Prefazione. Andrea Canevaro

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1 PREFAZIONE 7 Prefazione Andrea Canevaro Bambini e bambine in ospedale Aiutare, ma come? Le ragioni per cui proporre, in questo libro, un itinerario di formazione teso ad aiutare bambini e bambine, ragazzi e ragazze in ospedale sono diverse. Ne esaminiamo due che possono fare da chiavi di impegno e di lettura di questo percorso. La prima riguarda una linea di tendenza presente nella società in cui viviamo, ovvero nella parte del mondo in cui ci troviamo: al giorno d oggi sembra venire meno una certa modalità informale di comunicare informazioni e atteggiamenti. Attraverso questa «formazione informale» chi cresceva e diventava adulto, uomo o donna, aveva (e ha ancora) un bagaglio di competenze assimilate vivendo; l apprendimento non avveniva tanto in situazioni formalizzate con percorsi espliciti, ma osservando e accompagnando l azione di persone più grandi d età. E così accadeva che un bambino, o una bambina, avevano molte occasioni di essere testimoni, magari anche attivi, di come venivano aiutati altri bambini e bambine, come quelli in condizioni di malattia. L appren-

2 8 GIOCO E STUDIO IN OSPEDALE dimento, inoltre, poteva essere rinforzato da elementi di riflessione, ma poteva anche essere assorbito e divenire una prassi, senza essere mediato da grandi concettualizzazioni. Oggi, invece, si mira a contrarre tutte le occasioni di trasmissione informale. Accanto agli adulti vivono bambini che molto più raramente hanno occasione di vederli operare in situazioni di cura degli altri. La cura della casa, dell ambiente, ma anche quella di chi si ammala, non sono più assorbite in un contesto di testimonianza e di esempi pratici. Questo ci porta a perdere alcune competenze, alcune capacità che un tempo venivano invece assorbite in maniera naturale, quasi per simbiosi. Questo capita anche in quelle forme di associazionismo in cui i più grandi hanno cura dei più piccoli. Di solito si suppone che siano capaci di svolgere questo compito sufficientemente bene, ma ci si può accorgere che questo non sempre è scontato. Bloom e altri hanno sviluppato alcune linee tassonomiche che permettevano di affermare che se un individuo sapeva esprimere certi comportamenti, era ovvio che ne conoscesse altri, considerati precedenti, interiorizzati lungo il percorso che portava a quelli espressi. In realtà, ci si è resi conto che questo non può essere dato per scontato. E vi sono comportamenti, anche di una certa qualità esecutiva, che sono circondati da alcuni vuoti. Anche noi possediamo sicuramente delle abilità a «macchia di leopardo»; non si possono dare per scontati dei «livelli zero». È quindi ancora più necessario immaginare percorsi formativi che abbiano una struttura modulare, percorsi che ciascuno possa in qualche modo individuare e individualizzare con l aiuto di un interlocutore-formatore. Questo processo può essere facilitato se vi è una logica ipertestuale, vale a dire una logica in cui il testo abbia una struttura aperta che permette di individuare degli approfondimenti e di dare spazio a quelle conoscenze che già ci sono, per sistematizzarle o collegarle ad altro che si vorrebbe approfondire. Una seconda ragione per cui viene proposto questo percorso di formazione è quella che fa riferimento alla resilienza. Il termine è prestato a noi, in campo educativo, dalla scienza applicata dell edilizia. La resilienza (che è cosa ben diversa dalla resistenza) indica la proprietà che hanno alcuni materiali di recuperare la loro struttura e forma originale: avendo subito anche forti compressioni e deformazioni, possono tornare ad avere un respiro, cioè uno spazio libero entro il quale muoversi. Dobbiamo considerare la trasposizione di questo concetto in campo educativo come un elemento molto importante, che ci permette di parlare di una vera e propria educazione alla resilienza. Bambini e bambine che vivono delle «deformazioni», delle compressioni, in altre parole dei traumi, hanno la possibilità di ritrovare la loro struttura di equilibrio se hanno lo spazio per farlo. In questo

3 PREFAZIONE 9 caso si tratta innanzitutto di uno spazio mentale, che permetta loro di trovare, accanto agli eventi che li hanno colpiti, delle opportunità di sviluppo e di recupero. Uno di questi può essere certamente il gioco; difficile, però, è limitarlo agli aspetti di mero passatempo. Quasi sempre nell attività ludica sono presenti elementi cognitivi, nel qual caso il gioco può rappresentare una possibilità di conoscere per esempio il mondo in cui si sono trovati per un evento che sembrava soltanto traumatico. Ecco come si possono riaprire degli spazi e offrire la possibilità di una vera e propria educazione alla resilienza. Ed è senz altro possibile (anche se non automatico) che una buona educazione alla resilienza contribuisca a far superare soglie di dolore che, diversamente, sarebbero molto più difficili da attraversare. È così che nascono dei collegamenti tra la qualità della vita (sia mentale che fisica) e la possibilità di migliorare la propria salute. Non si tratta di un collegamento automatico, guidato da fiducia cieca, ma è un percorso certamente possibile da seguire, con quella prudenza che è sempre da considerare buona consigliera nel campo dell educazione, in particolare quando si opera in situazioni altamente problematiche. Ecco, con la sintesi richiesta dallo stile di una prefazione, due buone ragioni per creare, attraverso questo libro, un pacchetto formativo per educatori in ospedale. Ma queste ragioni possono anche essere approfondite; credo infatti che il compito di un buon corso di formazione sia anche quello di fornire, attraverso una bibliografia ragionata, indicazioni e percorsi collaterali di studio e ricerca. Questo mi permette di fare riferimento a due figure apparentemente estranee al tema specifico, ma che in realtà possono fornire stimoli importanti per un percorso formativo; si tratta di R. Girard e di Z. Bauman, le cui letture sono intonatissime all impegno di chi si accinge a intraprendere un percorso di formazione. Indicazioni bibliografiche Bauman Z. (1999), La società dell incertezza, Bologna, Il Mulino. Girard R. (1999), Il risentimento, Milano, Cortina.

4 INTRODUZIONE 11 Introduzione Michele Capurso Per affrontare tale compito il cuore e la ragione non devono più rimanere separati [...] Il nostro cuore deve conoscere il mondo della ragione, e la ragione deve essere guidata da un cuore vigile. B. Bettelheim, Il cuore vigile In questi ultimi tempi la medicina e la scienza hanno compiuto progressi importanti e significativi. Molte di quelle malattie che fino a ieri venivano definite «incurabili», oggi registrano un tasso di guarigione completa che supera il 50%. Si può quindi affermare che dal punto di vista della «salute fisica» le possibilità di ricevere cure adeguate e guarire vadano migliorando di anno in anno. Questa efficace «macchina terapeutica» presenta però una grave lacuna. Ci riferiamo alla mancata considerazione, da parte di chi dirige le aziende sanitarie (e spesso anche di chi vi lavora), del problema della «salute mentale» del bambino

5 12 GIOCO E STUDIO IN OSPEDALE ricoverato e della sua famiglia. È come se il progresso della «ragione» di cui ci parla Bettelheim portasse con sé degli effetti collaterali che inaridiscono le funzioni di un buon «cuore vigile», riducendone la capacità di stabilire relazioni significative con gli altri. Eppure i pericoli derivanti dal trauma emotivo che accompagna l ospedalizzazione in età evolutiva sono già noti da tempo. Tanto per fare un esempio, già nel 1936 veniva emanata in Italia una circolare ministeriale che accoglieva un progetto per ridurre i «danni alla carriera scolastica e danni morali allo sviluppo armonico della personalità» dei bambini malati. Ciononostante ancora oggi ben pochi ospedali pediatrici italiani sembrano essersi posti seriamente il problema relativo ai danni conseguenti alla permanenza in ospedale dei bambini. Il testo che state leggendo nasce proprio dall esperienza di persone che si sono impegnate per anni, a livelli diversi, nel campo della tutela del bambino malato e della sua famiglia. Sono gli operatori che si riconoscono nel lavoro di Armida Carla Capelli, pedagogista impegnata in ospedale sin dagli anni Cinquanta, e che oggi aderiscono alla associazione che porta il suo nome. Crediamo che questo libro possa essere utile a tre categorie di persone: Chi ha già lavorato nel campo dell assistenza pediatrica (sia esso medico, infermiere, insegnante, psicologo, assistente sociale, ecc.) avrà la possibilità di confrontare il proprio punto di vista con quello di altre persone che svolgono un lavoro simile al suo e che credono nell importanza di riconoscere sempre, nel paziente che incontrano, una persona. Inoltre ci auguriamo che questo manuale possa servirgli da «riserva» di idee, alla quale attingere per arricchire la qualità del servizio che svolge. L operatore che si avvicina all argomento per la prima volta troverà un tracciato chiaro, coerente ed esaustivo dei numerosi aspetti solitamente affrontati da chi si occupa della tutela dei bambini in ospedale. Non si ha, naturalmente, la pretesa di voler fornire suggerimenti universalmente validi. Crediamo però che chi inizia abbia bisogno di una base di partenza solida, verificata, dalla quale progredire per costruire un proprio percorso originale. È più difficile perdersi se si sa sempre dove tornare, se si ha comunque a disposizione una mappa costruita dall esperienza degli altri. Chi lavora nel campo della formazione troverà nel testo molto materiale per riflettere, con i propri studenti, sugli atteggiamenti, sulle tecniche didattiche, sul linguaggio generalmente usato da chi opera in campo sanitario e pediatrico. L Associazione Armida Carla Capelli è inoltre disponibile a svolgere corsi di formazione specifici sul tema di questo libro e può essere contattata attraverso il proprio sito Internet ( o quello della casa editrice Erickson (

6 INTRODUZIONE 13 Cinque parole chiave Il percorso tracciato da questo libro si muove lungo alcune parole chiave: Bambino, Ospedale, Malattia, Futuro, Presente. Può essere utile soffermarsi a riflettere su di esse prima di iniziare la lettura. Un metodo valido per farlo è quello del brainstorming, utile a «fotografare» il vissuto che ciascuno di noi ha avuto in relazione agli argomenti del testo. (Esercitazione 1) Il nostro punto di vista sulle parole chiave Vediamo, analiticamente, in quale maniera il percorso di questo testo si collega con le parole chiave. Bambino (bambina, ragazza, ragazzo) In altre parole, individuo, persona. Probabilmente la prima e maggiormente trascurata esigenza di chi entra in ospedale è essere riconosciuto come persona. L istituzione, in nome di una (presunta) efficienza terapeutica, si dimentica dei bisogni basilari di ciascun essere umano (la vita di relazione, il bisogno-diritto di controllare quanto avviene intorno a lui, la privacy). Chi vuole occuparsi della tutela di bambini e ragazzi in ospedale, dovrebbe anzitutto chiedersi: «Come posso aiutare questa persona a esprimere la sua individualità»? Ospedale L ospedale rappresenta l istituzione. Tradizionalmente si tratta di una istituzione particolarmente rigida e immobile, con le sue regole, la sua divisione gerarchica, i suoi tempi assurdi (ci si sveglia alle 6, si pranza alle 11, si cena alle 18, ecc.). Ma come ogni istituzione, l ospedale può essere vissuto come un vincolo assoluto o come elemento in grado di essere comunque trasformato per facilitare il processo di umanizzazione del malato e dell operatore. Malattia La malattia rappresenta la condizione fisico-mentale con la quale dobbiamo saperci confrontare. Crediamo sia importante assegnare ad essa un ruolo equilibrato: la malattia non può essere ignorata (mi comporto come se tu non avessi

7 14 GIOCO E STUDIO IN OSPEDALE nulla) ma neppure esagerata («Poverino, sei malato»: mi comporto come se tu non potessi fare nulla). Futuro È la direzione verso la quale spesso ci proietteremo lavorando con bambini e ragazzi malati. Come per la malattia, non dovrebbe rappresentare motivo per negare un presente, ma al contrario può servire a valorizzarlo come base per la progettazione di ciò che vogliamo essere domani. Presente Il presente è dato dall incontro delle precedenti parole chiave: un bambino malato che si trova in ospedale. Il nostro compito di educatori e animatori è probabilmente quello di riconoscere tutti gli elementi del contesto dove operiamo, sapendo individuare in ciascuno di essi potenzialità ed elementi utili alla crescita comune. Nota lessicale In questo libro il termine bambino comprende tutte le età dello sviluppo della persona, dalla nascita alla conclusione dell adolescenza. In questo periodo della vita, le persone passano da una situazione di completa dipendenza nei confronti dell adulto all autonomia, attraverso un percorso di crescita e maturazione che investe la sfera biologica, psicologica e relazionale. Il libro si riferisce quindi a una popolazione estremamente eterogenea in termini di competenze cognitive, di capacità di elaborazione della realtà e delle proprie esperienze. Il termine operatore scelto nel testo è stato privilegiato fra gli altri per poter inglobare, attraverso un termine generico, tutte le figure professionali (insegnanti, educatori, animatori, ma anche personale medico e infermieristico) che lavorano in ospedale. Si precisa altresì che il termine famiglia è stato utilizzato con un accezione ampia che comprende l insieme delle figure affettivamente significative per il bambino. Il termine quindi assume significati diversi anche a seconda dei soggetti a cui si riferisce, poiché non tutti hanno lo stesso tipo di famiglia.

8 INTRODUZIONE 15 E sercitazione 1 LE PAROLE CHIAVE Tempo di svolgimento: non più di 30 secondi a parola. Modalità: individuale. Consegna: scrivi, accanto a ciascuna delle parole chiave, 3 cose/concetti/idee/ sensazioni che ciascun termine ti richiama in mente. È importante non fermarsi a riflettere, ma scrivere di getto ciò che ci viene in mente. Facciamo lavorare la parte creativa e meno razionale della nostra mente. Naturalmente non esiste la possibilità di errore perché ciascuno di noi esprimerà sensazioni diverse a seconda del proprio vissuto. Bambino (o ragazzo) Malattia Ospedale Futuro Presente Al termine, se si lavora con un gruppo di persone, potrà risultare utile leggere e discutere con gli altri ciò che si è scritto. 2001, Capurso, Gioco e studio in ospedale, Trento, Erickson.

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