GIURISPRUDENZA I SINGOLI CONTRATTI. Intermediazione finanziaria I CONTRATTI N. 3/

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1 Intermediazione finanziaria Operazione inadeguata dell intermediario finanziario fra nullità del contratto e risarcimento del danno alla luce della direttiva MIFID Tribunale di Monza, sez. I - Sentenza del 12 dicembre 2006, n Pres. D Aietti - Rel. Litta Modignani - Tizia c. Banca s.p.a. Disciplina degli intermediari - Servizi di investimento - Svolgimento dei servizi - Criteri generali - Contratti - Nullità del contratto - Risarcimento del danno L operazione, posta in essere dall intermediario finanziario, inadeguata rispetto alle caratteristiche del cliente non determina la nullità del contratto bensì il solo obbligo di risarcire il danno patito dall investitore. (Omissis) Motivazione (Omissis) 21, D.Lgs. n. 58/1998, nel dettare i criteri generali per la prestazione dei servizi d investimento, impone agli intermediari - oltre ai tradizionali L art. obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza - di classificare il grado di rischiosità dei prodotti finanziari e di rispettare il principio dell adeguatezza fra le operazioni consigliate agli investitori o effettuare per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base della sua esperienza in materia di investimenti e della sua propensione al rischio, salvo le diverse disposizioni espressamente impartite dall investitore medesimo in forma scritta. Coerentemente con i suddetti criteri, la legge prescrive, nella lett. b) del medesimo articolo, che gli intermediari debbano acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati. Dette regole di comportamento sono state poi ulteriormente specificate nel Reg. Consob n /1998, art. 28 ss. Ciò premesso, il Collegio osserva che l attrice ha contestato alla banca la violazione degli obblighi informativi, sia in relazione a quanto disposto dall art. 28, secondo comma, Reg. n /1998, sia in relazione alla più pregnante disciplina dettata dall art. 29, riguardante il dovere degli intermediari di non effettuare per conto degli investitori operazioni inadeguate, se non previa conferma per iscritto dell ordine, contenente esplicito riferimento alle avvertenze ricevute. Ebbene, proprio con riguardo a tale ultimo aspetto, le deduzioni attoree sono da ritenersi manifestamente fondate, avendo il Tribunale accertato la mancanza di un valido ordine scritto, conforme ai requisiti sopra ricordati, non potendo essere ritenuto tale il documento n. 8 bis prodotto dalla convenuta, sia perché disconosciuto dalla, sia perché (suppostamene) redatto in data successiva all esecuzione dell ordine d acquisto, il tutto sulla base del presupposto pacifico che detta operazione non era adeguata al profilo finanziario dell investitore. La considerazione che precede rende superflua ogni ulteriore indagine circa l osservanza di altre norme comportamentali da parte dell istituto, in particolare circa le informazioni che l impiegato avrebbe fornito verbalmente alla sull elevato rischio delle obbligazioni dei paesi c.d. emergenti e sulla inopportunità di investire capitali in detti strumenti finanziari; altre deduzioni istruttorie della convenuta appaiono, poi, palesemente irrilevanti (laddove si chiede di accertare la condotta delle parti in relazione a una successiva richiesta di acquisto di titoli analoghi), nonché superflue sotto altri aspetti, riguardanti circostanze già documentalmente provate e pacifiche. (Omissis) L attrice ha chiesto in citazione la declaratoria di nullità dell ordine di acquisto del 29 gennaio 2001, evocando un orientamento dottrinale e giurisprudenziale - agganciato I CONTRATTI N. 3/

2 alla definizione delle c.d. «nullità virtuali» - secondo cui le norme che disciplinano il mercato finanziario, sia quelle poste direttamente dalla legge, sia quelle di natura regolamentare, sarebbero improntate alla tutela di interessi di natura pubblicistica; da ciò deriverebbe che la violazione di quei precetti che il giudice ritenga sostenuti da esigenze di tutela del pubblico risparmio determinerebbe, ex art Codice civile, la nullità dei relativi contratti. L orientamento in questione, per quanto inizialmente diffuso, è stato motivatamente contestato dalla prevalente dottrina ed è oggi respinto dalla gran parte dei tribunali, i quali - con il conforto di alcuni recenti pronunciamenti della Cassazione - si sono consolidati sull opposto convincimento che la nullità dei contratti di negoziazione finanziaria possa essere dichiarata soltanto nelle ipotesi espressamente indicate dalla legge (ipotesi che in effetti non mancano all interno del D.Lgs. n. 58/1998), ovvero per mancanza dei requisiti di forma ad substantiam, escludendosi comunque che la violazione dei generali doveri di diligenza e correttezza dell intermediario sia sanzionabile con la nullità, mentre in relazione a comportamenti negligenti (come quelli relativi alle disposizioni dell art. 21, D.Lgs. n. 58/1998) possono ravvisarsi solo i profili della colpa contrattuale (così ad es. Trib. Milano, sez. VI, 26 aprile 2006, n. 4882). Questo Collegio concorda con tale ultimo orientamento, riportandosi, per esigenze di sintesi, al seguente principio, espresso nella massima della Suprema Corte, sez. I civile, 29 settembre 2005, n : «La nullità del contratto, per contrarietà a norme imperative ai sensi dell art. 1418, primo comma, Codice civile, postula che siffatta violazione attenga a elementi intrinseci della fattispecie negoziale, cioè relativi alla struttura o al contenuto del contratto, e quindi l illegittimità della condotta tenuta nel corso delle trattative per la formazione del contratto, ovvero nella sua esecuzione, non determina la nullità indipendentemente dalla natura delle norme con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressamente prevista anche in riferimento a detta ipotesi». Esclusa, quindi, l accoglibilità della domanda di nullità formulata in via principale dall attrice, il Tribunale deve riconoscere alla sig.ra la sola tutela risarcitoria, comunque richiesta nelle conclusioni, tale essendo la legittima sanzione civile che può ricondursi all accertata violazione da parte della banca del dovere di astensione, a norma dell art. 21, D.Lgs. n. 58/1998 e 29, Reg. n /1998. (Omissis) P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunziando, nel contraddittorio delle parti, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, 1- in parziale accoglimento delle domande attoree, accertata la violazione da parte della convenuta della disposizioni di cui all art. 21, D.Lgs. n. 58/1998 e art. 29, Reg. n /1998, condanna Banca s.p.a. al pagamento in favore dell attrice, a titolo risarcitorio, della somma di euro , oltre agli interessi legali dal 1 febbraio 2001 al saldo. (Omissis) IL COMMENTO di Valerio Sangiovanni Un investitore acquista obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina. Questo Stato entra in crisi finanziaria e non è più in grado di restituire le somme ricevute in prestito. L investitore agisce allora in giudizio nei confronti della banca che ha venduto le obbligazioni argentine. Il Tribunale di Monza accerta che l intermediario ha posto in essere un operazione inadeguata, violando la normativa primaria e secondaria di settore. Queste inosservanze costituiscono, secondo l autorità giudiziaria monzese, inadempimento contrattuale. Il Tribunale di Monza dichiara conseguentemente l obbligo dell intermediario finanziario di risarcire il danno patito dall investitore. Introduzione L investitore che compra gli strumenti finanziari di un certo emittente si aspetta un determinato ritorno economico. Se i titoli sono obbligazioni, questo beneficio è dato dagli interessi che vengono corrisposti al risparmiatore per il fatto di avere prestato del danaro (1). Al termine della durata del prestito obbligazionario, poi, l emittente restituisce la somma capitale. Sennonché il soggetto che ha emesso gli strumenti finanziari può entrare in crisi e non essere più in grado di restituire quanto dovuto. Negli ultimi anni ciò è accaduto con una certa frequenza. I casi Argentina, Cirio e Parmalat hanno (1) In questa sede non si può che semplificare al massimo. In realtà le emissioni obbligazionarie possono presentare caratteristiche molto diverse le une dalle altre e assumere, talvolta, strutture particolarmente complesse. Per un esame delle possibili clausole caratterizzanti i prestiti obbligazionari cfr., da ultimo, M. Palmieri, I bond covenants, in Banca impr. soc., 2006, 247 ss. 244 I CONTRATTI N. 3/2007

3 colpito alcune centinaia di migliaia di investitori in Italia. Non deve quindi sorprendere che siano pendenti dinanzi ai tribunali italiani numerose cause. L attenzione della dottrina per la materia della responsabilità degli intermediari finanziari è altrettanto alta (2). La sentenza del Tribunale di Monza in commento, come del resto la quasi totalità dei provvedimenti pubblicati sui casi Argentina, Cirio e Parmalat, tratta dei rimedi a disposizione dell investitore per l ipotesi in cui l intermediario violi gli obblighi che gli fanno capo (3). La pronuncia monzese ha a oggetto i servizi d investimento prestati dai soggetti abilitati, che devono essere resi secondo certe norme di comportamento sancite, in primo luogo, nell art. 21, D.Lgs. n. 58/1998 (4). Si tratta di una materia che si pone sulla linea di confine fra il diritto dell intermediazione finanziaria e il diritto civile (5). È una tematica certamente tecnica, per la cui conoscenza approfondita è necessaria dimestichezza anche con la normativa - talvolta molto dettagliata - di carattere secondario (6). E tuttavia si tratta di una materia che coinvolge, allo stesso tempo, i fondamenti del diritto civile. Basti pensare che il problema che si pone con maggiore frequenza la giurisprudenza concerne l identificazione del rimedio appropriato a fronte della violazione delle norme di comportamento da parte dell intermediario. Questo quesito altro non è che una questione centrale del diritto civile. Si tratta, in essenza, di stabilire se l investitore abbia diritto di chiedere la nullità piuttosto (2) Fra i numerosi contributi in materia di responsabilità di banche e intermediari finanziari cfr., oltre a quelli menzionati in altro passaggio della presente nota, E. Battelli, L inadempimento contrattuale dell intermediario finanziario, in questa Rivista, 2006, 460 ss.; M. Bombelli, M. Iato, Obbligazioni Argentina e Cirio: responsabilità dell istituto bancario intermediario, in Giur. mer., 2006, 277 ss.; E. Bruno, M. Rossetti, In tema di contratti bancari, in questa Rivista, 2005, 601 ss.; I.A. Caggiano, I doveri d informazione dell intermediario finanziario nella formazione ed esecuzione del contratto. Violazioni e rimedi, in Dir. e giur., 2006, 453 ss.; A.M. Carozzi, Regole di condotta degli intermediari e rimedi civilistici esperibili dal risparmiatore, in Dir. fall., 2006, I, 697 ss.; A.M. Carozzi, Profili di responsabilità dell intermediario nel collocamento di obbligazioni Cirio tra il dovere di informare e quello di informarsi, in Foro pad., 2005, I, 797 ss.; G. Cottino, La responsabilità degli intermediari finanziari. Ancora qualche divagazione sul tema, in Giur. it., 2006, 1633 ss.; G. Cottino, Una giurisprudenza in bilico: i casi Cirio, Parmalat, bonds argentini, in Giur. it., 2006, 537 ss.; M. Dellacasa, Negoziazione di titoli obbligazionari e insolvenza dell emittente: quale tutela per il risparmiatore non adeguatamente informato?, in Nuova giur. civ. comm., 2006, I, 593 ss.; M. Dellacasa, Collocamento di prodotti finanziari e regole di informazione: la scelta del rimedio applicabile, in Danno e resp., 2005, 1125 ss.; M.M. Gaeta, L applicazione del principio del know your customer ai contratti di deposito ed amministrazione titoli, in questa Rivista, 2006, 113 ss.; M.M. Gaeta, Responsabilità oggettiva degli intermediari e validità dei contratti di investimento, in questa Rivista 2005, 585 ss.; F. Galgano, I contratti di investimento e gli ordini dell investitore all intermediario, in Contratto e impresa, 2005, 889 ss.; G. Genovesi, Limiti della «nullità virtuale» e contratti su strumenti finanziari, in Corr. giur., 2006, 672 ss.; G. Gobbo, C.E. Salodini, I servizi d investimento nella giurisprudenza più recente, in Giur. comm., 2006, II, 5 ss.; E. Guerinoni, Negligenza e giudizio di responsabilità degli intermediari finanziari, in questa Rivista, 2005, 113 ss.; D. Maffeis, Forme informative, cura dell interesse ed organizzazione dell attività nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv. dir. priv., 2005, 575 ss.; Id., Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento e l estensione del modello al credito ai consumatori, in questa Rivista, 2005, 1 ss.; Id., Conflitto di interessi nella prestazione di servizi di investimento: la prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine, in Banca borsa tit. cred., 2004, II, 452 ss.; G. Meruzzi, La responsabilità precontrattuale tra regola di validità e regola di condotta, in Contratto e impresa, 2006, 944 ss.; A. Mungo, La responsabilità civile nei rapporti tra banca e cliente. Il difetto di informazioni al cliente, in Banche e clienti. Questioni attuali, in Giur. mer., 2005, Suppl. al n. 5, 51 ss.; M. Pellegrini, Brevi note sulla vexata quaestio dei bonds argentini, in Banca borsa tit. cred., 2005, II, 682 ss.; A. Perrone, Gli obblighi di informazione nella prestazione dei servizi di investimento, in Banca borsa tit. cred., 2006, I, 372 ss.; L. Picardi, La negoziazione di strumenti finanziari derivati fra codice civile e legislazione speciale, in Banca borsa tit. cred., 2006, II, 361 ss.; F. Poliani, La responsabilità precontrattuale della banca per violazione del dovere di informazione, in questa Rivista, 2006, 446 ss.; F. Poliani, Obblighi di informazione e acquisto di obbligazioni argentine, in questa Rivista, 2006, 12 ss.; S. Rizzini Bisinelli, Violazione di norme regolamentari e nullità asimmetrica, in Le Società, 2006, 203 ss.; V. Roppo, La tutela del risparmiatore fra nullità e risoluzione (a proposito di Cirio bond & tango bond), in Danno e resp., 2005, 604 ss.; V. Roppo, La tutela del risparmiatore fra nullità, risoluzione e risarcimento (ovvero, l ambaradan dei rimedi contrattuali), in Contratto e impresa, 2005, 896 ss.; V. Roppo, G. Afferni, Dai contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, in Danno e resp., 2006, 25 ss.; C.E. Salodini, Obblighi informativi degli intermediari finanziari e risarcimento del danno. La Cassazione e l interpretazione evolutiva della responsabilità precontrattuale, in Giur. comm., 2006, II, 632 ss.; V. Sangiovanni, Finanzskandale (Argentinien, Cirio und Parmalat) und die Haftung der Anlagevermittler in der neuesten italienischen Rechtsprechung, in Zeitschrift für Bank- und Kapitalmarktrecht (BKR), 2006, 476 ss.; V. Sangiovanni, La violazione delle regole di condotta dell intermediario finanziario fra responsabilità precontrattuale e contrattuale, in questa Rivista, 2006, 1133 ss.; V. Sangiovanni, Inadeguatezza della operazione finanziaria, risoluzione del contratto per inadempimento e risarcimento del danno, in Corr. giur., 2006, 1569 ss.; V. Sangiovanni, Circolazione dei prodotti finanziari e responsabilità degli investitori professionali: il nuovo art. 100 bis TUF, in Le Società, 2006, 1355 ss.; V. Sangiovanni, Sollecitazione all investimento, nullità del contratto e frode alla legge, in Giur. mer., 2006, 1389 ss.; V. Sangiovanni, Scandali finanziari: profili di responsabilità dell intermediario, in Danno e resp., 2006, 874 ss.; V. Sangiovanni, La responsabilità dell intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del risparmio, in questa Rivista, 2006, 686 ss.; V. Sangiovanni, La responsabilità dell intermediario nel caso Parmalat e la recentissima legge per la tutela del risparmio, in Le Società, 2006, 605 ss.; F. Sartori, Il mercato delle regole. La questione dei bonds argentini, in Giur. it., 2005, 58 ss.; E. Scoditti, Regole di comportamento e regole di validità: i nuovi sviluppi della responsabilità precontrattuale, in Foro it., 2006, I, 1107 ss.; G. Sicchiero, Un buon ripensamento del S.C. sulla asserita nullità del contratto per inadempimento, in Giur. it., 2006, 1602 ss.; A. Tencati, Acquisto di corporate bond e tutela del risparmiatore: alcuni orientamenti, in Giur. it., 2006, 1154 ss.; S. Vignolo, Prime riflessioni in tema di responsabilità bancaria nella vendita di titoli obbligazionari caduti in default, in Nuova giurisprudenza ligure, 2005, 270 ss.; R. Vigo, La reticenza dell intermediario nei contratti relativi alla prestazione dei servizi d investimento, in Banca borsa tit. cred., 2005, I, 665 ss. (3) Sulla tutela dell investitore cfr., fra i tanti, G. Alpa, La legge sul risparmio e la tutela contrattuale degli investitori, in questa Rivista, 2006, 927 ss.; G. Alpa, La direttiva sui mercati finanziari e la tutela del risparmiatore, in questa Rivista, 2004, 742 ss.; G. Alpa, Qualche rilievo civilistico sulla disciplina dei mercati finanziari e sulla tutela del risparmiatore, in Banca borsa tit. cred., 1998, I, 372 ss.; G. Alpa, Nuovi aspetti della tutela del risparmiatore, in Vita not., 1998, 655 ss.; U. Carnevali, In tema di c.d. responsabilità da prospetto della banche, in Corr. giur., 1989, 1003 ss. (4) Sulle norme di comportamento cfr. F. Sartori, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, Questa opera è stata da me recensita in V. inoltre M. Lobuono, La responsabilità degli intermediari finanziari, Napoli, 1999; F. Annunziata, Regole di comportamento degli intermediari e riforme dei mercati mobiliari, Milano, (5) In questo senso V. Roppo, La tutela del risparmiatore fra nullità e risoluzione (a proposito di Cirio bond & tango bond), in Danno e resp., 2005, 625. (6) Il riferimento è al regolamento Consob c.d. «intermediari». Delibera Consob 1 luglio 1998, n Regolamento di attuazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari. I CONTRATTI N. 3/

4 che l annullamento piuttosto che la risoluzione del contratto. In aggiunta a questi rimedi c.d. restitutori va valutato se sia possibile chiedere il risarcimento del danno. La possibile alternativa fra risarcimento del danno e nullità del contratto in caso di compimento di operazione finanziaria inadeguata costituisce l oggetto della sentenza in commento. Il Tribunale di Monza segue nella sostanza l orientamento fatto proprio dalla Corte di cassazione in un significativo precedente, seppure reso in un contesto non identico. Nella ormai celebre sentenza n del settembre 2005 (7), la Corte suprema ha affermato che gli obblighi di informazione attengono alla fase delle trattative precontrattuali e, pertanto, la loro inosservanza non può determinare la nullità del contratto, pur non essendo revocabile in dubbio che esse abbiano carattere imperativo. La contrarietà a norme imperative, considerata dall art Codice civile quale causa di nullità del contratto, postula - infatti - che essa attenga a elementi «intrinseci» della fattispecie negoziale, che riguardino, cioè, la struttura e il contenuto del contratto. I comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante l esecuzione del contratto rimangono estranei alla fattispecie negoziale e s intende, allora, che la loro eventuale illegittimità non può dar luogo alla nullità del contratto. Accoglimento della domanda di risarcimento del danno Nel caso affrontato dal Tribunale di Monza la più significativa contestazione mossa dall investitore all intermediario finanziario concerne il compimento di operazioni non adeguate. Per comprendere cosa si intenda per «adeguatezza», non basta fermarsi al dettato del D.Lgs. n. 58/1998, ma è necessario fare riferimento alla disciplina di carattere secondario che regola la condotta degli intermediari finanziari. Le disposizioni rilevanti sono contenute nell art. 28 (rubricato «informazioni tra gli intermediari e gli investitori» (8)) e, soprattutto, nell art. 29 (titolato «operazioni non adeguate») Reg. n /1998. Nel caso deciso dal Tribunale di Monza la disposizione violata è l art. 29, primo comma, Reg. n /1998, secondo cui «gli intermediari autorizzati si astengono dall effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza e dimensione». Il regolamento prevede poi che «ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati» (art. 29, secondo comma, Reg. n /1998). La valutazione dell adeguatezza comporta il preliminare dovere di assumere informazioni dai clienti. Ma anche in mancanza di dati forniti dagli investitori gli intermediari devono comunque tenere conto di tutte le altre informazioni di cui dispongono. Il regolamento stabilisce inoltre che «gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative a una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l investitore intenda comunque dare corso all operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute» (art. 29, terzo comma, Reg. n /1998). L art. 29 Reg. n /1998 rinvia dunque espressamente all art. 28 Reg. n /1998. E non potrebbe essere altrimenti, perché la valutazione di adeguatezza dell operazione comporta la conoscenza del cliente attraverso l assunzione di informazioni dallo stesso. L adeguatezza non è un valore assoluto, ma relativo. La stessa operazione può essere adeguata al cliente Tizio, ma non all investitore Caio. Gli intermediari finanziari sono dunque obbligati a raccogliere informazioni e, all esito di questa indagine, propongono il servizio adatto al singolo investitore. «Prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell inizio della prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari autorizzati devono: a) chiedere all investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L eventuale rifiuto di fornire le informazioni richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall investitore; b) consegnare agli investitori i documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all allegato n. 3» (art. 28, primo comma, Reg. n /1998) (9). (7) Cass. 29 settembre 2005, n Questa sentenza è stata pubblicata e commentata in numerose riviste: in questa Rivista, 2006, 446 ss., con nota di F. Poliani; in Corr. giur., 2006, 669 ss., con nota di G. Genovesi; in Danno e resp., 2006, 25 ss., con nota di V. Roppo, G. Afferni; in Foro it., 2006, I, 1105 ss., con nota di E. Scoditti; in Giur. comm., 2006, II, 626 ss., con nota di C.E. Salodini; in Giur. it., 2006, 1599 ss., con nota di G. Sicchiero. (8) Si noti che l intero funzionamento dei mercati finanziari si fonda sull informazione, che deve essere completa, corretta e tempestiva. Al riguardo cfr., fra i tanti, gli studi di E. Girino, I mercati finanziari fra abusi e tutele, in Amministrazione & Finanza Oro, 2006, fasc. 6; A. Perrone, Informazione al mercato e tutele dell investitore, Milano, Sulla centralità del ruolo dell informazione nell ordinamento tedesco sia consentito il rinvio a V. Sangiovanni, Die Ad-hoc-Publizität im deutschen und italienischen Recht, Frankfurt am Main, 2003; V. Sangiovanni, Documento d offerta pubblica e responsabilità civile nel nuovo diritto tedesco, in Riv. dir. civ., 2004, I, 153 ss.; V. Sangiovanni, L attuazione della direttiva sull insider trading nel diritto tedesco, in Banca borsa tit. cred., 2000, I, 540 ss.; V. Sangiovanni, L informazione c.d. continua o permanente nel diritto tedesco del mercato dei capitali, in Banca borsa tit. cred., 1998, I, 582 ss. (9) Il regolamento vieta poi il compimento di operazioni se non sono state fornite informazioni al cliente: «gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se (segue) 246 I CONTRATTI N. 3/2007

5 Nel caso della sentenza in commento, l inosservanza dell art. 29 Reg. n /1998 configura - secondo il Tribunale di Monza - un inadempimento che determina l obbligo di risarcire il danno. In presenza di un contratto la responsabilità può fondarsi sull art Codice civile secondo cui «il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno» (10). L applicazione dell art Codice civile presuppone che in capo all intermediario vi sia l obbligo di effettuare una prestazione. Occorre cioè risalire a un vincolo che impone (o, a seconda dei casi, vieta) certi comportamenti alla banca. Nell ipotesi concreta l intermediario dispone un operazione non adeguata. Si deve ritenere che la «prestazione dovuta» dal debitore ai sensi dell art Codice civile non sia solo quella che risulta dall assetto contrattuale posto in essere espressamente dalle parti, ma anche da tutto quello che le norme applicabili al caso di specie impongono. L intermediario ha violato un obbligo che gli fa capo. Il debitore non ha dunque eseguito esattamente la prestazione dovuta. Ne consegue che, in applicazione del dettato dell art Codice civile, la banca è tenuta a risarcire il danno che l investitore ha sofferto. Il danno per l attrice sarebbe stato evitato se l intermediario non avesse posto in essere un operazione inadeguata. La condanna degli intermediari finanziari al risarcimento del danno per violazione delle norme di comportamento non è frequente in giurisprudenza. Fra i pochi precedenti va segnalata una sentenza del Tribunale di Alba dell agosto 2005 (11). Questa autorità giudiziaria ha stabilito che l inosservanza delle prescrizioni dettate dal D.Lgs. n. 58/1998 e dal Reg. n /1998 non integra, in difetto di una espressa sanzione di invalidità, profili di nullità del contratto, ma assume carattere di inadempimento nella sua esecuzione per violazione di specifici doveri che gravano sull intermediario e che comportano, conseguentemente, l insorgere dell obbligo risarcitorio in favore degli investitori. Il Tribunale di Rimini, nel maggio 2005, ha stabilito che le regole di condotta contenute nel D.Lgs. n. 58/1998 e nei regolamenti attuativi, seppure dirette alla tutela di un interesse pubblico e generale, esprimono il contenuto del dovere di prestazione dell intermediario finanziario e la loro violazione non incide sulla validità della stipulazione generale, configurandosi come inadempimento contrattuale (12). Rigetto della domanda di nullità del contratto Il cliente che ha consegnato il proprio danaro all intermediario finanziario affinché questi acquistasse strumenti finanziari può cercare di ottenerne la restituzione chiedendo la declaratoria di nullità del contratto intercorso con la banca. Si tratta di un rimedio radicale: se il contratto è nullo, chi ha prestato qualcosa in base a esso ha diritto a ottenerne la restituzione. Trova applicazione l art Codice civile, secondo il quale «chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato». Questo è proprio il beneficio principale derivante dall esercizio dell azione di nullità: la possibilità di ottenere la restituzione dell intera somma messa a disposizione per l investimento. Le azioni di carattere risarcitorio producono invece effetti diversi: l attore può essere ristorato solo nei limiti del danno subito. Le ragioni per cui si può chiedere la nullità del contratto sono le più diverse. Il catalogo delle cause di nullità è contenuto nell art Codice civile. Nello specifico contesto dei contratti d investimento vengono in considerazione essenzialmente due ipotesi: la nullità del contratto per mancanza di forma (prevista dall art. 1418, secondo comma, Codice civile, il quale stabilisce che produce nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall art Codice civile (13)) e la nullità del contratto per contrarietà a norma imperativa (prevista dall art. 1418, primo comma, Codice civile). Sulla nullità del contratto per mancanza di forma non ci si può soffermare in questa sede (14). Si spenderà invece qualche parola sulla possibile nullità del contratto per contrarietà a norma imperativa, perché di questo argomento tratta la sentenza in commento. La legge stabilisce che «il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente» (art. 1418, primo comma, Codice civile). (segue nota 9) non dopo aver fornito all investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento» (art. 28, secondo comma, Reg. n /1998). (10) Non ci si può qui soffermare sugli eventuali profili di responsabilità extracontrattuale dell intermediario finanziario. In tema cfr., per tutti, il contributo di G. De Nova, La responsabilità dell operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa, in questa Rivista, 2005, 709 ss., il quale si chiede se il comportamento della banca possa determinare responsabilità per esercizio di attività pericolosa ai sensi dell art Codice civile. (11) Trib. Alba 19 agosto 2005, in Giur. it., 2006, con nota di E. Desana. (12) Trib. Rimini 11 maggio 2005, in Giur. it., 2006, con nota di G. Cottino. (13) L art Codice civile recita: «i requisiti del contratto sono: l accordo delle parti; la causa; l oggetto; la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità». L art. 23, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 stabilisce che i contratti relativi alla prestazione dei servizi d investimento sono redatti per iscritto. Nei casi d inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. (14) Sulle funzioni della forma scritta dei contratti d investimento cfr. G. Alpa, Commento all art. 23, in Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a cura di Alpa e Capriglione, I, Padova, 1998, 257. Sulla nullità dei contratti d investimento per mancanza di forma sia lecito il rinvio a V. Sangiovanni, La nullità del contratto di gestione di portafogli di investimento per difetto di forma, in questa Rivista, 2006, 966 ss.; V. Sangiovanni, La nullità del contratto per inosservanza di forma nel caso delle obbligazioni argentine, in Corr. mer., 2006, 737 ss. Sulla rilevabilità della nullità v. i due contributi di F. Corsini, Rilevabilità di ufficio della nullità contrattuale, principio della domanda e poteri del giudice, in Riv. dir. civ., 2004, II, 667 ss., e V. Mariconda, La Cassazione rilegge l art c.c. e si corregge: è vera svolta?, in Corr. giur., 2005, 962 ss. I CONTRATTI N. 3/

6 È utile premettere che la materia dell intermediazione finanziaria rappresenta un complesso di disposizioni, alcune finalizzate alla tutela di interessi pubblici, altre di interessi privati. In questo senso pare significativo l enunciato dell art. 5, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 secondo cui «la vigilanza sulle attività disciplinate dalla presente parte ha per scopo la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati, avendo riguardo alla tutela degli investitori e alla stabilità, alla competitività e al buon funzionamento del sistema finanziario». La lettura di questa disposizione fa trasparire due profili: uno pubblicistico (stabilità, competitività e buon funzionamento del sistema finanziario) e uno privatistico (tutela degli investitori). Questa duplice finalità trova un riscontro espresso, per l argomento specifico che qui interessa (norme di comportamento), nell art. 21, primo comma, lett. a), D.Lgs. n. 58/1998, laddove si stabilisce che i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell interesse dei clienti e per l integrità dei mercati. «Interesse dei clienti» e «integrità dei mercati» equivale a dire «profilo privatistico» e «profilo pubblicistico». Questi due aspetti convivono nella materia in esame. Non si può tuttavia ignorare che è la legge stessa a stabilire espressamente che il comportamento degli intermediari deve essere finalizzato anche alla realizzazione di un interesse pubblico, quale l integrità del mercato. Secondo alcune sentenze di legittimità, la nullità del contratto può realizzarsi indipendentemente da una previsione espressa in tale senso. Nel 2001 la Corte di cassazione ha deciso che, in presenza di un negozio contrario a norme imperative, la mancanza di un espressa sanzione di nullità non è rilevante ai fini della nullità dell atto negoziale in conflitto con il divieto, in quanto vi sopperisce l art. 1418, primo comma, Codice civile, che rappresenta un principio generale rivolto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione dei precetti imperativi non si accompagna una previsione di nullità (15). Ma già molti anni prima la Corte di cassazione aveva stabilito che l ipotesi di nullità del contratto per contrarietà a norme imperative si verifica indipendentemente da una espressa comminatoria della sanzione di nullità nei singoli casi (16). La norma dell art Codice civile esprime un principio generale, essendo rivolta a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione di precetti imperativi non si accompagna una specifica previsione di nullità. In tali casi unico compito del giudice è quello di stabilire se la norma o le norme contraddette dall autonomia privata abbiano carattere imperativo, siano - cioè - dettate a tutela dell interesse pubblico. Queste sentenze della Corte di cassazione esprimono il fenomeno della nullità c.d. «virtuale», che prescinde cioè da un espressa statuizione che la violazione della disposizione comporta nullità. Ad avviso di chi scrive l art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 (che sancisce le norme di comportamento) va considerato come una disposizione imperativa. Si trova, in primo luogo, conforto in alcuni precedenti giurisprudenziali. Come ha affermato il Tribunale di Firenze, nella materia dell intermediazione finanziaria esistono interessi di carattere generale che rendono inderogabili le norme di comportamento (17). Anche il Tribunale di Mantova si è richiamato al carattere pubblicistico degli interessi tutelati (18). La natura pubblicistica è confermata dal fatto che le inosservanze delle norme di comportamento sono punite con sanzioni amministrative (19). Il risparmio è, infine, protetto addirittura da una disposizione costituzionale (20). La nullità per contrarietà all art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 può realizzarsi anche in assenza di una previsione espressa che sancisca che tale disposizione è imperativa. Si tratta difatti di una norma posta nell interesse pubblico. Per un corretto apprezzamento della possibile sussistenza di nullità per contrarietà a norma imperativa con riferimento alla violazione di regole di condotta occorre tuttavia distinguere fra il comportamento della banca e il contenuto del negozio (21). Se è la sola condotta dell intermediario a violare norme imperative, ciò non determina la nullità del contratto. L art Codice civile recita: «il contratto è l accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale». Nullo può essere solo il «contratto», vale a dire il risultato dell accordo dei contraenti, non il «comportamento» di una delle parti. Il richiamo all istituto della nullità del contratto non è corretto quando le violazioni poste in essere sono unilaterali (del solo intermediario e non anche del cliente). Un esempio aiuta a chiarire il concetto che si intende esprimere. Se le parti inserissero in un contratto d investimento - che deve essere stipulato per iscritto (art. 23, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998) - una disposizione in contrasto con l art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998, allora tale clausola sarebbe nulla per violazione di norma imperativa. Si immagini che l intermediario e gli investitori inseriscano nel te- (15) Cass. 7 marzo 2001, n (16) Cass. 13 maggio 1977, n (17) Trib. Firenze 19 aprile 2005, in Corr. giur., 2005, 1271 ss., con nota di A. Di Majo. (18) Trib. Mantova 12 novembre 2004, in questa Rivista, 2005, 585 ss., con nota di M.M. Gaeta. (19) Cfr. in particolare l art. 190, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 che prevede una sanzione pecuniaria da euro 516 a euro in caso di violazione dell art. 21 D.Lgs. n. 58/1998. Per uno sguardo d insieme sul regime delle sanzioni amministrative nel D.Lgs. n. 58/1998 cfr. P. De Biasi, Persuasione e castigo. Le sanzioni amministrative nel TUB e nel TUF, Milano, (20) L art. 47, primo comma, Cost. stabilisce che «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme». (21) In questo senso anche A. Perrone, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv. soc., 2005, 1020 ss. 248 I CONTRATTI N. 3/2007

7 sto contrattuale una pattuizione che dispensa la banca dall acquisire le informazioni necessarie dai clienti e dall operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati. Questa previsione sarebbe in contrasto con il tenore letterale dell art. 21, primo comma, lett. b), D.Lgs. n. 58/1998. Siccome questa disposizione è da considerarsi imperativa perché tutela interessi pubblici, la relativa clausola sarebbe nulla. Ma la situazione tratteggiata è radicalmente diversa da quella riconducibile a una mera condotta illegittima dell intermediario. I comportamenti scorretti, posti in essere unilateralmente dalla banca, non entrano a far parte del programma contrattuale. Non vi è accordo sul punto e non vi è dunque contratto. Ne consegue che non vi può essere nullità. Nel caso affrontato dal Tribunale di Monza l attrice esperisce l azione di nullità del contratto, sostenendo che l intermediario ha violato una serie di disposizioni imperative e - conseguentemente - che il contratto è nullo. L azione di nullità viene però rigettata dall autorità giudiziaria monzese, che accoglie invece la diversa domanda di condanna al risarcimento del danno. La tendenza della giurisprudenza di merito più recente pare essere quella di affermare che la violazione delle norme di comportamento degli intermediari finanziari determina l obbligo di risarcire il danno (e non la nullità del contratto). I tribunali sembrano insomma iniziare a seguire l orientamento prospettato dalla Corte di cassazione nella sentenza n del Bisogna però rilevare che parte della giurisprudenza, anche dopo l intervento della Corte di cassazione, continua ad affermare che la violazione delle norme di comportamento comporta nullità del contratto. Il Tribunale di Trani per esempio, nel gennaio 2006, ha stabilito che gli ordini impartiti in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 28 e 29 Reg. n /1998 devono ritenersi nulli, con obbligo di retrocessione agli attori degli importi ricevuti dalla banca per l operazione (22). In tale caso l autorità giudiziaria constata che l operazione è inadeguata sotto tutti i profili: per tipologia e oggetto, in quanto si trattava della prima operazione «corporate» degli attori (per giunta avente un profilo estremamente elevato di rischio, accentuato dall assenza di rating e di prospetto informativo) e considerato il livello di bassa scolarizzazione degli attori (entrambi con la sola licenza elementare); per dimensione, in quanto fu investito in una sola operazione circa il 60% delle disponibilità liquide degli attori, con un portafoglio titoli che, anziché essere diversificato, comprendeva per il 73% le sole obbligazioni Cirio; per frequenza, in quanto nel periodo antecedente gli attori avevano effettuato solo altre tre operazioni in strumenti finanziari. E la possibile risoluzione del contratto? La sentenza del Tribunale di Monza in commento non tratta di un possibile rimedio di cui dispongono i clienti: la richiesta di risoluzione del contratto. È probabile che la ragione per cui l autorità giudiziaria monzese non affronta questa questione sia il fatto che la domanda di risoluzione del contratto non è stata presentata dall attrice. In applicazione del principio statuito dall art. 99 Codice di procedura civile («chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente»), il Tribunale di Monza non si può occupare di una domanda che non è stata presentata. A parere di chi scrive l avvocato dell attrice ha fatto male a non presentare domanda di risoluzione del contratto. Va difatti tenuto presente che la Corte di cassazione, nella sentenza n del settembre 2005, ha escluso il rimedio della nullità in favore del risarcimento, ma non ha fatto venire meno la possibilità di chiedere la risoluzione. La risoluzione del contratto tende a essere un rimedio più efficace rispetto al risarcimento del danno perché produce effetti restitutori. L inadempimento del debitore può essere di gravità tale da determinare la risoluzione del contratto. L interprete deve chiedersi se l inadempimento sia o meno grave (art Codice civile). Se l inadempimento non è grave, il contratto non può essere risolto. Il rimedio esperibile è la richiesta di risarcimento del danno. Se invece l inadempimento è grave, può essere chiesta la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento del danno (art. 1453, primo comma, Codice civile). La tesi appena prospettata trova conferma in un recente intervento giurisprudenziale. Il Tribunale di Milano ha deciso, nell aprile 2006, che l inadeguatezza dell operazione posta in essere dall intermediario finanziario rispetto alle caratteristiche dell investitore determina la risolubilità del contratto per inadempimento (23). L autorità giudiziaria milanese stabilisce che il soggetto abilitato deve valutare in modo obiettivo la propensione al rischio sulla base del pregresso operare del cliente. Nel caso affrontato dal Tribunale di Milano, l acquisto di obbligazioni della Repubblica Argentina costituiva una nota dissonante nel portafoglio dell investitrice. Si trattava difatti di uno strumento finanziario rischioso e acquistato in rilevante quantità, mentre per il resto il portafoglio era costituito da titoli molto sicuri (obbligazioni di Stato italiano) o quantomeno abbastanza sicuri (obbligazioni di banche italiane). Cenni alle nozioni di «adeguatezza» e «appropriatezza» nella recente normativa comunitaria Dal momento che la normativa sui servizi di investimento è in continua evoluzione, viene da chiedersi se vi siano state recenti innovazioni relativamente al punto che qui interessa: l adeguatezza delle operazioni finanziarie. (22) Trib. Trani 31 gennaio 2006, in questa Rivista, 2006, 686 ss., con nota di V. Sangiovanni. (23) Trib. Milano 26 aprile 2006, n. 4882, in Corr. giur., 2006, 1567 ss., con nota di V. Sangiovanni. I CONTRATTI N. 3/

8 Per quanto riguarda il diritto italiano, bisogna osservare che il decreto c.d. «Pinza» non pare occuparsi direttamente di questa materia (24). La precedente legge per la tutela del risparmio tocca, invece, il tema specifico oggetto del presente scritto (25). Questa legge ha difatti aggiunto all art. 21, primo comma, lett. a) D.Lgs. n. 58/1998 il seguente periodo: «i soggetti abilitati classificano, sulla base di criteri generali minimi definiti con regolamento della Consob il grado di rischiosità dei prodotti finanziari e delle gestioni di portafogli d investimento e rispettano il principio dell adeguatezza fra le operazioni consigliate agli investitori, o effettuate per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base della sua esperienza in materia di investimenti in prodotti finanziari, della sua situazione finanziaria, dei suoi obiettivi d investimento e della sua propensione al rischio, salve le diverse disposizioni espressamente impartite dall investitore medesimo in forma scritta, ovvero anche mediante comunicazione telefonica o con l uso di strumenti telematici, purché siano adottate procedure che assicurino l accertamento della provenienza e la conservazione della documentazione dell ordine». Anche il diritto comunitario si occupa di adeguatezza (26). Il testo legislativo europeo di riferimento è la direttiva 2004/39/CE (direttiva MIFID) (27). L art. 19 direttiva MIFID fissa le «norme di comportamento da rispettare al momento della prestazione di servizi di investimento ai clienti». Di interesse relativamente al profilo dell adeguatezza dell operazione finanziaria sono il quarto e il quinto paragrafo (28) dell art. 19 direttiva MIFID. L art. 19, quarto paragrafo, direttiva MIFID prevede che «quando effettua consulenza in materia di investimenti o gestione di portafoglio, l impresa di investimento ottiene le informazioni necessarie in merito alle conoscenze e esperienze del cliente o potenziale cliente in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio, alla situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento per essere in grado di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o al potenziale cliente». L art. 19, quinto paragrafo, direttiva MIFID stabilisce che «gli Stati membri si assicurano che, quando prestano servizi di investimento diversi da quelli di cui al paragrafo 4, le imprese di investimento chiedano al cliente o potenziale cliente di fornire informazioni in merito alle sue conoscenze e esperienze in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio proposto o chiesto, al fine di determinare se il servizio o il prodotto in questione è adatto al cliente. Qualora l impresa di investimento ritenga, sulla base delle informazioni ottenute a norma del comma precedente, che il prodotto o il servizio non sia adatto al cliente o potenziale cliente, avverte quest ultimo di tale situazione. Quest avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato. Qualora il cliente o potenziale cliente scelga di non fornire le informazioni di cui al primo comma circa le sue conoscenze e esperienze, o qualora tali informazioni non siano sufficienti, l impresa di investimento avverte il cliente o potenziale cliente che tale decisione le impedirà di determinare se il servizio o il prodotto sia adatto a lui. Quest avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato» (29). Vi è dunque, all interno della MIFID, un importante distinzione in relazione al servizio di investimento che viene prestato. Il paragrafo quarto dell art. 19 concerne il servizio di consulenza o di gestione di portafoglio, mentre il paragrafo quinto dello stesso art. 19 concerne gli altri servizi di investimento. Diverso è il tenore letterale (24) D.Lgs. 29 dicembre 2006, n Coordinamento con la legge 28 dicembre 2005, n. 262, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (T.U.B.) e del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (T.U.F.). (25) L. 28 dicembre 2005, n Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari. Il testo di questa legge è riprodotto in Le Società, 2006, 211 ss. (26) Sugli ultimi sviluppi del diritto comunitario in materia di servizi di investimento cfr. L. Enriques, L intermediario in conflitto di interessi nella nuova disciplina comunitaria dei servizi d investimento, in Giur. comm., 2005, I, 844 ss.; L. Enriques, Dum Romae consulitur verso una nuova disciplina comunitaria del conflitto d interessi nei servizi d investimento, in Banca impr. soc., 2004, 447 ss. Sulla responsabilità dell intermediario in altri ordinamenti sia lecito rinviare a V. Sangiovanni, La responsabilità dell intermediario finanziario nel diritto austriaco sullo sfondo del diritto comunitario e un suggerimento al legislatore italiano, in Danno e resp., 2006, 1182 ss.; V. Sangiovanni, La responsabilità precontrattuale dell intermediario finanziario nel diritto inglese, in Le Società, 2006, 1173 ss. (27) Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio. (28) Nella terminologia comunitaria il termine tecnico esatto per «comma» è «paragrafo». (29) Si tenga infine presente quanto dispone l art. 19, sesto paragrafo, direttiva MIFID: «Gli Stati membri autorizzano le imprese di investimento, quando prestano servizi di investimento che consistono unicamente nell esecuzione e/o nella ricezione e trasmissione di ordini del cliente, con o senza servizi accessori, a prestare detti servizi di investimento ai loro clienti senza che sia necessario ottenere le informazioni o procedere alla determinazione di cui al paragrafo 5 quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: - i suddetti servizi sono connessi ad azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato, o in un mercato equivalente di un paese terzo, strumenti del mercato monetario, obbligazioni o altri titoli di credito (escluse le obbligazioni o titoli di credito che incorporano uno strumento derivato), OICVM ed altri strumenti finanziari non complessi. Un mercato di paese terzo è considerato equivalente a un mercato regolamentato se rispetta requisiti equivalenti a quelli fissati al titolo III. La Commissione pubblica un elenco dei mercati da considerare equivalenti. L elenco è aggiornato periodicamente; - il servizio è prestato a iniziativa del cliente o potenziale cliente; - il cliente o potenziale cliente è stato chiaramente informato che, nel prestare tale servizio, l impresa di investimento non è tenuta a valutare l idoneità dello strumento o servizio prestato o proposto e che pertanto egli non beneficia della corrispondente protezione offerta dalle pertinenti norme di comportamento delle imprese. Quest avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato: - l impresa di investimento rispetta i propri obblighi a norma dell articolo 18». Esistono dunque dei casi in cui non è necessaria nemmeno la verifica della appropriatezza dell operazione. Si tratta dei servizi «execution only» («di mera esecuzione»). 250 I CONTRATTI N. 3/2007

9 del paragrafo quarto e del paragrafo quinto. Il paragrafo quarto (con riferimento a consulenza e gestione di portafoglio) prevede che l impresa di investimento «ottiene» dal cliente le informazioni necessarie, mentre il paragrafo quinto (con riferimento agli altri servizi di investimento) stabilisce che l impresa di investimento «chiede» dal cliente le informazioni. Questa distinzione si riflette sul successivo comportamento dell intermediario finanziario. Nel primo caso in assenza di informazioni il servizio non può essere raccomandato, nel secondo caso esso può essere fornito. La direttiva 2006/73/CE della Commissione reca modalità di esecuzione della direttiva MIFID (30). La direttiva 2006/73/CE, nel dare attuazione all art. 19, quarto e quinto paragrafo, direttiva MIFID, distingue fra «adeguatezza» e «appropriatezza» (31). Si introduce dunque, nella terminologia di settore, un nuovo vocabolo. Mentre l operatore aveva sinora dimestichezza con il concetto di adeguatezza, trova ora a confrontarsi con una diversa nozione, quella di appropriatezza Per essere più precisi: l art. 35 direttiva 2006/73/CE attua l art. 19, quarto paragrafo, direttiva MIFID (adeguatezza), mentre l art. 36 direttiva 2006/73/CE attua l art. 19, quinto paragrafo, direttiva MIFID (appropriatezza). Infine l art. 37 direttiva 2006/73/CE attua sia il quarto sia il quinto paragrafo dell art. 19 direttiva MIFID. Considerata la rilevanza pratica della materia, è utile esaminare brevemente il contenuto di queste disposizioni. L art. 35 direttiva 2006/73/CE (attuazione dell art. 19, quarto paragrafo, direttiva MIFID) è rubricato «valutazione dell adeguatezza». «Gli Stati membri assicurano che le imprese di investimento ottengano dai clienti o potenziali clienti le informazioni di cui necessitano per comprendere le caratteristiche essenziali dei clienti e disporre di una base ragionevole per ritenere, tenuto conto della natura e della portata del servizio fornito, che la specifica operazione raccomandata o realizzata nel quadro della prestazione del servizio di gestione del portafoglio soddisfi i seguenti criteri: a) corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente in questione; b) sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento; c) sia di natura tale per cui il cliente possiede le necessarie esperienze e conoscenze per comprendere i rischi inerenti all operazione o alla gestione del suo portafoglio» (art. 35, primo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). Questa disposizione impone un test di adeguatezza nel caso in cui venga fornito un servizio di gestione. La valutazione è finalizzata a valutare la conformità dell operazione: a) agli obiettivi di investimento del cliente; b) alla sua capacità finanziaria; c) alle sue esperienze e conoscenze. La verifica di adeguatezza va effettata con riferimento a ogni singola transazione da porsi in essere nel contesto della gestione del portafoglio. Le caratteristiche del test di adeguatezza mutano peraltro in relazione alla tipologia di cliente dell impresa di investimento. Stabilisce difatti la direttiva 2006/73/CE che «quando l impresa di investimento fornisce un servizio di investimento a un cliente professionale ha il diritto di presumere che, per quanto riguarda i prodotti, le operazioni e i servizi per i quali tale cliente è classificato nella categoria dei clienti professionali, egli abbia il livello necessario di esperienze e di conoscenze ai fini del paragrafo 1, lettera c)» (art. 35, secondo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). La normativa comunitaria suddivide i clienti in categorie. La direttiva 2004/39/CE distingue in particolare fra «cliente professionale» e «cliente al dettaglio» (art. 4, primo paragrafo, nn. 11e 12, direttiva 2004/39/CE). «Cliente professionale» è il «cliente che soddisfa i criteri stabiliti nell allegato II» (art. 4, primo paragrafo, n. 11, direttiva 2004/39/CE). «Cliente al dettaglio» è il «cliente che non sia un cliente professionale» (art. 4, primo paragrafo, n. 12, direttiva 2004/39/CE). La definizione di «cliente professionale» è dunque contenuta nell allegato II della direttiva 2004/39/CE. Questo allegato distingue fra «categorie di clienti professionali» e «clienti che su richiesta possono essere trattati come professionali». Non è possibile in questa sede entrare ulteriormente in dettaglio. Si può tuttavia rilevare come la disciplina comunitaria stabilisce che «dovrebbero essere considerati clienti professionali per tutti i servizi e gli strumenti di investimento ai fini della presente direttiva: 1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari ; 2) le imprese di grandi dimensioni ; 3) i governi nazionali e regionali, gli enti pubblici incaricati della gestione del debito pubblico, le banche centrali, le istituzioni internazionali e sovra-nazionali come la Banca mondiale, l FMI, la BCE, la BEI e altre organizzazioni internazionali analoghe; 4) altri investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari». Questa distinzione fra cliente professionale e cliente al dettaglio produce il seguente effetto relativamente al test di adeguatezza: quando l impresa di investimento ha come cliente un soggetto professionale, essa può presumere che tale cliente abbia le esperienze e le conoscenze necessarie per valutare il significato e le conseguenze dell operazione finanziaria. L art. 35 continua chiarendo che «le informazioni riguardanti la situazione finanziaria di un cliente o potenziale cliente includono, laddove pertinenti, dati sulla fonte e sulla consistenza del suo reddito regolare, delle sue attività, comprese le sue attività liquide, dei suoi investimenti e beni immobili e dei suoi impegni (30) Direttiva 2006/73/CE della Commissione del 10 agosto 2006 recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva. (31) Su «adeguatezza» e «appropriatezza» nella direttiva MIFID cfr. anche R. Sabbatini, in Plus 24, Il Sole 24 Ore, 27 gennaio 2007, 8. I CONTRATTI N. 3/

10 finanziari regolari» (art. 35, terzo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). Questa disposizione specifica le informazioni che vanno raccolte sulla situazione finanziaria del cliente. La determinazione dell investimento adatto a un certo risparmiatore non può prescindere dalla situazione finanziaria in cui esso si trova. La direttiva specifica inoltre che «le informazioni riguardanti gli obiettivi di investimento di un cliente o potenziale cliente includono dati sul periodo di tempo per il quale il cliente desidera conservare l investimento, le sue preferenze in materia di rischio, il suo profilo di rischio e le finalità dell investimento, laddove pertinenti» (art. 35, quarto paragrafo, direttiva 2006/73/CE). Gli effetti del test dell adeguatezza, diversi rispetto a quelli del test dell appropriatezza, sono sanciti nell art. 35, quinto paragrafo, direttiva 2006/73/CE: «quando l impresa di investimento che fornisce un servizio di investimento di consulenza in materia di investimenti o gestione del portafoglio non ottiene le informazioni di cui all articolo 19, paragrafo 4, della direttiva 2004/39/CE, l impresa non raccomanda i servizi di investimento o gli strumenti finanziari al cliente o potenziale cliente». Sussiste dunque un divieto di raccomandazione. L art. 36 direttiva 2006/73/CE è rubricato «valutazione dell appropriatezza». Già dal punto di vista terminologico si tratta di un qualcosa di diverso dalla «adeguatezza». Il legislatore comunitario stabilisce che «gli Stati membri prescrivono alle imprese di investimento che, per valutare se un servizio di investimento sia appropriato per un cliente, come previsto all articolo 19, paragrafo 5, della direttiva 2004/39/CE, verifichino se tale cliente abbia il livello di esperienze e conoscenze necessario per comprendere i rischi che il prodotto o il servizio di investimento offerto o richiesto comporta. A tal fine l impresa di investimento ha il diritto di presumere che un cliente professionale abbia il livello di esperienze e conoscenze necessario per comprendere i rischi connessi a quei determinati servizi di investimento od operazioni o a quei tipi di operazioni o prodotti per i quali il cliente è classificato come cliente professionale» (art. 36, primo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). Infine l art. 37 direttiva 2006/73/CE detta «disposizioni comuni per la valutazione dell adeguatezza e dell appropriatezza». «Gli Stati membri assicurano che le informazioni riguardanti le conoscenze e le esperienze del cliente o potenziale cliente nel settore dell investimento includano i seguenti elementi, nella misura in cui siano appropriati vista la natura del cliente, la natura e l importanza del servizio da fornire e il tipo di prodotto od operazione previsti, nonché la complessità e i rischi connessi: a) i tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari con i quali il cliente ha dimestichezza; b) la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su strumenti finanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il quale queste operazioni sono state eseguite; c) il livello di istruzione e la professione o, se rilevante, la precedente professione del cliente o del potenziale cliente» (art. 37, primo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). «L impresa di investimento non incoraggia un cliente o potenziale cliente a non fornire le informazioni richieste ai fini dell applicazione dell articolo 19, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2004/39/CE» (art. 37, secondo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). «L impresa di investimento ha il diritto di fare affidamento sulle informazioni fornite dai suoi clienti o potenziali clienti, a meno che non sia al corrente, o in condizione di esserlo, che esse sono manifestamente superate, inesatte o incomplete» (art. 37, terzo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). Il lettore di questo complesso di disposizioni è colpito dalla loro analiticità. Il dettaglio delle previsioni del legislatore comunitario contrasta in modo stridente con quella che, sulla base delle numerose sentenze di merito pubblicate, risulta essere la prassi degli intermediari finanziari. Si dovrà aspettare e vedere se le banche attueranno in modo corretto, dal punto di vista formale e dal punto di vista sostanziale, quanto richiesto dal diritto comunitario. Non risolto dal diritto comunitario è poi il problema centrale affrontato dalla giurisprudenza italiana degli ultimi anni. Il legislatore europeo non stabilisce quali siano le conseguenze in termini civilistici delle violazione delle norme di comportamento. La questione rimane dunque affidata alle determinazioni degli Stati membri, con tutte le incertezze che ciò può comportare. 252 I CONTRATTI N. 3/2007

RISOLUZIONE N. 46/E QUESITO

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