La produzione e la commercializzazione dei prodotti biologici

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1 La produzione e la commercializzazione dei prodotti biologici Monica Sciarroni Foro di Roma e mail sciarroni.m@libero.it Riassunto L agricoltura biologica è uno strumento tra i più importanti per ottenere prodotti di qualità compatibili con l ambiente (Piano di azione Europea 2004). Da tali parole emergono pacificamente gli obiettivi che attraverso il metodo biologico si intendono perseguire, ovvero: la sostenibilità e la qualità della produzione agricola. Alla luce della preoccupazione destata da taluni fenomeni di inquinamento alimentare quali: BSE, latte radioattivo, polli alla diossina, il settore del biologico ha avuto una forte crescita in tutta Europa. Ciò in ragione della circostanza che viene considerato più sicuro, più genuino, è supportato, infatti, da un clima di sostanziale fiducia. Dacchè il consumatore è sempre più indirizzato verso tali prodotti che evocano la semplicità, il sapore dei piatti tradizionali e garantiscono il rispetto per l ambiente. Il legislatore Europeo ha adottato una serie di atti e di normative al fine di disciplinare la produzione, la commercializzazione, il controllo e la presentazione degli alimenti biologici. In prima istanza si segnala il Reg. CEE 2092/1991, con il quale si è effettuato il riconoscimento ufficiale dell agricoltura biologica. Siffatto Regolamento ometteva, però, di legiferare in materia di zootecnia, la cui normativa è stata introdotta successivamente. L aumento esponenziale della produzione non convenzionale, nonché la crescita del numero di produttori bio, ha comportato la formulazione di un nuovo Regolamento del Consiglio Europeo il n. 834/2007, già modificato dal Reg. CE 967/2008, con il quale si è inteso ridefinire la disciplina precedente. Allo scopo di ottimizzare lo sviluppo di questo settore, sempre più rivolto a realizzare sistemi colturali sostenibili, la Commissione Europea ha approvato il Reg. CE 889/2008, recante modalità di applicazione del Reg. CE 834/2007 del Consiglio; e il Reg. CE 1235/2008, il quale detta norme precise riguardo l importazione dei prodotti biologici provenienti da paesi terzi. Grande cura è diretta alla presentazione degli alimenti di cui si discute, allo scopo di una maggiore tutela del consumatore e degli scambi commerciali. Ciò risulta comprovato dal fatto che l etichettatura e la pubblicità relative a tali prodotti possono riferirsi al metodo biologico soltanto a condizione che siano rispettate tutte le procedure e le prescrizioni della normativa comunitaria. È opportuno sottolineare che anche nell ambito della ristorazione collettiva e di quella commerciale ha suscitato particolare interesse l espansione del biologico, il quale ben si adatta a esigenze di educazione alimentare e di promozione di campagne sanitarie indirizzate alla diffusione di pratiche nutrizionali corrette e sane. Con il presente articolo si è esaminata la disciplina legislativa relativa ai prodotti biologici. In seguito si sono sviluppate alcune riflessioni inerenti alle modalità di produzione e di distribuzione dei stessi prodotti. 29

2 LA RIVISTA DI SCIENZA DELL ALIMENTAZIONE, NUMERO IV, OTTOBRE-DICEMBRE 2011, ANNO 40 Introduzione L agricoltura biologica propone un modello di coltivazione e di allevamento inteso alla valorizzazione del suolo e alla produzione di prodotti senza l uso di sostanze chimiche di sintesi (antiparassitari, diserbanti). Vige, altresì, il divieto di utilizzo di fattori transgenici e di radiazioni ionizzanti. Invero, non sono previsti interventi con fungicidi, erbicidi, vengono usati esclusivamente elementi di tipo organico, i quali risultano facilmente biodegradabili. Al riguardo l assenza di erbicidi, di fitofarmaci permette di ottenere alcuni benefici nutrizionali. Ad esempio, secondo studi dell INRAN, la mancanza di ormoni vegetali consente ai prodotti biologici di essere più poveri di acqua, di converso più ricchi di sostanze nutritive di cui l organismo umano ha fortemente bisogno. Il primo assetto normativo relativo alla produzione biologica si deve al Regolamento CEE 2092/ 1991, il quale trae origine nell ambito della riforma della Politica Agricola Comune avvenuta intorno agli anni 90. Attraverso questo primo Regolamento l Unione Europea ha voluto uniformare la disciplina inerente al metodo biologico, prevedendo specifiche regole per la coltivazione e favorendo quanto più possibile le tecniche naturali. Successivamente è stato adottato il Reg. CE n. 1804/1998, oggi abrogato, il quale ha integrato per le produzioni animali il Reg. CEE 2092/1991, poiché quest ultimo ometteva di regolare il settore della zootecnia biologica. Indubbia l importanza del Regolamento del 1991 che ha il pregio di avere introdotto canoni comuni e criteri validi per tutto il territorio dell Unione Europea, in tal modo i consumatori hanno potuto avere la certezza e la sicurezza di acquistare prodotti conformi alle qualità e ai requisiti previsti dalla legislazione comunitaria. Il notevole successo commerciale ottenuto da tali prodotti ha fatto emergere la necessità di revisionare e di riformulare alcune norme relative alla produzione agro zootecnica. Il Regolamento CE 834/2007, in vigore dal 1 gennaio 2009, abroga la precedente normativa e insieme al Regolamento di attuazione n. 889/2008, rappresenta il nuovo quadro legislativo, volto ad armonizzare l intera disciplina sulla produzione e sulla commercializzazione degli alimenti di cui si discute. Il Regolamento del 2007 trova applicazione: per i prodotti agricoli, compresi quelli provenienti da acquacoltura, non trasformati o destinati all alimentazione umana; per i mangimi; per il materiale di propagazione vegetativa e le sementi per la coltivazione; per i lieviti utilizzati come alimenti o come mangimi. Del pari non vengono considerati provenienti da produzione biologica i prodotti della caccia e della pesca relativi ad animali selvatici. Dal punto di vista soggettivo il Regolamento si riferisce a qualsiasi operatore che esercita attività inerente alla produzione, alla preparazione e alla distribuzione dei prodotti suindicati. Si precisa che non risultano, invece, assoggettate alle norme regolamentari le operazioni di ristorazione collettiva, peraltro viene specificato gli Stati membri possono applicare norme nazionali o, in mancanza di queste, norme private, sull etichettatura e il controllo dei prodotti provenienti da operazioni di ristorazione collettiva nella misura in cui tali norme sono conformi alla normativa comunitaria (art. 1 Reg. CE 384/2007). La ratio posta a fondamento del Regolamento è ben chiarita dal 5 considerando dello stesso: è pertanto opportuno esplicitare maggiormente gli obiettivi, i principi e le norme applicabili alla produzione biologica, in modo da favorire la trasparenza, la fiducia del consumatore e una percezione armonizzata del concetto di produzione biologica. Va evidenziato che soltanto attraverso il rispetto degli obiettivi, dei principi generali e di quelli specifici, l adempimento delle regole di produzione e di tutte le prescrizioni poste in essere, nonché attraverso le certificazioni di conformità degli organi preposti, un prodotto può essere definito e qualificato come biologico. Premesso che gli obiettivi sono diretti sia al perseguimento di un sistema di gestione sostenibile, e sia all ottenimento di prodotti di qualità al fine di rispondere alle esigenze dei consumatori, ai sensi dell articolo 4 del Reg. 834 /2007, la produzione biologica si basa sui seguenti principi generali: a) la progettazione e la gestione appropriate dei processi biologici fondate su sistemi ecologici che impiegano risorse naturali interne ai sistemi stessi con 30

3 M. Sciarroni La produzione e la commercializzazione dei prodotti biologici metodi che: i) utilizzano organismi viventi e metodi di produzione meccanici; ii) praticano la coltura di vegetali e la produzione animale legate alla terra o l acquacoltura che rispettano il principio dello sfruttamento sostenibile della pesca; iii) escludono l uso di OGM e dei prodotti derivati o ottenuti da OGM ad eccezione dei medicinali veterinari; iv) si basano su valutazione del rischio e, se del caso, si avvalgono di misure di precauzione e di prevenzione; b) la limitazione dell uso di fattori di produzione esterni. Deve essere sottolineato, inoltre, che qualora si ricorra all uso di risorse esterne questo sia limitato: a fattori di produzione derivanti da metodi biologici provenienti da altre aziende agricole; a sostanze naturali o ottenute con sistemi naturali; infine, a fertilizzanti minerali a scarsa solubilità. Viene previsto l utilizzo di risorse ottenute con sintesi chimica solo in casi eccezionali, come ad esempio nel caso non esistano le pratiche di gestione appropriate. Si è provveduto, altresì, ad adattare e a contemperare le norme che disciplinano la produzione biologica alle diverse condizioni climatiche, culturali e sanitarie che differenziano la struttura dell Unione Europea. Gli articoli 5, 6 e 7 del Regolamento sopra richiamato enunciano i principi specifici in tema di agricoltura e di trasformazione di alimenti biologici e di mangimi biologici. Si accenna brevemente ad alcuni di essi riguardo l agricoltura: a) mantenere e potenziare la vita e la fertilità naturale del suolo, la stabilità del suolo e la sua biodiversità, prevenire e combattere la compattazione e l erosione del suolo e nutrire le piante soprattutto attraverso l ecosistema del suolo; b) ridurre al minimo le risorse non rinnovabili e di fattori di produzione di origine esterna; ( ) e) tutelare la salute degli animali stimolando le difese immunologiche naturali degli animali, nonché la selezione di razze e varietà adatte a pratiche zootecniche; f) tutelare la salute delle piante mediante misure profilattiche, quali la scelta di specie appropriate e di varietà resistenti ai parassiti e alle malattie vegetali, appropriate rotazioni delle colture, metodi meccanici e fisici e protezione dei nemici naturali dei parassiti. Proseguendo l esame del Regolamento CE 834/2007, il titolo III dello stesso descrive i sistemi e le norme di produzione biologica agricola, vegetale e animale. Dapprima vengono stabiliti i divieti di uso di qualsiasi radiazione ionizzante per il trattamento degli alimenti e di qualunque tipo di organismo geneticamente modificato. Al proposito, attraverso l affidamento alla normativa relativa all etichettatura, si consente agli operatori del settore di controllare e di verificare il rispetto di tale divieto. Il sistema di produzione inerente al metodo biologico vegetale risulta connotato dalle seguenti caratteristiche: la gestione della fertilità del suolo, i trattamenti devono rispettarne la vita, altresì devono prevenire l erosione, la compattazione e accrescere la biodiversità; la scelta delle specie e delle varietà; il riciclaggio delle materie organiche e le tecniche colturali; la rotazione pluriennale delle colture e la concimazioni con materiali naturali di origine animale o con materia organica. Quest ultimi, peraltro, possono essere usati soltanto se siano autorizzati dalle buone pratiche biologiche (oltre al letame, es. alghe, torba, segatura e trucioli di legno, sale grezzo di potassio, zolfo elementare). La prevenzione dei danni causati dai parassiti e dalle malattie è fondata su rimedi naturali. Si ricorre il meno possibile all impiego di prodotti fitosanitari, il cui utilizzo è previsto solo nell eventualità di un pericolo imminente che possa pregiudicare le colture. Di palmare evidenza che l intera azienda agricola e tutti gli stadi del suo ciclo produttivo debbano essere improntati sul criterio e sul metodo biologico. Laddove gli operatori prevedano la coesistenza dei due tipi di produzione: la convenzionale e quella biologica, devono adoperarsi per mantenerle separate. Qualora, inoltre, l operatore voglia attuare il passaggio da un agricoltura convenzionale a una biologica, è necessario che trascorra il cosiddetto periodo di conversione, diverso per ogni tipologia di coltura, il cui decorso non può avere luogo prima della data della notifica dell attività alle autorità competenti e, comunque, dopo aver effettuato i dovuti controlli. In merito alla produzione biologica animale, il metodo prevede espressamente che le fasi relative all allevamento siano effettuate in ottemperanza alle norme di legge. Vengono, dunque, contemplate regole inerenti: 1) l origine degli animali, i 31

4 LA RIVISTA DI SCIENZA DELL ALIMENTAZIONE, NUMERO IV, OTTOBRE-DICEMBRE 2011, ANNO 40 quali devono essere nati e allevati in aziende biologiche; 2) le pratiche zootecniche, si segnala il divieto di stabulazione fissa, sono esplicitate, altresì, norme specifiche riguardo la struttura delle stalle, dei recinti delle attrezzature al fine di evitare contaminazioni; 3) le misure speciali di prevenzione delle malattie, improntate ad elevare e a potenziare le difese immunologiche naturali; 4) la pulizia e la disinfezione che vanno effettuate con prodotti autorizzati dalla normativa; 5) i mangimi, i quali sono esclusivamente di origine biologica vige, invero, il divieto di qualunque tipo di alimento di origine animale. Ciò detto, nei successivi titoli IV e V del Regolamento in esame vengono indicate le prescrizioni relative all etichettatura e al controllo dei prodotti biologici vegetali e animali. Nell etichetta può essere usata la dicitura biologico soltanto se almeno il 95% degli ingredienti agricoli proviene dalla medesima produzione. Mentre riguardo gli ingredienti biologici presenti nei prodotti trasformati, questi possono essere indicati come biologici nell elenco dei stessi ingredienti e nella denominazione di vendita a condizione che siano stati realizzati secondo i dettami legislativi. Dal 1 luglio 2010 nell etichetta viene riportato anche il nuovo logo di produzione biologica Europea, denominato Euro leaf, al quale viene affiancata l ulteriore indicazione Agricoltura UE, oppure Agricoltura non UE. Merita un accenno il Decreto del MIPAF del Modifica del decreto del n sulle Disposizioni per l attuazione dei Regolamenti (CE) n. 834/2007, n. 889/2008, n. 1235/2008 e successive modifiche riguardanti la produzione biologica e l etichettatura dei prodotti biologici, che ha sancito l obbligatorietà della menzione in etichetta del numero del codice dell organismo di controllo, preceduto dal termine bio e dalla sigla IT, altresì ha statuito che su tutti i prodotti preconfezionati venga inserito anche il nome e la ragione sociale dell operatore che ha realizzato la produzione più recente. Il controllo sul rispetto dei requisiti e delle normative al fine della qualificazione di un prodotto come biologico risulta essenziale in ragione delle numerose attività di produzione, di preparazione e di commercializzazione che accompagnano tutte le fasi del processo di filiera. L art. 27 del Regolamento del 2007 stabilisce l istituzione di un sistema di controllo da parte degli Stati membri in conformità del Reg. 882/2004, il quale è rivolto a prevenire eventuali rischi per la salute umana e a garantire la correttezza degli scambi commerciali. In Italia la disciplina di riferimento è quella stabilita dal D.Lgs. n. 220/1995 che riconosce al MIPAF il ruolo di Autorità preposta al controllo e al coordinamento delle attività amministrative e tecnico scientifiche inerenti l applicazione della regolamentazione comunitaria in materia di agricoltura biologica. Il Ministero opera attraverso un Comitato di Valutazione sugli Organismi di Controllo a cui è attribuito il compito di esprimere pareri riguardo le autorizzazioni relative ai stessi organismi, nonché sulla loro revoca. L Autorità può, infatti, delegare i compiti di verifica e di esame ad organismi accreditati che certificano e attestano il rispetto dei parametri e delle condizioni di legge. Ferma restando, però, la competenza esclusiva della medesima Autorità in materia di supervisione e di delega. Il procedimento attinente i controlli segue una procedura standardizzata, inizia con la notifica dell avvio di attività da parte di tutti gli operatori del settore, i quali sono tenuti ad assoggettarsi al relativo regime. Sono esonerati dall obbligo della notifica soltanto coloro che rivendono i prodotti agricoli ottenuti con il metodo biologico al consumatore in imballaggio preconfezionato e pre etichettato e che non li producono, non li preparano, li immagazzinano solo in connessione con il punto vendita ovvero non li importano da un Paese terzo (Decreto MIPAF del ). Di regola i controlli e le verifiche sono effettuati almeno una volta l anno, tuttavia la loro cadenza può essere aumentata in base alla valutazione del rischio di irregolarità e di infrazioni. Qualora vengano constatate delle non conformità si esegue il procedimento di declassamento delle singole partite interessate, pertanto le stesse non possono essere più commercializzate e presentate con l indicazione di prodotti biologici. Laddove l infrazione venga ripetuta o sia più grave si può giungere anche al divieto asso 32

5 M. Sciarroni La produzione e la commercializzazione dei prodotti biologici luto di produzione nei confronti dell operatore. A seguito di controlli sempre più pressanti, negli ultimi anni ha avuto luogo un intensificarsi della repressione delle pratiche commerciali sleali aventi ad oggetto prodotti falsamente biologici. A tale proposito appare significativa la sentenza della Cassazione Civile n. 6234/2009, la quale recita: in tema di confezionamento e di pubblicità degli alimenti, costituisce violazione dell art. 2 D.lgs. 27 gennaio 1992 n. 109 (disciplina nazionale orizzontale sull etichettatura alimentare), la produzione e vendita di prodotti alimentari vegetali, provenienti da agricoltura convenzionale, con un marchio registrato, recante il suffisso bio, idoneo ad indurre in errore il consumatore sull origine biologica degli prodotti. Un breve accenno merita la disciplina relativa all importazione dei prodotti biologici che risulta regolata dagli articoli 32 e 33 del Regolamento del 2007, in seguito è stata integrata dalle disposizioni del Reg. CE 1235/2008. L immissione di tali prodotti sul mercato dell Unione Europea è subordinata alla conformità di tutti i requisiti previsti, oltreché dalla regolarità della documentazione richiesta per l operatore. Nell ipotesi, invece, di prodotti giudicati equivalenti devono essere fornite apposite garanzie da parte del Paese terzo, oppure le stesse devono essere certificate da organismi di controllo comunitari; dacché vengono iscritti nell apposito elenco dei Paesi terzi a cui è stato conferito il riconoscimento a seguito della procedura di legge. Discussione e Conclusioni La distribuzione e la produzione di alimenti e di prodotti biologici è ormai sempre più diffusa, rappresenta uno dei pochissimi settori in espansione, ottenendo, altresì anche un vasto consenso da parte dei consumatori. In guisa di ciò, secondo un analisi condotta dalla Coldiretti su dati Ismea Ac Nielsen, nel 2011 gli acquisti di siffatti prodotti da parte degli Italiani sono aumentati di circa l 11,5%, ponendo alla luce, pertanto, il netto contrasto con il generale calo dei consumi. Un dato incontestabile, considerando che il nostro Paese mantiene il primato in Europa per il numero degli operatori certificati che svolgono la propria attività secondo il metodo biologico. Si sottolinea che risultano quasi produttori che coltivano il bio su un milione di ettari di terreno. L agricoltura biologica, oltre a essere suffragata da una rigida normativa nazionale e comunitaria, è sottoposta a severi controlli. Entrambi gli aspetti garantiscono al consumatore la riscoperta di prodotti genuini, sani con forti connotati tradizionali. Nonostante l incremento della produzione e della commercializzazione, tuttavia, si palesa un dato rilevante, ovvero: il prezzo del prodotto biologico è ancora piuttosto alto. Ciò è dovuto a costi di realizzazione maggiori rispetto ai prodotti convenzionali, in ragione dell onere rappresentato dalla certificazione, dell esigenza di strutture logistiche atte ad assicurare la separazione dei processi di produzione e anche della necessità della distribuzione con canali appositamente dedicati. Tali fattori influiscono in maniera determinante sul prezzo del prodotto finale. Al fine di favorire la commercializzazione e adeguare quest ultima alle esigenze economiche dei consumatori, soluzione appropriata è apparsa quella di promuovere la filiera corta. Attraverso tale filiera si auspica di ottenere un prezzo finale più vantaggioso per il consumatore, accorciando il numero degli operatori commerciali presenti lungo tutto il processo che accompagna il prodotto dal campo alla tavola. Un sistema, dunque, diretto al contenimento dei prezzi e al contempo a mantenere inalterati i requisiti e gli standard propri del metodo biologico. La filiera corta è un modello di distribuzione e di produzione che prevede un rapporto immediato e diretto tra produttori e consumatori, con il chiaro intento di privilegiare l impiego e l acquisto di prodotti locali e, quindi, incentivare lo sviluppo di alcune zone rurali. Non deve essere trascurata, inoltre, la particolare attenzione verso i produttori di piccole e medie imprese, troppo spesso fuori dal circuito della grande distribuzione. Il modello trova larga diffusione proprio nell ambito dell agricoltura biologica, offre, infatti, molteplici soluzioni di gestione commerciale allo scopo di diminuire i costi che a tutt oggi, si ribadisce, rappresentano il maggiore impedimento all ulteriore ampliamento del settore. 33

6 LA RIVISTA DI SCIENZA DELL ALIMENTAZIONE, NUMERO IV, OTTOBRE-DICEMBRE 2011, ANNO 40 Il Piano di Azione Europea per il biologico del 2004, già richiamato in precedenza, manifesta chiaramente gli scopi verso cui è orientato e, nell indicare i mezzi per il loro raggiungimento, un ruolo preponderante viene attribuito al sistema della filiera corta: la diffusione delle forme di filiera corta mira infatti da un lato ad accrescere la disponibilità di prodotti biologici, rendendone più capillare la presenza sul mercato, dall altro a migliorare l informazione, visto che i consumatori Europei sono bene informati sui principi e sui benefici dell agricoltura biologica. Particolare interesse suscitano le diverse tipologie di filiera corta, tra le quali distinguiamo: Vendita diretta aziendale; Mercatini; Gruppi di acquisto; Vendita di prodotti on line; Cooperative di consumo. Senza dubbio la principale forma di filiera corta è la vendita diretta aziendale che si verifica qualora il produttore decida di aprire nella propria azienda uno spaccio per la compravendita dei prodotti. Nel settore del biologico tale fattispecie investe prettamente nei prodotti freschi, poiché il produttore riesce a mettere in risalto le stagionalità. Appare chiaro che tale schema presenta anche alcuni aspetti sfavorevoli, si cita a esempio: la localizzazione e l ubicazione delle aziende in campagna. Non sempre, infatti, per i consumatori è possibile raggiungere le località extraurbane, le quali possono essere situate in zone non facilmente accessibili. Per ovviare a simili inconvenienti numerose aziende si avvalgono della vendita on line per distribuire e per presentare i propri prodotti. Ciò risulta di grande praticità per il consumatore, ma determina il venir meno del contatto diretto con il produttore che predispone un sito e un catalogo sul web attraverso il quale si possono conoscere i prodotti e procedere all acquisto. Un ulteriore esempio di accorciamento della filiera di vendita si rinviene nel Gruppo di acquisto. Quest ultimo è composto da organizzazioni di consumatori che in via informale decidono di raggrupparsi e di acquistare la merce direttamente dal produttore o da alcuni produttori associati (piattaforme), senza alcuna intermediazione di altri operatori e usufruendo, così, di un notevole abbassamento del prezzo. Nondimeno, l obiettivo non è soltanto ottenere un sensibile calo del prezzo, ma vengono considerati anche aspetti etici e sociali come: la tutela dell ambiente, lo stretto legame territorio prodotto, la valorizzazione delle colture tradizionali. Ai produttori, inoltre, viene assicurato il riconoscimento del giusto prezzo di vendita, scongiurando il pericolo che le grandi organizzazioni commerciali possano rivendicare condizioni a loro più favorevoli. Le modalità operative del gruppo di acquisto sono semplici: i partecipanti stilano una lista di prodotti che intendono acquistare collettivamente, in seguito viene compilato un ordine basato sulla predetta lista. L ordine è trasmesso da parte del capo gruppo al produttore, il quale provvede alla consegna delle merci richieste. Diversa articolazione hanno le Cooperative di consumo, le quali sono costituite da soci consumatori che intendono, essi stessi, fornire i prodotti agli altri soci a un prezzo conveniente. Il contenimento del prezzo è reso possibile dal contatto diretto tra produttori e consumatori, anche in questo caso, senza alcuna intermediazione di ulteriori operatori commerciali. La natura di cooperativa permette di realizzare, altresì, lo scopo mutualistico di garantire ai soci il miglioramento della qualità della vita, garantendo i servizi previsti dallo Statuto e realizzando una sinergia tra i produttori e i consumatori. Appare evidente il carattere professionale della Cooperativa di consumo rispetto al Gruppo di acquisto che opera con lavoro in prevalenza volontario e non retribuito. Da ultimo, si registra un forte sviluppo dei mercatini di prodotti biologici con cadenza settimanale o mensile, anche in abbinamento a mercati agricoli di vendita diretta convenzionale. Il mercatino consente di conoscere le caratteristiche degli alimenti biologici in modo chiaro e immediato. A tale proposito si sottolinea che l aspetto della comunicazione delle prerogative e degli obiettivi dell agricoltura biologica è un elemento di essenziale importanza, poiché attraverso alcune attività legate alla loro promozione si sono sviluppati progetti di educazione alimentare e ambientale. 34

7 M. Sciarroni La produzione e la commercializzazione dei prodotti biologici In virtù di quest ultima considerazione i prodotti di cui ci occupiamo sono visti con favore anche nell ambito della ristorazione commerciale e collettiva. Si pongono, tuttavia, delle problematiche rispetto alle generali difficoltà economiche che possono verificarsi. Gli operatori del settore della ristorazione che investono nel biologico, infatti, sono chiamati a sopportare costi e attività di gestione superiori rispetto a coloro i quali propongono prodotti convenzionali. Il fattore dell economicità rappresenta una grave criticità per l inserimento dei prodotti bio nella ristorazione. La soluzione potrebbe trovarsi, a parere di chi scrive, attraverso: la rivisitazione e la riorganizzazione dei servizi, la scelta di prodotti di cui si ha una maggiore disponibilità, la programmazione di menù adeguati, nonché il potenziamento delle produzioni locali. Tutto ciò al fine di diminuire i costi e realizzare un vantaggio economico, permettendo, così, di investire in maniera concreta e più diffusa nel biologico e nella filiera corta Si segnala che la Legge 488/1999 per assicurare la promozione della produzione agricola biologica all articolo 59, n. 4 impone agli Enti e alle Istituzioni scolastiche e ospedaliere di introdurre nelle loro mense l utilizzo di prodotti biologici, di quelli tipici e tradizionali, nonché di quelli a denominazione protetta. Particolare cura è rivolta alle mense scolastiche, i cui capitolati di appalto dovrebbero avere come scopo primario il perseguimento di un equilibrio tra le risorse finanziarie e gli standard qualitativi. Purtroppo, però, i capitolati non sempre risultano di facile lettura, difettano di chiarezza e comprensibilità, sono caratterizzati dalla superficialità nell analisi della fattibilità e della sostenibilità. Ciò si evidenzia, soprattutto riguardo le modalità di reperimento e di offerta delle materie prime. Tuttavia la praticabilità del biologico è possibile, vi sono, infatti, esempi eccellenti. Le mense scolastiche del Comune di Roma servono circa pasti al giorno, i cui menù sono realizzati in gran parte con prodotti bio (circa il 70%). Il contratto di appalto per la ristorazione scolastica del Comune di Roma risulta essere il più consistente per il reperimento e per l approvvigionamento del biologico sull intero territorio nazionale. Di conseguenza si è verificata la crescita della richiesta di tali prodotti, portando a orientare e a incentivare il mercato verso la conversione dei prodotti convenzionali. Di non minore importanza la circostanza che l introduzione del biologico in così grande quantità nelle mense scolastiche del Comune di Roma ha aumentato il costo medio del pasto solo del 1,5%. Il ricorso a tali prodotti ha permesso, altresì la promozione di programmi e di percorsi di educazione alimentare rivolti sia agli studenti e sia agli addetti ai servizi di ristorazione presenti nelle strutture scolastiche. Sulla scorta dell esempio fornito dal Comune di Roma, molti altri comuni sono divenuti i principali acquirenti di prodotti biologici per le mense scolastiche, evidenziando il fatto che l uso di prodotti bio in grandi quantità è in grado di movimentare il mercato e di ampliare alcune realtà locali, incidendo poco sul prezzo finale del pasto. Oltre alle iniziative promosse dagli Enti pubblici al fine dell introduzione di prodotti biologici nei servizi di ristorazione collettiva, la distribuzione di tali prodotti viene effettuata anche nell ambito della ristorazione commerciale, seppure in maniera più marginale. I ristoranti che propongono la cucina biologica hanno registrato, secondo dati della Coldiretti, un incremento del 24% nel biennio 2008/2010. Dall analisi dei dati sopra descritti emerge la tendenza all aumento della richiesta di prodotti biologici che dovrebbe, quindi, incentivare ad investire sui stessi. Si manifesta, dunque, un nuovo modello di consumo basato sull agricoltura biologica, la quale, esaltando la qualità, la sicurezza, la sostenibilità ambientale, contribuisce a rappresentare dei valori aggiuntivi di cui i consumatori ancora non hanno piena consapevolezza. Il consumatore, infatti, dovrebbe essere maggiormente informato sul metodo di produzione biologico, sull origine dei prodotti, in ragione di ciò ben potrebbe comprendere che le imprese agricole che praticano tale metodo risultano onerate di ulteriori costi per rispettare le normative di settore, da qui le problematiche legate al fattore prezzo. Appare chiaro che il nuovo modello di consumo debba essere necessariamente accompagnato anche da sistemi di distribuzione innovativi e di 35

8 LA RIVISTA DI SCIENZA DELL ALIMENTAZIONE, NUMERO IV, OTTOBRE-DICEMBRE 2011, ANNO 40 namici. La risposta più efficace senza dubbio proviene dal canale di distribuzione della filiera corta che, essendo caratterizzato dalla diminuzione dei numerosi passaggi commerciali, permette di ottenere un buon abbattimento del prezzo e un coinvolgimento maggiore dei piccoli produttori agricoli e dei consumatori. Bibliografia Legge 488/1999. D.lgs. n. 220/1995. Decreto MIPAF del Decreto del MIPAF del Reg. CEE 2092/1991. Reg. CE 834/2007. Reg. CE 889/2008. Reg. CE 967/2008. Reg. CE 1235/2008. Reg. CE 882/2004. Sgarbanti Il metodo di produzione biologico in Trattato breve di diritto agrario, diretto da L. Costato, Padova, Germanò Manuale di diritto agrario Torino, Masini Manuale di diritto alimentare Giuffrè, Milano,

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