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1 DIPARTIMENTO SALUTE MENTALE PROGRAMMA AUTISMO SPOKE REGGIO EMILIA HUB AREA VASTA EMILIA NORD Responsabile: Dott.ssa Maria Linda Gallo Viale Umberto I, Reggio Emilia Segreteria: Tel. 0522/ Torino, 1 Ottobre 2009 L educazione strutturata Dott.ssa Erica Santelli Dott.ssa Elena Benassi

2 EDUCARE NELL AUTISMO Il compito dell educazione è quello di incoraggiare ogni individuo a sviluppare nuove abilità per vivere meglio e conoscere il mondo Anche nell educazione di un individuo con autismo ci si propongono gli stessi obiettivi: si parla, in particolare, di un approccio psicoeducativo. La valutazione delle risorse e dei deficit dell individuo e delle caratteristiche del suo ambiente forniscono la base a un trattamento che fa leva sulle possibilità di apprendimento del soggetto e sulle possibilità dell ambiente di modificarsi per adattarsi alla persona.

3 L APPROCCIO TEACCH Non è un metodo di intervento, come si intende generalmente, ma prima di tutto un programma politico. Programma TEACCH, infatti, indica l organizzazione dei servizi per soggetti con autismo o disturbi della comunicazione, realizzato in Carolina del Nord negli anni 60. Questo Programma prevede una presa in carico globale sia in senso orizzontale (in ogni momento della giornata) che in senso verticale (durante tutto l arco della vita di un soggetto). Questo metodo è stato ideato da Eric Schopler, sperimentato per 5 anni nella Carolina del Nord e dagli anni 70 viene finanziato ufficialmente dallo Stato.

4 OBIETTIVI DEL TEACCH Il fine ultimo della metodologia TEACCH è quello di far in modo che il soggetto sviluppi il massimo grado possibile di autonomia nella vita personale, sociale e lavorativa. Questo obiettivo viene raggiunto attraverso strategie educative di matrice cognitivo-comportamentale che potenzino le abilità della persona con autismo. Lo sviluppo di abilità non è ristretto al solo individuo con autismo, anche i genitori e gli educatori sono oggetto di educazione : un reale adattamento è raggiungibile solo se da un lato si adatta l ambiente alla persona, e, dall altro si insegnano alla persona abilità adattative.

5 PRESUPPOSTI - 1 Concezione dell autismo: secondo i criteri dell ICD 10 o del DSM IV, caratterizzato da una triade sintomatologica. Durata dell intervento: il disturbo, pur migliorando, dura tutta la vita quindi sono necessari servizi per l intero ciclo di vita. Collaborazione con le famiglie: i genitori sono gli esperti del bambino e gli operatori sono gli esperti dei trattamenti. Personalizzazione dell intervento: non si propone un percorso rigido da applicare a tutti i soggetti ma strumenti per insegnare con flessibilità nuove abilità ad ognuno.

6 PRESUPPOSTI - 2 Flessibilità: gli strumenti si devono modificare nel corso del tempo in base ai risultati ottenuti ed alle esigenze della famiglia e dell ambiente di vita. Autonomia e spontaneità: obiettivo non è solo quello di insegnare nuove abilità, ma anche di fornire al soggetto gli strumenti per un uso indipendente, flessibile e spontaneo. Programmazione concreta: gli obiettivi dell insegnamento strutturato devono essere abilità concretamente utili. Motivazione all apprendimento: durante l apprendimento l individuo deve essere gratificato, i compiti proposti devono essere scelti tra le abilità emergenti e riuscite.

7 PRESUPPOSTI - 3 Capacità visuo-spaziali: queste capacità, generalmente molto buone, possono essere utilizzate efficacemente come supporto alla strutturazione e alla comunicazione. Livello di sviluppo: questa valutazione deve essere effettuata con strumenti adeguati, come il PEP3 o l AAPEP, che registrino le capacità del soggetto in aree differenti. Programma educativo: deve essere basato sulle emergenze, ma considerare anche le priorità della famiglia, dell ambiente di lavoro e di vita, gli aspetti più urgenti e le predisposizioni e preferenze del soggetto.

8 LA STRUTTURAZIONE La difficoltà fondamentale per i soggetti con autismo è quella di ricavare un significato socialmente condiviso nelle attività: è proprio questo significato che funge da molla nei soggetti con sviluppo tipico per favorire l apprendimento. La sua assenza negli individui con autismo ci obbliga a progettare attentamente la struttura del nostro insegnamento per permettergli di utilizzare, per apprendere, la memoria meccanica, la ripetitività, le routine e le capacità visive. Strutturazione non deve però significare rigidità; la struttura deve essere flessibile, costruita in funzione dei bisogni e del livello di sviluppo del singolo e suscettibile di modifiche.

9 QUINDI Strutturare significa organizzare in modo preciso e dettagliato le attività e i materiali da proporre, gli spazi di lavoro, i tempi di esecuzione e di riposo, così da rendere chiaro ed evidente, e dunque comprensibile, ciò che si richiede al soggetto. Questa metodologia di lavoro limita i comportamenti problematici, spesso originati dall ansia di non sapere cosa fare, come e quando farlo, e di superare le limitazioni comunicative e sensoriali dei soggetti con autismo. UNA IMMAGINE VALE PIÙ DI MILLE PAROLE!

10 LA STRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO Risponde alla domanda: DOVE? L ambiente di lavoro deve essere organizzato in spazi chiaramente delimitati, ognuno con funzioni specifiche ben visualizzate, in modo da consentire al soggetto di sapere con precisione ciò che ci si aspetta da lui in ogni luogo. È importante che ogni spazio sia dedicato ad una singola attività: in questo modo il soggetto potrà orientarsi da solo e raggiungere presto l autonomia di movimento. L angolo di lavoro è di solito organizzato con un banco rivolto verso una parete e affiancato da due scaffali su cui disporre il materiale da eseguire (sn) o completato (dx).

11 DOVE? 1. Definire in modo chiaro e riconoscibile le funzioni di ogni ambiente attraverso segnali evidenti, stabiliti, appresi e costanti (oggetti, immagini). 2. Le definizioni e le marcature degli spazi devono necessariamente essere mantenute costanti nel tempo. 3. Un ambiente o una parte di esso deve avere una ed una sola funzione specifica sempre stabile nel corso del tempo. 4. Deve essere definito il posto esclusivo di ogni soggetto, il posto deve rimanere sempre lo stesso e deve essere immediatamente riconoscibile.

12 LA STRUTTURAZIONE DEL TEMPO Risponde alle domande: QUANDO? PER QUANTO? Il tempo è una nozione difficile poiché si appoggia su dati non visibili: perciò è importante strutturare la giornata attraverso un organizzazione del tempo che informi su ciò che sta accadendo, ciò che è accaduto e ciò che accadrà, aumentando la prevedibilità e il controllo sulla situazione. Ogni individuo dovrà disporre di una sua agenda giornaliera, costituita da una sequenza di oggetti, immagini, o parole, ordinati dall alto verso il basso. Al termine di ogni attività, ogni relativo simbolo potrà essere spostato in un contenitore che registra il tempo trascorso.

13 QUANDO? PER QUANTO TEMPO? 1. Le attività devono essere scandite in modo prevedibile poiché le novità possono creare disorganizzazione. Devono essere create routine il più possibile regolari sia a dimensione giornaliera che settimanale. 2. È fondamentale usare in maniera costante e sistematica uno strumento di gestione del tempo, come l agenda. Questa, a seconda delle abilità del soggetto potrà essere costituita di parole, disegni, fotografie o oggetti. 3. È importante rispettare con accuratezza i tempi di inizio e di fine di ogni attività per costruire un senso di routine regolari e prevedibili.

14 LA STRUTTURAZIONE DEL MATERIALE Risponde alle domanda: COSA? Il materiale proposto nella situazione di lavoro indipendente deve essere auto-evidente, vale a dire comprensibile senza bisogno di spiegazioni. Può essere utile organizzare ogni singola attività o compito educativo all interno di una scatola con un simbolo (lettera o numero) che indichi la progressione del lavoro. Il lavoro da fare deve essere posto dall educatore, sullo scaffale di sn, mentre quando il lavoro è finito deve essere riposto sullo scaffale di dx: questa infatti è l organizzazione tipica della cultura occidentale.

15 IL RINFORZO - 1 Risponde alla domanda: PERCHÉ? Può essere difficile per il soggetto, inizialmente, comprendere per quale motivo deve eseguire certi compiti. Anche i soggetti a sviluppo tipico incontrano questa difficoltà, ma possono essere motivati dalla volontà di accontentare la mamma o l insegnante o di fare " bella figura". Queste motivazioni possono inizialmente essere troppo astratte per gli individui affetti da autismo; sarà pertanto necessario dare motivazioni concrete e strettamente collegate nel tempo all esecuzione del compito.

16 IL RINFORZO - 2 Una ricompensa alimentare è il rinforzo più semplice; spesso tuttavia si può ben presto sostituire con il rinforzo sociale, costituito da lodi e complimenti. È importante comunque individuare un rinforzo adatto alle preferenze del singolo. Anche il permesso di dedicarsi ad una attività preferita, non importa se stereotipata, può costituire un rinforzo adeguato.

17 L AIUTO - 1 Risponde alla domanda: COME? Se non possiamo utilizzare efficacemente le istruzioni verbali per spiegare il compito, un aiuto fisico o visuale costituirà il modo più semplice per illustrare al soggetto con autismo come dovrà eseguire il suo compito. Il grado maggiore di aiuto è costituito dall aiuto fisico: l educatore cioè accompagna con la sua la mano del soggetto nell esecuzione del compito. In questo caso è importante che il gesto sia dosato in modo da comunicare un incoraggiamento e che abbia una valenza esplicativa; non deve costituire una costrizione.

18 L AIUTO - 2 Un altro tipo di aiuto può essere di tipo visuale: è un aiuto di questo tipo indicare con il dito, o anche, ad esempio, spostare un oggetto dal posto sbagliato al posto giusto, o ancora una dimostrazione di come eseguire il compito. Anche l aiuto verbale naturalmente può essere utilizzato; in questo caso è utile usare parole semplici, essenziali e sempre uguali per una stessa spiegazione, evitando i sinonimi o un linguaggio troppo figurato. Anche nel caso dell aiuto è importante valutare la forma più efficace per ogni singolo caso.

19 LA GENERALIZZAZIONE Bisogna infine ricordare che i soggetti con autismo tendono ad associare l apprendimento con una data situazione o ad un ambiente: hanno difficoltà a generalizzare. Sarà quindi necessario sviluppare dei programmi di generalizzazione: l apprendimento in ambiente protetto è solo l inizio del programma educativo, perché è altrettanto importante estendere le competenze acquisite all ambiente familiare o in altre situazioni. I rapporti di collaborazione tra chi si prende cura dei soggetti con autismo sono un requisito indispensabile del processo educativo.

20 I COMPORTAMENTI PROBLEMA - 1 Tutti presentiamo problemi di comportamento di tanto in tanto: ci può capitare di perdere il controllo, manifestare aggressività, scaricare la tensione attraverso tic nervosi. Si tratta generalmente di episodi passeggeri, di cui siamo successivamente in grado di scusarci. Quando una persona manifesta un comportamento diverso dal solito, lo stress ha oltrepassato i suoi limiti: il comportamento è un indice di adattamento del soggetto al suo ambiente. Sappiamo inoltre che il comportamento è influenzato dai disturbi organici: dolore, fatica, ingestione di farmaci, fame, stanchezza possono contribuire a modificarlo.

21 I COMPORTAMENTI PROBLEMA - 2 Le persone con autismo sono sottoposte allo stress quotidiano come e più delle altre persone, e la affezioni organiche le colpiscono in maniera uguale, se non più grave, a causa di una sensibilità più acuta della nostra e della difficoltà di decifrare le proprie sensazioni. Tuttavia non possono reagire né cercare aiuto come noi, a causa dei problemi di comunicazione: non possono comunicare il proprio stato e non sanno cosa ci si aspetta da loro, e questa incertezza aumenta lo stress.

22 I COMPORTAMENTI PROBLEMA - 3 I problemi di comportamento della persona con autismo non sono che la punta dell iceberg sommerso delle sue difficoltà: un sistema di comunicazione insufficiente la conduce a esprimere le proprie necessità attraverso atti distruttivi, aggressivi, auto-aggressivi o inappropriati. Anche una persona con autismo ad alto funzionamento, quindi, con un vasto vocabolario, una buona pronuncia e una capacità sintattica corretta, può non essere in grado di capire le nostre aspettative, o quale messaggio sia chiaro: per interpretare un messaggio infatti è necessario comprendere non solo le parole, ma anche il contesto (pragmatica).

23 I COMPORTAMENTI PROBLEMA - 4 I problemi di comportamento non sono un requisito fondamentale per la diagnosi di autismo. Poiché le persone con autismo hanno molte difficoltà a comprendere il nostro mondo, i nostri codici sociali sono per loro estranei e incomprensibili, pertanto le manifestazioni di comportamento problematiche possono costituire l unica espressione possibile del loro disagio e delle loro difficoltà.

24 I COMPORTAMENTI PROBLEMA - 5 Poiché nella persona con autismo l espressione dei bisogni passa attraverso i problemi di comportamento, sarebbe assurdo intervenire direttamente per modificarlo. La strutturazione e la prevedibilità dell ambiente e l adeguatezza delle richieste, nonché la chiarezza, la concretezza e la stabilità dei messaggi sono la prima condizione per evitare una situazione di stress permanente. Sarà necessario potenziare le capacità di comunicazione del soggetto ed eventualmente utilizzarne forme più adatte come le immagini o, in qualche caso, i gesti.

25 I COMPORTAMENTI PROBLEMA - 6 La riduzione dei problemi di comportamento è il miglior test per capire se la persona è stata valutata bene e se il programma individuale è adatto alle sue potenzialità e bisogni. Anche quando si sia provveduto ad adattare l ambiente, a mettere in atto un programma individuale e ad instaurare una comunicazione efficace, possono residuare occasioni di disagio che posso dare origine a comportamenti problema. Analizzare e comprendere i problemi è il primo passo per individuare una strategia di intervento adeguata, che sarà sempre tesa a valorizzare la persona e a permetterle di superare le proprie difficoltà.

26 L ANALISI FUNZIONALE - 1 Un comportamento ha sempre degli stimoli antecedenti che presumibilmente lo hanno evocato o provocato. Un comportamento ha sempre anche delle conseguenze che lo seguono e ne determinano il mantenimento nel tempo. L analisi di un comportamento che non si limita ad osservare solo il comportamento in oggetto (behaviour) ma che prende in considerazione anche i suoi antecedenti (antecedents) e le sue conseguenze (consequences) prende il nome di analisi funzionale o analisi ABC.

27 L ANALISI FUNZIONALE - 2 Quando si fa l analisi funzionale di un comportamento può essere utile raccogliere le informazioni in una tabella a 3 colonne come questa: Antecedente Comportamento Conseguenza Lo scopo dell analisi funzionale è capire come mai un comportamento si presenta si mantiene nel tempo: qual è, insomma, la funzione di quel comportamento.

28 L ANALISI FUNZIONALE - 3 Stimoli antecedenti (cosa evoca il comportamento?): 1) Assenza di stimolazioni adeguate 2) Presenza di stimolazioni inadeguate Un comportamento problema può insorgere sia quando il soggetto si trova in una situazione in cui non ha a disposizione stimoli (es. quando è da solo e non ha niente da fare) oppure quando sono presenti solo stimoli non adeguati (es. quando gli facciamo richieste troppo difficili).

29 L ANALISI FUNZIONALE - 4 Conseguenze (cosa mantiene il comportamento?): 1) Rinforzamento positivo 2) Rinforzamento negativo Il comportamento emesso dal soggetto potrebbe mantenersi nel tempo sia perché direttamente rinforzato (es. in modo inconsapevole con l attenzione sociale) oppure perché in grado di evitare al soggetto compiti poco piacevoli (es. il soggetto viene allontanato dalla lezione oppure gli viene cambiata una attività poco gradita).

30 DIPARTIMENTO SALUTE MENTALE PROGRAMMA AUTISMO SPOKE REGGIO EMILIA HUB AREA VASTA EMILIA NORD Responsabile: Dott.ssa Maria Linda Gallo Viale Umberto I, Reggio Emilia Segreteria: Tel. 0522/ Torino, 1 Ottobre 2009 Grazie per l attenzione l e buon lavoro! Dott.ssa Erica Santelli Dott.ssa Elena Benassi

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