1 Le caratteristiche idrologiche di una utilizzazione 1.1 La curva delle durate delle portate e la curva delle portate medie utilizzabili

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1 1 Le caratteristiche idrologiche di una utilizzazione 1.1 La curva delle durate delle portate e la curva delle portate medie utilizzabili Facciamo riferimento, per fissare le idee, a un impianto idroelettrico ad acqua fluente, sprovvisto di qualunque possibilità di regolazione. La progettazione dell'impianto si basa sulla conoscenza di una serie di portate, osservate per un periodo abbastanza lungo (per 20 o 30 anni, per esempio) da permettere di fare un ragionevole affidamento sui risultati delle elaborazioni. Le portate osservate, che è utile rappresentare graficamente in un diagramma cronologico (idrogramma), sono ovviamente le portate che sarebbero state disponibili per l'utilizzazione, se in quel tempo fosse già esistito l'impianto. La valutazione dei risultati dell'opera, che necessariamente si progetta adoperando le osservazioni esistenti, si fonda sulla fiducia che il regime idrologico osservato nel passato costituisca - dal punto di vista statistico - un'affidabile descrizione di quello futuro. Le portate osservate naturalmente variano da un giorno all'altro, tra un minimo e un massimo. Si pone dunque il problema di scegliere la portata per cui dimensionare l'impianto. Se si sceglie la portata minima, si può essere sicuri (nei limiti in cui il passato si può ritenere un'affidabile descrizione del futuro) che l'impianto funzionerà sempre a piena potenza; ma anche che una considerevole quantità d'acqua resterà inutilizzata. Se si sceglie la portata massima, si può essere sicuri che non ci sarà acqua inutilizzata; ma anche che l'impianto funzionerà quasi sempre a una potenza molto più bassa di quella di progetto. (Per semplicità di esposizione trascuriamo la necessità, di cui in realtà occorre tener conto, di riservare una parte della portata naturale alle esigenze dell ambiente e di altri utenti.) Per chiarire il problema torna utile prendere in considerazione la curva delle durate delle portate. Ogni punto della curva ha ordinata uguale a una certa portata q, compresa tra la portata minima q min e la portata massima q max osservate, e ascissa uguale al tempo t per cui la portata q è stata superata o uguagliata (al quale si dà appunto il nome di durata della portata q). La durata di una certa portata q è dunque compresa tra zero (durata di q max ) e T (durata di q min, coincidente con la lunghezza dell'intero periodo considerato) (fig. 1.1). La curva delle durate si può pensare ottenuta dall'idrogramma relativo all'intero periodo di osservazione, suddividendo l'area sottesa dall'idrogramma in striscioline verticali di larghezza infinitesima, e quindi disponendo le striscioline in ordine di altezza decrescente. L'area sottesa dalla curva delle durate è dunque chiaramente uguale a quella sottesa dall'idrogramma, e quindi rappresenta l'intero deflusso del corso d'acqua nel periodo considerato. (La curva delle durate è qui descritta per comodità facendo riferimento a portate istantanee. Nelle applicazioni, dove invece si considerano portate medie, relative a intervalli di tempo di assegnata lunghezza, la curva si trasforma in una spezzata.) Consideriamo ora un impianto dimensionato per una certa portata q* (in generale inferiore a quella massima e superiore a quella minima) e tracciamo la retta orizzontale con ordinata q* (fig. 1.1). La spezzata composta a sinistra dalla porzione DB della retta compresa tra l'asse delle ordinate e il punto di intersezione con la curva delle durate, e a destra dalla porzione BA della curva che sta al di sotto della retta, sottende un'area che rappresenta la parte del deflusso 1

2 utilizzabile dall'impianto. Consideriamo ora il valor medio della portata utilizzabile (rappresentato dalla portata q m * che, moltiplicata per T, fornisce il deflusso utilizzabile). Chiaramente la portata media utilizzabile q m * è sempre minore della portata di dimensionamento q*. (Le due portate sono uguali solo quando q* coincide con la minima portata osservata.) Riportando in corrispondenza di ogni tempo t la portata media utilizzabile da un impianto con portata q* uguale a quella fornita, per lo stesso tempo t, dalla curva delle durate, si ottiene la curva delle portate medie utilizzabili (curva FA della fig. 1.1). Nella fig. 1.1 l'area ODBAT (uguale all'area OFGT) rappresenta il deflusso utilizzabile da un impianto dimensionato per la portata massima q*. L'area BCD rappresenta il deflusso non utilizzabile, mentre l'area ABE rappresenta il deflusso mancante per il funzionamento continuo dell'impianto a massima potenza. 1.2 La caratteristica idrologica dell'utilizzazione Le informazioni contenute nella curva delle durate delle portate e in quella delle portate medie utilizzabili si possono raccogliere insieme in una sola curva, che fornisce le informazioni idrologiche essenziali per valutare le possibilità di utilizzazione e prende appunto il nome di caratteristica idrologica dell'utilizzazione. La curva si costruisce riportando in un diagramma, con le portate di dimensionamento dell'impianto q* in ascisse e le portate medie utilizzabili q m * in ordinate, i valori di q* e di q m * letti, rispettivamente, sulla curva delle durate e su quella delle portate medie utilizzabili (fig. 1.2). La prima parte della curva (tratto OA) è costituita da un segmento di retta, perché per portate di dimensionamento inferiori o uguali alla portata minima q min la portata media utilizzabile q m * coincide con la portata di dimensionamento q*. La seconda parte invece (tratto AB) cresce sempre più lentamente, perché al crescere di q* cresce (come nella fig. 1.2 si vede chiaramente) la differenza tra q* e q m *, che è massima quando q* diventa uguale a q max (e q m * diventa uguale alla portata media del corso d'acqua nell'intero periodo di osservazione). Considerando, per esempio, il valore di q* individuato dal punto C dell'asse delle ascisse, si verifica facilmente che i segmenti verticali CD, DF, DE ed EF sono proporzionali, rispettivamente, al deflusso utilizzabile dall'impianto ad acqua fluente, al deflusso che occorrerebbe aggiungere a quello utilizzabile per far funzionare l'impianto con continuità alla massima potenza, al deflusso esistente ma non utilizzabile dall'impianto in assenza di regolazione e, infine, alla porzione del deflusso (rappresentato dal segmento EF) che occorrerebbe derivare da qualche altro corso d'acqua e aggiungere a quello naturale regolato per far sì che l'impianto possa funzionare con continuità a piena potenza. Come si può immaginare, la portata q* fornisce un'indicazione della spesa necessaria per costruire l'impianto (perché le dimensioni delle opere dipendono in gran parte dalla massima portata utilizzabile), mentre la portata media q m * fornisce un'indicazione dei proventi (perché l'energia prodotta è proporzionale al volume d'acqua utilizzato q m *T). Chiaramente l'impianto risulta tanto più conveniente quanto minore è lo scostamento tra la portata massima (portata di dimensionamento dell'impianto) e la portata media utilizzate durante l'intero periodo di 2

3 funzionamento. Il regime idrologico di un corso d'acqua risulta dunque tanto più favorevole all'utilizzazione per la produzione di energia, in termini di redditività, quanto più la curva caratteristica si avvicina alla retta uscente dall'origine con inclinazione di 45 (e quanto meno la curva delle durate si scosta da un tratto di retta orizzontale) (Contessini, 1956). 2 I serbatoi artificiali 2.1 Generalità I serbatoi o laghi artificiali (così detti perché formati da una diga) sono destinati ad accumulare l'acqua nei periodi in cui è disponibile per rilasciarla quando è necessaria. Le utilizzazioni dell'acqua possono essere di diverso tipo (Marzolo, 1963): - produzione di energia elettrica, - irrigazione, - alimentazione di acquedotti a uso civile o industriale, - alimentazione di canali navigabili. I serbatoi possono essere utilizzati anche per - la laminazione delle piene, - la trattenuta dei materiali trasportati dalla corrente. Molti serbatoi sono adibiti a più di un tipo di utilizzazione: per esempio a produzione di energia elettrica e irrigazione contemporaneamente. Anche i laghi naturali si possono utilizzare per accumulare l'acqua, regolando le portate dell'emissario con una diga. Quando, come spesso accade, la zona circostante il lago è urbanizzata (è il caso del Lago Maggiore e del lago di Como, per esempio), o comunque non può essere allagata, non si possono accettare forti escursioni di livello; la diga quindi non è molto alta e gli organi di scarico permettono in qualunque momento l'erogazione di una portata uguale alla portata di piena che naturalmente uscirebbe dal lago non regolato. In alcuni casi, sopra tutto quando si tratta di piccoli laghi di montagna, le portate regolate si derivano attraverso una condotta sotterranea. 2.2 Alcuni problemi di progettazione I principali problemi da risolvere nella progettazione di un lago artificiale sono, dopo il controllo della disponibilità d'acqua, la scelta della località (possibilmente una sezione in cui 3

4 la valle si restringe) e il controllo delle caratteristiche di resistenza e di impermeabilità della roccia. 2.3 L'interrimento Un limite importante all'utilizzazione di un serbatoio può essere costituito dall'interrimento, cioè dal deposito di sedimenti, che provoca una riduzione del volume destinato a immagazzinare acqua. (Incidentalmente, vale la pena di osservare che i sedimenti non vanno a depositarsi tutti nel punto più profondo del lago artificiale, ma cominciano a depositarsi subito allo sbocco dell'immissario, dove la corrente perde velocità, e in modo tanto più evidente quanto più grossolano è il sedimento.) Il volume di sedimento annualmente trasportato dall'acqua nel serbatoio (espresso come rapporto tra il volume stesso e l'area del bacino idrografico sotteso dalla diga) può andare da 0,25 mm a -1 a 2 mm a -1 e più. In qualche caso la quantità di sedimento trasportata può essere così elevata da far escludere la fattibilità dell'opera, perché il lago risulterebbe completamente interrito in un tempo troppo breve. 2.4 La relazione tra quota e volume Una delle prime operazioni del progetto è la determinazione (per mezzo di un rilievo topografico) delle curve che forniscono le aree e i volumi del serbatoio in funzione della quota. La massima quota alla quale è previsto che possa arrivare la superficie dell'acqua (in occasione della piena più gravosa) è detta quota di massimo invaso. La quota alla quale ha inizio automaticamente lo sfioro prende il nome di quota massima di regolazione. La quota alla quale il volume d'acqua erogabile diventa uguale a zero prende il nome di quota di svaso. Il volume compreso tra la quota massima di regolazione e la quota di svaso prende il nome di volume utile di regolazione. La quota di svaso può essere decisamente maggiore del fondovalle. Il volume compreso tra il fondovalle e la quota di svaso prende il nome di volume morto del serbatoio. 2.5 Il bilancio idrologico del lago Il funzionamento di un lago artificiale è descritto (come quello di un lago naturale) dall'equazione di continuità, che rappresenta il bilancio idrologico del lago. L'equazione stabilisce che, in un intervallo di tempo assegnato, la somma dei volumi d'acqua entrati nel serbatoio come afflusso dell'immissario (o degli immissari) e come afflusso meteorico uguaglia la somma del volume d'acqua rilasciato per soddisfare le richieste o comunque scaricato, dei volumi perduti per evaporazione e per filtrazione e della differenza (algebrica) tra i volumi d'acqua contenuti nel lago artificiale alla fine e all'inizio dell'intervallo di tempo considerato. 4

5 Applicando l'equazione di continuità si può simulare il funzionamento di un serbatoio, assegnando la legge di erogazione (che rappresenta le richieste) e ovviamente assumendo che il livello dell'acqua non possa superare la quota massima di regolazione. L'acqua in eccesso si assume scaricata attraverso gli organi di scarico delle piene (sfioratori), di cui tutti i serbatoi debbono essere muniti, per evitare la tracimazione della diga in caso di insufficienza del serbatoio a immagazzinare l'acqua che risulta in eccesso rispetto alla domanda. I serbatoi destinati alla laminazione delle piene sono muniti di un organo di scarico (libero o regolato) costruito in modo da lasciar defluire l'acqua di piena per tutto il tempo per cui la portata in arrivo resta al di sotto un certo limite (e da sottrarre acqua al deflusso di piena, invasandola, proprio nel momento in cui ciò risulta maggiormente necessario). L'applicazione dell'equazione di continuità permette sia di simulare il funzionamento dell'opera, cioè di determinare le portate in uscita, una volta noti gli afflussi naturali e le richieste d'acqua (che naturalmente possono anche risultare soddisfatte soltanto in parte, in caso di scarsità d'acqua), sia di determinare gli afflussi al lago (che praticamente coincidono con i deflussi naturali del corso d'acqua in assenza della diga), una volta note le portate erogate in risposta alla domanda, quelle sfiorate in occasione delle piene e le variazioni di livello del lago artificiale. Nel caso particolare di un lago naturale regolato l'applicazione dell'equazione di continuità permette di ricostruire il deflusso naturale del lago, vale a dire il deflusso che ci sarebbe stato in assenza di regolazione. Nei mesi asciutti il volume perso per evaporazione (che ovviamente dipende dalla stagione, e può essere in Italia dell'ordine di 1 cm al giorno) è superiore all'afflusso meteorico. (In Italia è spesso superiore anche su base annuale.) Il volume perso per filtrazione, che naturalmente dipende dalle condizioni geologiche, è molto variabile e può arrivare all'ordine di 6-10 cm al giorno. Quando la parte permeabile del fondo del serbatoio è limitata si può fare ricorso a rivestimenti impermeabilizzanti. Le perdite per evaporazione crescono al crescere dell'area della superficie del lago. Quelle per filtrazione crescono al crescere dell'area e della quota del pelo libero (perché aumenta la pressione al fondo). Per semplicità, nell illustrazione dei problemi di progetto e di verifica si assumerà sempre l'afflusso al lago comprensivo dell'afflusso meteorico e già depurato delle perdite (afflusso netto). Solo al punto seguente prendiamo in esame il problema dell effetto dell evaporazione. L effetto dell evaporazione L effetto dell evaporazione è generalmente molto limitato, e spesso nella simulazione del funzionamento di un serbatoio artificiale si trascura. Vale comunque la pena di farne cenno, considerando per semplicità il caso di perdite per deflusso sotterraneo nulle (e quindi di diga appoggiata sullo strato impermeabile). La simulazione del funzionamento del serbatoio implica la successiva applicazione, per ogni intervallo di tempo elementare t, dell equazione di continuità a un volume di controllo, che assumiamo delimitato inferiormente dallo strato impermeabile, superiormente da un piano 5

6 orizzontale (posto a una quota più alta della maggiore tra quelle della superficie dell acqua all inizio e alla fine dell intervallo di tempo t), ai lati da una superficie coincidente con il paramento di monte della diga e per il resto da una superficie cilindrica verticale. Indicando con I l afflusso al volume di controllo per scorrimento (anche sotterraneo), con P l afflusso meteorico e con E v la perdita per evaporazione dal lago artificiale (e trascurando l evapotraspirazione, limitatissima), definiamo come afflusso netto la somma algebrica A = I + P E v. Applichiamo ora l equazione di continuità al volume di controllo nella situazione naturale (cioè in assenza della diga). Trascurando il deflusso di subalveo otteniamo l espressione I + P = ET + D + V, dove I è l afflusso per scorrimento (anche sotterraneo), P l afflusso meteorico, ET la perdita per evapotraspirazione, D il deflusso naturale nella sezione della diga e V la variazione del volume d acqua accumulato, in superficie, nel suolo e negli acquiferi, nel volume di controllo (variazione che sarà generalmente assai piccola rispetto a quella che si può avere nella situazione ipotetica di esistenza della diga e di funzionamento del serbatoio). (L infiltrazione nel terreno naturalmente non compare nell equazione, perché si tratta di un flusso interno al volume di controllo.) Trascurando l effetto dell invaso sullo scorrimento sotterraneo, si può assumere che la somma I + P sia la stessa, tanto in presenza quanto in assenza della diga. Si può allora ricavare I + P dalla seconda equazione e sostituirla nella prima. Si ottiene così A = ET + D + V - E v. Dunque l afflusso netto al volume di controllo (e quindi al serbatoio) A non coincide con il deflusso naturale D nella sezione in cui si costruirà la diga. Se si assume il terreno spoglio e impermeabile, le grandezze ET e V (difficili da valutare) si possono trascurare, e l afflusso netto risulta uguale alla differenza A = D E v tra il deflusso naturale (misurato nella sezione in cui si intende costruire la diga) e l evaporazione dalla superficie del lago artificiale. Negli altri casi l effetto dell evaporazione è generalmente più limitato, perché una qualche forma di evaporazione ha luogo anche prima della costruzione della diga. Quando l altezza della diga è di qualche ordine di grandezza maggiore dell altezza dell evaporazione totale annua, come spesso succede, l effetto dell evaporazione risulta così piccolo da poter essere facilmente trascurato. Quando invece la diga è bassa (una decina di metri, per esempio) occorre tenere conto dell evaporazione. L area della superficie evaporante si assume allora uguale al valor medio delle aree della superficie liquida all inizio e alla fine dell intervallo di tempo t considerato. 6

7 Il calcolo della portata laminata Per determinare l onda di piena in uscita da un serbatoio artificiale (o anche da un lago naturale) occorre simulare l effetto di laminazione esercitato dal lago. Il calcolo si svolge trascurando completamente le perdite di qualunque tipo, e prendendo in considerazione una serie di intervalli di tempo elementari di lunghezza t abbastanza breve da consentire una buona descrizione del fenomeno (per esempio di lunghezza uguale a un ora, o anche a meno di un ora, a seconda della variabilità temporale delle portate). Per effettuare il calcolo occorre conoscere, oltre ai valori della portata entrante (istantanea) Q e in tutti gli istanti considerati, anche la relazione tra la portata uscente (istantanea) Q u e il livello H nel lago e la relazione tra il livello H e il volume invasato V. Il calcolo, che si basa sull applicazione dell equazione di continuità, è ricorsivo. Per illustrarlo prendiamo in considerazione un generico intervallo di tempo, all inizio del quale la portata entrante Q e e il livello dell acqua sono entrambi noti e alla fine del quale solo la portata entrante Q e è nota. Nelle relazioni adoperate indichiamo i valori delle diverse grandezze all istante iniziale dell intervallo di tempo elementare considerato con il pedice i, quelli all istante finale con il pedice i + 1. L equazione di continuità per l intervallo di tempo t considerato è, indicando con Q em, Q um la portata media entrante e quella uscente nell intervallo di tempo t e con V i, V i+1 il volume invasato nel lago all inizio e alla fine dell intervallo, Q em t = Q um t + V i+1 - V i. Ponendo la portata media (entrante o uscente) uguale alla media aritmetica delle due portate che corrispondono all inizio e alla fine dell intervallo di tempo considerato e tenendo conto delle relazioni (entrambe note, e di cui la seconda definita di necessità in modo numerico) Q u = f(h), H = g(v), che esprimono la portata uscente Q u in funzione del livello H e il livello H in funzione del volume invasato V, l equazione di continuità si riscrive nella forma [(Q ei + Q ei+1 )/2] t = [(Q ui + Q ui+1 )/2] t + V i+1 - V i. Le incognite sono dunque due: la portata Q ui+1 e il volume V i+1. (La portata Q ui si ricava dalla relazione tra la portata Q u e il livello H, il cui valore all istante iniziale H i è noto.) La seconda equazione è costituita dalla relazione (non lineare, definita in modo numerico) tra Q ui+1 e V i+1. Il sistema si risolve con un calcolo iterativo. Come valore iniziale della portata Q ui+1 si assume quello della portata Q ui. Anche la portata uscente media Q um iniziale risulta così uguale a Q ui. Quindi si calcolano i valori di primo 7

8 tentativo della variazione V del volume d acqua invasato nel lago nell intervallo di tempo considerato, il valore finale del volume invasato V i+1 e quello del livello H i+1 corrispondente al volume V i+1, utilizzando le equazioni V =( Q em - Q um ) t, V i+1 = V i + V, H i+1 = g(v i+1 ). Infine si ricava dal livello H i+1 il valore di primo tentativo della portata uscente Q ui+1 = f(h i+1 ), che risulta quasi sempre diverso da quello iniziale (assunto uguale a Q ui ). A questo punto si calcolano, utilizzando il valore di Q ui+1 di primo tentativo e ripetendo la procedura appena illustrata, i valori di secondo tentativo di V, V i+1, H i+1 e Q ui+1. Si confrontano quindi i valori di primo e di secondo tentativo di Q ui+1. Se i due valori non sono sufficientemente vicini tra loro si ripete nuovamente la procedura, e si calcola il valore di Q ui+1 di terzo tentativo. E si va avanti così, iterando il calcolo, finché non si è raggiunto il grado di congruità voluto tra l ultimo valore calcolato di Q ui+1 e quello precedente. Quindi si passa all intervallo di tempo successivo, adoperando come portate in ingresso le portate Q ei+1 e Q ei+2 (le portate in ingresso sono tutte note, perché è nota l onda di piena in ingresso al lago), come portata iniziale Q ui la portata Q ui+1 calcolata al passo di tempo precedente e come livello iniziale H i il livello H i+1 corrispondente alla portata Q ui La regolazione completa e la regolazione incompleta La regolazione dei deflussi operata per mezzo del serbatoio può essere completa o incompleta. La regolazione è completa quando l'erogazione (definita come la quantità d'acqua rilasciata per soddisfare le richieste) e l'afflusso al serbatoio sono esattamente uguali nel periodo di tempo T considerato (in altre parole, quando l intero volume d acqua affluito al serbatoio è effettivamente utilizzato per soddisfare le richieste). La regolazione è invece incompleta quando l'erogazione è inferiore all'afflusso, e quindi un certa quantità d'acqua è rilasciata bensì, ma attraverso gli organi di sfioro, senza essere utilizzata. (Il rilascio attraverso gli organi di sfioro avviene in occasione delle piene, per evitare la tracimazione della diga, che potrebbe produrre effetti disastrosi.) E` il caso di osservare fin d'ora che la regolazione completa può non essere conveniente dal punto di vista economico (o essere addirittura impossibile, quando le caratteristiche topografiche dei luoghi non permettono la costruzione di un serbatoio abbastanza grande). In generale gli impianti effettuano una regolazione incompleta dei deflussi naturali. 8

9 2.7 La regolazione a portata costante e la regolazione a portata variabile Le leggi di erogazione dipendono dal tipo di utilizzazione. In particolare, l'erogazione può essere a portata costante o a portata variabile. Se si considerassero sempre portate istantanee, oppure portate medie relative a intervalli di tempo molto brevi, il solo tipo di regolazione da prendere in esame sarebbe quello a portata variabile, perché le richieste non sono mai costanti nel tempo. Però la lunghezza dell'intervallo di tempo elementare (al quale la portata media si riferisce) considerato per studiare la regolazione dipende dal volume del serbatoio. Questo fa sì che, a seconda del volume del serbatoio, si prenda in considerazione una regolazione a portata variabile oppure a portata costante. Consideriamo, per esempio, la produzione di energia elettrica. Le esigenze che la regolazione deve soddisfare sono due, e vanno in direzione opposta. Una prima esigenza, che per essere soddisfatta richiede un serbatoio di volume uguale a una frazione non piccola del deflusso naturale annuale del corso d'acqua, è quella di regolare l'erogazione all'interno dell'anno, conservando l'acqua affluita in eccesso durante la stagione delle piene per la successiva stagione delle magre. (Nel caso di serbatoi molto grandi, l'esigenza può essere addirittura quella di operare una regolazione all'interno di una serie di anni, conservando l'acqua affluita negli anni più ricchi d'acqua per quelli più secchi.) Una seconda esigenza, però, è quella di regolare l'erogazione all'interno della settimana (perché la richiesta di energia è minore nei giorni festivi) e della giornata (perché la richiesta di energia è minore nelle ore notturne). Chiaramente, la prima esigenza va nel senso di rendere i deflussi regolati tendenzialmente costanti, contrastando la variabilità (nell arco di alcuni mesi o alcuni anni) dei deflussi naturali, mentre la seconda va nel senso di rendere i deflussi regolati variabili, in accordo con le necessità, anche contrastando un eventuale costanza (nell arco di alcune ore o alcuni giorni) di quelli naturali. Un serbatoio molto piccolo può permettere solo la regolazione giornaliera o settimanale, e quindi si presta a soddisfare soltanto la seconda delle due esigenze. Un serbatoio di maggiori dimensioni invece può permettere la regolazione annuale (o pluriannuale), e quindi si presta a soddisfarle entrambe. Nell'esecuzione dei calcoli, come sempre, il tempo si discretizza in intervalli di tempo elementari. All'interno di ciascun intervallo non interessa sapere quale sia l effettivo andamento delle portate affluenti al serbatoio e di quelle uscenti: basta conoscere i volumi in ingresso e in uscita. Poiché i volumi sono proporzionali alla portata media affluente e a quella uscente, si può anche dire (sebbene non sia necessario) che le portate all interno di ciascun intervallo si assumono costanti. Ovviamente la lunghezza dell'intervallo di tempo elementare adottato per la discretizzazione dipende dal tipo di regolazione che il serbatoio è destinato a operare. Nel caso di regolazione giornaliera l'intervallo di tempo elementare può essere di un'ora, mentre nel caso di regolazione annuale è comunemente di un mese. Quando si adotta la discretizzazione mensile, che nasconde completamente le variazioni giornaliere e settimanali della domanda, può essere ragionevole, in certe condizioni, che l'obiettivo sia una regolazione a portata costante, cioè 9

10 uguale in tutti i mesi. In altri casi, invece, è naturale che l'obiettivo sia una regolazione a portata variabile nel tempo, secondo uno schema assegnato. 3 La determinazione del volume e la verifica del funzionamento di un serbatoio artificiale 3.1 I problemi tipici della regolazione Nella progettazione dei serbatoi si presentano due tipi di problemi. Il primo tipo di problema è un problema di progetto e consiste nel determinare il volume del serbatoio, a partire dall'erogazione richiesta. Il secondo tipo di problema è un problema di verifica e consiste nel controllare il possibile andamento dell'erogazione, a partire dal volume del serbatoio. Entrambi i tipi di problemi si possono risolvere con procedimenti diversi, che si possono classificare in due grandi gruppi: procedimenti di tipo deterministico, che ricercano la soluzione senza fare uso del concetto di probabilità, e procedimenti statistici, che forniscono il volume corrispondente a un assegnato grado di affidabilità (cioè a una probabilità assegnata di soddisfare la domanda), oppure l affidabilità corrispondente a un volume assegnato. Esponiamo per primi i procedimenti di tipo deterministico, molto utili a chiarire i principali aspetti dei problemi trattati. 3.2 Procedimenti di tipo deterministico I procedimenti deterministici si possono a loro volta suddividere in due categorie: procedimenti grafici, largamente utilizzati in passato e oggi sostanzialmente abbandonati in conseguenza dell'affermarsi del calcolo automatico (ma utili a descrivere il problema), e procedimenti numerici, che consistono nella simulazione numerica del funzionamento dell'impianto di cui il serbatoio fa parte nell'intero periodo di tempo per cui sono disponibili le osservazioni di portata Procedimenti grafici I procedimenti grafici si possono adottare sia per determinare il volume del serbatoio, sia per verificarne il funzionamento. Anche i procedimenti grafici richiedono in pratica una discretizzazione del tempo, come quelli numerici, con i quali condividono i dati di partenza, costituiti da serie di portate medie relative a intervalli di elementari. Qui però si espone l argomento considerando il tempo come una variabile continua, per maggiore semplicità. Sempre per semplicità, si prendono in considerazione solo procedimenti che si riferiscono alla regolazione completa. 10

11 La determinazione del volume del serbatoio Prendiamo in considerazione il caso di regolazione completa. Indichiamo con E (fig. 3.1) la curva che fornisce, a ogni istante di tempo, il volume d'acqua che deve essere erogato nell'intervallo di tempo (0, t) e con A la curva che fornisce, sempre a ogni istante, il volume d'acqua affluito al serbatoio nello stesso intervallo di tempo. Poiché la regolazione è completa, le due curve A ed E hanno in comune entrambi gli estremi, non solo l origine (fig. 3.1). (Essendo la regolazione completa, il volume affluito al serbatoio è uguale a quello utilizzato.) Il volume V da assegnare al serbatoio si determina confrontando tra loro le due curve. Consideriamo la fig In un primo tempo la curva A cresce più lentamente della curva E, fino al'istante t 1, nel quale la differenza tra E e A (che indichiamo con V 1 ) è massima. Chiaramente, perché l'erogazione possa essere rappresentata dalla curva E occorre che all'istante iniziale il serbatoio contenga un volume d'acqua uguale a V 1, che all'istante t 1 risulta completamente erogato. Dall'istante t 1, in cui il serbatoio è vuoto, all'istante t 2, invece, la curva A cresce più rapidamente della curva E, e all'istante t 2 il volume d'acqua erogato risulta uguale a quello affluito al serbatoio. Nell'intervallo (t 1, t 2 ) si ricostituisce dunque nel serbatoio la scorta d'acqua iniziale uguale a V 1. A partire dall'istante t 2 il volume immagazzinato nel serbatoio supera V 1. All'istante t 3 il volume immagazzinato in aggiunta al volume V 1 risulta uguale a V 2 (fig. 3.1) e il volume totale immagazzinato nel serbatoio raggiunge il massimo valore V, uguale alla somma di V 1 e di V 2. Dall'istante t 3 in poi la curva A cresce di nuovo più lentamente della curva E. All'istante T il volume V 2 risulta tutto erogato, e nel serbatoio rimane il volume d'acqua V 1 già presente all'inizio del periodo. A questo punto può iniziare un nuovo ciclo di erogazione. Nell'esempio della fig. 3.1 compaiono un solo ciclo di svaso e invaso (nella fase di svaso l'erogazione è superiore all'afflusso, in quella di invaso l'erogazione è inferiore all'afflusso), nell'intervallo di tempo (t 1, t 2 ), e un solo ciclo di invaso e svaso, nell'intervallo di tempo (t 2, T). Però i cicli potrebbero essere più numerosi. E` comunque facile verificare che il volume V da assegnare al serbatoio risulta sempre uguale alla somma della massima differenza (positiva) tra E e A e della massima differenza (positiva) tra A ed E. Questo è un risultato generale, che vale sempre, indipendentemente dal fatto che il problema sia trattato in forma grafica, come qui, o in forma numerica. Vale forse la pena di notare che, affinché non si renda necessaria la presenza di un certo volume d acqua all inizio della regolazione, occorre che la regolazione sia composta soltanto da cicli di invaso e svaso. A completamento di quanto sopra esposto vale la pena di introdurre una tecnica grafica, che costituisce una modificazione di quella appena vista, e che torna utile conoscere per comprendere i metodi grafici per la determinazione della regolazione possibile con un volume assegnato. Consideriamo in primo luogo il caso di regolazione a portata costante. Nella regolazione a portata costante la legge di erogazione che corrisponde alla regolazione completa è rappresentata (fig. 3.2) dalla retta E che congiunge i punti di inizio e di fine della curva degli afflussi al serbatoio e, per quanto si è appena visto, il volume V è rappresentato dalla distanza (misurata lungo l'asse delle ordinate) tra le due tangenti alla curva A degli 11

12 afflussi, parallele al segmento di retta che rappresenta le erogazioni, che risultano maggiormente lontane tra loro. Il volume V, però, si può anche rappresentare in altro modo. Sempre con riferimento alla fig. 3.2, si faccia scorrere verso l'alto la retta delle erogazioni, fino alla posizione in cui resta in contatto con la curva degli afflussi in un solo punto (che è un punto di tangenza), e si indichi con E' la nuova retta. Quindi si faccia scorrere verso l'alto la curva degli afflussi, fino alla posizione in cui resta in contatto con la retta E' in un solo punto (che è ancora un punto di tangenza), e si indichi con A' la nuova curva così ottenuta. Come si può verificare facilmente, il volume V necessario per la regolazione completa è uguale alla distanza tra le curve A e A'. Consideriamo ora il caso di regolazione completa a portata variabile. Nella regolazione a portata variabile la legge che rappresenta le erogazioni è rappresentata da una curva, indicata ancora con E (fig. 3.3). Facciamo scorrere verso l'alto la curva E, fino alla posizione in cui resta in contatto con la curva A che rappresenta gli afflussi al serbatoio in un solo punto di tangenza, e indichiamo la curva così ottenuta con E'. Quindi facciamo scorrere verso l'alto la curva A degli afflussi, fino alla posizione in cui resta in contatto con la curva E' in un solo punto, che è ancora un punto di tangenza, e indichiamo la curva così ottenuta con A'. Come nel caso della regolazione completa a portata costante, è facile verificare che la distanza (in verticale) tra le due curve A e A' è uguale alla somma del massimo della differenza (positiva) tra le ordinate delle curve E e A (che nella figura si ha in corrispondenza dell'istante t 1 ) e del massimo della differenza (positiva) tra le ordinate delle curve A ed E (che nella figura si ha all'istante t 2 ). Quindi la distanza tra le due curve A e A' è uguale al volume V necessario per la regolazione completa. Vale la pena, a questo punto, di fare un'osservazione. Se l'afflusso al serbatoio si ripetesse uguale di anno in anno, per determinare il volume V basterebbe prendere in considerazione un periodo T uguale a un anno. Ma chiaramente gli afflussi variano da un anno all'altro, e quindi non è sufficiente considerare un solo ciclo annuale. La soluzione concettualmente più semplice, e rigorosa, al fine di determinare il volume necessario alla regolazione completa, è di considerare un intervallo di tempo T uguale all'intero periodo (che può essere lungo 20 o 30 anni, per esempio) in cui le osservazioni di portata sono state effettuate. (Allo scopo la simulazione numerica della gestione del serbatoio, della quale si dirà più avanti, torna però decisamente più conveniente.) Naturalmente la stima di V risulta tanto migliore, quanto maggiore è la fiducia che la serie degli afflussi osservati sia in grado di rappresentare il regime idrologico futuro. Il volume necessario per la regolazione completa è naturalmente tanto maggiore quanto maggiore è la variazione delle portate nell'arco dell'anno e da un anno all'altro. Una soluzione meno rigorosa ma più speditiva (utilizzata sopra tutto in passato, quando il calcolo numerico era molto oneroso) è di fare riferimento alla curva dei deflussi medi (l'anno considerato è un anno idrologico, il cui inizio è fissato in base al regime degli afflussi) calcolati a partire dalle osservazioni di una lunga serie di anni (Contessini, 1956), verificando poi, eventualmente, le portate che la capacità trovata effettivamente permette di erogare negli 12

13 anni più critici (la verifica, come si vedrà più avanti, si può fare con un metodo grafico oppure con un metodo numerico). Naturalmente la regolazione ottenuta dalla curva dei deflussi medi sarà tanto più lontana dalle regolazioni ottenute dalle singole curve degli afflussi dei diversi anni, quanto maggiore è la variabilità del regime idrologico del corso d'acqua considerato. (E in effetti il concetto di "anno medio" non ha mai riscosso la fiducia di tutti i progettisti.) Vale comunque la pena di ricordare ancora che assegnare al serbatoio il volume necessario per permettere la regolazione completa in tutti gli anni può non essere economicamente conveniente (e generalmente in effetti non lo è). Secondo il Servizio Idrografico Italiano, i cui risultati sono citati da Marzolo (1963), il volume occorrente per la regolazione annuale completa a portata costante dei deflussi, espresso come percentuale del deflusso annuo del bacino (e quindi dell'afflusso al serbatoio), è nelle Alpi 20-25% negli Appennini settentrionali 30-40% nell'italia centrale 30-40% nell'italia meridionale 40-55% nell'italia insulare 55-80% Determinazione della regolazione possibile con un serbatoio di volume assegnato Prendiamo ora in considerazione il problema inverso, vale a dire quello di determinare il possibile andamento delle erogazioni, dati l'andamento degli afflussi al serbatoio e il volume V del medesimo. Ancora ci limitiamo a considerare come obiettivo il caso di regolazione completa. Il problema si incontra non solo quando si vuole studiare la gestione di un serbatoio che esiste già, ma anche quando se ne progetta uno nuovo. (Ovviamente, nell assegnare il volume del serbatoio non si può mai procedere in modo arbitrario, prescindendo dalle possibilità offerte dalla topografia dei luoghi.) Ancora prendiamo in considerazione un intervallo di tempo T, e tracciamo, su un grafico avente i tempi in ascisse e i volumi in ordinate (fig. 3.4), la curva A che descrive l'andamento degli afflussi. Quindi tracciamo una seconda curva A', ottenuta dalla prima aumentando tutte le ordinate di una quantità V uguale al volume del serbatoio. Tutte le curve con inizio al tempo zero e fine al tempo T, con differenza delle ordinate al tempo T e al tempo zero uguale all'afflusso al serbatoio nell'intervallo (0, T) (ricordiamo che si sta considerando il caso di regolazione completa) e giacenti per intero nella striscia delimitata dalle due curve A e A' rappresentano delle erogazioni possibili. Certe regolazioni complete saranno dunque possibili, altre no: per esempio potrà darsi che non sia possibile una regolazione a portata costante, ma che sia possibile un altra regolazione, meno lontana dall andamento degli afflussi naturali al serbatoio. 13

14 Il caso di obiettivo costituito da erogazione a portata costante Consideriamo innanzi tutto il caso in cui l'obiettivo è la regolazione completa a portata costante. Se la distanza tra le due curve A e A' è sufficiente a permettere di tracciare una retta interamente contenuta nella striscia delimitata da A e A' e con pendenza uguale a quella del segmento che congiunge gli estremi della curva A (oppure della curva A'), la regolazione completa a portata costante è possibile (fig. 3.5) (anche se può presentarsi eventualmente la necessità che all inizio della regolazione sia presente nel serbatoio un certo volume d acqua, che sarà dapprima utilizzato e quindi ricostituito nel corso della regolazione). Se la retta risulta contenuta nella striscia, ma tangente a entrambe le curve, il volume del serbatoio è esattamente quello necessario per la regolazione completa a portata costante. Se le due curve sono troppo vicine tra loro (cioè, se il volume V non è abbastanza grande), come nella fig. 3.6, la regolazione completa a portata costante non è più possibile. Si pone allora il problema di scegliere, tra le infinite regolazioni a portata variabile possibili, quella che si avvicina maggiormente all'obiettivo di fornire una portata costante q o uguale alla portata media di afflusso q am nel periodo considerato. (Poiché la migliore tra le regolazioni possibili ammette allora necessariamente che in certi intervalli di tempo la portata erogata dal serbatoio sia superiore a quella scelta come obiettivo, la regolazione risulta in pratica incompleta.) Per risolvere il problema si definisce come più vicina alla regolazione completa a portata costante quella per cui il valor medio del quadrato degli scarti tra la portata costante q o (obiettivo irraggiungibile) e la portata effettivamente erogata q e è minimo, e quindi è minimo l'integrale (Gherardelli, 1931; Contessini, 1956; Arredi, 1977) 0 T ( ) q o q e 2 dt. La condizione implica che sia minimo anche l'integrale T 2 q e dt, 0 e quindi anche la lunghezza della linea che rappresenta l'erogazione (ricordiamo che la portata q e è la derivata del volume erogato), che è fornita dall'integrale T q 2 e +1dt. 0 La linea di lunghezza minima si ottiene con la così detta regola del filo teso, o metodo Conti, per cui, una volta fissati i due punti di inizio e fine della regolazione, i quali necessariamente hanno ascisse uguali a zero e a T e differenza delle ordinate uguale all'afflusso totale, la linea cercata è disposta come si disporrebbe un filo (fig. 3.6), teso tra le due curve (supposte 14

15 materializzate, così da costituire un confine invalicabile, al quale il filo in alcuni tratti si appoggia) e ancorato ai punti di inizio e di fine. La condizione sulla differenza delle ordinate assicura l'uguaglianza tra il volume totale affluito e quello erogato, e quindi anche l uguaglianza tra i volumi d'acqua eventualmente presenti nel serbatoio all'inizio e alla fine della regolazione. (Come si può facilmente verificare, affinché la condizione sia soddisfatta deve restare uguale, all'inizio e alla fine, la differenza tra l'ordinata della linea che rappresenta l'erogazione, materializzata dal filo teso, e quella della linea che rappresenta l'afflusso.) Resta la scelta dei punti di ancoraggio, che si effettua imponendo che la regolazione abbia un carattere di ciclicità, vale a dire imponendo che la lunghezza del filo teso sia minima anche nel caso di regolazione che si estenda per un intervallo di tempo multiplo dell intervallo (0, T), nel quale gli afflussi si ripetano in cicli esattamente uguali a quelli dell intervallo (0, T). Per soddisfare questa condizione occorre che l'inclinazione del filo sia la stessa nei due punti di ancoraggio, cioè che la portata erogata sia la stessa all'inizio e alla fine del periodo di regolazione. Per individuare l'inclinazione da dare al filo (e quindi la posizione dei punti di ancoraggio) conviene prolungare le curve A e A' dopo l'istante T, ripetendone l'andamento iniziale (fig. 3.6), così da poter unire con un solo tratto rettilineo l'ultimo punto di appoggio del filo al punto che costituisce la ripetizione del primo. Il caso di obiettivo costituito da erogazione a portata variabile Consideriamo ora il caso in cui l'obiettivo sia un'erogazione a portata variabile. Se la linea che rappresenta l'erogazione può essere tracciata, scegliendo opportunamente l'ordinata iniziale, in modo che risulti contenuta completamente nella solita striscia delimitata dalle linee A e A' (la cui distanza in verticale è uguale al volume V del serbatoio), la regolazione completa a portata variabile risulta possibile. E risulta ancora possibile se la linea dell'erogazione è tangente a entrambe le curve A e A'. Se invece la distanza tra le curve A e A' è troppo piccola (perché è troppo piccolo il volume del serbatoio), la regolazione fissata come obiettivo non si può ottenere. Si pone allora il problema di scegliere, tra le infinite regolazioni possibili, quella che meno si discosta dall'obiettivo fissato. Ancora, come nel caso dell erogazione a portata costante, occorre definire l erogazione più vicina, tra tutte quelle possibili, all erogazione ideale (che non è possibile ottenere). Se si definisce come erogazione che meno si discosta dall'obiettivo quella per cui è minimo l'integrale T 0 qe q qo o 2 qodt (dove q o e q e sono, rispettivamente, la portata obiettivo e quella effettivamente erogata), il problema si riconduce alla regola del filo teso. (In altri termini, ci si riconduce alla regola del filo teso scegliendo di minimizzare non la somma dei quadrati degli scarti tra portata erogata e 15

16 portata obiettivo, ma la somma dei quadrati - pesati ciascuno con la portata obiettivo corrispondente degli scarti relativi tra portata erogata e portata obiettivo.) Allo scopo si introduce innanzi tutto la trasformata del tempo (nella cui espressione q am è la portata media di afflusso al serbatoio nel periodo T) t q τ = o dt, q 0 am che implica ovviamente le relazioni q d τ = o dt, q am qam dt = dτ. q o Quindi si considera un piano cartesiano in cui in ordinate si riportano ancora i volumi d'acqua, come nei grafici finora considerati, mentre in ascisse si riporta il tempo trasformato τ. Nel nuovo piano cartesiano la curva che rappresenta l'erogazione obiettivo diventa una retta. Infatti il volume d'acqua V o (τ) erogato secondo la regolazione obiettivo al tempo trasformato τ, volume che è ovviamente uguale a quello erogato al tempo reale t V o t ( t) q dt =, o o è rappresentato dalla relazione (ottenuta sostituendo nell integrale la variabile t con la variabile τ) q V = o τ τ = o q 0 o 0 am ( τ ) q dτ = q dτ q τ am am. Quindi la linea che rappresenta l'andamento del volume erogato nella regolazione obiettivo in funzione del tempo trasformato τ è una retta. Ora, si può dimostrare che applicare la regola del filo teso nel piano cartesiano in cui l'ascissa è il tempo trasformato τ equivale appunto a soddisfare alla condizione che sia minimo l integrale T 0 qe q qo o 2 qodt. 16

17 Per ricavare l'erogazione effettiva occorre dunque tracciare, nel nuovo piano, la curva A che rappresenta l'afflusso al serbatoio e la curva A' uguale alla precedente e traslata verso l'alto di una quantità uguale al volume V del serbatoio. Quindi si procede come già descritto per il caso di regolazione obiettivo a portata costante. Il tracciamento della curva A è particolarmente semplice, perché nelle applicazioni alla curva si sostituisce necessariamente una spezzata. Se quindi nel tempo reale t la regolazione obiettivo prevede in un intervallo di tempo t una portata q o uguale a una certa frazione r = q q o am della portata media di afflusso q am, nel tempo trasformato all'intervallo di tempo t occorre sostituire un intervallo di tempo τ uguale a r t Procedimenti basati sulla simulazione La disponibilità di elaboratori elettronici ha reso agevole la simulazione del funzionamento degli impianti (con o senza serbatoi) per l'intero periodo di tempo per il quale sono disponibili i dati necessari (che sono costituiti sostanzialmente dalle osservazioni di portata nella sezione del corso d'acqua interessata dall'impianto). La simulazione numerica del funzionamento viene condotta discretizzando il tempo in intervalli elementari, di lunghezza congruente con le necessità della progettazione. Il calcolo di simulazione è essenzialmente un calcolo di verifica e richiede, come ogni altro calcolo del genere, che siano assegnate le caratteristiche dell'impianto necessarie a simularne il funzionamento. In particolare, è necessario assegnare il volume del serbatoio. Congruentemente con la sua natura, il calcolo di simulazione deve essere ripetuto più volte, se si vuole utilizzarlo per determinare, in sede di progettazione, il volume da assegnare al serbatoio. In sostanza, occorre prendere in considerazione più volumi tra loro diversi, effettuare per ciascuno il calcolo di simulazione e quindi confrontare i risultati della regolazione. Il volume che fornisce i risultati migliori si adotta quindi come volume di progetto. La scelta dei diversi volumi da prendere in considerazione è guidata sia da considerazioni tecniche e di buon senso (il volume che può essere assegnato al serbatoio è condizionato, per esempio, dalla topografia della valle), sia dai risultati preliminari ottenuti con un metodo di prima approssimazione. (I metodi di prima approssimazione possono essere grafici, come quelli già esposti, o statistici, come quelli che saranno illustrati più avanti.) Nel caso specifico di un serbatoio artificiale, la simulazione del funzionamento dell'impianto richiede innanzi tutto che si assuma un certo grado di riempimento del serbatoio all'inizio della regolazione. Il periodo per cui si simula la regolazione si fa cominciare in un momento dell'anno in cui è verosimile che il serbatoio sia pieno, assumendo il massimo grado di riempimento (quota massima di regolazione). E` comunque chiaro che, affinché la 17

18 simulazione sia attendibile, l'effetto del volume d'acqua inizialmente contenuto nel serbatoio si deve annullare in un tempo breve. In altre parole: non avrebbe senso una simulazione in cui le erogazioni fossero rese possibili, per l'intero periodo per cui la simulazione è condotta, dal graduale svuotamento di un serbatoio molto grande, arbitrariamente assunto pieno all'inizio del periodo di regolazione. Il volume iniziale deve essere realistico. Perché si possa considerare tale, occorre che un grado di riempimento uguale a quello iniziale si raggiunga anche in qualche altro momento successivo. (L influenza del volume iniziale sul risultato della simulazione si può mettere in luce ripetendo il calcolo con volumi iniziali diversi.) La simulazione si basa quindi sull'applicazione al serbatoio dell'equazione di continuità A = E + V + S, dove A, E, V ed S sono, rispettivamente, il volume d'acqua affluito al serbatoio (che praticamente coincide, trascurando l evaporazione, con il deflusso naturale nella sezione in cui si trova la diga), quello erogato per soddisfare le richieste, non sempre soddisfatte completamente, la variazione del volume d'acqua invasato nel serbatoio e, infine, il volume d'acqua in esubero eventualmente rilasciato attraverso le opere di sfioro, relativi all'intervallo di tempo elementare considerato (che può essere, per esempio, di un mese). (Volendo, si possono considerare anche il volume d'acqua perduto per evaporazione e quello perduto per filtrazione, che dipendono entrambi, in ultima analisi, dal livello dell'acqua nel serbatoio.) Per ogni intervallo di tempo sono noti il volume A affluito, il volume D richiesto e il volume V 0 invasato nel serbatoio all'inizio dell'intervallo. Il calcolo procede quindi nel modo seguente. Innanzitutto si calcola la somma V 0 + A, che rappresenta il volume d'acqua disponibile per soddisfare la richiesta D dell'intervallo di tempo considerato, e la si confronta con D. Se la somma V 0 + A risulta inferiore a D, il volume erogato E si pone uguale a V 0 + A. Il volume sfiorato S e il volume d'acqua contenuto nel serbatoio alla fine dell'intervallo considerato (che costituisce il valore iniziale V 0 dell'intervallo seguente) si pongono uguali a zero. Se la somma V 0 + A risulta uguale o superiore al volume richiesto, il volume erogato E si pone uguale a D. Si calcola quindi la differenza tra V 0 + A ed E. Se la differenza non supera il volume massimo immagazzinabile nel serbatoio V M, il volume d'acqua contenuto nel serbatoio alla fine dell'intervallo considerato si pone uguale a V 0 + A E e il volume sfiorato S si pone uguale a zero. Se invece la differenza risulta superiore a V M, il volume d'acqua contenuto nel serbatoio alla fine dell'intervallo si pone uguale a V M e il volume sfiorato S si pone uguale alla differenza tra V 0 + A - E e V M. Il calcolo di simulazione può comprendere la determinazione dell'energia elettrica prodotta. Allo scopo si utilizza il salto motore lordo (differenza tra il livello dell'acqua nel serbatoio e nel bacino di restituzione) corrispondente al valor medio del volume d acqua contenuto nel serbatoio nell'intervallo di tempo considerato. La simulazione permette di individuare gli intervalli di tempo in cui l'impianto non è in grado di soddisfare la richiesta, e quindi di stabilire un confronto tra soluzioni di progetto diverse e scegliere quella più conveniente. In particolare permette di scegliere il volume del serbatoio. 18

19 3.3 Procedimenti di tipo statistico La capacità del serbatoio dipende - dall'entità e dalla variabilità delle portate, - dalla domanda, - dal grado di sicurezza (affidabilità) con cui si vuole garantire la fornitura. In realtà non solo le portate, ma anche le domande d'acqua hanno carattere aleatorio (stocastico). Però in prima approssimazione si possono considerare univocamente definite. In pratica, le domande d acqua si considerano univocamente definite quando si utilizzano le tecniche di progettazione preliminare illustrate nel paragrafo che segue. Si possono invece considerare con il loro carattere aleatorio quando si ricorre a una tecnica Montecarlo. (Nello studio di un impianto di irrigazione, per esempio, si può rappresentare con un processo stocastico non solo il deflusso naturale ma anche la precipitazione lorda, il che equivale a tenere conto del carattere aleatorio della domanda d acqua per l irrigazione.) A un assegnato volume e a un assegnato schema di gestione del serbatoio corrispondono un certo ritorno economico e un certo grado di affidabilità. La progettazione del serbatoio implica la ricerca della soluzione più vantaggiosa, che è quella che fornisce il massimo ritorno economico, garantendo il grado di affidabilità prescelto Tecniche di progettazione preliminare Qui si illustrano diverse tecniche di progettazione preliminare, che tengono conto del carattere aleatorio del deflusso del corso d'acqua (che costituisce l'afflusso al serbatoio). Le tecniche illustrate si basano su alcune ipotesi semplificative: - si considera l'erogazione sempre costante; - si trascurano le perdite per evaporazione, infiltrazione, sedimentazione. Si illustrano cinque metodi. I primi tre si riferiscono alla regolazione pluriennale e si applicano a serie di deflussi annuali. Gli altri due si riferiscono alla regolazione annuale e si applicano a serie di deflussi mensili. La regolazione considerata è in generale incompleta Metodi per i deflussi annuali Consideriamo tre diverse tecniche di progettazione preliminare basate sulla considerazione dei deflussi annuali. Tutte e tre le tecniche mirano allo stesso scopo: determinare il volume d'acqua che deve essere fornito dal serbatoio (uguale al volume del medesimo) per assicurare 19

20 la fornitura richiesta in una serie di n anni con deflusso totale (negli n anni) con assegnata probabilità di superamento (o di non superamento) P. Il metodo di Alexander Lo scopo del metodo di Alexander (1962) (McMahon e Mein, 1978) è, come si è detto, di determinare il volume d'acqua che deve essere fornito dal serbatoio per assicurare la fornitura richiesta in una serie di n anni con deflusso totale (negli n anni) con assegnata probabilità di superamento P (che è sempre grande, dal momento che per dimensionare il serbatoio si considera una serie di anni magri). La rarità della serie di n anni (definita con un solo scalare, il deflusso totale) si può esprimere anche in termini di tempo di ritorno T. Il tempo di ritorno rappresenta in questo caso il numero medio di serie di n anni che debbono essere osservate, dopo una serie con deflusso totale che non supera quello assegnato, per osservarne una seconda, ed è legato alla probabilità di superamento P dalla relazione T 1 = 1 P Si assume innanzi tutto che il deflusso annuale x sia distribuito secondo una legge Gamma con parametri α e γ, la cui funzione di probabilità è fornita dal rapporto P ( x) = Γ ( αx; γ ) Γ( γ ) tra la funzione Gamma incompleta e la funzione Gamma completa con parametro γ. Si assume inoltre che i deflussi di anni diversi siano tra loro indipendenti. Allora anche il deflusso totale di n anni risulta distribuito secondo una legge Gamma, con parametri α n = α, γ n = nγ. Si può quindi costruire la curva che fornisce il deflusso x n (P) di n anni, con probabilità di superamento P, in funzione di n. La curva che fornisce l'erogazione richiesta in n anni è ovviamente una retta. Il numero di anni per cui la differenza tra le ordinate della retta e della curva è massimo rappresenta il numero di anni critico n(p). Il serbatoio dovrà fornire la differenza di volume che si riferisce al numero di anni critico. Poiché la domanda si assume generalmente uguale solo a una frazione D del deflusso medio µ(x n ), si può essere sicuri che al crescere del numero degli anni n il deflusso naturale con probabilità P non solo si avvicinerà alla fornitura, ma che a un certo punto addirittura la supererà. 20

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