3435 PARTE PRIMA 3436

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1 3435 PARTE PRIMA 3436 CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; ordinanza 1 ottobre 2014, n ; Pres. ROVELLI, Rel. GIUSTI, P.M. CIC- COLO (concl. conf.); Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato DE SOCIO) c. Asgi - Associazione studi giuridici sull immigrazione e altri (Avv. GUARISO, MAZZA RICCI). Leva militare, servizio volontario e servizio civile Servizio civile Cittadini stranieri Esclusione Questione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 76; d.leg. 5 aprile 2002 n. 77, disciplina del servizio civile nazionale a norma dell art. 2 l. 6 marzo 2001 n. 64, art. 3). Corte costituzionale Ricorso in Cassazione Inammissibilità Questione di particolare importanza Principio di diritto nell interesse della legge Questione di costituzionalità Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 363; l. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, art. 23). Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell art. 3, 1 comma, d.leg. 77/02, nella parte in cui, prevedendo il requisito della cittadinanza italiana, e- sclude i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nello Stato italiano dalla possibilità di essere ammessi a prestare il servizio civile nazionale, in riferimento agli art. 2, 3 e 76 Cost. (1) Nel caso di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse e qualora la questione decisa con il provvedimento impugnato risulti di particolare importanza, la Cassazione, ritenendo di voler pronunciare d ufficio il principio di diritto nell interesse della legge, può sollevare una questione di legittimità costituzionale. (2) Ritenuto in fatto Il 20 settembre 2011 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale (n. 75, 4ª serie speciale) il bando per la selezione di volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all estero presentati dagli enti inseriti nell albo nazionale. L art. 3 del bando prevede tra i requisiti di ammissione la cittadinanza italiana. Esso recita: «Ad eccezione degli appartenenti ai corpi militari e alle forze di polizia, possono partecipare alla selezione i cittadini italiani, senza distinzione di sesso, che, alla data di presentazione della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo e non superato il ventottesimo anno di età, in possesso dei seguenti requisiti: - essere cittadini italiani (...)». La clausola del bando riproduce la previsione contenuta nell art. 3, 1 comma, d.leg. 5 aprile 2002 n. 77 (disciplina del servizio civile nazionale a norma dell art. 2 l. 6 marzo 2001 n. 64), il quale ammette «a svolgere il servizio civile, a loro domanda, senza distinzioni di sesso i cittadini italiani che, alla data di presentazione della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e non superato il ventottesimo» Il sig. Syed Shahzad Tanwyr è un cittadino pakistano di venticinque anni che da quindici anni vive in Italia: qui ha completato la scuola secondaria, di primo e di secondo grado, e attualmente frequenta l università. Egli ha presentato la domanda di ammissione al servizio civile presso la Caritas ambrosiana rimanendo in attesa di risposta ma venendo a sapere dai responsabili dell ente che non avrebbe potuto essere inserito nella graduatoria ai fini della selezione in quanto privo della cittadinanza italiana In data 21 ottobre 2011 il sig. Syed Shahzad Tanwyr, l Asgi - Associazione studi giuridici sull immigrazione e l Apn - Avvocati per niente Onlus hanno presentato dinanzi al Tribunale di Milano, sezione lavoro, un ricorso ai sensi dell art. 44 d.leg. 25 luglio 1998 n. 286 (t.u. delle disposizioni concernenti la disciplina dell immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero), denunciando la natura discriminatoria della clausola n. 3 del predetto bando, nella parte in cui ammette alla selezione i soli cittadini italiani. Si è costituita la presidenza del consiglio dei ministri, resistendo. Con ordinanza depositata il 12 gennaio 2012, la sezione lavoro del Tribunale di Milano ha dichiarato il carattere discriminatorio dell art. 3 del bando, là dove richiede tra i requisiti e le condizioni di ammissione il possesso della cittadinanza italiana, e ha ordinato alla presidenza del consiglio dei ministri (a) di sospendere le procedure di selezione, (b) di modificare il bando nella parte in cui richiede il requisito della cittadinanza italiana, consentendo l accesso anche agli stranieri soggiornanti regolarmente in Italia, e (c) di fissare un nuovo termine per la presentazione delle domande L amministrazione ha proposto appello deducendo: il difetto di giurisdizione con riferimento all ordine, impartito dal giudice ordinario, di sospendere la procedura e di emettere un nuovo bando di selezione con riapertura dei termini per la presentazione delle domande da parte degli stranieri; l illegittimità della decisione nel merito, in quanto l esclusione degli stranieri è imposta dall art. 3 d.leg. n. 77 del 2002, il quale espressamente prevede tra i requisiti di ammissione al servizio civile la cittadinanza italiana, sicché il tribunale avrebbe potuto, al più, rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale della norma stessa; la manifesta infondatezza, in ogni caso, del dubbio di legittimità costituzionale, essendo il servizio civile una forma di adempimento volontario del dovere di difesa della patria (Corte cost. n. 228 del 2004, Foro it., 2004, I, 2953), riservato ai soli cittadini. Il gravame è stato resistito dagli appellati Dopo avere sospeso, ai sensi degli art. 431 e 283 c.p.c., «l ordine di sospensione delle procedure di selezione» e «ogni conseguente pronuncia ordinatoria derivante», la sezione lavoro della Corte d appello di Milano, con sentenza depositata in cancelleria il 22 marzo 2013, ha respinto l impugnazione della presidenza del consiglio dei ministri La corte di Milano ha in primo luogo osservato che, poiché rientra nella giurisdizione del giudice ordinario anche la cognizione del comportamento discriminatorio consistente nell emanazione di un atto amministrativo, il giudice è abilitato a decidere la controversia valutando il provvedimento amministrativo denunciato, disattendendolo, tamquam non esset, e a- dottando i conseguenti provvedimenti idonei a rimuoverne gli effetti. Questa opzione interpretativa hanno soggiunto i giudici del gravame è stata confermata dall art. 28 d.leg. 1 settembre 2011 n. 150 (disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell art. 54 l. 18 giugno 2009 n. 69), applicabile dal 6 ottobre 2011, il quale prevede che, con l ordinanza che definisce il giudizio, il giudice può a- dottare, anche nei confronti della pubblica amministrazione, o- gni provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti della condotta o dell atto discriminatorio pregiudizievole. Nel merito, la corte d appello sostiene che il servizio civile nazionale ha assunto una propria fisionomia a seguito della sospensione dell obbligatorietà del servizio di leva. Il servizio civile risponde infatti ad una idea di difesa della patria che ricomprende attività aventi natura solidaristica, di cooperazione internazionale, di protezione del patrimonio storico, culturale, ambientale ed artistico, di promozione della cultura e della pace tra i popoli. Dalla lettura dell art. 52 Cost. alla luce dell art. 2 Cost. discende un interpretazione evolutiva della nozione di «difesa della patria», suscettibile di essere estesa al campo dei doveri di solidarietà economica e sociale e di tradursi in una sorta di «collaborazione civica» promossa e organizzata dallo Stato al fine di concorrere al progresso materiale e spirituale della società, ai sensi dell art. 4, 2 comma, Cost. La conclusione che ne trae la corte territoriale è che non sussiste alcuna ragionevole correlazione «tra l esclusione dei non cittadini stabilmente residenti nel territorio dello Stato e la finalità perseguita dal legislatore». Secondo la corte territoriale, l «irragionevolezza» ed il «carattere discriminatorio» della scelta di escludere gli stranieri residenti nel nostro paese dalla possibilità di accedere su base volontaria al servizio civile emergono dalla considerazione che l adempimento dei doveri di solidarietà cui fa riferimento l art. 2 Cost. si riferisce a tutti i consociati: tutti coloro che in Italia hanno stabilito la propria permanente residenza sono «parti di una comunità di diritti e di doveri, più ampia e comprensiva di quella fondata sul criterio della cittadinanza in senso stretto» Per la cassazione della sentenza della corte d appello la presidenza del consiglio dei ministri ha proposto ricorso, con atto notificato il 26 settembre 2013, sulla base di tre motivi.

2 3437 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 3438 Il sig. Syed Shahzad Tanwyr, l Asgi - Associazione studi giuridici sull immigrazione e l Apn - Avvocati per niente Onlus hanno resistito con controricorso Con il primo motivo (rubricato «illegittimità della sentenza per motivi attinenti alla giurisdizione, in relazione all art. 360, 1 comma, n. 1, c.p.c.») si deduce che il giudice ordinario avrebbe dovuto pronunciarsi esclusivamente in ordine alle questioni di interesse del ricorrente nei confronti del quale soltanto si è realizzata l effettiva discriminazione. La sentenza della corte d appello, invece, confermando la sospensione delle procedure di selezione e l ordine di modifica del bando e di riapertura dei termini, avrebbe di fatto esteso erga omnes gli effetti della pronuncia, incorrendo in uno straripamento del proprio ambito cognitorio, e non avrebbe considerato che la possibilità di conoscere e disattendere l atto amministrativo asseritamente discriminatorio è riconosciuta entro i consueti limiti della disapplicazione incidentale. Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione dell art. 3 d.leg. n. 77 del 2002, dell art. 1 l. n. 64 del 2001, nonché dell art. 52 Cost., in relazione all art. 360, 1 comma, n. 3, c.p.c.) la presidenza del consiglio dei ministri contesta l assunto, su cui poggia la pronuncia impugnata, che il servizio civile costituirebbe una realtà del tutto scollegata dalla difesa della patria. Richiamata la sentenza n. 228 del 2004 della Corte costituzionale, cit., la ricorrente ritiene che la stretta correlazione tra il servizio civile e quello militare, non venuta meno per il solo fatto che il servizio militare ha perso il carattere di obbligatorietà, confermerebbe l asservimento di entrambi al comune obiettivo della difesa della patria, obiettivo rispetto al quale il primo si pone come alternativo al secondo. Ad avviso dell amministrazione, il perseguimento di finalità solidaristiche non sarebbe rilevante per condurre il servizio civile fuori dall ambito di legittimazione dell art. 52 Cost. La difesa della patria comprenderebbe infatti anche attività di impegno sociale non armato: accanto alla difesa militare, che rappresenta una delle forme di difesa della patria, può ben collocarsi un altra forma di difesa, per così dire «civile». Ciò che rileva ai fini della corretta individuazione del titolo di legittimazione costituzionale del servizio civile non sarebbe tanto la natura oggettivamente solidaristica degli obiettivi tutelati mediante il servizio civile, quanto piuttosto il fatto che detti obiettivi sono assunti come propri dallo Stato in quanto espressione di interessi unitari e nazionali rilevanti per la difesa della patria. La ricorrente esclude che la connotazione non militare degli enti presso cui può essere espletato il servizio civile rilevi al fine dell identificazione della natura del servizio e sottolinea l autonomia del servizio civile nazionale rispetto al servizio civile che può essere istituito dalle regioni. La presidenza del consiglio ritiene, inoltre, che la riserva di cittadinanza in relazione al servizio civile nazionale sia oggetto di una scelta politica non illegittima: la difesa della patria presuppone, infatti, uno stretto rapporto di lealtà tra i cittadini e le istituzioni repubblicane, che, al di fuori di condizioni particolari, non può essere richiesta ad un cittadino straniero. La ricorrente chiede, pertanto, che sia affermato il principio secondo cui l allargamento del servizio civile, ormai non più obbligatorio, a finalità solidaristiche, non ha determinato la «traslazione» del parametro costituzionale dell istituto dall alveo dell art. 52 Cost. a quello dell art. 2 Cost., sicché sarebbe giustificata l esclusione dei non cittadini dal servizio civile, prevista dal bando di selezione per cui è causa, in conformità dell art. 3 d.leg. n. 77 del 2002, norma questa in vigore ed efficace e non in contrasto con i parametri costituzionali. Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione dell art. 1 l. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, nonché della l. 11 marzo 1953 n. 87, in relazione all art. 360, 1 comma, n. 3, c.p.c.) la ricorrente censura che la sentenza impugnata a prescindere dal parametro costituzionale riferibile alla materia in esame, erroneamente identificato nell art. 2 Cost. abbia operato un travalicamento dei limiti propri della potestà giurisdizionale, avendo direttamente disapplicato una norma di legge, l art. 3 d.leg. n. 77 del 2002, anziché rimettere la questione al vaglio della Corte costituzionale La difesa dei controricorrenti ha chiesto il rigetto del ricorso proposto dalla presidenza del consiglio dei ministri, previa eventuale sottoposizione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell art. 3, 1 comma, d.leg. n. 77 del 2002, nella parte in cui prevede il requisito della citta- dinanza italiana al fine di accedere al servizio civile nazionale, per supposto contrasto con gli art. 2, 3 e 76 Cost., quest ultimo in relazione al criterio direttivo contenuto nell art. 2, 3 comma, lett. a), della legge delega per l istituzione del servizio civile In prossimità dell udienza pubblica, la difesa dei controricorrenti ha depositato una memoria illustrativa con la quale ha chiesto che in via principale sia dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere: (a) per avere il sig. Syed acquisito medio tempore la cittadinanza italiana e raggiunto, comunque, l età massima per essere ammesso allo svolgimento del servizio civile nazionale; (b) per avere il bando da cui era originato il contenzioso esaurito i propri effetti secondo le regole invocate dall amministrazione ricorrente, essendo il dispositivo della sentenza della corte d appello intervenuto allorché tutti i giovani cittadini italiani selezionati avevano già concluso il servizio (che, in base all art. 5, 4 comma, l. n. 64 del 2001, ha la durata di dodici mesi). La difesa dei controricorrenti ha depositato documenti comprovanti l intervenuto mutamento dello stato di fatto. All udienza di discussione, l avvocatura erariale, concordando sull intervenuto mutamento dello stato di fatto nei termini indicati dalla difesa dei controricorrenti, ha concluso, in via principale, per l accoglimento del ricorso e, in via incidentale, per la rimessione della questione alla Corte costituzionale. Considerato in diritto Occorre preliminarmente rilevare che il sopravvenuto acquisto da parte della persona fisica ricorrente nel giudizio di merito della cittadinanza italiana e l integrale svolgimento degli effetti dell impugnato bando del 2011 secondo le regole originarie (i giovani italiani selezionati hanno preso servizio nel febbraio 2012, ultimandolo nel febbraio 2013) hanno determinato la sopravvenuta perdita di ogni utilità concreta derivabile alle parti dall accoglimento o dal rigetto del ricorso per cassazione. La vicenda concreta che la clausola del bando oggetto di contestazione era destinata a regolare appare come risulta dai documenti prodotti dai controricorrenti del tutto esaurita con la prestazione del servizio civile da parte dei giovani volontari selezionati; né vi è spazio per un accertamento dell illegittimità del bando a fini risarcitori, non avendo i ricorrenti nel giudizio di merito avanzato domanda in tal senso. In una situazione siffatta, ritiene il collegio che siano venute meno le condizioni per pronunciare sul fondo del ricorso per cassazione, il quale appare destinato alla definizione con una pronuncia in rito di inammissibilità per sopravvenuto difetto di interesse (cfr. sez. un. 18 maggio 2000, n. 368/SU, id., 2001, I, 956; 15 novembre 2002, n , id., Rep. 2002, voce Avvocato, n. 88; 21 giugno 2007, n , id., 2008, I, 522; 4 agosto 2010, n , id., Rep. 2010, voce Professioni intellettuali, n. 189; 28 maggio 2012, n. 8448, id., Rep. 2012, voce Procedimento civile, n. 287) E, tuttavia, la particolare importanza del thema decidendum induce il collegio, stante la ravvisata inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, a ritenere sussistenti le condizioni per una pronuncia d ufficio ai sensi dell art. 363, 3 comma, c.p.c., con l enunciazione nell esercizio della funzione nomofilattica assegnata a questa corte dalla citata disposizione del codice di rito del principio di diritto nell interesse della legge sulla questione di diritto trattata nella causa di merito e che il ricorso divenuto inammissibile propone. Sussistono, ad avviso del collegio, entrambe le condizioni per l esercizio del potere d ufficio della corte: (a) l inammissibilità del ricorso; e (b) la connotazione di «particolare importanza» della questione Quanto al presupposto che il ricorso proposto dalle parti sia dichiarato inammissibile, la giurisprudenza di questa corte ha infatti chiarito che l art. 363, 3 comma, c.p.c. trova applicazione non soltanto nell ipotesi di inammissibilità determinata dalla non impugnabilità del provvedimento, ma in tutti i casi di ricorso inammissibile, quale che sia l ipotesi di inammissibilità (sez. un. 6 settembre 2010, n , id., 2010, I, 3333), e quindi anche quando l inammissibilità derivi, come nella specie, dal difetto sopravvenuto di interesse all impugnazione (Cass. 10 maggio 2013, n , id., Rep. 2013, voce cit., n. 241) In ordine, poi, alla particolare importanza della questione se, alla luce del disposto dell art. 3, 1 comma, d.leg. n. 77 del 2002, sia o meno giustificato riservare l accesso al servizio civile nazionale ai soli cittadini italiani e se, di conseguenza,

3 3439 PARTE PRIMA 3440 abbia o meno carattere discriminatorio il bando per la selezione dei volontari che escluda dalla possibilità di avanzare la domanda di partecipazione alla selezione i cittadini stranieri i quali abbiano un collegamento legittimo e regolare con il territorio italiano, essa sussiste in base alle seguenti considerazioni. Innanzitutto, sulla questione si registra un contrasto tra i giudici di merito. Mentre il Tribunale di Brescia, con ordinanza in data 9 maggio 2012, ha escluso la natura discriminatoria dell art. 3 del bando in data 20 settembre 2011, ritenendo che «la differenziazione tra cives e stranieri operata dal legislatore nel regolamentare l accesso al servizio civile nazionale» sia «ragionevole, perché coerente con l ordinamento nel suo complesso e, in particolare, con i principî costituzionali», nel giudizio di merito che ha occasionato il presente ricorso per cassazione il Tribunale di Milano, prima, e la Corte d appello di Milano, poi, hanno dichiarato il carattere discriminatorio del bando. Inoltre, la questione è nuova per la giurisprudenza di questa corte, ossia per l organo chiamato, per specifica funzione ordinamentale, ad assicurare l esatta osservanza della legge, la sua uniforme interpretazione e l unità del diritto oggettivo nazionale, e quindi a garantire certezza del diritto ed eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge. L esercizio di questa funzione è tanto più rilevante quando, come nella specie, la mancanza di un principio di diritto suscettibile di porsi, per il suo valore di precedente, con capacità coerenziatrice e sistematica investe un settore nevralgico della vita sociale, nel quale sono coinvolti numerosi giovani, operatori ed enti e dove vengono in gioco i diritti fondamentali della persona umana e il suo modo di essere nell ambito del rapporto con gli altri. D altra parte, la questione ha l attitudine a ripresentarsi in casi futuri, nei nuovi bandi per il servizio civile nazionale che l amministrazione procedente intenda pubblicare, sempre in forza della l. n. 64 del 2001 e del d.leg. n. 77 del Proprio l esperienza successiva ed in particolare la vicenda della correzione, da parte dell amministrazione, del bando del 4 ottobre 2013, con riapertura dei termini in favore degli stranieri titolari di permesso di soggiorno o di permesso per protezione sussidiaria soltanto a seguito della nuova ordinanza del Tribunale di Milano in data 19 novembre 2013, emessa in un ulteriore e diverso procedimento, ma «con riserva dell esito del relativo giudizio» dimostra l esigenza di una risposta chiarificatrice proveniente dalla Corte di cassazione: la quale, se non ha più, a causa dell inammissibilità del ricorso, la possibilità di pronunciarsi sul fondo delle censure con effetti sul concreto diritto dedotto in giudizio (essendo ormai lo ius litigatoris superato dai fatti e dalle cose), ha tra le proprie attribuzioni quella di enunciare, nell interesse della legge, un principio capace di proiettarsi sui nuovi casi e sulle future istanze di giustizia dei soggetti che versano nella stessa situazione originaria del sig. Syed, e di orientare così le determinazioni della stessa amministrazione procedente Ad avviso del collegio, la questione della natura discriminatoria o meno dell esclusione degli stranieri residenti nello Stato italiano dall accesso al servizio civile nazionale non può essere risolta attraverso un interpretazione costituzionalmente orientata dell art. 3, 1 comma, d.leg. n. 77 del Il giudice comune ha il potere ed il dovere di uniformare il diritto di cui è chiamato a dare applicazione al contenuto precettivo di fonti prevalenti su quelle interpretate: rientra pertanto tra i suoi compiti ricercare già sul piano dell applicazione della legge soluzioni ermeneutiche suscettibili di far penetrare la Costituzione in profondità nell ordinamento e di armonizzare così le sfere della legalità ordinaria e della legalità costituzionale. È infatti insegnamento costante della Corte costituzionale che, «in linea di principio, le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali» (così la sentenza n. 356 del 1996, id., 1997, I, 1306; più di recente, la sentenza n. 21 del 2013, id., Rep. 2013, voce Competenza penale, n. 32). Ma l interpretazione adeguatrice deve muoversi nel rispetto delle potenzialità obiettive del dato testuale. Essa non può essere condotta oltre i limiti estremi segnati dall univoco tenore della norma interpretata: tale circostanza segna il «confine», «in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale» (Corte cost. n. 219 del 2008, id., 2008, I, 3420; n. 78 del 2012, id., 2012, I, 2585; n. 232 del 2013, id., Rep. 2013, voce Misure cautelari personali, n. 108). Nel caso in esame, il dettato normativo dell art. 3, 1 comma, d.leg. n. 77 del 2002 è, per l appunto, univoco, e si muove in una direzione opposta a quella inclusiva, aperta e non discriminatoria ritenuta possibile dal giudice del merito con la sua esegesi. Esso infatti, nel prevedere i requisiti di ammissione al servizio civile nazionale, stabilisce che possono accedere ad esso, a domanda, «i cittadini italiani», e quindi si riferisce ai titolari dello status civitatis secondo l apposita legge disciplinatrice (l. 5 febbraio 1992 n. 91, recante «nuove norme sulla cittadinanza»), la quale definisce chi formalmente «appartiene» allo Stato italiano in base ad un insieme di norme sul possesso, sull acquisto e sulla perdita dello status di cittadino. In altri termini, il legislatore delegato ha fatto ricorso ad una nozione giuridico-formale di «cittadino italiano»: sicché lo stabilire se il soggetto rientri in quella categoria e sia quindi legittimato a presentare domanda di svolgimento delle prestazioni di servizio civile dipende dall accertamento dei presupposti stabiliti dal diritto positivo per l ottenimento di quella qualifica. Il testo della disposizione del decreto legislativo non consente di ritenere che il legislatore delegato, adoperando la locuzione «cittadini italiani» in un contesto tecnico quale quello rivolto a fissare i requisiti di ammissione e di partecipazione al servizio civile nazionale, abbia inteso riferirsi ad una nozione, ampia e deformalizzata, di «cittadinanza di residenza», capace di accogliere nel suo ambito tutti i soggetti, ivi inclusi gli stranieri, che appartengono in maniera stabile e regolare alla comunità Assodata l impraticabilità di una reductio ad legitimitatem mediante l interpretazione costituzionalmente conforme, il collegio ritiene di dover sollevare, in riferimento agli art. 2, 3 e 76 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell art. 3, 1 comma, d.leg. n. 77 del 2002, nella parte in cui, prevedendo il requisito della cittadinanza italiana, esclude i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nello Stato italiano dalla possibilità di essere ammessi a prestare il servizio civile nazionale. Il dubbio di costituzionalità appare rilevante e non manifestamente infondato Il dubbio di legittimità costituzionale si appalesa rilevante perché la norma denunciata è destinata a trovare applicazione in sede di legittimità ai fini della formulazione del principio di diritto che queste sezioni unite ritengono di dover enunciare ai sensi dell art. 363, 3 comma, c.p.c., ossia ai fini della pronuncia di una regola di giudizio che, sebbene non influente nella concreta vicenda processuale, serva tuttavia come criterio di decisione di casi analoghi o simili. Tra il quesito di costituzionalità e la definizione di questo giudizio a quo con l esercizio, da parte della Corte di cassazione, della funzione nomofilattica nell interesse della legge, sussiste pertanto un rapporto di pregiudizialità. La questione di diritto di particolare importanza è, infatti, se abbia natura discriminatoria, o se al contrario sia legittima, l esclusione degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia dall ammissione al servizio civile nazionale. Ove la questione di legittimità costituzionale venisse dichiarata non fondata dalla Corte costituzionale, in base all art. 3, 1 comma, d.leg. n. 77 del 2002, dovrebbe ritenersi legittima l esclusione degli stranieri dal servizio civile, attesa la conformità dei bandi per la selezione di volontari contenenti una simile clausola alla citata norma del decreto delegato, non in contrasto, a sua volta, con i parametri costituzionali evocati là dove, appunto, preclude ai non-cittadini, ancorché regolarmente soggiornanti, l accesso al servizio. Se, invece, il dubbio di costituzionalità dovesse essere accolto e l art. 3, 1 comma, d.leg. n. 77 del 2002 fosse dichiarato, in parte qua, costituzionalmente illegittimo, ne discenderebbe l enunciazione, ad opera di queste sezioni unite, di un principio di diritto di segno opposto, nel senso della sussistenza della discriminazione derivante dalla riserva in favore dei cittadini prevista nei bandi, discriminazione discendente dall accertata illegittimità costituzionale della norma del decreto legislativo che prevedeva il medesimo requisito, poi caduto per effetto dell intervento della Corte costituzionale È d altra parte da escludere, ad avviso del collegio, che la funzione nomofilattica esercitabile dalla Corte di cassazione con l enunciazione d ufficio del principio di diritto nell interes-

4 3441 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 3442 se della legge sia da cogliere in una dimensione statica e debba esaurirsi sul piano della legalità ordinaria. Il primato della Costituzione rigida, assistito dal controllo di costituzionalità delle leggi affidato alla Corte costituzionale, implica che anche nell esercizio della funzione giurisdizionale cui il giudice di legittimità può essere chiamato a norma dell art. 363, 3 comma, c.p.c. vi sia il potere-dovere di provocare l incidente di costituzionalità In punto di non manifesta infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale, il collegio osserva che il servizio civile nazionale con la definitiva emancipazione dal riferimento necessario, per il tramite dell obiezione di coscienza, al servizio militare obbligatorio si configura, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, come «l oggetto di una scelta volontaria che costituisce adempimento del dovere di solidarietà (art. 2 Cost.), nonché di quello di concorrere al progresso materiale e spirituale della società (art. 4, 2 comma, Cost.)» (sentenza n. 228 del 2004, cit.). Il dovere di difesa della patria, letto nell ambito ed in connessione con l art. 2 Cost., ha assunto nuove potenzialità semantiche: esso non si risolve in attività finalizzate a contrastare o prevenire un aggressione esterna al territorio dello Stato e dei suoi confini, ma si è esteso sino a ricomprendere forme spontanee di impegno sociale non armato volte alla salvaguardia e alla promozione dei valori comuni e fondanti il nostro ordinamento. Le virtualità dell art. 2 Cost., d altra parte, trascendono «l area degli obblighi normativamente imposti, chiamando la persona ad agire non solo per imposizione di un autorità, ma anche per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa» (sentenza n. 228 del 2004, cit.). Il servizio civile nazionale, «forma spontanea di adempimento del dovere costituzionale di difesa della patria» (sentenza n. 228 del 2004, cit.), si colloca a pieno in questo contesto. Secondo le finalità il cui perseguimento è stato al servizio affidato dalla legge istitutiva (art. 1 l. 6 marzo 2001 n. 64), esso permette di partecipare in modo attivo alla costruzione di una democrazia sana e di nuove forme di cittadinanza; consente di colmare il divario creatosi tra i bisogni collettivi e le risposte pubbliche, in un ottica di promozione e di tutela dei diritti, soprattutto dei soggetti più vulnerabili e svantaggiati; costituisce un istituto di integrazione, di inclusione e di coesione sociale e di diffusione di una cultura, vissuta e sperimentata, di partecipazione alla vita delle comunità, favorendo la costruzione di una più matura coscienza civile delle giovani generazioni; rappresenta una forma di salvaguardia e di tutela del patrimonio comune, sia esso ambientale, paesaggistico o monumentale, con azioni volte a promuovere un senso di responsabilità e di rispetto nell uso e nella valorizzazione dei beni comuni Con riguardo alla condizione giuridica dello straniero, la Corte costituzionale ha anche di recente ribadito (sentenza n. 245 del 2011, id., 2012, I, 362) che «la basilare differenza esistente tra il cittadino e lo straniero consistente nella circostanza che, mentre il primo ha con lo Stato un rapporto di solito originario e comunque permanente, il secondo ne ha uno acquisito e generalmente temporaneo può giustificare un loro diverso trattamento nel godimento di certi diritti», e che, tuttavia, «resta pur sempre fermo (...) che i diritti inviolabili, di cui all art. 2 Cost., spettano ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani, di talché la condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata per quanto riguarda la tutela di tali diritti come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi». In questo contesto si colloca la sentenza n. 309 del 2013, con cui la corte ha dichiarato l illegittimità costituzionale dell art. 15, 1 comma, lett. b), l. prov. autonoma di Bolzano 19 novembre 2012 n. 19 (disposizioni per la valorizzazione dei servizi volontari in provincia di Bolzano e modifiche delle leggi provinciali in materia di attività di cooperazione allo sviluppo e personale), nella parte in cui escludeva i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nello Stato italiano dalla possibilità di prestare servizio sociale volontario (che è svolto «da persone adulte a partire dall età di ventinove anni, per una durata massima di trentadue mesi, presso organizzazioni ed enti di diritto pubblico e privato»: art. 3, 1 comma, lett. b, l. prov.). La corte ha censurato come irragionevole la scelta di «subordinare la possibilità di accedere al servizio sociale volontario al possesso della cittadinanza italiana o di altro Stato dell Unione europea, in quanto si tratta di prestazioni personali effettuate spontaneamente a favore di altri individui o della collettività», sottolineando che anche agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio italiano «deve essere riconosciuta (...) la possibilità di partecipare al servizio sociale volontario, quale espressione del principio solidaristico» Tanto premesso, ad avviso del collegio, l art. 3, 1 comma, d.leg. n. 77 del 2002, in parte qua, contrasta, in primo luogo, con gli art. 2 e 3 Cost. Infatti, poiché le attività svolte nell ambito dei progetti di servizio civile nazionale rappresentano diretta realizzazione del principio di solidarietà, per il quale «la persona è chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di un autorità, ma per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa» (Corte cost. n. 75 del 1992, id., 1992, I, 2578), l esclusione dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nello Stato italiano dalla possibilità di essere ammessi a prestare il servizio civile nazionale preclude allo straniero il pieno sviluppo della sua persona e l integrazione nella comunità di accoglienza, impedendogli di concorrere a realizzare progetti di utilità sociale nell ambito di un istituto giuridico a ciò deputato con una sua dimensione pubblica, oggettiva ed organizzativa e, di conseguenza, di sviluppare il valore del servizio a favore degli altri e del bene comune come componente essenziale di vita e come forma di educazione ai valori della Repubblica. Si tratta, secondo queste sezioni unite, di una esclusione non proporzionata né ragionevole: posto che, per un verso, l attività di impegno sociale che la persona è chiamata a svolgere nell ambito del servizio civile nazionale, mentre «deve essere ricompresa tra i valori fondanti dell ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal costituente» (sentenza n. 309 del 2013, cit.), non implica in alcun modo, nemmeno in via occasionale, la partecipazione all esercizio di pubblici poteri; e, per l altro verso, agli «stranier[i] regolarmente soggiornant[i] nel territorio dello Stato» per espressa previsione contenuta nell art. 2, 2 comma, d.leg. n. 286 del 1998 è riconosciuto il godimento «dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano». A questo giudice rimettente la norma censurata appare in contrasto anche con l art. 76 Cost., per violazione del criterio direttivo della legge delega di cui all art. 2, 3 comma, lett. a), l. n. 64 del Infatti, mentre l art. 2 l. n. 64 del 2001, nel delegare il governo ad emanare uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto, tra l altro, l individuazione dei soggetti ammessi a prestare volontariamente servizio civile, indicava tra i criteri direttivi al 3 comma, lett. a) l «ammissione al servizio civile volontario di uomini e donne sulla base di requisiti oggettivi e non discriminatori», l art. 3, 1 comma, del decreto delegato, fissando il requisito della cittadinanza italiana nella disciplina per l accesso al servizio civile nazionale, introduce un requisito di ammissione discriminatorio, che preclude al noncittadino regolarmente soggiornante in Italia la possibilità di un pieno dispiegamento della libertà e dell eguaglianza, da intendersi anche quale veicolo di apprendimento del senso etico dello stare insieme nella nostra comunità di accoglienza e di costruzione dei rapporti sociali e dei legami tra le persone in una prospettiva di solidarietà, di pace e di apertura al confronto nell ambito di una convivenza pluralistica. Appare significativo, al riguardo, che la citata legge delega n. 64 del 2001 conteneva il requisito della cittadinanza soltanto nel periodo transitorio, «fino alla data di efficacia dei decreti legislativi di cui all art. 2» (così l art. 4), prevedendosi che, in detto periodo, «sono soggetti all obbligo di prestare servizio civile (...) i cittadini, abili al servizio militare di leva, che dichiarino la loro preferenza a prestare il servizio civile piuttosto che il servizio militare, purché non risultino necessari al soddisfacimento delle esigenze qualitative e quantitative delle forze armate»: il che rafforza, a contrario, l interpretazione che assegna all art. 2, 3 comma, lett. a), della legge una portata che, a regime, non ammette distinzioni sulla base del criterio della nazionalità Né, ad avviso del collegio, la scelta del legislatore delegato appare giustificata dalla previsione contenuta nel 1 comma dell art. 52 Cost., che configura la difesa della patria,

5 3443 PARTE PRIMA 3444 nel cui orizzonte si collocano le attività del servizio civile nazionale, come «sacro dovere del cittadino». Infatti, la portata normativa della disposizione costituzionale è come già riconosciuto dalla Corte costituzionale (sentenza n. 172 del 1999, id., 1999, I, 2447) «quella di stabilire in positivo, non già di circoscrivere in negativo i limiti soggettivi del dovere costituzionale». L art. 52 Cost. è una norma di garanzia, nel senso che garantisce che a nessun cittadino possa essere riservato il privilegio di un esenzione immotivata dall obbligo di leva. Per l altro verso, poiché il servizio civile nazionale si propone come una realtà, caratterizzata da libertà e spontaneità, in cui si esprime la vocazione sociale e solidaristica di chi vi accede, sembra escluso in radice il rischio del sorgere di situazioni di conflitto potenziale tra opposte realtà: la partecipazione dello straniero regolarmente soggiornante in Italia ad una comunità di diritti, più ampia e comprensiva di quella fondata sulla cittadinanza in senso stretto, postula che anch egli, senza discriminazioni in ragione del criterio della nazionalità, sia legittimato, su base volontaria, a restituire un impegno di servizio a favore di quella stessa comunità, sperimentando le potenzialità inclusive che nascono dalla dimensione solidale e responsabile dell azione a favore degli altri e a difesa dei valori inscritti nella Carta repubblicana. Per questi motivi, la corte, a sezioni unite, visti gli art. 134 Cost. e 23 l. 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli art. 2, 3 e 76 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell art. 3, 1 comma, d.leg. 5 aprile 2002 n. 77 (disciplina del servizio civile nazionale a norma dell art. 2 l. 6 marzo 2001 n. 64), nella parte in cui, prevedendo il requisito della cittadinanza italiana, esclude i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti nello Stato italiano dalla possibilità di essere ammessi a prestare il servizio civile nazionale. (1) La Corte di cassazione ha sollevato d ufficio e rimesso alla Corte costituzionale la questione relativa all esclusione dei cittadini stranieri dall accesso ai bandi per il servizio civile nazionale. La vicenda giudiziaria che ha portato all ordinanza in epigrafe trae origine da Trib. Milano, ord. 12 gennaio 2012, Foro it., 2012, I, 594, nonché Nuova giur. civ., 2012, I, 755, con nota critica di M. MAZZAREL- LA, Riv. critica dir. lav. privato e pubbl., 2011, 885, con nota adesiva di C. CALDERONI e E. SESSA, secondo la quale: il servizio civile volontario di cui al d.leg. 5 aprile 2002 n. 77, avendo perso ogni connotazione militare e dovendo essere riletto alla luce del principio di cui all art. 2 Cost., costituisce una forma spontanea di adempimento del dovere costituzionale di solidarietà cui sono chiamati tutti coloro che vivono sul territorio nazionale e non solo i titolari dello status civitatis; tanto più che, per le caratteristiche assunte dal servizio dopo l abrogazione della leva obbligatoria, nei confronti dei candidati deve trovare applicazione lo stesso principio di parità di trattamento tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri previsto dalle norme internazionali; ne segue che l art. 3 d.leg. 77/02, contenente il requisito della cittadinanza per lo svolgimento del servizio, deve essere interpretato alla luce di detti principî costituzionali e l art. 3 del bando di selezione 2011/2012, contenente anch esso il requisito della cittadinanza italiana, deve ritenersi discriminatorio; tale discriminazione deve essere rimossa mediante l ordine alla pubblica amministrazione di sospendere le selezioni e riaprire il bando consentendo l accesso anche ai cittadini stranieri. Trib. Milano 12 gennaio 2012, cit., e App. Milano 22 marzo 2013, < che l ha confermata in appello e che è stata poi impugnata per cassazione, sono in contrasto con Trib. Brescia 9 maggio 2012, < che esclude il carattere discriminatorio del bando adottato in conformità con il d.leg. 77/02 e che è richiamata dall ordinanza in epigrafe. Da ultimo, v. Cons. Stato, sez. II, 9 ottobre 2014, n. 1091/14, Foro it., 2014, III, 701, in questo fascicolo, con nota di richiami e nota di DAL CANTO, secondo il quale nell emanare i bandi straordinari per la selezione di volontari, il dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale deve disapplicare l art. 3, 1 comma, d.leg. 77/02, nella parte in cui limita l accesso al servizio civile ai cittadini italiani. Sulle caratteristiche del servizio civile e sui tratti del rapporto giuridico cui dà origine, adde, ai richiami contenuti in nota a Trib. Milano 12 gennaio 2012, cit., C. CARDIA, L obiezione di coscienza (seminario «archivio giuridico» - 15 ottobre 2013), in Arch. giur., 2013, 391; L. GORI, Il servizio civile, i giudici comuni e l interpretazione costituzionalmente conforme, in Quaderni costituzionali, 2013, 481. (2) Non constano precedenti in termini. La pronuncia in epigrafe si segnala all attenzione anche perché la corte, volendo esprimere ex officio un principio di diritto nell interesse della legge, si imbatte in una questione di legittimità costituzionale che non ritiene manifestamente infondata e rispetto alla quale dichiara di non rintracciare alcuna interpretazione possibile conforme a Costituzione. Per pronunciarsi ai sensi dell art. 363, 3 comma, c.p.c. la Cassazione ravvisa l inammissibilità del ricorso, scaturita dalla sopravvenuta carenza di interesse (v., nel senso che la carenza di interesse a coltivare l impugnazione o a proporre ricorso ne determini l inammissibilità, Cass. 5 giugno 2014, n , Foro it., Le banche dati, archivio Cassazione civile; 19 marzo 2014, n. 6330, ibid.; 19 dicembre 2013, n , id., Rep. 2013, voce Cassazione civile, n. 182; 10 maggio 2013, n , ibid., voce Procedimento civile, n. 241, richiamata in motivazione; 8 maggio 2013, n , ibid., voce Cassazione civile, n. 170; 31 gennaio 2013, n. 2259, ibid., n. 172; 20 maggio 2011, n , id., 2011, I, 2036, con nota di C.M. BARONE), e la particolare importanza della questione decisa dal giudice a quo, consistente nell esistenza di un contrasto tra i giudici di merito, nella novità della questione e nell attitudine a ripresentarsi in casi futuri (sulla nozione di particolare importanza della questione, cfr. Cass., sez. un., 12 maggio 2008, n , id., 2009, I, 1865, con nota di S. PUCCI, nonché Giur. it., 2009, 932, con commento di G. IMPAGNATIELLO, Principio di diritto nell interesse della legge e funzione nomofilattica della Cassazione). Nel corso degli anni successivi alla modifica dell art. 363 c.p.c., operata dall art. 4 d.leg. 2 febbraio 2006 n. 40, si è riscontrata, da parte della corte, la tendenza, pur con le dovute eccezioni (cfr., da ultimo, Cass., sez. un., ord. 31 luglio 2014, n , Foro it., 2014, I, 2760, con nota di S. IZZO, Le sezioni unite, il c.d. rito Fornero e l ammissibilità della domanda del datore di lavoro: «si parva non liquet», alla quale si rinvia per ulteriori riferimenti), all ampliamento dei margini di utilizzo della norma (cfr. Cass. 20 maggio 2011, n , cit., che ha esteso la possibilità di pronunciare il principio di diritto nell interesse della legge anche dalla sezione semplice all esito del procedimento camerale; sez. un., ord. 6 settembre 2010, n , id., 2010, I, 3333, con commenti critici di G. COSTANTINO e G. SCARSELLI, nonché Giur. it., 2011, 885, con commento di A. CARRATTA, Giusto processo civ., 2010, 1131, con commento di F.P. LUISO, che ha ammesso la pronuncia del principio di diritto ex officio anche in caso di estinzione per rinuncia agli atti del procedimento di regolamento di competenza) nonché lo sforzo di colmare, in via interpretativa, le lacune della disciplina positiva (Cass., sez. un., 1 giugno 2010, n , Foro it., 2011, I, 1862, con commento di G. IANNIRUBERTO, che ha sancito l obbligo di notifica alle parti dell istanza con cui il procuratore generale chiede alla corte di pronunciare il principio di diritto). In dottrina, sul funzionamento dell art. 363, 3 comma, c.p.c., v., oltre ai riferimenti contenuti nelle note richiamate, G.F. RICCI, Il giudizio civile di cassazione, Torino, 2013, 33 s., 417 ss.; M. FORNACIARI, L enunciazione del principio di diritto nell interesse della legge ex art. 363 c.p.c., in Riv. dir. proc., 2013, 32; M. BARGIS, Ricorso per cassazione inammissibile e principio di diritto nell interesse della legge ex art. 363, 3 comma, c.p.c.: un istituto esportabile in sede penale a fini nomofilattici?, in Cass. pen., 2013, 111; G. AMOROSO, La corte e il precedente, in La Cassazione civile. Lezioni dei magistrati della Corte suprema italiana, Bari, 2011, 31 ss.; G. IANNIRUBERTO, Il nuovo volto dell art. 363 c.p.c., in Riv. dir. proc., 2010, * * * Sul rilievo di una questione di legittimità costituzionale da parte della Cassazione che voglia pronunciare «ex officio» il principio di diritto nell interesse della legge. I. - L ordinanza in epigrafe propone un inedita opzione interpretativa per l attenuazione del nesso tra rilievo della questione di legittimità costituzionale e giudizio in corso e induce, per questo, ad alcune rapide notazioni. II. - Ai sensi dell art. 23 l. 11 marzo 1953 n. 87, «[...] qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale [...], la questione di legittimità costituzionale può essere sollevata, di ufficio, dall autorità giurisdizionale davanti alla quale verte il giudizio con ordinanza». Dal vincolo di dipendenza, scolpito nella l. 87/53, promana la nozione di pregiudizialità, variamente qualificata (1); quella di «rilevanza» (1) Si pensi, senza pretesa di completezza, alle intuizioni ante litteram di P. CALAMANDREI, Illegittimità costituzionale delle leggi nel processo civile (1950), in Opere giuridiche, Napoli, 1968, III, 341 ss., di V. ANDRIOLI, Profili processuali del controllo costituzionale delle leggi, in Riv. dir. pubbl., 1950, I, 34 s., e di E. GARBAGNATI, Sull efficacia delle decisioni della Corte costituzionale, in Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, Padova, 1950, IV, 210 ss.; ma v., anche, G. GIONFRIDA, Giu-

6 3445 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 3446 della questione si desume, tradizionalmente, dalla previsione secondo la quale «il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla [sua] risoluzione» (2). La rilevanza della questione risulta ancorata, per opinione prevalente, alla sua concreta incidenza sulla controversia e, prima ancora, all esistenza di un «giudizio». Corollario della correlazione funzionale tra risoluzione della quaestio legitimitatis e definizione del processo è la necessità della sospensione di quest ultimo (3). III. - L intervento in via incidentale della Corte costituzionale deve certamente rispondere a finalità di carattere generale dell ordinamento (4), ma deve comunque essere necessario alla risoluzione della controversia pendente davanti al giudice rimettente; è stato chiaramente posto in evidenza come «il requisito della rilevanza è strettamente connesso al carattere di incidentalità del giudizio e pertanto è necessario che l eventuale pronuncia di incostituzionalità possa produrre effetti concreti sul giudizio principale e quindi che il giudice motivi su tale possibilità» (5). Infatti, per un verso, la motivazione sulla rilevanza, cui il giudice a quo è obbligato, consente di valutare se esista un interesse concreto e attuale alla soluzione del dubbio di costituzionalità, escludendo così tutte le questioni c.d. pretestuose, astratte, ipotetiche (6); per altro verso, è stato indicato, come, sin dagli anni ottanta, «la Corte costituzionale non ha più ritenuto sufficiente l affermazione apodittica o sommaria della rilevanza, ma devono essere enunciate le ragioni che inducono a ritenere che la definizione del giudizio principale dipende direttamente o indirettamente dalla soluzione di quella questione (ord. 229/96 e 230/96, Foro it., Rep. 1996, voce Riscossione delle imposte, n. 78, e id., Rep. 1997, voce Misure cautelari personali, n. 314)» (7). Sennonché, un argine alla stretta interconnessione tra risoluzione della questione di legittimità costituzionale e decisione (rectius, concreta utilità per la definizione) del caso concreto è posto dalle «norme integrative» per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, le quali, nella versione attualmente vigente come risultante dalla Gazzetta ufficiale 7 novembre 2008, n. 261 dispongono, all art. 18, che «la sospensione, l interruzione e l estinzione del processo principale non producono effetti sul giudizio davanti alla Corte costituzionale» (8). dizio di legittimità costituzionale della legge e questioni pregiudiziali attinenti al cosiddetto processo principale, in Studi in onore di E. Eula, Milano, 1957, II, 95; E.T. LIEBMAN, Contenuto ed efficacia delle decisioni della Corte costituzionale, in Problemi del processo civile, Napoli, 1962, 411; G. MONTELEONE, Giudizio incidentale sulle leggi e giurisdizione, Padova, 1984, 4 ss.; R. ROMBOLI, Il giudizio costituzionale incidentale come processo senza parti, Milano, 1985, 2 ss.; N. TROCKER, La pregiudizialità costituzionale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1988, 796 ss.; G. AMOROSO, Principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione ex art. 384 c.p.c. e pregiudiziale di costituzionalità, in Foro it., 1994, I, 2484; E. CATELANI, Il processo costituzionale: l iniziativa. II. L ordinanza di rimessione del giudice a quo nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale, id., 1997, V, 202; S. FOÀ, Giustizia amministrativa e pregiudizialità costituzionale, comunitaria e internazionale - I confini dell interpretazione conforme, Napoli, (2) Nel senso che il concetto di rilevanza, pur non espressamente previsto né dalla l. cost. 1/48 né dalla l. 87/53, risulti inscindibilmente legato a quello di incidentalità e concretezza del giudizio, v. A. AZZENA, La rilevanza del sindacato di costituzionalità dalle origini alla dimensione europea, Napoli, 2012, 35; R. ROMBOLI-E. ROSSI, Giudizio di legittimità costituzionale delle leggi, voce dell Enciclopedia del diritto, Milano, 2001, aggiornamento V, 503 ss. (3) Espressamente prevista dall art. 23, 2 comma, l. 87/53, su cui, v., esemplificativamente, G. TRISORIO LIUZZI, La sospensione del processo civile di cognizione, Bari, 1987, 220. (4) Ne è chiaro indice la disciplina del processo che prevede, inter alia, la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell ordinanza di rimessione e l estensione del contraddittorio anche a soggetti estranei al casus controverso; v., diffusamente, R. ROMBOLI, op. cit.; R. ROMBOLI-E. ROSSI, op. cit.; cfr., anche, F. PIERANDREI, Corte costituzionale, voce dell Enciclopedia del diritto, Milano, 1962, X, 874 ss. (5) E. CATELANI, op. cit., 203. (6) Cfr. Corte cost. 3 luglio 1996, n. 227, Foro it., Rep. 1997, voce Competenza civile, n. 23, e Giur. costit., 1996, (7) Vedi, infatti, in tempi più recenti, Corte cost. 12 gennaio 2012, n. 5, Foro it., Rep. 2012, voce Corte costituzionale, n. 39, e Giur. costit., 2012, 35. (8) La versione precedente delle «norme integrative» disponeva, all art. 22, che «le norme sulla sospensione, interruzione ed estinzione del processo non si applicano ai giudizi davanti alla Corte costituzionale neppure nel caso in cui, per qualsiasi causa, sia venuto a cessare il giudizio rimasto sospeso davanti all autorità giurisdizionale, che ha promosso il giudizio di legittimità costituzionale»; cfr. Corte cost. 14 aprile 1986, n. 88, Foro it., 1986, I, 1765, secondo cui «le norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale», adottate dalla corte stessa ai sensi dell art. 22, 2 comma, l. 11 marzo 1953 n. 87, costituiscono svolgimento e integrazione della legge medesima, la quale a sua volta costituisce svolgimento e integrazione delle l. cost. 9 febbraio 1948 n. 1 e 11 marzo 1953 n. 1»; in dottrina, tra i tanti, v. A. PIZZORUS- Certamente, si tratta di previsioni che attenuano il dogma della rilevanza (nelle sue varie sfumature) della questione di legittimità costituzionale perché, semplicemente, consentono alla corte di decidere su di essa indipendentemente dalle vicende che possono comportare (o essere determinate da) il venir meno dell interesse delle parti del giudizio a quo alla sua definizione. E, infatti, si ritiene generalmente che la pregiudizialità della questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge resti come presupposto dell atto di rimessione, ma che questo presupposto possa anche venire meno in un momento successivo all investitura della corte, senza che ne risulti intaccato il dovere di decidere la questione rimessale (9). D altronde, la corte ha inteso il giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale, come funzionale alla tutela dell interesse pubblico al rispetto delle norme della Costituzione, prima ancora che preordinato all interesse privato o in difesa di un diritto individuale della parte a ottenere nel suo interesse una dichiarazione di inefficacia della legge. Tuttavia, seppur recentemente messo in forte discussione (10), non pare potersi prescindere totalmente del vincolo intercorrente tra risoluzione della questione e decisione della controversia (11), vale a dire dalla «rilevanza»; questa, sebbene variamente declinata, consiste nell attitudine della decisione della corte a esplicare «effetti concreti nel processo a quo». Infatti, se è vero che l estinzione del giudizio a quo non è di per sé sufficiente a determinare la sopravvenuta inammissibilità della questione di costituzionalità prospettata (12), non deve però perdersi di vista il fatto che il requisito della rilevanza deve comunque ravvisarsi nel momento genetico in cui il dubbio di costituzionalità viene sollevato (13). IV. - Questi sintetici rilievi inducono a considerare davvero angusto l accesso al giudizio incidentale di costituzionalità delle legge e degli atti aventi forza di legge per via dell art. 363, 3 comma, c.p.c., giacché la norma abilita la Cassazione a esprimere d ufficio il principio di diritto a condizione, necessaria ma non sufficiente, che il ricorso sia dichiarato inammissibile; l art. 363, 3 comma, c.p.c., in altri termini, mal si presta a consentire il rinvio pregiudiziale alla Corte costituzionale, in quanto la sua applicazione esclude ab origine l esistenza di una controversia e, quindi, la rilevanza della questione, intesa come concreta utilità per le parti (14). Inoltre, l art. 363, 3 comma, c.p.c. attribuisce alla Cassazione il potere di esprimere un principio di diritto nell interesse della legge, privo, però, di qualunque effetto sul provvedimento del giudice di merito (15); dun- SO, Garanzie costituzionali, in Commentario della Costituzione a cura di G. BRANCA, Bologna-Roma, 1981, sub art. 138, 201 ss.; E.T. LIE- BMAN, Le «norme integrative» per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, in Mon. trib., 1956, 33. (9) Sull evoluzione di tale assunto nella giurisprudenza costituzionale e su come le oscillazioni interpretative siano dipese dalle varie distinzioni circa il ruolo che, nel corso del tempo, la corte ha inteso attribuirsi, anche considerando l incremento del numero di giudizi registrato, si rinvia all ampio studio di N. TROCKER, op. cit., 808 ss. (10) Cfr. Corte cost. 13 gennaio 2014, n. 1, Foro it., 2014, I, 666, con commento critico di R. ROMBOLI, la quale, con una decisione senza precedenti, ha desunto l ammissibilità della questione di costituzionalità, proposta in via incidentale, «dalla peculiarità e dal rilievo costituzionale del diritto oggetto di accertamento (...) che impone di assicurare la tutela del diritto inviolabile di voto»; cfr., pure, l ordinanza di rimessione, Cass. 17 maggio 2013, n , id., 2013, I, 1825, che, nel sollevare alcune questioni di legittimità relative alla legge elettorale 270/05, ha ritenuto che la condizione della rilevanza non può tradursi in un ostacolo che precluda l accesso alla Corte costituzionale qualora si debba rimuovere un effettiva e concreta lesione di valori costituzionali primari, concludendo che «un interpretazione in senso opposto indurrebbe a dubitare della compatibilità del medesimo art. 23 l. 87/53 con l art. 134 Cost.». (11) Sulla necessità della distinzione tra rilevanza e interesse sostanziale della parte, v., esemplificativamente, R. ROMBOLI, Il giudizio costituzionale incidentale come processo senza parti, cit., 195; in senso contrario, v. M. CAPPELLETTI, La pregiudizialità costituzionale nel processo civile, Milano, 1957, 66. (12) Per un ipotesi di c.d. irrilevanza sopravvenuta, cfr. Corte cost. 29 maggio 2013, n. 109, Foro it., 2013, I, (13) Cfr. Corte cost. 23 luglio 2002, n. 383, Foro it., 2002, I, 3280, con nota di A. PERTICI. (14) Cfr., nel senso che nel pronunciare il principio di diritto nell interesse della legge «la nomofilachia viene fatta per sé stessa una funzione quasi paranormativa e non già perché sia servente rispetto ad una specifica controversia per la soluzione della quale viene enunciato il principio di diritto. La controversia, cui si riferisce il ricorso per cassazione della parte, è solo l occasione», G. AMOROSO, La corte e il precedente, in La Cassazione civile. Lezioni dei magistrati della Corte suprema italiana, Bari, 2011, 31. (15) Cfr. G.F. RICCI, Il giudizio civile di cassazione, Torino, 2013, 433; G. REALI, Principio di diritto nell interesse della legge, in La riforma del giudizio di cassazione a cura di F. CIPRIANI, Padova, 2009, sub art. 363, 164 ss.; sul più generale tema dell attitudine del principio

7 3447 PARTE PRIMA 3448 que, può dubitarsi del fatto che la corte, nell esercitare tale potere, svolga una funzione «giudicante» e che quello reso sia un «giudizio» (16). Mettendo da parte considerazioni circa la funzione e l uso concreto dello strumento in questione (17), appare arduo scommettere su un apertura della Corte costituzionale al dialogo con la Cassazione, per il tramite del canale di cui all art. 363, 3 comma, c.p.c., il che, a tacer d altro, ne avvalorerebbe un inopinata «marcia indietro» (18). Guardando un po oltre, l impressione che si ricava è che il vero scopo perseguito dal collegio rimettente consista nel tentare di ampliare (sulla scia del successo ottenuto, seppure con le specificità proprie della materia elettorale, da Cass. 17 maggio 2013, n , cit.) i confini dell accesso alla giustizia costituzionale. ANGELO DANILO DE SANTIS di diritto espresso dalla Cassazione a produrre effetti rispetto ai giudizi di merito, v. D. DALFINO, Natura ed efficacia del «principio di diritto» enunciato dalla Corte di cassazione, in Studi in onore di Carmine Punzi, Torino, 2008, 41 ss. (16) Nel senso di escludere la legittimazione del giudice a quo a sollevare la questione di costituzionalità per l assenza di «giudizio», v. Corte cost. 20 maggio 2008, n. 164, Foro it., 2008, I, 2089, alla cui nota si rinvia per riferimenti; v., anche, per un quadro della giurisprudenza costituzionale in ordine alla nozione di «giudice» e di «giudizio», R. ROMBOLI, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in AA.VV., Aggiornamenti in tema di processo costituzionale ( ) a cura di R. ROMBOLI, Torino, 2011, par. 2. (17) Vedi, però, il pensiero di L. MORTARA, Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, Milano, 1923, 21 s., il quale, come da più parti ricordato, affermava che «non è lecito considerare il ricorso per cassazione come un mezzo di difesa del puro diritto obiettivo, dal quale il diritto subiettivo, quasi per riverbero e in via di conseguenza secondaria, ottenga tutela»; ed anzi «la Corte di cassazione non è istituita per la difesa astratta del diritto obiettivo, ma per mezzo di tale difesa tende a reintegrare il diritto subiettivo dei litiganti, al pari di ogni altro organo della funzione giurisdizionale; giudica, cioè, de iure litigatoris et de iure constitutionis; e prima di quello che di questo, poiché il reclamo del cittadino che reputa leso il proprio diritto alla sentenza del giudice inferiore è la causa normale che provoca l esercizio della sua giurisdizione». (18) Cfr. Cass. 15 maggio 2000, n. 6237, Foro it., Rep. 2000, voce Corte costituzionale, n. 56, secondo cui «la questione di legittimità costituzionale è rilevante solo quando investa una norma dalla cui applicazione dipende la definizione del giudizio; ciò postula, nel giudizio di gravame, che l impugnazione non risulti per altri versi, inammissibile o improcedibile o anche destituita di fondamento, non potendo invocarsi l intervento della Corte costituzionale a fini meramente esplorativi e ciò solo per dare ingresso ad un impugnazione non consentita allo stato dall ordinamento positivo, indipendentemente dall esito della controversia in corso». * * * La Corte di cassazione, il principio di diritto nell interesse della legge e le condizioni di proponibilità della questione di legittimità costituzionale L ordinanza in epigrafe, adottata dalla Corte di cassazione in tema di ammissione degli stranieri al servizio civile nazionale, merita di essere esaminata anche con riguardo alle sue implicazioni sulla determinazione delle condizioni di accesso al sindacato di costituzionalità incidentale, con specifico riferimento sia alla legittimazione del giudice a quo che al nesso di pregiudizialità tra questione promossa dinanzi al giudice delle leggi e definizione della causa principale. L interesse suscitato dalla vicenda in esame deriva dalla circostanza che, nel corso del giudizio di cassazione, il ricorrente aveva acquistato la cittadinanza italiana facendo così venir meno ogni utilità concreta dell eventuale accoglimento delle sue doglianze, con conseguente definizione del ricorso con una pronuncia di inammissibilità per sopravvenuto difetto di interesse. In una situazione siffatta la Suprema corte ritiene sussistenti le condizioni per l adozione di una pronuncia d ufficio ai sensi dell art. 363, 3 comma, c.p.c., ai fini dell enunciazione del principio di diritto nell interesse della legge. Si tratta di un istituto introdotto con la riforma recata dal d.leg. 40/06, che, com è stato sottolineato, esalta il ruolo della Cassazione, mettendo «definitivamente in mano [alla stessa] il discrezionale uso della pronuncia a puro scopo nomofilattico» (così A. BRIGUGLIO, in A. BRIGUGLIO-B. CAPPONI (a cura di), Commentario alle riforme del processo civile. III. Ricorso per cassazione, Padova, 2009, sub art. 363 c.p.c., 115). Tale istituto, in particolare, tratteggia un tipo di giudizio del tutto sganciato dall esigenza di composizione degli interessi delle parti e interamente rivolto alla soddisfazione dell interesse pubblico all esatta interpretazione della legge; tale giudizio, in particolare, può essere attivato in presenza di due presupposti, ritenuti entrambi sussi- stenti nel caso in esame: l inammissibilità del ricorso, appunto, e la particolare importanza della questione, quest ultima desunta dalla Cassazione dalla gravità della censura denunciata, dalla sussistenza di un contrasto esistente tra giudici di merito, dalla novità della questione e infine dalla sua attitudine a ripresentarsi in futuro. Una volta accertata l opportunità di una pronuncia ai sensi dell art. 363, 3 comma, c.p.c., la Suprema corte, scartata anche la possibilità di interpretare la disposizione censurata in senso conforme a Costituzione, passa a dimostrare la sussistenza dei presupposti necessari ai fini dell instaurazione del giudizio di costituzionalità e del connesso, necessario carattere incidentale del processo costituzionale. Secondo la Corte di cassazione, in particolare, la questione è rilevante perché «la norma denunciata è destinata a trovare applicazione in sede di legittimità ai fini della formulazione del principio di diritto», ossia «ai fini di una pronuncia di una regola di giudizio che, sebbene non influente nella concreta vicenda processuale, serva tuttavia come criterio di decisione di casi analoghi o simili». Ancora, la Cassazione sottolinea che «tra il quesito di costituzionalità e la definizione di questo giudizio a quo (...) sussiste pertanto un rapporto di pregiudizialità». Più in generale, per la Cassazione «il primato della Costituzione rigida, assistito dal controllo di costituzionalità delle leggi affidato alla Corte costituzionale, implica che anche nell esercizio della funzione giurisdizionale cui il giudice di legittimità può essere chiamato a norma dell art. 363, 3 comma, c.p.c., vi sia il potere-dovere di provocare l incidente di costituzionalità» Alcuni commentatori hanno denunciato il rischio che il predetto ragionamento della Cassazione, se accolto dalla Corte costituzionale, possa aprire una prospettiva nuova per il processo costituzionale incidentale, determinando un «attenuazione del nesso tra rilievo della questione di legittimità costituzionale e giudizio in corso» (così, tra gli altri, A.D. DE SANTIS, Sul rilievo di una questione di legittimità costituzionale da parte della Cassazione che voglia pronunciare ex officio il principio di diritto nell interesse della legge, in Foro it., 2014, I, 3444, che precede). Si tratta di una preoccupazione che merita un attenta valutazione e induce a rievocare sinteticamente alcuni tratti tipici del sindacato incidentale, a cominciare dall evoluzione che la nozione di pregiudizialità/rilevanza ha conosciuto nel corso del tempo. La rilevanza esprime il legame oggettivo che collega la questione di costituzionalità al giudizio a quo, rappresentando la fonte primaria dalla quale il processo incidentale trae la propria concretezza. Peraltro, dalla formula di cui all art. 23 l. 87/53, ai sensi del quale la questione di costituzionalità può essere proposta «qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale», la dottrina ha ricavato significati piuttosto diversi, più o meno funzionali alla natura «concreta» del processo costituzionale incidentale (sul punto, cfr. F. DAL CANTO, La rilevanza e il valore del fatto nel giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in Il giudizio sulle leggi e la sua «diffusione» a cura di E. MALFATTI-R. ROMBOLI-E. ROSSI, Torino, 2002, 163 ss.). Dal canto suo la corte, pur con sensibili oscillazioni, ha scelto da tempo una soluzione relativamente chiara, innanzi tutto rinunciando alle due tesi più estreme: da una parte, quella che ricostruiva la rilevanza in termini larghissimi, come semplice eventualità o mera «occasione» per innescare il processo costituzionale (G. ZAGREBELSKY, La rilevanza, un carattere normale ma non necessario della questione incidentale di legittimità costituzionale, in Giur. costit., 1969, 1001, F. MODUGNO, Riflessioni interlocutorie sull autonomia del giudizio incidentale, in Rass. dir. pubbl., 1966, 278 ss.); dall altra, l indirizzo che mirava a sovrapporre in linea tendenziale tale presupposto con l interesse concreto delle parti coinvolte nella controversia di origine (cfr. M. CAPPELLETTI, La giurisdizione costituzionale delle libertà, Milano, 1955, 11 ss.; L. CAR- LASSARE, I diritti davanti alla Corte costituzionale: ricorso individuale o rilettura dell art. 27 l. 87/53?, in Dir. società, 1997, spec. 444). Negli ultimi decenni, in particolare, si è affermata nella giurisprudenza costituzionale la concezione secondo la quale la rilevanza della questione di costituzionalità, da valutarsi soltanto nel momento in cui il giudizio viene instaurato, richiede la sussistenza di un duplice requisito: da un lato, la ragionevole probabilità che la norma oggetto della questione trovi applicazione nel giudizio a quo, dall altro la necessità che l eventuale pronuncia di accoglimento determini effetti sul processo principale, da intendersi questi ultimi in senso ampio, anche come «generica influenza» sul «modo di decidere» tale processo, come del resto si ricava, tra l altro, dalla tradizionale ammissibilità di questioni aventi ad oggetto le norme penali di favore. A quest ultimo proposito, com è stato efficacemente notato, «l attività giurisdizionale non è esclusivamente finalizzata alla ricerca della soluzione pratica delle controversie e delle questioni dedotte in giudizio, bensì anche alla corretta individuazione del fondamento normativo di tale soluzione...» (V. ONIDA, Note su un dibattito in tema di «rilevanza» della questione di costituzionalità delle leggi, in Giur. costit., 1978, 1002). Ancora, sempre in funzione di preservare il carattere pregiudiziale della questione di costituzionalità, la corte ha in più occasioni ribadito

8 3449 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 3450 che l oggetto di quest ultima non può interamente assorbirsi nell oggetto del processo costituzionale, ma deve avere una maggiore ampiezza, nel senso che al giudice a quo, all indomani della decisione della Corte costituzionale, deve necessariamente residuare una statuizione ulteriore in relazione alla domanda proposta. In caso contrario, infatti, il processo costituzionale risulterebbe artificialmente innescato, venendo meno il necessario nesso di strumentalità con il giudizio principale. Infine, quanto al controllo sulla sussistenza della rilevanza, la corte ha ribadito che, «in linea di principio, il giudizio sulla rilevanza di una questione di costituzionalità spetta al giudice», mentre alla stessa spetta soltanto «svolgere un controllo di plausibilità in ordine al percorso argomentativo e alla valutazione già compiuti dallo stesso giudice» (sent. 280/12, Foro it., 2013, I, 1065). In altre parole, la Corte costituzionale prefigura il suo controllo come limitato alla verifica dell eventuale arbitrarietà, contraddittorietà e illogicità delle motivazioni addotte dal giudice rimettente, con l esclusivo obiettivo di preservare i caratteri tipici del processo costituzionale incidentale Se quello appena richiamato è, per così dire, lo «stato dell arte», è vero che negli ultimi tempi sono state segnalate alcune decisioni della Corte costituzionale dalle quali si ricaverebbe un certo allentamento dei concetti di rilevanza/pregiudizialità. A tale proposito, è emblematica la recente vicenda definita con la sentenza 1/14 (id., 2014, I, 666), dichiarativa dell incostituzionalità della legge elettorale 270/05, nella parte in cui la stessa aveva previsto il premio di maggioranza sia per la camera che per il senato e non aveva contemplato la possibilità per il cittadino elettore di esprimere preferenze per i singoli candidati. La richiamiamo sinteticamente, per le parti che qui interessano. Nell occasione si poneva il dubbio se l azione proposta dinanzi al giudice a quo non fosse interamente assorbita dal thema decidendum prospettato nell ordinanza di rimessione e se, di conseguenza, il processo costituzionale non risultasse attivato in modo fraudolento, in spregio alla sua necessaria natura incidentale. La Corte costituzionale ha respinto con fermezza tale dubbio, osservando come la circostanza che la dedotta incostituzionalità della legge rappresenti «l unico motivo di ricorso dinanzi al giudice a quo non possa impedire di considerare sussistente il requisito della rilevanza ogni qualvolta sia individuabile nel giudizio principale un petitum separato e distinto dalla questione (o dalle questioni) di legittimità costituzionale...». Ciò che rileva ha precisato ancora il giudice delle leggi è che, all indomani dell eventuale pronuncia di accoglimento, «residui per il giudice a quo uno spazio ulteriore per una statuizione successiva» in relazione alla domanda proposta; condizione che, nel caso specifico, per la corte doveva ritenersi del tutto soddisfatta, almeno dalla lettura delle «non implausibili» motivazioni offerte dalla Cassazione. La corte avrebbe qui potuto fermarsi; e tuttavia, nell occasione integra il ragionamento con un secondo tipo di valutazioni, frutto di una logica del tutto diversa. Il giudice delle leggi aggiunge, infatti, che l ammissibilità della questione, nel caso di specie, era pure giustificata «dalla peculiarità e dal rilievo costituzionale, da un lato, del diritto oggetto di accertamento, dall altro della legge che, per il sospetto di illegittimità costituzionale, ne rende incerta la portata». L ammissibilità, in altre parole, appare alla corte quasi necessitata dall esigenza di assicurare la tutela di un diritto inviolabile e di affermare il suo sindacato su leggi fondamentali quali quelle elettorali, «essenziali per il funzionamento di un sistema democratico-rappresentativo»; pena, in caso contrario, la creazione di «una zona franca nel sistema di giustizia costituzionale». Si tratta di un ragionamento assai azzardato. Una cosa, infatti, è riconoscere, all esito di un controllo rispettoso dei diversi ruoli, la plausibilità delle motivazioni svolte dalla Corte di cassazione in ordine alla sussistenza dei presupposti necessari per promuovere la questione di costituzionalità; altra cosa è alludere all esistenza di un criterio generale in forza del quale il controllo svolto dalla corte in ordine a tali presupposti deve essere meno penetrante, o magari inesistente, dinanzi a questioni di particolare «caratura costituzionale». Ed è soprattutto per tali ragioni che in molti hanno letto nella richiamata vicenda un evidente segnale di allentamento delle maglie del controllo in tema di ammissibilità, foriero di futuri imprevedibili sviluppi, con il rischio di un apertura senza limiti del canale di accesso alla giustizia costituzionale (cfr. R. ROMBOLI, La costituzionalità della legge elettorale 270/05: la Cassazione introduce, in via giurisprudenziale, un ricorso quasi diretto alla Corte costituzionale?, id., 2013, I, 1836 ss.; A. ANZON DEMMIG, Un tentativo coraggioso ma improprio per far valere l incostituzionalità della legge per le elezioni politiche (e per coprire una «zona franca» del giudizio di costituzionalità), in < Torniamo allora alla pronuncia in epigrafe e ai passaggi della motivazione dedicati alla rilevanza/pregiudizialità. Nel caso di specie, in verità, sembra difficile negare che la questione promossa dinanzi alla Corte costituzionale abbia ad oggetto una norma che deve essere applicata al giudizio principale, così come pare difficile contestare che la decisione della Corte costituzionale sia idonea a produrre effetti nel giudizio dinanzi alla Cassazione. Si può discutere, invero, se l oggetto del giudizio ex art. 363, 3 comma, c.p.c. non risulti interamente assorbito dalla questione di costituzionalità: tuttavia, è vero che la Cassazione deve pronunciare il principio di diritto nell interesse della legge in merito al carattere o meno discriminatorio di un bando di selezione che esclude gli stranieri regolarmente residenti dalla possibilità di avanzare la domanda di partecipazione al servizio civile, mentre la Corte costituzionale è chiamata ad accertare la natura eventualmente incostituzionale della previsione legislativa che riserva ai cittadini l accesso al servizio civile; previsione che, del predetto bando, costituisce evidentemente il presupposto. Si tratta dunque di due oggetti sostanzialmente omogenei ma formalmente ben distinti: citando la richiamata sent. 1/14, anche in questa occasione parrebbe chiaramente «individuabile nel giudizio principale un petitum separato e distinto dalla questione (o dalle questioni) di legittimità costituzionale...». È tuttavia indiscutibile che la pronuncia costituzionale non potrà mai sortire alcuna influenza sulla composizione degli interessi sostanziali fatti valere nel giudizio a quo, attesa la sopravvenuta inutilità di una pronuncia di merito. Ma tale elemento non è di per sé decisivo, dal momento che la rilevanza, come si è detto, è espressione di un interesse oggettivo dell ordinamento e prescinde dal dato riguardante la soddisfazione degli interessi concreti fatti valere dalle parti del giudizio principale Se così è, la problematicità del caso di specie non risiede tanto nella qualità del legame oggettivo che collega i due giudizi, quello principale e quello costituzionale, ma, caso mai, nella legittimazione della Cassazione a promuovere la questione di costituzionalità in sede di giudizio nell interesse della legge ai sensi dell art. 363 c.p.c. In altre parole, il dubbio non attiene tanto alla sussistenza dei requisiti di rilevanza/pregiudizialità, ma a quello della legittimazione del giudice a quo a promuovere il giudizio dinanzi al giudice delle leggi. A tale proposito, a partire dagli anni settanta del secolo scorso, la corte ha riconosciuto quali condizioni legittimanti alla proposizione della questione di costituzionalità che il giudice a quo fosse non soltanto stabilmente inserito nell ordine giudiziario ma anche che il promovimento avvenisse nel corso di un processo avente carattere giurisdizionale. Per la più recente giurisprudenza costituzionale, la legittimazione del giudice a quo è provata ogni qual volta, «al di là dell evidente finalità garantistica implicita nell attribuzione di una funzione ad un organo giurisdizionale, l attività richiesta non si esaurisca in semplici operazioni amministrative, per di più da conseguire tramite procedure prive di forme di contraddittorio ed attraverso determinazioni finali prive dei caratteri di decisorietà e di definitività» (così la sent. 164/08, Foro it., 2008, I, 2089). Nel caso di specie, se non si può certamente dubitare che la Cassazione sia stabilmente inserita nell ordine giudiziario, più controverso può ritenersi che al giudizio sul principio di diritto nell interesse della legge sia da riconoscere una natura effettivamente giurisdizionale, come peraltro dimostra un dibattito che risale addirittura a Mortara e Calamandrei (richiamato da G. REALI, Il principio di diritto nell interesse della legge, in Studi in onore di M. Acone, vol. II, Napoli, 2010, 1201 ss.; da ultimo, dubbi sulla natura giurisdizionale di tale giudizio sono stati manifestati da A.D. DE SANTIS, Sul rilievo di una questione di legittimità costituzionale, cit., che parla di «funzione paranormativa», mentre di parere contrario A. CERRI, Corso di giustizia costituzionale plurale, Milano, 2012, 139). Certamente si tratta di un giudizio di natura non contenziosa, sganciato dall esigenza di risolvere una lite concreta. E tuttavia, per quanto siano conosciute le difficoltà che hanno lungamente impegnato la dottrina nel tentativo di definire i requisiti necessari della «giurisdizionalità», è noto come si parli comunemente anche di giudizi di natura non contenziosa, di diritto obiettivo; ed è pure noto come, in presenza di tale qualificazione, il giudice non perda automaticamente la legittimazione a promuovere la questione di costituzionalità, né il suo processo la possibilità di essere qualificato come «giudizio», almeno «ai limitati fini» dell accesso al sindacato di costituzionalità. La Corte costituzionale ha ammesso in molteplici occasioni la legittimazione di soggetti nello svolgimento di giudizi non contenziosi e volti alla soddisfazione prevalente di uno scopo oggettivo piuttosto che alla tutela di situazioni soggettive (cfr. A. ODDI, La nozione di giudice a quo, in Le zone d ombra della giustizia costituzionale. I giudizi sulle leggi. Il procedimento in via incidentale a cura di R. BALDUZZI e P. CO- STANZO, Torino, 2007, 28 ss.; A. PATRONI GRIFFI, Accesso incidentale e legittimazione degli «organi a quo», Napoli, 2012, 1 ss.): si pensi alla possibilità che la questione di costituzionalità sia promossa nell ambito di un giudizio per volontaria giurisdizione (tra le tante, cfr. sent. 276/09, Foro it., 2010, I, 778), ovvero dalla Corte dei conti in sede di controllo preventivo di legittimità degli atti del governo (cfr. sent. 226/76, id., 1977, I, 18; 384/91, id., 1991, I, 2960, e 168/92, id., 1992, I, 2869), o ancora dalla stessa Corte costituzionale in sede di autorimessione della questione. A ciò si aggiunga che vi è una giurisprudenza costituzionale ormai consolidata dalla quale si ricava come, analogamente a quanto detto con riguardo al carattere della rilevanza, il difetto di giurisdizione del giudice a quo può essere rilevato d ufficio soltanto qualora lo stesso

9 3451 PARTE PRIMA 3452 appaia a prima vista manifesto e macroscopico, mentre, al contrario, la relativa indagine dovrà necessariamente arrestarsi qualora il giudice rimettente abbia motivato in modo non implausibile in ordine alla sua giurisdizione (cfr., tra le altre, sent. 81/10, id., 2010, I, 2266). E, a questo proposito, non può non richiamarsi la motivazione elaborata sul punto dalla Cassazione, laddove la stessa ha, in termini invero un po perentori, ritenuto di ricavare l esistenza di un «potere-dovere di provocare l incidente di costituzionalità» semplicemente dal principio del «primato della Costituzione rigida». Motivazione che, nella sua apoditticità, rievoca il passaggio della citata sent. 1/14, laddove la Corte costituzionale giustifica la rilevanza della questione sulla legge elettorale (anche) in ragione della «caratura» della questione. In conclusione, anche alla luce della pur diversa vicenda definita con la richiamata sent. 1/14 e nella presente occasione, potremmo aggiungere, a maggior ragione, sembra possibile ipotizzare che la Corte costituzionale non si lasci sfuggire l occasione, ancora una volta offertale dalla Cassazione, di assecondare una lettura delle regole processuali tesa a favorire, laddove possibile, l ampliamento delle vie di accesso al sindacato di costituzionalità. FRANCESCO DAL CANTO CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 16 settembre 2014, n ; Pres. PICCIALLI, Est. MAZZACANE, P.M. CELENTANO (concl. conf.); Zonfrilli (Avv. BASON) c. Basso (Avv. GUADAGNO). Cassa App. Roma 9 aprile Contratto in genere, atto e negozio giuridico Trasferimento immobiliare Forma scritta Dichiarazione confessoria Inidoneità (Cod. civ., art. 1350, 1362). Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare, la manifestazione in forma scritta della volontà dei contraenti non può essere sostituita dalla dichiarazione confessoria di una delle parti, inidonea a ricostruire il significato di un documento le cui espressioni potevano alternativamente far ritenere che le parti avessero fatto riferimento a un precedente accordo verbale ovvero avessero voluto concludere con detta scrittura privata un contratto di vendita. (1) Svolgimento del processo. Con atto di citazione in riassunzione notificato il 13 gennaio 1997 Maria Grazia Zonfrilli conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Velletri Anna Rita Basso chiedendo dichiararsi l esponente unica proprietaria dell immobile sito in Colleferro, piazza San Gioacchino n. 5, ordinarsi la cessazione delle molestie e delle turbative, dichiararsi l inesistenza di ogni diritto in capo alla convenuta, ed infine condannarsi quest ultima alla restituzione delle chiavi ed al risarcimento dei danni; a sostegno della domanda l attrice assumeva che la Basso si era impossessata illegittimamente del suddetto immobile. La convenuta costituendosi in giudizio sosteneva di occupare legittimamente l immobile in questione rivendicandone la proprietà quale erede di Benedetto Sandomenico in virtù di testamento olografo pubblicato l 8 febbraio 1994; in proposito sosteneva la regolarità del trasferimento dell immobile dalla Zonfrilli al Sandomenico con la scrittura privata del 18 giugno 1978, avendo tra l altro l acquirente corrisposto alla venditrice l intera somma concordata per la compravendita. Il tribunale adìto con sentenza del 21 luglio 2001 dichiarava la Zonfrilli unica proprietaria dell immobile suddetto e l inesistenza di diritti della convenuta sullo stesso, condannava la Basso al rilascio del bene mediante consegna delle relative chiavi all attrice ed al risarcimento del danno in favore di quest ultima per il mancato uso dell immobile dal gennaio Proposto gravame da parte della Basso cui resisteva la Zonfrilli, la Corte d appello di Roma con sentenza del 9 aprile 2008, in accoglimento dell impugnazione, ha rigettato la domanda a- vanzata dalla Zonfrilli nei confronti della Basso. Per la cassazione di tale sentenza la Zonfrilli ha proposto un ricorso articolato in tre motivi cui la Basso ha resistito con controricorso. Motivi della decisione. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell art c.c. e contraddittoria ed insufficiente motivazione, censura la sentenza impugnata per avere erroneamente interpretato la scrittura privata del 18 giugno 1978 intervenuta tra l esponente ed il Sandomenico del seguente tenore: «io sottoscritta Zonfrilli Maria Grazia... ricevo dal sig. Sandomenico la somma di lire per la vendita di una casa di mia proprietà sita in piazza San Gioacchino n. 5 di Colleferro Scalo. Detta somma dichiaro essere acconto del costo della casa che è di lire »; invero la corte territoriale ha ritenuto che nell atto, «pur mancando la dizione vende,... non sembra potersi dubitare che, sotto il profilo oggettivo, l espressione ricevo per la vendita è interpretabile sia come ricevo per l avvenuta vendita, che il tribunale ha ritenuto pattuita solo verbalmente, sia come ricevo quale corrispettivo per la vendita che effettuo»; in realtà, non potendosi riscontrare nella fattispecie l animus obligandi o una chiara ed univoca volontà di concludere il contratto, la scrittura privata suddetta deve considerarsi un documento non idoneo al trasferimento della proprietà di un immobile, non potendosi ravvisare nello stesso l atto richiesto ad substantiam per la validità del contratto ai sensi dell art c.c. Con il secondo motivo la Zonfrilli, deducendo violazione e falsa applicazione degli art ss. c.c. nonché contraddittoria ed insufficiente motivazione, rileva che la corte territoriale, ai fini dell interpretazione della sopra menzionata scrittura privata, ha valorizzato il comportamento complessivo, anche posteriore alla conclusione del contratto, tenuto dalle parti, ed il livello culturale delle stesse desumibile dagli atti; inoltre, ha a- vuto riguardo anche alle dichiarazioni rese nel corso dell interrogatorio libero da parte dell esponente; orbene tale ricorso ai criteri ermeneutici di cui agli art ss. c.c. alla ricerca di una supposta volontà negoziale diretta alla conclusione del contratto è illegittimo, considerato che nella specie, per la validità del contratto, era richiesta la forma scritta ad substantiam. Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli art ss. c.c. nonché motivazione contraddittoria ed insufficiente, rileva che comunque erroneamente la corte territoriale ha richiamato come criterio interpretativo della volontà delle parti una dichiarazione resa dall esponente in sede di interrogatorio (con la quale la Zonfrilli avrebbe riconosciuto di aver «venduto» l immobile per cui è causa) e, in generale, il comportamento delle parti; invero, secondo l orientamento di questa corte, deve escludersi che la manifestazione scritta della volontà di uno dei contraenti potesse essere sostituita o integrata da una dichiarazione confessoria resa dall altra parte. La Zonfrilli inoltre rileva che il giudice di appello, nel valorizzare la suddetta dichiarazione dell esponente, ha omesso di considerare altri elementi emersi nel procedimento idonei a condurre ad un diverso convincimento; in proposito la ricorrente evidenzia anzitutto che anche la Basso, in sede di interrogatorio reso all udienza del 10 novembre 1999, aveva dichiarato di aver proposto in passato un ricorso per la declaratoria di acquisto per usucapione dell immobile in questione, così riconoscendo di non esserne proprietaria in virtù di una valida scrittura privata; inoltre nel suo testamento olografo il Sandomenico, preteso dante causa della Basso, aveva indicato specificatamente l unico immobile di sua proprietà, senza menzionare quello per cui è causa, riconoscendo in tal modo di non esserne proprietario; infine il livello culturale delle parti (elemento pure richiamato dalla sentenza impugnata) da un lato non poteva giustificare la mancata adozione delle forme di legge, dall altro era idoneo a sminuire le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio dalla Zonfrilli in riferimento alla pretesa vendita. Gli enunciati motivi, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono fondati nei termini che saranno ora chiariti. La corte territoriale, premessa la trascrizione del testo della scrittura privata del 18 giugno 1978 intervenuta tra la Zonfrilli ed il Sandomenico come sopra già riprodotto, scrittura privata seguìta dalle firme delle parti e da tre successive dichiarazioni di ricevuta sottoscritte dalla Zonfrilli per il complessivo importo di lire , ha ritenuto che, pur mancando in detta scrittu-

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