 16 milioni di persone nel , ogni riforma sul diritto d asilo, partendo dalla globalità del fenomeno al frammento, dovrebbe delineare costruttivamente l apporto specifico nazionale alla risposta internazionale. Un contesto nel quale l esperienza elvetica degli ultimi cinquanta anni potrebbe davvero essere significativa. Puntare soltanto a snellire le procedure sarebbe per l ennesima volta un obiettivo e contemporaneamente un mezzo inadeguato. L importanza del permesso umanitario Uno dei workshop del convegno è stato dedicato alla situazione delle persone ammesse provvisoriamente nella Confederazione elvetica. Sul tema sono intervenuti Thomas Aebli, dell Ufficio federale della migrazione (UfM), Denise Efionayi-Mäder, del Forum svizzero per gli studi migratori e riguardanti la popolazione (SFM) e Susanne Bolz, dell Organizzazione svizzera per i rifugiati (SFH).

4 Il contesto Di fronte al fatto che tra i profughi che hanno raggiunto l Europa negli ultimi tre decenni non è indifferente il numero di coloro che - pur non essendo personalmente perseguitati - hanno dovuto fuggire dalla loro patria a motivo di conflitti armati o di cosiddette situazioni di violenza diffusa, i singoli stati europei hanno dovuto via via introdurre delle protezioni sussidiarie per completare la tutela prevista dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati. In Svizzera esiste però solo una ammissione provvisoria (permesso F). L attuale normativa e situazione elvetica Tecnicamente il permesso F è previsto per persone che non vengono riconosciute come rifugiate ma il cui allontanamento dalla Svizzera - con conseguente rinvio nel paese di provenienza - si rivela inammissibile (poiché costituirebbe una violazione del diritto internazionale), non ragionevolmente esigibile (in quanto metterebbe concretamente in pericolo lo straniero) o impossibile (cioè tecnicamente non realizzabile). L ammissione provvisoria viene normalmente disposta per dodici mesi e viene prorogata di anno in anno dal Cantone di dimora, se non mutano le condizioni in base alle quali è stata concessa. Tale permesso risulta dunque assolutamente precario, anche se poi concretamente viene spesso rinnovato per anni, in quanto le condizioni di guerra nel paese di provenienza o il difficile stato di salute dei titolari non migliorano. Tenendo conto di questa realtà dal 2008 le misure tese a favorire l integrazione dei rifugiati sono state estese anche agli ammessi provvisoriamente. Data però l insicurezza di questo status che scoraggia i possibili datori di lavoro - e il vincolo di residenza in un certo Cantone, l integrazione dei titolari del permesso F nel mondo del lavoro resta molto difficile. Dopo cinque anni di provvisorietà si può richiedere un permesso B, qualora si possa provare di aver raggiunto un certo stato di integrazione e di indipendenza economica dagli aiuti sociali. La domanda va però presentata al Cantone di dimora, che resta il solo a poter decidere positivamente e inoltrare la richiesta all Ufficio federale della Migrazione (UfM). Normalmente la grande maggioranza delle richieste che pervengono all UfM vengono confermate, ma restrittiva è la prassi dei Cantoni. Alla fine del 2012 risultavano ben persone ammesse provvisoriamente: di queste oltre tredicimila vivono in Svizzera da più di cinque anni! I necessari cambiamenti A livello nazionale ed internazionale è auspicata l introduzione anche da parte della Svizzera di un permesso umanitario che favorisca il riconoscimento del diritto alla protezione di queste persone e il loro inserimento nella società di accoglienza. Inoltre, risultando assolutamente inappropriata la modifica introdotta lo scorso anno, che nega alle persone ammesse provvisoriamente la possibilità di viaggiare al di fuori della Svizzera, si dovrebbe abrogare questa restrizione. Basti pensare alla situazione, ad esempio, di afgani, somali ed eritrei che hanno parenti stretti in diversi paesi del mondo e che con la normativa vigente sono nell impossibilità di far loro visita, anche solo per alcuni giorni. Infine, l intreccio fra la normativa riguardante questo permesso F e le nuove restrizioni introdotte lo scorso autunno - ed ora sottoposte a referendum il prossimo 9 giugno - sta avendo come effetto di imprigionare non pochi eritrei e somali in paesi come il Sudan e l Etiopia, dove si erano recati sperando di potersi ricongiungere con i parenti in Svizzera e dove non hanno prospettive di futuro. Un cavillo con pesanti conseguenze concrete sulla vita delle persone.

5 Sembra dunque proprio urgente prevedere un reale permesso anche per i profughi di guerra oltre che per i perseguitati, invece che cercare - come è avvenuto con la normativa dell autunno scorso - di restringere la definizione degli aventi diritto all asilo. Tali scelte politiche richiedono il coraggio della società civile, oltre che dei politici, di informarsi e riflettere. La società globalizzata è un meccanismo complesso ma affascinante - così come lo sono il corpo umano e i sistemi planetari - : vale la pena di riconoscere le connessioni e di curare i dettagli nella consapevolezza che ciò va a beneficio della salute di tutti. (Corriere degli Italiani, febbraio 2013)

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