Gioco d'azzardo patologico
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1 Gioco d'azzardo patologico Massimiliano Pomponi Introduzione I disturbi da gioco d'azzardo (gambling disorders), in cui rientrano il gioco d'azzardo patologico e il gioco d'azzardo problematico, hanno ricevuto sempre più attenzione da quando sono aumentate vorticosamente le opportunità di "gioco a scommettere". Il seminario monografico, pubblicato sulla prestigiosa rivista di medicina The Lancet nel maggio 2011, ne è una prova. I disturbi da gioco d'azzardo riguardano fino a il 5% della popolazione adulta mondiale, con variazioni correlate ai metodi di rilevazione e alle opportunità legali di gioco. Il gioco a scommettere risale a epoche antiche ed è presente in ogni cultura della nostra specie. Le attuali attività che rientrano nel gioco d'azzardo variano dalle scommesse sui risultati sportivi, alla partecipazione ai casinò (reali o virtuali) e agli ambienti di gioco d'azzardo online, legalizzati. Persino stati che non permettono ai propri cittadini, per motivi religiosi o culturali, l'accesso ai casinò (Cina, Malesia, Corea del Sud), ne consentono la frequentazione ai turisti stranieri, per ovvi motivi di guadagno. Benché la gran parte delle persone riesca a partecipare senza gravi coinvolgimenti a queste attività ludiche socialmente riconosciute, alcuni ne diventano eccessivamente coinvolti, in termini di tempo impiegato e denaro investito, non riuscendo a smettere nonostante sostanziali conseguenze negative di tipo personale, familiare, sociale e finanziario. Strumenti di rilevazione e valutazione Nelle pubblicazioni internazionali sono studiati il gioco d'azzardo patologico e il gioco d'azzardo problematico. Il primo ha una diagnosi medica, di tipo psichiatrico, basata sui criteri del DSM-IV-TR (1994) e dell'icd-10, all'interno dei disturbi del controllo degli impulsi, a partire dal 1980 con il DSM-III. Il secondo è considerato una forma meno grave, è definito in maniera meno formalizzata, ma è presente in diversi test di valutazione diagnostica. Le stime sulla percentuale di diffusione del disturbo da gioco d'azzardo patologico nella popolazione adulta degli Stati Uniti variano da 0,4 a 1,1%, ma superano il 3% se si includono i giocatori problematici (problem gamblers: che pur non rientrando completamente nei criteri diagnostici codificati, presentano il problema, a un livello meno eclatante). Esistono vari strumenti di screening e valutazione. In base ai criteri diagnostici del DSM-III venne formulata la scala SOGS (South Oaks Gambling Screen); uno strumento più conciso (9 item) è il Problem Gambling Severity Index, che stabilisce tre livelli di gravità; un terzo strumento è la NODS a 17 item (National Opinion Research Center DSM-IV Screen for Gambling Problems). Questi test sono stati sviluppati per valutare popolazioni su larga scala o per rendere obiettivabili i risultati di trial farmacologici, come la Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale Modified for Pathological Gambling o l'autosomministrata Gambling Symptom Assessment Scale. Per una valutazione più completa e multidimensionale, la GAMTOMS (Gambling Treatment Outcome Monitoring System) aggiunge alla scala SOGS altre variabili come l'area della salute mentale, della motivazione, dei problemi finanziari e legali. A mio avviso, rispetto a tutte le scale utilizzabili, premessa fondamentale rimane la costituzione di un rapporto di fiducia tra la persona e il clinico di riferimento,
2 ancor di più se si considera la propensione, da parte dei gamblers, a sottovalutare o negare le problematiche conseguenti al gioco d'azzardo patologico. Fattori di rischio e associazioni statistiche Negli ultimi venti anni i ricercatori hanno identificato diversi fattori di rischio predittivi dei disturbi da gioco d'azzardo. La giovane età, il genere maschile, un basso livello socio-economico e lo stato di separato/divorziato sono considerati fattori di rischio generali. Più specificatamente gli slot machine gamblers tendono a essere donne più anziane con altre problematiche psichiatriche associate e insorgenza di gioco d'azzardo tardiva; invece gli sport gamblers tendono ad essere giovani maschi con altre dipendenze patologiche concomitanti. I disturbi da gioco d'azzardo sono altamente collegati ad altri disturbi psichiatrici. Secondo lo studio NESARC (National Epidemiologic Survey on Alcohol and Related Conditions, il più grande studio di epidemiologia psichiatrica), l'associazione più tipica è quella con l'abuso di sostanze (rischio 6 volte maggiore di soffrire di alcolismo rispetto alla popolazione non-gambler). Fortemente associati sono anche i disturbi dell'umore: depressione maggiore e disturbo distimico (3 volte più presenti tra i gamblers) ed episodi maniacali (8 volte più presenti rispetto ai non-gamblers). Spesso associati, prevedibilmente, anche i disturbi d'ansia (molto comuni già nella popolazione generale, come sintomo aspecifico di malessere psichico). Dal mio punto di vista, tutte queste associazioni statistiche risulterebbero globalmente più comprensibili se ci soffermassimo di più sugli organizzatori di personalità (Asse II), piuttosto che principalmente sull'elenco dei sintomi e dei disturbi in Asse I. Alcuni peculiari modi di essere al mondo sono più attratti dal rischio, più orientati all'impulsività e più tipicamente portati a sottovalutare le conseguenze a lungo termine delle proprie azioni, in una concezione del tempo vissuto come un eterno presente. Le associazioni epidemiologiche rilevano infatti che il rischio di avere un disturbo di personalità in associazione al gioco d'azzardo patologico è 8 volte maggiore rispetto ai non giocatori. Un altro ampio studio sui disturbi mentali negli Stati Uniti (NCS-R, National Comorbidity Survey Replication) ha ottenuto per la prima volta dati retrospettivi rispetto all'insorgenza del disturbo da gioco d'azzardo, dimostrando che i disturbi psicologici e psichiatrici (soprattutto i disturbi dell'umore) precedono nel 74% dei casi la comparsa del gioco d'azzardo patologico, mentre nel caso dell'abuso di sostanze, il gioco d'azzardo tende ad essere un fattore di rischio predittivo. Aspetti neurocognitivi e neurobiologici Il gioco d'azzardo problematico è caratterizzato da comportamenti impulsivi come rincorrere indefinitamente la vincita dopo una serie di sconfitte e l'incapacità a fermarsi, sottovalutando rischi e conseguenze dannose a lungo termine. Comprensibilmente risultano associati a questi comportamenti deficit di capacità d'inibizione, deficit di memoria, di pianificazione, di flessibilità cognitiva e di valutazione dello scorrere del tempo, che sul piano neuroradiologico si manifestano in una diminuita attivazione dell'area ventromediale e ventrolaterale della corteccia prefrontale in alcuni giocatori problematici. Gli studi su questi aspetti sono però solo orientativi e possono essere influenzati da fattori confondenti, come gli altri aspetti psichiatrici tipicamente compresenti. Infatti, anche sul piano neurobiologico, prove crescenti dimostrano un coinvolgimento di molteplici sistemi neurotrasmettitoriali (dopaminergico, serotoninergico, noradrenergico, oppioidergico) nella fisiopatologia dei disturbi da gioco d'azzardo. L'alterazione nel sistema dopaminergico (area mesolimbica, ventrotegmentale e nucleo accumbens) potrebbe veicolare la ricerca incessante di
3 gratificazione (reward) dopo vincite e sconfitte. Ma, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe dai risultati degli studi di neurofisiopatologia, farmaci antagonisti dei recettori D 2 /D 3 possono aumentare il craving e i comportamenti relativi al gioco in giocatori d'azzardo patologici, e non hanno effetti positivi accertati nel trattamento (Zack e Poulos, 2007). Risulta anche associata un'alterata risposta del sistema serotoninergico: alcuni studi dimostrano una diminuita presenza di metaboliti della serotonina nel liquido cerebrospinale di giocatori patologici, ma anche una risposta eccessiva, apparentemente contraddittoria, al trattamento con farmaci serotoninergici (Potenza, 2001). Gli attuali risultati neuroscientifici, aldilà di potenziali implicazioni in ambito di ricerca, sembrano indicare che l'approccio integrato e globale alla persona, piuttosto che lo studio approfondito del singolo sintomo, rimane il metodo più utile sul piano clinico, anche per questo disturbo, che sembra presentarsi in maniera eterogenea e persino contraddittoria sul piano neurofisiopatologico. Fattori ambientali Fattori ambientali possono contribuire allo sviluppo di questi disturbi. La disponibilità di situazioni e strutture adibite al gioco facilmente accessibili e l'esposizione precoce, già dalla preadolescenza, ad ambienti di gioco d'azzardo sono importanti fattori favorenti. Per quanto riguarda invece la storia personale possono essere associati fattori di rischio comuni ad altre problematiche psichiatriche rilevanti, come esperienze traumatiche, maltrattamenti e abusi durante l'infanzia. Due sono i modelli teorici più pubblicati per spiegare i disturbi da gioco d'azzardo: il modello bio-psico-sociale e il "patways model", che potremmo chiamare modello a percorsi. Secondo questo modello esisterebbero 3 percorsi diversi che condurrebbero allo sviluppo dello stesso disturbo: il percorso da "comportamento condizionato", che sarebbe favorito dalla frequente esposizione a situazioni di gioco d'azzardo; il percorso da "vulnerabilità emozionale", per cui la persona soffrirebbe dapprima di ansia e depressione; e quello da "impulsività antisociale", in cui preesisterebbero nella persona caratteristiche di impulsività-antisocialità e il gioco d'azzardo si svilupperebbe come attività eccitante, insieme ad altre situazioni rischiose tipicamente vissute dai soggetti con questi tratti di personalità. Questo modello, peccando di riduttivo schematismo, sottolinea però l'eterogeneità e la multifattorialità eziologica del disturbo. A confermare, dal mio punto di vista, che l'approccio clinico ex novo al paziente-persona, senza troppi pregiudizi teorico-culturali, è più adatto a cogliere la complessità delle storie individuali e familiari. Terapie Solo il 10% degli individui con disturbo da gioco d'azzardo ricercano trattamento specialistico, come per altri disturbi dell'area "dipendenza". Nessuna terapia farmacologica ha ricevuto approvazione specifica per il trattamento di questo disturbo. Tutti gli studi scientifici controllati con placebo finora pubblicati (con oppioido-antagonisti, agenti glutammatergici, antidepressivi, equilibratori dell'umore e antipsicotici) tendono a riportare un forte effetto placebo. I farmaci antagonisti dei recettori per gli oppioidi sono stati utilizzati considerando il loro effetto di modulazione della trasmissione dopaminergica nell'area mesolimbica. Attualmente quattro studi in doppio cieco su naltrexone e nalmefene suggeriscono alcuni potenziali risultati positivi nel ridurre l'intensità dell'urgenza al gioco, i pensieri ricorrenti sul gioco e i comportamenti impulsivi verso il gioco d'azzardo.
4 Esistono, e sono sempre più comuni, gruppi di psicoterapia e gruppi di autoaiuto per il disturbo da gioco d'azzardo. Il primo gruppo Gamblers Anonymous (GA) è stato fondato nel 1957 a Los Angeles. Questo gruppo riprende, modificato, il modello dei 12 passi degli Alcolisti Anonimi. Alcuni dati provenienti da studi di correlazione suggeriscono che i pazienti che frequentano il gruppo "GA" tendono a raggiungere risultati migliori di quelli che non frequentano il gruppo, anche nel caso in cui sia associato un trattamento specialistico professionale. Esistono studi anche sulla terapia familiare, ma in questo ambito il modello "auto-aiuto" non sembra essere efficace quanto quello della psicoterapia. Anche in questo caso, l'approccio direzionato sul singolo disturbo potrebbe essere il vero fattore confondente. L'approccio combinato farmacologico e psicosociale potrebbe ottenere risultati più nettamente significativi, ma restano carenti in letteratura studi con questo modello integrato, indubbiamente più difficile da "standardizzare" e pubblicare. Inoltre l'approccio "globale" permetterebbe l'utilizzo dei farmaci mirato a migliorare gli effetti degli organizzatori patologici di personalità alla base dei fenomeni sintomatologici più eclatanti. Onclusioni A prescindere dagli orientamenti teorici, in base alle attuali conoscenze, si può affermare che per affrontare il disturbo da gioco d'azzardo patologico non è possibile prescindere dalla valutazione complessiva della persona, considerata l'elevata frequenza di altre problematiche psichiatriche precedenti e concomitanti. Un approccio terapeutico di tipo più flessibile, meno irrigidito sul "setting", e che punti anche a obiettivi intermedi, prima del raggiungimento della totale astensione, sembrerebbe favorire, almeno inizialmente, la ricerca di cure da parte dei pazienti gamblers e diminuire i tassi di drop-out. La sfida terapeutica è sempre più ardua, considerata la recente pubblicità, sempre più pressante, di siti per il gioco d'azzardo online, che forniscono rischiose occasioni direttamente da casa propria. Testo a cura di: Massimiliano Pomponi (MD, PhD) - Medico psichiatra, Psicoterapeuta Docente a contratto di psichiatria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Bibliografia Bernstein PL. Against the Gods: the remarkable story of risk. New York: John Wiley & Sons, De Ruiter MB, Veltman DJ, Goudriaan AE, et al. Response perseveration and ventral prefrontal sensitivity to reward and punishment in male problem gamblers and smokers. Neuropsychopharmacology 2009;34: Hodgins DC, Peden N, Cassidy E. The association between comorbidity and outcome in pathological gambling: a prospective follow-up of recent quitters. J Gambl Stud 2005;21: Hodgins DC, Stea JN, Grant JE. Gambling disorders. Lancet 2011 May 18 [Epub ahead of print]. Ladouceur R, Lachance S, Fournier PM. Is control a viable goal in the treatment of pathological gambling? Behav Res Ther 2009;47: Petry NM, Ammerman Y, Bohl J, et al. Cognitive-behavioral therapy for pathological gamblers. J Consult Clin Psychol 2006;74:
5 Potenza MN, Leung HC, Blumberg HP, et al. An FMRI Stroop task study of ventromedial prefrontal cortical function in pathological gamblers. Am J Psychiatry 2003;160: Potenza MN. The neurobiology of pathological gambling. Semin Clin Neuropsychiatry 2001;6: Reuter J, Raedler T, Rose M, et al. Pathological gambling is linked to reduced activation of the mesolimbic reward system. Nat Neurosci 2005;8: Zack M, Poulos CX. A D2 antagonist enhances the rewarding and priming effects of a gambling episode in pathological gamblers. Neuropsychopharmacology 2007;32: focus e commento sul seminario monografico di Hodgins, Stea e Grant pubblicato su The Lancet
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