Elisa Guida (Università degli Studi della Tuscia. Viterbo).

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1 STORIE IN CORSO VI. Seminario nazionale dottorandi Catania, maggio Elisa Guida (Università degli Studi della Tuscia. Viterbo). Titolo provvisorio della tesi: I sopravvissuti ebrei dai Lager nazisti: il ritorno in Italia. 1. Il quesito centrale della ricerca, i suoi presupposti, i risultati attesi e quelli conseguiti Il tema centrale della tesi di dottorato consiste nella ricostruzione dei modi e dei tempi che hanno caratterizzato il rimpatrio degli ebrei italiani sopravvissuti alla Shoah. Dopo il periodo del Lager, per gli 837 ebrei italiani sopravvissuti alla soluzione finale, s inaugura un periodo di ulteriori disagi e spostamenti. Primo Levi, in un testo pionieristico e di indubbio valore per chi voglia studiare il rimpatrio, ha scritto che i superstiti avevano sperato in un viaggio breve e sicuro 1 invece, sono stati costretti ad affrontare altre prove, altre fatiche, altre fami, altri geli, altre paure 2. L obiettivo del lavoro è proprio quello di indagare sulle altre prove denunciate da Levi, attraverso una ricostruzione che tenga conto sia del profilo poliedrico del complesso di quelle esperienze, sia del fatto che -come sta emergendo nel corso delle ricerche- da parte delle istituzioni italiane non v è stata una risposta univoca volta a risolvere attraverso un azione omogenea l emergenza del rimpatrio. Quindi, con il mio lavoro, vorrei far luce -almeno in parte- su una fase poco indagata e che sto affrontando seguendo le prospettive dei tre soggetti collettivi principali che vi hanno preso parte: ovvero, quelle di chi torna, di chi decide e di chi aspetta. 1 P. Levi, La tregua, Einaudi, Torino, 1989, p Ibidem. 1

2 Attraverso le testimonianze conservate in diversi archivi e attraverso alcune interviste che sto raccogliendo 3 vorrei cogliere la percezione soggettiva dell esperienza; quindi, sto cercando di capire che cosa abbia rappresentato il rimpatrio dopo un evento tanto drammatico quale la prigionia nei Lager nazisti. L eterogeneità delle storie e delle percezioni individuali impone di tenere in considerazione una serie di fattori (le tappe stesse dell itinerario, l appartenenza di genere, l età, lo stato di salute e la condizione familiare) che implicano aspettative e comportamenti diversi. Quindi, è molto difficile procedere per generalizzazioni. Tra le testimonianze raccolte fino ad oggi, infatti, vi è chi considera la tregua come una fase di raccordo indispensabile tra la vita del prima e la vita del dopo; chi ne parla con assoluta indifferenza e semplicità; chi preferisce non ricordare perché -come spiega una sopravvissuta che non ha accettato di essere intervistata- il ritorno è stato terribile oppure perché, come racconta Emilia Zarfati, il viaggio verso casa è stato na cosa commovente, ma non si capiva nulla In questa sede, nel tentativo di rendere la molteplicità di itinerari, di sentimenti e di percezioni che segnano il rimpatrio, posso, ad esempio, far riferimento alle differenze che intercorrono tra i racconti di tre ebrei italiani deportati nel 1944 ad Auschwitz- Birkenau: Goti Bauer, liberata a Theresiensdat il 9 maggio del 1945; Alberto Sed, costretto ad una marcia della morte e liberato l 11 aprile del 1945 nel campo di Dora; Piero Terracina, liberato a Birkenau il 27 gennaio del Per la Bauer, dopo la liberazione, s inizia una peregrinazione nell Europa dell Est. La sua testimonianza si costruisce -più che sulla descrizione dei luoghi- sul mondo interiore della vittima: una donna stanca, impaurita, per la quale il ritorno in patria altro non è che un ulteriore sofferenza. Durante il viaggio dominavano un infinità di sentimenti. Tornavo a casa, finalmente, ma mi domandavo [ ] Perché sono tornata? Cosa sarà della mia vita? Come posso ricominciare in queste condizioni? E un insieme di cose di pensieri che non si possono definire 5. Diversa, la storia di Alberto Sed, che dopo la liberazione finisce per errore in un campo americano per prigionieri italiani di guerra, luogo che riesce a lasciare solo dopo aver 3 Cfr. Par. 4, Motodologia. Le fonti, gli archivi e le questioni relative al loro uso, p Dall intervista telefonica che mi ha concesso E. Zarfati, 5 luglio Dall intervista che mi ha concesso G. Bauer, Milano, 16 luglio

3 dimostrato di non essere un soldato di Salò. Si tratta, in questo caso, di un rimpatrio atipico, segnato da un itinerario diverso dalla maggior parte di quelli di cui si ha notizia. Un quadro del tutto diverso emerge, invece, dal racconto di Piero Terracina, costretto ad un viaggio che lo conduce dal campo di Auschwitz ai centri di raccolta di Katowice e di Glivice; dalla Polonia a Soči, città russa sul Mar Nero 6 da dove avvia una singolare corrispondenza con Alberto Quaroni, ambasciatore italiano a Mosca che, stando alla testimonianza, ha un ruolo decisivo nell organizzazione del rimpatrio. Nell estate del 1945, il giovane sopravvissuto è diretto verso un campo di raccolta di Odessa -ove le sue vicende si intrecciano con quelle di alcuni soldati dell Armir 7. Il ritorno in Italia avviene attraversando i territori dell Est e solo nel dicembre del 1945, a undici mesi dalla liberazione del campo di Auschwitz-Birkenau, Piero Terracina torna a casa. Questo breve inciso -dedicato a tre storie nella storia- può fornire un paradigma interpretativo del tema oggetto di studio: un fenomeno che, in sé, non si presta ad una sistemazione compatta e su cui è possibile far luce solo attraverso una ricostruzione che proceda per frammenti e per storie di vita. Allo stato attuale degli studi, credo, però, di poter effettuare una prima classificazione considerando separatamente le vicende dei sopravvissuti liberati dagli eserciti americano e britannico e quelli, invece, liberati dalle truppe dell Armata Rossa. Si tratta, innanzi tutto, di una differenza cronologica, poiché i Russi hanno liberato Auschwitz -uno dei Lager in cui si conta la maggior presenza di sopravvissuti ebrei italiani- alla fine del gennaio 1945; gli americani, invece, hanno aperto i cancelli di Biberach, Buchenwald, Dachau, tra le prime settimane di aprile e la fine di maggio. Stando alle testimonianze, credo di poter supporre che, nel caso dell assistenza americana, vi sia stata una maggiore efficienza, sia per quel che riguarda gli aiuti immediati, sia per quel che riguarda l organizzazione dei campi DP. Questa supposizione può trovare conferma in molti racconti di chi, liberato dagli USA, non ricorda il viaggio di ritorno come un evento traumatico. Al contrario, credo che gli ebrei italiani finiti sotto il comando sovietico, abbiano incontrato maggiori difficoltà. La 6 All indomani della liberazione dei campi di concentramento nazisti, Soči è quasi interamente riorganizzata per poter ospitare malati e feriti di guerra; sono attive 187 strutture, tra ospedali e sanatori. Terracina è destinato, assieme ad altri dieci militari che hanno viaggiato con lui, al sanatorio Pravda. 7 Cfr. M.T. Giusti, I prigionieri italiani in Russia, Il Mulino, Bologna,

4 guerra era ancora in atto, le truppe erano impreparate ad assistere una massa di persone bisognosa di tutto, in primis, di una dieta adeguata e di cure mediche. La prima assistenza, organizzata per lo più nei Lager stessi, è caratterizzata, nei ricordi dei sopravvissuti, dalla sovrabbondanza di cibo e dalle estreme conseguenze provocate dall eccessiva alimentazione. Ancora, molti testimoni raccontano che, poiché la guerra non era ancora finita, sono stati costretti a seguire l Armata Rossa e a collaborare, nella maggior parte dei casi, scavando trincee al seguito del genio russo. Le tappe del viaggio di ritorno, seguono così l avanzata dell esercito. Come si è visto accennando alla storia di Piero Terracina, le difficoltà imposte dalla guerra e la disorganizzazione russa ritardano il giorno del ritorno a casa; infatti, se se si escludono le vicende di alcuni ebrei fiumani che riescono a tornare nell estate del 1945 aggregandosi ai rimpatrianti jugoslavi, tra gli ultimi rimpatriati vi sono proprio i sopravvissuti di Auschwitz. Inoltre, per una declinazione di genere del tema, mi sembra importante ricordare che nelle testimonianze di molte donne liberate dai russi si coglie l emergere di un terrore antico, quello delle violenze sessuali perpetuate dall esercito sovietico. L obiettivo del lavoro è, quindi, quello di proporre una ricostruzione del viaggio di ritorno, dando spazio ad alcuni casi individuali e cercando di creare un dialogo continuo tra fonti dall alto e fonti dal basso. Quindi, mi è sembrato interessante includere nel campo della ricerca la prospettiva di chi decide, con particolare riferimento all attività delle Ambasciate italiane a Praga, Bucarest e Mosca. Inoltre, credo che un attenzione particolare debba essere rivolta anche alle attività promosse dall Unione delle Comunità Ebraiche, quindi, al lavoro del Comitato Ricerche Deportati Ebrei: la prima organizzazione che si pone l obiettivo di raccogliere tutti gli elementi possibili per facilitare la ricerca e il ritrovamento degli ebrei (italiani e non) deportati dai nazi fascisti dall Italia nei territori del III Reich. Credo, in ultima analisi, che ciò che potrà emergere dalla ricerca, non sarà una percezione unitaria del fenomeno, bensì un ventaglio di differenze, una storia corale ricostruita attraverso il confronto di singoli casi, di percezioni, di emozioni e di ricordi che, a loro volta, dovranno essere messi in relazione con l approfondimento delle dinamiche politico-istituzionali che hanno determinato il fenomeno. 4

5 L obiettivo, è quello di far luce su un tema fino ad oggi sconosciuto, avvalendosi delle diverse fonti -scritte e orali, private ed istituzionali- a disposizione. Credo, inoltre, che la conoscenza dell argomento possa essere interessante sia per arricchire gli studi sulla storia dell Italia post-fascista, sia per contribuire alla contestualizzazione della Shoah. Infatti, come le prime politiche discriminatorie rientrano a pieno titolo nella storia della distruzione degli ebrei d Europa, penso che anche l odissea affrontata dai sopravvissuti per ritornare nelle proprie case sia una pagina altrettanto imprescindibile per la comprensione del fenomeno nella sua interezza. Anche il momento più buio del Novecento ha, come ogni fatto storico, un inizio - ampiamente indagato dalla storiografia - e una fine, parzialmente conosciuta solo dai sopravvissuti, per i quali -da un punto di vista umano- la fine dell evento non esiste. 2. Il contesto storiografico nazionale e internazionale di riferimento 8 Nell ambito del panorama storiografico nazionale e internazionale, il ritorno in Italia dei sopravvissuti ebrei ai Lager nazisti è, per molti aspetti, un argomento inedito. Nel corso dei miei studi 9, infatti, ho notato come la ricostruzione dettagliata delle vicende degli ebrei deportati dall Italia termini con la liberazione dai campi di concentramento e di sterminio. La storiografia italiana più recente -quando ha affrontato la sfida di una lettura dell Europa nell immediato dopoguerra- si è mossa per macro-argomenti (quali le deportazioni, gli esodi, i campi di raccolta ) e ha seguito le vicende delle displaced persons classificandole come nuovo soggetto collettivo 10. Secondo questo metodo di lavoro, e nell affresco generale di un continente attraversato da circa quindici milioni di persone, le storie degli ebrei deportati dall Italia sono andate perdute e, tuttora, la letteratura storica -e gran parte della memorialistica- non è in grado di offrire notizie precise sull odissea affrontata per ritornare nelle proprie case. 8 Nell impossibilità di far riferimento all insieme degli studi che sono stati fondamentali alla contestualizzazione della ricerca, presento, in questo paragrafo, un estrema sintesi relativa alle sole opere considerate fondamentali. 9 L interesse al tema del rimpatrio e al rapporto che lega storia e testimonianza è nato durante la redazione della mia tesi di laurea triennale in Lettere Una storia nella Storia: l esperienza di Edith Bruck e lo sterminio degli ebrei ungheresi e dell elaborato finale per la laurea magistrale in Filologia moderna La memoria della Shoah nel tempo e nello spazio. Il testimone nel XX secolo attraverso l esperienza di Edith Bruck e Piero Terracina. In entrambi i lavori, infatti, in cui proponevo la ricostruzione di due biografie, ho potuto notare come il giorno della liberazione non segnasse affatto la fine dell Evento, bensì inaugurasse una nuova drammatica stagione. 10 Cfr. S. Salvatici, Senza casa e senza paese. Profughi europei nel secondo dopoguerra, Il Mulino, Bologna,

6 Se è vero, però, che chi studia si trova di fronte ad un vuoto storiografico, è altrettanto vero che, nell impostare questo lavoro, ho dovuto far riferimento ad una serie di ricerche che offrono una ricostruzione generale del periodo storico entro cui collocare l evento e su quelle che, almeno marginalmente, toccano il tema della mia ricerca. Sulla scia di queste considerazioni, ho fatto riferimento alle principali produzioni dedicate alla specificità della deportazione dall Italia di ebrei italiani e stranieri. Tra queste, determinante la ricerca decennale iniziata nel 1949 e confluita nel volume Il libro della memoria 11 ; il lavoro è, ad oggi, lo studio più attendibile per stendere la biografia degli ebrei italiani sopravvissuti ai Lager nazisti. Accanto a queste opere è necessario ricordare altri importanti contributi che trattano la storia di quei Lager che, al momento della liberazione, contarono una presenza massiccia di ebrei deportati dall Italia. In particolar modo, il volume di Langbein 12 si è rivelato fondamentale per un primo sondaggio sulle aspettative dei sopravvissuti al momento della liberazione; le monografie Auschwitz. Il campo nazista della morte 13 e Auschwitz , invece, sono state determinanti per poter ricostruire il quadro dei primi soccorsi prestati dalla Croce Rossa polacca e dal servizio sanitario sovietico e per trarre indicazioni sull organizzazione dei centri di rimpatrio di Katowice, Bielsko e Cracovia. Lo studio dettagliato di Ben Shephard 15, invece, è stato fondamentale per determinare il contesto peculiare in cui hanno operato, alla liberazione di Bergen Belsen, le truppe britanniche, assolutamente impreparate ad amministrare la realtà cui hanno dovuto far fronte. Ancora, diversi studi -che riguardano la condizione e la percezione dei bambini nei campi di concentramento e di sterminio- si sono rivelati utili al lavoro. Infatti, si conta che, al momento della liberazione, vi fossero 121 bambini ebrei deportati dall Italia. Una ricerca volta a far emergere anche gli sviluppi del rimpatrio dei più piccoli, deve tener conto della specificità della condizione infantile, caratterizzata -in primis- dall impossibilità di decidere autonomamente e, quindi, dall assoluta dipendenza dalle politiche stabilite dagli alleati. In questa prospettiva, importanti le 11 L. Picciotto, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall Italia ( ), Mursia, Milano, H. Langbein, Uomini ad Auschwitz, Mursia, Milano, F. Piper, T. Swiebocka (a cura di), Auschwitz. Il campo nazista della morte, Edizioni del Museo statale di Auschwitz-Birkenau, Oświęcim, F. Sessi, Auschwitz , Bur, Milano, B. Shephard, Dopo l alba, Corbaccio, Milano,

7 raccolte antologiche I bambini della Shoah 16 e Donne e bambini nei Lager nazisti 17. Per una più ampia contestualizzazione storica, invece, si può fare riferimento ai lavori della Di Palma 18. Utili anche le memorie di H. W. Verolme 19 -internata nella cosiddetta casa dei bambini di Bergen Belsen- ed il lavoro di S. Moskovitz 20 : una raccolta di testimonianze di bambini ebrei accolti nell orfanotrofio di Lingfield, in cui hanno soggiornato anche due sorelle ebree italiane (Alessandra e Tatiana Bucci) di cui ho raccolto la testimonianza e di cui sto seguendo i momenti principali del viaggio verso casa. Inoltre, per comprendere il contesto proprio del fenomeno di cui mi occupo, è stato fondamentale prendere in considerazione le origini della Repubblica italiana. Quindi, ho fatto riferimento agli studi di Pavone 21, di Zunino 22 e di Paggi 23 che evidenziano -sulla base di percorsi diversi- nodi e problematiche di una Repubblica senza pantheon. Emergono una complessa ricostruzione storica della transizione alla democrazia ed un ritratto della società italiana imprescindibile per chi si accinge ad analizzare le dinamiche del rimpatrio anche sul versante italiano. Tra la saggistica, ho trovato importanti indicazioni nel primo volume di Storia dell Italia Repubblicana 24, uno dei primi tentativi di sistemazione delle ricerche sulla formazione della democrazia repubblicana. In questo contesto, si inseriscono gli studi -volti specificatamente al reinserimento e alla ricostruzione della Comunità Ebraica Italiana- di Mario Toscano 25, di Guri Schwarz 26 e di Ilaria Pavan S. Papa, I bambini della Shoah, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, G. Bellak, G. Melodia (a cura di), Donne e bambini nei Lager nazisti, ANED, Milano, S. V. Di Palma, Bambini e adolescenti nella Shoah. Storia e memoria della persecuzione in Italia, Unicopli, Milano, 2004; I bambini nella Shoah in M. Cattaruzza, M. Flores, S. L. Sullam, E. Traverso (a cura di), Storia della Shoah, UTET, Torino, 2006; I bambini italiani nella Shoah. La persecuzione antisemita in Italia, in «Rivista telematica DEP», n.3, H. W. Verolme, I bambini di Belsen, Città Aperta, Enna, S. Moskovitz, Love despite hate, Schocken Books, USA, C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Bollati Boringhieri, Torino, P. G. Zunino, La Repubblica e il suo passato. Il fascismo dopo il fascismo, il comunismo, la democrazia: le origini dell Italia contemporanea, Il Mulino, Bologna, L. Paggi, Il «popolo dei morti». La Repubblica italiana nata dalla guerra ( ), Il Mulino, Bologna, AA. VV., Storia dell Italia Repubblicana, Einaudi, Torino, M. Toscano, Ebraismo e antisemitismo in Italia. Dal 1848 alla guerra dei sei giorni, Franco Angeli, Milano, 2003; L abrogazione delle leggi razziali in Italia ( ), Servizio Studi del Senato, Roma, 7

8 3. Stato dell arte sul tema della ricerca e collocazione del lavoro di dottorato al suo interno Nonostante il vuoto storiografico relativo al tema di cui mi occupo, è possibile far riferimento ad una serie di studi che, seppure da prospettive diverse, propongono un analisi dei rimpatri in Italia nel secondo dopoguerra. In questo contesto, si deve tener conto degli studi sul rimpatrio di ex militari e prigionieri politici, che si rivelano preziosi anche per delineare gli itinerari percorsi dai sopravvissuti ebrei di ritorno in Italia. Per un primo approccio all argomento, si può indicare il volume Gli internati militari italiani 28, in cui Palmieri accenna ai programmi per il rimpatrio degli ex internati militari messi a punto dal governo italiano e dagli Alleati. Importante, inoltre, il volume La storia del ritorno 29, in cui Bistarelli ricostruisce l universo del reduce italiano della seconda guerra mondiale. Nel testo, vi sono diversi accenni alla politica della POA, da integrarsi con le ricerche di Ricci 30, di Falconi 31 e di Miccoli 32. Un indagine parallela a quella di Bistarelli è proposta nello studio di Nicola Labanca 33 in cui l autore, nell ambito della situazione generale, si sofferma sulle vicende degli IMI toscani. Importante, inoltre, il contributo Il ritorno a casa, in cui V.E. Giuntella 34 -storico ed ex internato militare- segue da vicino le vicende degli ex deportati di Mauthausen ed i tentativi di alcuni sopravvissuti di raggiungere a piedi le proprie case. Dello stesso 1988; La porta di Sion. L Italia e l immigrazione clandestina ebraica in Palestina ( ), Il Mulino, Bologna, G. Schwarz, Un identità da rifondare: Note sul problema dei giovani tra persecuzione e dopoguerra ( ), in «Zakor. Rivista di storia degli ebrei in Italia», 1999; Appunti per una storia degli ebrei in Italia dopo le persecuzioni, in «Studi Storici», 2000, 3; Ritrovare se stessi. Gli ebrei nell Italia postfascista, Laterza, Bari, I. Pavan, Tra indifferenza e oblio. Le conseguenze economiche delle leggi razziali in Italia ( ), Le Monnier, Firenze, 2004; I. Pavan, G. Schwarz (a cura di), Gli ebrei in Italia tra persecuzione fascista e reintegrazione postbellica, Giuntina, Firenze, 2001, I. Pavan, F. Pellini, La doppia epurazione. L Università di Pisa e le leggi razziali tra guerra e dopoguerra, Il Mulino, Bologna, M. Palmieri, Gli internati militari italiani, Einaudi, Torino, A. Bistarelli, La storia del ritorno, Bollati Boringhieri, Torino, F. Ricci, Pontificia opera di assistenza (POA), in V. Monachino (a cura di), La carità cristiana in Roma, Cappelli, Bologna, C. Falconi, L assistenza italiana sotto bandiera pontificia, Feltrinelli, Milano, G. Miccoli, La Chiesa di Pio XII nella società italiana del dopoguerra, in AA.VV. Storia dell Italia Repubblicana, cit. 33 N. Labanca (a cura di), La memoria del ritorno. Il rimpatrio degli internati militari italiani ( ), Giuntina, Firenze, V. E. Giuntella, Il ritorno a casa in P. Vaenti (a cura di), Il ritorno dai Lager, Atti del Convegno (Cesena, ottobre 1995), Società editrice «Il Ponte Vecchio», Cesena,

9 autore, si può segnalare anche il saggio Il ritorno dai Lager: considerazioni introduttive 35, in cui l attenzione si concentra su due nuclei problematici sostanziali nel mio lavoro, quali la percezione soggettiva del rimpatrio -analizzata facendo costante riferimento a La tregua- e la ricostruzione dell interesse di chi operava sul versante italiano. Sebbene lo storico si limiti ad alcune riflessioni preliminari, lo studio fornisce validi spunti di ricerca, soprattutto grazie all analisi comparativa del caso italiano con quello francese. Importante, inoltre, la ricostruzione dell attività svolta dal consolato italiano a Praga. Per quanto riguarda più specificatamente il ritorno dei sopravvissuti ebrei, si può segnalare il volume Il ritorno alla vita: vicende e diritti degli ebrei in Italia dopo la seconda guerra mondiale 36 che raccoglie gli Atti del Convegno «La reintegrazione degli ebrei nella nuova Italia, dopo la persecuzione fascista e nazista. Aspetti costituzionali, legislativi e sociali» tenutosi a Milano nel L incontro ha avuto un rilevante significato storiografico, poiché costituisce il primo momento di riflessione scientifica collettiva sulla storia generale degli ebrei dopo la liberazione. Tra gli interventi, si può segnalare il saggio di L. Picciotto, La liberazione dai campi di concentramento e il rintraccio degli ebrei italiani dispersi, in cui si trova il primo tentativo di schematizzazione e di elaborazione dati -raccolti dal CDEC- relativi al numero degli ebrei italiani liberati o rilasciati, ai campi in cui furono liberati e al ruolo svolto dagli enti internazionali nell organizzazione del rimpatrio. Credo, quindi, di poter considerare il lavoro pionieristico della Picciotto il vero punto di partenza della mia ricerca di dottorato, in cui, proprio sulla scia di questa prima indagine, vorrei ampliare e approfondire le problematiche connesse al rimpatrio. La possibilità di condurre uno studio del genere potrebbe costituire un contributo alla comprensione dell evento da un punto di vista storico, inserendosi nel quadro degli studi sulla Shoah e sulle origini della Repubblica italiana. Un analisi di questo tipo, che intrecci aspetti politici, culturali e individuali, è ancora assente negli studi storici sull argomento; per questo, il lavoro di dottorato si presenta, seguendo le direttrici indicate, come una ricerca originale per la conoscenza del fenomeno. 35 V. E. Giuntella, Il ritorno dal Lager: considerazioni introduttive in A. Cavaglion (a cura di), Il ritorno dai Lager, Atti del Convegno internazionale (Torino, 23 novembre 1991), Franco Angeli, Milano, M. Sarfatti (a cura di), Il ritorno alla vita: vicende e diritti degli ebrei in Italia dopo la seconda guerra mondiale, Giuntina, Firenze,

10 4. Metodologia. Le fonti, gli archivi e le questioni relative al loro uso Data l impostazione della ricerca, le fonti che sto utilizzando sono molteplici. In primis ho cercato documenti, testimonianze e memorie utili a ricostruire, dalla prospettiva di chi lo ha vissuto, il viaggio di ritorno dai Lager 37. In questo contesto, sto facendo riferimento agli archivi orali del CDEC, dell ANED, alla Shoah Visual History Foundation e ad alcuni archivi privati, quali quelli di G. Salmoni 38, di L. Perugia 39 e di T. Bucci 40. Per quel che riguarda l archivio dell Associazione Nazionale Ex Deportati, mi sembra opportuno specificare che in questo deposito sono conservati principalmente documenti e testimonianze di ex deportati politici; ma credo che il materiale sia da considerarsi attinente alla ricerca da svolgere, sia perché alcuni ebrei italiani, scampati alla deportazione per motivi razziali ma arrestati in quanto combattenti tra le file della Resistenza, hanno rilasciato la propria testimonianza ai ricercatori dell ANED, sia perché spesso, nell Europa babelica dell immediato dopoguerra, le vicende dei deportati politici si intrecciano con quelle degli ebrei italiani sopravvissuti alla Shoah. Mi piacerebbe, inoltre, completare il lavoro presso gli Yad Vashem Archives, in cui si trova la più vasta collezione del mondo di documenti sulla distruzione degli ebrei d Europa. Da una prima classificazione del materiale archivistico, mi sembra di dover fare riferimento soprattutto alla collezione Unpublished Documents -in cui si trovano lettere, diari e memorie di ebrei sopravvissuti- e agli archivi orali e video, con particolare attenzione alle serie After liberation, The displaced persons camps e new beginning. Sebbene i racconti orali costituiscano un enorme patrimonio, fino ad ora ho riscontrato un forte limite per la ricerca: quasi la totalità degli intervistati, infatti, considera conclusa la narrazione al momento della liberazione e gli intervistatori di rado stimolano il ricordo di quanto è accaduto dopo. In questi casi, ai limiti insiti in ogni testimonianza (imprecisione di date, di luoghi, sovrapposizioni di ricordi, rielaborazioni 37 Mi sembra doveroso segnalare che, oltre alle testimonianze raccolte e custodite negli archivi, sto facendo riferimento anche alla memorialistica; quindi, sia alle biografie di ex detenuti politici (Pappalettera, Beccaria Rolfi), sia -e soprattutto- alle memorie di sopravvissuti ebrei. 38 Nato a Genova il , deportato a Buchenwald il è liberato l Nato a Roma il , deportato ad Auschwitz il è liberato il Nata a fiume il , deportata ad Auschwitz il è liberata il

11 personali dell evento) si aggiungono nuove problematiche: il rimpatrio è trattato solo molto marginalmente, i ricordi sono fugaci e frammentari. Così, al patrimonio custodito negli archivi, sto affiancando il mio lavoro sulle fonti orali. Dal marzo del 2010, sto effettuando una serie di interviste ai sopravvissuti ebrei italiani. Ad oggi, ho raccolto, tra testimonianze di prima e di seconda generazione, trenta voci. Nell ambito della mia ricerca, il lavoro sulle fonti orali è, per molti aspetti, il più delicato. Ho cercato di costruire il mio metodo di lavoro sulla scia delle considerazioni di storici quali Bensoussan 41, Traverso 42, Pavone 43, Portelli 44 e Wieviorka 45 ; quindi, tenendo in considerazione, da una parte, l enorme valore patrimoniale dei racconti di vita; dall altra, mantenendo distinte -ma in continuo rapporto dialettico- le due sfere della ricerca: quella emozionale della narrazione e quella scientifica della ricostruzione storica. Per quel che riguarda, più specificatamente, ho suddiviso il lavoro in quattro fasi distinte: una fase preliminare di preparazione in cui mi concentro sullo studio della storia che sto per ascoltare, l intervista vera e propria, la trascrizione ed una fase in cui mi occupo di confrontare la testimonianza con altre esperienze e con i documenti d archivio. Elaborate le testimonianze, stabilite le relazioni di continuità o discontinuità che intercorrono tra esperienze differenti, la ricerca prosegue su due binari diversi, attraverso i quali mettere in luce un aspetto ulteriore: la posizione, l interesse e l impegno di chi operava sul versante italiano. In questa seconda fase, ho scelto di suddividere e seguire separatamente l attività dell apparato istituzionale italiano -di cui, fino ad ora, la storiografia non si è occupatae quella, invece, interna alla componente ebraica, su cui già si dispone di qualche informazione. Per quel che riguarda, il coinvolgimento delle istituzioni italiane nell organizzazione e nel finanziamento del rimpatrio, è necessaria un indagine su più livelli, il primo dei quali è indubbiamente costituito dall analisi del materiale custodito presso l ACS. Sebbene non sia ancora in grado di ricostruire l attività delle istituzioni 41 G. Bensoussan, L eredità di Auschwitz. Come ricordare?, Einaudi, Torino, E. Traverso, Il passato: istruzioni per l uso (Storia, memoria, politica), Ombre corte, Verona, C. Pavone, Prima lezione di storia contemporanea, LaTerza, Bari, A. Portelli, Fonti orali e olocausto: alcune riflessioni di metodo in M. Cattaruzza. M. Flores, S.L. Sullam, E. Traverso (a cura di) Storia della Shoah, La crisi dell Europa, lo sterminio degli ebrei e la memoria del XX secolo, (vol. II), Utet, Torino, A. Wieviorka, L era del testimone, Raffaello Cortina Editore, Milano,

12 italiane, credo che questa debba essere contestualizzata nella realtà italiana dell immediato dopoguerra; quindi, facendo riferimento sia al rapporto di dipendenza che lega il governo italiano alla Commissione Alleata, sia allo stato dell economia e delle finanze. In una circolare del gennaio 1945, infatti, si legge che: Il nostro governo non dispone di alcuno dei mezzi materiali che occorrerebbe inviare all estero per facilitare il rimpatrio dei nostri prigionieri di guerra. [ ] Noi difettiamo in modo assoluto di navi, di equipaggiamenti, di tutti i mezzi che concorrerebbero per fronteggiare le esigenze o quantomeno, collaborare utilmente, a questo scopo, con le organizzazioni alleate. Non potrà il problema che ci interessa avere altra soluzione che quella che le autorità alleate saranno disposte od in grado di dare 46. Quindi, le operazioni decisionali (l ordine dei prigionieri da rimpatriare, i mezzi e le modalità di trasferimento e la prima assistenza) dipendono dagli Alleati. Eppure, nonostante questo, fin dal gennaio 1945, l Alto Commissariato lavora per ritagliarsi, in questo contesto, un ruolo importante. Tra le iniziative più rilevanti, che fanno supporre un certo interesse istituzionale, vi è la creazione quasi immediata di diversi centri di raccolta nell Italia del Nord. L Alto Commissariato richiede, inoltre, l intervento della Santa Sede e del Comitato internazionale della Croce Rossa, e domanda alla Commissione Alleata di poter inviare nei territori del III Reich, al termine della guerra, alcune commissioni italiane per l apporto di viveri e di altri aiuti per il rintraccio dei dispersi. Ho prefissato, quindi, di proseguire la ricerca negli archivi della Croce Rossa italiana e nell Archivio Segreto Vaticano, sebbene i documenti della POA non siano ancora consultabili, e quindi credo che la ricerca dovrà limitarsi al fondo Ufficio Informazioni Vaticano (Prigionieri di guerra ). Inoltre, l indagine dovrà essere portata avanti analizzando l impegno italiano attraverso il lavoro di Ambasciate e Consolati, quindi, utilizzando l Archivio storico diplomatico del Ministero degli Affari Esteri. Per quel che riguarda, invece, l attivismo dispiegato dalla Comunità Ebraica Italiana, è doveroso ricordare il CRDE, la prima associazione che si è dedicata al 46 ACS, PCM, Gabinetto, ( ), Cat , f /

13 ritrovamento dei sopravvissuti 47 e le cui ricerche hanno oggi un imponente valore storiografico. Il Comitato, inoltre, costituisce un punto di riferimento imprescindibile per chi voglia conoscere i sentimenti, le richieste e le ricerche degli ebrei italiani non deportati. Infatti, particolarmente fitti sono gli scambi di notizie tra il CRDE e diversi privati 48 ; si tratta, in questo caso, sia di segnalazioni sullo stato delle ferrovie e sulle condizioni di vita dei superstiti, sia di centinaia di richieste di informazioni, scritte dagli ebrei scampati alla deportazione, che chiedono notizie sulla realtà dei Lager e sul ritorno dei propri cari. Le domande rivelano spesso la drammatica ingenuità di chi scrive e forniscono un inedito punto di partenza per allargare il campo di indagine, per costruire una nuova sezione dedicata al mondo dell informazione nell Italia post-fascista. Di particolare interesse per la ricerca, è la documentazione inerente agli sforzi per ritrovare i bambini, quindi il fitto scambio di corrispondenza con l UNRRA che aveva organizzato in Germania degli appositi centri di raccolta. Inoltre, dal 27 luglio 1945, questo Comitato iniziò la pubblicazione di un bollettino settimanale di notizie sui deportati, contenente brevi comunicazioni in merito a nomi, statistiche, resoconti di missioni e attività. La lettura del bollettino mi permette, tra l altro, di ricostruire le date dei rientri in Italia, che incominciano i primi di agosto del 1945 e terminano nel marzo del Ancora per quel che riguarda l impegno profuso da parte ebraica, sto proseguendo la ricerca con lo spoglio del materiale conservato presso l AUCEI, con particolare attenzione al Fondo Attività dell Unione delle Comunità israelitiche italiane dal 1934, in cui è custodita la documentazione relativa all opera della Comunità e ai suoi rapporti con le associazioni intergovernative, con l organizzazione sanitaria italiana e con le organizzazioni clandestine sioniste Il lavoro di ricerca effettuato dal Comitato può sintetizzarsi nei seguenti obiettivi: ricerca di notizie sulla sorte dei deportati ebrei italiani; scambio di informazioni con autorità e organizzazioni militari, politiche, civili e private ed Enti di assistenza; notizie sull ubicazione dei campi di concentramento; tentativi di corrispondere con i deportati o con i loro salvatori dopo la liberazione dei Lager; assistenza morale e materiale alle famiglie dei deportati; raccolta di notizie sulle atrocità commesse nelle carceri e nei campi; raccolta di denunce precise e circostanziate in merito a persone che si sono resi colpevoli di atti criminali (denunce, arresti, deportazione, saccheggi ) in danno agli ebrei in Italia. 48 Busta CRDE n. 8. Fasc. Privati. (25 settembre dicembre 1945). 49 Al riguardo, si ricorda che l impegno promosso da parte ebraica è stato particolarmente importante sia per quel che riguarda il rimpatrio dei sopravvissuti ebrei italiani, sia per quel che riguarda l aliyà dei sopravvissuti non italiani. Infatti, fino alla fondazione dello stato di Israele, l Italia è stata terra di transito e di soggiorno temporaneo per migliaia di ebrei sopravvissuti ai Lager, intenzionati a non far ritorno nei paesi dell Europa orientale da dove provenivano e determinati ad emigrare soprattutto verso la Palestina e gli Stati Uniti. Nel complesso, si è trattato di un flusso migratorio che, fra il 1945 e il 1948, ha coinvolto 13

14 5. Struttura della tesi di dottorato La struttura della tesi di dottorato sulla quale ho riflettuto dopo il primo anno di ricerca è da considerarsi provvisoria, quindi, ancora aperta a modifiche e impostazioni differenti da quelle elaborate fino a questo momento. Per ora, credo che per raccontare il ritorno a casa di chi è sopravvissuto alla Shoah sia necessario costruire una struttura narrativa attraverso la quale mettere in continua relazione le prospettive dei tre principali soggetti collettivi che agiscono e determinano il fenomeno: chi viaggia, chi decide, chi aspetta. L obiettivo, infatti, non è quello di fissare una realtà statica, bensì, è quello di ricomporre e di riflettere, attraverso alcune esperienze umane, su una piccola parte della storia d Europa. Un Europa in movimento. Un Europa attraversata da quindici milioni di persone che non sanno dove andare o, quando lo sanno, non sanno come arrivarci. Quindi, credo che, prima di affrontare le storie di vita di chi è tornato, sia opportuna una sezione introduttiva dedicata alla contestualizzazione del fenomeno di cui mi occupo. In quest ambito, sarà necessario prendere in considerazione sia il fenomeno collettivo delle Displaced persons -in parte già affrontato dalla storiografia- sia, più specificatamente, il tema dei rimpatri in Italia. Dopo aver fornito un quadro d insieme, mi piacerebbe avviare la narrazione con il giorno della liberazione: vero e proprio incipit della mia indagine. In questo contesto, sarà necessario prendere in esame almeno i Lager principali e raccontare l arrivo degli Alleati sia attraverso i ricordi di chi c era sia concentrandosi sulle prime politiche di assistenza. Quindi, l intenzione è quella di impostare fin da subito una struttura basata sulla dialettica tra fonti dall alto e fonti dal basso. Inoltre, un impostazione del genere mi permetterebbe di seguire separatamente, fin da subito, le esperienze di chi è stato liberato dall esercito sovietico e di chi, invece, è finito sotto il controllo americano. Ho previsto, quindi, due sezioni distinte: nella prima intendo seguire il rimpatrio degli ebrei italiani liberati ad Auschwitz, Ravensbrueck e Theresienstadt; nella seconda, invece, quello dei sopravvissuti ai Lager di Biberach, Buchenwald, Dachau e Mauthausen. almeno ebrei, per lo più sostenuti in questo esodo dalla Comunità Ebraica Italiana, dal JOINT e dal Brichah (Fuga), organizzazione clandestina sionista. Al riguardo, cfr. M. Toscano, La porta di Sion. L Italia e l immigrazione clandestina ebraica in Palestina, ( ), Il Mulino, Bologna, 1990; G. Schwartz, Ritrovare se stessi, cit.; C. Villani, Milano, Via Unione 5. Un centro di accoglienza per diplaced persons ebree nel secondo dopoguerra, in «Studi Storici», 2 (2009), pp

15 Vorrei costruire entrambe le sezioni sul dialogo tra i diversi documenti che sto raccogliendo: partendo dalle storie, e attraverso il confronto tra fonti orali e disposizioni dall alto, vorrei rendere la complessità del fenomeno. Sarebbe interessante, poi, affrontare le vicende del ritorno a casa adottando la prospettiva di chi aspetta, restringendo il campo d indagine alla realtà italiana, interrogandosi sulle iniziative volte ad accelerare i tempi del rimpatrio. In questo contesto, credo che sia doveroso seguire le iniziative del governo italiano soprattutto attraverso l attività delle ambasciate. Ad oggi, mi sembra che siano stati soprattutto i Consolati di Bucarest e Praga e l Ambasciata a Mosca ad aver avuto un ruolo principale. Per quel che riguarda l ambito ebraico, invece, vorrei dare largo spazio all attività svolta da Vitale e da Toscano 50, quindi, più in generale, al lavoro di ricerca promosso dal CRDE. Inoltre, il campo di indagine si potrebbe allargare facendo riferimento all assistenza prestata dalla Croce Rossa e, per quanto è possibile, all azione della Chiesa. In ultimo, dato che buona parte della ricerca si basa sulle fonti orali, mi piacerebbe concludere i lavori proponendo - nell era del testimone, così come la Wieviorka ha definito l età contemporanea 51 - uno spazio in cui riflettere sulla narrazione testimoniale, quindi sul rapporto che intercorre tra trauma e memoria, tra memoria e storia, tra esperienza vissuta ed elaborazione narrativa. 50 La prima missione, sotto il comando del Tenente Alberto Toscano e del Sottotenente Bruno Fiorentini (missione Toscano-Fiorentini) parte da Roma nel giugno del 1945 per Milano, ove Toscano prende contatti con il Tenente Colonnello Savini del Comando militare profughi italiani, responsabile dei campi di raccolta creati nel nord d Italia, e con la comunità israelitica locale. Quindi, Toscano e Fiorentini si recano a Bolzano ove ottengono 126 elenchi di persone segnalate, divise per provincia e proseguono il viaggio nel nord Italia alla ricerca di quante più informazioni possibili, visitando tutti i campi, ospedali e sanatori. La seconda missione, sotto il comando di Fiorentini, è inviata nel novembre del 1945 nel campo di concentramento di Fossoli (Modena). Inoltre, il CRDE prende parte a missioni organizzate dalla Croce Rossa, in Francia con l invio nel gennaio 1946 di Alberto Toscano e in Germania -nella zona controllata dai francesi, nel febbraio del A. Wieviorka, L era del testimone, cit. 15

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