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1 AGENDE21 LOCALIITALIANE Per informazioni: Segreteria Organizzativa S.& T. via Matteo Pescatore, Torino tel fax m.sabbadini@setinweb.it

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3 Indice - Globalizzazione e vita delle donne Saluti di Maria Pia Brunato Assessore alle Pari Opportunità della Provincia di Torino Saluti di Beppe Gamba Assessore allo Sviluppo Sostenibile e alla Pianificazione Ambientale della Provincia di Torino Introduzione di Laura Cima Consigliera di Parità della Provincia di Torino 1. Linda Laura Sabbadini - Direttore centrale ISTAT 2. Viviana Spadoni - Ministero dell'ambiente TAVOLA ROTONDA Moderatore: Laura De Donato - Giornalista 3. Bianca Pomeranzi - Esperta del Ministero degli Affari Esteri: tematiche di genere e sviluppo 4. Daniela Colombo - Presidente A.I.D.O.S. (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo) 5. Aitanga Giraldi - Responsabile Politiche Pari Opportunità CGIL 6. Patrizia Germini - Coordinatrice Nazionale C.N.I.F., Confesercenti 7. Mara Rumiz - Presidente del Consiglio Comunale di Venezia 8. Grazia Francescato - Co-portavoce dei Verdi Europei *intervento non corretto 9. Maria Paola Azzario Chiesa - Presidente Centro UNESCO di Torino 2 Primo Laboratorio 10. Laura Franzos - Componente del Comitato Pari Opportunità INAIL 11. Teresa Bruneri - Coordinatrice del progetto "gender budgeting" Provincia di Genova 12. Paolo Natali - Dirigente Settore Ambiente Provincia di Bologna 13. Elisabetta Parisi - Fondazione per l'ambiente Teobaldo Fenoglio, di Settimo Torinese 14. Maria Merelli - Lenove Studi e Ricerche Sociali S.r.l. 15. Claudia Rossi - Coordinatrice Commissione Pari Opportunità Cooperativa Toscana Lazio 16. Michele Zaffino - Responsabile di gestione ambientale del Consorzio Ambientale Castello di Lucento Massimo Marino - Esperto di organizzazione del sistema di gestione ambientale Sintesi a cura di Carlo Luison - Consulente di Responsabilità Sociale delle Imprese e segretario del Gruppo di Studio sul Bilancio Sociale Secondo Laboratorio 17. Silvia Macchi - Università di Roma "La Sapienza" 18. Fanny Di Cara - Comune di Prato 19. Pamela Meier - Assessore alla Viabilità della Provincia di Bologna 20. Caterina Ruggeri - Assessore Pari Opportunità Comune di Cremona 21. Luca Palese - Dirigente Settore Tempi e Orari della Città di Torino 22. Aurora Tesio - Presidente IX Commissione Consiliare alle Pari Opportunità della Provincia di Torino 23. Victoria Franzinetti - Presidente del Comitato Pari Opportunità dell'università degli Studi di Torino Sintesi a cura di Carlo Socco - Politecnico di Torino Terzo Laboratorio 24. Angela Calvo DEIAFA - CIRSde - Università degli Studi di Torino 25. Armando Quazzo - Hydroaid - Scuola Internazionale dell'acqua per lo sviluppo 26. Rosina Rondelli - Centro Triciclo 27. Paolo Romano - Amministratore Delegato Smat, Società Metropolitana Acque Torino 28. Silvano Ravera - Direttore Generale Autorità d'ambito 3 Torinese Sintesi a cura di Laura Cima - Consigliera di Parità della Provincia di Torino

4 Saluti delle autorit Maria Pia BRUNATO Assessore alle Pari Opportunit della Provincia di Torino L'Assessore Maria Pia Brunato, anche a nome del Presidente della Provincia di Torino Mercedes Bresso, saluta tutti i partecipanti al convegno pensato come una giornata di riflessione sulle politiche al femminile e su Agenda 21; ringrazia per la presenza Aurora Tesio Presidente della IX Commissione Pari Opportunità e la Commissione Ambiente. Beppe GAMBA Assessore allo Sviluppo Sostenibile della Provincia di Torino Il mio compito è di portare, assieme ai saluti, un contributo rispetto a quello che è stato il percorso che noi abbiamo seguito nella pianificazione e realizzazione dei progetti di Agenda 21. Chi ha seguito le vicende torinesi dal '95, si ricorda che il programma di governo dell'amministrazione provinciale di allora aveva come titolo "Lo sviluppo sostenibile di una Provincia Europea", titolo che alcuni ritennero pomposo ed eccessivamente metaforico. In realtà, quel titolo non aveva solo una funzione di marketing elettorale per portare voti e poi lanciare un programma di governo "visibile". Quel titolo aveva invece un profondo significato: rappresentava la consapevolezza del fatto che l'area torinese avesse delle specificità e delle vocazioni che potevano essere sfruttate pienamente solo e nella misura in cui fossimo stati capaci di inserire la nostra azione amministrativa e le politiche per lo sviluppo all'interno delle grandi correnti di modernizzazione e di innovazione della politica e dell'economia che, in Europa, erano all'ordine del giorno. Contemporaneamente queste politiche non potevano non basarsi su un criterio, un principio e un approccio di sostenibilità ambientale e sociale, oltre che evidentemente economica. Noi abbiamo voluto lavorare molto e con metodo allo sviluppo di un piano d'azione per lo sviluppo sostenibile, al progetto Agenda 21; perciò solo nel 1998, dopo tre anni, siamo partiti concretamente con l'adozione della carta di Aalborg, e l'agenda 21 è diventata, nella nostra provincia, una strumento di integrazione e contaminazione culturale di altre politiche locali, e per questo motivo devo ringraziare per il sostegno oltre che la collega Brunato, Assessore alle Politiche e alla Solidarietà Sociale, anche un collega che oggi non c'è, il collega Buzzigoli e il collega Marco Camoletto, che sono stati in successione gli Assessori alle Attività Economiche e che hanno curato patti territoriali e l'utilizzo sul territorio dei fondi strutturali. La collaborazione che è nata, con il loro accordo, sui tavoli dei patti territoriali, ha fatto si che questi tavoli fossero sede di discussione degli investimenti pubblici e privati ma anche sede di concertazione per l'adozione nell'azione concreta dei criteri di sostenibilità ambientale e sociale e di condivisione degli obiettivi di equità sociale e di genere. Quei patti territoriali sono stati integrati, a un certo punto, da un vero e proprio protocollo concernente la sostenibilità ambientale, sociale e di genere degli interventi, accordo sottoscritto dai diversi attori quali le imprese, le banche, le istituzioni locali, i consorzi pubblici e i consorzi privati. 3

5 Beppe GAMBA Assessore allo Sviluppo Sostenibile della Provincia di Torino 4 Non possiamo certo sostenere di avere orientato alla sostenibilità ambientale, sociale e di genere tutti gli investimenti per lo sviluppo del nostro territorio; però una buona parte dei 62 progetti nei piani di investimenti ambientali, che comprendono i 27 progetti nati in seno all'agenda 21, hanno introiettato gli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale di genere e questo rappresenta un precedente positivo che ora può essere replicato in sequenza. Ad esempio: nella rimodulazione dei fondi strutturali che sta procedendo in queste settimane, cioè la ridestinazione in seconda battuta dei fondi non utilizzati oppure derivanti da economie, i partecipanti ai tavoli di concertazione hanno richiesto al team di Agenda 21 di produrre criteri "ambientali" per la selezione dei progetti, ossia di trasformare il protocollo di sostenibilità ambientale, sociale e di genere in criteri per la selezione che dovranno essere adottati dalle banche. Sono parziali ma importantissimi segnali di successo di una politica. Non possiamo dire che il progetto Agenda 21 abbia raggiunto il 100% degli obiettivi, ma come tutti i processi sociali è un lavoro in corso: infatti, si tratta di un processo ormai avviato sul territorio, un percorso condiviso da attori sociali, economici e istituzionali che non riguarda solo più l'istituzione Provincia. Sono molto contento che lungo questo percorso, a un certo punto, le donne che partecipavano a vario titolo ai tavoli di concertazione, cioè le imprenditrici, amministratrici pubbliche, esperte e animatrici, abbiano posto all'attenzione il tema dell'equità di genere. Tema che non era stato proposto dal team di Agenda 21 ma è sorto nel corso della discussione: considero questo fatto un segno di vitalità del nostro processo, perché è cresciuto dal basso, è stato accolto e ha prodotto progetti concreti per favorire la partecipazione delle donne e la presenza del punto di vista femminile nella programmazione. Molte delle azioni del team Agenda 21 contengono oltre alla variabile ambientale anche quella di genere, e in particolare alcuni progetti sono specificatamente puntati a raggiungere quegli obiettivi di promozione del ruolo e della presenza delle donne nel mondo economico, e nelle attività sociali, in coerenza con le politiche di promozione dell'equità di genere o delle pari opportunità. Ciò non vuol dire che è stato fatto tutto e c'è ancora bisogno di politica, c'è ancora bisogno di partecipazione, c'è bisogno di lavoro e che le amministrazioni continuino a fare, nei prossimi mandati, la loro parte di sostegno e di promozione a questi temi, a questi processi. L'ultima annotazione che voglio fare è descrivere un po' il quadro italiano-europeo dell'agenda 21. L'Italia è partita in ritardo, rispetto ad altre aree europee, nello sviluppo e nella partecipazione delle città ai processi di Agenda 21; poi ha recuperato rapidamente grazie a due diversi stimoli: da un lato la nascita del Coordinamento italiano delle città e delle province che sviluppano un Agenda 21 locale, e dall'altro il supporto che il Ministero dell'ambiente ha fornito nel periodo alle amministrazioni locali impegnate in questi processi. Oggi siamo il paese europeo con il maggior numero di Agende 21; anche se da un punto di vista dei risultati la realtà è diversa dai numeri, poiché ci sono situazioni avanzatissime e altre ancora a uno stadio iniziale, si tratta comunque di una realtà in grande movimento. Ciò che differenzia l'italia dal resto d'europa, soprattutto del nord Europa, è che le Agende 21, i processi di sviluppo sostenibile, i piani d'azione sostenibili italiani sono molto più caratterizzati dal punto di vista ambientale, cioè tendono ad essere molto "verdi", e tendenzialmente si pongono un po' meno l'obiettivo della integrazione delle variabili sociali ed economiche nella loro elaborazione. Questo perché nascono connotate ideologicamente e culturalmente: l'agenda 21 è spesso lo strumento d'azione del solo Assessore all'ambiente e non di tutta l'amministrazione, Sindaco in primis, diversamente da come avviene nelle altre città europee. Nel resto d'europa, le Agende 21 sono nate, per lo più, su spinta di gruppi locali, talvolta da soggetti economici e non solo su proposta dell'amministrazione locale, dell'istituzione. Il fatto che le

6 Globalizzazione e vita delle donne Agende 21 siano nate dal basso, spesso da associazioni di volontariato, da gruppi politici, ambientalisti, o da comitati di quartiere, o da gruppi di imprenditori, ha fatto sì che le tematiche sociali siano state ampiamente considerate: ciò rende queste esperienze particolarmente interessanti tanto da poterne ricavare degli spunti da adattare alle nostre situazioni locali. 5

7 Laura CIMA Consigliera di Parità della Provincia di Torino 6 Ho parlato stamattina con Paolo Soprano del Ministero dell'ambiente, che si scusa con tutte voi per non esserci, dà la totale disponibilità e mi incontrerà personalmente nella prossima settimana. Qui ci sono rappresentanze da tutta Italia, ringrazio tutte voi che avete creduto in questa iniziativa: siamo tante, tanto è vero che abbiamo predisposto altre due sale perché in questa non ci stiamo tutte. Questo è un primo momento di confronto sui due aspetti di Agenda 21: il primo è quello che ha dato il titolo a questa iniziativa "Globalizzazione e vita delle donne", e che riprende il convegno fatto a Roma dalla commissione pari opportunità, dopo Johannesburg, riguardante la situazione internazionale. Il secondo che riguarda Agenda 21 locale ha avuto inizio a Venezia, come ci racconterà la presidente del consiglio comunale di Venezia Mara Rumiz che finora ha tenuto questo raccordo nazionale con noi. I due aspetti - che sono anche rappresentati dalle due sessioni del mattino e del pomeriggio- sono entrambi importanti e vanno considerati insieme, perché Agenda 21, se non è vista solamente come un'agenda verde, è un contenitore che può avere dentro progetti di cooperazione decentrata. Quindi a noi interessa molto che in questa situazione drammatica nel mondo, le donne negli enti locali, le associazioni di donne, i comitati di pari opportunità si muovano anche verso la cooperazione decentrata, tenuto presente che quella centralizzata vede ogni anno ridotti i finanziamenti in finanziaria. Troverete nella cartellina tre allegati significativi. Il primo è uno studio del WWF che analizza come la crisi ambientale, con i cambiamenti climatici, si stia rapidamente aggravando. Ricordo che quando ho cominciato a fare politica, sembrava che il problema ambientale avrebbe avuto conseguenze gravi sulle generazioni future; invece il clima si sta modificando a una tale velocità, vedete come sta cambiando il clima estate e inverno in tutto il mondo, senza più stagioni intermedie e con una estremizzazione anche nelle regioni che erano temperate. Ci rendiamo quindi conto che stiamo assistendo nella nostra generazione a una crisi profonda del pianeta che non sappiamo che conseguenze avrà. Il secondo allegato è la conferenza stampa che ha fatto il PAM (Piano Alimentare Mondiale) per quanto riguarda il peggioramento della situazione nel mondo per fame e malattie: negli incontri con la FAO risulta evidente che gli obiettivi del millennio, che si trovano nel terzo allegato, inerenti la necessità di tagliare drasticamente il numero delle persone che non hanno accesso all'acqua potabile e ai servizi sanitari non si stanno realizzando; mentre nel contempo aumentano i problemi di siccità. Anche da noi, quest'estate, abbiamo avuto il problema dell'acqua con il Po e il black out. Inoltre tutta la situazione internazionale è drammatica, sia per le due guerre in poco tempo, sia per il terrorismo, i fondamentalismi e l'inquinamento dovuto all'incendio continuo dei pozzi; e poi le bombe ad uranio che hanno già provocato morti e malattie gravi, e l'inquinamento dell'acqua nel suolo. La situazione è ancora più grave se si guarda alla grave crisi degli organismi internazionali che avrebbero dovuto garantire un processo di miglioramento, primo fra tutti l'onu. L'ONU ha perso credibilità a causa della spaccatura che si è verificata a livello internazionale e con l'intervento in Iraq, da cui poi si è ritirato. Anche l'unione Europea ha attraversato una grave crisi e il WTO è fallito clamorosamente nell'ultimo vertice che si è tenuto a Cancun. Infine, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale sono criticatissimi in tutto il mondo, in quanto sono ritenuti responsabili di alcune crisi mondiali come quella dell'argentina, e comunque le loro politiche non hanno portato alla riduzione del divario di ricchezza. La crisi dell'attuale modello di sviluppo è evidente anche in Italia, vediamo Cirio e Parmalat che sono aziende non a caso alimentari, ma c'è anche la crisi della Fiat e dell'auto che è considerata ormai da anni responsabile degli inquinamenti delle città e dell'invasione degli spazi urbani. Sono crisi legate chiaramente al modello di sviluppo non compatibile: creano disoccupazione crescente, lavori precari in nero, immigrazione, ecc.; in tutto questo processo sostengo che le donne hanno già un ruolo fondamentale nei luoghi decisionali, ruolo che devono potenziare sempre più per poter invertire questo modello di sviluppo. Agenda 21 può essere il luogo dove possiamo misurare il nostro empowerment e la nostra capacità di mainstreaming che contribuisca a ricercare uno sviluppo sostenibile. In ogni istituzioni presentazione

8 Globalizzazione e vita delle donne si può coinvolgere in Agenda 21, il sindaco, il presidente della giunta, quasi tutti gli assessorati che sono in qualche misura toccati dal problema dello sviluppo sostenibile. E ovvio che il ministero dell'ambiente deve privilegiare queste politiche. Primo. Sono stanziati troppi pochi fondi per le Agende 21 locali: c'è stato un bando nel 2002, nel 2003 non c'è stato il bando e non si sa quando sarà il prossimo. Mi pare che il bando del 2003 abbia visto concorrere più di 800 progetti quindi ha suscitato molto interesse. E' necessario uno stanziamento di finanziamenti molto più significativo di quello che si è avuto finora, e che ogni anno venga presentato un bando. Secondo. Nei criteri di valutazione dei bandi, ho chiesto che fosse esplicitato un criterio di genderequality come esiste negli altri progetti, è ricordato dalle direttive europee, è attuato in Provincia di Torino. La richiesta che facciamo al ministero è che attui un criterio di gender-equality nella valutazione dei progetti. Terzo. E' necessario trovare iniziative che favoriscano e premino il buon lavoro delle donne in Agenda 21. Potrebbe essere una pubblicazione di buone pratiche, come aveva fatto a suo tempo nella pubblica amministrazione l'allora ministro Bassanini; oppure un premio per i progetti che mirano a un cambiamento qualitativo nella vita delle donne. Se questi tre punti non vengono attuati, avendo finito la prima fase del monitoraggio previsto da Agenda 21 locale e dovendo passare alle azioni pratiche (come abbiamo fatto in Provincia di Torino) c'è il rischio che dalle altre parti si fermi tutto. Come il Ministero dell'ambiente ha misurato quanta sensibilità il monitoraggio ha portato nei cittadini, negli operatori sociali, negli amministratori locali, su queste tematiche? Questa è una verifica da fare, e per questo ho chiesto all'istat di venire a parlare dei dati acquisiti, tenendo però presente che, nonostante l'iniziativa della ministra di pari opportunità Laura Balbo e ripresa da me in questa legislatura, l'italia non ha ancora una legge sulle statistiche di genere: risulta quindi difficilissimo avere dati relativi a quante donne sono interessate, quante si muovono e hanno cambiato la loro vita rispetto all attuazione di azioni di Agenda 21. 7

9 Linda Laura SABBADINI Direttore Centrale ISTAT 8 La disponibilità delle informazioni statistiche in un'ottica di genere, al fine della valutazione della sostenibilità di genere costituisce un tema fondamentale affrontato a livello nazionale e internazionale. Oggi attraversiamo una fase di forte criticità, non solo in Italia. Il problema di portata internazionale, è quello delle statistiche di genere: il rischio è l'arretramento su questo terreno perché si investe sempre di meno nei fondi da dare alla statistica ufficiale e quando ci sono tagli da apportare queste sono le prime statistiche che vengono tagliate. Anche a livello internazionale, l'ufficio statistico dell'onu ha ridotto i fondi da assegnare alle statistiche di genere. E' evidente che ciò incide sulla possibilità di avere dati adeguati per le politiche, se mancano i dati, non si può valutare l'impatto delle politiche in un'ottica di genere. D'altro canto alcune statistiche sono regolamentate per legge, altre invece no; nel momento in cui gli istituti nazionali di statistica si trovano a dover fare la graduatoria delle statistiche da tagliare, diventa quasi scontato che le statistiche non tutelate per legge, come quelle di genere, vedono tagliati i loro fondi. Quando si parla di globalizzazione si affronta un'ottica di sostenibilità anche di genere. A livello internazionale si pone il problema degli effetti di questi processi: il peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, in termini di lavoro, di povertà ecc. In Italia è importate riflettere su ciò che sta accadendo. Rispetto alla condizione sul lavoro vista in un'ottica di genere, va sottolineato il fatto che, negli ultimi 10 anni, la condizione femminile è notevolmente migliorata: donne sono entrate ex novo nel mercato del lavoro. Abbiamo assistito ad un inserimento massiccio in tutti i settori, trainato dal dei servizi. Non esiste più lo stereotipo della donna come coadiuvante nell'agricoltura, o che fa il lavoro all'interno della pubblica amministrazione solo la mattina. Si sono sviluppate varie tipologie di lavori, con tanti orari: ci sono donne che fanno il lavoro notturno, donne che fanno il lavoro serale, o quelle che lavorano a turni, sono circa Parallelamente a questo processo importante di crescita dell'occupazione femminile, è aumentato il lavoro a tempo determinato, soprattutto nelle fasce giovanili. L'Italia è stata caratterizzata da buoni tassi di transizione verso il lavoro a tempo indeterminato che hanno garantito una certa sostenibilità da un punto di vista delle condizioni complessive della donna. Bisognerà vedere cosa succederà in futuro: i tassi di transizione da lavoro a tempo determinato a indeterminato continueranno ad essere elevati? Se così non sarà, ovviamente, si avranno delle pesanti conseguenze, soprattutto nella fase della vita anziana a causa dello spezzettamento della carriera lavorativa, situazione che si verificherà con più frequenza nel segmento delle donne. Due mondi completamente diversi sono emersi in questi anni: di questo milione e donne inserite nel mondo del lavoro, un milione vive al centro-nord Italia. Nel centro-nord Italia è cambiato completamente il quadro complessivo: le donne lavorano sempre di più; nel sud Italia le difficoltà continueranno a permanere, ma emerge una pressione sul mercato del lavoro da parte delle donne del sud che sono sempre più istruite e che cominciano a comportarsi sempre di più come quelle del centro-nord. Si tratta di una situazione in cui i bisogni convergono decisamente ma non altrettanto le opportunità, sia quelle di lavoro, che per le donne al sud sono minori perché devono competere con gli uomini nella ricerca di una occupazione, sia quelle da parte dei servizi. Infine, le donne del sud sono più svantaggiate perché prive di una rete di aiuto familiare: le donne lavoratrici con figli piccoli del centro-nord, in particolare nel Veneto e nell'emilia Romagna, sono fortemente sostenute dai propri genitori. Al sud, dove le donne che lavorano sono di meno, le lavoratrici hanno più figli di quelle del nord e hanno meno sostegno, sia dai servizi sociali, sia dalla rete familiare che qui è impegnata soprattutto nel sostegno degli anziani. Le donne lavoratrici del sud, infatti, si trovano a dover supportare i genitori anziani

10 Globalizzazione e vita delle donne che stanno in peggiori condizioni di salute rispetto a quelli del nord. A tutto questo si aggiunge che nel nord-est è più diffuso il lavoro part-time, formula che favorisce la conciliazione tra i tempi di lavoro e i tempi di vita. Nel sud la situazione della donna lavoratrice presenta maggiori criticità; la crescita dell'occupazione femminile c'è stata nonostante tutto, ma è avvenuta a scapito di un sovraccarico di lavoro familiare e di lavoro extra-domestico. In terzo luogo, la crescita del lavoro femminile è stato un elemento di protezione dalla povertà: se cresce il lavoro femminile, questo protegge le donne e le loro famiglie dal rischio di povertà. Oggi esistono diversi tipi di povertà. Oltre alla povertà degli anziani e quella delle famiglie numerose, emerge un rischio di povertà anche per le famiglie delle persone che lavorano (working-poor). Alcune tipologie di famiglie con capofamiglia donna sono più esposte al rischio di povertà: le famiglie di anziane sole, le monogenitore (pochissimi sono i casi di monogenitore maschio), e il rischio di povertà per le famiglie guidate da donne è più alto nei grandi centri. Nelle famiglie in cui è solo la moglie ad essere disoccupata, il rischio di povertà è del 12,3%; nella situazione inversa, in cui è solo il marito a non lavorare, il rischio di povertà arriva al 28,8%. E' quindi evidente la minore capacità reddituale della donna rispetto agli uomini, e ciò è confermato anche a parità di titolo di studio. Per quanto riguarda le tematiche ambientali, da quanto emerge dalle rilevazioni statistiche, l'ambiente non è una dimensione che i cittadini italiani ritengono prioritaria tra i problemi del paese. I problemi ritenuti prioritari, in ordine di importanza, sono: la disoccupazione, la criminalità, l'immigrazione, l'inefficienza del sistema sanitario, la povertà, e al 6 posto l'ambiente (21% delle preferenze). I soggetti più sensibili al tema dell'ambiente sono le ragazze dai 14 a 19 anni, che collocano l'ambiente al 3 posto. La cosa interessante è che,dal 1998 ad oggi, si registra una sensibilità crescente verso i problemi dell'ambiente. Nell'arco di soli 4 anni l'importanza che viene data alla tematica ambientale è cresciuta di ben 5 punti percentuali. In generale, i dati evidenziano la presenza di un segmento molto motivato nei confronti delle problematiche ambientali, costituito dalle ragazze tra i anni (21%), un altro segmento non particolarmente motivato, ma comunque interessato (15%), e una gran massa di popolazione che non si sente coinvolta in questo tipo di tematiche. Se analizziamo i dati raccolti per grado di istruzione degli individui, possiamo osservare che ben il 65% di coloro che hanno un titolo di studio medio-alto (diploma o laurea) ha un interesse verso le tematiche ambientali, indipendentemente dal sesso e la classe di età. Chi si interessa all'ambiente, lo fa soprattutto attraverso i media (tv, radio, giornali), mentre per i giovani il canale di informazione è più spesso la scuola. Tra gli interessati, il 5% si attiva e partecipa alle iniziative di tipo ambientale, e anche in questo caso il dato cresce per le ragazze tra i 14 e i 19 anni. In generale, i cittadini dichiarano che i problemi ambientali non vengono affrontati in modo adeguato e ciò a partire dall'informazione che danno i media su queste tematiche. Alla domanda: "quali sono i soggetti che possono cambiare qualcosa?", nel 68% dei casi, gli intervistati individuano i cittadini stessi, al secondo posto seguono il governo, il parlamento e gli enti locali; al 3 posto vengono collocate infine le imprese (34,4%). I cittadini indicano come grosse emergenze ambientali: l'effetto serra, il buco nell'ozono, l'inquinamento dell'aria, l'inquinamento dell'acqua, la produzione e lo smaltimento di rifiuti, i cambiamenti climatici, il dissesto idrogeologico, la distruzione delle foreste. Le giovani fortemente motivate collocano ai primi posti nella graduatoria i problemi dell'estinzione delle specie animali, dell'esaurimento delle risorse naturali, problemi che invece sono considerati meno allarmanti dal complesso dei cittadini. La classifica dei problemi presenti 9

11 Linda Laura SABBADINI Direttore Centrale ISTAT nelle zona dove vivono i soggetti intervistati riguarda in ordine: il traffico eccessivo, l'inquinamento dell'aria e quello sonoro. Al 4 posto della classifica si posiziona la sporcizia delle strade, segnalata sia come problema collegato al comportamento dei cittadini, sia come conseguenza della disfunzione dei servizi di raccolta dei rifiuti. Queste informazioni sono particolarmente preziose per capire alcuni aspetti della sostenibilità di genere. E' fondamentale che si ripeta la rilevazione sulla percezione e i comportamenti ambientali per tenere sotto monitoraggio la situazione. 10

12 Viviana SPADONI Ministero dellíambiente Nell'ambito della nostra società, la sensibilità verso le tematiche ambientali sta crescendo in maniera evidente; tale trend per quanto riguarda l'argomento "Agenda 21 Locale" è attestato anche dal successo ottenuto dai bandi di Agenda 21 Locale, emanati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, che sia nella prima edizione, che nella seconda edizione hanno avuto una risposta massiccia attraverso la presentazione di numerosi progetti, relativi a programmi di Agenda 21 Locale. Il problema grave è purtroppo la mancanza di appoggio ai programmi Agenda 21, quando si verificano i tagli ai capitoli di spesa; le risorse di bilancio, infatti, sono calate considerevolmente ed i progetti di Agenda 21 Locale non possono contare per il futuro su finanziamenti pubblici. Tutti questi problemi uniti allo spaccato che ha autorevolmente e chiaramente delineato la Dott.ssa Sabbadini potrebbero trovare, non dico delle soluzioni, ma una giusta collocazione all'interno dei percorsi di Agenda 21 Locale, in programmi e obiettivi intermedi, quindi nella creazione di servizi e nel passaggio da un programma ad un piano di azioni ed alla conseguente sua realizzazione. Mi vorrei ricollegare anche a quanto è emerso dalla relazione del Dott. Gamba e da quella dell'on. Cima: è vero che i progetti di Agenda 21 Locale hanno una maggiore possibilità di successo quando sono sostenuti dalle istituzioni e quando nascono dal basso, cioè come sono nati negli altri stati in Europa. Abbiamo degli esempi di questo genere anche nel nostro Paese laddove il "forum" una volta creato, va avanti indipendentemente dall'alternanza dei mandati politici e quindi dall'alternanza dei vari sindaci e delle istituzioni specifiche. Le istituzioni siamo noi, non solo come cittadini ma anche come lavoratori all'interno delle istituzioni stesse; la nostra missione è quella di portare avanti, chiaramente, ciò per cui siamo stati formati e, di conseguenza il nostro credo è cercare di pervenire, di raggiungere l'obiettivo preposto. Volevo anche segnalare che, nel secondo bando di programmi di attivazione e attuazione di Agenda 21 Locale, tra i criteri di valutazione sono stati accolti quelli attinenti ai principi della "gender equality", che è stato considerato uno dei temi cosiddetti trasversali individuati nel programma per l'attuazione del Piano di Johannesburg; quindi rimane da attuare, nel momento in cui l'istruttoria sarà conclusa, un'eventuale indagine, in questo senso chiaramente statistica, attraverso un monitoraggio. Inoltre, un documento consultivo sulla prima esperienza di Agenda 21 locale è abbastanza vicino alla conclusione e pubblicazione, e sarà realizzabile con l'economia scaturita a seguito della chiusura dei progetti di Agenda 21 Locale, tra cui anche quello della Provincia di Torino. Questo ci fa rilevare come effettivamente le donne, come è avvenuto in questo caso specifico, sappiano gestire le risorse in maniera proficua. Infine, il problema delle pari opportunità si pone e non è da trascurare. Vorrei ricordare che il comitato per le opportunità, che funzionava precedentemente, è stato esclusivamente nominale, cioè non ha avuto mai una ricaduta effettiva. C'è stato un tentativo di portare il "telelavoro" tra le innovazioni a livello contrattuale, che comunque finora non ha trovato attuazione; per quanto riguarda il part-time, nell'ambito della mia struttura, devo dire che le donne ne fanno un discreto ricorso, ed è anche vero che le stesse sono le meno rappresentate nelle sedi in cui si prendono le decisioni; per quanto riguarda la mia esperienza, le donne sono estremamente coraggiose, vanno avanti molto spesso al di là di quelli che sono i mandati effettivi perché trascinano il gruppo e producono buoni risultati. Il mio intervento era tarato su tutt'altro, era tarato su un genere di rielaborazione storica dell'incontro tra il principio delle pari opportunità e la tematica dello sviluppo sostenibile, ma a questo punto, visto l'andamento della discussione ed il tempo, è venuta meno l'opportunità di andare ad indagare su tutto questo; abbiamo sentito che in generale c'è un andamento in senso migliorativo della condizione della donna. Quindi, dobbiamo vedere il nostro futuro "più rosa", approfittando di quelle circostanze e di quei particolari eventi, in cui il riconoscimento della posizione e della capacità della donna possano essere tradotte effettivamente anche in norme, ovvero in tutela, altrimenti la parità sarà raggiungibile in modo assai difficile. 11

13 Bianca POMERANZI Esperta del Ministero Affari Esteri Le tematiche di genere nel sistema ONU dopo la Millenium Declaration 12 Vorrei ringraziare gli organizzatori del convegno sia per avermi invitata sia per avere pensato a questo tipo di verifica sulle finalità di Agenda 21. Il tema della è stato nell'agenda delle Nazioni Unite per tutti gli anni '90, e alla fine di questi anni ha subito un radicale mutamento. Ciò che è mancato, a parer mio, nelle relazioni precedenti, è stata una specifica menzione della guerra: tutti hanno detto, da Linda Laura Sabbadini all'assessore, che mancano i fondi per la qualità della vita, questi fondi per la qualità della vita vanno da un'altra parte, sono impegnati per una scelta di governance che non è senz'altro quella a cui avevano lavorato le donne a partire dalla Conferenza di Rio. Io credo che questo aspetto di crisi delle Nazioni Unite abbia un notevole interesse per la qualità della vita delle donne che sono cresciute nel sistema delle Nazioni Unite, e che qui sono arrivate ad identificare delle strategie politiche di grande rilievo, tipo l'empowerment ovvero la presenza di soggettività femminile in tutte le tematiche sociali, e il mainstreaming ovvero una visione del mondo da parte delle donne. La crisi delle Nazioni Unite è iniziata con la caduta del muro di Berlino, ed è proseguita con la guerra del Kossovo dichiarata dalla NATO e poi con la seconda guerra del Golfo, infatti in entrambi i casi è venuto a mancare un ruolo ordinatore delle Nazioni unite, che tuttavia rimangono un perno centrale nella strategia di una "governance democratica" a livello globale. Questo cambia totalmente gli scenari ed ha un effetto negativo nei confronti delle azioni di difesa dell'uguiaglianza tra uomini e donne e di empowerment delle donne dei singoli paesi che era l'obiettivo iniziale dell'anno internazionale della donna del Infatti, quando negli anni settanta fu lanciata dal Comitato Economico e Sociale delle Nazioni unite la "Strategia per lo Sviluppo Internazionale per il secondo Decennio delle Nazioni unite" la tematica delle donne iniziò a fare parte della strategia complessiva. In questa fase il contributo della Commissione sullo Stato delle Donne continuava a denunciare la discriminazione contro le donne come un problema di diritti umani, anche se da parte delle economiste e delle attiviste delle organizzazioni delle donne e delle associazioni di volontariato per lo sviluppo si iniziava a porre in luce la connessione tra condizione delle donne e povertà dei paesi del Terzo mondo. Non è un caso che l'economista neo-classica Esther Boserup sia considerata la fondatrice della materia "donne e sviluppo" sin dalla pubblicazione del suo libro "Il lavoro delle donne" nel La Boserup infatti pose l'attenzione sulla divisione dei ruoli lavorativi tra uomini e donne e quindi sottolineò come le donne, in particolare nei paesi del Terzo mondo, privi totalmente di politiche di welfare, svolgessero delle funzioni essenziali nell'economia informale e di sussistenza, facendo vedere come il mancato calcolo di queste attività economiche non consentisse la corretta valutazione dell'economia di quei paesi. Quell'analisi prese il nome di "donne nello sviluppo" (WID- Women in Development) è segno una svolta radicale nella politica delle Nazioni unite nei confronti delle donne. Svolta che fu sancita dalla proclamazione dell'anno Internazionale delle Donne nel 1975 e dalla prima Conferenza delle Nazioni unite sulle Donne del 1975 a Città del Messico. La materia "donne e sviluppo" divenne immediatamente istituzionale perché la pressione esercitata dai paesi nord europei, dall'interno del sistema ONU e la pressione dei movimenti delle donne all'esterno di tale sistema ebbero un impatto molto forte. A questo indubbiamente contribuì la grande copertura mediatica assicurata in tutti i paesi occidentali dal fatto che i primi anni settanta avevano visto la nascita del neo-femminismo. Parimenti i paesi del Terzo mondo stavano affrontando la normalizzazione a livello nazionale e quindi avevano il problema di mettere in pratica le politiche emancipazioniste che erano implicite nella ideologia di quasi tutti i movimenti di liberazione. Città del Messico quindi segna un grande punto di convergenza tra le donne di tutto il mondo, che hanno preso la parola nello spazio pubblico e nelle istituzioni. Dopo città del Messico le Nazioni unite iniziano a finanziare progetti per le donne. Nel 1979 viene firmata la CEDAW che è un pezzo forte di diritto, che tendeva a riconoscere la sovranazionalità delle discriminazioni di sesso. Da allora e per circa venti anni si è avuto una crescita del sistema delle politiche di genere in sede ONU. Crescita che ha trovato il suo punto più alto nella

14 Globalizzazione e vita delle donne Conferenza ONU sulle donne di Pechino del 1995, che segna attraverso il riconoscimento della centralità delle tematiche di genere nella politica, della necessità della promozione delle donne in ogni società e della piena attuazione dei diritti delle donne come diritti umani, la centralità delle donne nella globalizzazione. Di fatto, le Conferenze delle Nazioni unite negli anni novanta hanno indicato le donne come "soggetti attivi" dello sviluppo sostenibile. Il nuovo millennio si è aperto con una grande impegno a livello mondiale per la lotta alla povertà. L'obiettivo di ridurre la povertà è stato oggetto di un vertice dei G8 e ha costituito il primo punto dell'agenda dell'assemblea Generale delle Nazioni unite del 2000, la Millennium Assembly. Ugualmente impegnativo è stato lo sforzo compiuto dalla Banca mondiale con il rapporto 2000 mentre l'undp, ha prodotto contributi di grande importanza, frutto della collaborazione di studiosi quali Amartya Sen 1, a cui in particolare si deve la definizione di un approccio innovativo basato sul potenziamento delle "capacità" degli individui per ampliare la loro partecipazione alla vita economica e sociale e ridurre la crescente emarginazione. In questo contesto le donne, che da più di trenta anni, hanno lavorato per mettere in evidenza il risvolto "umano" e "sociale" dello sviluppo e che soprattutto nelle società del Sud del mondo sono le agenti principali della cura degli individui, sono dunque divenute un soggetto importante dello "sviluppo sostenibile" 2. Questo indirizzo strategico è stato ribadito nel corso della recente Sessione Speciale dell'assemblea Generale delle Nazioni unite per la revisione della Piattaforma della Conferenza ONU sulle donne di Pechino, chiamata WOMEN 2000 che rimanda ad una rinnovata attenzione al ruolo delle donne nello sviluppo nel contesto della globalizzazione 3. Bastano pochi dati per far rilevare quanto sia fondamentale il ruolo delle donne nello sviluppo. Le donne costituiscono oramai più di un terzo della forza lavoro mondiale, ma a causa delle discriminazioni, i due terzi degli 876 milioni di analfabeti sono donne. Eppure la maggior parte del lavoro nel settore informale nei paesi del Sud del mondo viene realizzato dalle donne che contribuiscono considerevolmente alla economia di sopravvivenza. Tuttavia non si può certamente ignorare che i problemi attuali nella governance mondiale e la crescita dei conflitti armati e delle successive emergenze, rendono complicato il cammino dello sviluppo e quindi ci costringono a ripensare la strategia delle donne nel contesto delle Nazioni unite. In sintesi, io ritengo che ci sia uno stato di crisi, legato allo scenario più generale che è riuscito ad offuscare la lunga storia, di ormai 30 anni, che le donne, non solo occidentali, hanno percorso all'interno delle Nazioni unite Ritengo tuttavia che ci siano, per l'italia ma anche per il resto del mondo, delle luci e delle ombre: una luce è stata, ad esempio, l'apertura fatta da due donne del forum sociale appena tenutosi. Per riprendere in mano questa governance che è impazzita per la strategia della guerra preventiva, per riprendere in mano questioni di governance a cui le donne non si possono sottrarre, sia le donne delle istituzioni sia le donne delle società civile, bisogna lavorare su livelli diversi territorialmente, cioè bisogna lavorare a livello locale, a livello di sistemi multilaterali e a livello nazionale. Ecco la mia proposta: le Nazioni Unite nel 2005 avranno 2 verifiche importanti: la verifica della Commission for Women e Pechino + 10; la verifica del Millenium Round nel corso dell'assemblea Generale delle Nazioni Unite a ottobre del Io credo che da febbraio 2004 a ottobre 2005, le donne che stanno nelle istituzioni locali, nazionali e anche soprattutto quelle della società civile, le femministe e quelle del movimento delle donne, dovrebbero lavorare per premere sulle istituzioni con cui lavorano, e anche con le istituzioni nazionali, perché ci sia un'attenzione maggiore nei confronti dei processi di preparazione delle Nazioni Unite. In conclusione, mi sembra che tutto il processo dell'agenda 21 vada a sostegno di un sistema di governance locale e globale da cui mi aspetto una ripresa di avvicinamento ai processi decisionali da parte delle donne Si richiama in particolare il Rapporto Speciale dell'undp del 1998 sulla Povertà Umana che è basato sulle teorie dell'economista A. Sen. 2 Sia la Conferenza delle Nazioni unite sulla Popolazione del 1994 al Cairo che la Conferenza sulle Donne del 1995 a Pechino, hanno ribadito l'importanza dell'"empowerment" delle donne, ovvero del riconoscimento della loro autonomia e del loro potere decisionale, e del "mainstreaming", ovvero della valorizzazione politica di queste soggettività femminili nella sfera pubblica come un pre-requisito per "la sicurezza politica, sociale, economica e culturale tra le popolazioni" (dalla Piattaforma di Pechino) 3 Il documento finale "Further actions and initiatives to implement the Beijing Declaration and the Platform for Actions", sottoscritto dai paesi membri delle Nazioni unite, consolida le tematiche del mainstreaming e dell'empowerment.

15 Daniela COLOMBO Presidente di A.I.D.O.S. Popolazione, povertà, ambiente e ruolo delle donne 14 Negli ultimi cento anni, l'attività umana ha trasformato ogni parte del pianeta, non importa quanto remota, e ogni ecosistema, dal più semplice al più complesso. Le scelte operate dagli uomini hanno trasformato il mondo naturale, prospettando al tempo stesso grandi possibilità e gravissimi pericoli per quanto riguarda sia la qualità e la sostenibilità delle nostre civiltà, che gli intricati equilibri della natura. Dal 1960 ad oggi la popolazione mondiale è più che raddoppiata raggiungendo la cifra di 6,125 miliardi di persone: una crescita che si è verificata principalmente nei paesi del sud del mondo, nei paesi più poveri.. In questo lasso di tempo l'umanità ha prodotto ricchezza fino a livelli inimmaginabili, eppure la metà della popolazione mondiale vive con meno di 2 dollari al giorno e 1,2 miliardi di persone vive con meno di un dollaro al giorno. I consumi sono più che raddoppiati, aumentando principalmente nei paesi più ricchi e in quelli di recente industrializzazione, come ad esempio la Cina. Abbiamo imparato a estrarre risorse e ad usarle, ma non abbiamo imparato a gestire i rifiuti così prodotti: le emissioni di anidride carbonica ad esempio nel 2000 sono state 12 volte superiori a quelle del E questo processo sta trasformando il clima del pianeta. Il grande interrogativo del secolo attuale è se le attività del secolo scorso ci abbiano messo in rotta di collisione con l'ambiente e se così è, quali misure possiamo prendere in merito. Come possiamo impegnare l'ingegno umano per garantire il benessere della popolazione e al tempo stesso salvaguardare la natura? Ovviamente la gestione del pianeta e il benessere delle sue popolazioni sono responsabilità collettive e in questo processo si deve tener conto che oggigiorno ogni parte del mondo naturale e umano è in connessione con tutte le altre. Le decisioni locali hanno un impatto globale, così come le politiche globali, o la loro assenza, influiscono sulle comunità locali e sulle loro condizioni di vita. Gli esseri umani hanno sempre trasformato il mondo naturale e sono stati da questo trasformati. Le prospettive dello sviluppo umano dipendono attualmente dalla saggezza con cui sapremo gestire tale rapporto. Naturalmente i problemi sul tappeto sono enormi. Mano a mano che la popolazione umana aumenta e la globalizzazione, avanza le questioni politiche chiave rimangono le stesse: come utilizzare le risorse disponibili in termini di terre coltivabili e acqua per produrre cibo per tutti? Come promuovere lo sviluppo economico e porre fine alla povertà, così che tutti possano sfamarsi, avere una dimora dignitosa, accesso all'istruzione, ai servizi sanitari, a una vita dignitosa? E nel fare questo come affrontare le conseguenze sull'umanità e sull'ambiente dell'industrializzazione e di fenomeni quali il riscaldamento globale, i cambiamenti climatici e la perdita di bio-diversità? La comprensione del tipo di legami esistenti tra popolazione e ambiente richiede un'analisi dettagliata dell'interazione di diversi fattori, quali il benessere economico, i consumi, le tecnologie, la crescita demografica, ma richiede anche di prendere in considerazione questioni di origine sociale in passato ignorate o sottovalutate, quali i ruoli e le relazioni di genere, le strutture politiche e il problema della "governance". L'empowerment delle donne, ad esempio, costituisce di per sé uno dei fini dello sviluppo: ma la rimozione degli ostacoli che impediscono alle donne l'esercizio del potere economico e politico costituisce a sua volta un mezzo per porre fine alla povertà. La salute riproduttiva è parte di un pacchetto essenziale di servizi in materia di assistenza sanitaria e istruzione. Rappresenta uno strumento fondamentale per il raggiungimento dell'empowerment delle donne, ma costituisce anche un diritto umano e comprende il diritto di decidere le dimensioni della famiglia e l'intervallo tra una nascita e l'altra. Ottenere condizioni di eguaglianza ed equità tra uomini e donne, garantire il diritto alla salute riproduttiva e fare in modo che individui e coppie possano scegliere le dimensioni della propria famiglia

16 Globalizzazione e vita delle donne 15 contribuirà a rallentare la crescita demografica e a ridurre le dimensioni della popolazione mondiale futura. Tra l'altro, un rallentamento della crescita demografica nei paesi in via di sviluppo sarà essenziale per alleviare la pressione ambientale. Infatti non si può ignorare che la crescita demografica continua ad essere più rapida dove i bisogni sono maggiori. Il tasso di fecondità raggiunge il suo massimo nei paesi più poveri e tra le persone più povere di tali paesi. Ed è altrettanto vero che là dove i bisogni sono maggiori non viene offerta la libertà di scelta alle popolazioni perché non sono disponibili servizi per la salute riproduttiva. Basti pensare che circa 350 milioni di coppie non hanno ancora accesso alla contraccezione moderna, e che ogni anno quasi donne muoiono per cause connesse con la gravidanza e il parto, il più delle volte proprio perché non hanno accesso a questi servizi e decidono ad esempio di abortire in condizioni non sicure. Non è possibile ignorare che dalle scelte effettuate e dagli impegni presi negli anni a venire dipende la possibilità che nel 2050 la popolazione mondiale raggiunga la proiezione massima di 10,9 miliardi di persone, quella minima di 7,9 miliardi o piuttosto quella media di 9,3 miliardi. Negli anni '90 era chiaro che le azioni principali da intraprendere erano due: anzitutto garantire che il diritto allo studio e alla salute, compresa la salute riproduttiva, diventi una realtà per tutte le donne, in secondo luogo che si deve porre fine alla miseria delle persone che vivono con meno di 1 dollaro al giorno. Questi due obiettivi sono strettamente correlati poiché la maggioranza delle persone in condizione di povertà assoluta è costituita da donne e dai loro bambini: prendere misure in una direzione rafforzerà le misure nell'altra. I governi, i donatori internazionali, la società civile e il settore privato hanno tutti un importante ruolo da svolgere per raggiungere tali obiettivi e per cercare di creare un circolo virtuoso tra famiglie più piccole e più sane, madri forti, bambini più sani, più scolarizzati, con maggiori opportunità e una sempre maggiore stabilizzazione demografica e sostenibilità ambientale. Le conferenze degli anni 90, Rio, Vienna, Cairo, Copenaghen, Pechino sono state tutte occasioni in cui si sono compiuti passi avanti nel riconoscere l'importanza dei temi della popolazione, dei diritti e dell'empowerment delle donne per l'agenda dello sviluppo. Ognuna di quelle Conferenze aveva sollecitato una profonda revisione delle politiche e l'adozione di numerosi interventi specifici, compresa l'elaborazione e l'attuazione di piani nazionali nonché un mutamento delle politiche e delle priorità nazionali. Si pensava che il progresso verso la realizzazione di uno sviluppo sostenibile fosse inarrestabile. Quest'anno celebriamo il decimo anniversario della Conferenza del Cairo su Popolazione e Sviluppo, durante la quale erano stati concordati una serie di obiettivi precisi ed espliciti, seguendo un'impostazione basata sui diritti umani e sull'autodeterminazione individuale. Tra questi figuravano la rimozione delle disuguaglianze tra i sessi a livello di istruzione primaria e secondaria entro il 2005, e la garanzia dell'istruzione primaria per tutti entro il 2015, nette riduzioni della maternità materna, perinatale e della mortalità infantile al di sotto dei cinque anni e infine l'accesso universale entro il 2015 ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva compresi tutti gli strumenti per una sicura e affidabile pianificazione familiare. Raggiungere questi obiettivi significherebbe inoltre anticipare la stabilizzazione demografica. L'applicazione delle raccomandazioni del Cairo sullo sviluppo avrebbe contribuito alla riduzione della povertà e alla tutela dell'ambiente. Tra l'altro nel programma d'azione approvato dalla Conferenza del Cairo si era fatta una stima di quanti fossero i finanziamenti necessari per raggiungere quegli obiettivi: 17,000 miliardi di dollari fino al Questa cifra non è stata mai raggiunta e, mentre i governi dei paesi in via di sviluppo hanno fatto del loro meglio, i paesi donatori non hanno mantenuto le promesse fatte. L'Italia è il fanalino di coda, destinando alla cooperazione allo sviluppo solo lo 0,20 del prodotto interno lordo. Ed invece, proprio la conferenza sull'ambiente di Johannesburg, nel 2002, ha dimostrato che non possiamo dare niente per scontato e che le verifiche a dieci anni dalle altre Conferenze sono estreglobalizzazione e vita delle donne

17 Daniela COLOMBO Presidente di A.I.D.O.S. 16 mamente pericolose perché è in atto un forte tentativo da parte di alcuni governi - Stati Uniti, Santa Sede, alcuni paesi latino americani in testa, alcuni paesi musulmani - di riaprire gli accordi presi in passato e di cambiarli, alterando l'impostazione che si era riusciti a dare sui diritti umani, sulll'empowerment delle donne, sulla salute riproduttiva. E' in atto un attacco contro il sistema delle Nazioni Unite e un "defunding" delle sue istituzioni che non ha precedenti e che minaccia di annullare tutti i progressi fatti nell'ultimo decennio del secolo scorso. Anche in Europa la situazione è destinata a cambiare con la vittoria della destra in molti paesi ma sopratutto con l'entrata di nuovi paesi fortemente cattolici, Malta, Polonia, Croazia, Slovacchia, le Repubbliche baltiche. Perché sono proprio le gerarchie cattoliche a sferrare gli attacchi più feroci. Basta pensare al "Lessico" pubblicato pontificio consiglio per la famiglia che discute 76 termini considerati controversi (ideologia di genere, salute riproduttiva, omosessualità, discriminazione della donna, diritti sessuali e riproduttivi, uguaglianza di diritti tra uomini e donnematernità senza rischio, etc.) per mettere a disposizione dei cattolici uno strumento di lobby sui governi e parlamenti e in ocassione di conferenze internazionali. Il movimento internazionale delle donne sta reagendo. Ma vi assicuro che è una battaglia difficilissima perché comunque le nostre forze, nonostante il grande impegno, sono limitate e la disparità di fondi e di mezzi a disposizione è enorme. Di questo dobbiamo essere consapevoli. Ed è questa la denuncia che voglio fare oggi, anche per chiedere la vostra collaborazione. AIDOS ha lanciato una campagna di "advocacy", di informazione e sensibilizzazione anche politica"donne: Vite da salvare affinché nella cooperazione allo sviluppo del Governo e della cooperazione decentrata aumentino i fondi destinati a progetti e programmi per l'empowerment delle donne, nei programmi di remissione del debito impegni i governi a dare priorità ai programmi di istruzione e per la salute riproduttiva, affinché si ripristino e anzi si aumentino i finanziamenti all'unfpa e all'unifem che l'anno scorso sono stati quasi dimezzati.

18 Aitanga Giraldi Responsabile Politiche Pari Opportunità della CGIL Globalizzazione e diritti delle donne 17 Nel mondo globalizzato il 20% delle persone consuma l'83% delle risorse. Gli ultimi dati del rapporto FAO dimostrano come sia aumentato il divario tra i paesi ricchi e paesi poveri, spiegano la strutturalità dei flussi migratori dal sud al nord del mondo e pongono un interrogativo sulla reale volontà ed efficacia delle politiche concrete di aiuto ai paesi in via di sviluppo. Il ruolo protezionista che l'europa ha giocato nella Conferenza dell'omc di Cancun fotografa impietosamente lo scarto tra pronunciamenti e pratiche concrete, ma anche il rifiuto nuovo di quella logica da parte di molti paesi importanti, il Brasile, il Sudafrica e l'india ed altri ancora. Il rapporto dell'onu presentato nel 55 anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo evidenzia come le donne e i bambini del mondo siano gli esclusi dal progresso sociale, che l'emergenza dei diritti umani è donna, che il 70% dei poveri del mondo è donna. Le donne producono la metà del cibo e sono la maggioranza delle forza lavoro, ma guadagnano solo il 10% del reddito mondiale e possiedono meno dell'1% delle proprietà. Dalla combinazione di questi dati risulta chiaro che la globalizzazione ha indubbiamente una straordinaria potenzialità in termini di innovazione e di ricerca, ma che di fatto non ha prodotto né maggior ridistribuzione del reddito fra le popolazioni del mondo, né maggior diritti e meno povertà per le donne. In nessun Paese, neppure in quelli più ricchi e sviluppati le donne sono trattate in modo uguale agli uomini. Non hanno a disposizione la stessa quantità di risorse e lo stesso sostegno alle loro capacità, anche se è vero che i Paesi in via di sviluppo presentano i problemi più urgenti, poiché la disuguaglianza di genere è strettamente correlata alla povertà. Perdura l'analfabetismo, di cui le donne rappresentano il 63%; 2 milioni di donne all'anno sono infettate dal virus HIV e 1.2 milioni di donne sono uccise dall'aids; 2 milioni di bambine sono costrette a prostituirsi; donne muoiono ogni anno per cause legate alla gravidanza e al parto; 60 milioni di donne sono assenti dalle statistiche a causa degli aborti selettivi; 130 milioni di donne hanno subito mutilazioni dei genitali. Inoltre i 2/3 dei 40 milioni di rifugiati nel mondo sono donne e bambini. Il Sindacato è in tutto il mondo uno degli strumenti di sviluppo della democrazia. Le donne iscritte ai Sindacati che aderiscono nel mondo alla Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi sono circa 63 milioni su un totale di 157 milioni. Le Organizzazioni sindacali crescono in generale quasi esclusivamente grazie all'apporto delle donne, come dimostra il caso Australia dove nel 2000 vi è stato un aumento di più di trecentomila iscritte a fronte circa novemila iscritti o il caso Europa dove fin dagli anni '80 l'aumento degli iscritti ai Sindacati è dovuto soprattutto all'adesione delle lavoratrici. Si può affermare quindi che "le donne fanno bene al Sindacato", ma anche che "il Sindacato fa bene alle donne". Infatti le differenze salariali fra uomini e donne in Europa sono inferiori laddove i sindacati sono più femminilizzati. Nei Paesi in via di sviluppo i diritti delle lavoratrici sono più tutelati nei settori dove è presente il Sindacato. Lo stesso dicasi anche per gli Stati Uniti. Parlare di globalizzazione e di diritti delle donne ha dunque un senso per il Sindacato, in particolare per la CGIL, se si affronta il tema dell'azione sindacale in una dimensione di genere internazionale e non più solo nazionale o territoriale, per le conseguenze che scelte assunte in sedi diverse da quelle nazionali hanno sulle condizioni materiali delle persone che rappresentiamo. Il rapporto nuovo e diverso tra imprese e territorio nella competizione globale, la delocalizzazione produttiva, gli effetti sulle economie delle scelte del WTO, del FMI e della Banca Mondiale, l'insicurezza che pervade tutte le società dimostrano come quella dimensione sia altrettanto necessaria per ridefinire i valori cui ancorare la nostra azione e per misurare efficacia e razionalità della rappresentanza sociale e della rappresentanza politica. Il Sindacato dovrà affrontare nei prossimi anni una sfida inedita: diventare protagonista della progressiva affermazione di un modello di sviluppo sempre più sostenibile. Lo sviluppo è sostenibile quando tiene conto in modo equilibrato delle implicazioni sociali, ambienglobalizzazione e vita delle donne

19 Aitanga Giraldi Responsabile Politiche Pari Opportunità della CGIL 18 tali ed economiche e dei diritti delle donne. In particolare le politiche per un'economia sostenibile devono basarsi sul profondo rispetto per le esigenze di conservazione delle capacità di rigenerazione e assimilazione dei sistemi naturali, per l'applicazione delle norme fondamentali del lavoro, dei diritti umani - e quindi delle donne - e delle convenzioni sull'ambiente e sulla tutela della salute. Deve essere inoltre affermato il primato di tali norme multilaterali rispetto alle regole commerciali. Vi sono due modi di pensare lo sviluppo e di concepire la competizione. Il primo modo deriva da un forte impegno nella ricerca e nella innovazione di processo e di prodotto, che assume la qualità come asse strategico per l'affermazione sui mercati, sapendo che oggi parlare di qualità significa soprattutto parlare di sostenibilità ma anche di diritti del lavoro. Il secondo si attarda ad assicurarsi la capacità di acquisizione di spazi di mercato solo con politiche di abbattimento dei costi, a scapito delle lavoratrici e troppo spesso avvalendosi del lavoro minorile. Per il nostro Paese il primo modo è ricco di grandi potenzialità, anche se fortemente impegnativo in quanto impone che il confronto avvenga con i protagonisti della fascia alta e dinamica del mercato internazionale, proprio dove negli ultimi anni abbiamo perso importanti posizioni. Il secondo, se pagherà nel breve periodo, è però destinato a perdere progressive posizioni perché nella fascia bassa del mercato i nostri competitori hanno molte più carte da giocare: costi del lavoro notevolmente più bassi, evasione dei diritti sociali, assenza di normative ambientali. Ne consegue non solo che non esiste alternativa in assoluto, ma addirittura che nel nuovo scenario globalizzato, quella della qualità è una strada obbligata per il nostro paese. Anche perché non dobbiamo dimenticare che con l'euro sono venute meno alcune delle tradizionali leve utilizzate nel passato per acquisire spazi di competitività. La convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW, 1979) è il più importante strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di diritti delle donne. Essa definisce "discriminazione contro le donne": " ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia l'effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio da parte delle donne, indipendentemente dal loro stato matrimoniale e in condizione d'uguaglianza fra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile, o in qualsiasi altro campo. A questo si aggiungono gli impegni assunti dai Governi al termine della Conferenza mondiale di Pechino del 1995 e ribaditi nell'assemblea "Pechino + 5", tenutasi a New York nel 2000, che comprendono sia la lotta alla povertà delle donne, sia l'impegno a favorire la partecipazione delle donne al potere economico e politico. Le politiche per le pari opportunità fra uomini e donne ricevono dunque un grande impulso nel mondo a seguito della Conferenza mondiale di Pechino del 1995, ma dopo anni d'avanzamento, che aveva prodotto interessanti risultati anche in Europa e in Italia, si registra una battuta d'arresto, perché una maggioranza di Paesi di destra inevitabilmente influenza questo tema anche nella Unione Europea. Il testo della Convenzione Europea non aveva accolto ad esempio gli emendamenti presentati dai movimenti delle donne, a partire dalla Lobby Europea e dalla CES. E' del tutto evidente come nella concitazione di raggiungere un accordo sulla Convenzione le questioni delle pari opportunità fossero passate in secondo piano. Mi sarebbe ugualmente piaciuto che nella Convezione fosse sancito il diritto all'autodeterminazione delle donne, perché avrebbe comportato legislazioni nazionali, anche sulle questioni della interruzione volontaria della gravidanza, problema non marginale rispetto all'allargamento di altri dieci Paesi. Come non marginale rispetto all'allargamento saranno i diritti e le tutele del lavoro in generale e delle lavoratrici in particolare. Sono in ogni caso ragionamenti superati dal fallimento della Conferenza intergovernativa e dall'amara considerazione che l'unione Europea non ha una costituzione, non a causa della scarsa attenzione ai diritti delle donne, ma di una pericolosa miopia politica dei Governi.

20 Globalizzazione e vita delle donne 19 L'immagine adatta a descrivere la posizione delle donne nelle organizzazioni sindacali nel mondo è a piramide. Sono molte, sempre di più alla base, ma poche, sempre di meno, quando si sale ai vertici. Noi riteniamo, invece che la piramide vada progressivamente cancellata, perché una forte presenza di sindacaliste in tutti i luoghi delle decisioni e delle trattative, a partire dal posto di lavoro fino ai livelli nazionali e internazionali, è la premessa indispensabile per garantire l'uguaglianza di genere nel lavoro, come una democrazia paritaria in tutti gli organismi sovranazionali lo è per rendere più agevole il cammino verso l'uguaglianza di genere nel mondo, che comincia dagli indicatori di alfabetizzazione e di istruzione, continua attraverso l'assistenza sanitaria che comprende anche la libertà di scelta sulla propria fecondità mentre è importante che la famiglia e la società accettino una più ampia partecipazione pubblica delle donne e che tutti gli ostacoli a tale partecipazione siano eliminati. L'attuale Governo è totalmente insensibile a questa impostazione. Tant'è che, non contento di cancellare importanti diritti dei lavoratori e in particolare delle lavoratrici, di ridurre le tutele sanitarie, di svuotare la scuola pubblica, di annullare l'idea stessa di giustizia, di sequestrare il sistema dell'informazione, di svendere il patrimonio pubblico, adesso vuole anche azzerare le leggi di tutela ambientale. Quelle norme che, sulla base degli indirizzi europei, tutelano la sicurezza dei cittadini dalle frane e dalle alluvioni, garantiscono la qualità dell'aria, impediscono alle attività produttive di avvelenare i terreni e l'acqua, salvaguardando il mare, i parchi e il patrimonio naturale. Gli elementi che connotano questa fase dell'economia italiana rispetto all'occupazione femminile sono molteplici: tasso di occupazione ancora basso, elevato tasso di disoccupazione, scarsa partecipazione al mercato del lavoro delle classi di età più elevate, divario fra Centro Nord e Sud del Paese, alta scolarizzazione, un forte invecchiamento della popolazione, tagli sempre più consistenti dei trasferimenti di risorse alle autonomie locali con conseguenti diminuzione dei servizi pubblici e aumento del costo dei servizi sociali di prossimità e per ultimo un tasso di fecondità, che se pure in lieve aumento, rimane fra i più bassi nei Paesi economicamente sviluppati. La soluzione di queste contraddizioni non è semplice e non può a essere data dal pressappochismo e dalle misure contraddittorie con cui l'attuale Governo affronta questi temi. Vi è, infatti, la necessità di politiche complessive che tengano insieme fecondità, buona occupazione, diritti dei padri e delle madri e centralità dei diritti dei bambini. Le principali misure a favore delle pari opportunità e della conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro che sono offerte attualmente sono contenute in appositi capitoli del libro bianco sul mercato del lavoro, del libro bianco sul welfare, della legge 30 di riforma del mercato del lavoro e relativo decreto attuativo, a cui si aggiungono le nuove norme sui servizi alla prima infanzia approvate alla Camera, l'assegno di mille euro per ogni secondo nato e successivi rigorosamente italiani o europei senza alcun riferimento al reddito, la riforma Moratti con particolare riferimento alla abolizione del tempo pieno per le scuole elementari, la finanziaria 2004 e i tagli alle risorse destinate agli Enti Locali. E' del tutto evidente come in realtà queste misure siano "a sfavore" delle lavoratrici e delle pensionate. Il processo iniziato per una parità reale fra uomini e donne nel mercato del lavoro e nella società si è dunque arrestato. La riforma del mercato del lavoro è la conferma del bilancio negativo delle politiche di pari opportunità in Italia. Essa mette, infatti, in discussione conquiste già ottenute e soprattutto la speranza di una nuova cultura della conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro e della condivisione del lavoro di cura all'interno della coppia, obiettivo quest'ultimo non raggiunto, anche se nella passata legislatura erano state emanate leggi come la 53 che andavano in questo senso e che assegnavano uguali diritti e doveri alla maternità e alla paternità. La 53/2000 aveva recepito in parte l'elaborazione del pensiero femminile e le istanze delle donne del Sindacato e attraverso un percorso legislativo si era così iniziato a superare la divisione netta all'interno dei sessi nell'attribuzione e nel valore del lavoro produttivo e riproduttivo. I provvedimenti di questo Governo sia per quanto riguarda il mercato del lavoro, il welfare, la scuoglobalizzazione e vita delle donne

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