Le carenze sono ancora possibili. Lo stress aumenta i fabbisogni di alcuni nutrienti

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2 INTRODUZIONE Parlando di alimentazione si pensa principalmente ai componenti destinati a coprire i grandi fabbisogni energetici e plastici: acqua, grassi, proteine, glucidi, calcio, fosforo, comunemente chiamati macronutrienti. Accanto a questi, e perchè questi possano essere adeguatamente utilizzati, esiste tutta una serie di sostanze essenziali al metabolismo e al funzionamento ottimale dei vari apparati, all'integrità dei vari organi e tessuti, che devono parimenti essere assunte attraverso l'alimentazione o in forma già biodisponibile o sotto forma di precursori. Fanno parte della categoria dei micronutrienti i ben noti oligominerali e le vitamine nonchè tutta una serie, molto meno conosciuta, di fattori protettivi (FPA), quali particolari acidi grassi e amino acidi, inositolo, colina e molti altri fattori di cui si viene a conoscenza man mano progredisce la scienza della nutrizione. Parlando di integrazione si fa di solito riferimento ai micronutrienti, in quanto la supplementazione in macronutrienti può essere facilmente gestita attraverso l'alimentazione. Le supplementazioni o integrazioni sono, nella maggioranza dei casi, utili soltanto se la sostanza che viene integrata è carente o può diventare carente a causa di un consumo maggiore rispetto alla norma. Le carenze sono ancora possibili Le carenze sono possibili anche attualmente, in tempi in cui si presta giustamente molta più attenzione all'alimentazione, e questo per diversi motivi, primo fra tutti la mancata conoscenza del contenuto effettivo in micronutrienti delle varie derrate utilizzate per la composizione della razione alimentare, sia casalinga che industriale. L'analisi dei micronutrienti di una qualunque derrata è lunga e complessa, e di conseguenza onerosa, per cui difficilmente può essere eseguita costantemente. Provenienza, conservazione e processi di trasformazione delle derrate sono possibili cause di carenza in micronutrienti Per altro il contenuto in micronutrienti è estremamente variabile in base alla provenienza delle derrate (alti o bassi livelli ambientali), ai processi adottati per la conservazione (essiccamento, raffreddamento, cottura, sterilizzazione, lunghi periodi di stoccaggio anche se a temperature più o meno basse) e ai processi di trasformazione (macinazione, separazioni varie di sottoprodotti, setacciature, miscelazioni); di conseguenza il contenuto in micronutrienti nella derrata pronta per l'utilizzo finale e più ancora, nella razione pronta per il consumo, diventa estremamente variabile e il più delle volte ignoto. A questo va aggiunto che i componenti della dieta non sempre sono correttamente equilibrati fra di loro; molto sovente poi vengono instaurate restrizioni dietetiche che possono causare apporti carenziali in micronutrienti; infine va tenuto presente che l'assorbimento dei micronutrienti può non essere ottimale (malassorbimento, disturbi intestinali, età avanzata, interferenze fra i vari componenti della dieta, diete troppo ricche di fibre, interferenze con farmaci). In tutte queste situazioni le carenze si possono instaurare con una certa facilità. Una seconda possibilità di carenze è data da tutta una serie di situazioni parafisiologiche o patologiche che comportano utilizzi o perdite in micronutrienti maggiori del normale e differenziate: aumento dei fabbisogni per esaltato catabolismo, perdita eccessiva di liquidi e, soprattutto, stress di ogni genere (fatica, sport, ustioni, ferite, fratture, interventi chirurgici, accrescimento, gravidanza, allattamento, senescenza). Lo stress aumenta i fabbisogni di alcuni nutrienti E' ampiamente dimostrato ad esempio che un qualunque stress causa deplezione delle riserve proteiche, calo dell'immunocompetenza e diminuzione dei livelli ematici di potassio, zinco, rame, ferro e vitamina E. L'integrazione delle carenze attraverso la sola alimentazione, specialmente quando questa integrazione deve essere mirata, non è mai molto semplice. Per ottenere una integrazione utilizzando una derrata, ricca nel micronutriente carente, molto sovente è necessario utilizzarne delle quantità esagerate che apportano di conseguenza quantità non desiderate di altri nutrienti. 1

3 Inoltre una sovralimentazione non più equilibrata predispone a disturbi digestivi, ad obesità e a disturbi ossei, sia durante la crescita che in condizioni di mantenimento e nuoce in caso di prestazioni sportive o di stress. E' preferibile in questi casi conservare i nutrienti di base nelle quantità appropriate ed equilibrate e apportare i micronutrienti mancanti mediante una integrazione mirata. La base sulla quale instaurare una integrazione mirata deve essere comunque sempre una razione alimentare equilibrata, che di per sè già garantisca l'apporto in macro e microelementi in grado di soddisfare il fabbisogno normale. L'integrazione mirata deve apportare qualitativamente i micronutrienti consumati al di sopra della norma e apportarli in quantità sufficiente al particolare fabbisogno. Nell'ottica di quanto sopra esposto prendiamo in esame alcuni micronutrienti, la cui importanza nell'alimentazione è stata puntualizzata ultimamente, in modo da chiarirne il meccanismo di azione e l'importanza nel complesso biochimismo dei metabolismi, sia in condizioni normali che in condizioni di emergenza fisiologica. 2

4 CARNITINA La carnitina è chimicamente l'acido ß-idrossi-γ-trimetilammino butirrico. Sono note due forme chirali D e L. Solamente la forma L (levocarnitina) è fisiologicamente attiva mentre la forma D inibisce anche l'utilizzo della forma L. La carnitina è una sostanza naturale fisiologicamente ben presente nelle cellule degli animali, in particolare dei mammiferi, mentre è praticamente inesistente nelle cellule vegetali. La carnitina è contenuta in molti alimenti, in particolare nelle carni rosse, specie se di ovini e caprini, e nei prodotti lattiero caseari; più basso è il contenuto nel pesce in genere. Viene sintetizzata in tutti i mammiferi e, nel caso specifico del cane e del gatto, viene fisiologicamente utilizzata sia la carnitina esogena che quella endogena. L'apporto esogeno di carnitina non ha alcun effetto deprimente sulla sintesi endogena. La carnitina contenuta negli alimenti e quella integrata vengono assorbite a livello intestinale e raggiungono in tre ore il picco ematico, livello che si mantiene poi per circa nove ore. L'eliminazione avviene per via renale in forma immodificata o esterificata. In tutti i mammiferi il riassorbimento renale è del 90%, eccettuato il cane che presenta un riassorbimento renale molto scarso. Questo fatto predispone più facilmente il cane a delle carenze, in caso di aumentato utilizzo di carnitina. La carnitinemia nel cane normale è di 25 mmoli/litro. Non sono stati reperiti dati per il gatto. Una supplementazione orale di carnitina è già rilevabile significativamente a livello ematico a partire da una dose di 7-8 mg/kg/die, se la somministrazione dura almeno 10 giorni. Dopo l'arresto dell'assunzione il ritorno a livelli normali avviene entro sei settimane. Tutti i mammiferi sintetizzano la carnitina a partire dagli aminoacidi lisina e metionina. Per questa sintesi endogena sono indispensabili oltre ai due aminoacidi suddetti anche la vitamina C, la vitamina B6 e ioni ferrosi. La carnitina viene sintetizzata nel rene, nel cervello e nel fegato (nel cane è piuttosto deficitaria la sintesi renale). Il fegato è anche l'organo di deposito della carnitina, da dove viene poi distribuita ai siti di utilizzo. La biosintesi di carnitina nel cane è di 2,9-3 micromoli/kg/die pari a 485 microgrammi/kg/die (circa 0,5 mg/kg/die). I più alti livelli di carnitina vengono riscontrati a livello della muscolatura scheletrica e del miocardio, nei tessuti cioè che utilizzano come principale fonte di energia gli acidi grassi liberi. In condizioni fisiche normali e con una nutrizione adeguata, la quantità di carnitina apportata con la dieta e quella endogena sintetizzata sono sufficienti per il fabbisogno, ma non è raro che si creino situazioni di carenza da apporto nutritivo troppo scarso, da compromissione della sintesi endogena epatica e renale o semplicemente da aumentato fabbisogno. La somministrazione di carnitina in queste situazioni diventa determinante. La carnitina è parte integrante degli enzimi che presiedono al trasporto degli acidi grassi a lunga catena dal citosol al compartimento interno dei mitocondri, dove avviene la loro beta-ossidazione e la successiva trasformazione in energia. CARNITINA il sistema navetta per il trasporto degli acidi grassi a lunga catena all interno dei mitocondri La partecipazione della carnitina a questa tappa del processo di produzione dell'energia si può schematizzare come segue: a) esterificazione dell'acido grasso libero (acile) con il Coenzima A extramitocondriale, per formare l'acil Coenzima A dell'acido grasso a lunga catena; b) trasferimento di questo acile alla carnitina, per formare l'acil-carnitina; c) trasporto del complesso Acil-carnitina attraverso la membrana; d) trasferimento inverso dell'acile dell'acil-carnitina al Co A intramitocondriale. Questo sistema navetta ha l'effetto di tenere separati il pool del Coenzima A extramitocondriale da quello intramitocondriale, con risparmio di quest'ultimo, molto scarso nei mitocondri e nello stesso tempo indispensabile per molte reazioni cataboliche. L'acil Coenzima A dell'acido grasso a lunga cate- 3

5 na diviene poi il substrato del sistema di ossidazione degli acidi grassi. CARNITINA il sistema navetta per il trasporto dall interno dei mitocondri al citosol degli acetili, frutto della degradazione ossidativa di acidi grassi, glucosio, aminoacidi La carnitina partecipa inoltre al trasporto inverso dai mitocondri al citosol dei residui della degradazione metabolica ai fini energetici, e in particolare al trasporto fuori dalla cellula dell'acetil-coenzima A, proveniente dal catabolismo oltre che degli acidi grassi anche del glucosio e di diversi amino acidi e formatosi nei mitocondri per decarbossilazione ossidativa dell'acido piruvico. In tal modo viene mantenuto un corretto rapporto Coenzima A/acetil-Coenzima A, indispensabile per favorire il flusso dell'acetil-coenzima A sia verso il ciclo di Krebs per una ulteriore produzione di energia, sia verso la sintesi endogena di acidi grassi, sia verso la sintesi di importanti acetil derivati quali l'acetilcolina piuttosto che verso la riduzione dell'acido piruvico ad acido lattico. Acido lattico e acidosi metabolica Visto l'importanza che ricopre l'iperproduzione di acido lattico nella modulazione dello stress è opportuno un richiamo alle conseguenze biochimiche di tale situazione. La produzione di acido lattico è una tappa del catabolismo anaerobico degli zuccheri a scopo energetico che va contenuta al massimo possibile; essa è favorita oltre che da particolari situazioni fisiche (anaerobiosi), anche da scarsa disponibilità di vitamina B1. L'acidosi provoca abbassamento del ph a livello muscolare, ove l'acido lattico si accumula prima di raggiungere, anche per diffusione, il circolo ematico; in queste condizioni viene inibita l'attività degli enzimi muscolari, in particolare la ricostituzione dell' ATP. L'acidità eccessiva provoca forte richiamo di acqua intracellulare, comparsa di gonfiore e infiammazione, compromissione dei capillari, rallentamento del microcircolo e peggioramento dell'ossigenazione; il che si traduce a livello clinico in senso di fatica, diminuzione del lavoro muscolare, dolenzia fino a rabdomiolisi e mioglobinuria. La mioglobina, liberata nella lisi muscolare, viene trasportata verso il rene e può formare dei precipitati gelatinosi in loco, con conseguente insufficienza e blocco renale. Non va dimenticato che l'aumento del catabolismo a scopo energetico provoca iperproduzione di calore il che aumenta ancora gli effetti negativi dell'acido lattico. Alla luce di quanto sopra, è facile intuire che in carenza di carnitina si inceppano diverse vie metaboliche che portano alla produzione di energia, e in particolare si inceppa l'utilizzo a scopo energetico degli acidi grassi a lunga catena, con conseguente loro accumulo intracellulare e avvio alla esterificazione piuttosto che all'utilizzo catabolico: questo meccanismo deviato può sfociare nella lipidosi. Il minor utilizzo di acidi grassi spinge verso un maggior utilizzo energetico sostitutivo di carboidrati, con un conseguente ulteriore aumento della produzione di acido lattico. L'acido lattico, a causa dell'eccessiva eliminazione di ioni H+ attraverso gli emuntori, aumenta la perdita renale di calcio e magnesio e inibisce il metabolismo della vitamina D. L'acidosi riduce la gittata cardiaca e incentiva il deficit di ossigeno muscolare, e di conseguenza aumenta ancora la sovrapproduzione di acido lattico (effetto rebound). L'acidosi provoca emolisi (anemia dello sportivo) e riduce l'irrorazione del fegato rallentando la neoglucogenesi. Da quanto detto è abbastanza facile dedurre in quali situazioni può instaurarsi una carenza di carnitina, quali sono gli organi più coinvolti e in quali situazioni parafisiologiche o patologiche può risultare utile una supplementazione. Gli organi più interessati all'utilizzo della carnitina sono il cuore e la muscolatura scheletrica, che metabolizzano per il loro lavoro acidi grassi liberi. Il cuore consuma come substrato energetico per il 30% zuccheri e per il 70% acidi grassi liberi; il muscolo utilizza i due precedenti substrati a seconda che svolga lavori in condizione di anaerobiosi (glucosio) o di aerobiosi (acidi grassi). Non a caso le concentrazioni fisiologiche in carnitina più elevate vengono riscontrate nel cuore e nel muscolo. Più il cuore e i muscoli lavorano e più carnitina utilizzano. 4

6 Una carenza in carnitina si può instaurare anche dopo digiuno specie se protratto, in presenza di diete sbilanciate o povere di proteine fresche, dopo stress di qualunque genere e negli sforzi importanti o prolungati, nonchè nei cuccioli svezzati precocemente. Nel cane è stato rilevato un calo sistematico di carnitina serica del 30% per qualsiasi esercizio sportivo appena impegnativo. Le situazioni di carenza quindi non sono poi così rare, specialmente nel cane, per i motivi sopra accennati. In questi casi risulta utile una supplementazione e una supplementazione previene i gravi danni degenerativi, non sempre immediatamente rilevabili a livello clinico, che può provocare una carenza; in particolare nello sport, specie se particolarmente faticoso, è importante una buona disponibilità di carnitina per favorire l'utilizzo degli acidi grassi piuttosto che degli zuccheri e allontanare le complicazioni dell'acidosi lattica. Quando a scopo energetico vengono utilizzati gli zuccheri, come già detto, la carnitina convoglia l'acido piruvico verso il ciclo di Krebs prevenendo la formazione di grosse quantità di acido lattico. In caso di accumulo di acido piruvico viene invece inibita la latticodeidrogenasi e accumulato acido lattico. La fatica e lo stress, in particolare, sono causa di super lavoro cardiaco e di catabolismo muscolare e una carenza in carnitina devia l'utilizzo come substrato energetico dagli acidi grassi agli zuccheri e alle proteine con conseguente acidosi e deplezione proteica del tessuto muscolare. In terapia poi, la carnitina viene utilizzata come supporto nel trattamento della cardiomiopatia ischemica. Come già detto il miocardio, nelle condizioni ottimali di funzionamento, è un tessuto muscolare a funzionamento tipicamente aerobio con utilizzo a scopo energetico preferenzialmente di acidi grassi. Quando, a causa dell'ischemia, diventa scarso l'apporto di ossigeno e di carnitina, gli acidi grassi non potendo essere normalmente ossidati si accumulano. Tale accumulo risulta tossico per la cellula cardiaca in quanto vengono inibiti tutti gli equilibri e gli scambi a livello della membrana. La carnitina esogena in parte riesce a migliorare l'utilizzo degli acidi grassi e in parte ad incorporarli come acil carnitine, che vengono poi stornate in distretti ancora ossigenati o eliminate con le urine. 5

7 AMINO ACIDI RAMIFICATI BCAA (Branched Chain Amino Acids) Per BCAA si intendono i tre amino acidi con catena carboniosa ramificata: valina, leucina ed isoleucina facenti parte dei nove amino acidi essenziali. - valina - isoleucina - leucina Gli amino acidi essenziali devono essere apportati con la dieta in quantità idonee al fabbisogno, in quanto non sintetizzati dai mammiferi e limitanti. La valina, l'isoleucina e la leucina sono presenti in tutte le proteine animali e vegetali, ma in modeste quantità per cui possono divenire facilmente limitanti. I BCAA rappresentano il 35% degli amino acidi essenziali e il 14% del totale degli amino acidi contenuti nei muscoli; quindi il loro fabbisogno è tutt'altro che trascurabile. I muscoli come è noto sono il deposito organico più importante di proteine metabolicamente attive, in continua fase di degradazione o risintesi, per rispondere ai fabbisogni proteici dei vari apparati e utilizzabili come fonte di energia nei momenti di particolare necessità. Il metabolismo dei BCAA si attua soprattutto a livello del muscolo e in minor misura nel fegato, nel rene, nel cervello e nel tessuto adiposo. I BCAA non rivestono solamente, come gli altri amino acidi essenziali e non, il ruolo di substrati per la sintesi delle proteine, e in seconda istanza quello di substrati energetici (utilizzo che è quantitativamente molto meno elevato rispetto a quello degli zuccheri e dei lipidi), ma esercitano anche una attività regolatrice su tutto il metabolismo proteico stimolando la sintesi proteica e limitando la proteolisi, in ordine a stimoli e situazioni diverse. In particolare la leucina ha un importante ruolo nello stimolare la sintesi proteica della muscolatura scheletrica. Più in particolare la leucina da sola, o la valina e la isoleucina insieme, possono inibire la degradazione e favorire la sintesi delle proteine muscolari. BCAA funzione energetica Come è noto, il catabolismo a scopo energetico degli amino acidi viene utilizzato soprattutto in condizioni di emergenza (denutrizione, digiuno) e in condizioni di sforzo fisico o di stress. In queste condizioni il 10% del consumo calorico totale può avvenire a spese delle proteine. Lo stress violento e gli sforzi intensi provocano anche scariche di catecolamine e sovrapproduzione di cortisolo; quest'ultimo a sua volta accelera il catabolismo anaerobio del glicogeno, aumenta fortemente il catabolismo proteico e gli squilibri elettrolitici. E' stato di recente dimostrato che gli amino acidi utilizzati per primi a scopo energetico in queste condizioni sono in maggioranza BCAA. La quota man mano metabolizzata viene rimpiazzata degradando le proteine ricche di BCAA presenti nel muscolo e in secondo ordine utilizzando gli amino acidi provenienti per via ematica dalla degradazione delle proteine del fegato e in ultimo del rene e del cervello. L'apparato muscolare, sia scheletrico che cardiaco, costituisce perciò una notevole riserva di amino acidi, soprattutto di BCAA, che viene utilizzata a scopo energetico nei momenti di particolare necessità, preservando in tal modo l'integrità di parenchimi più nobili quali rene, fegato e cervello. Dato che la massa dell'apparato muscolare è molto grande rispetto a quella degli altri organi, le reazioni metaboliche che avvengono in questa sede sono quantitativamente molto importanti. Il tessuto muscolare è in grado di ossidare a scopo energetico un buon numero di aminoacidi tra i quali soprattutto i ramificati, leucina isoleucina e valina. Il metabolismo dei BCAA avviene unicamente a livello muscolare; solo i muscoli sono dotati delle transaminasi idonee alla loro desaminazione e alla loro trasformazione nei corrispondenti chetoacidi. Il fegato ha un ruolo primario, ma non esclusivo, 6

8 nella ossidazione energetica di tutti gli aminoacidi non essenziali e degli aminoacidi essenziali non ramificati. BCAA funzione plastica Come già accennato lo sforzo fisico, lo sport, lo stress, i traumi in genere, chirurgici o di altra natura, le fratture, le ustioni, le infezioni e il digiuno modificano profondamente il metabolismo delle proteine aumentandone il catabolismo. La perdita di azoto è abbastanza proporzionale all'entità dello sforzo o del trauma e può giungere fino alla degenerazione dei tessuti a causa dell'utilizzo anche dei componenti proteici della cellula. La fase ipercatabolica dura in caso di lavoro muscolare quanto dura lo sforzo e in caso di traumi anche sei settimane o più dopo il trauma. Il punto di massima escrezione di azoto varia da uno-due giorni dopo un intervento chirurgico, fino ad arrivare a quattro-cinque giorni dopo le fratture. Per rendersi conto di quale entità può essere questa perdita può valere un esempio: una frattura bilaterale degli arti comporta una perdita del 7,7% delle proteine totali dell'organismo, superiore in quantità ponderale al contenuto proteico dell'intero fegato. Anche nelle malattie febbrili, acute e non, si osserva un aumento del catabolismo proteico simile a quello descritto nei traumi. Catabolismo proteico più intenso si osserva anche nelle femmine allattanti e un fabbisogno in amino acidi BCAA aumentato è accertato negli anziani, nell'animale in crescita e in tutti i casi di defedamento. Tra l'altro, gli amino acidi ramificati si sono rivelati estremamente importanti per la formazione delle masse muscolari dei cuccioli in crescita e in particolare negli animali sportivi. Studi recenti hanno dimostrato che la somministrazione di BCAA, nel periodo post-operatorio e posttraumatico, durante infezioni o ustioni, prima, durante e dopo l'esercizio sportivo, in sostanza in tutte le situazioni di stress, riesce ad arrestare e anche a ribaltare il catabolismo proteico aumentando la sintesi proteica sia a livello muscolare che epatico. L'alanina somministrata da sola in questi casi riesce a ridurre le perdite di azoto, ma non influenza positivamente la resintesi delle proteine a livello epatico e muscolare. Ma un altro importantissimo aspetto va tenuto in debita considerazione nel catabolismo dei BCAA. La prima tappa nella degradazione ossidativa dei BCAA a scopo energetico è il distacco del gruppo NH2 in α (sotto forma di ammoniaca) ad opera delle transaminasi. Accettore del gruppo NH2 liberato è l'α-chetoglutarato che viene così trasformato in glutammato. Quest'ultimo ad opera di un'altra transaminasi cede il gruppo NH2 all'acido piruvico trasformandolo in alanina e ripristinando l'α-chetoglutarato. In questo modo vengono bloccati due cataboliti (NH3 e acido piruvico). L'alanina viene avviata dal muscolo al fegato dove servirà come substrato chiave per la sintesi del glucosio (gluconeogenesi). Parte del glutammato poi viene trasformato in glutammina, assorbendo ancora eventuali eccessi di NH3 nel muscolo. Con questi meccanismi gli organismi superiori tendono a recuperare e a riutilizzare l'ammoniaca proveniente dagli amino acidi; una parte dell'ammoniaca sempre sotto forma di glutammato viene avviata come noto alla sintesi dell'urea. Va ricordato che il complesso delle reazioni della degradazione dei BCAA avviene con numerosi interscambi di metaboliti fra muscolo, fegato e cervello, a seconda delle disponibilità di enzimi nei vari distretti, delle necessità energetiche e delle situazioni fisiologiche. Nelle situazioni di digiuno, ad esempio, gli amino acidi ramificati rivestono un ruolo importantissimo in quanto forniscono substrati energetici al cervello preservandone in tal modo l'integrità. Agli interscambi di amino acidi ramificati fra fegato, muscolo e cervello viene attribuita l'azione di potenziamento degli analgesici e di innalzamento della soglia del dolore rilevata dopo somministrazione di BCAA. Va a questo proposito anche ricordato che durante lo stress in genere il maggior consumo di BCAA a livello muscolare è causa di riduzione della concentrazione ematica dei medesimi e di aumento della concentrazione relativa di triptofano. BCAA e triptofano utilizzano lo stesso carrier per attraversare la barriera ematoencefalica, di conseguenza lo squilibrio plasmatico fra i due competitori si traduce in un maggior flusso di triptofano verso le strutture cerebrali e nell aumento di produzione di serotonina, della quale il triptofano è precursore. Come è noto la serotonina è causa di comparsa di affaticamento. 7

9 Riassumendo: I BCAA vengono captati dal circolo ematico preferenzialmente da parte dei muscoli scheletrici e dal cuore e utilizzati: 1) per la biosintesi delle proteine delle masse muscolari 2) in caso di necessità, quando le altre fonti energetiche sono esaurite o interviene una difficoltà di mobilizzazione dei substrati energetici normali (glucidi e grassi), i BCAA vengono ossidati a scopo energetico a livello muscolare con produzione oltre che di energia anche di alanina (nuovo substrato energetico) e di glutammina 3) a scopo plastico ed energetico a livello celebrale. 8

10 LISINA - METIONINA - ALANINA - ARGININA - ACIDO ASPARTICO Nei casi in cui si presuppone una carenza o un fabbisogno in carnitina più elevato del normale, è importante una sua supplementazione, ma è pure importante mettere a disposizione dell'organismo i due amino acidi indispensabili per la sua sintesi, cioè la lisina e la metionina. Lisina e Metionina precursori della Carnitina Se si supplementa molta carnitina, la parte in eccesso, rispetto all'utilizzo immediato, può venire eliminata, per cui risulta più utile una somministrazione moderata, accompagnata dalla somministrazione contemporanea degli amino acidi indispensabili per sintetizzarla. La supplementazione in metionina è importante, come già detto in altro capitolo, per il ruolo che questo amino acido riveste come metilante e precursore della S-adenosilmetionina. Amino acidi precursori della Creatina Fra gli amino acidi poi, una particolare attenzione merita anche l'arginina per il ruolo che riveste nella gestione dello stress. Anzitutto l'arginina è l'amino acido indispensabile per la sintesi della creatina, substrato energetico della contrazione muscolare e tampone fisiologico del ph acido conseguente la produzione muscolare di acido lattico. La creatina, sotto forma di fosfocreatina, è il magazzino energetico dell'atp; essa si accumula a concentrazioni elevate nel cuore e nei muscoli scheletrici, dove ha il compito di rigenerare rapidamente l'atp defosforilato nel lavoro muscolare. La creatina viene sintetizzata nel fegato a partire da tre amino acidi, arginina, metionina, glicina, secondo il seguente schema: l'arginina trasferisce il suo amino gruppo alla glicina per formare l'acido guanidinacetico che viene irreversibilmente metilato dalla metionina tramite la S-adenosilmetionina. Una parte del fabbisogno quotidiano in arginina (circa 30 mg/kg) proviene dalla sintesi epatica; l'altra parte dall'alimentazione (carni). Necessitano di dosi quotidiane di arginina molto maggiori e di eventuali supplementazioni gli animali da lavoro e quelli in accrescimento, i convalescenti, gli animali anziani e tutti quelli con funzionalità epatica deficitaria, in quanto ne hanno un maggior utilizzo. La glicina, che partecipa pure alla sintesi della creatina, è uno degli amino acidi più ampiamente rappresentato nelle proteine, per cui la sua carenza è praticamente impossibile anche in situazioni di maggiore utilizzo. Amino acidi con particolari destini metabolici L'arginina è parte integrante di particolari proteine specifiche, quali le proteine plasmatiche, l'emoglobina e i fattori di coagulazione. Inoltre è la molecola chiave nel ciclo dell'urea, ben nota in terapia, unitamente all'acido aspartico e alle vitamine del gruppo B per il trattamento delle iperammoniemie di qualunque origine. Durante gli sforzi o gli stress la produzione di ammoniaca aumenta oltre che per il catabolismo degli aminoacidi, anche per la desaminazione dell'amp. Se i meccanismi di detossicazione del catabolita ammoniaca non sono perfettamente efficienti o se sono carenti gli amino acidi coinvolti nel ciclo dell'urea, la cattura dell'ammoniaca nei processi catabolici che coinvolgono le proteine, diventa insufficiente. Carenze di arginina, ma anche di acido aspartico, possono costituire fattori limitanti nel processo di eliminazione dell'ammoniaca. Si ritiene infatti, che il maggior fattore limitante nelle reazioni di catalisi enzimatica in condizioni fisiologiche sia la concentrazione del substrato specifico utilizzato da ciascun enzima; di conseguenza una disponibilità del substrato specifico, in questo caso l'arginina e l'acido aspartico, sblocca e aumenta la velocità di reazione. Nel caso del ciclo dell'urea, l'aggiunta dei substrati enzimatici coinvolti, arginina e acido aspartico, comporta un aumento dell'eliminazione dell'ammoniaca come urea. Dell'acido aspartico è nota pure l'attività anti-fatica dovuta al suo effetto accelerante la resintesi della fosfocreatina e all'azione ripolarizzante degli ioni potassio e magnesio. E' documentato, con la somministrazione di acido aspartico, l'aumento dell'ampiezza delle contrazioni cardiache e il ripristino del normale funzionamento del cuore in caso di anossia. Infine l'acido aspartico viene degradato ad acido os- 9

11 salacetico che si trasforma in glucosio. In tal modo viene effettuato un risparmio del consumo di glicogeno. L'alanina è un amino acido glicogenetico, anzi il più glicogenetico degli amino acidi. Si forma nel muscolo da due cataboliti, l'acido piruvico e l'ammoniaca proveniente dalla desaminazione degli amino acidi ramificati. Da questa reazione discende la sua importanza per la rimozione di entrambi questi cataboliti. Nel fegato, con una reazione esattamente inversa, attraverso l'acido α-chetoglutarico, viene trasformata in acido glutammico e in acido piruvico che accede alla gluconeogenesi. La gluconeogenesi e quindi la maggior biodisponibilità di glucosio da utilizzare, rallenta l'utilizzo delle proteine muscolari a fini energetici. 10

12 VITAMINA B1 - B2 - B6 - B12 - ACIDO PANTOTENICO (calcio pantotenato) Le vitamine elencate sono comunemente note come vitamine del gruppo B o vitamine idrosolubili. E' ben noto che esse non possono venire immagazzinate come riserva, e pertanto l'assunzione, per fronteggiare le esigenze metaboliche, deve essere praticamente continua e quantitativamente adeguata ai consumi. Studi recenti hanno messo in evidenza che occorrono circa sei mesi di nutrizione carente prima che compaiano sul piano clinico segni conclamati e specifici di carenza di una delle vitamine idrosolubili. Fin dai primi giorni di dieta carente, ha però inizio, dopo una rapida desaturazione tessutale, una compromissione del metabolismo cellulare specifico, rilevabile già a livello biochimico; a questa fa seguito una seconda fase in cui la sofferenza cellulare affiora a livello clinico con segni di malessere generico (astenia in particolare) che si aggrava man mano, fino a giungere alle manifestazioni conclamate e specifiche della carenza. Sul piano pratico è estremamente improbabile che gli animali domestici possano essere esposti ad una privazione di vitamine per un periodo di tempo tanto lungo da giungere a delle vere e proprie carenze. Questo però non rassicura sulla possibile comparsa delle situazioni di subcarenza. Sarebbe opportuno circa la possibilità di soddisfare i fabbisogni in vitamine attraverso l'alimentazione, ricordare che le vitamine idrosolubili, in particolare la vitamina B1 e B6, sono chimicamente molto fragili e la loro conservazione negli alimenti è negativamente influenzata da molti fattori (stress termici, temperatura e tempo di conservazione, presenza di umidità e di tracce di metalli pesanti) e che ben poco si può seriamente fare per proteggerle effettivamente da tali degradazioni. Esami di laboratorio mirati hanno messo in evidenza che le situazioni di subcarenza sono molto frequenti e più numerose di quanto si ritenga. Purtroppo queste situazioni subcarenziali non vengono diagnosticate, sia perchè rimangono a livello subclinico sia perchè manca l'orientamento diagnostico in tale direzione, a causa della scarsa attenzione che si presta alla situazione vitaminica; in più è diffusa convinzione che l'apporto alimentare sia sempre adeguato e sufficiente. Le carenze inapparenti, se non prontamente corrette, conducono irrimediabilmente alla deplezione delle scarse riserve, con conseguenti lesioni biochimiche, seguite poi dalle lesioni cliniche. Quando le lesioni biochimiche sono instaurate, per rimediare ai danni, non è più sufficiente un apporto di integrazione ma diventa necessario un apporto farmacologico di vitamine. Ricerche americane condotte nell'uomo hanno evidenziato che nel 20% dei casi di morte per arteriosclerosi o per insufficienza cardiaca l'esame istopatologico ha evidenziato lesioni tipiche da carenze di vitamina B1 (beri - beri). Le subcarenze vitaminiche sono difficilmente diagnosticabili a livello clinico se non si è convinti che queste siano possibili anche con i sistemi attuali di nutrizione. Va inoltre tenuto in evidenza, che, in condizioni di fabbisogno normale, una subcarenza transitoria di qualche vitamina se di lieve entità può avere scarsa rilevanza sul piano biologico. Se questo però si verifica in condizioni di aumentato fabbisogno (crescita, situazioni parafisiologiche, malattia, stress, sport) le carenze, pur rimanendo confinate solo a livello biochimico, diventano responsabili di inconvenienti non trascurabili e talvolta irreversibili anche a livello clinico, quali ritardi della crescita, difficoltà di recupero dopo malattie, dopo sforzo o dopo stress, problemi immunitari e difficoltà di raggiungere una forma adeguata nell'animale atleta. Vitamine ed enzimi metabolici Sarebbe troppo lungo anche solo accennare a tutte le funzioni fisiologiche che esplicano le vitamine idrosolubili; basterà tenere presente che esse ricoprono un ruolo riconosciuto e determinante nel metabolismo glucidico, lipidico e protidico e nel corretto funzionamento dei meccanismi cellulari per la produzione di energia, pertanto il loro corretto apporto non può mai essere trascurato. Data poi la stretta interdipendenza fra le vitamine del gruppo, una carenza o un aumentato fabbisogno di una di esse può ripercuotersi negativamente sull'equilibrio dell'intero gruppo. Raramente sono riscontrabili avitaminosi singole, solitamente le carenze sono riconducibili all'intero gruppo. Tutti gli stress comportano una diminuzione del tasso ematico ottimale di vitamine, di conseguenza nelle situazioni di stress o di lavoro più o meno intenso il fabbisogno aumenta da due a cinque volte. Una carenza o una subcarenza di vitamina B1 favorisce l'acidosi lattica; una sua biodisponibilità normale è determinante per l'ingresso degli acidi tricarbossilici nel ciclo di Krebs. 11

13 Una buona biodisponibilità di vitamina B2 e zinco per contro attiva il catabolismo dell'acido lattico. La vitamina B6 sotto forma di piridossalfosfato, è il gruppo prostetico di molti enzimi coinvolti nel metabolismo degli amino acidi (racemasi, liasi, sintetasi, decarbossilasi, transaminasi). La vitamina B12 ha un'importanza determinante nell'eritropoiesi ed è un cofattore limitante nelle reazioni enzimatiche di isomerizzazione e transmetilazione. L'integrazione in vitamina B12, unitamente ad una supplementazione della quota proteica, è in grado di prevenire l'anemia da stress soprattutto nel cane sportivo. L'acido pantotenico è parte integrante del Coenzima A, il quale, come è noto, riveste un ruolo determinante nel trasporto dei gruppi acile in tutte le reazioni enzimatiche di acetilazione e conseguente ossidazione degli acidi grassi a scopo energetico, nella sintesi endogena degli acidi grassi ed è particolarmente importante nello stress e negli stati di superlavoro per la trasformazione dell'acido piruvico in acetil coenzima A per convogliare questo acido nel ciclo di Krebs. Carenze anche piccole di acido pantotenico hanno come conseguenza diretta carenze di Coenzima A. Il Coenzima A è pure indispensabile per la sintesi degli steroidi il cui ruolo è determinante nella fatica e nello stress. Da questi presupposti è facile dedurre quanto possa essere variabile il fabbisogno in acido pantotenico; in condizioni di sforzo può essere anche mille volte più grande che in condizioni normali. Va anche precisato che gli stress di qualunque genere comportano una diminuzione del tasso ematico di vitamine e anche un calo di immunocompetenza in buona parte correlato. In pratica tutte le vitamine del gruppo B sono coinvolte con la vitamina C e l'acido pantotenico nei processi immunologici sia umorali che cellulari. Carenze di vitamina A, B1, B2 e biotina influenzano negativamente la formazione di anticorpi, influenza che si aggrava ulteriormente se la carenza è estesa alla vitamina B6 e all'acido pantotenico. Da quanto esposto, le vitamine del gruppo B, nelle condizioni di stress, dovrebbero essere sempre integrate se non altro per motivi di sicurezza, vista anche la completa innocuità di un eventuale somministrazione al di sopra del fabbisogno e dell'utilizzo. 12

14 VITAMINA C - SELENIO - VITAMINA E Contrariamente a tutte le altre vitamine che svolgono le loro funzioni come coenzimi attivanti funzioni biologiche vitali, non è noto alcun sistema enzimatico che utilizzi la vitamina C come coenzima. Le funzioni fisiologiche della vitamina C sono connesse unicamente all'elevato potenziale redox della sua molecola che si trasforma, facilmente e in modo reversibile, da acido ascorbico ad acido deidroascorbico, fungendo contemporaneamente da accettore o donatore di H+. Tale funzione si esplica a livello di moltissimi sistemi metabolici in cui sono coinvolti meccanismi di ossido riduzione a livello di organi, di tessuti e soprattutto a livello cellulare. Valga per chiarire meglio il concetto l'esempio dell'idrossilazione enzimatica (vitamina C dipendente) della prolina ad idrossiprolina nella genesi del collagene: la vitamina C fornisce al sistema enzimatico specifico gli elettroni per la trasformazione della prolina, già concatenata nelle catene polipeptidiche, in idrossiprolina trasformando le catene polipeptidiche in collagene. Nel caso particolare dello stress è noto il coinvolgimento degli ormoni corticosurrenali e le inter-relazioni fra aumentata escrezione di ormoni corticosurrenali e maggior utilizzo di vitamina C a livello del surrene. Si ritiene che l'acido ascorbico partecipi alla idrossilazione degli steroidi, nonchè alla trasformazione della dopamina in noradrenalina ed è ampiamente noto e dimostrato l'abbassamento dei livelli plasmatici e tissutali di vitamina C nella fatica e nello stress. Come trasportatore di elettroni, la vitamina C partecipa al metabolismo del ferro, accelerandone l'incorporazione nella ferritina e il conseguente assorbimento nell'intestino. La vitamina C partecipa alla biosintesi della carnitina e ne è limitante; basti pensare al proposito, che è sufficiente una diminuzione del 15% dell'apporto in vitamina C rispetto al fabbisogno, per rilevare in circolo valori di carnitina dimezzati. A livello immunitario, la vitamina C è determinante nell'attivazione e nel mantenimento della funzione dei fagociti e la proliferazione dei linfociti è direttamente correlata ai livelli ematici di vitamina C. La vitamina C è indispensabile sia per l'assorbimento intestinale del selenio che per la sua trasformazione in glutation-perossidasi; e, pur svolgendo effetto protettivo antiossidante nei liquidi extracellulari, non protegge nè gli animali nè l'uomo dalle conseguenze patologiche della carenza di selenio e di vitamina E. Nasce da questo presupposto la considerazione che l'azione ossidoriduttiva della vitamina C è strettamente collegata alle pari funzioni sia del selenio che della vitamina E. Il selenio è parte integrante della glutation-perossidasi, enzima che interviene direttamente nella riduzione dei perossidi e pertanto di fondamentale importanza nella protezione dalla perossidazione dell'emoglobina e dei lipidi insaturi di membrana. Detto enzima è localizzato nel citosol, nei mitocondri e in molti fluidi organici. Le più elevate attività in glutation-perossidasi si rilevano nel fegato e negli eritrociti. Selenio - Vitamina E - Vitamina C radicali liberi La glutation-perossidasi è soprattutto un meccanismo determinante di difesa delle cellule dallo stress ossidativo prodotto dai radicali liberi dell'ossigeno (O _ ), che vengono normalmente generati a livello mitocondriale nei normali processi enzimatici catabolici per la produzione di energia. Più elevato è il catabolismo, più elevata sarà la produzione di radicali liberi e più elevata sarà la richiesta di selenio. Non va dimenticato, che i radicali liberi possono agire da iniziatori del processo di perossidazione dei lipidi insaturi delle biomembrane, innescando una catena di reazioni che nella fase terminale produce anche aldeidi, tossiche per il genoma. La lipoperossidazione viene ritenuta, in parte, responsabile dell'invecchiamento e dello sviluppo di molte malattie degenerative, tra le quali la degenerazione ialina, la calcificazione della fibra muscolare e lo sviluppo di neoplasie. Per carenze di selenio e di vitamina E vengono descritte alterazioni della resistenza del sarcolemma con fuoriuscita intracellulare degli enzimi litici d'origine liposomiale, che, attivati dall'acidità, possono provocare denaturazione delle proteine cellulari e portare a necrosi. La protezione totale dalla perossidazione dei costituenti cellulari viene comunque svolta dall'azione combinata di selenio, vitamina E, vitamina C. E' stato dimostrato, che la supplementazione contemporanea di vitamina E, vitamina C e selenio previene i danni al DNA causati da ossidazioni nel caso di stress gravi e di sforzi estremi. Selenio e vitamina E neutralizzano entrambi i radicali liberi O _ però con meccanismi diversi. 13

15 La glutation-perossidasi riduce il perossido di idrogeno e i vari perossidi organici in ambiente acquoso, mentre la vitamina E cede all'ossigeno radicali idrogeno, trasformandosi per tale ossidazione in semichinone rapidamente metabolizzabile; inoltre le selenio glutation perossidasi sono presenti nel citosol ed agiscono quindi in ambiente acquoso come la vitamina C, mentre la vitamina E, lipofila, agisce in prossimità dei fosfolipidi di membrana. E' comunque nota un'azione reciproca di surroga e di risparmio tra vitamina C, vitamina E e selenio. E' evidente da quanto sopra, che, per la protezione dai radicali liberi è indispensabile la presenza dei tre antiossidanti, in quanto ognuno di essi è insostituibile in buona parte delle sue funzioni. Selenio e vitamina E interferiscono inoltre nella regolazione del metabolismo dei carboidrati, nel metabolismo dell'eme, nella coagulazione del sangue, nella regolare formazione di prostacicline e non ultimo nella biosintesi delle prostaglandine. Una carenza di selenio ha un potenziale effetto inibente sullo sviluppo e sulle funzioni del sistema immunitario. Il selenio stimola la formazione degli anticorpi IG da parte dei linfociti B e il suo effetto è sinergico con quello delle vitamine E e C; questa azione diventa però negativa se la dose di selenio è troppo elevata, cosa che non avviene per le vitamine E e C. Anche le risposte immunitarie di tipo cellulare, mediate dai linfociti T, vengono potenziate da livelli di selenio nella dieta appena superiori a quelli normali, mentre una carenza di selenio nella dieta compromette le funzioni immunitarie dei linfociti. La selenio-glutation-perossidasi è localizzata nei lisosomi delle cellule fagocitarie (macrofagi e neutrofili) pertanto un insufficiente apporto di selenio interferisce con le funzioni di questi elementi cellulari (un rilascio di ossigeno libero ha effetti distruttivi sulle delicate strutture delle cellule fagocitarie). Non ultimo una corretta integrazione di vitamina E, vitamina C e selenio nella dieta del cane che pratica sport, specie se impegnativo, previene l'emolisi e l'anemia da sforzo. 14

16 DIMETILGLICINA La dimetilglicina, altrimenti denominata acido panganico o vitamina B15, è un principio attivo fisiologico, prodotto, in situazioni normali, dall'organismo animale sano. Essa viene classificata come sostanza vitamino-simile tipo la colina, l'inositolo, l'acido para-amino benzoico, l'acido orotico. E' normalmente presente nelle carni e nei semi di cereali, anche se in quantità bassissime in quanto a livello biologico è un metabolita molto attivo ed instabile, rapidamente trasformabile in altri derivati della catena metabolica. La dimetilglicina è considerata un serbatoio di gruppi metilici ad alto potenziale per i processi di transmetilazione. In particolare, può metilare la omocisteina in metionina, precursore della S-adenosilmetionina, il donatore universale di gruppi metilici nelle numerose reazioni biologiche di transmetilazione che portano alla formazione tra l'altro di adrenalina, noradrenalina, fosfatidilcolina, colina, ergosterolo, vitamina B12, glutatione, coenzima A e creatina. Le sintesi della creatina e della fosfocreatina avvengono con i seguenti passaggi: colina, serina), coinvolti nella funzionalità del sistema nervoso, per cui la sua biodisponibilità tende a migliorarne le funzioni. La dimetilglicina quando cede i suoi gruppi metilici si trasforma in glicina. Vista la sua importanza nei processi di transmetilazione non stupisce che alla dimetilglicina venga attribuita la possibilità di intervenire come sbloccante in tutti i metabolismi e nelle biosintesi che implicano il trasporto di metili (biosintesi di ormoni, in particolare quelli della corteccia surrenale, di neurotrasmettitori, di acidi nucleici, di anticorpi, di enzimi) e pertanto la possibilità di sostenere in condizioni di stress le funzioni epatiche, surrenali e pancreatiche sottoposte a superlavoro. Da questi presupposti è nato l'ampio utilizzo che viene fatto attualmente della dimetilglicina soprattutto in USA, sia in medicina dello sport che in tutte le situazioni di stress. Omocisteina + dimetilglicina metionina metionina + ATP S-adenosilmetionina S-adenosilmetionina + acido guanidinacetico = CREATINA CREATINA + ATP = fosfocreatina La S-adenosilmetionina è anche il precursore del gruppo SH del glutatione, il tripeptide che regola l'attività degli enzimi della glicolisi, nonchè la sintesi delle prostaglandine. Lo stress è causa di deplezione di glutatione nel fegato, organo preposto alla gluconeogenesi, sintesi attraverso la quale l'organismo smaltisce e recupera sotto forma di glicogeno parte dell'acido lattico prodotto in eccesso. Da ciò è facile dedurre quanto sia importante una buona disponibilità di metionina e di S-adenosilmetionina nel ridurre i tassi di acido lattico in condizioni di stress. La S-adenosilmetionina è soggetta a cali fisiologici nell'invecchiamento. La dimetilglicina è anche il precursore di diversi amino acidi ed amino alcoli metilati (etanolamina, 15

17 ALCOLI GRASSI - OCTACOSANOLO L'octacosanolo è un alcool alifatico a struttura lineare con 28 atomi di carbonio, presente, insieme ad altri alcoli con numero inferiore o superiore di atomi di carbonio (C24 - C26 - C30), nell'olio di germe di grano, nello zucchero di canna, nell'olio di pere-avocado e soprattutto nella frazione cerosa della granella di cereali e nelle cere della buccia di mele e di altri frutti e nella cera carnauba. L'octacosanolo è entrato da pochi anni a far parte delle sostanze nutritive dotate di attività particolari, e questo, da quando è stato possibile ottenerne dei concentrati puri. Scoperto in Giappone, è stato anche molto studiato negli Stati Uniti, in particolare dal gruppo di ricercatori del Prof. Cureton dell'università dell'illinois. L'octacosanolo, come tutti gli alcoli facenti parte delle cere, non presenta problemi di tossicità. Dopo ingestione si distribuisce in tutto l'organismo, si accumula nei muscoli dove viene immagazzinato per essere poi utilizzato durante l'esercizio fisico. All'octacosanolo viene anche riconosciuta una notevole attività antinfiammatoria, certamente non inopportuna nelle situazioni di stress. Mobilizzazione degli acidi grassi In presenza di octacosanolo nel muscolo, ottenuta mediante la somministrazione di integratori per via orale, è stata rilevata una maggiore lipolisi e quindi un aumento della mobilizzazione degli acidi grassi dal grasso cellulare rispetto ai controlli e quindi una disponibilità maggiore di acidi grassi per la combustione a scopo energetico; contemporaneamente aumenta anche la tollerabilità alle diete ricche in lipidi. L'octacosanolo facilita e stimola pertanto la conversione dei lipidi in energia. Con la somministrazione di octacosanolo diminuisce la concentrazione ematica di trigliceridi e aumenta la concentrazione serica di acidi grassi liberi. E' il veicolatore intracellulare del colesterolo di cui effettua il trasporto, sia attraverso la membrana cellulare che attraverso la parete dei mitocondri. A sua volta l'octacosanolo, come tutti gli alcoli, viene utilizzato come donatore di idrogeno e bruciato a livello cellulare per produrre energia. Numerosi lavori scientifici dimostrano che con la somministrazione di octacosanolo aumenta notevolmente la performance fisica e l'utilizzo dell'ossigeno, il che si traduce in pratica in una migliore resistenza alla fatica, in una tolleranza maggiore e in un migliore recupero nello stress. 16

18 OLIGOELEMENTI MAGNESIO Il magnesio è un macroelemento con una duplice funzione fisiologica: 1) plastica - il 60% del magnesio organico si trova nelle ossa sotto forma di fosfato di magnesio. Insieme al calcio e al fosforo è un costituente fondamentale dello scheletro. 2) sistemica - il 10-15% del magnesio è distribuito come ione nei vari fluidi organici; il 25-30% si trova nel tessuto muscolare dove interviene sia come modulatore degli impulsi nervosi che come mediatore della contrattilità muscolare. Il magnesio è anche il modulatore dei potenziali elettrici di membrana e il regolatore dei canali ionici, dove interagisce con sodio, potassio e calcio, nel mantenimento dell'omeostasi. La presenza in circolo di questo ione a concentrazioni ottimali, ha un'importanza vitale e determinante nell'economia della cellula. Il magnesio partecipa alla regolazione della capacità e della ritmicità di contrazione e decontrazione della cellula e facilita il rilascio dell'ossigeno nelle cellule muscolari in attività. La carenza di magnesio a livello cellulare è un fattore della instabilità reattiva neuromuscolare. Il rapporto fra magnesio intracellulare ed extracellulare è di 10:1. Il magnesio svolge inoltre un ruolo determinante e molto complesso quale cofattore di molte reazioni enzimatiche tra cui quelle dell'atp-asi, che tanta importanza rivestono nella produzione di energia. Il fabbisogno quotidiano di magnesio è di 10 mg/kg p.v. sia nel cane che nel gatto e viene coperto adeguatamente sia da una buona dieta casalinga, sia da cibi industriali che contengano da 0,5 a 1 grammo (dose massima) di magnesio biodisponibile per Kg di mangime secco nel gatto e da 0,5 a 1,5 grammi di magnesio biodisponibile per Kg di mangime secco nel cane. I l rispetto di questa norma espone però con più facilità il gatto, ma soprattutto il cane, a carenze di magnesio quando intervengono delle situazioni in cui aumenta la deplezione. Una perdita di magnesio superiore al normale (perdita di elettroliti per qualsiasi causa: aumento della temperatura corporea, sudorazione, stress, lavoro muscolare, diarrea), anche se non rilevabile a livello serico, è sempre causa di deplezione di magnesio Cause di deplezione intracellulare e, a sua volta, causa di una serie di scompensi nei processi di autoregolazione della cellula. Le conseguenze sono: astenia generalizzata, irritabilità, depressione, tachicardia, crampi, spasmofilia, aumento del catabolismo proteico. In particolare nei cani sottoposti a sforzi e fatiche, la carenza di magnesio è anche all'origine della lassità dei tendini. D'altra parte durante lo sforzo o lo stress, specie se prolungato, la magnesiemia si riduce e in particolare diminuisce la concentrazione del magnesio intramuscolare. Se in queste situazioni il magnesio non è adeguatamente disponibile, si attiva un intenso catabolismo proteico muscolare, causa di una sovrapproduzione di calore e di un dispendio sproporzionato di energia. In questi casi una integrazione quantitativamente ben controllata è necessaria. Naturalmente non è opportuno eccedere continuativamente con il magnesio nella dieta, per evitare problemi di calcolosi renale, problemi che per altro si manifestano con una certa frequenza solo per concentrazioni continue nell'alimento secco superiori allo 0,15% nel cane e allo 0,1% nel gatto. Nel caso di fabbisogni aumentati di magnesio è sufficiente una integrazione che apporti da un terzo ad una metà del fabbisogno. Tale integrazione non può creare alcun problema renale. FERRO Pur rappresentando solo lo 0,05% del peso corporeo, il ferro è indispensabile alla vita. Il 60% del ferro organico è presente quale principale costituente dell'emoglobina, il 20% come costituente della mioglobina, il 15-16% è legato alla ferritina e alla emosiderina, proteine che costituiscono il deposito di riserva del ferro. La rimanente quota è legata alla proteina transferrina deputata al trasporto del ferro ai depositi di riserva e ai diversi enzimi cellulari indispensabili alla vita, quali alcune desaturasi, i citocromi, le catalasi e le perossidasi che gestiscono i complessi processi ossido-riduttivi per l'utilizzo dell'ossigeno e la generazione di energia a livello cellulare. Il ferro è parte integrante della molecola dei cromoprotidi pirrolici, pigmenti respiratori animali quali l'emoglobina e la mioglobina. La presenza di adeguati livelli di ferro è determi- 17

19 nante per il funzionamento ottimale dell'apparato immunitario. Qualunque stress, specie se prolungato, porta ad una diminuzione del tasso ematico di ferro e questo calo diventa più rilevante se è accompagnato da perdita di emazie, specie se elevata. Il fabbisogno di ferro, nel gatto e nel cane, è di 1,3-1,5 mg/kg/die e di solito è ben coperto dalla alimentazione, sia industriale che casalinga, se ben equilibrata. I microelementi metallici hanno effetto benefico soltanto se assunti a dosi fisiologicamente gestibili, cioè quando possono circolare nel sangue legati alle loro proteine specifiche. A dosi più elevate, se circolano liberi e ionizzati, esercitano effetti proossidanti negativi; per questo motivo non è opportuna una assunzione continuativa oltre ai limiti del fabbisogno. Il fabbisogno in ferro in situazioni di stress o di superlavoro viene calcolato da due a tre volte quello normale. Mentre un eccesso di ferro abituale nella dieta può portare a seri disturbi, specialmente a carico dell'apparato gastroenterico e del cuore, una supplementazione equilibrata nei periodi di necessità è raccomandabile, specie se accompagnata dall'assunzione di acido ascorbico che ne facilita l'assimilazione. ZINCO Stress e fabbisogni Costituente di 70 sistemi enzimatici Lo zinco è un oligoelemento costituente essenziale di numerosi sistemi enzimatici (circa settanta), tra i quali, le lacticodeidrogenasi (LDH) e le fosfatasi sono particolarmente importanti negli stati di stress e di fatica di cui ci stiamo occupando. Lo zinco è coinvolto nella stabilità delle membrane cellulari in quanto impedisce la perossidazione dei fosfolipidi di membrana; interviene nei processi di riparazione delle ferite, nel processo di assorbimento delle vitamine A e D e nel complesso meccanismo delle difese immunitarie, principalmente per quanto riguarda l'immunità cellulo-mediata. Lo zinco viene immagazzinato nel fegato e l'abbassamento della zinchemia a riposo è un corretto indicatore della carenza di zinco. Una deplezione di zinco più elevata del normale è stata documentata, sia nel cane che nel gatto, in tutti gli stati di stress e di fatica; deplezione dovuta principalmente ad una attività intensa della LDH. Una perdita urinaria di zinco superiore alla norma è sempre associata ad un catabolismo intenso di proteine e alla perdita di liquidi di qualunque origine (sudorazione e traspirazione). Un fabbisogno di zinco molto più elevato del normale è documentato nei processi riparativi delle ferite e delle ustioni. Di recente è stato documentato nell'uomo un incremento importante della zincuria e un significativo calo dello zinco plasmatico ed eritrocitario nelle cardiomiopatie dilatative e nelle cardiomiopatie ipertrofiche. Il deficit di zinco sia primitivo che secondario causa marcate alterazioni strutturali e funzionali del miocardio. La cardiomiopatia dilatativa, specie nel soggetto anziano, viene considerata una malattia miocardica, da o con deficit primitivo o secondario di zinco. La somministrazione di zinco viene presa comunque in considerazione come terapia patogenetica delle cardiomiopatie. Anche per lo zinco una supplementazione continua con dosaggio molto oltre il normale fabbisogno, è deleteria in quanto può interferire nel delicato equilibrio tra macro e microelementi. Nelle situazioni di maggiori perdite una supplementazione è invece indispensabile, sia per prevenire la comparsa di immunodeficienze (molto strettamente correlate alle carenze di zinco, tenuto anche presente che lo stress di per sè porta ad un calo dell'immuno-competenza) sia per garantire una situazione di massima efficienza dei sistemi enzimatici zinco-dipendenti, in particolare dell'enzima LDH, direttamente coinvolto nel metabolismo dell'acido lattico, prodotto in quantità maggiore sia nello stress che nella fatica muscolare. E' dimostrato tra l'altro che, anche nei casi di non carenza, una supplementazione di zinco influenza positivamente la resistenza alla fatica e allo sforzo muscolare. Questa supplementazione ottimale viene valutata in 2-3 volte il fabbisogno. Il fabbisogno secondo NRC è per il cane di 1,1 mg/kg/die e per il gatto di 0,5 mg/kg/die. 18

20 CROMO Il cromo è un microelemento molto meno studiato e noto rispetto agli altri, mentre studi recenti sul metabolismo degli zuccheri hanno messo in evidenza uno stretto legame tra aumento del metabolismo del glucosio e aumento della deplezione di cromo. Il cromo è presente nelle cellule animali essenzialmente nel nucleo, nei mitocondri e nei microsomi. Nella vita delle cellule riveste un ruolo determinante, per quanto riguarda il metabolismo dei lipidi e soprattutto degli zuccheri. La carenza di cromo determina turbe importanti nell'utilizzo di queste due categorie di nutrienti e un insufficiente apporto di cromo è stato collegato alla comparsa di diabete e di alcune malattie cardiocircolatorie. Per contro una supplementazione di cromo aumenta nei diabetici gli effetti dell'insulina. Il cromo è ritenuto, in campo umano e anche animale, il microelemento con più elevate possibilità di carenza. Studi recenti hanno posto in evidenza che il 90% della popolazione americana è carente di cromo. Questa carenza è stata messa in relazione ai processi di trattamento delle derrate. Non sono noti studi analoghi per il cane e il gatto. Per queste due specie il cromo non viene abitualmente integrato neanche nei mangimi industriali; comunque gli alimenti che lo contengono naturalmente (vino, birra, lievito di birra, asparagi, formaggio, tuorlo d'uovo, pepe nero, prugne, noci, funghi, cereali interi), eccetto i cereali, non sono certo alimenti utilizzati abitualmente per cani. E' comunque dimostrato, anche per queste due specie, che il cromo è un fattore limitante nell'accrescimento e che la deplezione aumenta, per un'aumentata escrezione urinaria, in tutte le situazioni in cui aumenta il catabolismo degli zuccheri e dei grassi, e pertanto in queste situazioni una supplementazione di cromo pari al fabbisogno (3-5 mcg/kg) è quanto mai necessaria. Con la deplezione di cromo aumenta l'intolleranza al glucosio mentre aumentano i livelli serici di colesterolo. E' stato dimostrato sperimentalmente, sia nell'uomo che negli animali, che la somministrazione di cromo abbassa il tasso di colesterolo totale con contemporaneo aumento relativo del colesterolo HDL. Va precisato che il cromo con un ruolo fisiologico è il cromo trivalente, mentre il cromo esavalente, dotato di una tossicità molto maggiore, viene utilizzato solo dopo riduzione a cromo trivalente. La riduzione, che avviene a livello gastrico, è però molto scarsa e lenta. Per le integrazioni viene utilizzato unicamente il cromo trivalente possibilmente sotto forma di chelato. Fattore limitante della crescita 19

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