PARLAMENTO EUROPEO AUDIZIONE PUBBLICA 26 MARZO 2003 L INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA IN ITALIA

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1 AVV. SALVATORE CATALANO PATROCINANTE IN CASSAZIONE Milano via Cesare Battisti, 23 tel Fax Roma Via della Colonna Antonina, 35 Tel Fax PARLAMENTO EUROPEO AUDIZIONE PUBBLICA 26 MARZO 2003 L INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA IN ITALIA Lo Stato italiano, come la gran parte degli Stati moderni, si fonda sul principio della separazione dei poteri, secondo il quale ciascuna delle tre principali funzioni dello Stato, la legislativa, l amministrativa, la giurisdizionale, viene affidata ad un complesso di organi (con al vertice uno o più organi costituzionali) distinti, anche se tra loro coordinati, costituenti la figura organizzatoria cui viene dato il nome di potere. Nello Stato italiano abbiamo, schematicamente: 1) un potere legislativo costituito dalla Camera dei Deputati (eletta a suffragio universale e diretto) e dal Senato della Repubblica (eletto a base regionale, a parte i seggi assegnati alla circoscrizione estera, ed i cui membri - salvo alcuni nominati, a vita, dal Presidente della Repubblica e gli ex presidenti della Repubblica, membri di diritto e a vita - vengono eletti, a suffragio universale e diretto, dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età), che collettivamente esercitano la funzione legislativa e che insieme compongono il Parlamento; 2) un potere esecutivo costituito dal Governo (organo complesso formato dal Presidente del Consiglio e dai ministri, insieme costituenti il Consiglio dei ministri) e dagli organi da esso dipendenti, cui è affidata la funzione amministrativa; 3) un potere (od ordine) giudiziario costituito dalla magistratura ordinaria, cui è affidata la funzione giurisdizionale. Le funzioni legislative ed amministrative vengono, in uno Stato ad autonomie regionali come l Italia, suddivise tra lo Stato-apparato e le regioni.

2 Poste le ineliminabili interferenze tra funzioni e le necessità di ordine tecnico politico che talvolta esigono che un potere ponga in essere atti sostanzialmente diversi da quelli ad esso propri, non è però attuata una rigida separazione di poteri: il nostro sistema costituzionale prevede che in certi casi il potere legislativo svolga funzioni materialmente amministrative o giurisdizionali, che il potere esecutivo svolga anche funzioni normative (eventualmente con l emanazione di norme aventi efficacia pari a quella della legge formale, come nel caso dei decreti legge e dei decreti legislativi) o giurisdizionali (attraverso gli organi della giurisdizione amministrativa, formalmente non appartenenti al potere giudiziario e che sono, almeno in parte, collegati al Governo per quanto riguarda la composizione), che il potere giudiziario svolga anche funzioni materialmente amministrative (mediante i provvedimenti rientranti nella c.d. volontaria giurisdizione). Si è reso, talvolta, opportuno attribuire l esercizio di una delle funzioni dello Stato ad un organo non rientrante nei tre poteri tradizionali: così è avvenuto, ad esempio, per la Corte Costituzionale, che svolge funzioni giurisdizionali e alla quale è affidato, tra l altro, il giudizio sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, nonché, ai sensi dell art. 134 comma 3 Cost., il giudizio sui conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato e su quelli tra Stato e regioni e tra le regioni. Al di fuori dei tre poteri si trova anche il Presidente della Repubblica che è un organo neutro e imparziale, rappresentante dell unità nazionale e le cui attribuzioni (elencate nell art. 87 Cost.) non implicano mai un attività di indirizzo politico; al Capo dello Stato compete, in particolare, lo scioglimento delle Camere e l indizione delle elezioni, nonché la nomina del Presidente del Consiglio e, su proposta di questi, dei ministri. Ciò che caratterizza la forma italiana di Governo come parlamentare è peraltro la necessità di un rapporto fiduciario tra le Camere ed il Governo, per cui questo deve ottenere la fiducia delle Camere per poter iniziare a svolgere la sua attività e tale fiducia deve mantenere per poter restare in carica: le Camere partecipano 2

3 attivamente alla direzione politica dello Stato, approvando ed eventualmente modificando o integrando il programma di Governo, nonché svolgendo una penetrante attività di controllo sull attività degli organi del potere esecutivo, eventualmente revocando la fiducia concessa. Poiché dunque il potere di indirizzo politico dello Stato è assegnato al raccordo Parlamento Governo, può, sotto questo profilo, ben dirsi che la separazione tra potere esecutivo e potere legislativo non sia in Italia così netta come in altri ordinamenti. Ben più accentuata la separatezza dell ordine giudiziario dai poteri politici. Il testo costituzionale (artt ) si contraddistingue: a) per recepire il tradizionale assetto burocratico della nostra magistratura; strumento indispensabile per garantire la realizzazione di principi di legalità e certezza del diritto e, quindi, non modificabile; b) per prevedere un aumento delle garanzie di indipendenza della magistratura nei confronti di altre strutture di governo: esecutivo e legislativo. art. 101) perché i giudici sono soggetti solo alla legge; art. 104) perché la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere; art. 105) perché affida al Consiglio Superiore della Magistratura (C.s.m.) competenza esclusiva ad assunzioni, assegnazioni, trasferimenti promozionari e provvedimenti disciplinari; art. 107) perché, nel garantire ai magistrati l inamovibilità, stabilisce che essi non possono essere dispensati o sospesi dal servizio, né destinati ad altra sede o funzione, se non a seguito di decisione del C.s.m., adottata o per i motivi e le garanzie di difesa stabilite dall ordinamento giudiziario o con il loro consenso; art. 112) perché prevede l obbligatorietà dell esercizio dell azione penale da parte del P.M. Mediante il conferimento di queste attribuzioni, che sono poi integrate e specificate dalla legge ordinaria (in particolare dalla l n. 195, che 3

4 peraltro, all art. 10, conclude affermando che il C.s.m. delibera su ogni altra materia attribuita dalla legge ), emerge l idea di fondo della Costituzione italiana: attribuire tutte le scelte più significative sulla carriera e lo status dei magistrati, potenzialmente pericolose per la loro indipendenza, ad un organo, il C.s.m., lontano dal potere politico ed in misura prevalente espressione degli stessi magistrati. Compete, poi, al C.s.m. entrare in rapporto, per conto dell ordine giudiziario, con gli organi politici. Tra i paesi di civil law, l Italia rappresenta il caso in cui l isolamento istituzionale del corpo giudiziario è stato perseguito con maggior successo. Quanto ai rapporti con il potere esecutivo si tratta essenzialmente di interpretare e armonizzare l art. 105, che, come si è detto, riguarda le competenze fondamentali del C.s.m. con l art. 110 Cost. che, relativamente alle competenze del Ministro della giustizia, afferma che ferme le competenze del C.s.m., spettano al Ministro della Giustizia l organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia : questa seconda norma viene intesa nel senso per cui al Ministro non compete soltanto di provvedere ai mezzi necessari per l esercizio delle funzioni giudiziarie ma anche di operare al fine di garantire un efficiente organizzazione dei servizi giudiziari e un buon funzionamento degli stessi (è il Ministro che si assume, di fronte al Parlamento, la responsabilità politica sui temi della giustizia). Premesso che il C.s.m. può deliberare sulle materie di propria competenza anche senza previa richiesta o proposta ministeriale, un punto delicato nei rapporti C.s.m. Ministro è quello relativo sia al conferimento degli uffici direttivi, che al procedimento disciplinare. L art. 11 comma 3 l. 195/1958 prevede infatti che sulla nomina agli incarichi più importanti degli uffici giudiziari il plenum del C.s.m. deliberi, su proposta di una commissione formata da sei dei suoi componenti (di cui quattro eletti dai magistrati e due dal Parlamento) di concerto col Ministro. Con tale espressione si ritiene non che sia necessario un accordo, ma soltanto che la commissione del 4

5 C.s.m. non possa inoltrare le sue designazioni se non dopo avere seriamente ricercato, nel rispetto del principio costituzionale di leale collaborazione tra poteri dello Stato, il concerto ministeriale, fermo restando comunque che, ove non sia proprio possibile raggiungere un intesa sulla proposta da formulare, l ultima decisione spetta al plenum del C.s.m., che dovrà adeguatamente motivare le sue scelte. Quanto poi al procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati, la Costituzione, pur riservando al C.s.m. la decisione di irrogare le sanzioni, all art. 107 comma 2 attribuisce al Ministro, organo responsabile di fronte al Parlamento del buon funzionamento della giustizia nel suo complesso, la facoltà di esercitare l azione disciplinare; la stessa facoltà è stato però poi prevista, dalla legge 195/1958, anche per il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, che del C.s.m. è membro di diritto. Non potendosi ritenere che il Procuratore generale agisca quale organo gerarchicamente subordinato al Ministro (si è chiarito che le due iniziative sono tra loro autonome),e dovendosi cercare di evitare che lo stesso Procuratore faccia un uso corporativo della funzione disciplinare, esercitandola soltanto a tutela degli interessi della magistratura, l art.14 comma 3 d.lg. 109/2006, conformemente a quanto previsto dalla l. 150/2005, stabilisce ora per il Procuratore generale l obbligo di esercitare l azione disciplinare; questa disposizione, unitamente alla tipizzazione delle fattispecie di illecito, pure operata dai medesimi provvedimenti legislativi, sembra però soltanto ridurre, ma non definitivamente fugare, il pericolo di un uso domestico, da parte del C.s.m., del potere disciplinare. La Costituzione italiana non disegna invece un rapporto di tipo istituzionale, del tipo di quello intercorrente con il Ministro della giustizia, tra C.s.m. e Parlamento. E solo il Ministro che deve annualmente relazionare al Parlamento sullo stato dell amministrazione della giustizia, sugli interventi da adottare e sui programmi legislativi del Governo in materia di giustizia, anche se in tale relazione potrà tener conto, eventualmente allegandola, di un analoga relazione del C.s.m.. D altra parte è previsto (art. 10 l. 195/1958) che sui disegni di legge concernenti 5

6 l ordinamento giudiziario, l amministrazione della giustizia ed ogni altro oggetto comunque attinenti alle predette materie, il C.s.m. dia pareri al Ministro, mentre è dubbio che analoghi pareri il C.s.m. possa fornire direttamente al Parlamento, senza intermediazione ministeriale (è da ritenersi, comunque, che sia necessaria una specifica richiesta). E in sostanza il Ministro che assume il ruolo di ponte di collegamento (eventualmente giovandosi, su sollecitazione del Parlamento, dei suoi poteri ispettivi) tra potere legislativo e magistratura. Per garantire la libertà ed i diritti dell individuo, occorre peraltro che non soltanto la magistratura nel suo complesso sia indipendente dagli altri poteri, ma anche che il singolo magistrato sia indipendente all interno della stessa magistratura. A questo riguardo l art. 107 comma 3 Cost. prevede che i magistrati si distinguano tra loro solo per diversità di funzioni: non si esclude la configurabilità di una carriera dei magistrati, ma essa non deve essere tale da creare vincoli gerarchici tra un magistrato e l altro. Fino al 2005 il sistema funzionava nel senso che, salvo il caso in cui fossero rilevati dei demeriti, le promozioni avvenissero, in pratica, automaticamente per anzianità, il magistrato conseguiva il titolo e lo stipendio della funzione superiore pur quando, di fatto, continuasse a svolgere le funzioni inferiori per mancanza di posti vacanti. Con la legge delega 150/2005 (c.d. legge Castelli) ed il successivo d.lg. 160/2006, al fine di valorizzare le capacità dei magistrati ed indurli ad una maggiore efficienza, si stabiliva che il magistrato, per progredire nella carriera, dovesse, oltre che possedere i necessari requisiti di anzianità, sottoporsi ad un complesso sistema di concorsi interni, di regola non solo per titoli ma anche per esami, con un numero di vincitori limitato ai posti da ricoprire. Tale disciplina, fortemente invisa alla magistratura associata e contrastata anche dalla nuova maggioranza politica nata dalle elezioni dell aprile del 2006, è stata però prima sospesa e poi modificata con la legge 30 luglio 2007 n.111. Nel nuovo sistema vengono previste quadriennali valutazioni di professionalità, ad opera dei Consigli giudiziari e del C.s.m., il cui esito positivo consente la partecipazione, a 6

7 domanda, a concorsi per soli titoli per il conferimento effettivo delle funzioni: la riforma non modifica quindi sostanzialmente l assetto esistente, le valutazioni periodiche essendo sempre di tipo aperto (cioè senza un numero predeterminato di idonei) e venendo effettuate da organi eletti anche da coloro che saranno poi oggetto delle valutazioni stesse. Anche l inamovibilità costituisce del resto una garanzia per l indipendenza istituzionale interna. Ciò in quanto l art. 101 comma 1 Cost. non soltanto sottrae al potere politico l autorità di sospendere o rimuovere dal servizio i magistrati, o di spostarli, in via provvisoria o definitiva, di sede o di funzione, attribuendo questo compito al C.s.m., ma si preoccupa anche di stabilire che i motivi dei provvedimenti devono essere previsti in via generale e astratta dalla legge: al riguardo, oltre che il r.d.l n.511, provvede ora il d.lg. 109/2006, sia con riferimento ai motivi di carattere disciplinare, sia con riguardo a ragioni di carattere diverso quali ad esempio l incompatibilità ambientale o funzionale (per la quale, quando per qualsiasi causa indipendente da loro colpa i magistrati non possono più svolgere, nella sede occupata, le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità, se ne può disporre,anche senza il loro consenso, il trasferimento di ufficio). Altro aspetto dell indipendenza della magistratura è poi quello dell indipendenza del singolo magistrato nell esercizio in concreto della funzione giudiziaria (c.d. indipendenza funzionale). Relativamente ad essa fondamentale è l art.101 Cost., laddove afferma che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. La norma sta a significare che i giudici da un lato non possono assumere arbitrariamente le loro decisioni ma soltanto applicando le leggi e gli atti aventi forza di legge, dall altro che essi non possono essere soggetti a istruzioni, direttive o comandi provenienti da altri giudici o da poteri esterni alla magistratura, dovendo il rapporto tra giudice e legge essere diretto e non mediato da altre istanze. Alcune incertezze si hanno circa l applicabilità dell art. 101 anche ai pubblici ministeri, che sono magistrati ma non giudici. Pur essendo, nel nostro ordinamento, chiamato a svolgere attività non prive di determinazioni 7

8 discrezionali, non pare, peraltro, che neppure il pubblico ministero si possa muovere se non secondo quanto la legge prescrive: in tal senso del resto depone l art. 112 Cost. quando fissa il principio della obbligatorietà dell azione penale. D altra parte anche gli artt. 104 comma 1, 107, 109 Cost. (quest ultimo stabilendo che l Autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria ) garantiscono al pubblico ministero una indipendenza esterna, affrancandolo dal controllo e dalla direzione del potere esecutivo; un affievolimento dell indipendenza del singolo magistrato (consentito dall art.107 comma 4 Cost., secondo cui il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull ordinamento giudiziario ) si manifesta soltanto rispetto all indipendenza interna, stante l organizzazione in qualche misura gerarchizzata degli uffici, delineata soprattutto dalle ultime leggi di riforma dell ordinamento giudiziario, che consente al responsabile degli stessi di impartire istruzioni e direttive ai pubblici ministeri che vi appartengono. Quanto ai pubblici ministeri deve del resto sottolinearsi come proprio l esigenza di tutelarne l indipendenza esterna, mantenendoli all interno dell ordinamento giudiziario ed evitando di farli finire, in modo più o meno palese, sotto il controllo del potere esecutivo (unitamente alla affermata opportunità di tenere accomunati giudici e pubblici ministeri in un unica cultura della giurisdizione ), ha finora impedito di introdurre nel nostro sistema una vera e propria separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, separazione da molti (soprattutto nell ambito dell avvocatura) auspicata al fine di completare la riforma in senso accusatorio del codice di procedura penale, dando consistenza ai principi del giusto processo di cui all art. 111 Cost. in tema di reale terzietà del giudice e di parità tra accusa e difesa. Al riguardo il nuovo ordinamento giudiziario configurato dalla legge 111/2007 (art. 2 comma 4, modificativo dell art. 13 d.lg. 160/2006), facendo un passo indietro rispetto al tentativo operato dalla l. 150/2005 di introdurre una distinzione rafforzata tra funzioni giudicanti e funzioni requirenti, prevede soltanto alcuni limiti al passaggio tra funzioni (che non può essere richiesto per più di quattro volte nell arco dell intera carriera, può 8

9 essere domandato solo dopo avere svolto la stessa funzione per almeno cinque anni e di regola comporta un cambiamento di sede). Il principio della indipendenza della magistratura, in tutti i suoi aspetti, può dirsi dunque, come risulta da questa breve esposizione, ben tutelato nell ordinamento giuridico italiano. Si osservi anche come contro le lesioni arrecate a tale principio da soggetti esterni all ordine giudiziario sia offerta da un lato la possibilità, qualora l interferenza provenga dalla legge, di proporre la questione di legittimità costituzionale avanti la Corte costituzionale, dall altro la possibilità, qualora la lesione venga portata tramite atti amministrativi o meri comportamenti, o attraverso atti normativi non aventi forza di legge, di proporre, ex art.134 Cost., conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sempre avanti la Corte costituzionale: il conflitto può vedere come parte attiva, oltre il C.s.m. o gli uffici del pubblico ministero, ogni singolo giudice (in quanto il potere giudiziario è da concepirsi come potere diffuso, all interno del quale ogni organo giudiziario è in grado, pronunciando sentenza idonea a diventare definitiva, di esprimere la volontà ultima del potere cui appartiene). Il C.s.m. svolge, d altra parte, una intensa attività di tutela delle prerogative della magistratura, tendendo anche a riconoscersi talvolta poteri che è dubbio gli siano attribuiti; tanto da poter dire che l espansione del raggio di azione del potere giudiziario del Tribunali e dei giudici a scapito del legislatore e dell amministratore è cresciuto enormemente, tanto che si parla di giuridizzazione della politica. Ciò vale, ad esempio: 1) per l emanazione di atti paranormativi (quali le risoluzioni, le circolari o le direttive) con i quali cerca di colmare lacune legislative in ordine a procedimenti di sua competenza, o di stabilire criteri generali e astratti che orientino le sue scelte o gli stessi comportamenti dei magistrati, e ciò nonostante che la Costituzione riservi alla legge l assetto dell ordinamento giudiziario; 9

10 2) per le c.d. pratiche a tutela, cioè per le prese di posizione del Consiglio contro attacchi a singoli magistrati o all ordine giudiziario, da qualunque parti provenienti; una prassi, questa, anch essa di dubbia legittimità, posto che, almeno secondo un certo orientamento interpretativo, i poteri del C.s.m. sarebbero individuati tassativamente e l elenco sarebbe privo di capacità espansiva. Non mancano, quindi, anche sotto questo profilo, accuse all organo di tutela dell indipendenza della magistratura di fare un uso corporativistico delle funzioni assegnategli. Tali accuse sarebbero anche giustificate dalla strenua opposizione manifestata contro ogni tentativo di riforma che apparentemente intacchi le prerogative dell ordine giudiziario, pur senza effettivamente ledere la sua indipendenza: si pensi alle proposte di introdurre una separazione delle carriere, o quantomeno una distinzione rafforzata delle funzioni, tra magistrati requirenti e giudicanti; o alle proposte di inserire soggetti estranei alla magistratura negli organi di valutazione della professionalità dei magistrati; ed anche emblematica appare la sorte toccata alla l n. 117, relativa alla responsabilità civile dei magistrati: nonostante che le fattispecie di diniego di giustizia e di dolo o colpa grave individuate nel testo per legittimare l azione di risarcimento contro lo Stato (che potrà poi rivalersi nei confronti del magistrato per importi limitati) per danni patrimoniali (o anche non patrimoniali, nel caso di ingiusta privazione della libertà personale) siano già di per sé molto ristrette, la legge è rimasta di fatto inapplicata. Al fine di impedire collegamenti tra magistrati ed altri soggetti, poteri, enti, organizzazioni o associazioni esterne alla magistratura, che possano esercitare sugli stessi magistrati pressioni o interferenze indebite, la l. 150/2005 e l art. 3 comma 1 d.lg. 109/2006 (come modificato dalla l. 269/2006) sanzionano come illecito disciplinare per i magistrati la iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa ai partiti politici, ovvero il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l esercizio 10

11 delle funzioni o comunque compromettere l immagine del magistrato, ovvero, ancora, la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli siano oggettivamente incompatibili con l esercizio delle funzioni giudiziarie ; vengono d altra parte stabilite per i magistrati limitazioni alla partecipazione alle elezioni politiche o amministrative. Trattasi di disposizioni con le quali si è voluto, anche, cercare di contenere quel fenomeno di politicizzazione della magistratura che avrebbe trovato, secondo alcuni, i suoi momenti apicali negli anni 60 del secolo scorso nell attivismo giudiziario dei pretori d assalto (che, spesso operando forzature interpretative o tentando di colmare, in via di supplenza, lacune del sistema legislativo, intervenivano sul piano giudiziario sul fronte della tutela degli interessi, afferenti alle categorie più deboli, della sicurezza sul lavoro, dell ambiente, della salute pubblica) e nei primi anni 90 con l individuazione di un vasto e ramificato sistema corruttivo che coinvolgeva in larga misura i partiti politici allora al potere. Secondo molti osservatori, lo strumento attraverso il quale, ancor oggi, la magistratura si politicizza è costituito, soprattutto, dalle correnti associative interne, alcune delle quali vicine a partiti o movimenti politici, che, esprimendo i loro rappresentanti nel C.s.m., ne condizionano l operato. Certo è che, se da un lato in Italia le strutture di governo sono quasi completamente prive di strumenti istituzionali di influenza sulla magistratura, il potere giudiziario si presenta, invece, ovviamente specie nei periodi di instabilità e debolezza del sistema partitico, come un potere forte, capace, proprio per la sua autonomia e indipendenza, di esercitare anche notevoli pressioni sull ambiente politico. Proprio per esemplificare la delicata problematica dei rapporti tra potere giudiziario ed altri poteri dello Stato, ritengo opportuno accennare alla tematica delle immunità, in particolare delle immunità parlamentari, previste dall art. 68 Cost. appunto al fine di porre i parlamentari al riparo da illegittime interferenze giudiziarie nell esercizio del loro mandato rappresentativo. 11

12 La prima immunità è di tipo sostanziale: il 1 comma dell art. 68 afferma infatti che i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell esercizio delle loro funzioni. L art. 3 comma 1 della l n. 140, contenente le disposizioni di attuazione della norma costituzionale,precisa che la stessa si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o di proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori dal Parlamento. La normativa viene perlopiù interpretata (ma la giurisprudenza delle Giunte per le immunità è meno restrittiva) nel senso che per godere della immunità non basti la mera qualità di parlamentare, ma occorra un preciso nesso funzionale fra la dichiarazione (quand anche non concretantesi in un atto tipico previsto dal regolamento dell Assemblea) e l attività parlamentare svolta (resterebbe ad esempio esclusa l attività politica svolta al di fuori del Parlamento, all interno dei partiti o dei collegi elettorali, sempreché, appunto, la stessa non sia funzionalmente riconducibile a quella parlamentare, sia come presupposto che come conseguenza di essa). Ai sensi dell art. 4 della legge attuativa, nel caso di ritenuta inapplicabilità della prerogativa, la valutazione finale spetta alla Camera interessata, alla quale il giudice deve trasmettere copia degli atti (qualora egli, poi, non ritenga corretta la decisione e non intenda conformarvisi, deve sollevare conflitto di attribuzioni avanti alla Corte costituzionale). L art. 68 Cost., nella sua originaria formulazione, prevedeva, poi, che, senza autorizzazione della Camera di appartenenza, nessun membro del Parlamento potesse essere sottoposto a procedimento penale; né che potesse essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che fosse colto nell atto di commettere un delitto per il quale fosse obbligatorio il mandato o l ordine di cattura. Riformulando la 12

13 norma, la legge costituzionale n. 1 del 1993 ha però abrogato l istituto della autorizzazione a procedere (apparso, soprattutto nel periodo della c.d. Tangentopoli, come un inaccettabile privilegio di casta, dietro al quale i politici potevano nascondersi per perpetrare reati comuni), ha eliminato la necessità dell autorizzazione per l arresto finalizzato all esecuzione di una sentenza definitiva di condanna a pena detentiva, ha confermato la non necessità dell autorizzazione nel caso di arresto obbligatorio in flagranza e l ha invece prevista anche per sottoporre i membri del Parlamento, ad intercettazioni,in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza. Trattasi, qui, di immunità processuali extrafunzionali volte a proteggere i Parlamentari dal rischio che strumenti investigativi di particolare invasività o atti coercitivi delle loro libertà fondamentali possano essere impiegati con scopi persecutori, di condizionamento o comunque estranei alle effettive esigenze della giurisdizione. Tutelati in realtà non sono i parlamentari uti singuli, ma le Assemblee nel loro complesso: di esse si intende garantire la funzionalità, l integrità di composizione e la piena autonomia decisionale, a fronte di indebite ingerenze del potere giudiziario (tant è che si ritiene trattarsi di garanzie irrinunciabili). Ciò peraltro che caratterizza queste forme di autorizzazione preventive ad acta è che esse si estendono, poco razionalmente, anche agli atti a sorpresa, invasivi della sola sfera di riservatezza (intercettazioni, sequestri di corrispondenza, perquisizioni domiciliari) o dello status libertatis (perquisizioni personali): la preventiva conoscenza da parte dell interessato dell intenzione di compiere questi atti ne renderà ovviamente inutile l eventuale successiva esecuzione. La legge n. 140, d altra parte, precisa, all art. 6, che il giudice deve richiedere l autorizzazione della Camera di appartenenza anche qualora ritenga necessario utilizzare i verbali e le registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate in qualsiasi forma nel corso di procedimenti riguardanti 13

14 terzi, alle quali hanno preso parte membri del Parlamento, ovvero i tabulati di comunicazioni acquisiti nel corso dei medesimi procedimenti. Si tratta di una autorizzazione successiva, non prevista dall art. 68 Cost. (e posta in realtà a tutela, più che del libero esercizio della funzione rappresentativa, della riservatezza delle comunicazioni del parlamentare), che avrebbe per oggetto non le intercettazioni indirette effettuate ponendo sotto controllo le utenze degli interlocutori abituali del parlamentare (ipotesi in cui il giudice dovrebbe, stante la direzione dell atto di indagine, munirsi dell autorizzazione preventiva), ma le intercettazioni casuali o fortuite; per queste la disciplina stabilita dallo stesso art. 6, che prevede, in caso di negata autorizzazione, l immediata distruzione della documentazione, è stata però dichiarata illegittima con sentenza n. 390/2007 della Corte costituzionale, in quanto si applichi anche nei confronti dei soggetti terzi intercettati (in sostanza l autorizzazione dovrebbe essere richiesta solo qualora si intenda utilizzare l intercettazione anche nei confronti del parlamentare, ma il suo diniego non comporterà l obbligo di distruzione della documentazione, che resterà utilizzabile limitatamente ai terzi). Salvatore Catalano Avvocato Patrocinante in Cassazione 14

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