LA TUTELA DELLE LAVORATRICI MADRI LINEE GUIDA PER L APPLICAZIONE DELLA L. 1204/71 E DEL D.LGS. 645/96.

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1 LA TUTELA DELLE LAVORATRICI MADRI LINEE GUIDA PER L APPLICAZIONE DELLA L. 1204/71 E DEL D.LGS. 645/ Le competenze della Direzione Provinciale del Lavoro e dell ULSS. Pag. 2 2 Il ruolo dello SPISAL. Pag. 3 3 Procedura per l applicazione della L. 1204/71 e del D. Lgs. 645/96. Pag. 6 4 Criteri per la valutazione del rischio nella gravidanza e nel puerperio-post partum. Pag. 8 5 Compiti, ruolo e responsabilità dei soggetti aziendali alla luce del D.Lgs. 645/96. Pag Altri compiti dello SPISAL. Pag Quadro normativo Pag. 16 APPENDICE NORMATIVA Pag. 21 MODULISTICA Pag. 63

2 1. Le competenze della Direzione Provinciale del Lavoro e dell ULSS. Un analisi approfondita dei meccanismi di tutela previsti dalla legge per la lavoratrice madre richiede in primo luogo la massima chiarezza in ordine al sistema delle competenze delineato in materia. A tal fine si riportano i più importanti contributi esplicativi forniti dal 1993 ad oggi dalla Corte Costituzionale e dal Ministero del Lavoro per far luce sulla complessa questione della ripartizione dei compiti tra l Ispettorato del Lavoro (ora Direzione Provinciale del Lavoro) e le ULSS come enti preposti alla tutela degli interessi economico-occupazionale da un lato e sanitario dall altro della lavoratrice madre. In tale contesto la Corte Costituzionale con sentenza n. 58 del 16 febbraio 1993 affermava espressamente che le competenze in materia di tutela delle lavoratrici madri, già attribuite agli Ispettorati del Lavoro dagli artt. 5 e 30 della L. 1204/71, dovevano intendersi trasferite alle Regioni, e per esse alle ULSS, per effetto degli artt. 27 del D.P.R. 616/77 e 21 della L. 833/78. Successivamente il Ministero del Lavoro, con circolare del 27 giugno 1996 n. 90, in attesa di un chiarimento legislativo ed in sostanziale conformità con i criteri di indirizzo espressi dal Consiglio di Stato con parere del 26 gennaio 1994 n. 395, operava una distinzione nell ambito dell art. 5 della L. 1204/71 tra: 1) la fattispecie di cui alla lettera a) nel caso di gravi complicanze della gestazione o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, verificandosi la quale l Ispettorato del Lavoro è tenuto a disporre l interdizione dal lavoro della lavoratrice prendendo atto della certificazione medica resa dall ULSS; 2) le fattispecie descritte nelle lettere b) quando le condizioni di lavoro od ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna o del bambino e c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo il disposto dell art. 3, in presenza delle quali l Ispettorato è tenuto ad effettuare la valutazione sostanziale e diretta delle condizioni di lavoro e dell organizzazione aziendale al fine di stabilire se possano essere eliminati gli aspetti pregiudizievoli per la lavoratrice e la possibilità del cambio di mansione. Tali ultimi provvedimenti possono essere emanati solo previa richiesta all ULSS e tenendo conto degli accertamenti sanitari eventualmente compiuti. Recentemente la Corte Costituzionale, con sentenza depositata il 5 dicembre 1997 n. 373, ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità sollevata dalle Regioni Veneto, Umbria e Toscana in relazione all art. 5, 2 comma del D.Lgs. 645/96 di recepimento delle direttive CEE sul miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, nella parte in cui prevede che il datore di lavoro debba dare informazione all Ispettorato del Lavoro (anzichè all ULSS) che intende applicare quanto disposto dall art. 3, 2, 3 e 4 comma della L. 1204/71. Con l occasione la Corte ha sottolineato che l intervento dell Ispettorato del Lavoro previsto dall art. 5, 2 comma del D.Lgs. 645/96 è esclusivamente preordinato al controllo dell impossibilità della modifica delle condizioni o dell orario di lavoro della lavoratrice per motivi meramente 2 Sentenza 58/93 della Corte Cost. Circolare del Ministero del Lavoro 90/96 Sentenza 373/97 della Corte Cost.

3 organizzativi e produttivi. Si evidenzia, infatti, che i poteri di vigilanza attribuiti all Ispettorato del Lavoro non invadono le competenze riservate alle Regioni e alle ULSS, attenendo gli stessi all organizzazione del lavoro e dei processi produttivi all interno dell azienda e potendo il loro esercizio non richiedere alcun accertamento medico. Se, al contrario, quest ultimo dovesse risultare necessario (in particolare ai fini del provvedimento di interdizione nell ipotesi disciplinata nell art. 5 lett. c della L. 1204/71), l Ispettorato territorialmente competente, ormai privo delle strutture sanitarie interne, dovrebbe richiederlo ai Servizi delle Aziende Sanitarie. Infine il Ministero del Lavoro, nel dar notizia della suddetta decisione della Corte Costituzionale, è intervenuto sulla questione con circolare del 4 marzo 1998 n. 28 ribadendo, da un lato, che in materia di tutela delle lavoratrici madri le competenze dell Ispettorato del Lavoro attengono alla valutazione sostanziale e diretta delle condizioni di lavoro e dell organizzazione aziendale che danno luogo allo spostamento ad altre mansioni o all astensione anticipata dal lavoro (ai sensi dell art. 5 lett. c della L. 1204/71), ed esplicitando, dall altro, che rimane inalterato il quadro di competenze delineate dalla normativa vigente. Si riafferma dunque, in attesa di un intervento legislativo, la ripartizione delle competenze tra Ispettorato del Lavoro ed ULSS contenuta nella circolare n. 90 del Ne deriva che, rilevata l esposizione a rischi per la salute o la sicurezza di una lavoratrice gestante, puerpera o in periodo di allattamento, il datore di lavoro, se per motivi organizzativi o produttivi non può provvedere mediante semplice modifica delle condizioni o dell orario di lavoro (art. 5, 1 comma D.Lgs. 645/96), è tenuto a procedere allo spostamento di mansione previsto dall art. 3 della L. 1204/71, dandone immediata comunicazione all Ispettorato del Lavoro (art. 5, 2 comma D.Lgs. 645/96). Analogamente, il datore di lavoro, in caso di impossibilità di spostamento ad altre mansioni, deve attivare il procedimento sfociante nell emanazione da parte dell Ispettorato del provvedimento di interdizione dal lavoro di cui all art. 5 lett. c della L. 1204/71. In tutti i casi è facoltà dell Ispettorato compiere direttamente gli accertamenti di sua competenza ed attinenti esclusivamente agli aspetti relativi all organizzazione del lavoro e dei processi produttivi, subordinando comunque ai sensi dell art. 5 della L. 1204/71 ogni provvedimento di interdizione ad un accertamento medico per il quale, secondo quanto sottolineato dalla Corte Costituzionale, è competente l Unità Sanitaria Locale. Circolare n. 28 del Ministero del Lavoro. 2 Il ruolo dello SPISAL. Rilevata dunque la coesistenza, in materia di tutela delle lavoratrici madri, di aspetti sanitari e di lavoro, è necessaria una stretta collaborazione tra ULSS e Direzioni Provinciali del Lavoro a garanzia dell efficace perseguimento degli obiettivi di salvaguardia di tutti gli interessi coinvolti. In particolare secondo la ripartizione di competenze ribadita dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 373 del 1997 sopra citata, la tutela degli interessi sanitari della lavoratrice madre esposta a rischi lavorativi deve essere sempre affidata al Servizio SPISAL del Dipartimento di Prevenzione Competenze dello SPISAL: 3

4 dell ULSS competente per territorio nel luogo ove ha sede l azienda. La legge prevede espressamente che l interdizione dal lavoro della donna non possa essere disposta dalla Direzione Provinciale del Lavoro senza un previo accertamento medico della struttura pubblica. La competenza a rilasciare il predetto certificato, spetta al ginecologo, nella fattispecie di cui all art. 5, lett. a (c.d. gravidanza a rischio ), ed è dello SPISAL nelle ipotesi disciplinate nelle lett. b e c per le quali l interdizione può essere concessa solo dopo un attenta valutazione del rischio lavorativo cui è esposta la lavoratrice. In tale contesto spetta al Servizio SPISAL anche l accertamento delle condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli alla salute della donna preliminare al provvedimento di spostamento ad altre mansioni disposto dalla Direzione Provinciale del Lavoro nel caso disciplinato dall art. 3, 3 comma della L. 1204/71. In tal caso è opportuno che la Direzione Provinciale del Lavoro chieda l intervento dello SPISAL per la valutazione degli aspetti connessi alla salute e alla sicurezza della lavoratrice nel luogo di lavoro. Analogamente, è opportuno che sia lo SPISAL ad accertare la gravosità e pregiudizialità del lavoro in relazione all avanzato stato di gravidanza della lavoratrice, prima del provvedimento di astensione obbligatoria anticipata di cui all art. 4, 2 comma della citata legge. A seguito delle novità introdotte dal D.Lgs. 645/96, le cui disposizioni si collocano nell ambito della disciplina generale sulla sicurezza del lavoro contenuta nel D. Lgs. 626/94, alcune decisioni per la tutela della lavoratrice madre gravano direttamente sul datore di lavoro. Se infatti il datore di lavoro rileva dal documento di valutazione dei rischi uno specifico rischio per la salute della gestante, ai sensi dell art. 5, 1 comma del D.Lgs. 645, deve modificare l orario e/o le condizioni di lavoro in senso più favorevole allo stato di gravidanza (es. cambiando il turno di lavoro della donna o concedendole un orario diverso e/o prevedendo che la stessa possa lavorare seduta). Ove l intervento autonomo del datore di lavoro non sia possibile per motivi organizzativi o produttivi, la legge impone lo spostamento della donna ad una mansione non a rischio, con l obbligo per il datore di lavoro di darne comunicazione scritta alla Direzione Provinciale del Lavoro, o di instaurare il procedimento sfociante nel provvedimento di interdizione dal lavoro così come descritto sopra (art. 5, 2 comma). In sintesi l intervento dello SPISAL è richiesto: 1. per attestare che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino (art. 5 lett. b e c) in via preliminare rispetto all interdizione dal lavoro della lavoratrice fino al periodo di astensione obbligatoria previsto per legge o fino a 7 mesi dopo il parto 2. se la lavoratrice deve essere spostata ad altre mansioni (art. 3, 3 comma L. 1204/71) per verificarne la compatibilità con lo stato di gravidanza e/o con il periodo fino a sette mesi dopo il parto; 3. se deve essere disposta l astensione obbligatoria anticipata a tre mesi dalla data presunta del parto a causa di attività lavorative che, in relazione allo stato avanzato di gravidanza, siano da ritenersi gravose o pregiudizievoli per la lavoratrice gestante (art. 4, 2 comma L. 1204/71). Infine, sia pur non espressamente previsto dalla legge, un ruolo dello SPISAL può essere individuato nel caso in cui la lavoratrice voglia usufruire della c.d. flessibilità dell astensione obbligatoria, introdotta dall art. 4 bis della - ai sensi dell art. 5 L. 1204/71, lett. b) e c) (interdizione dal lavoro) - ai sensi dell art. 3, 3 co. L. 1204/71 (spostamento di mansione) - ai sensi dell art. 4, 2 co. L. 1204/71 (astensione obbligatoria anticipata) - ai sensi dell art. 5 2 comma del D.Lgs. 645/96 Sintesi Possibilità di un ruolo dello SPISAL ai sensi dell art. 4 bis della L. 4

5 L. 1204/71, inserito dall art. 12 della L. 8 marzo 2000 n. 53, come facoltà, fermo restando il periodo complessivo di astensione obbligatoria che coincide sempre con cinque mesi, di prolungare la propria attività lavorativa fino ad un mese prima della data presunta del parto avendo poi diritto ad astenersene per i quattro mesi successivi. In questo caso la legge prevede che la lavoratrice debba presentare al datore di lavoro un certificato di un medico specialista del Servizio Sanitario nazionale o con esso convenzionato e uno del medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro che attestino che l opzione non arreca pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro. La circolare INPS n. 109 del 6 giugno 2000 ha chiarito che le attestazioni richieste per l accoglimento della domanda sono una del ginecologo del SSN, o con esso convenzionato, e una del medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, quest ultima solo nel caso in cui la legislazione vigente preveda un obbligo di sorveglianza sanitaria. Tale interpretazione è stata confermata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale che, con propria circolare n. 43 del 7 luglio 2000, ha stabilito che, in assenza di obbligo di sorveglianza sanitaria sul lavoro, è il ginecologo che, sulla base delle informazioni fornite dalla lavoratrice sull attività svolta, esprime una valutazione circa la compatibilità delle mansioni e delle relative modalità di svolgimento ai fini della tutela della salute della gestante e del nascituro. In assenza dell obbligo di sorveglianza sanitaria, non si esclude il coinvolgimento dello SPISAL da parte del ginecologo chiamato ad esprimere un giudizio di compatibilità tra il lavoro svolto e il posticipo dell astensione obbligatoria. Con riguardo all applicabilità della norma, il Ministero del lavoro ha disposto che, nelle more dell emanazione del decreto di definizione dell elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni sulla flessibilità dell astensione obbligatoria, previsto dal citato art. 12, 2 comma, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il ricorso all opzione sia comunque esercitabile in presenza di alcuni presupposti. E richiesta in particolare: l assenza di condizioni patologiche che configurino situazioni di rischio per la salute della lavoratrice e/o del nascituro al momento della richiesta (accertate dal ginecologo); l assenza di un provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro emanato dalla Direzione Provinciale del Lavoro o il venir meno delle cause che lo abbiano determinato nelle prime fasi della gravidanza (situazioni accertate sulla base delle informazioni rese dalla lavoratrice che è tenuta ad esibire copia dell eventuale provvedimento di interdizione anticipata); l assenza di un pregiudizio alla salute della lavoratrice e del nascituro derivante dalle mansioni svolte, dall ambiente di lavoro e/o dall articolazione dell orario di lavoro previsto (accertata dal medico competente o dal ginecologo, in mancanza di obbligo di sorveglianza sanitaria); l assenza di controindicazioni allo stato di gestazione riguardo alle modalità per il raggiungimento del posto di lavoro (accertata dal ginecologo). 1204/71 (flessibilità dell astensione obbligatoria) 5

6 3 Procedura per l applicazione della L. 1204/71 e del D. Lgs. 645/96. L applicazione della normativa sulla tutela della lavoratrice madre può seguire iter diversi a seconda della differente modalità con cui l informazione perviene agli enti interessati. In particolare si evidenziano tre casi per la gravidanza e due per il puerperio-post partum. Gravidanza (1 caso): La lavoratrice comunica lo stato di gravidanza al datore di lavoro. Il datore di lavoro, nel suo processo generale di valutazione dei rischi, ha già valutato l'esistenza di un rischio per la salute riproduttiva e ha la possibilità di adottare i seguenti interventi: 1. modifica delle condizioni di lavoro 2. modifica dell orario di lavoro 3. spostamento di mansione 4. impossibilità allo spostamento di mansione. Nei casi 3 e 4 sussiste l obbligo di comunicazione scritta al Servizio Ispezione del Lavoro della Direzione Provinciale del Lavoro. Il Servizio Ispezione del Lavoro chiede la valutazione dello SPISAL per la verifica della compatibilità della mansione. Lo SPISAL, nell ambito dell accertamento sanitario: approfondisce l'anamnesi lavorativa nel dettaglio dei singoli compiti svolti dalla lavoratrice; ne evidenzia gli eventuali fattori di rischio anche tramite sopralluogo in azienda; nel caso 3, valuta e accerta che la nuova mansione non sia faticosa, pericolosa o insalubre, ovvero, nel caso 4, conferma l incompatibilità della mansione svolta, redige la cartella sanitaria e la certificazione medica. La lavoratrice nel caso 4, inoltra la domanda di interdizione dal lavoro, al Servizio di Ispezione del Lavoro, allegando: - il certificato di gravidanza; - il certificato dello SPISAL. Gravidanza (2 caso): La lavoratrice si presenta direttamente allo SPISAL, con il certificato di gravidanza. Lo SPISAL richiede per iscritto al datore di lavoro una dichiarazione che attesti: la corrispondenza della mansione riferita dalla lavoratrice; la possibilità o meno di spostamento ad una mansione non a rischio; se si tratta di lavorazioni vietate dalla normativa. Tale richiesta, per abbreviare i tempi, potrà essere consegnata alla lavoratrice unitamente al modello di dichiarazione o inviata al datore di lavoro via fax. Lo SPISAL nel caso 4 sopra delineato redige la cartella sanitaria e, acquisita la dichiarazione del datore di lavoro, la certificazione medica, come sopra. La lavoratrice inoltra la richiesta di interdizione al Servizio di Ispezione del Lavoro, allegando: - la dichiarazione del datore di lavoro; - il certificato di gravidanza; 6 Iter definito dalla normativa Lavoratrice e SPISAL

7 - il certificato dello SPISAL. Gravidanza (3 caso) La lavoratrice si presenta direttamente al Servizio di Ispezione del Lavoro. Il Servizio Ispezione del Lavoro richiede la valutazione del datore di lavoro e si ripete il 1 caso. Puerperio-Post Partum (1 caso) Nell ipotesi che la lavoratrice abbia usufruito durante il periodo di gravidanza dell interdizione per lavoro a rischio: se il provvedimento interdiva anche per i 7 mesi dopo il parto non è necessario nessun ulteriore intervento dello SPISAL; se il provvedimento di interdizione era relativo solo al periodo della gravidanza e la mansione è incompatibile con lo stato di puerperio-post partum, la lavoratrice dovrà presentare richiesta di interdizione secondo l iter delineato per la gravidanza (caso 1, 2 o 3 ). Puerperio-Post Partum (2 caso) Nell ipotesi che la lavoratrice abbia usufruito durante il periodo di gravidanza dell interdizione per gravidanza a rischio si applica la procedura così come descritta per la gravidanza (caso 1, 2 o 3 ). Per ciò la lavoratrice dovrà inoltrare la richiesta di interdizione dal lavoro per sette mesi dopo il parto, al Servizio di Ispezione del Lavoro, allegando: - la dichiarazione del datore di lavoro se non già inoltrata direttamente dallo stesso; - il certificato dello SPISAL; - il certificato di nascita del bambino. Astensione obbligatoria anticipata a 3 mesi dalla data presunta del parto Su richiesta del Servizio Ispezione del Lavoro cui la lavoratrice ha inoltrato l istanza, lo SPISAL può intervenire per la valutazione della compatibilità della mansione nei casi in cui la gestante svolga un lavoro già giudicato non a rischio, ma che possa ritenersi invece gravoso e pregiudizievole, in particolari casi, in relazione all avanzato stato di gravidanza. Tempi di attesa per l emanazione del provvedimento di astensione dal lavoro da parte della Direzione Provinciale del Lavoro Per i casi indicati dalle lettere b) e c) dell art.5 della L. 1204/71, l art. 18 del DPR 1026/76 prevede che il provvedimento venga emanato entro sette giorni a decorrere dal giorno successivo a quello di ricezione della documentazione completa, ma che possa essere disposto immediatamente quando il datore di lavoro produca una dichiarazione dalla quale risulti in modo chiaro, sulla base di elementi tecnici attinenti all organizzazione aziendale, l impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni. La Circolare del Ministero del Lavoro n. 28 del 4 marzo 1998 segnala all attenzione dei propri Servizi Ispezione periferici la necessità di stabilire modalità e tempi tecnici contenuti nella fase istruttoria del procedimento amministrativo allo scopo di non pregiudicare la sicurezza e la salute delle lavoratrici madri. Lavoratrice e Servizio Ispezione del Lavoro Lavoratrice interdetta dal lavoro durante la gravidanza per lavoro a rischio Lavoratrice interdetta dal lavoro durante la gravidanza per gravidanza a rischio Astensione obbligatoria anticipata per avanzato stato di gravidanza Tempi di attesa per l emanazione del provvedimento da parte della Direzione Provinciale del Lavoro 7

8 4 Criteri per la valutazione del rischio nella gravidanza e nel puerperio-post partum. Nell esercizio delle competenze sopra delineate, lo SPISAL approfondisce l'anamnesi lavorativa, nel dettaglio dei singoli compiti svolti dalla lavoratrice, e dei relativi fattori di rischio, inoltre valuta e accerta che la mansione sia faticosa, pericolosa ed insalubre e ne individua il corrispondente riferimento legislativo. In tale attività è necessario utilizzare procedure il più possibile uniformi ed orientate su criteri oggettivi, consolidati da un patrimonio culturale comune. Le norme di riferimento sono piuttosto complesse e possono indurre ad errate valutazioni del rischio, determinando provvedimenti non necessari, o sottovalutando condizioni reali di rischio, con conseguenze negative per la lavoratrice, sia di tipo sanitario che economico. L'esigenza è quella di arrivare a valutazioni standardizzate con il rispettivo riferimento giuridico mediante la sintesi di tre elementi strettamente connessi: rischio mansione profilo professionale. In molti settori lavorativi infatti è facile sovrapporre la mansione della lavoratrice ad una di quelle individuate dal legislatore come a rischio per la gravidanza, mentre in altri non è automatico essendo necessario ricorrere a valutazioni per analogia. Ad esempio per le donne che lavorano a stretto contatto con portatori di handicap psichici e mentali (addette ai centri di assistenza CEOD o alle case di riposo) si può applicare, per analogia, la stessa tutela prevista per coloro che lavorano nei reparti di malattie nervose e mentali (DPR 1026/76 art. 5 lett. l). In altri casi, invece, può essere necessario valutare con attenzione la specifica attività lavorativa. Per il lavoro part-time, ad esempio, la normativa prevede la stessa tutela del lavoro a tempo pieno, tuttavia in questo caso, se l unico rischio è rappresentato dalla permanenza in piedi per più di metà dell orario di lavoro (DPR 1026/76 art. 5 lett. g), il ricorso all interdizione potrebbe condurre alla contraddizione di ritenere vietato un lavoro part-time che si svolga in piedi per 4 ore al giorno e, nello stesso tempo, di accettare un lavoro o un cambio di mansione articolato in 4 ore in piedi e in 4 ore in posizione seduta. Si ritiene quindi opportuno applicare la legge di tutela anche al caso di lavoro part-time qualora, oltre alla stazione eretta, vi sia almeno un altro rischio, quale fatica fisica, movimentazione carichi, (es. le addette alle pulizie hanno frequentemente orari settimanali inferiori alle 20 ore ma possono presentare, oltre ai rischi su esposti, anche il rischio chimico). Per la valutazione dei rischi presenti nell attività lavorativa va tenuto conto che gli standard di riferimento, che rappresentano le soglie di esposizione biologicamente accettabili per la popolazione lavorativa, non sono sufficienti nel caso di protezione materno-infantile. Anche un rischio occasionale può infatti produrre conseguenze gravi alla donna e al bambino (es. malattie infettive o traumatismi accidentali). Le indicazioni di seguito riportate si riferiscono alle situazioni più problematiche per la valutazione del rischio, nelle quali risulta più difficile ricorrere alle tabelle della normativa e nelle quali sono più elevati i margini di interpretazione soggettiva. 8 Rischio, mansione e profilo professionale Valutazione per analogia di rischio

9 Per ogni fattore di rischio vengono riportati i settori lavorativi dove lo stesso è maggiormente presente e la normativa di riferimento. Rischio chimico Elenco non esaustivo dei comparti nei quali è presente il rischio chimico: agricoltura, calzaturiero, ceramica, grafica, legno, imprese pulizie materie plastiche, metalmeccanica, sanità. Rischio chimico DPR 1026/76 art. 5 lett. a): divieto di adibire la donna in gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto a lavori indicati nel DPR 432/76 (sostituito dall Allegato I del DLgs 345/99 come modificato dal D.Lgs. 262/00). DPR 1026/76 art. 5 lett b): divieto di adibire la donna in gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto a lavori indicati nella tabella del DPR 303/56 per i quali vige l obbligo delle visite mediche. DPR 1026/76 art 5 lett. c): divieto di adibire la donna in gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto a lavori che espongono alla silicosi e all asbestosi, nonché alle malattie professionali di cui al DPR 336/94 DLgs 645/96 Allegato I e II La presenza nel ciclo lavorativo di una sostanza chimica anche in quantità minima e quindi innocua per la popolazione generale potrebbe risultare pericolosa per la donna in gravidanza, con conseguenze per la sua salute e per quella del nascituro. Pertanto, in presenza di un esposizione alle sostanze chimiche indicate nella tabella allegata al DPR 303/56 e nella tabella delle malattie professionali, si ritiene non sia necessario quantificare l entità dell esposizione. In assenza di dati precisi e in considerazione della particolarità del soggetto da tutelare, il principio ispiratore a cui deve attenersi lo SPISAL deve essere quello della prudenza. Rischio rumore DPR 1026/76 art. 5 lett. a): divieto di adibire la donna in gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto a lavori indicati nel DPR 432/76 (sostituito dall Allegato I del DLgs 345/99 come modificato dal D.Lgs. 262/00). Rischio rumore DPR 1026/76 art. 5 lett b): divieto di adibire la donna in gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto a lavori indicati nella tabella allegata al DPR 303/56 per i quali vige l obbligo delle visite mediche, integrato dal DLgs 277/91. 9

10 DPR 1026/76 art 5 lett. c): divieto di adibire la donna in gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto a lavori che espongono alle malattie professionali di cui al DPR 336/94 (p. 50) DLgs 645/96 Allegato I Fino all emanazione del D.Lgs. 345/99 la normativa di tutela della lavoratrice madre, stabiliva che la stessa non poteva essere adibita a lavori che esponevano a rumore elevato, ma non individuava un livello soglia. I risultati di studi sperimentali ed epidemiologici consigliavano comunque di evitare esposizioni a livelli superiori ad 80 db(a). Il limite di 80 db(a), in un primo momento recepito dal D.Lgs. 345/99 per i minori avviati al lavoro, è ora stato innalzato a 90 db Lep-d dal D.Lgs. 262/00, con l obbligo di accertamenti sanitari a partire dagli 80 db(a). Quest ultimo è dunque il livello di soglia oltre il quale si prevede un rischio per il lavoratore minore. Anche la normativa sulle malattie professionali prevede il possibile riconoscimento di un ipoacusia professionale per livelli di esposizione quotidiana superiori agli 80 db (A). Ad analoghe conclusioni si può giungere per la lavoratrice gestante. Rischio vibrazioni DPR 1026/76 art.5 lett. i): divieto di adibire le donna in gravidanza fino al periodo di astensione obbligatoria a lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense vibrazioni. Rischio vibrazioni DPR 1026/76 art. 5 lett. b): divieto di adibire la donna in gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto a lavori indicati nella tabella allegata al DPR 303/56 per i quali vige l obbligo delle visite mediche (p. 48 lavori con utensili ad aria compressa o ad asse flessibile). DPR 1026/76 art. 5 lett. c): divieto di adibire la donna in gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto a lavori che espongono alle malattie professionali di cui al DPR 336/94 (p. 52 ad esempio lavori con impiego di macchine portatili munite di utensili, macchine portatili ad asse flessibile, macchine per calzaturifici quali ribattitrici, rigasuole, rigatacchi e motoseghe portatili). D.Lgs. 645/96 Allegato I La trasmissione dell energia vibrante al corpo avviene soprattutto attraverso la superficie di appoggio che varia con le condizioni posturali (posizione eretta o seduta). La componente fondamentale delle vibrazioni è la frequenza (n di oscillazioni al secondo o Hz) e su questo parametro si distinguono 3 classi o bande di frequenza: basse frequenze (0-2 Hz) caratteristiche dei mezzi di trasporto, medie frequenze (2-20 Hz) provocate da trattori e impianti industriali, alte frequenze (>20 Hz) proprie degli strumenti vibranti. Le vibrazioni trasmesse a tutto il corpo, soprattutto quelle con frequenza tra 4 e 8 Hz e quelle trasmesse all addome, sono quelle più pericolose per la donna in gravidanza. 10

11 Non si possono invece considerare intense vibrazioni quelle provocate dall utilizzo di piccoli strumenti quali avvitatori nelle operazioni di assemblaggio nell industria elettronica e nella metalmeccanica leggera, in quanto la loro trasmissione è limitata al sistema mano-polso. Rischio movimentazione dei carichi Elenco non esaustivo delle categorie per le quali è più frequente il rischio: operaie nei settori produttivi, addette ai magazzini, addette in agricoltura, addette all assistenza (ospedali, case di riposo), infermiere, educatrici/animatrici, fisioterapiste insegnanti (asilo nido, scuola materna), addette alle pulizie. Rischio movimentazione dei carichi Legge 1204/71 art 3: divieto di adibire al trasporto e al sollevamento di pesi le lavoratrici in gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto. DPR 1026/76 art. 5: il divieto di cui alla L 1204 art. 3, si intende riferito al trasporto, sia a braccia che a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida, nonché al sollevamento di pesi, compreso il carico e lo scarico e ogni altra operazione connessa. DPR 1026/76 art 5 lett. f): divieto di adibire la donna in gravidanza e fino al termine del periodo di interdizione obbligatoria a lavori di manovalanza pesante. D.Lgs. 645/96 Allegato I Riguardo alla movimentazione dei carichi si evidenzia una possibile contraddizione della legge allorquando l art. 3 della L. 1204/71, precisa che E vietato adibire al trasporto e al sollevamento di pesi nonché ai lavori pericolosi faticosi e insalubri le lavoratrici durante il periodo della gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto, mentre l art. 5, lett. f, del DPR 1026/76 nell elencare i lavori faticosi, pericolosi e insalubri, cita i lavori di manovalanza pesante, applicando il divieto solo durante il periodo della gestazione. Ferma restando la piena validità dell art. 3 della L. 1204/71, possono rimanere dei dubbi circa la definizione di peso e la sua quantificazione, in quanto non previsti dalla norma. A questo proposito le Linee Guida per l applicazione del D.Lgs. 626/94 approvate dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Provincie Autonome, nell analizzare il rischio di movimentazione manuale dei carichi, suggeriscono, a livello operativo, di considerare necessaria la valutazione in presenza di movimentazione non occasionale (con frequenza media 1 volta/ora) di pesi superiori a 3 Kg. Oltre all entità del peso, per la donna in gravidanza, si dovrà tenere conto 11

12 anche degli altri fattori concorrenti, quali la postura eretta od obbligata, la flessione o la torsione ripetuta del tronco, il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori e del rachide. A questo si aggiungono i cambiamenti fisiologici che avvengono durante la gravidanza, quali ad esempio l incremento della lordosi lombare, l iperlassità legamentosa, e lo spostamento del centro di gravità del rachide. Per quanto sopra esposto si ritiene non applicabile in gravidanza il modello per il calcolo del limite di peso raccomandato (NIOSH 1993). Esso risulta scarsamente tutelante in quanto non tiene conto dei cambiamenti fisici legati alla gravidanza e delle variabili individuali e non estende la protezione alle donne nelle prime fasi della gravidanza, quando, pur non essendosi ancora verificati evidenti cambiamenti fisici, il proseguimento di un lavoro faticoso potrebbe causare problemi al normale corso della gestazione. La gravidanza può rappresentare anche una condizione predisponente alla comparsa della sindrome del tunnel carpale; pertanto si dovrà porre particolare attenzione a quelle attività lavorative che comportano movimenti ripetuti degli arti superiori e che impegnano particolarmente l articolazione del polso, determinando spesso la comparsa di patologie tendinee o da intrappolamento dei tronchi nervosi. Rischio biologico Elenco non esaustivo delle categorie per le quali è presente il rischio biologico: addette all agricoltura, zootecnia e servizi veterinari, operaie dell industria alimentare, addette alla lavorazione delle carni, addette alla raccolta rifiuti e impianti di depurazione, addette ai servizi sanitari. Rischio biologico DPR 1026/76 art. 5 lett. l): divieto di adibire la donna in gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto a lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali. DPR 1026/76 art. 5 penultimo comma: l Ispettorato può ritenere che sussistano condizioni ambientali sfavorevoli agli effetti dell art. 3, 3 comma dell art. 5 lett. b), della legge anche quando vi siano pericoli di contagio derivanti alla lavoratrice dai contatti di lavoro con il pubblico o con particolari strati di popolazione, specie in periodi di epidemia. D.Lgs 645/96 Allegati I e II Il rischio biologico è definito nel D.Lgs. 626/94 dall esposizione ad agenti infettivi compresi nei gruppi 2, 3 e 4. Nella valutazione di tale rischio bisogna considerare che, qualora si sviluppi una malattia infettiva, questa può agire negativamente sulla gravidanza: influenzando negativamente il decorso della gravidanza; dando ripercussioni sfavorevoli a carico dell embrione o del feto; i farmaci utilizzati possono danneggiare il feto i rialzi febbrili possono compromettere il normale decorso della 12

13 gravidanza determinando pericolo di aborto o di parto prematuro. Inoltre la malattia infettiva può presentare, durante la gravidanza, un decorso più grave. Alcuni ambiti lavorativi non compresi nella lettera l) dell art. 5 del DPR 1026/76, possono presentare analoga esposizione a rischio biologico (ad esempio operatrici del SERT); in questi casi si ritiene che si possa equiparare tali lavoratrici a quelle che operano nei reparti di malattie infettive o, in alternativa, ricorrere al penultimo comma dell art 5 del DPR 1026/76 nella parte in cui estende la tutela anche ad altre lavoratrici, quando vi sia pericolo di contagio derivanti da contatti con particolari strati di popolazione. Tutte le attività che espongono al contatto con liquidi biologici negli ospedali, case di riposo, laboratori di analisi cliniche e microbiologiche, ecc., ipotizzano una condizione di rischio che risulta tuttavia di difficile quantificazione. Una proposta per la valutazione del rischio da contaminazione biologica in ambito sanitario è rappresentata dalla classificazione secondo Fleming delle manovre ad alto, medio e basso rischio, graduate per l esposizione a HIV, ma che possono essere ritenute valide anche per altri microrganismi quali HBV, HCV, TBC, ecc. Si riportano di seguito alcuni esempi: - ad alto rischio: incannulazione di vie arteriose, angiografie, interventi chirurgici (in sala operatoria, sala parto, ambulatori, pronto soccorso, ambulatori dentistici), endoscopie, aspirazioni endobronchiali, cambio di cannule tracheostomiche; - a medio rischio: incannulazione di vie venose centrali e periferiche, prelievi o iniezioni endovenose, lavaggio materiali e strumenti, svuotamento di contenitori di liquidi organici, medicazione di ferite chirurgiche; - a basso rischio: pulizia del cavo orale, clistere, tricotomia. Un altro aspetto da considerare nella valutazione del rischio biologico è rappresentato dalla possibilità di contagio per via aerea (es. nella scuola, soprattutto asili nido, scuole materne ed elementari) che interessa sia gli agenti eziologici appartenenti al gruppo TORCH (rosolia, citomegalovirus, parvovirus B19 ) sia gli agenti eziologici, in prevalenza virali, delle altre malattie infantili che possono aver ripercussioni sfavorevoli sul decorso della gravidanza. La diffusione per via aerea di queste patologie ne rende difficile il controllo e la prevenzione. In questi casi si proporrà l interdizione dal lavoro, se non è possibile il cambio di mansione, fino al periodo di astensione obbligatoria. Solo se le condizioni di salute della donna o del bambino sono tali da aumentare il rischio di contrarre infezioni (es. stato di immunodepressione) si estenderà l interdizione ai sette mesi dopo il parto. Altre considerazioni La legge 1204/71, integrata dal D.Lgs. 645/96, consente un ampia tutela della donna in gravidanza e fino a sette mesi dopo il parto. In particolare l art. 5 del DPR 1026/76, e l Allegato II del D.Lgs. 645 elencano i lavori pericolosi, faticosi e insalubri vietati alle donne in gravidanza. Inoltre il dettato dell art. 3, 3 comma della L. 1204/71 nella sua genericità, permette di superare lo scoglio rappresentato da una lista tassativa di lavori Altre considerazioni 13

14 proibiti e consente allo SPISAL di estendere, per analogia, la tutela della lavoratrice in gravidanza anche a quelle mansioni che non risultano citate dalla legge. In questo senso anche il D.Lgs. 645/96, introducendo l obbligo per il datore di lavoro di valutare, tra gli altri, i rischi derivanti da movimenti e posizioni di lavoro, spostamenti sia all interno che all esterno dello stabilimento, fatica mentale e fisica e altri disagi fisici connessi all attività svolta dalle lavoratrici, permette di valutare per ogni attività, comprese quelle amministrative e commerciali i rischi anche non tradizionali quali la postura, la presenza di arredi ergonomici, l adozione di misure preventive di tipo organizzativo e procedurale (art 14, DPR 303/56, ultimo comma, come modificato dal D.Lgs. 626/94). Pur in presenza di una normativa vasta e articolata si verifica talvolta la necessità, di fronte a casi particolari, di valutare il rischio, ricorrendo anche al sopralluogo presso l azienda. In particolare la necessità di un sopralluogo può verificarsi se: la ditta o la mansione non sono conosciuti a sufficienza dallo SPISAL; l attività espone ad un rischio indiretto; la mansione è difficilmente valutabile per gli aspetti della postura, della movimentazione dei carichi, della fatica fisica; l attività espone la lavoratrice ad un rischio esclusivamente teorico, derivante dalla qualifica, che tuttavia può non sussistere; il datore di lavoro ha individuato una mansione alternativa di cui non si conoscono le caratteristiche. In questi casi il sopralluogo consente di valutare esattamente tutti gli aspetti della mansione svolta, e la presenza di fattori dipendenti dall ambiente di lavoro (es. rumore fastidioso, temperatura, umidità, illuminazione e ventilazione naturali insufficienti), che possono influire sul livello del rischio e possono contribuire ad accrescere il disagio. Nell ambito del sopralluogo si provvederà a raccogliere tutti gli elementi (schede di sicurezza, indagini ambientali, valutazione del rumore) utili al fine dell espressione di un giudizio motivato. Valutazione del rischio mediante sopralluogo 5 Compiti, ruolo e responsabilità dei soggetti aziendali alla luce del D.Lgs. 645/96. Il D.Lgs. 645/96 ha modificato la precedente impostazione giuridica e trasferito dalla lavoratrice al datore di lavoro, l onere di valutare e prevedere i rischi e di proteggere la lavoratrice madre dalle condizioni di lavoro pregiudizievoli. In tal modo la protezione della maternità da problema individuale della donna lavoratrice diventa impegno per la collettività. La funzione di tutela è affidata a soggetti sociali determinati di cui si riportano in sintesi i compiti e le responsabilità. Datore di lavoro e Servizio di Prevenzione e Protezione: Datore di lavoro e SPP 14

15 valuta i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici madri; informa le lavoratrici e i Rappresentanti per la Sicurezza, sui risultati della valutazione e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate; adotta le misure necessarie con modifica delle condizioni e dell orario di lavoro; comunica al Servizio Ispezione del Lavoro la possibilità o meno dello spostamento a mansione non a rischio precisando i motivi organizzativi o produttivi; concede alla lavoratrice la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate durante il lavoro (art. 14, DPR 303/56, come modificato dal D.Lgs. 626/94); concede il permesso retribuito per l effettuazione di esami prenatali. Medico competente: collabora con il datore di lavoro nella valutazione dei rischi, compresi quindi quelli per la salute riproduttiva; valuta le condizioni di lavoro pericolose per la lavoratrice madre; individua le mansioni non pericolose e compatibili con la gravidanza; indica e propone l eventuale spostamento di mansione; informa i lavoratori e i loro rappresentanti sui rischi e sulle misure di prevenzione e protezione, nella riunione periodica. Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza: verifica l attuazione delle misure di protezione e prevenzione per la lavoratrice madre (spostamento a mansione non a rischio, condizioni e orario di lavoro idonei); formula osservazioni e fa proposte riguardo alle misure di protezione; avverte il responsabile dell azienda dei rischi individuati per la lavoratrice madre; promuove e collabora con il datore di lavoro nell organizzazione della corretta procedura di protezione; fa ricorso allo SPISAL o al Servizio Ispezione del Lavoro qualora ritenga che le misure di protezione per la lavoratrice madre non siano idonee Medico competente Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza 6 Altri compiti dello SPISAL. Nell ambito della tutela della lavoratrice madre, oltre alle funzioni già descritte in precedenza, si possono configurare i seguenti ulteriori compiti istituzionali dello SPISAL. Vigilanza negli ambienti di lavoro Nell ambito dei comuni interventi di vigilanza negli ambienti di lavoro, nel caso vi sia presenza di manodopera femminile in azienda, è compito dello SPISAL verificare che il documento di valutazione dei rischi, redatto ai sensi del D.Lgs. 626/94, contenga la valutazione dei rischi per la salute riproduttiva come indicato nell art. 4 del D.Lgs. 645/96. Lo SPISAL valuta anche se il datore di lavoro ha informato le lavoratrici ed 15 Attività di vigilanza

16 i loro rappresentanti per la sicurezza, sui risultati della valutazione e sulle conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate (schede informative, protocollo sui lavori pericolosi e sulle mansioni compatibili ecc...). Se ne ravvede l opportunità richiede direttamente alle lavoratrici se sono informate circa i rischi specifici connessi alla gravidanza. Infine se lo SPISAL riscontra la mancata adozione di idonee misure di prevenzione e protezione (art. 5 D.Lgs. 645/96) inoltra comunicazione immediata alla Direzione Provinciale del Lavoro per i provvedimenti di competenza. Indagine sugli aborti per infortunio sul lavoro I dati ISTAT per l anno 1992 descrivono 68 casi di aborto a livello nazionale di cui 4 nel Veneto per trauma fisico professionale ; tale rilevazione invece non emerge, come per gli altri infortuni, nelle statistiche dell INAIL. E compito dello SPISAL avviare indagini anche su questo tipo di patologie professionali. A questo scopo è opportuno che venga attivato un flusso informativo con la Direzione Sanitaria degli ospedali per la segnalazione dei casi di aborto o di morte intrauterina del feto per affrontare anche in ambito medico-legale le possibili correlazioni tra aborti e lavoro. Dalla letteratura scientifica emerge infatti un aumento dei casi di aborto a livello nazionale e regionale di cui la maggior parte con causa sconosciuta, tanto che l attenzione del mondo sanitario si sta spostando verso l approfondimento dei fattori igienico ambientali che possono influire negativamente sulla salute riproduttiva. Interventi di formazione e di informazione E opportuno che lo SPISAL curi la diffusione delle informazioni sulla prevenzione della salute riproduttiva inserendo nei programmi di formazione (per RSPP, RLS, medici competenti) anche approfondimenti sul tema. Attività di indagine Attività formativa ed informativa 7 Quadro normativo LE NORME DI RIFERIMENTO Art. 37 della Costituzione: speciale ed adeguata protezione per la madre e il bambino. L. 30/12/71 n Tutela delle lavoratrici madri stabilisce il divieto di licenziamento (art.2); il divieto di adibire le lavoratrici durante il periodo della gestazione e fino a sette mesi dopo il parto a lavori pericolosi, faticosi e insalubri (art. 3); l astensione obbligatoria (art.4); l astensione anticipata (art.4 e 5); l astensione facoltativa (art.7); i periodi di riposo (art.10); altri aspetti retributivi e previdenziali. DPR 25/11/76 n Regolamento di esecuzione della L. 1204/71 oltre a stabilire alcune procedure ed a disciplinare alcuni aspetti retributivocontributivi della tutela della lavoratrice madre, riporta un elenco di lavori Art. 37 Cost. L. 1204/71 DPR 1026/76 16

17 pericolosi, faticosi e insalubri, facendo riferimento ad altre norme per ulteriori elenchi di lavori vietati, durante la gestazione e fino a sette mesi dopo il parto. Si vedano le tabelle della L. 432/76 Tutela del lavoro dei fanciulli e adolescenti, ora sostituita dal D. Lgs. 345/99 Protezione dei giovani al lavoro ; le tabelle annesse al DPR 303/56 (lavori per i quali vige l obbligo delle visite mediche preventive, e periodiche), al DPR 1024/65 (lavori a rischio di silicosi e asbestosi) e al DPR 336/94 (nuove tabelle delle malattie professionali per l industria e l agricoltura). L. 9/12/77 n. 903 Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro : la parte che introduceva il divieto di lavoro notturno per le lavoratrici gestanti e fino a sette mesi dopo il parto (art. 5) è ora abrogata e sostituita dalla Legge 25/99. Circolare dell Ispettorato Medico Centrale del Lavoro del 5/11/90 riporta un elenco di lavori considerati pregiudizievoli o gravosi in relazione all avanzato stato di gravidanza previsto dall art. 4 della L. 1204/71. Si noti comunque che quasi tutti i lavori dell elenco succitato rientrano tra quelli già vietati in gravidanza ai sensi degli artt. 3 e 5 lett. b) e c) della stessa legge (lavori del personale medico e paramedico; lavori di assistenza in centri per handicappati; lavori a contatto con i bambini e di ausiliaria negli asili nido e scuole materne) L. 7/8/90 n. 232 Coperture per le spese derivanti dall applicazione dell accordo per il triennio relativo al personale della Polizia di Stato..., art. 13: E vietato adibire al lavoro operativo le appartenenti all Polizia di Stato durante la gestazione fermo restando quanto previsto dalla Legge 1204/71 Sentenza della Corte Costituzionale n. 58/93 attribuisce alle Regioni - e per esse alle Aziende Usl -...Le competenze già svolte dagli Ispettorati del Lavoro in materia di controlli di carattere sanitario previsti dalla L. 30/12/71 n 1204 per la tutela delle lavoratrici madri. D.Lgs. 9/9/94 n. 566 modifica e aggiorna il sistema sanzionatorio in materia di tutela delle lavoratrici madri. D.Lgs. 19/9/94 n. 626 sostituisce l art. 14 (locali di riposo) del DPR 303/56, prevedendo che Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate. D.Lgs. 17/3/95 n. 230 Attuazione delle direttive Euratom In materia di radiazioni ionizzanti, art. 69 stabilisce che, ferma restando l applicazione delle norme speciali concernenti la tutela delle lavoratrici madri, le donne gestanti non possono svolgere attività che le espongono al rischio di superare i limiti di dose stabiliti per i lavoratori non esposti ai sensi dell art. 96. Inoltre si fa obbligo alle lavoratrici di notificare al datore di lavoro il proprio stato di gestazione, non appena accertato, vietando altresì l adibizione di donne che allattano ad attività comportanti un rischio di contaminazione. Circolare del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale 27/6/96 n. 17 L. 903/77 Circolare Ispettorato Medico Centrale del Lavoro L. 232/90 Corte Cost. 58/93 D.Lgs. 566/94 D.Lgs. 626/94 D.Lgs. 230/95 Circolare Ministero del Lavoro 90/96

18 90 emanata sulla base del parere del Consiglio di Stato n. 395/93 si esprime sul concorso di competenze fra ULSS ed Ispettorati, ora Direzioni Provinciali del Lavoro. D.Lgs. 25/11/96 n. 645 Recepimento della Dir. 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento integra gli agenti chimici, fisici e biologici ed i processi industriali ritenuti pericolosi (piombo, atmosfera in sovrapressione, toxoplasma, virus della rosolia, lavori minerari). Conferma quanto stabilito dalla normativa precedente (anche in tema di lavoro notturno) e introduce l obbligo di valutazione dei rischi (ex art. 4 Dlgs 626/94) anche riguardo alla salute e sicurezza delle lavoratrici gestanti, adottando le conseguenti misure di prevenzione, compresa la temporanea modifica delle condizioni e dell orario di lavoro. Introduce l obbligo per il datore di lavoro di informare le lavoratrici sui rischi e sulle relative misure di protezione. Sancisce il diritto per le gestanti di usufruire di permessi retribuiti per l effettuazione di visite ed accertamenti sanitari. Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 66/97 illustra il D.Lgs 645/96 e conferma, relativamente alle competenze delle ULSS e delle Direzioni Provinciali del Lavoro, quanto ribadito nella Circolare 90/96. Sentenza della Corte Costituzionale n. 373/97: dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata da alcune Regioni in ordine all art. 5, 2 comma, del D.Lgs 645/96 (comunicazione da parte del datore di lavoro della non possibilità di spostamento ex art. 5 lett. c - della lavoratrice, all Ispettorato del Lavoro e non alle ULSS), ribadendo che il controllo degli Ispettorati attiene esclusivamente alla impossibilità della modifica delle condizioni o dell orario di lavoro. Ribadisce inoltre che qualora fosse necessario l accertamento medico quest ultimo deve essere richiesto ai competenti servizi delle ULSS. Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 28 del 4/3/98: riferendo nel merito della Sentenza di cui al punto precedente, ribadisce che Rimane inalterato il quadro delle competenze delineate dalla normativa vigente, salvo poi affermare che il Servizio Ispettivo del Lavoro ha facoltà di accertare direttamente sia le misure adottate per la protezione delle lavoratrici gestanti, sia l effettiva possibilità di spostamento, nonchè di delegare alle Usl gli accertamenti sanitari. L. 5/2/99 n. 25 Disposizioni per l adempimento di obblighi derivanti dalla appartenenza dell Italia alle Comunità Europee - legge comunitaria 1998, art. 17: ribadisce il divieto di lavoro notturno (dalle 24 alle 6) durante la gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino; introduce la non obbligatorietà del lavoro notturno per la lavoratrice madre (o, in alternativa, per il padre) di un bimbo di età inferiore ai 3 anni oppure per la lavoratrice (o il lavoratore) unica affidataria di un figlio di età inferiore ai 12 anni. L. 8/3/00 n. 53 Disposizioni per il sostegno della maternità e della D.Lgs. 645/96 Circolare Ministero del Lavoro 66/97 Corte Cost. 373/97 Circolare Ministero del Lavoro 28/98 L. 25/99 L. 53/00 18

19 paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città modifica la Legge 1204/71 relativamente ai soggetti beneficiari della normativa (astensione facoltativa anche per le lavoratrici autonome), all astensione obbligatoria, all astensione facoltativa post partum, ai congedi per malattia del bambino, ad aspetti retributivi e contributivi. Di particolare interesse l art. 11 che prevede la fruibilità dei cinque mesi di astensione obbligatoria anche in caso di parto prematuro e l art. 12 che prevede la flessibilità dell astensione obbligatoria (facoltà di assentarsi un mese prima e quattro mesi dopo il parto), previa certificazione del medico specialista del SSN e del medico competente. La flessibilità non è prevista per alcuni tipi di lavori che verranno precisati da un successivo decreto interministeriale (da emanarsi entro 6 mesi). Ancora l art. 12 preannuncia un aggiornamento dei lavori pericolosi faticosi ed insalubri di cui all art. 5 del DPR 1026/76, da emanarsi con decreto interministeriale. Inoltre i benefici previsti dalla L. 232/90 vengono estesi alle lavoratrici madri dei corpi di Polizia Municipale. Infine viene delegato il Governo ad emanare un Testo Unico delle norme di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Circolare INPS 6/6/00 n. 109 Congedi parentali. L. 8/3/00 n. 53 Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città fornisce, in accordo con il Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale, disposizioni applicative sulla L. 53/00. In particolare il paragrafo 4, dedicato alla flessibilità dell astensione obbligatoria, dispone che l esercizio di tale facoltà è subordinato all attestazione sanitaria del ginecologo del SSN o con esso convenzionato e a quella del medico competente ai fini della prevenzione della salute nei luoghi di lavoro, quest ultima solo se la legislazione prevede un obbligo di sorveglianza sanitaria. Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 7/7/00 n. 43 avente per oggetto l art. 12, L. 53/00 recante disposizioni in materia di flessibilità dell astensione obbligatoria nel periodo della gestazione e puerperio della donna lavoratrice chiarisce le modalità e i criteri da seguire per la scelta da parte della lavoratrice di posticipare il periodo di astensione obbligatoria affermando l immediata applicabilità della norma in attesa dell emanazione del decreto di cui all art. 12, 2 comma, di individuazione dei lavori per i quali è escluso l esercizio della predetta facoltà. Sentenza della Corte Costituzionale 360/00: dichiara l illegittimità costituzionale dell art. 1 della L. 1204/71, nella parte in cui non estende alle lavoratrici a domicilio l interdizione anticipata dal lavoro per maternità. Circolare INPS 109/00 Circolare Ministero del Lavoro 43/00 Corte Cost. 360/00 IL CAMPO DI APPLICAZIONE Il complesso quadro normativo di riferimento appena descritto ha un campo di applicazione diversificato a seconda della tipologia di lavoratrice di cui si tratta. 19 Lavoratrici subordinate ed equiparate

20 In via principale i meccanismi di tutela previsti dalla legge sono rivolti a tutte le lavoratrici subordinate, dipendenti di organismi privati e pubblici, comprese le apprendiste, le lavoratrici in contratto di formazione lavoro e parttime e le socie delle cooperative (art. 1 L. 1204/71). Alle lavoratrici subordinate sono equiparate, ai sensi dell art. 2 del D.Lgs. 626/94 le socie lavoratrici di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi; le utenti dei servizi di orientamento e formazione scolastica, universitaria e professionale avviate presso datori di lavoro; le allieve di Istituti di Istruzione e Universitari nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici. Rientrano nel campo di applicazione della normativa anche le lavoratrici volontarie (conformemente a quanto stabilito con Circolare del Ministero del Lavoro n. 154/96). Le lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari sono tutelate come le altre lavoratrici dipendenti, ma non godono del congedo facoltativo postpartum (art. 7 della L. 1204/71). Le lavoratrici a domicilio sono nominate nell art. 1, comma 2 della L. 1204/71 ove si prevede che ad esse si applichi il divieto di licenziamento di cui all art. 2 oltre all astensione obbligatoria (anche anticipata a tre mesi) come previsto dall art. 4 della legge. Recentemente la Corte Cost., con sentenza n. 360 del 12 luglio 2000, dichiarando incostituzionale l art. 1, comma 2 della L. 1204/71 nella parte in cui non prevede l applicabilità anche alle lavoratrici a domicilio dell art. 5 della legge, ha reso applicabile alle stesse anche l interdizione dal lavoro. Alle coltivatrici dirette, mezzadre e colone, alle lavoratrici autonome, artigiane o esercenti attività commerciali, viene riconosciuta un indennità giornaliera di maternità per i due mesi antecedenti la data presunta e per i tre mesi successivi al parto (L. 546/87); viene inoltre riconosciuto il diritto ad un periodo di tre mesi di astensione facoltativa post-partum (L. 53/00). Infine la L. 379/90 riconosce alle lavoratrici libere professioniste il diritto ad un indennità per il periodo della gravidanza e del puerperio, comprendente i due mesi antecedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi allo stesso. Lavoratrici volontarie Lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari Lavoratrici a domicilio Coltivatrici dirette, mezzadre e colone, lavoratrici autonome Libere professioniste 20

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