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1 CIRCOLARE N. 40 Roma, 17 luglio 2007 Il finanziamento della Società a responsabilità limitata SOMMARIO 1. Il finanziamento dei soci all impresa e la fattispecie dell art c.c. 2. La qualificazione e l àmbito del finanziamento anomalo dei soci 3. La regola della postergazione 4. Il diritto di credito dei soci finanziatori nella procedura concorsuale 5. I creditori postergati nel sistema delle classi dei creditori 6. Il rimborso del finanziamento 7. L emissione di titoli di debito 8. La categoria dei titoli di debito 9. Analisi della disciplina PROVVEDIMENTI COMMENTATI art c.c. art c.c.

2 PAG. 2 ALLE ASSOCIATE La riforma del diritto societario ha ampliato le modalità di finanziamento delle società di capitali. In particolare, con riferimento alle società a responsabilità limitata, accanto ai tradizionali canali finanziari il credito bancario e l autofinanziamento si aggiunge per la prima volta l emissione di strumenti di debito. Le modifiche mirano a favorire la crescita e la competitività delle piccole e medie imprese, tutelando, al contempo, i creditori sociali dal rischio di comportamenti opportunistici dei soci. In particolare, rispondono a queste finalità due nuove disposizioni nella disciplina delle s.r.l.: gli articoli 2467 e 2483 c.c. L art c.c. prevede che il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società sia postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori. La norma comporta, da un lato, il pieno riconoscimento della legittimità dei rapporti creditizi tra socio e società, quale utile strumento per accrescere la flessibilità della struttura finanziaria e conseguire, entro limiti prefissati dal legislatore, vantaggi fiscali. D altro lato, la disposizione mira a impedire che i soci possano ricorrere a forme di finanziamento diverso dall apporto di capitale di rischio per trarre vantaggio dal minor rigore del regime dei prestiti rispetto a quello dei versamenti a capitale, a scapito degli altri creditori sociali, nelle situazioni di crisi dell impresa 1. L art c.c. prevede la possibilità per le s.r.l. di ricorrere all emissione di strumenti finanziari di debito; l apertura al mercato è, però, contemperata dalle esigenze di tutela dei terzi, per cui i titoli di debito possono essere destinati ai soli investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale. Comune alle due norme è la tutela rafforzata dei terzi in caso d insolvenza della società. Nel caso di finanziamenti dei soci, grazie alla regola della postergazione, il creditore sociale non vede diminuire il patrimonio netto della società su cui rivalersi, in sede di procedure concorsuali o esecuzione collettiva; nel caso di emissione di titoli di debito, gli investitori professionali sono tenuti a garantire il credito nei confronti di tutti i soggetti che non ottengano dalla società il rimborso dei titoli di debito. Il favore del legislatore verso forme plurime di finanziamento per la s.r.l. emerge anche dal regime dei conferimenti, in particolare dalla possibilità per i soci di conferire prestazioni d opera e servizi, garantite da polizza di assicurazione o fideiussione bancaria (art c.c.). La nuova disciplina della s.r.l., per il carattere personalistico che la connota maggiormente dopo la riforma, sembra quasi privilegiare la possibilità di partecipare alla compagine societaria mediante prestazioni spiccatamente personali, quali la propria opera o le proprie conoscenze, rispetto a una partecipazione fondata sul solo diritto di proprietà del capitale 2. Nell esame della disposizioni citate, assume rilievo la disciplina fiscale, come riformata dal d.lgs. 344/2003, che ha previsto, all art. 98 T.u.i.r. 3, l istituto della thin capitalization: esso limita la deducibilità degli oneri finanziari riferibili ai finanziamenti erogati o garantiti, 1 IL MECCANISMO SU CUI SI BASA IL SISTEMA DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI E I RISCHI DI COMPORTAMENTI ANOMALI DEI SOCI È ILLUSTRATO CON CHIAREZZA E INCISIVITÀ DA G.PRESTI, IN CODICE COMMENTATO DELLE S.R.L, ART. 2467, TORINO, 2006, P P. Scandizzo, DI CHI È LA PICCOLA IMPRESA?, IN AGE 2/2003, 246 SS 3 D.LGS N. 344/2003.

3 PAG. 3 direttamente o indirettamente, da un socio qualificato o da una sua parte correlata, qualora l indebitamento della società nei confronti dei soci superi un determinato limite, ovvero il rapporto tra patrimonio netto e indebitamento superi il valore di un quarto. Da ultimo, con riguardo al tema del finanziamento alle imprese, è opportuno segnalare che la l. 15/2007, che ha recepito le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE in materia di adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi 4, ha introdotto nel nostro ordinamento, tra l altro, nuovi requisiti concernenti la valutazione dell adeguatezza patrimoniale delle banche e delle imprese di investimento. I nuovi criteri di misurazione del rischio creditizio sono destinati a incidere sul costo dell accesso al finanziamento bancario. La valutazione del merito creditizio si baserà, infatti, su elementi oggettivi quali la trasparenza della struttura organizzativa, la capitalizzazione e gli strumenti di controllo della gestione. 1. Il finanziamento dei soci all impresa e la fattispecie dell art c.c. I rapporti patrimoniali tra soci e società sono disciplinati dal codice civile con riguardo ai conferimenti. L assenza di disciplina non implica, tuttavia, che siano vietati altri rapporti a carattere finanziario. La giurisprudenza ha sempre riconosciuto l ammissibilità e la legittimità di finanziamenti in forma di mutuo del socio alla società 5. Analogo riconoscimento discende implicitamente dall assenza nel codice di una disposizione che richieda alla società una dotazione patrimoniale adeguata rispetto all attività indicata nell oggetto sociale 6. Il finanziamento del socio rappresenta, dunque, uno strumento flessibile per gestire la dotazione finanziaria dell impresa e può favorire anche la soluzione di uno stato di crisi. Infatti la possibilità di ottenere il credito dai propri soci risulta più conveniente per la società, con riferimento sia ai tempi sia ai costi dell operazione, rispetto al ricorso al credito bancario. La riforma del diritto societario non ha introdotto una disciplina organica dei finanziamenti dei soci, ma ha previsto, con l art c.c., una regolamentazione per quei finanziamenti che presentino caratteri di anormalità. Il prestito dei soci può prestarsi ad abusi e comportare l alterazione dell equilibrio nella ripartizione dei rischi d impresa tra soci e creditori. Nel caso del prestito, il socio finanziatore concorre con gli altri creditori nel recupero del proprio credito, anche in caso di fallimento; nell ipotesi di conferimento di capitale, invece, il rimborso di quanto conferito dal socio è subordinato al pagamento integrale dei creditori sociali. L art c.c. stabilisce, al primo comma, che il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell anno antecedente alla dichiarazione di fallimento, deve essere restituito. I finanziamenti cui si applica la norma sono quelli concessi «in un momento in cui, anche in considerazione 4 Si segnala inoltre la circolare 27 dicembre 2006, n. 263 Nuove Istruzioni di vigilanza prudenziale per le banche, emanata dalla Banca d'italia per recepire "Basilea II" (Nuovo Accordo del Comitato di Basilea sul capitale e direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE). 5 TRIB. MILANO, 5 DICEMBRE 1988, RIV. DIR COMM., 1990, II, 75 SS. 6 IL TEMA PRESENTA DELLE CONNESSIONI CON DUE DEI TEMI OGGI MAGGIORMENTE DIBATTUTI: I) IL RUOLO DEL CAPITALE SOCIALE, POSTO CHE IN ALCUNI STATI EUROPEI, CON SPECIFICO RIFERIMENTO AL TIPO SOCIALE S.R.L., IL CAPITALE SOCIALE MINIMO È STATO SOPPRESSO (FRANCIA); II) I NUOVI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI, CHE HANNO ELIMINATO NELLA VALUTAZIONE DELLE POSTE DI BILANCIO IL PRINCIPIO DELLA PRUDENZA, PREFERENDO UN SISTEMA CHE PRIVILEGIA L INFORMAZIONE SULL ANDAMENTO GESTIONALE, NEL CORSO DELL ESERCIZIO, A PRESCINDERE DAGLI EFFETTI SULLE DISTRIBUZIONI AGLI AZIONISTI, RIDUCENDO COSÌ IL NESSO TRA PATRIMONIO NETTO RISULTANTE DAL BILANCIO E ATTITUDINE DELLA SOCIETÀ AD ADEMPIERE ALLE PROPRIE OBBLIGAZIONI.

4 PAG. 4 del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento» (art. 2467, comma 2, c.c.). In questo senso l art c.c. non sembra determinare una riqualificazione imperativa del finanziamento in conferimento come, invece, ritiene una parte della dottrina ma impone l effetto della postergazione per i crediti dei soci in presenza di specifiche circostanze 7 ( v. 3). La subordinazione del credito del socio a quello del terzo creditore si giustifica anche in una prospettiva di analisi economica, in quanto tende a ridurre nelle società chiuse lo squilibrio contrattuale tra il socio e il creditore sociale: infatti, la postergazione del credito riduce i costi di controllo e monitoraggio per i creditori 8. In quest ottica è opportuno precisare che la regola della postergazione trova applicazione anche nell ambito dei rapporti di gruppo, ex art quinquies. Le ragioni dell applicazione di questa disciplina si rinvengono, infatti, là dove sono maggiormente concentrati il potere e il controllo sulle scelte gestionali, in considerazione del carattere personalistico della partecipazione (s.r.l.) o per l esercizio di attività di direzione e coordinamento (gruppo di società). Alla luce di queste considerazioni, ci si può chiedere se sia possibile estendere l àmbito di applicazione delle regole in esame anche alle s.p.a. chiuse, pur in assenza di una specifica disposizione legislativa, in ragione delle analogie che queste ultime presentano con il modello sociale delle s.r.l. e della sussistenza di simili esigenze di tutela. Se si accede alla tesi, che riteniamo preferibile, secondo cui nell àmbito delle s.r.l. tutti i finanziamenti dei soci sono soggetti all applicazione dell art c.c., a prescindere dalle quote di partecipazioni sociali possedute e dal coinvolgimento nella gestione della società ( su cui più approfonditamente v. successivo), non appare possibile l estensione della disciplina anche nelle s.p.a. chiuse 9. Sebbene l art c.c. sancisca un principio di corretto finanziamento delle società di capitali, come precisato da autorevole dottrina 10, la valorizzazione della specificità dei modelli societari disegnati dalla riforma del 2003 conduce alla necessità di valutare, in concreto, ragioni ed esigenze di tutela sottese all applicazione della regola della postergazione. 2. La qualificazione e l àmbito del finanziamento anomalo dei soci L art presenta alcune criticità nell individuazione della fattispecie indicata al secondo comma. Ai fini della postergazione enuncia la norma sono rilevanti i finanziamenti dei soci a favore della società che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione 7 Vi è chi ritiene che la norma in esame determini comunque una riqualificazione del finanziamento in conferimento, in quanto la funzione della postergazione sarebbe quella di creare due classi nel quadro del rimborso del capitale proprio: una dei creditori soci e l altra dei soci, con la preferenza dei primi rispetto ai secondi. PORTALE, I finanziamenti dei soci nelle società di capitali, in Banca borsa e titoli di credito, 2003, 679; ZOPPINI, La nuova disciplina dei finanziamenti dei soci nella società a responsabilità limitata e i prestiti provenienti da terzi, in Riv. dir. Priv., 2/2004, 15. Sostengono la tesi contraria PRESTI, op. cit., p. 112 e con argomenti diversi TERRANOVA, art. 2467, Società di capitali, Commentario a cura di Niccolini, Stagno, D Alcontres, Napoli 2004, p.. 8 NEL CASO DI SPECIE LA GARANZIA CHE, IN CASO DI INSOLVENZA I CREDITI DEI SOCI NON CONCORRANO CON QUELLI DEI CREDITORI SOCIALI, COSTITUISCE PER I CREDITORI UNA GARANZIA ULTERIORE, CHE LI METTE A RIPARO DA COMPORTAMENTI OPPORTUNISTICI DEI SOCI. 9 Balp, I FINANZIAMENTI DEI SOCI SOSTITUTIVI DEL CAPITALE DI RISCHIO: RICOSTRUZIONE DELLA FATTISPECIE E QUESTIONI INTERPRETATIVE, IN CORSO DI PUBBLICAZIONE SU RIV. SOC. 10 Portale, OP. CIT., 681.

5 PAG. 5 dell attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell indebitamento rispetto al patrimonio netto, oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento. In primo luogo, occorre chiarire se i due criteri richiamati dal legislatore di indipendenza finanziaria e ragionevolezza del finanziamento vadano letti come cumulativi o alternativi 11. In dottrina sono state sostenute entrambe le tesi. Secondo una prima opinione, per la corretta interpretazione del finanziamento del socio è centrale il criterio di ragionevolezza, in forza del quale si individua il comportamento tipico del normale operatore del mercato, anche alla luce degli usi commerciali del settore in cui opera. L eccessivo squilibrio dell indebitamento rispetto al patrimonio netto svolge, dunque, la funzione di specificare il contenuto del criterio di ragionevolezza. Di conseguenza, la norma farebbe riferimento a una nozione unitaria, in quanto i due criteri costituiscono «due facce del medesimo principio» 12. Al contrario, altra dottrina ritiene più corretto leggere i due criteri come tra loro autonomi, non solo per il dato letterale della norma, ma anche perché la differenza tra squilibrio patrimoniale e situazione di illiquidità 13 è sostanziale. La sussistenza di uno squilibrio patrimoniale non determina necessariamente l irragionevolezza del finanziamento, non potendosi escludere che la società possa godere di credito presso terzi, pur versando in una situazione di sbilancio patrimoniale 14. Il criterio della ragionevolezza avrebbe quindi, secondo questa lettura, un carattere residuale rispetto all indebitamento finanziario. Vi è anche chi evidenzia una certa incoerenza tra i due criteri: da una parte il legislatore limita l àmbito dei finanziamenti postergati nel rimborso; dall altra, con il criterio della ragionevolezza, rende flessibili i confini della categoria 15. In realtà, il criterio di ragionevolezza svolge un ruolo fondamentale nel modo di intendere una determinata operazione economica, cosicché l assunzione di un rischio che difficilmente un creditore consapevole sarebbe disposto a assumere indurrà a configurare il finanziamento del socio come un apporto di capitale di rischio. Appare inoltre chiaro che, nella valutazione della ragionevolezza del conferimento si dovranno tenere in debita considerazione anche circostanze fattuali, le quali rendono anomalo il finanziamento 16 (si pensi, ad esempio, all assenza di forme di garanzia o alla durata prolungata del contratto oppure ancora a un tasso d interesse fissato al di sotto della soglia di mercato). Il riferimento dell art c.c. ai soli finanziamenti effettuati dai soci necessita di alcune precisazioni quanto all àmbito soggettivo di applicazione. In primo luogo, occorre chiarire che il prestito concesso da un terzo divenuto socio in un momento successivo non costituisce ipotesi di finanziamento anomalo ai sensi dell art c.c. Allo stesso modo, i 11 Il legislatore ha quindi seguito un criterio tipologico, al contrario di quanto previsto nell ambito della disciplina fiscale ove si stabilisce che è indeducibile dal reddito imponibile la remunerazione dei finanziamenti rilevanti eccedenti qualora il rapporto tra la consistenza media di detti finanziamenti e il patrimonio netto contabile rettificato sia superiore a quello di 4 a Presti, OP. CIT. 13 Terranova, OP. CIT., P SS. 14 Vassalli - DIRITTO FALLIMENTARE, 1994, I, TORINO - AFFERMA CHE LA NOZIONE DI INSOLVENZA NON PUÒ RIDURSI AD UNA SITUAZIONE DI SBILANCIO PATRIMONIALE. IL FINANZIAMENTO DOVREBBE CONSIDERARSI RAGIONEVOLE NON SOLO PER SUPERARE UN MOMENTO DI CRISI, MA ANCHE PER ASSECONDARE PROGRAMMI DI SVILUPPO DELLA SOCIETÀ, CHE SOTTENDONO PARTICOLARI ESIGENZE DI NUOVA FINANZA - D. Scano, I FINANZIAMENTI DEI SOCI, IN AA.VV., LA NUOVA S.R.L. PRIME LETTURE E PROPOSTE INTERPRETATIVE, A CURA DI FARINA,IBBA, RACUGNO, SERRA, MILANO, 2004, 377 SS.. 15 Fico, FINANZIAMENTO DEI SOCI E SOTTOCAPITALIZZAZIONE, IN LE SOCIETÀ 11/2006,1374, IL QUALE OSSERVA CHE LA GENERICITÀ DEI CRITERI RENDERÀ NECESSARIO L INTERVENTO DELLA GIURISPRUDENZA PER DELIMITARE I CONFINI DELL ECCESSO E DELLA IRRAGIONEVOLEZZA. 16 Balp, OP. CIT.,nt. 9.

6 PAG. 6 finanziamenti effettuati da società fiduciarie o in ragione del rapporto di mandato non ricadono nell àmbito di applicazione della norma in esame. Il fiduciario non è il titolare del rapporto associativo, cosicché solamente nel caso in cui il fiduciario sia il reale titolare delle partecipazione societarie potrà trovare applicazione la duplice regola del rimborso e della postergazione 17. Sul punto la riforma societaria ha seguìto una strada diversa rispetto alla disciplina fiscale, la quale equipara ai finanziamenti effettuati da soci qualificati quelli concessi da parti correlate (D.lgs 344/2003). Occorre, poi, chiedersi se sia possibile operare una distinzione, ai fini dell applicazione della norma in esame, per i finanziamenti effettuati da parte dei soci di minoranza, vale a dire di soci estranei alla gestione societaria, come previsto dalla disciplina tedesca 18 e dalle norme tributarie 19. L art c.c. non prevede una discriminazione tra soci. Il dato testuale suggerisce, dunque, che per il legislatore la posizione che il socio ricopre all interno della società è indifferente ai fini dell applicazione della disciplina. Infatti, il ruolo e il potere esteso di controllo che il socio, anche di minoranza, assume all interno della s.r.l. comporta che quest ultimo sia in grado di conoscere la reale situazione finanziaria della società 20, eventualmente anche di abusarne. Non rileva, quindi, che il socio di minoranza non sia titolare di poteri amministrativi o abbia una partecipazione residuale al capitale sociale, in quanto il socio di una s.r.l. è, a prescindere dalla quota posseduta, un socio informato sull andamento della gestione societaria. Il secondo comma dell art c.c. assoggetta alla regola della postergazione i finanziamenti dei soci «in qualsiasi forma effettuati». L ambito di applicazione oggettiva riguarda tutti i rapporti patrimoniali in cui sia previsto un obbligo di rimborso delle somme inizialmente trasferite al debitore. La norma comprende, dunque, qualsiasi forma di sostegno finanziario concesso dai soci in favore della società. Ne consegue che la disciplina in esame trova applicazione non solo nel caso di mutuo, ma anche di altre forme giuridiche di finanziamento, come la dilazione di pagamento, l apertura di credito, il leasing finanziario, il factoring e l acquisto pro solvendo di crediti della società verso terzi. Più complesso è stabilire se rientrino nell àmbito della disciplina in esame le prestazioni di garanzia offerte dai soci. Il problema investe il ricorso frequente, soprattutto nelle s.r.l., alla cd. outside collateral, ovvero una garanzia che grava sui beni personali dei soci anziché sugli assets dell impresa. Il ricorso a questo strumento è richiesto soprattutto dagli intermediari creditizi nei confronti delle società di minori dimensioni: la presenza di garanzie personali dei soci costituisce lo strumento che incentiva a concedere il credito a queste società. In realtà, la concessione di garanzia realizza un finanziamento del socio, anche se indiretto, pertanto, se la garanzia è prestata alle condizioni di cui all art. 2467, comma 2, si 17 SUL PUNTO SI VEDA DIFFUSAMENTE Zoppini, OP. CIT., NT. 9, 5 SS. 18 IL LEGISLATORE TEDESCO AL PARAGRAFO 32 DEL GMBHGESETZ HA PREVISTO CHE IL SOCIO TITOLARE DI UNA PARTECIPAZIONE PARI E INFERIORE AL 10% DEL CAPITALE SOCIALE, E NON ABBIA PARTECIPATO ALLA GESTIONE DELLA SOCIETÀ NON È SOGGETTO ALLA REGOLA DELLA POSTERGAZIONE DEL FINANZIAMENTO. 19 L ART. 98 TUIR CONSIDERA RILEVANTI AI FINI DELL APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA FISCALE DI CONTRASTO AL FENOMENO DELLA SOTTOCAPITALIZZAZIONE, SOLAMENTE I FINANZIAMENTI EROGATI O GARANTITI DAI SOCI CC.DD. QUALIFICATI, OSSIA CHE DETENGONO, DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE, UNA PARTECIPAZIONE DI ALMENO IL 25% DEL CAPITALE SOCIALE, O DA SOGGETTI A LUI COLLEGATI, SICCHÉ I FINANZIAMENTI FATTI DA SOCI NON QUALIFICATI NON SONO INTERESSATI DALLA DISCIPLINA. 20 SUL PUNTO SI EVIDENZIA CHE AUTOREVOLE DOTTRINA Angelici, LA RIFORMA DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI, PADOVA 2003, 49; Vassalli, SOTTOCAPITALIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ E FINANZIAMENTO DEI SOCI, IN RIV. DELL IMPRESA, 2004, 271 HA ARGOMENTATO CHE LA FATTISPECIE DEI PRESTITI ANOMALI NON È SUSCETTIBILE DI APPLICAZIONE NELL IPOTESI DEI FINANZIAMENTI EFFETTUATI DAI SOCI DI MINORANZA, IN QUANTO HANNO UNA POSIZIONE MARGINALE SUL PIANO DELLA PARTECIPAZIONE AL CAPITALE O DELLA TITOLARITÀ DI POTERI AMMINISTRATIVI.

7 PAG. 7 dovrebbe applicare la regola di postergazione. A tale proposito, la disciplina fiscale prevede che i finanziamenti garantiti personalmente o realmente dai soci qualificati siano equiparati a quelli erogati dagli stessi direttamente. Esulano, invece, dall àmbito di applicazione della norma la concessione di beni in godimento e le prestazioni d opera e servizi. Siffatte forme di sostegno finanziario non implicano, infatti, un diritto alla restituzione di un importo finanziario e non sono, pertanto, qualificabili come finanziamento ai fini della disciplina in esame. La pretesa volta alla restituzione di una cosa specifica viene soddisfatta in natura, senza interferenze con le pretese degli altri creditori La regola della postergazione Occorre chiarire se il rimborso è postergato solo nella fase di liquidazione o anche nel corso dell attività sociale. Sono emerse, al riguardo, due diverse tesi. La tesi cd. sostanzialistica inquadra la postergazione nel complesso dei presidî posti a tutela della struttura finanziaria della società; la seconda tesi, cd. processualistica, considera la postergazione come una regola posta a tutela della parità di trattamento tra i creditori sociali nell àmbito delle procedure concorsuali. I sostenitori della tesi sostanzialistica ritengono che la postergazione si debba applicare nei confronti di qualsivoglia finanziamento effettuato da un socio, anche nell ipotesi in cui l impresa sia in bonis. In altri termini, il diritto del socio al rimborso del finanziamento sorge solo nell ipotesi in cui siano stati rimborsati tutti i creditori della società; nell art c.c. manca, infatti, qualsiasi riferimento al presupposto dello stato d insolvenza. L art c.c. troverebbe applicazione anche al di fuori della specifica ipotesi di apertura di una procedura concorsuale, ogni qualvolta la società non sia meritevole di credito. In quest ottica, ogni finanziamento del socio in favore di una società sottocapitalizzata nominalmente 22 avrebbe una funzione sostitutiva del capitale sociale, con la conseguente applicazione delle regole ad esso relative. Discende da ciò che il socio non ha diritto alla restituzione di quanto erogato, né potrà essere ammesso allo stato passivo 23. La riqualificazione del prestito in conferimento sarebbe, però, parziale, potendo essere rimborsati i crediti ai soci, nel corso della vita sociale, nei casi in cui la situazione finanziaria della società non sia più critica. Allo stesso modo, i crediti scaduti, ma non riscossi, possono essere soggetti ad una riqualificazione imperativa nell ipotesi in cui la situazione finanziaria della società versi nuovamente in una fase critica. Ancora nell ottica dell applicabilità della norma nel corso dell attività sociale, vi è chi sostiene che il socio conservi il diritto al rimborso dei propri finanziamenti alla scadenza prevista, salvo, però, il diritto del creditore sociale, insoddisfatto a causa del rimborso del 21 Terranova, OP. CIT., LA SOCIETÀ SI TROVA IN UNA SITUAZIONE DI SOTTOCAPITALIZZAZIONE NOMINALE QUANDO È MUNITA DEI MEZZI NECESSARI AL PERSEGUIMENTO DELL OGGETTO SOCIALE, MA QUESTO AVVIENE NON GIÀ ATTRAVERSO IL CONFERIMENTO DEI MEZZI PROPRI ADEGUATI, BENSÌ ATTRAVERSO LA CONCESSIONE DI FINANZIAMENTI, SPROPORZIONATI RISPETTO AL CAPITALE SOCIALE, DA PARTE DEI SOCI. 23 Galgano, IL NUOVO DIRITTO SOCIETARIO, IN TRATTATO DI DIRITTO COMMERCIALE, E DI DIRITTO PUBBLICO DELL ECONOMIA, DIRETTO DA GALGANO, VOL. XXIX, 2004, 14, SOSTIENE CHE IL RIMBORSO DEI FINANZIAMENTI AVVENUTO ENTRO L ANNO ANTERIORE AL FALLIMENTO È SANZIONATO DA UNA AZIONE REVOCATORIA SEMPLIFICATA, FERMO RESTANDO CHE IL RIMBORSO OTTENUTO IN EPOCA ANTECEDENTE ALL ANNO PUÒ ESSERE SOGGETTO ALL AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE.

8 PAG. 8 finanziamento in favore del socio finanziatore, di agire direttamente anche nei confronti di quest ultimo. Per questa via, si ampliano le garanzie patrimoniali operanti in sede di liquidazione, in quanto «nella fase attiva la postergazione non altera l esigibilità del credito al rimborso, e dunque non solo non esclude la liceità della sua effettuazione da parte degli amministratori, ma nemmeno la subordina alla ricorrenza di determinate circostanze, al contrario nella fase di liquidazione, la situazione si modifica» 24. Tuttavia, la tesi sostanzialistica (e le sue varianti) appare smentita dalla previsione di un azione revocatoria nei confronti del rimborso effettuato nell anno precedente la dichiarazione di fallimento, cosa che offre un valido argomento contro l applicabilità della regola della postergazione nella fase fisiologica della vita sociale. Come attenta dottrina ha rilevato, infatti, «la ripetibilità del rimborso ottenuto nell anno anteriore alla dichiarazione di fallimento è del tutto compatibile con la qualificazione del finanziamento come diritto di credito, anzi la presuppone» 25. Inoltre, la ratio della regola della postergazione è quella di tutelare i creditori futuri rispetto al finanziamento, piuttosto che i creditori attuali della società 26, visto che questi ultimi hanno già fatto affidamento sul patrimonio netto della società, tra l altro rafforzato dallo stesso finanziamento non immediatamente rimborsabile. Non vi sarebbe, poi, ragione alla postergazione del rimborso nell ipotesi in cui non si registri né una situazione di liquidazione ordinaria né concorsuale, in quanto la società stessa, nel pieno della propria attività imprenditoriale, non avrebbe intaccato il patrimonio sociale. Gli amministratori non potrebbero, dunque, validamente opporre eccezioni alla richiesta di rimborso da parte dei soci, in quanto questa facoltà spetta agli altri creditori della società 27. Diversamente, gli amministratori dovrebbero rifiutare il pagamento quando la società si trovi in una situazione di crisi o insolvenza, anche evidenziata dall impossibilità di poter regolarmente adempiere le proprie obbligazioni nei confronti dei soci finanziatori. Appare, pertanto, preferibile la tesi cd. processualistica, che ritiene applicabile la regola della postergazione solo laddove vi sia un conflitto attuale tra creditori e socio finanziatore. In tal caso, la norma potrà produrre i suoi effetti non solo nell ipotesi di crisi o insolvenza della società, ma anche nel caso di esecuzione individuale di un creditore, con intervento di altri creditori. Non appare, invece, condivisibile l applicazione della regola della postergazione nell ipotesi di liquidazione volontaria dell impresa ove non si apre, di per sé, alcun concorso tra creditori in quanto i creditori debbono essere soddisfatti individualmente del loro credito, al momento della scadenza dello stesso G.Ferri jr., IN TEMA DI POSTERGAZIONE LEGALE, RIV. DIR COMM., 2004, 991SS.. 25 Presti, ART FINANZIAMENTO DEI SOCI, IN CODICE COMMENTATO DELLE S.R.L., 112 SS.. 26 Panzani, LA POSTERGAZIONE DEI CREDITI NEL NUOVO CONCORDATO PREVENTIVO, VI, 2006, 66 SS.. 27 LA POSTERGAZIONE COSTITUISCE UNA QUALITÀ INTRINSECA DEL CREDITO, COSÌ CHE NON POSSONO GLI AMMINISTRATORI OPPORRE, DURANTE SOCIETATE, ALCUNA OBIEZIONE ALLA RICHIESTA DI RIMBORSO DA PARTE DEL SOCIO. IN REALTÀ L UNICA POSSIBILITÀ PER GLI AMMINISTRATORI DI RIFIUTARE IL PAGAMENTO CONSISTE NEL FAR ACCERTARE LO STATO DI CRISI O DI INSOLVENZA DELLA SOCIETÀ DETERMINATO DALL ADEMPIMENTO DELL OBBLIGO DI RIMBORSO DEL FINANZIAMENTO DEL SOCIO. LA RESTITUZIONE DEL PRESTITO AL SOCIO POTREBBE DETERMINARE IL PASSAGGIO DELLA SOCIETÀ DA UNA SITUAZIONE DI SOTTOCAPITALIZZAZIONE NOMINALE, AD UNA DI SOTTOCAPITALIZZAZIONE MATERIALE. 28 IN REALTÀ, DIVERSA DOVREBBE ESSERE LA SOLUZIONE ALL APPLICABILITÀ DELL ART C.C. ANCHE IN IPOTESI DI LIQUIDAZIONE VOLONTARIA QUALORA SI RITENESSE, COME È STATO SOSTENUTO IN DOTTRINA, Rescigno M., CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLA PAR CONDICIO CREDITORUM, IN RIV. DIR. CIV., 1984, I, 359 SS. CHE SOSTIENE CHE LA LIQUIDAZIONE VOLONTARIA SI SVOLGA CONCORSUALMENTE.

9 PAG. 9 Infatti, il principio di postergazione del credito vantato dal socio finanziatore nei confronti della società, in base alla fattispecie delineata dall art. 2467, comma 2, in deroga al principio generale della par condicio creditorum 29, è applicabile nel solo presupposto della sussistenza di una situazione di criticità della società stessa, sia pure transitoria e connessa a squilibri fisiologici e occasionali recati dalla gestione dell impresa, ma tale da rendere improcrastinabile il reperimento di nuovi fondi e/o conferimenti. La postergazione legale presuppone, quindi, che vi sia un danno per i creditori sociali, determinato dall influenza dei soci e amministratori sulle decisioni strategiche. Coerentemente con questo presupposto l applicazione della regola in esame andrebbe ricondotta nell àmbito delle procedure concorsuali, in quanto è in quello specifico momento che l incapienza del patrimonio sociale implica un danno per il creditore sociale. 4. Il diritto di credito dei soci finanziatori nella procedura concorsuale Stabilito che il finanziamento del socio non viene riqualificato in conferimento e che, quindi, concorre con gli altri crediti, occorre chiarire quale sia il rapporto che intercorre fra questo credito e quello degli altri creditori sociali. L art distingue il diritto di credito del socio da quello degli altri creditori sotto due profili: a) il rimborso al socio effettuato nell anno anteriore alla dichiarazione di fallimento è inefficace e va restituito; b) il credito del socio è postergato a quello dei terzi creditori. I crediti dei soci costituiscono una sotto categoria dei crediti chirografari di cui all art. 111, n. 3, l.fall., postergati a tutti gli altri, e non possano formare oggetto di compensazione con eventuali debiti che il socio abbia verso la società. Quanto al momento in cui possono essere sollevate eccezioni in ordine all operatività della postergazione, appare coerente con la ratio della disciplina sollevare la questione non solo nella fase di accertamento dello stato passivo, ma anche nella fase successiva della ripartizione dell attivo e della collocazione del credito del socio finanziatore sul ricavato della liquidazione. La regola della postergazione ha efficacia reale e si applicherà anche nei confronti dei creditori particolari del socio o degli acquirenti dal medesimo. Da ultimo, merita di essere menzionato il rapporto che intercorre tra postergazione legale e postergazione convenzionale, con riferimento alla priorità nel riparto dell attivo. A questo proposito, sembrerebbe doversi graduare l ordine dei rimborsi, dando precedenza al credito legalmente postergato su quello convenzionalmente subordinato: in quanto nel primo caso la postergazione è una libera scelta delle parti, mentre nella seconda ipotesi è 29 L art c.c. stabilisce, infatti, che i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salvo le cause legittime di prelazione. La sussistenza di un conflitto tra creditori costituisce, dunque, il presupposto per l applicazione del principio della par condicio creditorum, che si atteggerà diversamente a seconda che l azione esecutiva sia individuale o collettiva. NEL PRIMO CASO SI PREVEDE LA POSSIBILITÀ DI UN INTERVENTO DEI CREDITORI NELL ESECUZIONE INDIVIDUALE PROMOSSA DA ALTRO CREDITORE, CON EGUALE DIRITTO ALLA SODDISFAZIONE DELLA PRETESA CREDITORIA. AL CONTRARIO, NELL ÀMBITO DELLE PROCEDURE CONCORSUALI, È LA LEGGE A PREVEDERE LA PARITÀ DI TRATTAMENTO DEI CREDITORI, PONENDO IL DIVIETO DI AGIRE IN ESECUZIONE INDIVIDUALE PER IL SODDISFACIMENTO DEL PROPRIO CREDITO. REGOLA QUESTA CHE CONCORRE CON ALTRE PREVISIONI NORMATIVE - SI PENSI ALLE SANZIONI IN IPOTESI DI BANCAROTTA PREFERENZIALE O ALL AMMISSIONE AL PASSIVO CON RISERVA -, AL FINE DI PRESERVARE IL PRINCIPIO DELLA PAR CONDICIO CREDITORUM. I CREDITORI NON POTRANNO COSÌ INIZIARE NÉ PROSEGUIRE AZIONI ESECUTIVE INDIVIDUALI, MA PARTECIPERANNO ALLA DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO DALL ESPROPRIAZIONE DAL PATRIMONIO DEL FALLITO.

10 PAG. 10 l intervento legale che con la qualifica di quel credito, interviene a correggere gli effetti negoziali dell operazione. 5. I creditori postergati nel sistema delle classi dei creditori La regola della postergazione è applicabile anche nell ipotesi di concordato preventivo, là dove l impresa si trova in uno stato di crisi non irrimediabile e irreversibile. Alla luce delle novità introdotte dalla riforma (l n. 5), occorre distinguere l ipotesi in cui il debitore abbia suddiviso in classi i creditori, da quella in cui, invece, non abbia formato alcuna classe nella proposta. A tale proposito, l art. 160 l. fall. prevede che il piano proposto dal debitore possa indicare «c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei; d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse». In primo luogo, la norma prevede la possibilità di trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse, senza distinguere tra creditori chirografari e privilegiati. Al riguardo, occorre chiedersi se sia possibile creare una classe dei finanziatori postergati anche nell ipotesi di non integrale soddisfazione degli altri creditori della società. Dalla prima casistica giurisprudenziale non emerge un orientamento comune sul punto. Il Tribunale di Messina 30, ad esempio, ha omologato una proposta di concordato che non prevedeva il pagamento dei crediti chirografari postergati. La decisione è stata motivata dai giudici siciliani sul presupposto che non fosse possibile prevedere la soddisfazione dei creditori postergati se la proposta di concordato non contemplava il pagamento integrale degli altri creditori chirografari. Al contrario, il Tribunale di Bologna 31 ha ritenuto legittimo un piano di concordato preventivo che prevedeva la soddisfazione dei creditori postergati, nonostante la soddisfazione non integrale degli altri creditori chirografari. I giudici bolognesi hanno ritenuto sufficiente un diverso trattamento tra creditori chirografari e postergati per rispettare il nuovo dettato legislativo, posto che è stata abrogata ogni soglia minima nella promessa satisfattiva rivolta alle varie tipologie di chirografari. Inoltre, i giudici bolognesi rilevano la diversità dell interesse economico dei creditori postergati rispetto agli altri creditori chirografari, tale da giustificare un diverso trattamento giuridico e un diverso ordine nel diritto al rimborso. Le pronunce citate offrono due diverse interpretazioni del testo normativo riformato. La prima pronuncia sembra rispecchiare in modo più fedele i principî tradizionali in materia di soddisfazione dei crediti; la decisione del Tribunale di Bologna sembra, invece, attuare la volontà del legislatore della riforma di favorire le soluzioni concordate della crisi con l introduzione di una maggiore flessibilità dei criteri del piano concordatario, finalizzati alla soddisfazione degli interessi specifici e concreti dei creditori dell impresa. A conferma di questo orientamento, per altro verso, il Tribunale di Bologna ha omologato una proposta di concordato che prevedeva una classe di creditori postergati in cui erano compresi i sottoscrittori del prestito obbligazionario convertibile, anche in assenza di una soddisfazione integrale degli altri creditori chirografari. La previsione di una classe dei creditori postergati non determina necessariamente una situazione di conflitto d interesse. E, infatti, possibile che le quote del socio siano già state pignorate dai creditori particolari dello stesso in sede di esecuzione individuale, 30 TRIB. MESSINA 29 DICEMBRE 2005, IN IL FALLIMENTO, 6/2006, TRIB. BOLOGNA, 26 GENNAIO 2006, IBIDEM, 6/2006, 67.

11 PAG. 11 cosicché chiamati a pronunciarsi sulla proposta di concordato sarebbero soggetti diversi dagli stessi soci. I creditori particolari del socio, così come i cessionari, saranno postergati nella soddisfazione del credito, in quanto la qualificazione di postergazione legale del credito ha efficacia reale, cosicché sarà produttiva di effetti anche nei confronti del successivo cessionario. La postergazione non implica un esclusione dal concorso, ma costituisce, semmai, un privilegio negativo, cosicché il titolare del credito postergato avrà diritto ad essere soddisfatto in misura sussidiaria rispetto agli altri creditori, anche prescindendo dall integrale soddisfazione dei creditori chirografari. Non si capirebbe, in caso contrario, il riferimento che il legislatore opera nell art. 160, l.fall., alla differente posizione giuridica, quale presupposto per la creazione di differenti classi dei creditori. La postergazione esplica, quindi, la funzione di creare a favore dei creditori chirografari non postergati, una prelazione nel pagamento, non escludendo, però, dal riparto dell attivo i creditori postergati. 6. Il rimborso del finanziamento L art c.c. prevede, infine, l obbligo in capo al socio di restituire il rimborso del finanziamento avvenuto nell anno antecedente la dichiarazione di fallimento. Una parte della dottrina ha qualificato l obbligo di restituzione del rimborso come un ipotesi di indebito oggettivo, per cui il pagamento eseguito in pendenza di una condizione legale di efficacia la postergazione deve reputarsi non dovuto. A differenza dell azione revocatoria fallimentare, infatti, l anomalia che giustifica il rimborso non sussiste nel momento in cui viene compiuto l atto suscettibile di revoca (il rimborso, appunto), ma nel momento in cui viene concesso il finanziamento. La reazione alla restituzione degli apporti dei soci non deve, quindi, considerasi conclusa con gli art c.c. e 65, l.fall., in quanto anche quando queste due norme non trovano applicazione, le pretese alla restituzione sono azionabili sulla base delle regole sull indebito oggettivo. In quest ottica, appare possibile che l amministratore agisca per la restituzione anche dei crediti ultrannuali, qualora fornisca la prova che la ripetizione sia avvenuta durante uno stato di crisi. Ne consegue che il rimborso deve considerasi ripetibile. Infatti, gli stessi amministratori potrebbero essere considerati civilmente responsabili se, nel corso della vita della società, rimborsassero i finanziamenti dei soci e siffatto rimborso fosse determinato da un errore di valutazione della situazione societaria o da un comportamento doloso 32. Tuttavia, altra dottrina ha osservato che la fattispecie dell indebito oggettivo richiede l assenza di un titolo che giustifichi il pagamento, mentre, nel caso di specie, il titolo esiste, è liquido, esigibile e certo 33. Il rimborso non è condizionato alla presenza di liquidità per la soddisfazione dei creditori sociali, ma alla sopraggiunta dichiarazione di fallimento. Appare, dunque, preferibile ritenere che l art c.c. preveda una nuova figura di revocatoria ex lege, posto che l unica differenza fra le due ipotesi consiste nella conoscenza della situazione di crisi. Nel caso dell art c.c. questa è presunta iuris et de iure dal legislatore, cosicché il curatore non dovrebbe dimostrare la conoscenza del socio dello stato d insolvenza della società. E pur vero che la prova della conoscenza dello stato di 32 Presti, OP. CIT., 116 ss 33 Zoppini, OP. CIT., 19 ss.

12 PAG. 12 insolvenza da parte del socio di s.r.l. non dovrebbe presentare particolari problemi, dato il potere di controllo che lo stesso detiene sullo svolgimento dell attività societaria. La stabilità degli effetti del rimborso si manifesta una volta decorso l anno dalla dichiarazione di fallimento della società, in quanto le uniche azioni proponibili sono quelle dell art c.c. e 65, l. fall.. La funzione della restituzione risiede, infatti, nel ripristino della par condicio, in quanto la restituzione del rimborso è strumentale all applicazione della regola della postergazione nel concorso fra più creditori. La restituzione della somma consente di allargare l attivo residuo su cui i creditori sociali possono far valere le proprie ragioni. 7. L emissione di titoli di debito Come si è detto, la riforma incentiva nuove forme di finanziamento per le piccole e medie imprese, preservando il carattere di società chiusa e personale del modello sociale della s.r.l.. In quest ottica vanno lette le disposizioni dell art c.c.. L art consente alla s.r.l. l emissione di titoli di debito, vietata invece dalla previgente disciplina (art. 2486, comma 3, c.c.) 34. Il divieto rappresentava il riflesso della volontà del legislatore di precludere alle srl la possibilità di ricorrere al mercato dei capitali. La s.r.l. veniva dunque considerata incompatibile con la raccolta di risorse finanziarie presso il pubblico dei risparmiatori, in quanto le caratteristiche della s.r.l. l esiguità del capitale minimo, minor rigore delle forme di pubblicità e di controllo degli atti gestionali, la possibilità di una più accentuata personalizzazione della sua struttura non sembravano offrire, secondo il legislatore del 42, piene garanzie di solvibilità. La legge consentiva alle sole s.p.a. e s.a.p.a. di emettere obbligazioni, sul presupposto che la struttura di dette società fosse, per solidità organizzativa e patrimoniale, maggiormente idonea a fornire le garanzie che questa operazione necessitava 35. La struttura privata della s.r.l. implica, però, la necessità che gli operatori finanziari deputati a comprendere e valutare il rischio dell investimento siano i soli capaci di offrire idonee garanzie di solidità patrimoniale al mercato e, in particolare, ai terzi acquirenti dei titoli di debito che non siano, a loro volta, investitori o soci della società. La raccolta di capitale di debito è infatti riservata ad operatori professionali, soggetti a vigilanza prudenziale 36. Il legislatore non prevede l entità e il limite temporale della garanzia prestata dagli investitori professionali. Ciò nonostante, si deve ritenere che siffatta garanzia di solvenza operi nei confronti di tutti i soggetti che non ottengano dalla società il rimborso dei titoli di debito (su cui v. infra 9). 34 ALLE SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA NON È CONSENTITA L EMISSIONE DI OBBLIGAZIONI. 35 NEL PENSIERO DEL LEGISLATORE DEL 42 LA S.R.L. ERA UN TIPO SOCIETARIO DESTINATO ALLA GESTIONE PREVALENTEMENTE SU BASE FAMILIARE DI IMPRESE DI PICCOLE E MEDIE DIMENSIONI. 36 LA DIRETTIVA MIFID 2006/73/CE DISTINGUE TRE DIVERSE CATEGORIE DI INVESTITORI, RIPENSANDO ANCHE LA DEFINIZIONE DI OPERATORE QUALIFICATO PREVISTA DALL ART. 31 REGOLAMENTO INTERMEDIARI CONSOB N SONO, INFATTI, INDIVIDUATE TRE DISTINTE CATEGORIE DI INVESTITORI, ANCHE DEFINITI CLIENTI: CLIENTI AL DETTAGLIO, CLIENTI PROFESSIONALI E CONTROPARTI QUALIFICATE. SECONDO LA DEFINIZIONE DELLA DIRETTIVA MIFID SI DEFINISCE PROFESSIONALE IL CLIENTE CHE POSSIEDE L ESPERIENZA, LE CONOSCENZE E LA COMPETENZA NECESSARIE PER PRENDERE LE PROPRIE DECISIONI IN MATERIA DI INVESTIMENTI E VALUTARE CORRETTAMENTE I RISCHI CHE ASSUME. LA NOZIONE DI CLIENTE PROFESSIONALE COMPRENDE QUINDI GLI ENTI CREDITIZI, LE IMPRESE DI INVESTIMENTO, LE IMPRESE DI ASSICURAZIONE, GLI O.I.C.R. (ORGANISMI DI INVESTIMENTO COLLETTIVO DEL RISPARMIO), LE S.G.R. (SOCIETÀ DI GESTIONE DEL RISPARMIO), I FONDI PENSIONE, I GOVERNI NAZIONALI E REGIONALI, GLI ENTI PUBBLICI INCARICATI DELLA GESTIONE DEL DEBITO PUBBLICO, LE BANCHE CENTRALI, LE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI E SOPRANAZIONALI. ALLO STESSO MODO LA NOZIONE DI CLIENTE PROFESSIONALE PUÒ ESSERE ATTRIBUITA ANCHE A IMPRESE PRIVATE E PERSONE FISICHE A PATTO CHE LE STESSE RISPETTINO DETERMINATI PARAMETRI.

13 PAG. 13 La disposizione dell art è dunque coerente con la previsione dell art che ribadisce la vocazione chiusa della s.r.l. affermando che «le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni, né possono essere oggetto di sollecitazione all investimento» e consentendo la personalizzazione del rapporto sociale, con la facoltà riconosciuta ai soci di decidere l attribuzione a uno o più di essi di particolari diritti, a prescindere dal conferimento effettuato. 8. La categoria dei titoli di debito L art fa riferimento ai titoli di debito, ma nulla è detto quanto al contenuto concreto di questi titoli. Nell ambito dell ordinamento, un riferimento esplicito alla categoria dei titoli di debito lo si rinviene solamente all art. 1 del d.lgs. 58/98, ove si precisa che i titoli di debito, le obbligazioni e i titoli di Stato costituiscono una species del genere degli strumenti finanziari 37. Pertanto, la ricerca di un contenuto di tali titoli deve prendere le mosse da alcune considerazioni di fondo. Innanzitutto, l espressione «titolo di debito» significa che il titolo deve essere rappresentativo di un debito, contratto dall emittente nei confronti del sottoscrittore, che comporta un obbligo di restituzione della prestazione all investitore; ciò implica che il rapporto sottostante deve essere un contratto di mutuo o a causa mista. Tale rapporto non può esaurirsi nella sola categoria delle obbligazioni, così come disciplinate dal legislatore agli artt ss.. Tuttavia, nonostante la differenza di disciplina e di modello legale tra s.p.a. e s.r.l., appare inevitabile fare riferimento alla categoria delle obbligazioni nel delineare un contenuto positivo dei titoli di debito. L identificazione del contenuto dei titoli di debito non potrà prescindere, poi, dalla premessa del carattere privato della s.r.l. e della rilevanza centrale della persona del socio all interno della compagine sociale, richiamata dalla stessa relazione governativa. In questo senso, occorre chiedersi se il divieto posto dall art c.c. secondo cui le partecipazioni dei soci non possono essere costituite da azioni, né possono essere oggetto di sollecitazione all investimento riguardi solo le quote di partecipazione sociale, o anche gli strumenti finanziari e certe tipologie obbligazionarie. A rendere più difficile individuare concretamente il possibile contenuto dei titoli di debito concorre il fenomeno, attuato dapprima nella prassi e ora formalizzato dal legislatore, della previsione di strumenti ibridi di capitalizzazione. La recente riforma del diritto societario ha segnato il tramonto del precedente modello codicistico relativo alla struttura finanziaria delle società di capitali, costruito sul dualismo tra partecipazione azionaria e obbligazione 38. Ulteriore elemento di complicazione discende dalla scelta di offrire la più ampia libertà ai redattori dello statuto in ordine a fattispecie nuove, che la legge si limita solo ad abbozzare. Alla luce delle considerazioni appena svolte, appare ragionevole sostenere che i titoli di debito ben possono avere un contenuto analogo alle obbligazioni di s.p.a., disciplinate dai primi due commi dell art c.c.. 37 PER "STRUMENTI FINANZIARI" SI INTENDONO: B) LE OBBLIGAZIONI, I TITOLI DI STATO E GLI ALTRI TITOLI DI DEBITO NEGOZIABILI SUL MERCATO DEI CAPITALI. 38 LA RIFORMA DEL DIRITTO DELLE SOCIETÀ HA, INFATTI, APERTO NUOVI SPAZI DI MANOVRA ALL AUTONOMIA STATUTARIA, NEL RISPETTO PERÒ DELLE ESIGENZE PRIMARIE DI TUTELA DEL MERCATO.

14 PAG. 14 Invero, alcuni dubbi sono stati sollevati in dottrina con riferimento alle obbligazioni subordinate e partecipanti, là dove è previsto un diritto di rimborso della somma in favore dell obbligazionista, subordinato all andamento della gestione societaria. La subordinazione o la partecipazione degli obbligazionisti al rischio dell impresa non implica, però, l attribuzione di specifici diritti amministrativi, non rilevando alcuna forma di partecipazione endosocietaria. Ancora è discusso se le obbligazioni convertibili in partecipazioni sociali possano costituire un modello per i titoli di debito. In dottrina sono state prospettate due tesi diverse. Da una parte 39 si confuta l ammissibilità dell emissione di titoli di debito che incorporino la facoltà di conversione in una quota della partecipazione sociale, in quanto ciò costituirebbe elusione del divieto di incorporazione della quota di cui all art c.c.. Infatti, l incorporazione della quota in un titolo consentirebbe la circolazione dello stesso nel mercato e la possibilità dell ingresso di nuovi soggetti all interno della struttura societaria, senza che i soci possano svolgere un attività di controllo. Altra dottrina ritiene, invece, ammissibile l emissione di titoli di debito convertibili in quote partecipative, in quanto ciò non costituirebbe un ipotesi di sollecitazione all investimento: il collocamento dovrebbe avvenire senza un offerta al pubblico e il regolamento di emissione dovrebbe precludere ai sottoscrittori-investitori professionali di trasferire i titoli mediante sollecitazione all investimento 40. Più complessa è la questione dei titoli ibridi di capitalizzazione, ovvero degli strumenti finanziari partecipativi, introdotti dal legislatore con la riforma del La complessità discende dalla molteplicità delle sedi in cui il legislatore analizza e disciplina gli strumenti finanziari nell ambito del codice civile, cosicché è oggettivamente difficile declinare una categoria unitaria degli stessi: insieme agli strumenti finanziari partecipanti all affare (2447-ter c.c.), vi sono gli strumenti partecipativi (art c.c.) e gli strumenti quasi obbligazionari (2411 c.c.). La categoria dei titoli di debito, previsti per la s.r.l., non sembra coincidere con gli strumenti finanziari partecipativi della s.p.a., i quali attribuiscono non solo un diritto alla restituzione del capitale, ma anche una posizione di carattere sociale. Più complessa è la questione relativa agli strumenti finanziari quasi obbligazionari. In primo luogo, vi è l obiettiva difficoltà per l interprete di distinguere questa figura dalla fattispecie obbligazionaria, così come delineata nella prassi. In realtà, gli strumenti finanziari quasi obbligazionari si caratterizzano per accordare il diritto alla restituzione del capitale, anche se questo è parametrato alle sorti economiche della società. L incertezza sul diritto al rimborso non risiede sull an, bensì sul quantum e sul quando. Alla luce di queste considerazioni, si deve ritenere che gli strumenti finanziari quasi obbligazionari, non assumendo un valore organizzativo endosocietario, non attribuiscano poteri amministrativi in grado di influenzare la gestione societaria e, in quanto tali, possano costituire un modello per i titoli di debito della s.r.l.. 39 Spada, L EMISSIONE DEI TITOLI DI DEBITO NELLA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA, RIV. DELLE SOCIETÀ, 2003, 799 ss;patriarca, I TITOLI DI DEBITO DELLA S.R.L. TRA OPPORTUNITÀ E PROBLEMI INTERPRETATIVI,MILANO, 2006, 27 SS; Fimmanò, GLI STRUMENTI FINANZIARI NELLA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA, IN BANCA BORSA E TITOLI DI CREDITO, 2005, I, 101 SS.. 40 Cabras, I TITOLI DI DEBITO, COMMENTARIO A CURA DI PICCOLINI E STAGNO D ALCONTRES, SOCIETÀ DI CAPITALI, NAPOLI, 2004,1697.

15 PAG Analisi della disciplina L art c.c. consente, attraverso apposita previsione statutaria, l emissione di titoli di debito 41 anche alle s.r.l.. La sottoscrizione di tali titoli è riservata a investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale, i quali sono tenuti a garantire il credito nei confronti di tutti i soggetti che non ottengano dalla società il rimborso dei titoli di debito, salva l ipotesi di successiva circolazione dei titoli in capo ai soci o altri investitori istituzionali. L art non indica quale organo sia competente a deliberare l emissione dei titoli di debito, a differenza di quanto previsto dall art 2410 c.c. in tema di emissione di titoli obbligazionari 42 nelle s.p.a.. Spetta, pertanto, all atto costituivo stabilire se tale potere competa all organo amministrativo o ai soci, nonché la maggioranza richiesta, ai fini della validità della delibera. In assenza di specifica disposizione, si dovrebbe applicare in via suppletiva l art c.c., in forza del quale la competenza può essere riconosciuta all organo amministrativo, secondo le modalità e le maggioranze previste per le altre scelte di carattere gestionale 43. L art c.c. rimette poi all atto costituivo la facoltà di inserire dei limiti all emissione dei titoli di debito. Se si volge lo sguardo alla disciplina delle obbligazioni, in particolare all art. 2412, comma 2 c.c., si osserva un analogia tra la suddetta disciplina e l emissione dei titoli di debito nelle s.r.l.. Infatti, tale norma consente alle s.p.a. di emettere obbligazioni per una somma eccedente il doppio del capitale sociale e delle riserve legali e disponibili, a patto che le stesse siano acquisite da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale e che gli stessi rispondano della solvenza della società. Di conseguenza l assenza di un limite quantitativo all emissione di titoli di debito trova spiegazione nel ruolo di garanzia svolto dagli intermediari soggetti a vigilanza prudenziale, in ipotesi di insolvenza della società emittente, cosicché il legislatore non ha ritenuto opportuno prevedere anche un limite alla libertà della società di emettere titoli di debito 44. L art c.c. non prevede la costituzione di un organizzazione di categoria per i sottoscrittori dei titoli di debito, diversamente da quanto previsto dalla disciplina in materia di obbligazioni di s.p.a.. Al contrario, il comma 3 dell articolo prevede che, previo il consenso della maggioranza dei sottoscrittori dei titoli di debito, le condizioni del prestito e le modalità di rimborso possano 41 SI TRATTA DI TITOLI DI MASSA, IN QUANTO SONO EMESSI IN SERIE NELL AMBITO DI UNA OPERAZIONE FINANZIARIA LA CUI CAUSA È COSTITUITA DA UNA UNICA OPERAZIONE ECONOMICA. 42 Spada, CLASSI E TIPI DI SOCIETÀ DOPO LA RIFORMA ORGANICA, IN RIV. DIR.CIV., 2003, I, 489 SS.- SOTTOLINEA PERÒ CHE L AFFRANCAMENTO DELLA DISCIPLINA DELLA S.R.L. DA QUELLA DELLE S.P.A. NON INFICIA L APPARTENENZA DELLE S.R.L. ALLA FAMIGLIA DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI. SULLA SCELTA LESSICALE EFFETTUATA DAL LEGISLATORE È CRITICO Di Sabato, STRUMENTI DI PARTECIPAZIONE A SPECIFICI AFFARI CON PATRIMONI SEPARATI E OBBLIGAZIONI SOTTOSCRITTE DAGLI INVESTITORI FINANZIARI, IN BANCA, BORSA E TITOLI DI CREDITO, 2004, I, 29 IL QUALE NON COMPRENDE LA DIFFERENZA TRA I TITOLI DI DEBITO E LE OBBLIGAZIONI DI S.P.A. COSÌ CONTESTANDO IL RICORSO A UN TERMINE PIÙ AMPIO, SOLO NELLA FORMA E NON NELLA SOSTANZA. 43 I DATI STATISTICI MOSTRANO UNA CERTA DIFFIDENZA DA PARTE DELLE SOCIETÀ A PREVEDERE SIFFATTA FACOLTÀ. DA UNA PRIMA INDAGINE, PUBBLICATA SUL SITO DOCUMENTO N. 54 SI EVIDENZIA COME SOLTANTO IL 7% DELLE SOCIETÀ ABBIA INTRODOTTO QUESTA PREVISIONE STATUTARIA. 44 LA DIFFERENZA TRA L EMISSIONE DI TITOLI DI DEBITO E EMISSIONE OBBLIGAZIONARIA CONSISTE NEL FATTO CHE, NEL PRIMO CASO LA NORMA È IMPERATIVA, IN QUANTO PRESCRIVE CHE SOTTOSCRITTORI DI QUESTI TITOLI POSSANO ESSERE SOLAMENTE GLI INVESTITORI QUALIFICATI, MENTRE NELLA SECONDA IPOTESI QUESTA È SOLO UNA FACOLTÀ ULTERIORE CHE VIENE CONCESSA ALLA SOCIETÀ EMITTENTE, CHE PUÒ INVECE RIVOLGERSI DIRETTAMENTE AL PUBBLICO MERCATO - Campobasso, I TITOLI DI DEBITO DELLE S.R.L. FRA AUTONOMIA PRIVATA E TUTELA DEL RISPARMIO, IN IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ, III, 2007, 747 SS. I TITOLI DI DEBITO COSTITUISCONO, INFATTI, UNA RACCOLTA DEL RISPARMIO, MA NON GIÀ PRESSO IL PUBBLICO DEI RISPARMIATORI, MA SOLAMENTE PRESSO INVESTITORI PROFESSIONALI.

16 PAG. 16 essere modificate dalla società. Ciò non esclude che nell atto costitutivo si possa prevedere la creazione di un organizzazione dei titolari di titoli di debito, sulla falsariga di quanto previsto nell ambito delle s.p.a.. La previsione di un organizzazione dei sottoscrittori dei titoli di debito non appare necessaria nella s.r.l., in quanto il numero dei sottoscrittori può essere relativamente modesto, essendo l emissione dei titoli di debito rivolta ai soli investitori istituzionali, i quali restano i soli responsabili dell inadempimento della società. In caso di successiva circolazione dei titoli di debito presso cessionari non qualificati, la responsabilità per la solvenza è sempre in capo all investitore istituzionale. La garanzia di solvenza opera nei confronti di tutti i successivi acquirenti, salvo che il trasferimento avvenga a favore di investitori professionali o dei soci della società emittente. In questa seconda ipotesi si dovrà verificare se, in concreto, la cessione ai soci dei titoli di debito possa costituire elusione dell art c.c.. Nel caso di specie occorre analizzare il rapporto tra capitale di debito e capitale di credito al momento dell emissione dei titoli di debito con un vincolo soggettivo alla circolazione. Il rischio consiste nel manifestarsi in via indiretta di un fenomeno di sottocapitalizzazione nominale, senza che possa trovare applicazione la duplice regola della postergazione e del rimborso del finanziamento. Da un punto di vista economico, la garanzia di solvenza del prestito comporta un aumento dei costi del servizio, posto che gli intermediari dovranno adottare misure di prevenzione più costose e forse risarcire danni più ampi di quelli cui sarebbero tenuti per il solo inadempimento di obblighi informativi dell intermediario 45. Al fine di ridurre tali costi, appare peraltro sempre possibile limitare il trasferimento dei titoli di debito ai soli investitori professionali e ai soci della società emittente, attraverso la previsione nello statuto di una clausola che preveda limiti alla circolazione dei titoli di debito ai sensi dell art c.c.. Il costo complessivo dell operazioni di emissione dovrebbe però essere mitigato dalla riconduzione nell ambito della raccolta privata del risparmio dell emissione di titoli di debito. Il ruolo degli investitori istituzionali implica, infatti, l inutilità di misure di protezione per l investitore, quale il prospetto informativo. Un investitore istituzionale dovrebbe essere meglio in grado di valutare il rischio dell investimento e la solvibilità dell impresa. Le ipotesi di offerta indiretta, ovvero i casi in cui l intermediario acquisti titoli da un emittente con l intento di ridistribuirli tra il pubblico non sembrano porre particolari problemi sotto il profilo della tutela dei soggetti coinvolti. La sollecitazione all investimento è privata se l investimento in valori mobiliari non è funzionale a un collocamento dei valori medesimi tra il pubblico dei risparmiatori. Se detti valori sono sottoscritti o acquisiti con l intenzione di procedere, subito dopo o una volta decorso un periodo di tempo, alla distribuzione tra i risparmiatori, anche l originaria sollecitazione dovrà essere qualificata come pubblica. 45 IN QUESTO SENSO SI PUÒ UTILIZZARE COME PARAMETRO DI RIFERIMENTO L AMPIO CONTENZIOSO INNESCATO DAI DEFAULT CIRIO E PARMALAT, LÀ DOVE ALCUNE PRONUNCE DEI TRIBUNALI DI MERITO HANNO DETERMINATO LA NULLITÀ DEI CONTRATTI SOTTOSCRITTI DAGLI INVESTITORI RETAIL PER VIOLAZIONE DI OBBLIGHI INFORMATIVI, DA PARTE DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI. QUESTA SCELTA INTERPRETATIVA DI PARTE DELLA GIURISPRUDENZA IMPLICA CHE L INVESTITORE RECUPERA TUTTA LA SOMMA INVESTITA CON L AGGIUNTA DEGLI INTERESSI LEGALI, ANDANDO, COSÌ, IMMUNE DALLE POSSIBILE PERDITE PATRIMONIALI, DIRETTA CONSEGUENZA DI UN OPERAZIONE EFFETTUATA IN UN MOMENTO DI ANDAMENTO NEGATIVO DEL MERCATO. IL RISCHIO CHE DISCENDE DA QUESTE SOLUZIONI CONSISTE NELL INCENTIVARE COMPORTAMENTI OPPORTUNISTICI DA PARTE DELLA CLIENTELA RETAIL CON EFFETTI DIROMPENTI SUL COSTO DELL EMISSIONE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI, PER IL SOGGETTO EMITTENTE.

17 PAG. 17 La responsabilità solidale che grava sull intermediario professionale dovrebbe scoraggiare possibili comportamenti opportunistici nell ipotesi di successivo collocamento dei titoli presso investitori retail, in assenza di un prospetto informativo e di una chiara descrizione della natura dell investimento e del rischio sotteso, rendendo inutile ricorrere alla figura dell offerta indiretta, a cui ha fatto richiamo invece parte della giurisprudenza di merito nelle controversie sorte dopo il crac Cirio e Parmalat. In tal senso il nuovo art. 100-bis TUF, così come modificato dal legislatore, prevede che, se entro 12 mesi dal collocamento riservato a investitori professionali, gli strumenti finanziari vengano sistematicamente rivenduti al pubblico, sempre che siano superati anche i limiti quantitativi di esenzione previsti dall articolo 100 TUF, si presume l esistenza di una sollecitazione. IL DIRETTORE GENERALE Micossi Sede di ROMA Piazza Venezia 11 - tel fax / Ufficio di MILANO Milano - Via Santa Maria Segreta 6 - tel fax Ufficio di BRUXELLES Bruxelles - Rue Belliard tel fax assonime@assonime.it

18 CC art Finanziamenti dei soci Finanziamenti dei soci. Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito. Ai fini del precedente comma s'intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento (1) (1) Il Capo VII del Titolo V del Libro V, comprendente in origine gli articoli da 2472 a 2497-bis, è stato così sostituito, a decorrere dal 1 gennaio 2004, con l'attuale Capo VII, comprendente gli articoli da 2462 a 2483, dall'art. 3, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6. Il testo del presente articolo in vigore prima della sostituzione disposta dal suddetto decreto legislativo è riportato nella nota al capo VI.

19 CC art Emissione di titoli di debito Emissione di titoli di debito. Se l'atto costitutivo lo prevede, la società può emettere titoli di debito. In tal caso l'atto costitutivo attribuisce la relativa competenza ai soci o agli amministratori determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie per la decisione. I titoli emessi ai sensi del precedente comma possono essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali. In caso di successiva circolazione dei titoli di debito, chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima. La decisione di emissione dei titoli prevede le condizioni del prestito e le modalità del rimborso ed è iscritta a cura degli amministratori presso il registro delle imprese. Può altresì prevedere che, previo consenso della maggioranza dei possessori dei titoli, la società possa modificare tali condizioni e modalità. Restano salve le disposizioni di leggi speciali relative a particolari categorie di società e alle riserve di attività (1) (1) Il Capo VII del Titolo V del Libro V, comprendente in origine gli articoli da 2472 a 2497-bis, è stato così sostituito, a decorrere dal 1 gennaio 2004, con l'attuale Capo VII, comprendente gli articoli da 2462 a 2483, dall'art. 3, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6. Il testo del presente articolo in vigore prima della sostituzione disposta dal suddetto decreto legislativo è riportato nella nota al capo VII.

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