L ALIMENTAZIONE NELL ALLEVAMENTO BOVINO DA CARNE BIOLOGICO

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1 L ALIMENTAZIONE NELL ALLEVAMENTO BOVINO DA CARNE BIOLOGICO La conversione dell allevamento bovino da carne al metodo biologico presenta aspetti oggettivamente problematici legati essenzialmente, e soprattutto in determinate aree, alla questione del pascolamento degli animali e al soddisfacimento dei fabbisogni nutritivi in generale. A questi si aggiunge la necessità di approvvigionamenti sicuramente esenti da ogm e non trattati con solventi chimici. Di conseguenza, il vincolo di autoproduzione di una quota consistente della sostanza secca della razione annuale degli animali, che a prima vista può costituire un elemento di freno significativo, potrebbe essere invece considerato come un opportunità da valutare attentamente per le sue implicazioni positive sia tecniche sia economiche. Nel nostro Paese le condizioni ambientali, ma soprattutto la limitata disponibilità di superfici agrarie e la generalmente ridotta dimensione aziendale, rendono difficoltosa l attuazione di questo metodo di allevamento su larga scala alla stregua di quanto è avvenuto e avviene per l allevamento da carne estensivo, che invece caratterizza vaste aree di altri Paesi europei o extra europei. Per fornire alcuni elementi di analisi e di riflessione, in questo opuscolo vengono affrontate le tematiche relative alla gestione dell alimentazione dei bovini da carne. In particolare si danno alcune indicazioni in merito alla scelta e all approvvigionamento degli alimenti, alla formulazione delle razioni e alla definizione di piani colturali e gestionali dell azienda agro-zootecnica che comprendano anche il pascolo. Oggettivamente il momento non è dei più propizi all allevamento biologico in Italia. Resta il fatto che in alcune realtà e a determinate condizioni questo sistema produttivo può rappresentare una delle poche alternative valide all abbandono del territorio. Una produzione di sistema Le regole per l alimentazione La scelta e l approvvigionamento degli alimenti Il razionamento I piani colturali In collaborazione con Pro.B.E.R. Associazione Produttori Biologici e Biodinamici dell Emilia-Romagna UNA PRODUZIONE DI SISTEMA (*) L alimentazione degli animali in produzione biologica deve essere affrontata tenendo conto di tutti i fattori di produzione zootecnici (razze, stabulazione, ecc.) e della gestione dell azienda agricola a cui l allevamento è collegato o, meglio, di cui fa parte. Questo legame deve essere dimostrato attraverso: il rapporto fra il numero di animali allevati e gli ettari di superficie agricola utilizzabile (SAU) dell azienda; la quota di produzioni vegetali ottenuta dalla stessa SAU e destinata all alimentazione degli animali. Almeno il 50% della razione annuale per gli erbivori, infatti, deve provenire dall azienda o essere ottenuto in cooperazione con altre aziende biologiche. L alimentazione secondo il metodo di produzione biologico deve rispettare le esigenze nutrizionali degli animali allevati nei loro diversi stadi fisiologici e produttivi, avendo come obiettivo principale la qualità delle produzioni ottenute piuttosto che la quantità. Inoltre, l alimentazione contribuisce al mantenimento del benessere animale e al miglioramento della resistenza alle malattie, concorrendo così alla gestione sanitaria dell allevamento biologico, basata sulla prevenzione. Gli allevamenti a ciclo aperto producono vitelli (linea vacca-vitello), oppure ingrassano fino alla maturità commerciale vitelli da ristallo acquistati (aziende specializzate per l ingrasso). Negli allevamenti a ciclo chiuso le due fasi del ciclo aperto vengono coniugate nella stessa azienda, che produce i vitelli e li porta al peso di macellazione. In ogni caso i capi, da vita o da ingrasso, devono provenire esclusivamente da allevamenti biologici (tranne per la fase di avvio di un nuovo allevamento o nel caso in cui si intenda completare o rinnovare il patrimonio zootecnico in mancanza di soggetti di provenienza bio). Il metodo biologico per i bovini da carne prevede che gli animali siano allevati per la maggior parte della loro vita all aperto, usufruendo del pascolo. Solo il finissaggio può essere condotto in ambiente confinato, ma per un tempo che sia inferiore a 4/5 dell intera vita del bovino e comunque per non più di 3 mesi. In pratica, per poter realizzare in Italia la bovinicoltura da carne secondo il metodo biologico servono aree geografiche, collinari e appenniniche, dove sia possibile sfruttare un periodo sufficientemente lungo di pascolo e anche coltivare seminativi. È infatti necessario affiancare al pascolo superfici a cereali, leguminose da granella, fieno, oppure insilati per formulare una razione che comprenda per la massima parte materie prime aziendali. Gli adeguamenti strutturali e manageriali da apportare all allevamento intensivo normalmente presente in Nord Italia sarebbero piuttosto pesanti, ma in questo caso le aziende zootecniche potrebbero sfruttare le maggiori produzioni foraggere e cerealicole di pianura. (*) Vedi paragrafo Vincoli normativi. QUANTI BOVINI PER ETTARO Il numero di animali che si possono allevare in azienda è legato alla quantità di azoto proveniente dalle loro deiezioni: per ogni ettaro di SAU può essere distribuito all anno un quantitativo massimo di 170 kg di azoto. La tabella sottostante riporta il numero massimo di animali allevabili per ettaro e per categoria produttiva. Capi allevabili per ettaro di SAU categoria età (mesi) peso vivo (kg) capi allevabili (n./ha) Emilia-Romagna ( 1 ) reg. CEE 2092/91 ( 2 ) Vacche da carne 600 3,4 2,5 Femmine da rimonta ,3 3,3 Vitelloni da ingrasso ,9 3,3 Vitelli in svezzamento ,9 5,0 Tori da riproduzione 800 2,4 2,0 ( 1 ) Delibera di Giunta Regionale n. 794 del 5 maggio ( 2 ) Allegato VII reg. CEE 2092/91. I dati sono stati adattati per evidenziare la corrispondenza con quelli della delibera regionale. 1

2 LE REGOLE PER L ALIMENTAZIONE Le razioni per bovini da carne formulate tenendo conto dei vincoli posti dal metodo di produzione biologico forniscono risposte produttive differenti rispetto all alimentazione convenzionale in termini di accrescimento e finissaggio. Inoltre, incidono sulla produttività gli effetti di altre norme non strettamente legate agli aspetti alimentari, ma inerenti la gestione degli animali e la loro origine (maggiori superfici a disposizione degli animali, quindi maggiore possibilità di movimento, e provenienza dei soggetti esclusivamente da allevamenti biologici, con conseguente riduzione della scelta dal punto di vista genetico). Per questo è necessario conoscere i fabbisogni alimentari dei bovini nei diversi stadi produttivi e le caratteristiche dietetiche e nutrizionali degli alimenti. La razione giornaliera deve rappresentare, con la migliore approssimazione possibile, l uguaglianza fra i fabbisogni degli animali e gli apporti alimentari. Anche in zootecnia biologica un alimentazione corretta e una buona gestione della mandria sono elementi fondamentali per ottenere la migliore produttività degli animali allevati e per mantenerli in salute. Per esempio, trascurare l alimentazione delle vacche da carne è un grossolano errore in quanto porta ad un peggioramento complessivo delle performance di allevamento. La somministrazione di una razione equilibrata permette di ottenere vacche ben preparate al parto e al successivo allattamento, con vantaggi nel breve ma anche nel lungo periodo: maggior numero di vitelli vivi e vitali, con maggiore peso allo svezzamento, fertilità più alta, abbassamento dell interparto, carriera riproduttiva più lunga, ecc. Inoltre, il latte prodotto dalla madre è l alimento più importante per il vitello da carne: se l alimentazione della madre è inadeguata anche la quantità di latte prodotta per il vitello sarà scarsa e il suo sviluppo e accrescimento saranno compromessi a scapito dell intera carriera produttiva. I VINCOLI NORMATIVI La normativa di riferimento parte dal regolamento CEE 2092/91, relativo al metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli e all indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari. Il regolamento CE 1804/99 e successive modifiche integra il precedente per quanto riguarda la produzione zootecnica. Successivamente sono state introdotte modifiche che riguardano l etichettatura dei mangimi e delle materie prime per mangimi destinati all alimentazione biologica (regolamento CE 223/2003) e le possibili integrazioni (regolamento CE 599/2003). Ulteriori e importanti modifiche sono state apportate con il regolamento CE 2277 della Commissione del 22 dicembre Le modalità di attuazione per l Italia sono riportate nei decreti ministeriali del 4 agosto del 2000 e del 29 marzo del La Regione Emilia-Romagna ha regolamentato la zootecnia biologica sul proprio territorio con l approvazione della delibera della Giunta n. 794 del 5 maggio 2003, fornendo indicazioni agli operatori del settore e agli organismi di controllo circa l applicazione del regolamento CEE 2092/91 e del regolamento CE 1804/99 nel settore della produzione e della trasformazione dei prodotti da agricoltura biologica zootecnici. Questa delibera, che è stata ratificata dal Consiglio regionale, sostituisce nella regione i decreti applicativi del MIPAF e per quanto non espressamente previsto rimanda ai citati regolamenti, alle loro modifiche e integrazioni. COSA DICE LA NORMATIVA Gli erbivori devono consumare alimenti biologici prodotti nell unità di produzione o, qualora non sia possibile, da altre aziende biologiche: almeno il 50% della razione annuale deve provenire dall unità di produzione stessa o essere ottenuto in cooperazione con altre aziende che applicano il metodo di produzione biologico. È vietato l uso di alimenti geneticamente modificati o derivati da organismi geneticamente modificati. Tutte le partite di prodotto di origine non biologica destinate all alimentazione degli animali devono essere corredate da risultati analitici che attestino l assenza di ogm dal prodotto o dalla miscela (nel caso di prodotti importati da Paesi terzi) oppure da dichiarazione da parte del fornitore che attesti l assenza di ogm (per prodotti di origine nazionale o comunitaria). È vietato l uso di materie prime prodotte o preparate con l uso di solventi chimici (ad esempio farine proteiche da estrazione con solventi chimici) e di aminoacidi sintetici. L uso delle materie prime di origine animale è limitato al latte e ai prodotti lattiero-caseari. I vitelli devono ricevere latte naturale, preferibilmente quello materno, per un periodo minimo di 3 mesi. In Emilia-Romagna, previa autorizzazione scritta dell organismo di controllo e per un periodo limitato, è possibile utilizzare latte naturale ricostituito e non addittivato di sostanze non ammesse dai regolamenti CEE 2092/91 e CE 1804/99. Per i bovini i sistemi di allevamento devono basarsi in massima parte sul pascolo. Almeno il 60% della sostanza secca di cui è composta la razione giornaliera deve essere costituito da foraggi freschi, essiccati e insilati. Si possono utilizzare alimenti in fase di conversione fino al 30% della razione; tale percentuale sale al 60% se prodotti in azienda. In carenza di alimenti di origine biologica, con deroga può essere introdotta nella razione una quota di alimenti convenzionali pari al 10% della sostanza secca della razione annuale, in ogni caso al massimo il 25% della sostanza secca della razione giornaliera (le percentuali sono da calcolare solo sugli alimenti di origine agricola). 2

3 I VINCOLI TECNICI Quali sono i fabbisogni dei bovini da carne in produzione biologica? Negli animali da carne i fabbisogni alimentari dipendono molto dal tipo genetico. La produzione di carne bovina può derivare da: razze tipiche da carne o loro incroci; vitelli di razze da latte o loro incroci. La normativa dice di preferire razze autoctone e ceppi rustici, valorizzandone l adattabilità alle condizioni specifiche del territorio di origine come misura di profilassi sanitaria. Perciò le razze bovine allevabili possono essere molto diverse fra loro per morfologia, precocità e potenziale produttivo. Per precocità si intende la capacità di raggiungere velocemente la maturazione commerciale; essa è condizionata principalmente dal patrimonio genetico e dal sesso. I tipi tardivi danno buoni accrescimenti anche a pesi vivi elevati e raggiungono la composizione corporea tipica dell adulto a pesi superiori, a causa del ritardato accumulo di tessuto adiposo. A parità di razza le femmine sono più precoci dei maschi interi. Tanto più le razze sono tardive quanto più le fasi di accrescimento e di ingrasso sono diverse fra loro per lunghezza ed esigenze alimentari. In genere, i bovini maschi delle razze da latte o loro incroci hanno un ciclo vitale relativamente breve (14-16 mesi) ed è più difficile identificare un periodo di accrescimento e uno di finissaggio. Nelle razze specializzate da carne i periodi sono ben distinti; inoltre, esistono differenze nella durata dell accrescimento fra quelle tipiche francesi (tardive, sino a 18 mesi) e le razze bianche italiane (molto tardive, oltre 18 mesi). Dal punto di vista alimentare le due fasi si caratterizzano per la concentrazione energetica della razione che cresce progressivamente dall accrescimento all ingrasso, al contrario di quanto avviene per la quota proteica. Per queste ragioni i fabbisogni alimentari dei bovini da carne devono essere individuati in funzione del potenziale produttivo della razza allevata e dei sistemi di allevamento adottati: pascolamento e condizioni climatiche avverse possono, infatti, determinare variazioni consistenti dei fabbisogni. Quanta energia nella razione? Gli alimenti energetici permessi nel metodo biologico sono tutti di origine vegetale: essi possono costituire al massimo il 40% della sostanza secca della razione. I vincoli imposti determinano concentrazioni energetiche medie o medio-basse (a seconda della possibilità o meno di produrre insilato di mais), distanti da quelle utilizzate nell ambito dell allevamento intensivo. Per questo motivo la quota foraggera della razione dovrà essere necessariamente di qualità elevata; in pratica, ci si deve avvicinare agli standard qualitativi dei foraggi utilizzati per le vacche da latte. La variabilità delle disponibilità quali-quantitative di foraggio nel corso della stagione di pascolamento tipica delle aree appenniniche - caratterizzata da due periodi di stasi vegetativa (invernale ed estiva), con una forte produzione foraggera in primavera e una leggera ripresa delle produzioni dei cotici in autunno - è tale da non garantire regolari performance produttive. Come apportare la quota proteica della razione? Il divieto di utilizzazione di alimenti geneticamente modificati o derivati da questi e di farine proteiche da estrazione con solventi chimici può determinare problemi a livello di formulazione delle razioni. Il costituente principale dei nuclei proteici generalmente utilizzati per i ruminanti è rappresentato dalla soia, in genere come farina residuale dopo l estrazione dell olio. Attualmente risulta molto difficoltoso reperire, con continuità e certezza, soia e/o suoi derivati non ogm. Il metodo biologico riporta così di attualità alimenti zootecnici poco utilizzati come favino, pisello proteico, lupino, ecc. Purtroppo anche questi prodotti sono caratterizzati da un elevata incostanza nella disponibilità di mercato e di conseguenza nel prezzo. Per contro, la loro auspicabile produzione aziendale impone la soluzione di altri tipi di problematiche come, ad esempio, l immagazzinamento e i trattamenti necessari a migliorare la digeribilità delle granelle integrali (fioccatura, tostatura). In virtù di quanto detto, anche nel caso dei bovini da carne, i foraggi, e in modo particolare quelli di leguminose, assumono un ruolo molto importante nella costituzione della quota proteica della razione. Come realizzare l integrazione minerale e vitaminica? La normativa fornisce liste positive, cioè elenchi delle sostanze ammesse per realizzare l integrazione delle diete per i bovini in produzione biologica. Ciò significa che quanto non espressamente contemplato dagli elenchi è vietato. Esiste un elenco di materie prime per mangimi utilizzabili per apportare i macroelementi sodio, calcio, fosforo, magnesio e zolfo; possono, inoltre, essere forniti gli 8 microelementi ferro, iodio, cobalto, rame, manganese, zinco, molibdeno e selenio mediante alcuni prodotti specificatamente indicati. Come additivi possono essere utilizzati soltanto alcuni di quelli riportati nella direttiva 70/524/CEE per le categorie leganti, anti-agglomeranti e coagulanti, conservanti, microrganismi, enzimi e ausiliari di fabbricazione per insilati, anche se in Emilia-Romagna è applicabile, per i ruminanti e fino al 31/12/2005, l autorizzazione concessa con il regolamento CE 599/2003 all uso di vitamine A, D ed E di sintesi ma identiche a quelle naturali. In forza della stessa norma si possono usare anche lieviti di birra qualora ne sia dimostrata la necessità per salvaguardare la salute e il benessere degli animali. 3

4 GLI APPORTI RACCOMANDATI Non esistono apporti esplicitamente raccomandati per i bovini da carne in produzione biologica. Come già evidenziato, i fabbisogni dei bovini da carne variano molto in funzione del tipo genetico e di conseguenza della capacità produttiva. Qui si è scelto di fare riferimento a fattrici di circa 650 kg di peso vivo e per l ingrasso si considerano sia soggetti di razze precoci o medio-precoci, quali possono essere i derivati da razze da latte o loro incroci, sia di razze tardive da carne. Gli apporti proposti sono quelli minimi indicati per produzioni convenzionali, ma bisogna tenere conto che il regolare esercizio fisico, così come il pascolamento in funzione della pendenza del terreno e le avverse condizioni atmosferiche possono incrementare i fabbisogni energetici anche di oltre il 20%. Il razionamento nella fattrice da carne deve garantire una fertilità adeguata (con l obiettivo di un parto all anno) e una buona produzione di latte per l allevamento del vitello, mentre il vitellone deve giungere al finissaggio dopo aver sviluppato al massimo le sue potenzialità di crescita. È possibile ottenere questo risultato curando in modo particolare l alimentazione durante le fasi di svezzamento (e quindi la migliore razione possibile somministrata alla fattrice che lo allatta) e accrescimento (fortemente dipendente dal tipo genetico). Errori di razionamento in questi periodi sono difficilmente recuperabili nelle fasi finali di crescita e finissaggio, con gravi conseguenze per il reddito aziendale. Apporti nutritivi giornalieri di riferimento per vacche da carne nei diversi stadi fisiologici DA RICORDARE Le razze da carne tipiche italiane, la Chianina in modo particolare, si caratterizzano per: una elevata capacità di ingestione (+10%); maggiori fabbisogni proteici (+20%) rispetto ai riferimenti tabellari francesi. Mantenimento vacca di 650 kg peso vivo Vacca all 8 mese di gravidanza 650 kg peso vivo Vacca in lattazione (per 1 kg di latte al 4% di grasso da aggiungere al mantenimento) Sostanza secca (s.s.) (kg) ,2-0,3 Unità foraggere latte (UFL) (n.) ,4-0,5 Proteine grezze (g) Calcio (g) ,2 Fosforo (g) ,7 Apporti nutritivi giornalieri di riferimento per bovini da carne Apporti per bovini da carne di razze precoci o medio-precoci, incremento di circa g/giorno peso vivo (kg) ingestione vol. di s.s. (% p.v.) UFC (n./kg s.s.) proteina grezza (% s.s.) 250 2,3-2,6 0,73-0, ,2-2,4 0,74-0, ,1-2,3 0,75-0, ,0-2,2 0,75-0, ,0-2,1 0, ,9-2,1-0, Apporti nutritivi di riferimento per bovini da carne di razze tardive, incremento di circa g/giorno peso vivo (kg) ingestione vol. di s.s. (% p.v.) UFC (n./kg s.s.) proteina grezza (% s.s.) 300 2,1-2,3 0, ,8-1,9 0, ,7-1,8 0, ,5-1,6 0,88 13 I fabbisogni delle vacche da carne sono relativi a tre stadi fisiologici principali. Periodo parto-svezzamento. Rappresenta la fase più importante del ciclo riproduttivo, in quanto oltre all allattamento del vitello in questo periodo si inserisce la ripresa dell attività riproduttiva per il parto successivo. La copertura dei fabbisogni deve essere in grado di favorire la massima produzione di latte e garantire una buona fertilità. Periodo di mantenimento. Periodo più o meno lungo in funzione dell età allo svezzamento del vitello. L alimentazione in tale periodo non pone particolari problemi e può essere effettuata con soli foraggi. Eventuali apporti di concentrati sono consigliati solo se la condizione corporea scende sotto livelli accettabili all inizio degli ultimi 3 mesi di gravidanza. Ultimi tre mesi di gravidanza. È una fase importante e delicata a cui la fattrice deve giungere in ottimo stato fisico. Un eventuale sottoalimentazione sarebbe grave e compromissoria per il futuro allattamento e la ripresa dei calori. Nel caso di primipare occorre tener conto dei fabbisogni necessari al completamento dell accrescimento corporeo. I soggetti all ingrasso appartenenti a razze precoci o medio-precoci hanno un fabbisogno energetico che si accresce lentamente ma in modo lineare, così come quello proteico si riduce all aumentare del peso. La razione ha come obiettivo l ottenimento di un rapido accrescimento nella parte iniziale dell ingrasso e il raggiungimento di pesi non eccessivi alla macellazione per non avere carcasse troppo grasse. In zootecnia biologica, dove il ricorso agli insilati è scarso, questo orientamento della razione può essere molto utile in quanto anche con una forte incidenza della base foraggera nella razione è possibile ottenere buoni incrementi ponderali sfruttando i rapidi accrescimenti dell età giovanile piuttosto che mediante forti apporti di concentrati. I bovini di razze da carne tardive presentano esigenze nutrizionali che differiscono dai precedenti per i seguenti motivi: una capacità d ingestione inferiore; una minore precocità che permette il raggiungimento di pesi più elevati, ma determina un allungamento del periodo di finissaggio. Tutto questo obbliga a innalzare la concentrazione energetica della razione; ciò comporta alcuni problemi nel razionamento di finissaggio in quanto il massimo del 40% di s.s. giornaliera somministrabile da concentrati può non essere sufficiente a fornire l energia necessaria. Ovviamente con l utilizzazione di silomais il problema è meno sentito. 4

5 LA SCELTA E L APPROVVIGIONAMENTO DEGLI ALIMENTI La dieta dei bovini, in particolare di quelli allevati secondo il metodo biologico, è basata sui foraggi, direttamente pascolati e/o coltivati nell azienda, raccolti e conservati per salvaguardarne le caratteristiche nutrizionali e inseriti in sistemi di razionamento tesi a favorire la salute dei bovini e la qualità e la quantità delle produzioni. Di conseguenza è sulla loro qualità che si gioca la qualità nutrizionale della razione. Stante le limitazioni del regolamento, solo utilizzando ottimi foraggi, ricchi in energia e proteine ci si può avvicinare alla copertura dei fabbisogni. Non soddisfare le esigenze degli animali, utilizzando per esempio alimenti scadenti, è ovviamente scorretto dal punto di vista zootecnico, ma anche totalmente in contrasto con i concetti di base e gli obiettivi del metodo biologico in zootecnia, per i quali l alimentazione rappresenta uno dei mezzi per garantire la salute e il benessere degli animali. In merito alle condizioni che influenzano la qualità dei foraggi, la scelta delle foraggere, la tecnica colturale e i sistemi empirici di valutazione della qualità dei fieni, le modalità dell insilamento e la qualità degli insilati si rimanda all opuscolo CRPA Notizie n. 8/2003. Si ritiene utile, inoltre, richiamare lo stesso opuscolo per quanto riguarda le considerazioni relative ai mangimi e alla normativa concernente i requisiti in materia di etichettatura riferiti al metodo di produzione biologico per i mangimi, i mangimi composti per animali e le materie prime per mangimi. In questo contesto si approfondiscono alcune questioni legate al miglioramento del cotico erboso e della produzione dei pascoli. PASCOLO Nell allevamento biologico l utilizzazione del pascolo per i ruminanti è considerata essenziale, e deve esserne garantita agli animali una fruizione adeguata. Si vedano le informazioni fornite nell opuscolo CRPA Notizie n. 1/2001 in merito alla tecnica di pascolamento che meglio si adatta alle diverse realtà aziendali e alla sua applicazione. In questo opuscolo si vuole rimarcare che la composizione floristica dei pascoli è determinante per la qualità del foraggio che il bestiame assume e per i risultati del razionamento. Classificazione delle specie vegetali in base al loro valore foraggero Ottime foraggere Anthoxantum odoratum (paleino odoroso) Arrhenatherum elatius (avena maggiore) Cynosurus cristatus (coda di cane) Dactylis glomerata (erba mazzolina) Festuca arundinacea, F. rubra e F. ovina Lolium perenne (loietto inglese) Phleum pratense (coda di topo) Poa spp. Buone foraggere Agrostis spp. Alopecurus spp. Bromus erectus, B. mollis (spigolino) Briza media (tentennino) Koeleria cristata Lolium rigidum Vulpia myuros Erbe di scarso valore Agropyrum repens (dente canino) Brachypodium pinnatum Bromus sterilis (forasacco) Hordeum secalinum Festuca spadicea Nardus stricta (cervino) Sesleria spp. Lotus corniculatus (ginestrino) Medicago spp. (erba medica) Trifolium spp. (trifoglio) Anthyllis vulneraria (vulneraria o trifoglio giallo delle sabbie) Coronilla spp. Galega officinalis (capraggine) Achillea millefolium (millefoglio) Plantago montana Poterium sanguisorba (pimpinella) Taraxacum officinalis (dente di leone) Leontodon spp. Crepis vesicaria Plantago lanceolata (lanciola) Salvia pratensis (salvia dei prati) Capsella bursa-pastoris Daucus carota (carota) Helichrysum italicum (semprevivo) Rhinanthus crista-galli MIGLIORAMENTO DEI PRATO-PASCOLI IN MONTAGNA Le produzioni dei prato-pascoli in genere sono piuttosto scarse: in Emilia-Romagna i dati sperimentali indicano produzioni, ottenibili nell alto appennino, senza alcun apporto fertilizzante, pari a 3-3,5 t/ha/anno di sostanza secca nella media delle diverse situazioni pedoclimatiche. Tuttavia tali produzioni possono variare da 1-1,5 fino a 5 t/ha/anno in funzione dell altitudine, della fertilità del terreno e dell eventuale apporto di fertilizzante. Nella fascia collinare le produzioni sono più elevate, in media pari a 5-7 t/ha/anno di sostanza secca. Ipotizzare un incremento dell utilizzazione del pascolo all interno dei sistemi produttivi zootecnici biologici significa cercare di migliorarne la produttività mediante opportuni interventi colturali e gestionali e l adozione di adeguate tecniche di pascolamento. Il miglioramento della produzione foraggera dei prato-pascoli può avvenire essenzialmente attraverso due tipologie di interventi: operazioni che portano al miglioramento del cotico esistente oppure al suo rifacimento. 5

6 Il miglioramento del cotico esistente È il sistema più semplice, meno costoso, che non ha alternative ad altitudini elevate ma anche su terreni sassosi, superficiali e in forte pendenza. Il miglioramento può essere ottenuto mediante trasemina di essenze produttive quando siano presenti zone nude o cotici rarefatti. Questa tecnica in appennino presenta frequenti insuccessi a causa delle ricorrenti siccità estive che danneggiano l effettivo attecchimento delle foraggere traseminate. Decespugliamento, sfalci periodici, erpicature e opportuni interventi di concimazione associati o meno alla trasemina determinano effetti migliorativi del cotico di una certa rilevanza. Il rifacimento del cotico È un sistema più impegnativo del precedente e non sempre sortisce buoni risultati. L operazione può essere eseguita tramite aratura o fresature ripetute. L aratura è da escludere nei terreni superficiali, in quelli fortemente pendenti e in quelli sassosi. La fresatura ha il limite di non eliminare alcune infestanti che ricacciano negli anni successivi e in alcuni casi non crea le condizioni per un buon contatto del seme con il terreno. Che cosa riseminare e quando Vantaggi della risemina di prati polifiti composti da poche specie di graminacee e leguminose: minori rischi di insuccesso grazie alla presenza di diverse specie minor bisogno di concimazioni azotate per la presenza di leguminose foraggio più equilibrato Vantaggi della risemina di prati monofiti composti da una sola specie di graminacee: tecnica colturale (semina in particolare) più semplice abbondante produzione di foraggio e durata notevole del prato La scelta della foraggera più adatta deve riguardare non solo la specie, ma anche la varietà in funzione delle caratteristiche LE SPECIE PIÙ ADATTE ALLA TRASEMINA pedoclimatiche della zona, della longevità, della resistenza alle Fra le leguminose: trifoglio bianco, trifoglio ibrido, ginestrino, erba medica. malattie e della precocità. In produzione biologica, inoltre, la decisione è anche vincolata Fra le graminacee: erba mazzolina, fleolo o coda di alla disponibilità di seme di provenienza biologica. topo. Per i prati polifiti la risemina andrebbe effettuata in primavera il più presto possibile affinché le piante possano attecchire prima del caldo estivo. Per i prati monofiti di graminacee si consiglia una semina molto precoce in primavera, oppure dopo la metà dell estate. IL RAZIONAMENTO Poichè la sostanza secca da foraggi deve rappresentare almeno il 60% della sostanza secca della razione giornaliera, dalla qualità dei foraggi dipende anche l entità e la qualità dell integrazione minerale-vitaminica delle razioni. Foraggi e fieni ricchi in foglie sono mediamente più ricchi di macro e micro elementi rispetto a quelli dove predominano gli steli. I foraggi verdi, invece, sono buone fonti di vitamine. In particolare, le leguminose, al momento della raccolta, presentano un migliore contenuto di precursori della vitamina A rispetto alle graminacee, essendo più ricche in foglie. Le graminacee, invece, sono dotate in vitamina E, soprattutto negli stadi precoci, ma questa dotazione nel foraggio conservato può modificarsi in modo significativo, anche se insilamento e tecniche di fienagione ben condotte ne preservano buone quantità. Per quanto riguarda la vitamina D una discreta esposizione alla luce solare degli animali ne determina una normale sintesi. Gli schemi di razionamento riportati di seguito rappresentano LA QUANTITÀ DI S.S. INGERITA DA UN BOVINO ADUL- TO AL PASCOLO DIPENDE: dalla qualità e della quantità di erba ingerita; dal sistema di pascolo adottato; dall altezza dell erba. In buone condizioni di pascolo è ipotizzabile una ingestione giornaliera di circa 8 kg di sostanza secca. esempi estremamente semplificati di diete: hanno però lo scopo di dimostrare la possibilità di utilizzare alimenti di facile gestione e per la massima parte prodotti in azienda. SCHEMI DI RAZIONI PER VACCHE DA CARNE IN GRAVIDANZA E IN LATTAZIONE Negli schemi proposti l alimentazione della fattrice si basa sull uso quasi esclusivo di foraggi (pascolati e non); i concentrati sono somministrati in quantità limitate. Caratteristiche della fattrice 650 kg di peso vivo età 48 mesi condizione corporea buona 8 mese di gravidanza allevata in stabulazione libera Parti distribuiti nell anno Pisello/favino seme integrale (kg) 13,00 0,40 0,30 0,20 0,10 UFL (n./kg s.s) 12,34 7,87 0,

7 Caratteristiche della fattrice 650 kg di peso vivo età 48 mesi condizione corporea buona 2 mese di lattazione, con una produzione media giornaliera pari a 7 kg di latte al 4% di grasso allevata in stabulazione libera e al pascolo Erba di prato pascolo (kg) Pisello/favino seme integrale (kg) 7,00 4,00 15,00 0,60 0,40 0,20 UFL (n./kg s.s) 14,09 13,02 0,72 88 Le razioni proposte fanno riferimento a un sistema semi-confinato (allevamento in stalla a stabulazione libera nel periodo invernale e in prossimità del parto) con alimentazione che prevede lo sfruttamento del pascolo quando le condizioni della fattrice e del cotico erboso lo consentono, opportunamente integrata con foraggi conservati. Quelle suggerite sono razioni medie, quindi in funzione del momento dell anno l incidenza di una porzione foraggera rispetto ad un altra può variare in modo considerevole. Le razioni esemplificate risultano sostanzialmente corrette per quanto riguarda gli apporti in energia e proteine. SCHEMI DI RAZIONI PER BOVINI ALL INGRASSO DI TIPO GENETICO A PRECOCITÀ INTERMEDIA Caratteristiche dei bovini all ingrasso 300 kg di peso vivo medio obiettivo incremento ponderale: g/giorno in stabulazione libera e/o al pascolo fino a 12 mesi di età Caratteristiche dei bovini all ingrasso 500 kg di peso vivo medio obiettivo incremento ponderale: g/giorno in stabulazione libera media distribuita nel periodo Erba di prato pascolo (kg) Pisello/favino seme integrale (kg) senza insilato di mais Pisello/favino seme integrale (kg) con insilato di mais Insilato di mais 35% s.s. (kg) Pisello seme integrale (kg) 5,00 0,75 0,50 0,25 5,00 1,70 0,20 1 1,60 1,20 0,40 6,57 12,77 0, ,42 11, ,05 10,96 0,86 66 Le razioni proposte risultano sostanzialmente corrette per quanto riguarda gli apporti di energia e proteine. La razione per bovini di 500 kg senza insilato di mais è al minimo per quanto riguarda il rapporto foraggi:concentrati. SCHEMI DI RAZIONI PER BOVINI ALL INGRASSO DI TIPO GENETICO TARDIVO (RAZZE SPECIALIZZATE DA CARNE) Caratteristiche dei bovini all ingrasso 300 kg di peso vivo medio obiettivo incremento ponderale: g/giorno in stabulazione libera e/o al pascolo fino a 12 mesi di età media distribuita nel periodo Erba di prato pascolo (kg) Pisello seme integrale (kg) 3,00 4,00 1,50 7,09 13,92 0,

8 Caratteristiche dei bovini all ingrasso 500 kg di peso vivo medio senza insilato di mais obiettivo incremento ponderale: g/giorno in stabulazione libera Pisello seme integrale (kg) con insilato di mais Insilato di mais 35% s.s. (kg) Pisello seme integrale (kg) 3,00 3,00 1,20 0,90 2,50 9,00 8,84 12,5 60,00 8,81 12,65 0,90 61 Le razioni proposte risultano abbastanza corrette per gli apporti di proteine, mentre per quanto riguarda il livello energetico solo la razione con insilati raggiunge gli apporti raccomandati. Le razioni senza insilati sono al minimo per quanto riguarda il rapporto foraggi:concentrati, con una quantità di foraggi al limite della capacità d ingombro. I PIANI COLTURALI Nel metodo biologico la trasformazione delle colture in prodotto zootecnico va vista come un opportunità economica e non solo come vincolo. In quest ottica la produzione agricola è pianificata in funzione dei bisogni dell allevamento. Di seguito si propone, a titolo di esempio, una rotazione colturale per un azienda a ciclo chiuso di collina con lo scopo di dimostrare la possibilità tecnica di produrre in azienda la maggior parte degli alimenti da destinare ad un allevamento bovino da carne. Non è prevista la produzione di insilati. Il piano comprende una quota consistente di prato permanente o prato-pascolo. Se l elevata presenza di prato dovesse costituire un limite si può sostituire una parte del foraggio di prato stabile con quello prodotto dai medicai di vecchio impianto, i quali sono diventati naturalmente ricchi di graminacee. Nel computo delle superfici aziendali si è tenuto conto di questo fatto. ROTAZIONI PER UN AZIENDA A CICLO CHIUSO CON 30 VACCHE NUTRICI Sulla base delle razioni ipotizzate in precedenza si possono stimare le quantità di alimenti necessarie per alimentare la mandria nel corso dell anno. COMPOSIZIONE MEDIA ANNUA DELLA MANDRIA Mandria da riproduzione: 2 vitelle fino a 6 mesi di età 5 manzette da 7 a 12 mesi di età 32 fattrici + primipare Mandria da ingrasso: 11 soggetti maschi e femmine fino a 6 mesi di età 11 soggetti maschi e femmine da 7 a 12 mesi di età 11 soggetti maschi e femmine da 13 fino a 18 mesi di età Alimenti Quantità (t anno tal quale) Erba medica fieno 91 Prato stabile fieno 91 Erba prato 155 Pisello 12 Orzo 14 Mais 25 Crusca di frumento 1 Nell esempio viene impostata una rotazione di 6 anni per un azienda collinare che pratica un periodo di 3-4 mesi all anno di pascolamento per il bestiame fino a 12 mesi di età e per la mandria delle fattrici su superfici a prato-pascolo fuori rotazione o sui medicai di 4 anni, ormai ricchi di graminacee. Gli appezzamenti in rotazione sono di 4 ha ciascuno. Medica 1 anno Medica 2 anno Medica 3 anno Orzo Pisello Produzione totale annua dei medicai aziendali: 90 t di fieno. Copertura dei fabbisogni aziendali: 100% Produzione totale annua: 16 t di granella. Copertura fabbisogni: 100% Produzione totale annua: 14 t di granella. Copertura fabbisogni: 100% Prato-pascolo fuori rotazione (18 ha) e medicai di 4 anno (4 ha). La produzione primaverile viene affienata. I ricacci successivi sono pascolati per il 70% della superficie mentre la quota restante è destinata a fieno. In questo modo si producono circa 90 t di fieno e gli animali pascolano circa 150 t di erba, coprendo appieno i fabbisogni annui di tali alimenti. C.R.P.A. notizie Direttore Responsabile A. Magnavacchi. Testi di M. Ligabue, M.T. Pacchioli, P. Vecchia. Revisione testi di M.C. Schiff. Stampa Tecnograf - Reggio Emilia. 8 Ogni riproduzione, integrale o parziale, deve essere autorizzata dal CRPA

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