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3 A V V I S O I M P O R T A N T E IN SEGUITO A NUMEROSE TELEFONATE PERVENUTE A QUEST ORDINE ED AL SOTTOSCRITTO RELATIVAMENTE AL PAGAMENTO DEL TRIBUTO 540 (TASSA DOVUTA DAGLI ISCRITTI ALL ALBO PROFESSIONALE DI QUESTA PROVINCIA) CHE QUEST ANNO, PER UN MERO ERRORE MATERIALE, E STATO RICHIESTO CON UN AGGRAVIO DI EURO 5,88 PER DIRITTI DI NOTIFICA DELLA CARTELLA ESATTORIALE, SI COMUNICA CHE: 1) TALE MAGGIORE AGGRAVIO E SCATURITO DA NUOVE PROCEDURE PER L INOLTRO ALL AGENZIA DI RISCOSSIONE EQUITALIA DELLE MINUTE DEI PREDETTI RUOLI; 2) SI RASSICURA CHE PER IL PROSSIMO ANNO L ORDINE SI STA GIA ATTIVANDO PER EVITARE IL PREDETTO AGGRAVIO. NEL COMUNICARE QUANTO INNANZI SI INFORMANO GLI ISCRITTI CHE, QUANTO PRIMA, RICEVERANNO INDICAZIONI PER OTTENERE GRATUITA- MENTE LA PEC, CASELLA DI POSTA ELETTRONICA (OBBLIGATORIA PER LEGGE), PER 3 ANNI. LECCE 04 LUGLIO 2014 db/ IL PRESIDENTE (ON.LE DOTT. LUIGI PEPE)

4 Maurizio Muratore Lecce Capitale europea della cultura 2019: il coraggio di partecipare ad un cambiamento L ecce Capitale europea della cultura 2019 è lo strumento per portare al cambiamento, una palestra per il futuro, la possibilità di diventare ciò che siamo davvero. Il progetto dell Unione Europea, nato nel 1985 da un idea di Melina Mercouri per avvicinare tra loro i cittadini europei, vuole sottolineare differenze ed aspetti comuni nelle varie culture sparse sul Continente, per favorire il senso di appartenenza ad una comunità unita nella diversità, come recita per l appunto il motto dell Unione. Rompendo gli schemi, i nostri amministratori insieme a uno staff formato da professionisti e volontari hanno avuto il coraggio di mettersi in gioco con un salto verso il cambiamento, uno stimolo a spostare i punti di vista, rompere la routine, lasciar cadere le zavorre d idee precostituite e la rigidità del pensiero per andare incontro all inatteso, e tutto questo scendendo in strada per accorciare le distanze con i cittadini, creare momenti di dialogo e confronto mettendo così in luce punti di forza, fragilità e bisogni inespressi. Una capitale europea non viene designata per il suo patrimonio storico, artistico o ambientale ma per la sua capacità di creare nuovo senso intorno a questa eredità, tenendo conto del tessuto urbano e dei contesti produttivi in cui si va ad agire, dimensione europea ed il rapporto tra città e cittadini sono i criteri perché una città possa essere candidata, ecco perché non è pensabile dare la 4

5 responsabilità, il fardello così impegnativo, così grande solo ai nostri amministratori. Dobbiamo noi cittadini avere un ruolo attivo e duraturo nello sviluppo culturale della città. Sono convinto che solo in questo modo, iniziando da noi stessi, potremo aprire il territorio ad una conoscenza vera ma soprattutto ad un riconoscimento delle proprie capacità. La città e i suoi cittadini devono prendersi la responsabilità di valorizzare le proprie peculiarità e a dare dimostrazione della propria creatività. Non possiamo perdere quest occasione: ottenere il titolo di Capitale europea della cultura è uno strumento che può portare ad un cambiamento solo se il territorio intero decide di darsi una possibilità. E un occasione di crescita per le amministrazioni pubbliche e le comunità che devono camminare e agire di concerto per raggiungere a medio e a lungo termine l obiettivo. La candidatura dunque non è altro che l inizio di un percorso, una palestra per il futuro, un sogno, un laboratorio di esperienze in atto e in potenza, la possibilità di diventare ciò che siamo, se lo vogliamo davvero. Soltanto partecipando attivamente potremmo dimostrare che siamo crocevia di culture, il punto d incontro con il sud del mondo, Lecce e Brindisi sono il tacco su cui regge il futuro d Europa. Per Lecce2019 reinventarsi vuol dire non accomodarsi sul valore del proprio patrimonio architettonico e artistico ma piuttosto riconoscersi, cogliere potenzialità, mettere in connessione, saltare la barriera dell isolamento per attivare tra i cittadini un ciclo continuo di conoscenze, possibilità e modelli di crescita innovativi. Rompere gli schemi, avere il coraggio di mettersi in gioco per cambiare il punto di vista. Questo il nostro giornale lo fa da anni: portiamo avanti da anni una sistematica promozione delle arti figurative, facendo di ogni numero una vera e propria monografia, alternando l approfondimento delle opere di artisti che hanno fatto la Storia dell Arte, con quelli che, originari del Salento, si sono distinti a livello internazionale. Per questo accogliamo e sosteniamo con entusiasmo la candidatura di Lecce a Capitale europea della Cultura 2019: perché ci sentiamo parte integrante di un offerta culturale sistemica, che, in maniera omogenea ed unitaria propone un identità ben caratterizzata della nostra Storia e della nostra cultura. È questo lo spirito con cui dobbiamo lavorare per Lecce2019 Capitale europea. L Ordine dei medici e la stessa classe medica non può sottrarsi a questa responsabilità di partecipare attivamente a sensibilizzare la popolazione a non perdere questa occasione, questa grande opportunità, che consentirebbe di entrare in un indotto di una potenzialità straordinaria. Qualora venissimo dichiarati Capitale Europea della Cultura sarà certamente una vittoria, ma rappresenterà il primo ed il più piccolo dei traguardi di un cammino che impegnerà Lecce, Brindisi e le rispettive province per moltissimi anni. Parafrasando Massimo D Azelio potremmo dire abbiamo fatto Lecce capitale europea della cultura ora dobbiamo fare i leccesi! Forse un espressione troppo dura, ma un evento di questa portata deve necessariamente farci modificare alcune abitudini comportamentali, dobbiamo sprovincializzarci, diventare cittadini dell Europa, anzi del mondo. 5

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8 di Gino Peccarisi Pochi specializzandi: collasso del SSN all orizzonte IL PARADOSSO: I PENSIONATI MEDICI SARANNO IN NUMERO SUPERIORE ALLE NUOVE LEVE. ALL ESTERO CONTRATTI PIÙ ALLETTANTI. URGENTE PORRE RIMEDIO P rima della sua istituzione l assistenza sanitaria in Italia era assicurata dagli enti mutualistici, o casse mutue, competenti ognuna per una determinata categoria di salariati, che erano assistiti insieme con i loro familiari. Gli enti erano finanziati dai contributi versati direttamente dai datori di lavoro e dai loro dipendenti. È evidente come l assistenza fosse in relazione non all essere cittadino italiano ma lavoratore. Tale differenza di trattamento cessò con l istituzione del Sistema sanitario nazionale che soppiantò il sistema mutualistico; gli ospedali divennero enti pubblici e fu data attuazione all articolo 32 della Costituzione italiana che sancisce il diritto alla salute per tutti gli individui. Secondo l OMS per accesso alle cure ed efficienza di spesa eravamo secondi solo alla Francia. Ora lo Stato garantisce livelli essenziali di assistenza per ogni cittadino; le Regioni realizzano gli intendimenti del Governo e gestiscono la spesa nei limiti del raggiungimento degli obiettivi fissati. Il distretto socio sanitario eroga le cure primarie attraverso medici di medicina generale e pediatri di libera scelta e soddisfa la richiesta di prestazioni diagnostiche, specialistiche e ospedaliere in regime di ricovero o ambulatoriale. Un ingranaggio ben concepito che continua a fare del nostro uno dei Paesi più virtuosi in campo sanitario. Tuttavia da più parti si levano allarmi perché, per 8

9 un incongrua programmazione, il sistema potrebbe incepparsi. Il numero programmato ha già creato per i prossimi anni una carenza di medici nella medicina di base dato che i colleghi che andranno in pensione supereranno di gran lunga quelli impegnati nel triennio di formazione professionale che abilita alla medicina territoriale. Saremo costretti a chiedere aiuto ai sanitari provenienti dall estero. Fra i tanti problemi quello che preoccupa maggiormente è il paradosso fra una pletora, si fa per dire, di laureati in medicina, disoccupati e la carenza sempre più pressante di specialisti. Gli ospedali sono già al collasso e i reali bisogni della popolazione non soddisfatti. Il rischio di un collasso è dietro l angolo e, se non si interviene con urgenza, il sistema rischia di impazzire. In Puglia la Asl di Foggia, per ricercare anestesisti e specialisti in medicina d urgenza, ha chiesto aiuto a Grecia e Spagna. Un campanello d allarme per denunciare il taglio della spesa per la formazione post laurea e la ridotta preparazione di professionisti rispetto alle reali esigenze del Paese. Tutto ciò mentre la laurea in medicina diventa sempre più ambita; solo in questo anno in numero dei partecipanti ai test di accesso alla facoltà ha subito un decremento rispetto alla crescita esponenziale degli anni passati. Frutto, probabilmente, della crisi economica e dei test programmati durante l anno scolastico, quando i ragazzi dovrebbero studiare esclusivamente per la maturità. Che ci sia uno scollegamento fra i licei e l università e che la scuola debba essere cambiata non ci sono più dubbi, anche se le riforme dovrebbero comprendere molti settori di questa nostra Italia disastrata. Il sistema sanitario nazionale nel prossimo futuro potrebbe non soddisfare più la domanda di salute; nei prossimi dieci anni mancheranno circa quindicimila medici. A fronte dei 58mila pensionamenti previsti per medici dipendenti pubblici, specialisti ambulatoriali e universitari, i contratti di formazione ammonteranno a circa 42mila. Da non sottovalutare, infine, l aumento della popolazione femminile in campo sanitario che al di sotto dei 35 anni supera di gran lunga quella maschile. Tutto ciò comporta una carenza di specialisti in alcune branche come quelle chirurgiche notoriamente non preferite dalle colleghe. Al momento i medici specializzati in Italia trovano migliori opportunità di lavoro all estero; molti colleghi già popolano gli ospedali fuori dai confini nazionali così l Italia regala i nostri talenti alle Nazioni oltre confine, dopo aver speso centinaia di euro per la loro formazione. Sul web e sui siti ufficiali le offerte di lavoro con retribuzioni allettanti non mancano e se continuerà la politica miope dei nostri amministratori, quello sanitario sarà presto un problema destinato ad aggravare la già compromessa crisi sociale. Gran Bretagna, Francia, Germania, Svezia, Danimarca e Australia sembrano le destinazioni preferite perché garantiscono stabilità contrattuale che il nostro Paese non è in grado di dare. Il blocco del turn over, sbarrando l accesso ai 9

10 concorsi nelle aziende sanitarie locali, non contrasta lo stato d insoddisfazione e d incertezza che alimenta l emigrazione intellettuale. Infatti, su iscritti alla facoltà di medicina solo potranno accedere alle scuole di specializzazione, cui si aggiungono le 900 borse di studio in Medicina Generale, lasciando la maggior parte in un precariato senza speranza. Così da un lato la fuga dei cervelli, stanchi di aspettare una riforma strutturale che non arriva, lasciano la terra natia e dall altro siamo costretti ad importare professionisti dall estero per colmare le carenze. In Puglia la situazione rispecchia quella generale. La nuova programmazione sanitaria è costretta a richiedere lo sblocco dei concorsi per coprire i posti rimasti vacanti; esiste tuttavia il pericolo che non si riescano a trovare i medici. Sarà necessario ricercarli da altre Regioni, se non dall estero. Colpa di una politica di tagli per mera ragione di bilancio che negli anni precedenti ha provocato disastri e che ora impone una seria pianificazione. La formazione specialistica potrebbe essere una risorsa se, dopo i primi due o tre anni, l assunzione nel sistema regionale potesse far continuare l iter formativo presso gli ospedali dove esiste la richiesta più pressante di manodopera. A dare una svolta, a sorpresa, è intervenuto il premier Renzi che ha promesso, a margine di una conferenza stampa, un aumento del numero di specializzandi da a per venire incontro alle associazioni studentesche, protagoniste di vibrate proteste e manifestazioni di piazza. Il proposito di ricercare le risorse per risolvere il problema fa ben sperare per un futuro al momento pervaso da tinte fosche. L Italia non può abbandonarsi rassegnata a un periodo di crisi economica e di valori che ha coinvolto tutti i Paesi a livello mondiale. Molte Nazioni già vedono una via di uscita mentre in Italia si cercano ancora le soluzioni. Ma noi siamo tenaci, disposti a rimboccarci le maniche se c è la prospettiva di un prospero futuro che avvantaggi l intera collettività. Senza l impegno e le risorse finanziarie non c è crescita, né tantomeno speranza. 10

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12 Le megaprotesi in chirurgia ortopedica LO SVILUPPO DELLE PROTESI PER GRANDI RESEZIONI OFFRE ALLA CHIRURGICA ORTOPEDICA ONCOLOGICA E DEGENERATIVA OPPORTUNITÀ TERAPEUTICHE UN TEMPO SOLO SPERATE di Walter Mega, Vinicio Perrone, Francesco De Caro * Introduzione Lo sviluppo delle protesi per grandi resezioni offre alla chirurgica ortopedica oncologica e degenerativa opportunità terapeutiche un tempo solo sperate. In particolare, le cosiddette megaprotesi trovano indicazione nelle gravi perdite di sostanza ossea secondarie alla patologia neoplastica, nella chirurgia di revisione protesica ripetuta, nelle fratture periprotesiche complicate o come soluzione di gravi sconquassi articolari postraumatici. Trattasi di una chirurgia complessa e non scevra da rischi, da riservare a casi clinici selezionati che, diversamente, sarebbero destinati alla perdita della funzione articolare o alla completa perdita dell arto. Ogni caso necessita di accurata valutazione, in tutte le sue accezioni, al fine di poter interpretare al meglio le richieste funzionali del paziente stesso. La nostra esperienza nel trattamento delle pseudoartrosi e delle gravi perdite di tessuto osseo nella chirurgia di revisione protesica di anca e ginocchio, nonché la necessità di dover trattare casi di sempre maggiore complessità, ci hanno portato a considerare fra le soluzioni estreme anche quella delle megaprotesi. Nelle gravi fratture periarticolari caratterizzate da pluriframmentarietà e nella revisione protesica complessa, le megaprotesi (MP) possono quindi essere considerate, in casi selezionati, come una soluzione utile a disposizione del chirurgo ortopedico più esperto. In chirurgia oncologica, le MP danno l opportunità di restituire al paziente una funzione, anche se non ad integrum, migliorandone la qualità di vita, pur non 12

13 modificandone l aspettativa di vita nei casi di localizzazione secondaria. Nel complesso, le MP rappresentano una preziosa opportunità per ripristinare la funzionalità in quei pazienti che sono, loro malgrado, costretti ad affrontare malattie altamente invalidanti. Negli ultimi due anni abbiamo impiantato 5 megaprostesi con tecnica one step: cioè alla rimozione del segmento osseo patologico è seguito l immediato inserimento della MP. In 2 pazienti è stato sostituito il femore prossimale, in 3 casi sia il femore distale sia la tibia prossimale. Nonostante il follow-up medio non sia molto lungo, i risultati clinici sono incoraggianti senza complicanze, buona articolarità senza deficit sensitivi e motori e discreto recupero funzionale. Megaprotesi La megaprotesi (MP) nasce principalmente per rispondere alle necessità delle ricostruzioni scheletriche dopo resezione per tumore osseo. Trattasi di un sistema protesico modulare, messo a punto dal Prof. Dr. Rodolfo Capanna del Centro Traumatologico Ortopedico di Firenze, al fine di sostituire l uso di innesti ossei massivi provenienti dalle Banche dell Osso o i trapianti freschi osteoarticolari. In particolare dopo la resezione per sarcomi ad alto grado, la MP si sta imponendo come il metodo ricostruttivo di elezione. Questi sistemi protesici consentono risultati funzionali mediamente buoni e tempi di recupero rapidi, ma comportano possibili complicazioni meccaniche ed infettive di cui bisogna tenere conto nella pianificazione dell intervento chirurgico. Trattasi di protesi che riproducono l anatomia del femore o della tibia; il sistema modulare rende l impianto versatile per la ricostruzione dei diversi segmenti scheletrici dell arto inferiore, rispondendo alle esigenze ricostruttive e consentendo il ripristino di segmenti ossei variabili da 10 cm a 48 cm di lunghezza. La componente femorale si comporta come una normale protesi di anca di primo impianto perché dotata di testina che si articola con il cotile protesico. A livello del ginocchio, le componenti femorale e tibiale sono fra loro vincolate garantendo una stabilità articolare ed una buona cinematica articolare. I risultati clinici nel medio-lungo termine hanno permesso di estendere le indicazioni di questo sistema modulare protesico anche al paziente affetto da patologia degenerativa articolare. Le pseudoartrosi già sottoposte a trattamenti di rigenerazione ossea o infette, le fratture su articolazioni già protesizzate o le mobilizzazioni di protesi di revisione con grave perdita di bone stock, oggi possono trovare adeguate soluzioni proprio attraverso l utilizzo della MP. Sono trattamenti chirurgici che restituiscono al paziente una propria autonomia garantendo un completo recupero funzionale degli arti. 13

14 Materiali e metodi Presso l Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia dell Ospedale di Gallipoli, negli ultimi due anni, sono stati effettuati 5 impianti di megaprotesi. Trattasi di 3 femmine e 2 maschi con età media 66 anni (min. 55 max 82). In 2 casi è stato sostituito il femore prossimale: in un paziente perché presentava una neoplasia primitiva ad alto grado di malignità che coinvolgeva una ampia porzione di osso (Fig. 1); una paziente, invece, presentava una frattura su protesi di revisione con esteso riassorbimento osseo. In 3 casi è stato protesizzato il femore distale e la tibia prossimale: due pazienti presentavano gli esiti di una frattura mal consolidata dei due versanti articolari sottoposti precedentemente a sintesi e revisione della stessa (Fig. 2); una paziente presentava una frattura al di sopra della protesi di ginocchio precedentemente impiantata (Fig. 3). Abbiamo fatto uso del modello MEGASYSTEM-C della Waldemar Link Germany. Trattasi di una classica protesi di anca caratterizzata da uno stelo protesico con elevata modularità che permette al chirurgo la ricostruzione centimetrica del femore prossimale sino alla sua completa sostituzione. Allorquando l impianto è esteso anche alla tibia prossimale, le componenti (femorale e tibiale) vengono assemblate fra loro, a livello del ginocchio, attraverso un giunto che conferisce ampia stabilità ed articolarità. Gli steli consentono un ancoraggio o diretto all osso o attraverso uno strato di cemento osseo; le superfici protesiche microporose favoriscono la ricrescita ossea ed offrono la possibilità di utilizzo di allograft ossei. Infine, le superfici della protesi possono essere trattate con particolari rivestimenti in modo da consentirne l uso anche nel caso di pseudoartrosi infette. Nei casi di aggressione del femore prossimale, la via chirurgica utilizzata è stata quella postero-laterale con prolungamento dell incisione distalmente verso il ginocchio. Nel caso del ginocchio, la via era longitudinale pararotulea mediale ampiamente estesa. La procedura chirurgica è stata effettuata sempre in anestesia generale. In tutti i pazienti abbiamo sempre cementato gli steli. La ricostruzione muscolare ed in 14

15 particolare la reinserzione dei gluteti, nel caso dell anca e dell apparato estensore, nel caso del ginocchio, rappresentano un momento fondamentale dell intervento chirurgico al quale abbiamo dedicato grande importanza. In tutti i pazienti sono stati eseguiti i controlli clinici e radiografici nei tempi consueti. Altri elementi presi in esame sono state le complicanze intra e post-operatorie, il tempo operatorio, la stabilità dell impianto alle manovre lussanti, il dolore, la soddisfazione globale del paziente. Risultati Non sono state registrate complicanze di alcun genere intraoperatorie. Nell ultimo caso della serie, trattasi di una donna di 82 anni, nella fase del risveglio, si è verificata un embolia polmonare che tuttavia è stata adeguatamente trattata dal rianimatore al punto che la stessa paziente non ha riportato danni maggiori. Il tempo operatorio è andato progressivamente scendendo (3,5 ore nel primo impianto) assestandosi intorno alle 2 ore. In tutti i casi il sanguinamento intraoperatorio è stato lievemente al di sopra rispetto a quello consueto di un impianto di protesi totale di ginocchio. Il paziente affetto da tumore ha, invece, sanguinato maggiormente per la maggiore vascolarizzazione secondaria all angiogenesi tumorale. Nessun caso di lussazione articolare o paresi nervose, nonché deficit sensitivi. Nell uomo affetto da neoplasia dell anca, nelle prime due settimane era presente un edema di tutto l arto inferiore trattato positivamente con calza antitrombo. Il grado di flessione raggiunto dalle ginocchia è stato di 90. Tutti i pazienti hanno ripreso a deambulare dal quarto giorno dopo l intervento chirurgico ed alla dimissione facevano uso di due canadesi: presentavano tutti una discreta capacità deambulatoria e soprattutto avevano recuperato la capacità di alzarsi dal letto e dalla sedia in piena autonomia. I controlli radiografici al follow-up non hanno dimostrato segni di scollamento o riassorbimento osseo. Discussione I massivi riassorbimenti ossei periprotesici o la necessità di dovere pensare ad ampie resezione di porzioni di osso diventano evenienze sempre più frequenti anche nei centri ortopedici di provincia. Il progressivo invecchiamento della popolazione congiunto alle sempre maggiori richieste funzionali, le quali trovano adeguate soluzioni negli impianti protesici di anca e ginocchio, comporta un sensibile aumento di osservazioni di casi clinici cosiddetti complessi. Di conseguenza assume fondamentale importanza il problema delle revisioni protesiche. Dopo aver impiantato una protesi, sostituita da un altra protesi e talvolta da un altra ancora, alla fine si avrà una perdita di una grande quantità di osso al punto che, talvolta, si può rendere necessaria la sostituzione dell intero femore o di parte del bacino. Questi pazienti sarebbero destinati a subire interventi molto demolitivi che spesso portano all amputazione dell arto stesso. In altri casi ci si trova di fronte a pazienti che hanno subito gravi traumatismi e sono stati sottoposti a numerosi tentativi di osteosintesi, spesse volte con risultati negativi. Lo sviluppo delle megaprotesi nei gravi difetti ossei segmentali è avvenuto grazie alle applicazioni della ingegneria metallurgica nel campo dell oncologia 15

16 chirurgica 1. Lo sviluppo delle protesi per grandi resezioni offre importanti opportunità per i chirurghi ortopedici apportando una innovazione terapeutica reale per questi pazienti cosiddetti difficili, che possono così sperare in una buona ripresa funzionale ed un discreto o elevato livello di attività. Il sistema protesico modulare ha dimostrato un ottima versatilità nella ricostruzione dei diversi segmenti scheletrici dell arto inferiore, rispondendo alle esigenze ricostruttive e consentendo il ripristino di segmenti variabili da 10 cm a 48 cm di lunghezza. La modularità lascia al chirurgo ampia scelta sull altezza di resezione ossea non pregiudicando il recupero della corretta altezza del piano articolare e non inficiando la sopravvivenza dell impianto stesso. Diversamente, quanto più si preserva la resezione della massa muscolare, più si ottimizza la possibilità di controllo e di equilibrio dell arto nelle fasi del passo e della statica, con la conseguenza di ridurre i rischi di complicazioni meccaniche dell impianto. I risultati clinici e funzionali delle megaprotesi nelle grandi resezioni della tibia prossimale sono sicuramente meno validi rispetto a quelli delle megaprotesi utilizzate per la ricostruzione del femore prossimale o del femore distale. Il dato consegue alle difficoltà di reinserzione dell apparato estensore sullo stelo metallico della protesi e alla scarsa copertura di tessuti molli della porzione metadiafisaria prossimale della tibia con maggiore probabilità di incidenza di infezioni. Per cercare di ovviare alla difficoltà di reinserzione dell apparato estensore si ricorre a disegni che permettono un sicuro e duraturo ancoraggio del tendine alla protesi. Nella figura 2A è visibile la protesi con accanto la placchetta metallica utilizzata per la reinserzione del tendine rotuleo: la placchetta viene avvitata a dei fori appositamente predisposti sullo stelo protesico (Fig. 2B). La mobilizzazione asettica dell impianto è considerata la causa più frequente di fallimento dell impianto di MP, con percentuali che oscillano fra il 6 ed il 9%. Studi clinici dimostrano che l uso di steli endomidollari è particolarmente utile a garantire una lunga sopravvivenza dell impianto ed in particolare gli steli modulari permettono un ampio contatto dello stesso con la superficie endostale dell osso 2-3. La rottura dello stelo protesico è la seconda grave 16

17 complicazione meccanica delle megaprotesi, causa di fallimento dell impianto: le percentuali oscillano fra il 4 ed il 9% L infezione è in assoluto la complicazione più grave soprattutto nel paziente oncologico, perché comporta il rischio di compromettere la chemioterapia e perché costringe ad una o più revisioni chirurgiche dall esito non sempre prevedibile. L incidenza di infezione viene stimata intorno al 10% 3. L analisi statistica dei casi trattati presso l Istituto Rizzoli dimostra una sopravvivenza degli impianti a complicazioni maggiori (rotture, mobilizzazione asettica, infezione) a 10 anni superiore all 80% 8. Questi dati confermano la complessità dell intervento chirurgico e l accuratezza dell indicazione la quale comporta un attenta selezione dei pazienti ed un accurata valutazione delle motivazioni degli stessi, considerando che l alternativa all impianto sarebbe il più delle volte l amputazione o o la perdita dell articolarità con conseguenti gravi inabilità. La meticolosa attenzione nell attuazione della procedura chirurgica, aggiunta all elevato livello raggiunto nel disegno protesico e nell utilizzo di nuovi materiali, consente, tuttavia, il continuo miglioramento dei risultati soprattutto nel lungo periodo, allorquando l indicazione venga posta in un paziente non oncologico. Il modello di protesi da noi usata si dimostra particolarmente performante perché studiata e sviluppata proprio per questa chirurgia cosiddetta di salvataggio. La moduarità, il design ed i materiali la rendono adatta ai casi difficili. La nostra esperienza è limitata a pochi casi, pur tuttavia si dimostra incoraggiante per i risultati fin qui raggiunti a fronte di complicanze ritenute accettabili in proporzione alla complessità dei casi trattati. Conclusioni Le megaprotesi modulari per l arto inferiore usate nella ricostruzione dopo ampia resezione per tumore osseo, o gravi fratture su protesi e non o per esiti di frattura dove l osteosintesi è fallita, offrono buoni risultati funzionali ed una soddisfacente sopravvivenza a lungo termine. L accuratezza della procedura chirurgica ed il progresso tribologico hanno consentito di ridurre l incidenza di complicazioni meccaniche e biologiche registrate in passato. Il paziente candidato ad un amputazione dell arto può trovare oggi adeguato ristoro attraverso l uso delle magaprotesi che possono andare a sostituire ampi difetti ossei. Bibliografia 1. Capanna R, Campanacci DA. The treatment of metastases in the appendicular skeleton. J Bone Joint Surg Br. 2001; 83(4): Bugbee WD, Ammeen DJ, Engh GA. Does implant selection affect outcome of revision knee arthroplasty? J Arthroplasty,2001;16: Mittermayer et al. Mittermayer F, Krepler P, Kotz 17

18 R, et al. Long-term followup of uncemented tumor endoprostheses for the lower extremity. Clin Orthop 2001;388: Shin DS, Weber KL, Sim FH, et al. Reoperation for failed prosthetic replacement used for limb salvage. Clin Orthop 1999;358: Mittermayer F, Windhager R, Kotz R, et al. Revision of the Kotz type of tumor endoprostheses for the lower limb. J Bone Join Surg 2002;84B: Chandrasekar CR, Grimer RJ, Carter SR, Tillman RM, Abudu AT. Modular endoprosthetic replacement for metastatic tumours of the proximal femur. J Orthop Surg Res. 2008; 3: Hattori H1, Mibe J, Yamamoto K. Modular megaprosthesis in metastatic bone disease of the femur. Orthopedics Dec 6;34(12):e Ruggieri P, Bosco G, Colangeli S, Pasini E, Campanacci L, Mercuri M. Prosthetic reconstruction of the lower limb for bone tumors: experience of the Rizzoli Institute. 18th Annual Meeting of the European Muscolo-skeletal Oncology Society (EMSOS), Trieste, May 25-27, *UO Ortopedia e Traumatologia Ospedale S. Cuore di Gesù, Gallipoli (Le) Corrispondenza: perronesab@tiscali.it 18

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20 I test di biologia molecolare sui campioni cito-istologici di neoplasie per la terapia personalizzata UN CRESCENTE NUMERO DI BIOMARCATORI È IN GRADO DI PREDIRE LA RISPOSTA O LA RESISTENZA DI DIFFERENTI TIPI DI NEOPLASIE AL TRATTAMENTO O L INSORGENZA DI TOSSICITÀ SEVERA O DI EFFETTI AVVERSI, SPECIALMENTE CON I NUOVI FARMACI BIOLOGICI; QUESTI MARCATORI, PERTANTO, SONO INDICATI PER UN APPROCCIO PIÙ PERSONALIZZATO AL TRATTAMENTO DEI TUMORI. Giambattista Lobreglio***, Maria Maddalena Galante*, Enrico D Ambrosio** Abstract La valutazione dello stato mutazionale di alcuni geni e dell espressione di proteine coinvolti nella regolazione della proliferazione cellulare e della crescita neoplastica consente di predire la risposta o la resistenza dei tumori a trattamenti specifici. La determinazione di questi test può essere eseguita con varie metodiche molecolari su pezzo operatorio, prelievo bioptico o citologico del tumore primitivo e/o metastasi e si rende necessaria per la scelta della migliore strategia terapeutica in pazienti selezionati con carcinoma del colon-retto, carcinoma polmonare non a piccole cellule, tumore della mammella, melanoma ed altre neoplasie. Introduzione Molti pazienti affetti da neoplasie attualmente vengono trattati con una variabile combinazione di citostatici, ormoni, farmaci biologici, radiosisotopi e/o radiazioni ionizzanti, sulla base dell origine anatomica del tumore, dell istotipo, del grado istologico, dello stadio clinico, dell età e performance status. A questi criteri di selezione del trattamento più appropriato per il paziente affetto da tumore, si stanno continuamente aggiungendo nuovi marcatori in grado di predire la risposta o la resistenza a specifici farmaci o di selezionare la dose del farmaco con maggiore efficacia terapeutica e più bassa tossicità. In questo articolo verranno trattati alcuni biomarcatori (specifici geni o proteine mutate) che hanno superato 20

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