PER UNA PASTORALE DI ACCOGLIENZA DEI DIVORZIATI RISPOSATI CIVILMENTE

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1 DIOCESI DI UGENTO - S. MARIA DI LEUCA fhfhf PER UNA PASTORALE DI ACCOGLIENZA DEI DIVORZIATI RISPOSATI CIVILMENTE Nota Pastorale del Vescovo Vito De Grisantis ñóò Ugento, gennaio 2010

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3 Nota Pastorale del Vescovo Vito De Grisantis fhfhf SITUAZIONE l. La realtà dei divorziati risposati civilmente è sempre più presente nelle nostre comunità. Ormai non riguarda più soltanto alcune categorie di persone o alcuni ambienti: essa attraversa credenti e non credenti, matrimoni appena iniziati e matrimoni di lunga durata, ed è una realtà di sofferenza che non può non interessare e interrogare la comunità cristiana. Anzi, come comunità cristiana è necessario chiedersi se nella prassi pastorale non ci sia qualche carenza. Quando inizia e come avviene la preparazione al matrimonio? Si fa tutto il possibile per accompagnare le coppie sposate, soprattutto quelle più giovani, nel loro cammino di amore e di fede? Le coppie che domandano di sposarsi in Chiesa esprimono una reale scelta di fede e di vita, maturata in un cammino serio di riflessione e di verifica? Con quali criteri vengono ammesse al sacramento? Queste domande autocritiche non intendono certo esaurire le cause dei fallimenti matrimoniali all interno della prassi ecclesiale: esse hanno risvolti culturali e sociali molto più larghi. Però esse dovrebbero 3

4 darci una spinta per ripensare la nostra pastorale matrimoniale e familiare, perché risponda meglio alla situazione culturale e sociale delle nuove generazioni, segnata dall acuta ricerca della libertà personale e della propria autonomia, dall emergere del valore della differenza, dal crescere del numero di uomini e donne parzialmente delusi dal rapporto di coppia e convinti dell impossibilità di un amore per sempre, dalla fragilità dell amore inteso più come sentimento che come responsabilità, come prendere su di sé la vita dell altro. 2. Di fronte a questa crescente e inquietante presenza di coppie e di persone divorziate e risposate civilmente, il Magistero si è interrogato e sono stati emessi molti documenti. Ne elenchiamo alcuni fra i più importanti a questo riguardo: CEI, La pastorale dei divorziati risposati e di quanti vivono in situazioni matrimoniali irregolari o difficili, 1979; Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 1981; Giovanni Paolo II, Reconciliatio et poenitentia 1984, n. 34; CEI, Direttorio di Pastorale Familiare per la Chiesa in Italia, 1993, nn ; Congregazione per la dottrina della fede, Lettera ai Vescovi della chiesa cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 1994; Catechismo della Chiesa cattolica, nn

5 Questi documenti, pur essendo unanimi (anche se con sfumature diverse) nell affermare che i divorziati risposati non possono accedere ai sacramenti della Riconciliazione e dell Eucarestia, così come ai servizi liturgici e in particolare quello di lettori, il ministero di catechista, l ufficio di padrini per i sacramenti, la partecipazione ai consigli pastorali (Direttorio di Pastorale familiare, n. 218), contengono un messaggio estremamente innovativo: queste persone fanno ancora parte della Chiesa, hanno diritto di cittadinanza nella Chiesa. È un appartenenza non totale, però è un appartenenza. Non sono esclusi, non sono scomunicati. Questa è una svolta sicuramente fondamentale. Nel vecchio codice di diritto canonico erano considerati pubblici peccatori e quindi scomunicati ed esclusi anche dalla sepoltura ecclesiastica. La passata prassi pastorale non ammetteva la benedizione delle loro case. Ora questi documenti ufficiali e anche i vari interventi del papa, che hanno abbandonato con decisione e con coraggio il senso della scomunica, indicano un nuovo cammino che le comunità cristiane sono chiamate a intraprendere superando la pur comprensibile iniziale difficoltà, incertezza e perplessità. Questa nota pastorale vorrebbe contribuire a sciogliere queste difficoltà, indicando qualche pista di superamento della passata mentalità. Se queste coppie fanno parte della Chiesa, se sono Chiesa, devono sentirsi oggetto di attenzione e anche soggetto di partecipazione. L attivare questa 5

6 catechesi, il far prendere coscienza di questa nuova e accogliente mentalità assume il carattere di urgenza sia nei riguardi della comunità cristiana che degli stessi divorziati risposati. Presa di coscienza 1. Nella comunità cristiana. Non è ancora entrato in tutti il senso e il perché di questa misericordiosa accoglienza. Sono ancora molti a ritenere che questa amorosa ammissione oscuri o comprometta la tensione verso il valore dell indissolubilità. È giusto ed è un dovere imprescindibile per la comunità cristiana annunciare il valore dell indissolubilità perché è un valore liberante: solo in un rapporto definitivo, stabile, le due persone possono svelarsi in profondità e quindi crescere in pienezza. Il per sempre non va visto come un giogo o un peso che restringe, ma come un opportunità per crescere. Però è altrettanto evangelica la posizione dei documenti magisteriali che, pur non ammettendo questi soggetti ai sacramenti della Riconciliazione e dell Eucarestia, considera le due persone ancora appartenenti alla Chiesa. La non ammissione a questi sacramenti vuol essere, per il magistero, un richiamo a valorizzare l indissolubilità, ma anche questa accoglienza amorevole vuol indicare che l unione con la Chiesa è 6

7 solo parzialmente rotta e che l unione con Dio può esistere ancora. Afferma la Familiaris Consortio: I divorziati risposati... non si considerino separati dalla Chiesa, potendo, anzi dovendo, in quanto battezzati partecipare alla sua vita. I divorziati sono e rimangono membri del popolo di Dio e in forza di una fede mai rinnegata, rimangono cristiani e quindi non esclusi del tutto dalla comunione ecclesiale, anche se non si trovano nella necessaria pienezza della comunione. Per questo la Familiaris Consortio aggiunge: Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza (n. 84). 2. Nei divorziati risposati. Per una secolare e distorta catechesi e soprattutto per i messaggi derivanti dai mass-media che spesso riportano alcune espressioni dei documenti della Chiesa togliendole dal contesto e perciò parziali e distorte, i divorziati risposati si ritengono automaticamente fuori dalla Chiesa, che giudicano impietosamente come non misericordiosa, non 7

8 disponibile a capire la loro storia, mentre è remissiva su altri campi quali le ingiustizie sociali e le oppressioni politiche. Anche loro sono chiamati a modificare le loro idee nei riguardi della Chiesa per sentirla più vicina alle loro sofferenze, anzi, per sentirsi Chiesa nonostante la loro irregolare situazione. Non si può fare una pastorale di autentica accoglienza dei divorziati risposati senza questa prima e indispensabile azione di catechesi su ambedue i versanti. Atteggiamenti da riscoprire 1. Non giudicare. I discepoli del Signore, nel qualificare la situazione dei divorziati risposati come disordinata, non giudicano l intimo delle coscienze dove solo Dio vede e giudica: i credenti... lascino volentieri alla sapienza e all amore del Signore il giudizio sulla responsabilità personale (CEI, Past. div., n. 18, 1979). Ci possono essere dei divorziati risposati che si sentono incolpevoli per il modo con cui la separazione è avvenuta. Quindi sono o possono essere soggettivamente non colpevoli del fallimento del primo matrimonio, e quasi costretti al successivo matrimonio civile. Oggettivamente però la situazione rimane disordinata e quindi devono attenersi alle regole esterne della Chiesa. 8

9 2. Non escludere. È vero che non possono partecipare alla comunione Eucaristica però la vita di una comunità cristiana non si riduce al fare la comunione, anche se essa è il segno massimo della comunione e della partecipazione. Vi sono molti modi di vivere l appartenenza alla Chiesa: ascolto della Parola di Dio, partecipazione alla Messa, perseverare nella preghiera personale, di coppia, di famiglia, di comunità, dare incremento alle opere di carità, partecipare alle iniziative a favore della giustizia. Vi sono molti ambiti in cui si può crescere nella fede ed esplicare la propria soggettività. Purtroppo, invece, anche per i praticanti la partecipazione ecclesiale spesso si riduce ad andare a Messa e così pure l unico incontro con la Parola di Dio è l Eucarestia. Questa riduzione isterilisce la fede e la partecipazione. Potrebbe essere questa un opportunità per spingere i cristiani ad allargare il come crescere nella fede e come partecipare alla comunità al di là e al di fuori dell Eucarestia. 3. Condividere i loro problemi Nessuna separazione è priva di sofferenza e nessuna è esente da paure e da problemi, sia a livello di nuova coppia, sia a livello educativo (quando ci sono i figli), sia a livello economico. Condividere e porsi in ascolto dei problemi che queste persone vivono è il modo più immediato ed efficace perché non si sentano dimenticate ed escluse. Gesù andava a pranzo e a cena dalle persone ritenute escluse. Perché il parroco, con la presenza di una coppia, non potrebbe dichiararsi disponibile ad una cena di ascolto 9

10 e di fraternità con le singole coppie dei divorziati? Potrebbe essere il primo passo che fa percepire aperte le porte della comunità, essere l occasione per cogliere i doni dei singoli che potrebbero essere espressi e messi a frutto in vari modi nella comunità stessa, per essere più attenti a come educare i ragazzi, i giovani, i fidanzati, perché siano meglio avveduti nel vivere l amore. E potrebbe essere anche un opportunità per conoscere cause e problemi che hanno portato alla rottura del precedente matrimonio, e, nel caso si ravvedessero elementi anche probabili per avviare una causa di nullità, adoperarsi perché abbiano un colloquio con il Presidente del nostro Tribunale ecclesiastico. Quali obiettivi per una pastorale dei divorziati? 1. Fare in modo che si sentano Chiesa Il rischio è che i divorziati si considerino esclusi dalla Chiesa. L impedimento ad accostarsi alla comunione Eucaristica e agli altri uffici ecclesiali potrebbe ingenerare l idea della loro esclusione. I documenti della Chiesa non sono su questa linea, perché dicono apertamente che queste persone continuano a far parte della Chiesa, anche se in maniera parziale. Perché esse possano recuperare questo senso di appartenenza non basterà il dirlo, non sarà sufficiente una doverosa e appropriata catechesi; la comunità cristiana dovrà dare segnali attraverso l inserimento di esse nei vari ambiti parrocchiali, come si accennava sopra, dove esse possono sentirsi soggetti e corresponsabili. 10

11 2. Aiutarli a crescere nell amore di coppia Molte persone divorziate e risposate vivono ormai da anni insieme, e la situazione è irreversibile anche per la presenza dei figli nati nella nuova unione. A questo punto l importante è offrire stimoli perché questo amore viva la qualità di comunione e di fedeltà che è stata infranta nel precedente matrimonio. Il fatto che ci sia stato un fallimento non vuol dire che non si possa iniziare una nuova esperienza che esprima l amore secondo la proposta e il disegno di Dio. Non dobbiamo pensare che una volta infranto il primo matrimonio non possa nascere un altra esperienza realmente ricca di amore. Allora tale esperienza, da parte della comunità cristiana, non va disprezzata, anzi, deve essere sostenuta e stimolata. Naturalmente questo discorso vale per i matrimoni irrecuperabilmente finiti e per le nuove coppie oramai consolidate anche dal tempo. 3. Accompagnarli nel vivere il valore del servizio e della solidarietà. Questo valore è per tutti, e il servizio non può essere inteso come riparatore del fallimento matrimoniale. Però in effetti molti divorziati, per il fatto che si sentono esclusi, rischiano di eclissarsi o di estraniarsi non solo a livello di Chiesa, ma anche di attività assistenziali e sociali. Allora aiutarli a dedicarsi a qualche attività di servizio e di solidarietà (sia in ambiti ecclesiali che sociali), è un modo perché essi possano superare la tentazione della chiusura, possano sviluppare i propri doni, sentirsi parte viva nella Chiesa e nella società. Ridare fiducia a una persona è il modo per renderla 11

12 viva, e questa sua vitalità, pur esprimendosi in servizi, le ridarà il senso e il gusto di vivere. 4. Sviluppare in loro la responsabilità educativa anche nei riguardi della fede. Qui parliamo di divorziati credenti. Il divorzio non toglie la fede. Esso esprime la debolezza della persona che non sempre, per vari motivi, riesce a raggiungere l ideale proposto dalla fede cristiana, però esso rimane in loro anche dentro l esperienza della propria fragilità. Tale ideale può e deve essere da loro proposto anche ai figli. Uno sbaglio, che può avere molte origini, non interrompe il rapporto fondamentale con Dio né toglie o diminuisce valore all ideale. Dunque le persone devono coltivarlo attraverso l ascolto della Parola, gli incontri di catechesi, la preghiera personale, di coppia, di comunità. Questa fede sono chiamati a comunicare e a condividere con i figli, anche con quelli del primo matrimonio. Cessando il legame sponsale, non cessa la responsabilità genitoriale. Come possono, sostengono alcuni, educare alla fede cristiana essi che hanno rotto il valore dell indissolubilità? E allora, come possiamo noi educare alla fede quando trasgrediamo molti comandamenti e non viviamo la responsabilità nei riguardi del mondo? Educare alla fede è anche ammettere i nostri limiti, i nostri peccati, ma è anche spingerci continuamente a superarli. 5. Sviluppare in loro il valore della riconciliazione. Si sa, per esperienza, che le separazioni coniugali non avvengono, se non raramente, in modo civile e amichevole. I risentimenti, gli interessi economici, provocano 12

13 contrasti spesso molto duri e a volte odio reciproco. In questa lotta vengono, a volte irresponsabilmente, coinvolti anche i figli, spesso usati come un mezzo per vincere sull altro. Aiutare ciascuno a capire le ragioni dell altro, spingere i due a dialogare anche per il bene dei figli, sollecitarli a rispettare i diritti di ciascuno, aiutarli a scoprire la libertà e la pace che derivano dal perdono in modo che essi vivano da riconciliati, può essere, ed è, un grande compito della comunità cristiana. Suggerimenti operativi. 1. Le comunità parrocchiali potrebbero o dovrebbero prevedere un ciclo di incontri specifici o cogliere l occasione degli incontri che si tengono ordinariamente con i genitori e gli adulti in genere per far giungere a tutti i messaggi contenuti nei documenti del Magistero, perché la gente sa solo delle esclusioni dei divorziati risposati dall Eucarestia e dagli altri uffici su richiamati (Situazione, 2), ma non sa che essi fanno ancora parte della Chiesa e che possono impegnarsi in vari modi nella comunità quali soggetti attivi e corresponsabili. 2. Invitare queste coppie, meglio personalmente, a partecipare agli incontri biblici, alla catechesi degli adulti, agli incontri per i genitori. 3. Vivere, in famiglia, un momento di preghiera animata possibilmente dal parroco o dal presbitero al quale siano invitati amici, vicini di casa, parenti in occasione dei sacramenti del figlio (Battesimo, Eucarestia, Cresima, ecc.), ciò per dare il senso della effettiva appartenenza di queste persone alla Chiesa. 13

14 4. Invitare le coppie a partecipare a qualche gruppo di sposi preparati ad accoglierle. 5. Inserire le coppie disponibili nei gruppi operativi della comunità: Caritas, gruppi di volontariato, giustizia e pace, commissione economica, gruppo gite, gruppo di animazione del tempo libero, animatori dell oratorio, o in altre iniziative presenti nella comunità e nel territorio. Al termine di questa nota pastorale, desidero esprimere l auspicio che, seguendo le sue indicazioni, tutti i sacerdoti, gli operatori di pastorale familiare e tutti i fedeli delle nostre comunità, indistintamente, facciamo seguire ad un cambio di mentalità, atteggiamenti e comportamenti sempre ispirati, inscindibilmente, alla verità e alla carità. +Vito De Grisantis N.B Questa nota pastorale tiene conto, oltre che dei Documenti del Magistero sopra citati, anche delle note pastorali e dell esperienza di altre Diocesi in questo campo. 2. Non si applica, ai conviventi o sposati solo civilmente ai quali nulla impedisce di celebrare il Sacramento del Matrimonio. Per questi va attuata un azione pastorale specifica tenendo conto di quanto afferma il Direttorio di Pastorale familiare ai nn e al documento del: Pontificio Consiglio della Famiglia, Famiglia, matrimonio e «unioni di fatto», Città del Vaticano, 26 luglio

15 Alcuni passi dei documenti su citati (a pag.2) Familiaris consortio n. 84. Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza. La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall Eucaristia. C è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull indissolubilità del matrimonio. La riconciliazione nel sacramento della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l educazione dei figli - non possono soddisfare l obbligo della separazione, «assumono l impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, 15

16 Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082). Similmente il rispetto dovuto sia al sacramento del matrimonio sia agli stessi coniugi e ai loro familiari, sia ancora alla comunità dei fedeli proibisce ad ogni pastore, per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, di porre in atto, a favore dei divorziati che si risposano, cerimonie di qualsiasi genere. Queste, infatti, darebbero l impressione della celebrazione di nuove nozze sacramentali valide e indurrebbero conseguentemente in errore circa l indissolubilità del matrimonio validamente contratto. Agendo in tal modo, la Chiesa professa la propria fedeltà a Cristo e alla sua verità; nello stesso tempo si comporta con animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo. Con ferma fiducia essa crede che, anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in tale stato tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità. Reconciliatio et poenitentia (n. 34) 1. Ritengo di dover fare a questo punto un accenno, sia pur brevissimo, a un caso pastorale che il Sinodo ha voluto trattare - per quanto gli era possibile farlo -, contemplandolo anche in una delle «Propositiones». Mi riferisco a certe situazioni, oggi non infrequenti, in cui vengono a trovarsi cristiani desiderosi di continuare la pratica religiosa sacramentale, ma che ne sono impediti dalla condizione personale in contrasto con gli impegni liberamente assunti davanti a Dio e alla Chiesa. Sono situazioni che appaiono particolarmente delicate e quasi inestricabili. 16

17 2. In questo contesto una speciale attenzione meritano le difficoltà e le sofferenze di quei fedeli che si trovano in situazioni matrimoniali irregolari. I pastori sono chiamati a far sentire la carità di Cristo e la materna vicinanza della Chiesa; li accolgano con amore, esortandoli a confidare nella misericordia di Dio, e suggerendo loro con prudenza e rispetto concreti cammini di conversione e di partecipazione alla vita della comunità ecclesiale. 3. Consapevoli però che l autentica comprensione e la genuina misericordia non sono mai disgiunti dalla verità, i pastori hanno il dovere di richiamare a questi fedeli la dottrina della Chiesa riguardante la celebrazione dei sacramenti e in particolare la recezione dell Eucaristia. Su questo punto negli ultimi anni in varie regioni sono state proposte diverse soluzioni pastorali secondo cui certamente non sarebbe possibile un ammissione generale dei divorziati risposati alla Comunione eucaristica, ma essi potrebbero accedervi in determinati casi, quando secondo il giudizio della loro coscienza si ritenessero a ciò autorizzati. Non pochi interventi nel corso del Sinodo, esprimendo il pensiero generale dei padri, hanno messo in luce la coesistenza e il mutuo influsso di due principi, egualmente importanti, in merito a questi casi. Il primo è il principio della compassione e della misericordia, secondo il quale la Chiesa, continuatrice nella storia della presenza e dell opera di Cristo, non volendo la morte del peccatore ma che si converta e viva, attenta a non spezzare la canna incrinata e a non spegnere il lucignolo che fumiga ancora, cerca sempre di offrire, per quanto le è possibile, la via del ritorno a Dio e della riconciliazione con lui. L altro è il principio della verità e della coerenza, per cui la Chiesa non accetta di chiamare bene il male e male il bene. Basandosi su questi due principi complementari, la Chiesa non può che invitare i suoi figli, i quali si trovano in quelle situazioni dolorose, ad 17

18 avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però per quella dei sacramenti della penitenza e dell eucaristia, finché non abbiano raggiunto le disposizioni richieste. 4. Per i fedeli che permangono in tale situazione matrimoniale, l accesso alla Comunione eucaristica è aperto unicamente dall assoluzione sacramentale, che può essere data «solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l indissolubilità del matrimonio. Ciò importa, in concreto, che quando l uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l educazione dei figli - non possono soddisfare l obbligo della separazione, assumano l impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi». In tal caso essi possono accedere alla Comunione eucaristica, fermo restando tuttavia l obbligo di evitare lo scandalo. Catechismo della Chiesa Cattolica Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio : (Mc 10,11-12 ), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro 18

19 che si sono pentiti di aver violato il segno dell Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza Nei confronti dei cristiani che vivono in questa situazione e che spesso conservano la fede e desiderano educare cristianamente i loro figli, i sacerdoti e tutta la comunità devono dare prova di una attenta sollecitudine affinché essi non si considerino come separati dalla Chiesa, alla vita della quale possono e devono partecipare in quanto battezzati. Congregazione per la dottrina della fede Lettera ai vescovi della chiesa cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati 6. Il fedele che convive abitualmente «more uxorio» con una persona che non è la legittima moglie o il legittimo marito, non può accedere alla Comunione eucaristica. Qualora egli lo giudicasse possibile, i pastori e i confessori, date la gravità della materia e le esigenze del bene spirituale della persona e del bene comune della Chiesa, hanno il grave dovere di ammonirlo che tale giudizio di coscienza è in aperto contrasto con la dottrina della Chiesa. Devono anche ricordare questa dottrina nell insegnamento a tutti i fedeli loro affidati. Ciò non significa che la Chiesa non abbia a cuore la situazione di questi fedeli, che, del resto, non sono affatto esclusi dalla comunione ecclesiale. Essa si preoccupa di accompagnarli pastoralmente e di invitarli a partecipare alla vita ecclesiale nella misura in cui ciò è compatibile con le disposizioni del diritto divino, sulle quali la Chiesa non possiede alcun potere di dispensa. D altra parte, è necessario illuminare i fedeli interessati affinché non ritengano che la loro partecipazione alla vita della Chiesa sia esclusivamente ridotta alla questione della recezione dell Eucaristia. I fedeli devono essere aiu- 19

20 tati ad approfondire la loro comprensione del valore della partecipazione al sacrificio di Cristo nella Messa, della comunione spirituale, della preghiera, della meditazione della Parola di Dio, delle opere di carità e di giustizia. 7. L errata convinzione di poter accedere alla Comunione eucaristica da parte di un divorziato risposato, presuppone normalmente che alla coscienza personale si attribuisca il potere di decidere in ultima analisi, sulla base della propria convinzione, dell esistenza o meno del precedente matrimonio e del valore della nuova unione. Ma una tale attribuzione è inammissibile. Il matrimonio infatti, in quanto immagine dell unione sponsale tra Cristo e la sua Chiesa, e nucleo, di base e fattore importante nella vita della società civile, è essenzialmente una realtà pubblica. 8. É certamente vero che il giudizio sulle proprie disposizioni per l accesso all Eucaristia deve essere formulato dalla coscienza morale adeguatamente formata. Ma è altrettanto vero che il consenso, col quale è costituito il matrimonio, non è una semplice decisione privata, poiché crea per ciascuno dei coniugi e per la coppia una situazione specificamente ecclesiale e sociale. Pertanto il giudizio della coscienza sulla propria situazione matrimoniale non riguarda solo un rapporto immediato tra l uomo e Dio, come se si potesse fare a meno di quella mediazione ecclesiale, che include anche le leggi canoniche obbliganti in coscienza. Non riconoscere questo essenziale aspetto significherebbe negare di fatto che il matrimonio esiste come realtà della Chiesa, vale a dire, come sacramento. Ugento, gennaio

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