Tribunale di Milano n Dott. Lualdi - L. srl (Avv. Rocco di Torrepadula) - INPS-SCCI (Avv. Cama) - ESATRI spa
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- Camillo Mura
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1 Contributi - Opposizione a cartella di pagamento - Minimale contributivo in edilizia - Ipotesi di esenzione - Art. 29 D. L. n. 244/1995 conv. in L. n. 341/ Sospensione convenzionale attività - Limiti di applicabilità - Preventiva comunicazione all'ente previdenziale Tribunale di Milano n Dott. Lualdi - L. srl (Avv. Rocco di Torrepadula) - INPS-SCCI (Avv. Cama) - ESATRI spa Tra le ipotesi di esenzione dall'obbligo del minimale contributivo in edilizia, elencate dall'art. 29 D. L conv. in L n. 341 e dal D.M , vanno ricomprese anche le sospensioni convenzionali dell'attività aziendale, a condizione che siano preventivamente comunicate agli enti previdenziali i quali possano esperire i relativi controlli. FATTO Con ricorso depositato in data la società L. S.r.l. in liquidazione in persona del legale rappresentante (da ora in poi anche e più semplicemente L.). ha evocato in giudizio avanti il Tribunale di Milano l INPS, la Società di Cartolarizzazione Crediti dell INPS e l'esatri S.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti, per vedere accolte le conclusioni sopra integralmente riportate. In particolare la parte ricorrente proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale nr notificata in data ed emessa nei confronti della L. per omissioni contributive come più dettagliatamente descritte nella cartella medesima e nel precedente verbale di accertamento datato ed espressamente richiamato. A fronte delle quattro differenti causali del credito contributivo complessivamente azionato dall'inps la difesa L. contestava peraltro nella sostanza la sola, e più significativa, somma riconducibile alle differenze retributive determinate dall'istituto ai sensi dell'art. 29 del D.L. n. 244/1995 con le relative somme aggiuntive. La difesa della L. contestava la debenza della somma richiesta dall'istituto con riferimento a tale causale sotto un unico profilo e cioé assumendo l'irregolarità del comportamento deli'inps per avere l'istituto calcolato il debito 1
2 contributivo sulla base della retribuzione cd. virtuale percepita dai tre dipendenti E.H., E.S. ed E.G.. I tre dipendenti interessati dal verbale di accertamento INPS, e con riferimento al quale lo stesso Istituto aveva provveduto alla determinazione dell'omissione contributiva sulla scorta della retribuzione virtuale, avevano infatti pacificamente e consensualmente sospeso il rapporto di lavoro per lunghi e significativi periodi di aspettativa non retribuita. Sulla scorta di tale circostanza, oggettivamente e documentalmente riscontrabile, i contributi dovuti all'inps e riconducibili alle tre posizioni E.H., E.S. ed E.G. dovevano essere calcolati esclusivamente sulla sola scorta della effettività della prestazione resa e con conseguente insussistenza del maggior credito accertato. Si costituiva ritualmente in giudizio l'inps anche nella sua qualità di mandataria della SCCI opponendosi a tutte le richieste attoree e chiedendone il rigetto in quanto da ritenersi infondate in fatto ed in diritto. Con ordinanza in data il Giudice non ammetteva i mezzi istruttori così come dedotti ritenendo la causa matura per la decisione e rinviava a successiva udienza per la discussione finale. Nelle more del procedimento ed a seguito di variazione tabellare veniva disposta la sostituzione del giudice istruttore. La causa, a seguito della discussione delle parti e debitamente istruita anche all'esito di produzioni documentali, è stata definita con contestuale lettura del dispositivo all'udienza in data sulle conclusioni in epigrafe indicate. DIRITTO L'opposizione non è fondata e merita di essere respinta. La cartella esattoriale oggetto della presente opposizione si fondava sul verbale di accertamento INPS in data ed a seguito del quale venivano contestate alla L. omissioni contributive relative ai dipendenti E.H., E.S. ed E.G. per avere la stessa L. escluso dalla base di calcolo delle contribuzioni dovute i periodi di assenza dei lavoratori per interruzione consensuale del rapporto. Ancora alla L. veniva contestato A) il mancato versamento di contributi per ,00 pur risultanti dalle denunce contributive compilate dalla società ma 2
3 mai presentate all'istituto, B) la somma di. 187,00 relativa a differenze contributive per il mese di luglio 2001 riconducibili ad una errata indicazione nella denuncia di retribuzioni inferiori rispetto a quelle effettivamente corrisposte ed ancora C) l'omissione contributiva di ,00 imputabile a contributi effettivamente dichiarati ma non versati dalla L. a mezzo delle relative denunce. La difesa della L., dopo aver richiesto un breve rinvio al fine di verificare l'eventuale pagamento delle somme sopra indicate A) B) C), riconosceva di non aver versato gli importi medesimi. Alla luce di quanto accertato in corso di causa e del contenuto dell'opposizione proposta da parte della L., che con riferimento alle causali A) B) C) in realtà nulla eccepiva, la pretesa contributiva relativamente a queste tre voci deve ritenersi sussistente e l'opposizione respinta. L'unico aspetto della controversia che deve essere affrontato e risolto investe pertanto il criterio e la base di calcolo della contribuzione dovuta dal datore di lavoro (impresa edile industriale) per i propri dipendenti a fronte di periodi di sospensione consensuale del rapporto di lavoro. La Suprema Corte, con recente sentenza n , ha nuovamente affrontato e risolto la questione affermando un principio che questo giudice si sente di condividere. La Suprema Corte ha preliminarmente richiamato il quadro normativo di riferimento affermando come "Con il primo motivo la società ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione del D. L. 23 giugno 1995, n art. 29 convertito in L. 8 agosto 1995, n. 341; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a punto decisivo della controversia, ripropone i due argomenti ermeneutici già esaminati e respinti dalla sentenza impugnata: 1) il preambolo del decreto ministeriale sancisce l'esclusione dell'applicazione della L. n. 341 del 1995, art. 29, comma 1 in quelle sospensioni dell'attività lavorativa non comportanti obbligo di retribuzione e non previste da leggi e contratti. La Corte di Appello ha ritenuto che le esenzioni dell'imprenditore dagli oneri contributivi sono solo quelle espressamente individuate nel D.M., art. 29 e che non vi può essere spazio per interpretazioni analogico-estensive; non ha però considerato che il Decreto de quo, allorché ha preso in esame le cause di assenza dal lavoro, lo ha pur 3
4 sempre fatto con esclusivo riferimento a cause o eventi per i quali sono previsti indennità o trattamenti economici. 2) Il preambolo del D.M. riconosce l'inapplicabilità dell'art. 29 nel caso di esclusioni che derivano da... contratti senza distinguere tra collettivi e individuali, sicché anche il contratto individuale che hanno sottoscritto con l'impresa i lavoratori (e le relative sospensioni concordate del rapporto) costituirebbero titolo sufficiente per escludere l'applicazione del suddetto art. 29. Interpretato il decreto in esame nel senso che esso si riferisce anche ai contratti individuali, sarebbe rispettato il principio di tassatività delle ipotesi di esclusione dell'obbligo contributivo. Il motivo, nei suoi due profili, non è fondato. Il D.L. 23 giugno 1995, n. 244, art. 29 convertito in L. 8 agosto 1995 n. 341 prevede che I datori di lavoro esercenti attività edile sono tenuti ad assolvere la retribuzione previdenziale ed assistenziale su una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all'orario di lavoro normale stabilito nei contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale... con esclusione delle assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione od interruzione dell'attività lavorativa con intervento della CIG, di altri eventi indennizzati e degli eventi per i quali il trattamento economico è assolto mediante accantonamento presso le Casse Edili : tale norma faculta poi l'autorità amministrativa a prevedere ulteriori ipotesi di esclusione dall'obbligo contributivo, con decreto interministeriale, sentite le Organizzazioni sindacali. In forza di tale delega, il D.M. 16 dicembre 1996 dispone che, oltre alle eccezioni previste dal D. L. n. 244 del 1995, art. 29, comma 1, sono da escludere i seguenti eventi: 1) permessi individuali non retribuiti nel limite massimo delle 40 ore; 2) eventuali anticipazioni effettuate dal datore di lavoro di somme corrispondenti agli importi della CIG; 3) periodi di assenza dal lavoro per ferie collettive; 4) periodi di assenza per la frequenza dì corsi di formazione professionale. La stessa Corte, dopo aver richiamato le tre pronunce in cui era stata affrontata precedentemente e risolta la questione (Cass n , Cass n. 1301(1) e Cass n. 5233) ha operato una sintesi delle rispettive posizioni La Corte osserva: l obbligazione contributiva nasce dal rapporto di lavoro, e non dalla prestazione lavorativa, ed è in vario modo correlata alla retribuzione effettiva corrisposta, se superiore al minimale 4
5 contributivo; nel gioco tra regola ed eccezione, occorre tenere presente che esiste un principio di corrispondenza tra retribuzione (o reddito) e contribuzione, ma con un limite inferiore (ed in taluni casi superiore) che ha anch'esso carattere di norma generale nell'ambito dell'ordinamento previdenziale sia pensionistico, sia infortunistico. Le eccezioni alla regola del minimale contributivo sono perciò di stretta interpretazione. Ancora, sulla scorta della premessa metodologica, Per individuare i limiti di tale stretta interpretazione occorre presente in apicibus che l'assetto attuale della previdenza sociale pubblica è caratterizzata da un bilanciamento tra impianto assicurativo (tenuto presente da Cass. 1301/2006) e finalità solidaristica, bilanciamento che si riflette nella interpretazione della regola del minimale contributivo e delle sue contestuali eccezioni; occorre inoltre procedere all'analisi delle fattispecie escluse dall'obbligo del minimale contributivo, per coglierne la volontà legislativa; risulta cosi che nell'elenco sono incluse fattispecie di diversa tipologia: sospensione totale dell'attività aziendale oppure di singoli lavoratori; sospensione senza obbligo retributivo (scioperi, permessi individuali non retribuiti) ed ipotesi di sospensione retribuita (ferie collettive); ipotesi accertabili direttamente dalla documentazione degli enti impositivi (malattia, infortuni, intervento CIG), oppure dalla consultazione della documentazione aziendale (scioperi, permessi individuali non retribuiti); ipotesi previste direttamente dalla fonte normativa legale, ed ipotesi di rinvio alla disciplina dei contratti collettivi (ferie collettive). Da tali rilievi derivano alcune conclusioni: poiché le eccezioni alla regola del minimale contributivo riguardano ipotesi di sospensione dell'attività lavorativa, la regola si riferisce sia alle prestazioni ad orario inferiore a quello normale stabilito dai contratti collettivi nazionali, sia alle ipotesi di sospensione, in cui non vi è prestazione di attività lavorativa; il minimo comune denominatore di tutte le variegate ipotesi sopra elencate è il carattere aggettivo e verificabile della riduzione o sospensione dell'attività; la determinazione tramite legge, decreto ministeriale o contratto collettivo intende dare certezza delle ipotesi escluse dall obbligo contributivo, per le ovvie ragioni già cennate di certezza del gettito; le ipotesi escluse non sono legate all'esistenza o meno dell'obbligo retributivo. Per tali ragioni si deve ribadire il carattere di stretta interpretazione della 5
6 elencazione dell'art. 29 e delle fonti normative cui esso rinvia, e, in base a tale principio, escludere che accordi individuali di sospensione dell'attività, al di fuori delle causali sopra indicate, possano condurre all'esonero dall'obbligo del minimale contributivo. Anche sulla corretta interpretazione sistematica della norma Il Collegio ritiene che trattasi di una interpretazione della norma in esame che ne privilegia la ratio, sopra enunciata, costituzionalmente orientata (secondo il canone del trattamento normativo eguale di situazioni eguali, nonché di ragionevolezza) e sia pertanto da condividere. Questa conclusione non contrasta con il carattere di stretta interpretazione della elencazione, affermato da Cass /2005, per una molteplicità di ragioni: perché le moderne teorie sulla interpretazione della legge negano al dato testuale esistenza autonoma e preesistente al risultato dell'attività interpretativa, e concepiscono l'attività dell'interprete come opera di ricostruzione del sistema, composto di norme esplicite e norme implicite nel sistema legislativo; perché l'art. 29 in esame modula contestualmente la regola del minimale contributivo prevedendone i limiti di applicabilità; perché, secondo dottrina e giurisprudenza, nell'ambito dei pensiero tradizionale e dei criteri dell'art. 12 preleggi che lo rispecchiano, la interpretazione estensiva è ammissibile anche per le norme tassative (Cass. 19 marzo 2003 n. 4036, 18 dicembre 1999 n , Cass. 15 aprile 1994 n. 3556, Cass. 7 dicembre 1991 n ); perché lega l'esenzione alla comunicazione, e cioé alla formalizzazione ed al controllo, come nell'ipotesi di intervento della CIG. Poste queste premesse, la Suprema Corte ha conseguentemente fissato il principio richiamabile nella controversia oggi all'attenzione del Tribunale: Tra le ipotesi di esenzione dall'obbligo del minimale contributivo in edilizia, elencate dal D. L. 23 giugno 1995, n. 244, art. 29 convertito in L 8 agosto 1995, n. 341 e dal D.M. 16 dicembre 1996, vanno ricomprese anche le sospensioni di attività aziendale senza intervento della CIG, preventivamente comunicate agli enti previdenziali, in modo da consentirne gli opportuni controlli. Poiché non risulta che la società ricorrente abbia effettuato tali adempimenti, il primo motivo di ricorso va respinto". Neppure tale lettura appare contraria ai principi della Carta Costituzionale con riferimento a possibile esistenza di un obbligo contributivo in assenza di 6
7 retribuzione posto che nessuna norma costituzionale presidia tale pretesa corrispondenza, ed anzi sono numerosi i casi nell'ordinamento positivo in cui l'obbligo contributivo prescinde dalla prestazione effettiva (Cass. 29 marzo 2005 n. 6602, Cass. Sez. un. 1 giugno 2006 n ). La sospensione consensuale del rapporto di lavoro così come attuato tra la L. ed i tre dipendenti oggetto di accertamento, sospensione peraltro mai preventivamente comunicata all'istituto e che solo in sede di opposizione alla cartella esattoriale si pretende di provare, non inficiano la correttezza dei principi in forza dei quali l'istituto ha azionato la propria pretesa contributiva. Poste tali premesse appare corretta in linea di principio non solo la pretesa contributiva azionata dall'istituto ma anche l'ammontare complessivo della somma richiesta anche alla luce della corretta determinazione delle sanzioni civili effettuate sulla base dei criteri previsti dall art. 116 della Legge n. 388/2000 trattandosi pacificamente nel caso di specie di mancato versamento della contribuzione connesso a registrazioni e/o denuncie obbligatorie omesse e/o non conformi al vero, integrando una evidente fattispecie di evasione contributiva. La natura del giudizio, l'oggettiva incertezza interpretativa sul punto, il comportamento processuale tenuto dalle parti, i motivi posti a fondamento della decisione giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese di causa. (Omissis) (1) V. in q. Riv., 2006, p
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