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1 Abstract tesi di laurea: Il caso della rete Alzheimer. Ecologia sociale, salute e arco di vita La tesi presentata pone come focus di attenzione i fragili tra i fragili, cioè le persone affette da demenze senili ed, in particolare, dalla sindrome di Alzheimer 1. Come per ogni ambito di vita e di relazioni umane tanto più quello di questa malattia l analisi prende avvio dalla consapevolezza dell intrinseca complessità che lo caratterizza: complessità di fatti, azioni, interazioni, retroazioni e determinazioni, in un continuo divenire tra equilibri persi e recuperati. Lo specifico sistema Alzheimer deve inoltre necessariamente essere letto secondo le sue relazioni con l ambiente circostante, una serie di organizzazioni di variabili che si influenzano reciprocamente. Le demenze vengono riconosciute come malattie sistemiche, dal momento che coinvolgono l'intera struttura sociale di riferimento del malato, sia formale che informale, in tutte le differenti fasi della malattia. Per dare una possibile analisi del complesso mondo dell Alzheimer è stato dunque impiegato il metodo dell indagine della rete dei servizi; la rete corrisponde sia alla definizione del significare (le relazioni, le persone, le realtà) che l essere significato (dalle stesse) di un individuo o gruppo del suo contesto. L analisi di rete è uno strumento che riesce a rispettare il criterio etico di fedeltà al soggetto malato, il quale viene considerato in tutte le sue dimensioni, non come portatore di una malattia che modifica questo o questo altro organo, ma come interprete di una storia che coinvolge ogni realtà vitale. La mappa che si è voluto provare a costruire rappresenta ed analizza nello specifico (e nelle diverse specificità) i diversi attori che potenzialmente possono far parte di una rete Alzheimer. Tale mappa non è né statica né identica per ogni persona: varia a seconda delle peculiarità di ogni individuo, si modifica nel corso dei tempi della malattia, delle aree geografiche e dei molteplici fattori contestuali che definiscono ogni specificità. Gli elementi che potenzialmente costituiscono la rete sono stati individuati nei seguenti: 1) la persona affetta da sindrome di Alzheimer, 2) il caregiver principale e la famiglia, 3) i servizi istituzionali, 4) il mondo del volontariato e delle associazioni, 5) l ambiente e il contesto, 6) attori ed eventi imprevisti. Il primo nodo, la persona affetta da sindrome di Alzheimer, vede il proprio essere, la propria identità, le capacità, in continuo mutamento, in un progressivo disequilibrio che diviene con il progredire della malattia - la norma. Tale disequilibrio è tanto più destabilizzante quanto più l interazione con gli altri nodi della rete e con il contesto/ambiente in generale risulta difficoltosa e non attenta. Il malato nelle prime fasi è ben consapevole dei propri disturbi; tale situazione genera un forte stress emotivo, paura del futuro, angoscia data dalla frammentazione della realtà, timore di non riuscire più a mantenere una linea di continuità nella propria vita e sentimenti di fragilità ed inadeguatezza. Molto spesso il malato si trova in imbarazzo e prova un pesante senso di 1 In breve la sindrome di Alzheimer comporta l alterazione progressiva di alcune funzioni (memoria, pensiero, ragionamento, linguaggio, orientamento, personalità e comportamento) di severità tale da interferire con gli atti quotidiani della vita; colpisce le cellule del cervello e causa perdita neuronale, formazione di placche senili e grovigli neurofibrillari. Per una definizionizione più articolata si rimanda al testo integrale. 1

2 umiliazione per gli errori che si trova a commettere 2. Non bisogna dimenticare che anche nelle fasi più avanzate della malattia, il malato è comunque in grado di comprendere i segnali non-verbali comunicati dalla persona che lo assiste e più in generale dal contesto che lo circonda. La malattia di Alzheimer in quanto malattia del riconoscimento mina le relazioni familiari, messe alla prova da una forma patologica che attacca e fa vacillare il sentimento di riconoscimento reciproco portando al progressivo isolamento sociale 3. L Alzheimer si configura inoltre come una malattia familiare per le richieste ed il peso che esercita sulla famiglia del malato e per il livello di partecipazione richiesto, sempre presente, ma particolarmente gravoso in caso di pazienti non istituzionalizzati. Oltre a ciò la malattia presenta costi globali particolarmente elevati da un punto di vista sociale più generale (costi per il Servizio Nazionale, per i servizi socio-assistenziali, per le ore di lavoro perdute e le perdite in termini di ricchezza non prodotta a causa delle necessità di cura), spesso aggravati dall incertezza e dai ritardi nella diagnosi e dalle carenze dell organizzazione dei servizi. La persona che presta le cure ad una persona in situazione di fragilità viene definito come caregiver; può essere informale (un figlio, il coniuge, più raramente un altro familiare o un amico) o formale (un infermiere o altro professionista). La maggior parte dei caregiver di malati di Alzheimer è costituito da familiari (coniugi, figli, generi e nuore), in prevalenza donne, con un età media di 50,6 +/-11,1 anni. Il caregiver inoltre ha una funzione di raccordo e di mediazione tra i servizi ed il malato e costituisce sia la principale fonte di informazioni utilizzata dagli operatori per valutare il decorso della patologia, sia il destinatario e l attuatore concreto delle indicazioni terapeutiche prescritte. La panoramica riguardo i servizi istituzionali parte dall analisi dei provvedimenti attuati dalla Regione Lombardia a partire dall avvio, nel 1995, del Piano Alzheimer, primo modello di rete integrata specifica, i Centri Regionali Alzheimer (C.R.A.) e i Nuclei Alzheimer (N.A. 4 ); a seguito di questi primi interventi nel 1998 è stato condotto uno studio (finanziato in parte dalla Comunità europea) per verificare l efficacia dei Nuclei Alzheimer in oltre 40 R.S.A 5 della regione. Nel settembre 2000 il Ministero della Salute ha promosso la realizzazione del progetto Cronos che prevedeva, da parte di tutte le Regioni, l individuazione di Unità di Valutazione per l Alzheimer (U.V.A.), finalizzate alla diagnosi e alla stadiazione della malattia. La provincia di Bergamo ha inoltre avviato a partire dal 2001 la diffusione del buono sociale 6 e attualmente del voucher socio- 2 AA.VV., Malattia di Alzheimer: manuale per gli operatori, Franco Angeli, Milano, 2004, p Carbone G., Invecchiamento cerebrale, demenze e malattia di Alzheimer. Una guida informativa per i familiari e gli operatori con l elenco delle Unità Valutative Alzheimer (UVA), Angeli-Self-help, Milano, 2007, p Per la definizione di tali servizi, si veda il paragrafo successivo. 5 RSA: residenza sanitaria assistenziale, struttura extraospedaliera finalizzata a fornire accoglimento, prestazioni sanitarie, assistenziali e di recupero di persone anziane prevalentemente non autosufficienti. 6 Ai sensi della legge 328/2000 il buono sociale è una provvidenza economica per mezzo della quale si riconosce e sostiene, prioritariamente, l impegno diretto dei caregiver familiari o appartenenti alle reti di solidarietà nell accudire in maniera continuativa un proprio congiunto in condizioni di fragilità. 2

3 sanitario 7 (parte del più ampio servizio dell assistenza domiciliare integrata), volto a ritardare il più possibile non tanto il ricorso all ospedalizzazione quanto l istituzionalizzazione permanente in R.S.A 8. Nell ambito dell ASL della Provincia di Bergamo si segnala inoltre la messa a punto di un applicativo informatico (il RILDEM) che ha permesso l automazione della segnalazione dei casi di demenza e la raccolta delle informazioni in ambito provinciale con interscambio dei dati, via web, fra i diversi soggetti che compongono la rete delle unità di valutazione Alzheimer. La più ampia rete di servizi istituzionali per le demenze risulta quindi costituita da: 1) medico di medicina generale: può effettuare lo screening iniziale e per indirizzare la persona con demenza e la sua famiglia verso le soluzioni più adatte e possibili, oltre che attivare servizi di assistenza domiciliari (si veda punto 2); 2) cure domiciliari e servizi territoriali: assegnati dal MMG e dall assistente sociale, sono necessari per offrire ai familiari la concreta possibilità di mantenere i malati a domicilio (ADI, ADP e SAD), ; 3) servizi residenziali (R.S.A.) e Nuclei Alzheimer (N.A.) in R.S.A.: forniscono risposte residenziali specifiche a livello zonale e regionale. Il N.A. è destinato a soggetti affetti da demenza di grado moderato-severo che, per il livello di deficit cognitivo e per la presenza di significative alterazioni comportamentali, possono beneficiare delle situazioni ambientali, delle specifiche metodologie assistenziali e dei più elevati standard di personale rispetto ai nuclei tradizionali; 4) centri regionali: con funzioni di ricerca, di assistenza, di prevenzione-formazioneeducazione alla salute e di valutazione del proprio intervento; 5) Unità di Valutazione Alzheimer (U.V.A.): Centri Specializzati, Divisioni di Neurologia, Geriatria, Psichiatria che stabiliscono il piano terapeutico, assicurando il trattamento farmacologico nei primi quattro mesi dalla diagnosi; le U.V.A. sono inoltre luoghi di indirizzo e consulenza riguardo le varie possibilità assistenziali. In parallelo ai servizi istituzionali, il vasto universo del volontariato costituisce una risorsa preziosissima per ogni ambito (sia sociale che non). Per quanto riguarda le famiglie e gli individui colpiti dalla sindrome di Alzheimer sono state analizzate tre concrete tipologie di attivazione: i gruppi di aiuto e mutuo aiuto, le associazioni e federazioni ed infine gli Alzheimer Cafè 9. Le prime 7 Il Voucher socio-sanitario è un intervento economico a favore delle persone "fragili" (anziani e disabili, in primo luogo, ma non solo), affinché ricevano nella propria casa cure e assistenza socio-sanitaria adeguate alle loro condizioni di salute, ed evitino così l'allontanamento dai propri cari. 8 Suardi C. (a cura di), In-formazione Alzheimer. Alla ricerca di nuove connessioni nella rete lombarda dei servizi alle demenze, Franco Angeli, Milano, 2007, p. 43 e seguenti. 9 Il primo Alzheimer Cafè nacque il 15 settembre 1997 a Leida, in Olanda, da un progetto dello psicogeriatra olandese Bère Miesen che operava nel centro Mariënhaven. Per una più completa definizione del servizio si rimanda al testo integrale. 3

4 due forme di attivazione elencate rispondono soprattutto ai bisogni di essere sostenuti nelle fasi più critiche sino al il momento della perdita del proprio caro; permettono di imparare a riconoscere le proprie necessità (come ad avere tempo per sé), ad ascoltarsi e guardarsi. L Alzheimer Cafè (oltre le già citate funzioni), permette alla persona affetta da Alzheimer di conservare quelle abilità (memoria, attenzione, funzioni verbali, ecc.) che è ancora in grado di gestire e di tentare di migliorare quelle che invece presentano alterazioni; inoltre può ancora partecipare a momenti di socializzazione e coinvolgimento.. La salute, così come la malattia, non esiste nel vuoto sociale, ma si inserisce in contesti relazionali e culturali, nelle opinioni dei professionisti e della gente comune, interagendo con i valori, le tradizioni e le immagini circolanti in una determinata società. Il bagaglio culturale che circonda un soggetto affetto da demenza è molto spesso caratterizzato da una forma diffusa di ignoranza che, in diversi casi, può generare nei familiari stessi, sentimenti e comportamenti inadeguati per il rapporto con il parente malato. Il pregiudizio che risulta più diffuso è che la malattia di Alzheimer sia una malattia psichiatrica e che il malato sia semplicemente fuori di testa. Insieme alla costituzione di un ambiente culturale corretto risulta altresì necessario interpretare le esigenze del malato e aiutarlo a mantenere/recuperare un rapporto efficace con il suo ambiente di vita. In ogni fase della malattia di fatto l ambiente può compensare od accentuare i deficit cognitivi ed i problemi comportamentali: deve seguire criteri di funzionalità e sicurezza, promuovere il benessere emozionale del malato, deve essere chiaro e ben strutturato, con poche opzioni. Deve offrire la possibilità di favorire la concentrazione (quindi essere stabile e familiare), dare l opportunità di seguire modelli di comportamento acquisiti e allo stesso tempo rispondere ai differenti bisogni (di muoversi, di scaricare l emozione, di essere adeguatamente orientati e stimolati). Il soggetto nell ambiente in cui vive dovrà trovare suggerimenti per la memoria (es. percorsi lineari e segnalati, cartelli e disegni indicativi di funzioni) così come suggerimenti per il comportamento (oggetti d uso ben visibili, la funzione delle stanze evidenziata ed eventualmente accentuata) e orientamento alla realtà (calendari, orologi, foto della stagione). Realizzando una serie di interviste narrative semi-strutturate si è voluto infine indagare se e come sia avvenuto l incontro tra i vari nodi della rete nel momento in cui si è manifestata la malattia, con la conseguente modifica degli assetti della famiglia e del contesto. Le interviste - che hanno preso avvio da una domanda generativa (Quali sono state le reazioni ai primi sintomi e a chi vi siete rivolti? ) sono state effettuate con i caregiver, cioè le persone più vicine al soggetto affetto da demenza, in modo che potessero aver presente tutta la storia clinica e sociale del parente e fossero soggetti disponibili a raccontare questa loro esperienza (figlio-figlia-nuora-nipote). Per poter effettuare un minimo di raffronto e di parallelismo tra i dati raccolti, sono stati contattati parenti di soggetti usufruenti di tre tipologie di servizi, erogati dal dodicesimo distretto del territorio della 4

5 Provincia di Bergamo, l Isola Bergamasca e Bassa Val San Martino: il Nucleo Protetto dell R.S.A. Istituto San Giuseppe delle Suore Orsoline di M.V.I. di Gandino, di Villa d Adda, l Alzheimer Cafè del comune di Brembate e famiglie dei comuni di Bonate Sotto e Capriate S.Gervasio usufruenti di S.A.D. o di Buoni sociali. Sono state individuate queste tre tipologie di servizi dal momento che, potenzialmente, rappresentano differenti modalità e tempistiche di avvicinamento ai servizi. Esemplificando, l accesso ad una R.S.A. risulta, nella maggior parte dei casi, come l ultima e definitiva risorsa attivabile da parte di una famiglia.dalle interviste emerge inoltre che l esordio della malattia nell anziano può essere molto spesso collegato ad un evento critico, come ad esempio la malattia o la morte del coniuge, a malattie pre-esistenti che subiscono un repentino peggioramento, o al cambiamento - anche momentaneo - di residenza (es. la permanenza presso una struttura ospedaliera per qualche settimana). Il problema maggiore che la famiglia si trova ad affrontare è la comparsa di alterazioni comportamentali, fattore discriminante anche per l accesso ad alcuni servizi (come i Centri Diurni). Il primo accesso ai servizi coincide nella maggioranza dei casi con la visita presso il Medico di Medicina Generale a causa di disturbi non ben identificati (depressione, disorientamento, perdita di alcune facoltà mentali), anche se sembra che la maggioranza dei medici non si sbilanci ad ipotizzare la diagnosi di Alzheimer o di demenza senile, neppure dopo l evidenza che altre tipologie di cure (come gli antidepressivi) non sortiscono effetto ed il peggioramento dei sintomi iniziali. Ai familiari in diversi casi non risultano chiari i confini e le competenze di ogni servizio (es. spetta all assistente sociale cercare una badante per la famiglia?) così come spesso considerano l accesso ai servizi come ultima ed estrema scelta. Diversi caregiver lamentano l eccessivo carico di lavoro derivante dall accudimento del parente e ricercano dei servizi che possano offrire un po di sollievo, anche se faticano a riconoscerne i limiti e i vincoli (es. disponibilità, orari); inoltre i servizi appaiono poco accessibili e poco pubblicizzati. Le conoscenze pregresse riguardo a queste malattie sono praticamente nulle e poco conosciute risultano anche le associazioni di volontariato presenti sul territorio; qualcuno pensa che non siano in grado di fornire servizi utili per il benessere della famiglia. Al termine dell indagine possiamo affermare che come la mappa non è il territorio (celeberrima frase di Gregory Bateson), allo stesso modo si può dire che la rete stessa non rappresenti in toto il territorio. Inoltre abbiamo avuto modo di verificare che per costruire una rete non basta che si offrano una serie di servizi sul territorio; oltre a ciò i diversi nodi che la compongono devono conoscersi ed essere in interazione reciproca continua (in cumpartecipazione). Inoltre i diversi servizi devono risultare accessibili alle famiglie: questo significa che devono essere conosciuti, essere effettivamente collocati sul territorio e non devono presentare dei costi eccessivi ed improponibili. Questa analisi non ha presentato risposte e definitive e conclusioni certe, ma ha voluto aprire nuove prospettive ed essere un punto di avvio per successivi approfondimenti. 5

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