Rassegna Stampa. Mercoledì 20 marzo 2013

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1 Rassegna Stampa Mercoledì 20 marzo 2013 Rassegna Stampa realizzata da SIFA Srl Servizi Integrati Finalizzati alle Aziende Milano Via Mameli, 11 Tel Fax

2 Rassegna del 20 marzo 2013 SANITÀ LOMBARDIA Ilsole24oresanita 4 MALATTIE, RISCHIO DA MAPPARE 1 Il Giornale Di Brescia 13 CROCE BIANCA: "ATTENZIONE AI FALSI MILITI" 3 Bresciaoggi 16 GIOVANE DONNA DENUNCIA "DANNI DA LIPOSUZIONE" 4

3 SICUREZZA SUL LAVORO/ Manca ancora una "geografia" dei rischi sul territorio Malattìe, rischio da mappare Denunce a +60% in 5 anni grazie a sorveglianza e nuove normative Malattie prof.li da amianto denunciate all'lnail Fonte: Rapporto Inail 2011, elaborazione Preo Malattie professionali denunciate all'lnail suddivise per tipo, anno 2011 Fonte: Rapporto Inail 2011, elaborazione Preo Le malattie professionali sono insidiose: a differenza degli infortuni, si manifestano anche dopo anni di latenza e purtroppo, come nei casi di esposizione a sostanze inquinanti o cancerogene, con esito infausto. Perciò, anche su questo fronte, prevenzione e nuove normative hanno tentato negli ultimi anni di portare a galla il sommerso affinando gli strumenti di individuazione dei rischi e introducendo le nuove tabelle sulle malattie professionali. Ne è scaturito quel 60% di denunce in piùrilevatotra 2007 e 2011, non spiegabile con un aumento delle patologie quanto piuttosto con una migliore capa- SANITÀ LOMBARDIA Pag. 1

4 cita del sistema nazionale di individuarle e registrarle. Caso emblematico è l'entrata in vigore del Dlgs 277/91, che ha modificato l'obbligo di sorveglianza sanitaria per i soggetti esposti a rumore, comportando un aumento delle denunce di ipoacusia (da rumore, appunto), precedentemente neppure diagnosticate. La nuova regolamentazione, si legge ancora nel report, rende anche possibile una migliore individuazione delle malattie di origine professionale grazie al codice ICD10 con cui le tabelle delle malattie indennizzate pubblicate nel 2008 elencano le patologie, permettendo anche di fare denunce plurime (diverse malattie prodotte dalla stessa esposizione). Molta strada va ancora percorsa, però: permangono infatti «alcune differenze tra Regioni che non sono facilmente spiegabili» e che impongono - si legge nel Report una «precisa mappatura dei rischi attualmente presenti sul territorio». Si tratta di un passaggio fondamentale, poiché come ricordano i tecnici, le malattie professionali si distinguono dagli infortuni professionali per una serie di peculiarità. Tra queste, la maggior percentuale di casi con postumi permanenti o mortali rispetto alle definizioni per sola assenza temporanea dal lavoro (in parte perché esiste una rilevante sotto-notifica sia dei casi lievi sia di quelli gravi, in parte per le stesse caratteristiche della patologia che talvolta determina danni permanenti senza causare assenza dal lavoro); il periodo di latenza, come nel caso della sensibilizzazione ad allergeni e, appunto, per le neoplasie; la difficoltà di individuare l'azienda responsabile in assenza di un evento facilmente collocabile nel tempo e quindi il comparto, quando le esposizioni sono state multiple e prolungate. Molto va ancora fatto, come detto, pure perché malgrado i grandi passi avanti compiuti negli ultimi anni oggi sono solo 14 le Regioni operative secondo il modello di raccolta e analisi Mal.Prof., utilizzato dalle Asl per l'attribuzione dell'eventuale nesso di causa in funzione delle informazioni disponibili sull'anamnesi lavorativa e sulla qualità della diagnosi. Altre quattro amministrazioni partecipano alleriunionidel tavolo tecnico nazionale in vista di un inserimento nel sistema Le segnalazioni oggi registrate nell'archivio presso il dipartimento Processi organizzativi secondo il modello Mal.Prof, sono 15mila: il doppio rispetto al , anche per il maggior numero dei territori coinvolti. E sistema è poi integrato e arricchito dai contributo delle Regioni che rendono disponibili dati delle segnalazioni di malattia professionale secondo propri modelli di classificazione. Le malattìe. Quanto alla tipologia delle malattie registrate dal sistema Mal.Prof, spicca il dato che vede la quota delle patologie scheletriche triplicato tra il 2000 e il 2008, in particolare relativo alle patologie del rachide e alla sindrome del tunnel carpale. Tra i tumori di origine professionale, nello stesso periodo è quasi triplicato il peso del cancro della pleura e del peritoneo. «Le patologie tumorali, che spesso determinano la morte del lavoratore - avvertono gli estensori del rapporto - sono poco note all'opinione pubblica anche se ì casi mortali, in alcune aree del Paese, superano quelli degli infortuni sul lavoro. Questo riscontro oggettivo determina la crescente attenzione delle Regioni sia alle attività preventive per i lavoratori attualmente esposti sia alle attività di supporto dovute ai lavoratori che lo sono stati in passato (diagnosi precoce con sistemi di sorveglianza sanitaria ecc...)». Se si guarda alle differenze di genere, nelle donne prevalgono con valori superiori al 61% la sindrome del tunnel carpale e le malattie psichiche, seguite dalle malattie della pelle e delle vie respiratorie superiori (43,2%); invece le malattie polmonari cronico-ostruttive e i tumori dell'apparato respiratorio sono presenti al 97,3% negli uomini. Il caso amianto. Le patologie tumorali da amianto denunciate sono circa mille all'anno, in buona parte dei casi costituite dal mesotelioma pleurico che è un tumore specifico, cioè con elevata frazione attribuibile all'esposizione da amianto. I casi registrati dal registro nazionale dei mesoteliomi (Renani), che raccoglie le segnalazioni dei centri operativi regionali, sono ricavati da una ricerca attiva della patologia, mentre i casi registrati dalltnail derivano dalle denunce presentate dai lavoratori o dai loro eredi; ciò spiega il numero superiore di casi di mesotelioma Renani rispetto alle denunce Inail. I casi effettivamente riconosciuti dall'inail come malattia professionale sono soltanto una parte di quelli denunciati anche a causa della lunga latenza e della difficoltà per i lavoratori di documentare l'avvenuta esposizione. I tre quarti delle Regioni hanno attivato programmi di sorveglianza sanitaria per ex esposti a cancerogeni e tra questi ultimi prevalgono i lavoratori che hanno avuto contatto con fibre di amianto per motivi professionali. I protocolli di sorveglianza mostrano però una «certa eterogeneità, in parte dovuta alla incertezza nel rapporto costo/benefìci di questi programmi in termini di miglioramento della sopravvivenza». Anche per questo è stato avviato con tutte le Regioni un programma Ccm mirato a elaborare un protocollo omogeneo sulla base delle esperienze avviate e della loro efficacia. Malattìe professionali denunciate all'inali suddivise per anno, periodo I Fonte: Sopporto Inail elaborazione Preo SANITÀ LOMBARDIA Pag. 2

5 Attenzione ai falsi militi della Croce Bianca. È la stessa associazione che mette in guardia i cittadini dopo aver ricevuto la segnalazione di alcune truffe perpetrate a nome dell'antico sodalizio bresciano. Uno degli ultimi episodi si è registrato lunedì scorso: due uomini all'uscita della casa di cura Sant'Anna, vendevano kit di primo soccorso sostenendo che i 10 euro richiesti sarebbero stati destinati alla Croce Bianca, mentre altri 5 sarebbero andati alla clinica. Qualche Croce Bianca: «Attenzione ai falsi militi» ignaro ci è cascato e ha così dato ai due ben 15 euro. I vertici della associazione che presta soccorso sanitario per il 118 e che è «al servizio della città da ben 1120 anni», avvisano che la Croce bianca non ha in atto campagne di raccolta fondi di questo genere. Nel caso in cui qualcuno incappasse in questi falsi militi è invitato non solo a contattare l'associazione ma anche le forze dell'ordine, così da bloccare ogni truffa di questo genere che danneggia chi invece è davvero meritevole d'aiuto. SANITÀ LOMBARDIA Pag. 3

6 IL CASO. Nel mirino sarebbe finito un centro di trattamenti estetici Giovane donna denuncia «Danni da liposuzione» Un centro medico di trattamenti estetici sarebbe nel mirino dei carabinieri a causa della denuncia di una paziente che, dopo un intervento di liposuzione, avrebbe subito gravi danni irreversibili. Sulla vicenda al momento vi è il silenzio totale sia da parte delle forze dell'ordine chiamate a indagare e ricostruire il caso sia da parte del personale medico che dopo le complicazioni post intervento si è preso cura della paziente. SECONDO FONTI attendibili la paziente avrebbe subito Intervento qualche tempo. Ma l'operazione, anziché porre fine a un problema estetico, avrebbe peggiorato le cose. Successivamente sarebbero state necessarie cure mediche con tanto di ricovero ospedaliero per diversi giorni. Poi sarebbe partita la denuncia e, parallelamente, un esposto all'ordine dei medici, anche se il presidente Ottavio Di Stefano - sentito al riguardo - ha dichiarato di non esserne a conoscenza. Il centro medico coinvolto, da parte sua, avrebbe negato la responsabilità, ma la testimonianza della paziente permetterebbe di ricostruire la sua effettiva frequentazione della struttura nelle scorse settimane. In ogni caso la vicenda è aperta, coperta dal massimo riserbo, e riapre il dibattito sulla affidabilità della pratica. La liposuzione è una procedura chirurgica che attraverso particolari tecniche aspira il grasso in eccesso in punti specifici del corpo come l'addome, i fianchi, le cosce e i glutei. Tale tecnica non riduce il peso corporeo, ma il numero delle cellule adipose di alcune zone più resistenti al dimagrimento. Generalmente i risultati migliori si hanno quando la paziente ha meno di 40 anni. La maggioranza delle persone che si sottopongono a interventi di questo tipo (che si svolgono in «day hospital») sono di sesso femminile. Negli ultimi anni le complicanze che si registrano dopo l'operazione sono definite «trascurabili» e dipendono spesso dalla parte del corpo interessata. Ma non sono escluse complicazioni come cambiamento del colore della pelle, infezioni, seroma. Un'altra rara complicanza - stando agli studi in materia - è la formazione di coaguli di sangue che possono dare luogo a ematomi localizzati o a embolia. SANITÀ LOMBARDIA Pag. 4

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