PROCURA della REPUBBLICA presso il Tribunale di Reggio Calabria

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1 PROCURA della REPUBBLICA presso il Tribunale di Reggio Calabria RELAZIONE DISCORSO INAUGURALE ANNO GIUDIZIARIO 2011 PROCURA DELLA REPUBBLICA DI REGGIO CALABRIA SITUAZIONE GENERALE DELL UFFICIO Ritengo opportuno precisare in via preliminare che lo scrivente, dopo aver assunto la titolarità dell incarico in data 15 aprile 2008, ha provveduto ad una pressoché totale riorganizzazione dell ufficio mediante l adozione di nuovi criteri organizzativi di carattere generale, oltre che mediante provvedimenti di carattere più specifico per fare fronte alle esigenze che si sono via via manifestate. Tali provvedimenti organizzativi sono stati adottati nel corso dell anno 2008 e nei primi mesi del 2009 e costituiscono a tutt oggi la struttura organizzativa essenziale dell Ufficio; d altra parte, essi hanno potuto dispiegare pienamente i loro effetti solo a partire dal periodo in esame (e cioè dal secondo semestre del 2009). Va poi in questa sede preliminare ricordato che anche questo Ufficio di Procura soffre in misura notevole della mancata copertura dei posti in organico di Sostituto Procuratore nonché della insufficienza dell organico di alcune categorie di personale amministrativo (in particolare, quello dei cancellieri, previsti in 28 unità a fronte di 30 magistrati). In particolare per quanto riguarda i magistrati va detto che l assoluta insufficienza dell organico è ancora più grave in quanto questo Ufficio deve fronteggiare l eccezionale carico di lavoro derivante dalla presenza in questa provincia (il cui ambito territoriale 1

2 coincide con quello del Distretto e quindi con la competenza di questa Direzione Distrettuale Antimafia) dell associazione mafiosa denominata ndrangheta, articolata in molte decine di locali e unanimemente riconosciuta come la più potente, pericolosa e ricca delle organizzazione criminali operanti oggi in Italia e in Europa, e peraltro in grado di compiere atti di eccezionale gravità come gli attentati con esplosivo all edificio dove ha sede la Procura Generale e a quello in cui abita lo stesso Procuratore Generale, nonché la minaccia con uso di un bazooka nei confronti dello scrivente; la gravità di questa situazione è stata riconosciuta dal Ministero della Giustizia che, su conforme parere del Consiglio Superiore della Magistratura, ha disposto con decreto in data 18 marzo 2010, l aumento di due posti di Sostituto Procuratore (da 24 a 26). Di fatto però, erano presenti alla data del 30 giugno 2010 solo n. 18 Sostituti su 26 posti in organico, tanto che questo Ufficio è stato considerato sede disagiata ai sensi della Legge 133/1998, modificata dal D.L. n. 193/2009 convertito con L, 22 febbraio 2010 n. 24, ma ciò nonostante nulla è cambiato dato che per il posto messo a concorso non è stata presentata nessuna domanda. E chiaro che questa pesante carenza del personale di magistratura non può non aver ripercussione negative sulla situazione generale dell Ufficio, tanto più in una fase storica in cui il legislatore attribuisce sempre nuovi compiti alle Procure presso il Tribunale capoluogo del Distretto: così in materia di terrorismo e di associazione contrabbandiera (D.L n. 374), in materia di pedopornografia e in materia di misure di prevenzione antimafia (L. 125/2008 e 92/2009) Tuttavia, come si vedrà, la nuova organizzazione dell ufficio ha consentito di contenere gli effetti negativi e di raggiungere risultati significativi sia dal punto di vista quantitativo che qualificativo. Ritengo opportuno evidenziare che il primo provvedimento per assicurare il buon funzionamento dell Ufficio e, nell ambito di questo, anche quel profilo di particolare importanza che è costituito dal corretto esercizio dell azione penale, è stato l adozione di nuovi criteri di organizzazione di questa Procura della Repubblica. Detti criteri organizzativi sono stati adottati con provvedimento del condiviso da tutti i magistrati dell Ufficio, e che costituisce le sintesi di provvedimenti adottati in precedenza su singoli aspetti critici che presentavano carattere di particolare urgenza. 2

3 In particolare, la Direzione Distrettuale Antimafia, pur con un organico ridotto (otto Sostituti, oltre il Procuratore aggiunto delegato al coordinamento), aveva ottenuto negli anni precedenti significativi successi nell azione di contrasto alla ndrangheta; ciò nonostante, la situazione della D.D.A. presentava aspetti di criticità tanto dal punto di vista organizzativo quanto dal punto di vista del carico di lavoro. In particolare, il numero dei procedimenti sopravvenuti contro noti non era elevato (186 nell anno 2007/2008); ciononostante il numero dei procedimenti pendenti contro noti era aumentato nel triennio 1 luglio giugno 2008 nella misura ( a parere dello scrivente inaccettabile) del 21,7% passando da 225 a 274, a fronte di un modesto decremento (-4,8%) della pendenza complessiva dell Ufficio (cioè di tutti i procedimenti iscritti al Registro Generale mod.21) Inoltre da una rilevazione statistica effettuata dalla Direzione Nazionale Antimafia era risultato che nel decennio 1998/2008 il numero delle persone sottoposte a indagini dalla D.D.A. di Reggio Calabria per i reati di cui agli artt. 416 bis c.p. e 74 Legge Stupefacenti è sostanzialmente uguale, rispettivamente e , a quello delle persone sottoposte a indagini, sia pure nell ambito di un numero maggiore di procedimenti, dalla D.D.A. di Palermo, cioè da un Ufficio analogamente impegnato ai livelli più alti nel contrasto alla criminalità organizzata e che prevede però un organico di ben 24 Sostituti. Nella convinzione quindi della necessità che il contrasto alla ndrangheta debba costituire un assoluta priorità e che di ciò debba tenersi conto in primo luogo nell organizzazione dell Ufficio, lo scrivente ha assunto personalmente la direzione e il coordinamento della D.D.A. ai sensi dell art. 70 bis Ord. Giud. con la collaborazione di due Procuratori aggiunti ed ha provveduto ad aumentare a 12, pari al 50% dell organico dell Ufficio, il numero dei componenti della Direzione Distrettuale Antimafia, provvedendo quindi all esito della procedure concorsuali- alle necessarie nuove designazioni. Per quanto riguarda invece la Procura cd. ordinaria, essa era, alla data del 15 aprile 2008, composta da 14 Sostituti era divisa tra tre gruppi di lavoro specializzati; questo sistema aveva consentito una lieve flessione del numero complessivo dei procedimenti pendenti contro noti (-4.8% nel triennio), dando però luogo a due gravi inconvenienti: un aumento notevole, come già si è visto della pendenza dei procedimenti contro noti per reati di competenza della D.D.A.; 3

4 una grave sperequazione nei carichi di lavoro tra i magistrati della Procura ordinaria (nel triennio, la sopravvenienza dei procedimenti contro noti è variata da un numero di 1045 a un massimo di 1602). Queste considerazioni, unite alla necessità, già evidenziata, di aumentare il numero dei componenti della D.D.A. ha portato alla decisione di ridurre a due soli i gruppi di lavoro, alla cui attività è preposto il terzo Procuratore aggiunto, e di modificare, riducendole, le materie ad essi attribuite. In proposito, al termine di un primo periodo sperimentale, dalle rilevazioni statistiche emerge una minore sperequazione nelle sopravvenienze tra i singoli Sostituti (e peraltro si deve unire alla valutazione meramente quantitativa anche una considerazione della diversa complessità dei procedimenti). Al fine di attenuare gli effetti immediati dell aumento del carico di lavoro per i colleghi della Procura ordinaria, è stato anche previsto che i Sostituti via via designati a far parte della D.D.A. hanno mantenuto l assegnazione dei procedimenti ordinari di cui erano già titolari, fino alla loro definizione. E quindi possibile, in questo modo, assicurare sempre più il necessario affinamento delle capacità professionali e l acquisizione della conoscenza delle tecniche d indagine proprie di ognuno dei settori sopraindicati in capo a un congruo numero di magistrati sufficiente per affrontare il notevolissimo carico di lavoro costituito sia dalle indagini preliminari (per le quali sarà favorita anche la formazione e lo sviluppo di gruppi specializzati di polizia giudiziaria), sia dalla trattazione, notoriamente lunga e complessa, della fase dibattimentale dei processi. Inoltre, la presenza in ogni gruppo di un apprezzabile numero di Sostituti, che si può realisticamente valutare in 5-6 unità, consentirà di mantenere, anche grazie al progredire dell esperienza di tutto l Ufficio e agli opportuni miglioramenti organizzativi in parte già avviati, il necessario livello di impegno e di attenzione sulle materie non di competenza della D.D.A., specie quelle che determinano maggiore allarme sociale. E invero, in una realtà come quella reggina, è essenziale assicurare una rapida risposta alla domanda di giustizia e intervenire su tutte le manifestazioni di illegalità, anche quelle apparentemente minori, che però spesso favoriscono l attività della criminalità organizzata e ne costituiscono la premessa. Al fine di favorire l ampliamento delle conoscenze e l affinamento delle professionalità di è fatto largo ricorso allo strumento di cui all art. 70 bis Ord. Giud., coassegnando ai sostituti della Procura ordinaria procedimenti aventi ad oggetto indagini 4

5 riguardanti i reati di cui all art. 51 c.3 bis c.p.p. Nel periodo in esame (1 gennaio giugno 2010) i provvedimenti in questione sono stati 35. Una prima valutazione degli effetti della nuova organizzazione dell Ufficio, entrata di fatto in vigore dal 1 gennaio 2009, consente di affermare che i risultati di questo primo periodo possono essere giudicati senz altro positivi. Per quanto riguarda i procedimenti contro noti non di competenza della DDA prima di esaminare i dati statistici generali è indispensabile sottolineare che è aumentata, e continua ad aumentare, in modo assolutamente abnorme e imprevedibile la sopravvenienza dei procedimenti per il reato di cui all art. 2 L. 463/1983 (omesso versamento dei contributi INPS da parte dei datori di lavoro) che è passato da sole 265 unità nell anno 2008, a ben 2913 unità nell anno 2009 e addirittura a 2491 unità nel solo 1 semestre del 2010 (cifra che rappresenta circa il 40% delle sopravvenienze complessive). Si tratta, come detto, di un fenomeno improvviso e imprevedibile, dovuto secondo le informazioni assunte ad una diversa organizzazione del lavoro da parte dell INPS che trasmette le comunicazioni di notizie di reato, e che ha fatto sì che la sopravvenienza complessiva dei procedimenti sia aumentata costantemente da 5959 (nel 2007) a 6904 (nel 2008) a 9734 (nel 2009) e 5965 (nel solo 1 semestre del 2010) con un aumento, in meno di tre anni, del 100%. Sono state adottate alcune iniziative per fronteggiare questa situazione assolutamente eccezionale, ma deve fin d ora essere evidenziato che è aumentato progressivamente (pur se, inevitabilmente, non nella stessa misura) anche il numero dei procedimenti contro noti definiti, che è passato dal 7061 (nel 2007), a 7264 (nel 2008) a 9299 (2009) a 4459 (nel 2010) con un aumento quindi del 31,5%. Naturalmente, nonostante tutto, è aumentata anche la pendenza di questo tipo di procedimenti che è passata da 4870 (al ) a 5265 (al ) a 6771 (al ) con un aumento del 20,7%. Si tratta a parere dello scrivente di un dato assolutamente positivo a fronte, come si è detto, dell aumento del 100% delle sopravvenienze e che, si confida, potrà essere ulteriormente migliorato grazie alle misure organizzative che sono state adottate e che dovrebbero dispiegare i loro effetti a partire dal prossimo anno. Invece per i procedimenti contro noti per reati di competenza dalla D.D.A. è aumentato rispetto agli anni precedenti la riorganizzazione dell Ufficio sia il numero dei 5

6 procedimenti sopravvenuti (206 nel 2007, 232 nel 208, 291 nel 2009 e 139 nel primo semestre 2010) sia di quelli definiti (rispettivamente, 193, 185, 271 e 116) Naturalmente, tutti i dati precedenti vanno letti alla luce dei risultati ottenuti da questo Ufficio nell azione di contrasto alla ndrangheta. Si tratta di dati significativi e, a giudizio dello scrivente, molto positivi (di cui va dato merito a tutti i colleghi dell Ufficio e al personale amministrativo), che dimostra il potenziamento dell azione della Direzione Distrettuale Antimafia dato che, come è noto, in questa materia sono proprio le indagini che devono fare emergere i fatti di reato, essendo del tutto trascurabile l incidenza delle denunce private e ridotto anche il numero di indagini frutto solo dell iniziativa della p.g., che peraltro ha svolto in questa provincia un attività di altissimo livello. La conferma di quanto qui affermato si ha dal numero dei nuovi procedimenti iscritti nel periodo in esame per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso (n. 109 procedimenti, ben 16 in più del periodo precedente con un aumento del +21%). A fronte di questi risultati è da ritenere una conseguenza inevitabile, e di minor rilievo, il lieve aumento della pendenza alla fine del periodo (da 314 al a 357 al , + 13,7%). Si ritiene inoltre utile evidenziare che nel periodo sono state richieste n. 387 misure cautelari personali (rispettivamente 248 nell anno 2009 e 139 nel primo semestre 2010) a carico di 1546 soggetti (rispettivamente 1056 e 490 nei due periodi; le richieste presentate dalla DDA hanno riguardato, nei due periodi, rispettivamente 800 e 305 soggetti, per un totale di 1105, e cioè un numero quasi raddoppiato rispetto ai 449 dell intero anno 2007). Sono state altresì presentate 526 misure cautelari reali (rispettivamente 350 e 176 nei due periodi) che hanno riguardato un totale di 667 indagati (rispettivamente 398 e 269). Va detto infine che è aumentato progressivamente anche il numero delle udienze cui hanno partecipato i magistrati di questo Ufficio: da 2263 (nel 2008) a 2551 (nel 2009) a 1335 (nel 1 semestre 2010); va tenuto conto, peraltro, che molti dei processi più importanti e delicati sono trattati dai Tribunali e dalle Corti di Assise di Palmi e Locri, con un evidente ulteriore maggior impegno e impiego di risorse per i magistrati di questo Ufficio. E aumentato anche il numero delle udienze cui hanno partecipato i Vice Procuratori Onorari (rispettivamente: 716, 838 e 469). 6

7 L attività della Direzione Distrettuale Antimafia Per quanto riguarda la riorganizzazione della Direzione, il nuovo progetto è partito dall analisi, condivisa da tutti i componenti della stessa DDA, delle linee evolutive della ndrangheta, anche alla luce della più recente Relazione della Commissione parlamentare Antimafia (febbraio 2008). In particolare, sono state individuate sia difficoltà di ordine oggettivo sia difficoltà proprie dell azione di contrasto: A) Difficoltà oggettive: 1. La forza numerica ed economica della ndrangheta E proprio dalla presenza massiccia, anche in termini numerici che non trovano riscontro nelle altre organizzazioni mafiose operanti in Italia, (quasi) in ogni città o singolo paese della provincia di Reggio Calabria che la ndrangheta trae la base prima della sua forza sia in termini di potenza militare ed economica sia in termini di radicamento e consenso sociale. Basti pensare che dalle indagini in corso è risultato che in cittadine di abitanti vi sono 300 o 400 affiliati ai locali di ndrangheta, numero che probabilmente oggi si raggiunge con difficoltà in una città come Palermo. Ancora l indice di densità criminale (relativo al coinvolgimento, a diverso titolo, in attività illecite) è stato stimato al 27% della popolazione, a fronte del 12% in Campania, del 10% in Sicilia e del 2% in Puglia. Dal punto di vista economico, secondo le stime dell EURISPES, il giro d affari della ndrangheta nel 2007 è stato di oltre 43 miliardi di euro. E dunque evidente quanto ardua ed impegnativa appaia una azione di effettivo contrasto in tale contesto. 2. Il suo radicamento nel tempo e nella società Per comprendere quanto siano radicate nella società queste cosche, di cui non è possibile sopravvalutare la potenza militare ed economica, è sufficiente ricordare le parole di MOLE Girolamo intercettate nell ambito del procedimento penale n. 6268/06 RGNR 7

8 DDA. Invero, il MOLE riferendosi alla pluridecennale alleanza con i PIROMALLI e alle difficoltà di quel particolare momento affermava: gli deve dire ti devi stare a posto tuo perché qua ci sono 100 anni di storia che non la puoi guastare, ecco tu ci sono 100 anni di storia che non la puoi guastare tu se ti vuoi alleare se voi insieme o per fatti tuoi però su una giusta linea fai quello che vuoi però se tu questa linea la tieni pure tu, devi sapere che ad un certo punto ognuno allora la storia qualcosa conta, i sacrifici, il carcere e tutto il resto conta noi rispettiamo il passato e rispettiamo la storia e noi rispettiamo e rispettiamo e noi di noi, non sbaglieremo mai mai! Un altra indagine sulla cosca BELLOCCO, storica consorteria operante da decenni nel territorio di Rosarno, come attestato da numerose sentenze passate in giudicato e come affermato, non senza un certo orgoglio, dal giovane BELLOCCO Umberto in una conversazione tra presenti registrata in Granarolo dell Emilia in data ( Rosarno è nostro e deve essere per sempre nostro se no non è di nessuno ). 3. Il ricorso agli omicidi ed alla violenza Né è venuta meno la propensione dell organizzazione mafiosa a commettere delitti gravi o addirittura eclatanti, specie dove ravvisi la necessità di creare nuove alleanze o di raggiungere nuovi equilibri. Di particolare gravità sono stati, gli attentati con ordigni esplosi dalla Procura Generale (3 gennaio 2010) e le numerose intimidazioni a magistrati, giornalisti, professionisti e pubblici amministratori. Non si può inoltre fare a meno di ricordare, pur se successivi al periodo in esame, l attentato con ordigno esplosivo che ha danneggiato lo stabile in cui abita il Procuratore Generale dr. Salvatore Di Landro ( 26 agosto 2010) e il bazooka lasciato nei pressi degli uffici della Procura della Repubblica e fatto rinvenire con una telefonata anonima contenente un messaggio di grave minaccia nei confronti dello scrivente Procuratore della Repubblica (5 ottobre 2010). 4. L internazionalizzazione Un altro fattore di trasformazione è sicuramente costituito dalla progressiva internazionalizzazione della mafia calabrese che per effetto dei processi di globalizzazione dei mercati e della necessità di spostare persone e merci sul territorio dell Unione Europea 8

9 ha costituito basi operative e gruppi di riferimento ovunque, anche sfruttando le differenze di legislazione o la minore efficienza di alcune strutture di contrasto estere. In proposito non può non farsi riferimento al caso Duisburg, ovvero alla scelta stragista pianificata e portata poi ad esecuzione con particolare ferocia da alcune consorterie di S. Luca in territorio tedesco, che ha determinato sia una fase di contrasto istituzionale più pressante sia forme di positiva collaborazione investigativa tra gli Stati d Europa interessati dal fenomeno della criminalità organizzata calabrese. B) Difficoltà proprie dell azione di contrasto 1) Le risorse Per questo aspetto si rinvia a quanto già detto in precedenza. 2) Mancanza di una ricostruzione dell organizzazione Non si può non sottolineare, inoltre, che l ultima ricostruzione complessiva, in sede processuale, delle cosche ndranghetiste di questa provincia, dei loro rapporti complessivi, dei loro delicati equilibri, è stata finora quella effettuata nel corso dei processi denominati Olimpia e risale quindi ad oltre dieci anni fa, mentre le risultanze dell indagine Armonia ( ) non hanno trovato conferma processuale ed erano peraltro relative ad una parte soltanto, sia pure significativa, del territorio provinciale. Si è dunque verificata, come si dirà fra breve, la possibilità di procedere, sulla base dei nuovi elementi di prova nel frattempo acquisiti, ad una nuova ricostruzione complessiva della struttura delle cosche e dei loro rapporti. In questa direzione un prezioso punto di partenza è costituito dalla recentissima norma che ha espressamente inserito la ndrangheta tra le associazioni mafiose previste dall art. 416 bis del codice penale e dall art. 1 della legge 575/1965 in materia di misure di prevenzione. 3. collaboratori di giustizia e intercettazioni Altro elemento negativo, poi, è stata l assenza, ormai da molti anni, di collaboratori di giustizia di significativo rilievo e di sicura affidabilità che sono, come l esperienza in altre 9

10 regioni d Italia dimostra, lo strumento fondamentale per ricostruire compiutamente la struttura, le dinamiche interne e le relazioni esterne delle organizzazioni di tipo mafioso. In questo contesto sono state assolutamente indispensabili, pur se da sole non sempre sufficienti ai fini sopraindicati, le intercettazioni telefoniche ed ambientali. 4. Silenzio informativo Ancora, assolutamente negativo è il disinteresse che abitualmente caratterizza l atteggiamento dei mezzi di informazione sulla Calabria e i suoi problemi, a cominciare dalla ndrangheta. Questo disinteresse è venuto meno dall inizio del 2010 grazie ai gravi fatti delittuosi e alla continua e concreta presenza delle Istituzioni. Questa presenza deve continuare altrimenti la situazione, per la Calabria e per chi lavora per il suo sviluppo nella legalità, sarà anche peggiore di prima. Sulla base dell analisi fin qui sintetizzata, la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria si è quindi posta come obiettivo una azione di contrasto articolata nella quale possono individuarsi quattro aree tematiche: A. L adozione di strategie diversificate volte alla disarticolazione delle consorterie storiche della Ndrangheta presenti in tutta la provincia di Reggio Calabria, anche attraverso una campagna mirata alla ricerca e cattura dei principali capi-cosca latitanti, vere e proprie figure carismatiche del sistema mafioso locale, nonché mediante l individuazione di quelle famiglie ormai facenti parte con i loro rappresentanti, anche di seconda e terza generazione, della borghesia, così da potersi parlare di vere proprie dinastie mafiose, che mirano a consolidarsi sempre più come naturale sviluppo e logica evoluzione dei precedenti modelli paramilitari, largamente seguiti negli anni 80-90; B. L individuazione e il perseguimento in sede giudiziaria di componenti significativi della cosiddetta zona grigia, di esponenti cioè della politica, delle istituzioni, delle professioni, dell imprenditoria, a volte con legami massonici, che forniscono alla criminalità organizzata, ed in particolare alle dinastie mafiose di cui si è detto, occasioni di grandi arricchimenti e a volte garanzie di impunità; 10

11 C. Il contrasto di quelle attività criminose che la Ndrangheta calabrese pianifica e porta a compimento fuori dal proprio territorio originario non potendosi di certo trascurare che attraverso tale settore operativo l organizzazione calabrese ha conquistato di recente risultati mai prima sfiorati: da un lato commettendo anche all estero reati gravissimi e dall altro raggiungendo attraverso il commercio internazionale delle sostanze stupefacenti ricchezze patrimoniali in precedenza non ipotizzabili; D. l aggressione ai patrimoni illeciti, sicuramente una delle chiavi di volta dell azione di contrasto alle organizzazioni mafiose. Nel prosieguo si procederà ad una analisi dei risultati sin qui ottenuti con riferimento alle aree tematiche sopra indicate. Preliminare però a questa analisi è l esposizione dei risultati delle indagini culminate con l operazione c.d. Il Crimine che ha consentito una ricostruzione assolutamente nuova degli attuali assetti della ndrangheta e dei rapporti tra le cosche reggine e quelle esistenti in Lombardia e in altre parti d Europa e del mondo, grazie alla straordinaria attività di indagine sviluppata, in perfetto coordinamento tra loro, da numerosi Comandi dei Reparti territoriali e del Raggruppamento Operativo Speciale dell Arma dei Carabinieri e in pari tempo, e del tutto indipendentemente, da diverse strutture della Polizia di Stato. I primi giorni del mese di settembre 2009 per la prima volta è stata documentata, proprio mentre era in corso di svolgimento, la riunione annuale cui prendono parte i maggiori esponenti della ndrangheta, in occasione della festa della Madonna di Polsi, come noto uno dei momenti più rilevanti per tale associazione, che sancisce l investitura delle cariche apicali, definendo la composizione organica del vertice della ndrangheta, indicato alternativamente con l espressione Provincia o Crimine. In tale circostanza è stato possibile registrare in diretta, con un livello di riconoscibilità di assoluta evidenza, le complesse operazioni di ratifica delle nuove cariche - in realtà già decise nei giorni precedenti, il 19 agosto, ma formalizzate soltanto a Polsi con effetti dal mezzogiorno del 2 settembre ( le cariche il giorno dopo quella volta alla Madonna giorno 2 a mezzogiorno è entrata ) - che hanno ridisegnato gli attuali assetti della ndrangheta. 11

12 Di lì a poco, il 31 ottobre 2009, questa volta in Lombardia, veniva documentato, con una eccezionale videoripresa, un incontro conviviale, nel corso del quale, i capi delle locali lombarde, riuniti presso il centro per anziani Falcone e Borsellino ubicato in Paderno Dugnano, eleggevano quale referente della ndrangheta in Lombardia ZAPPIA Pasquale, già designato per tale carica pochi giorni prima dalla Provincia calabrese e salutavano l esito della votazione brindando tutti insieme, in piedi, all indirizzo del nuovo Mastro generale. Questi due momenti rappresentano in qualche modo la sintesi delle indagini che hanno, da un lato, confermato le caratteristiche ben note delle cosche calabresi: il numero eccezionalmente elevato di affiliati anche in cittadine di modeste dimensioni ( la società di Rosarno tra 'ndrine e noi superiamo i 250 uomini, SARO Napoli ha oltre 60 uomini, Peppe oltre 40, Iaropoli 30, Cannatà 35, a Rosarno centro ci sono 100 persone ), i legami familiari (nel senso di famiglia di sangue) che esistono fra gli associati e ne rafforzano i vincoli, anche di natura criminale, il rispetto di una serie di tradizioni e di rituali, la straordinaria pervasità sul territorio e il controllo di molte delle manifestazioni della vita amministrativa, sociale ed economica ( hanno sentenza su tutto... all'ispettorato del lavoro...alla magistratura...perchè c'è infiltrazione mafiosa...c'è la connivenza di queste persone che...con i mafiosi...questo è...la verità questa è qua c è collusione mafiosa all interno qua con, con l esterno dice nel corso dell indagine un imprenditore a proposito della opprimente presenza ndranghetista), la capacità di infiltrazione negli ambienti più diversi ed anche negli apparati investigativi e della sicurezza (come evidenziato in modo davvero allarmante dalle rivelazioni sulle indagini di questo ed altri procedimenti ricevute da molti capibastone). Ma accanto a queste conferme, le indagini hanno fatto emergere elementi di indubbia novità i cui passaggi essenziali messi in evidenza dal provvedimento di fermo emesso da questo Ufficio e dal coevo provvedimento dell A.G. milanese, possono così essere sintetizzati: l esistenza della ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso unitaria, insediata sul territorio della provincia di Reggio Calabria e in altre parti della regione; l esistenza di un organo di vertice che ne governa gli assetti, assumendo o ratificando le decisioni più importanti; 12

13 l esistenza di molteplici proiezioni, oltre il territorio calabrese, di cui la più importante è la Lombardia, secondo il modello della colonizzazione, ed i rapporti tra la casa madre e tali proiezioni esterne. Si tratta di passaggi che costituiscono il punto di emersione di una complessa realtà criminale sulla quale in modo del tutto corrispondente - è intervenuto, come già si è accennato, il legislatore con il d.l. 4 febbraio 2010, n. 4, poi convertito in legge, che ha modificato il testo dell art. 416 bis c.p. e dell art. 1 l. n. 575/1965, aggiungendo, al novero delle organizzazioni di tipo mafioso, anche la ndrangheta, in precedenza confinata nel concetto di altre organizzazioni comunque localmente denominate. Ora, proprio grazie ai risultati delle indicate attività investigative, è possibile avviare, anche in sede giudiziaria, questo approfondimento, che consente di allineare le ricostruzioni di tipo generale alla concreta attualità di una realtà criminale tanto complessa quanto fin qui poco conosciuta. Intanto, è emersa con forza, ed in modo assolutamente univoco, l unitarietà della ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso. Non più dunque semplicemente un insieme di cosche, famiglie o ndrine, nel loro complesso scoordinate e scollegate tra di loro, salvo alcuni patti federativi di tipo localistico territoriale, certificati da incontri, più o meno casuali ed episodici, dei rispettivi componenti di vertice. Sotto tale profilo, i plurimi elementi di prova raccolti consentono di evitare il grave rischio di una visione parcellizzata, frammentaria e localistica della ndrangheta, una visione che non ne ha fatto apprezzare la reale forza complessiva in termini di legami e connessioni con il mondo altro, sia che si tratti di pezzi delle istituzioni, sia che si tratti di settori dell imprenditoria, sia infine che si tratti di appartenenti al mondo della pubblica amministrazione o della politica. E peraltro sono gli stessi associati ad essere consapevoli dell importanza della struttura unitaria e delle regole che essi si sono dati. Con queste parole, GATTUSO Nicola, capo di una delle locali della zona di Reggio sud, esprimeva, il 14 gennaio 2008, le proprie preoccupazioni al riguardo sapete come andiamo a finire, ve lo dice il sottoscritto, da qua ad un altro anno, due, tutto quello che abbiamo diventerà zero. Ognuno (inc.) ci basiamo tutti un altra volta sullo SGARRO, e ognuno si guarda la sua LOCALE, il suo territorio, punto. 13

14 La ndrangheta si presenta, dunque, come un organizzazione di tipo mafioso, segreta, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice. Essa è insediata nella provincia di Reggio Calabria, dove è suddivisa in tre aree, denominate mandamenti (Tirrenica, Città e Jonica), nel cui ambito insistono società e locali, composti a loro volta da ndrine e famiglie. Ai vertici di tale organizzazione si pone un organo collegiale, definito Provincia o anche Crimine, con la precisazione che quest ultimo termine è riferito anche alle singole articolazioni associative e, in altre occasioni, all intera associazione ( Il CRIMINE non è non di nessuno, è di tutti; il crimine lo devono formare tutti del locale, tutti gli uomini ). La Provincia ha compiti, funzioni e cariche proprie: gli organi direttivi sono costituiti dal capocrimine, dal contabile, dal mastro generale e dal mastro di giornata. Si tratta di cariche elettive e temporanee, come tutte le cariche di ndrangheta. E lo stesso capocrimine, appena eletto, OPPEDISANO Domenico, a ribadire: ci vuole un responsabile che deve tenere praticamente ogni cosa che si fa... si fa con l'accordo di tutti quanti... quando si fa una proposta si ascolta gli altri per vedere come la pensano in maggioranza tutto passa.... Gli eccezionali risultati conseguiti in queste attività di indagini collegate hanno consentito di identificare i boss ai quali tali cariche sono state attribuite nell estate 2009, ricostruendo anche sia il momento sostanziale delle trattative tra i maggiori esponenti dell associazione sia quello della formalizzazione in occasione della festa della Madonna di Polsi con l omaggio reso dai rappresentanti delle varie locali al nuovo Capocrimine, uno degli ndranghetisti più anziani che vanta il proprio lungo e titolato excursus all interno dell organizzazione ( ci siamo raccolti a livello nazionale ai tempi i CRIMINI per le cariche della SANTA perche' quando fanno i CRIMINI... eravamo piu' di 1000 persone quella notte nelle montagne...io mi ricordo Peppe NIRTA e Ntoni NIRTA...inc... i grandi dalla parte di la, mi chiamano passo di qua. lui passa di la... mi hanno messo in mezzo Peppe NIRTA e Ntoni NIRTA e li' mi hanno dato la carica della SANTA c'e' pure una lettera firmata...la carica del vangelo avevo la carica del VANGELO che allora in giro non c'era...inc...non c'era ancora in giro come il fatto del vangelo non esisteva gliela abbiamo data a compare Pasquale Napoli sempre noi qua di Rosarno, compare Pasquale NAPOLI ha portato avanti Ciccio ALVARO...Ciccio ALVARO aveva portato compare Pasquale dalla Santa...inc...abbiamo fatto le cariche ed abbiamo cominciato a dare a uno per 14

15 paese...abbiamo scelto noi uno...abbiamo fatto il giro della piana, poi abbiamo preso da Bagnara fino ad arrivare a Brancaleone ). Il ruolo di vertice della Provincia è riconosciuto in Calabria e fuori dalla Calabria. Chiarissime sono in questo senso le parole del caposocietà di Singen, in Germania, a proposito delle iniziative di un altro associato: Adesso se lo vuole fare lo fa, però ci devono essere pure quelli del Crimine presenti, gli ho detto io perché lui dipende di là, come dipendiamo tutti. E ancora più drasticamente. senza ordine di quelli di lì sotto non possono fare niente nessuno. Parole sul cui significato nessuno può nutrire dubbi; e se qualcuno dovesse nutrirli, la sorte toccata a NOVELLA Carmelo, ucciso nel luglio 2008, perché cultore del progetto indipendentista della Lombardia, costituirebbe un monito sufficiente a convincerlo: il 12 giugno 2008 alcuni elementi di vertice dell organizzazione si incontrano in Calabria, il giorno successivo uno di essi, interloquendo con un altro associato, non usa mezzi termini per descrivere la situazione critica in cui versa il NOVELLA ( no lui e' finito oramai...! e finito...! la provincia lo ha licenziato a lui ) che a distanza di circa un mese viene infatti ucciso. Una regola tuttavia le cui modalità di concreta attuazione subiscono gli adattamenti del caso secondo il modello di una grande flessibilità, che prevede significativi margini di autonomia per le singole articolazioni dell associazione. Dal territorio calabrese, la ndrangheta si è da tempo proiettata verso i mercati del centro Nord Italia, verso l Europa, il Nord America, il Canada, l Australia. L infiltrazione e la penetrazione di questi mercati ha comportato la stabilizzazione della presenza di strutture ndranghetiste in continuo contatto ed in rapporto di sostanziale dipendenza con la casa madre reggina. Più in particolare, in Lombardia la ndrangheta si è diffusa non attraverso un modello di imitazione, nel quale gruppi delinquenziali autoctoni riproducono modelli di azione dei gruppi mafiosi, ma attraverso un vero e proprio fenomeno di colonizzazione, cioè di espansione su di un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti, conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso in Lombardia. Qui la ndrangheta ha messo radici, divenendo col tempo un associazione dotata di un certo grado di indipendenza dalla casa madre, con la quale però comunque continua ad intrattenere rapporti molto stretti e dalla quale dipende per le più rilevanti scelte strategiche. 15

16 In altri termini, in Lombardia si è riprodotta una struttura criminale che non consiste in una serie di soggetti che hanno semplicemente iniziato a commettere reati in territorio lombardo; ciò significherebbe non solo banalizzare gli esiti investigativi a cui si è potuti giungere con le indagini collegate, ma anche contraddire la realtà che attesta tutt altro fenomeno e cioè che gli indagati operano secondo tradizioni di ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza. I risultati investigativi ottenuti sono state il frutto, in primo luogo, del fattivo coordinamento tra le Procure Distrettuali di Reggio Calabria e Milano, consapevoli che una piena comprensione del fenomeno mafioso in esame può aversi solo attraverso il continuo scambio di materiale informativo e periodiche riunioni di confronto; questo è un dato che va appieno valorizzato e che ha trovato una precisa manifestazione nei provvedimenti dei due uffici giudiziari con l esecuzione contestuale di 180 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dall A.G. di Milano e di 123 provvedimenti di fermo emessi dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Un coordinamento necessario anche per un altra ragione. Da un lato è infatti essenziale ricostruire l espansione delle cosche fuori dalla provincia di Reggio Calabria, ma dall altro è altrettanto essenziale contrastarle nel cuore del loro potere. In altre parole, è necessario sviluppare l azione repressiva in modo contestuale sia a Reggio Calabria per colpire il centro vitale dell accumulazione originaria in termini di potere economico, criminale in senso stretto, ma anche di relazioni esterne, sia nelle altre regioni d Italia dove si sviluppano le diverse proiezioni territoriali. In altri termini, per contrastare efficacemente la ndrangheta, destrutturarne i bracci operativi e aggredirne il potere finanziario, è necessaria un azione contestuale che permetta di ricollegare le ricchezze dell associazione, ovunque esse si trovino, con le attività di carattere mafioso delle quali esse sono il prodotto, diretto o indiretto. Risultanze almeno in parte analoghe sono pressoché contemporaneamente emerse da altre indagini (in particolare, la c.d. Operazione META) con riferimento alla città di Reggio Calabria, rimasta in larga parte fuori dal quadro delineato dall operazione Il Crimine. E risultato infatti che anche nel capoluogo tra le cosche è stato da tempo raggiunto un accordo 16

17 per la gestione unitaria degli affari illeciti, e in particolare delle estorsioni, affidata fino al momento del suo arresto, 28 dicembre 2008 a DE STEFANO Giuseppe. Altro aspetto che merita poi di essere sottolineato, con riferimento a quanto già detto sulle peculiari difficoltà dell azione di contrasto alla ndrangheta è il fatto che tra il settembre e l ottobre 2010 alcune persone, tutte appartenenti alle cosche di questa provincia, hanno chiesto di collaborare con le Autorità dello Stato. Naturalmente, gli interrogatori sono appena iniziati e non è questa la sede per valutarne la attendibilità (i primi riscontri sono comunque positivi) e gli eventuali sviluppi processuali. Non si può però tacere la circostanza che uno di questi soggetti, LO GIUDICE Antonino, capo dell omonima cosca di Reggio Calabria, ha affermato di essere stato l organizzatore degli attentati con ordigni esplosivi ai danni della Procura Generale e del Procuratore Generale e della minaccia con un bazooka ai danni dello scrivente, e ha anche indicato gli esecutori materiali di questi fatti di eccezionale gravità; ovviamente le dichiarazioni del LO GIUDICE sono, per questo aspetto, al vaglio della Procura della Repubblica di Catanzaro, competente ex art.11 c.p.p.. L inizio di queste collaborazioni merita però di essere segnalato perché per la prima volta dopo molto tempo costituisce un elemento di novità significativo, in contrasto, sotto questo specifico punto di vista, con l opinione largamente prevalente secondo cui la struttura fortemente familiare delle cosche di ndrangheta le renderebbe pressoché impossibili. In questa analisi di carattere generale è opportuno fare un cenno anche all indagine su Pelle Giuseppe Gambazza, figlio di Pelle Antonino, catturato dopo oltre 20 anni di latitanza, durante i quali era stato uno dei capi carismatici della ndrangheta. Dalle intercettazioni eseguite dalla Sezione Anticrimine dei Carabinieri nell abitazione dei Pelle è infatti emersa non solo la prova dei suoi rapporti di natura criminale con altri capicosca, tra cui Morabito Rocco, figlio del Tiradritto, e Ficara Giovanni ma, ancora una volta, la dimostrazione dell unitarietà dell associazione ( siamo tutti della ndrangheta dice proprio il Ficara). E emersa, altresì, l ampiezza e la pervasività delle relazioni intrattenute negli ambienti più disparati dal Pelle Giuseppe, nonostante fosse ben nota in tutta la Calabria la 17

18 sua caratura criminale. Tra queste relazioni va segnalata in questa sede quella, già oggetto di provvedimenti giudiziari, con Zumbo Giovanni, dottore commercialista, già amministratore giudiziario di beni sequestrati alle cosche; lo Zumbo, infatti, accompagnato dal Ficara, si è recato - secondo quanto risulta dalle intercettazioni e dalle videoriprese a casa del Pelle e gli ha riferito, apparentemente senza chiedere nulla in cambio tutta una serie di informazioni segrete sulle indagini in quel momento condotte dall Arma dei Carabinieri su delega della DDA di Reggio Calabria e di Milano ( e poi sfociate nell operazione Il Crimine ). Ancora, lo Zumbo, che si definisce collaboratore esterno dei servizi segreti, ha assicurato il Pelle di potergli fare avere tempestivamente ( e cioè in tempo utile per darsi alla latitanza) la lista delle persone nei cui confronti sarebbero state emesse misure cautelari. Proprio per evitare questo rischio, tra l altro, questo Ufficio ha disposto il 23 aprile c.a. il fermo del Pelle Giuseppe, del Ficara Giovanni e di altre sette persone. Zumbo Giovanni è però stato oggetto di indagini anche in relazione ad un altra grave vicenda. Egli ha cioè, d intesa, con Ficara Giovanni ed altri esponenti della cosca di quest ultimo, fatto ritrovare ai Carabinieri, fornendo notizie confidenziali, una macchina carica di armi ed esplosivi il 21 gennaio 2010, giorno in cui era in corso la visita a Reggio Calabria del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e addebitandone (falsamente) la responsabilità alla cosca rivale di Ficara Giuseppe. In conclusione, non si può fare a meno di sottolineare l eccezionale gravità di quanto è via via emerso dalle indagini coordinate da questa D.D.A.: il fatto cioè che lo ZUMBO, professionista stimato, accreditato presso gli uffici giudiziari e di polizia e le agenzie di sicurezza, abbia avuto la possibilità, per un prolungato periodo di tempo e con apparente totale facilità, di conoscere nel dettaglio le più importanti e delicate indagini dell Arma dei Carabinieri; abbia poi coltivato un intenso rapporto con un esponente di rilievo delle cosche di ndrangheta come FICARA Giovanni mettendosi a sua disposizione senza (apparentemente) nulla chiedere in cambio e presentandosi come collaboratore esterno dei servizi segreti ; abbia collaborato con lo stesso FICARA ed i suoi complici (non è dato ancora sapere di chi sia stata l iniziativa) per compiere un gesto eclatante e destinato ad avere la massima risonanza mediatica qual è stato l abbandono della macchina carica di armi ed esplosivo nei pressi del percorso seguito dal Presidente della Repubblica appena diciotto giorni dopo l attentato alla Procura Generale, con l intento, altresì, di garantirsi per il futuro la fiducia e la collaborazione di un carabiniere, Roberto ROCCELLA, in servizio in 18

19 un posto chiave come il Reparto Operativo del Comando Provinciale; abbia infine rivelato a PELLE Giuseppe ed ai suoi fratelli, a FICARA Giovanni ed a BILLARI Costantino Carmelo le indagini della D.D.A. di Reggio Calabria e Milano, recandosi personalmente a casa del Gambazza, assicurandogli ulteriori rivelazioni per consentirgli una tempestiva latitanza e tutto questo nella piena consapevolezza delle video riprese effettuate dalle telecamere collocate, da tempo, dai Carabinieri all esterno dell edificio. Tutte queste circostanze, accertate giova ripetere al di là di ogni dubbio, sono di per sé di eccezionale gravità ma risultano ancor più gravi se si considera che lo ZUMBO non può con tutta evidenza avere agito da solo ma, al contrario, non può che essere stato incaricato da qualcuno (alla cui volontà lo ZUMBO, secondo FICARA non può fare a meno di adeguarsi) interessato a entrare in rapporto con FICARA Giovanni e, suo tramite, con PELLE Giuseppe anche a costo di vanificare le più importanti indagini dell Arma dei Carabinieri contro la ndrangheta e questo, peraltro, in un periodo come l attuale in cui a Reggio Calabria e nella provincia si sono verificati fatti delittuosi di estrema gravità. A fronte di tutto ciò, palesemente incongruo ed inadeguato risulta essere lo scopo dichiarato dallo ZUMBO al momento del fermo e cioè l acquisizione di notizie per la cattura dei latitanti PELLE Sebastiano e GLICORA Santo. Per altro verso, l attività (criminale) di chi ha incaricato lo ZUMBO si colloca al di fuori di qualsiasi circuito istituzionale, dato che tanto l A.I.S.I. quanto l A.I.S.E., hanno formalmente affermato di non aver avuto alcun rapporto con lo ZUMBO a parte alcuni (del tutto leciti) specificamente indicati ed estranei alle vicende appena descritte. Su questi fatti continuano quindi le indagini di questo Ufficio con la piena e leale collaborazione dell Arma dei Carabinieri e di tutta la polizia giudiziaria; ed in proposito è bene rilevare, accanto alla gravità delle condotte dello ZUMBO e dei suoi complici, allo stato ancora non identificati, il fatto che siano state proprio le indagini disposte da questa D.D.A. ed espletate dai Carabinieri a consentire di accertare tali condotte e di evitare, con il tempestivo fermo dei responsabili, un danno irreparabile al buon esito dell operazione Il Crimine e delle altre indagini che nel solo periodo aprile-luglio 2010 hanno portato all arresto, per reati di mafia, di oltre 300 persone, tra cui molti dei capi dell organizzazione ndranghetista e degli esponenti di primo piano delle cosche di questa provincia (oltre che, come si è detto, della Lombardia). 19

20 SINTESI DEI RISULTATI Nel fare rinvio, per una analisi dettagliata, all elenco dei procedimenti trattati nel periodo in esame, non appare superfluo procedere ad un esame sintetico dei risultati sin qui ottenuti con riferimento alle aree tematiche sopra indicate. A) Assolutamente eccezionali sono i risultati conseguiti nell ultimo biennio nel settore della cattura dei latitanti. Grazie all eccezionale professionalità e allo straordinario impegno del personale della Polizia di Stato e dei Carabinieri, con il coordinamento dei magistrati di quest Ufficio sono stati tratti in arresto oltre 50 latitanti tra i quali ben 11 inseriti nell elenco dei 30 latitanti più pericolosi predisposto dal Ministero dell interno e numerosi altri nell analogo elenco dei 100. In particolare nel periodo in esame meritano un cenno particolare, tra gli altri, l arresto di De Stefano Paolo Rosario, Bellocco Domenico, Callà Isidoro, Magnoli Antonino, Facchineri Vincenzo, Racco Gianluca, Barbaro Carmelo, Trimboli Saverio, Ascone Salvatore e Gligora Santo. Specifico riferimento va fatto all arresto, in data , di Tegano Giovanni, esponente di una delle famiglie storiche di Reggio Calabria, già condannato all ergastolo e latitante ormai da molti anni. La cattura di un così elevato numero di latitanti, da un lato, ha significato che non vi sono zone di impunità di fronte all azione dello Stato e, dall altro lato, ha scompaginato equilibri consolidati in alcune delle più potenti famiglie di ndrangheta. B)Anche sotto il profilo del contrasto alle dinastie mafiose cioè a quelle grandi famiglie che hanno fatto la storia della ndrangheta, sono stati conseguiti risultati significativi con i procedimenti (per la cui analisi dettagliata si rinvia al prosieguo della relazione) nei confronti ormai di quasi tutte le cosche mafiose più importanti, tra le quali quelle dei LIBRI, dei LABATE, dei CREA, dei RUGOLO, dei GIOFFRE, dei NIRTA- STRANGIO, dei PELLE-VOTTARI, dei PIROMALLI, dei MOLE, degli ALVARO, dei DE STEFANO, dei CONDELLO, dei VADALA, dei MORABITO, dei CORDI, dei BELLOCCO, dei GIOFFRE, degli IAMONTE, dei TEGANO, dei PESCE, dei GALLICO, dei MORABITO, dei FICARA, dei COMMISSO, degli AQUINO e di molte altre.. 20

21 E altresì, utile precisare che nel periodo in riferimento il numero di soggetti nei cui confronti è stata formulata richiesta di misure cautelari personali per reati di competenza della DDA è raddoppiato dal 2007 al 2009 e che nel periodo sono state richieste n misure cautelari di cui 1105 per reati DDA. Quanto all attività di individuazione e contrasto in sede giudiziaria di esponenti della politica, dell imprenditoria e delle professioni (la c.d. zona grigia ), si deve in primo luogo ricordare il processo contro CREA Domenico, consigliere regionale, votato, secondo l accusa, dalle maggiori cosche di ndrangheta e subentrato in Consiglio dopo l omicidio del dr. Francesco FORTUGNO, in atto detenuto per il reato di cui agli artt bis c.p.; il processo contro il CREA e numerosi altri soggetti, professionisti e pubblici funzionari, è attualmente in corso nella sua fase dibattimentale dopo che le indagini hanno fatto emergere un quadro impressionante dei rapporti tra politici, imprenditori, amministratori ed esponenti mafiosi, specie nel settore della sanità, pubblica e privata. Alcuni dei coimputati del CREA, giudicati con il rito abbreviato, sono stati già condannati per il reato di cui all art. 416 bis c.p. e/o per delitti contro la Pubblica Amministrazione. Ugualmente importante è il processo nei confronti di INZITARI Pasquale, esponente politico, amministratore locale e imprenditore, condannato in primo grado per il reato di cui agli artt bis c.p.. Altrettanto significativi sono i processi a carico di numerosi imprenditori e pubblici funzionari ritenuti legati alle cosche mafiose (vedi i processi Arca, Bellu Lavuru, Cento Anni di Storia, Paper Mill, Saline, Testamento, Rifiuti e altri per cui si rinvia all elenco analitico). Va inoltre ricordato che si è concluso, in primo grado, con la condanna all ergastolo degli imputati, il processo a carico degli autori dell omicidio del dr. Francesco Fortugno. E opportuno inoltre aggiungere che nel periodo in esame sono state esperite indagini che hanno portato all adozione da parte del GIP, su richiesta di questo Ufficio, di misure cautelari personali e reali nei confronti di professionisti, imprenditori, pubblici amministratori, appartenenti alle Forze di Polizia ecc.. Peraltro è da mettere in rilievo che gli esiti delle indagini penali sono stati anche, in una preziosa sinergia di tutte le Istituzioni impegnate nel contrasto alle organizzazioni criminali, alla base dello scioglimento di alcune Amministrazioni comunali, disposto dal Consiglio dei Ministri su proposta del Prefetto di Reggio Calabria. 21

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