160 Rivista bimestrale di politica sociosanitaria fondata da L. Gambassini Giunta Regionale Toscana. Anno XXIX - Gennaio-Febbraio 2007.

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1 eterritorio Direttore responsabile Mariella Crocellà Redazione Antonio Alfano Gianni Amunni Alessandro Bussotti Francesco Carnevale Bruno Cravedi Laura D Addio Gian Paolo Donzelli Claudio Galanti Marco Geddes Valtere Giovannini Carlo Hanau Gavino Maciocco Mariella Orsi Daniela Papini Paolo Sarti Luigi Tonelli Alberto Zanobini Collaboratori Marco Biocca, Centro Documentazione Regione Emilia-Romagna Eva Buiatti, Osservatorio Epidemiologico, Agenzia Regionale di Sanità della Toscana Ivan Cavicchi, Università La Sapienza e di Tor Vergata - Roma Giuseppe Costa, Epidemiologia - Grugliasco, Torino Nerina Dirindin, Assessore alla Sanità, Regione Sardegna Luca Lattuada, Agenzia Regionale della Sanità - Friuli Pierluigi Morosini, Istituto Superiore di Sanità - Roma Emanuele Scafato, Istituto Superiore di Sanità - Roma Comitato Scientifico Giovanni Berlinguer, Professore Emerito Facoltà di Scienze - Roma Giorgio Cosmacini, Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospitaliera - Reggio Emilia Silvio Garattini, Istituto Negri - Milano Donato Greco, Direttore Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute Elio Guzzanti, Docente di Organizzazione Sanitaria - Facoltà di Medicina e Chirurgia A. Gemelli - Roma Segreteria di redazione Simonetta Piazzesi 349/ Segreteria informatica Marco Ramacciotti Direzione, Redazione Via Delle Belle Donne, Firenze Tel. 055/ salute.territorio@virgilio.it Edizioni ETS s.r.l. Piazza Carrara, 16-19, I Pisa Tel. 050/ Fax 050/20158 info@edizioniets.com Distribuzione PDE, Via Tevere 54, I Sesto Fiorentino [Firenze] Questo numero è stato chiuso in redazione il 15 marzo Rivista bimestrale di politica sociosanitaria fondata da L. Gambassini Giunta Regionale Toscana Sommario Anno XXIX - Gennaio-Febbraio G. Negrini Relazione tra paziente e professionisti sanitari Spazio Toscana 8 S. Albolino, T. Bellandi Buone pratiche per il miglioramento della qualità dell assistenza Monografia Il governo dell Ospedale/1 12 M. Geddes da Filicaia La reinvenzione del percorso assistenziale 15 C.R. Tomassini, Opinioni a confronto M. Geddes da Filicaia Esperienze di riorganizzazione 18 A. Rosselli Il Dipartimento di Emergenza 22 W. Orlandi, E. Duca, M. Pioppo Aree d intensità di cura omogenee e di assistenza multispecialistica 27 P. Caltagirone, A. Zoli, Letti dipartimentali chirurgici A. Cazzaniga, C. Dadda con assistenza infermieristica modulare 31 A. Penna, I. Grossi, F. D Aloia, Degenza dipartimentale chirurgica S. Miola, C. Pissaia, M.V. Tallone, P.O. Brusori 37 A.M. Luongo, R. Facco, La gestione del blocco operatorio M.E. D Alfonso, A. Cambieri 44 E. Roccato, L. Nardi, N. Parlanti, La Chirurgia breve R. Colombai, F. Costa, L. Leoncini, L. Di Stefano, G. Carello 49 A. Zuppiroli Intensità di cure in Cardiologia 54 E. Di Ruscio, A. Santullo L Unità operativa post-acuti a conduzione infermieristica 59 F. Gemmi, N. Olimpi, S. Caini Il day service 64 Recensioni Abbonamenti 2006 Fotocomposizione e stampa Italia 41,32 Edizione ETS - Pisa Estero 46,48 I versamenti devono essere effettuati sul c/c postale intestato a Edizoni ETS s.r.l. specificando nella causale abbonamento a Salute e Territorio.

2 2 eterritorio Informazione medica N Gabriella Negrini Direttore medico Ospedali Area Ovest, Bologna Relazione tra paziente e professionisti sanitari Una panoramica disincantata, con evidenza delle criticità persistenti e auspici di cambiamento, avvistando derive pericolose, è condotta in forma dialogica tra un idealizzato maestro di arte, tecnica e saggezza: Socrates (S), e un riflessivo, curioso, giovane collega: Iatros (I). Un problema che da molti anni oramai è all attenzione sia del mondo sanitario sia della pubblica opinione appare tutt altro che risolto. Il dilagare di asserzioni e proclami sul consenso informato ha trascinato con sé forse più preoccupazioni di carattere difensivo, da parte dei sanitari, che reali variazioni di sostanza. Da più fonti si percepisce un insoddisfazione dei pazienti nei riguardi della relazione con i sanitari. Nella convinzione di una polifattorialità nel determinismo di tutto questo, in luogo di cause intese in senso proprio sarebbe preferibile parlare del concorso di elementi a diverso grado di contributo: talora condizionanti, talaltra favorenti, altre volte ancora a vera valenza causale. Se si applicasse al tema in trattazione una tecnica in auge nello studio di eventi indesiderati la root cause analysis si potrebbe slatentizzare il ruolo del sistema, dell organizzazione intesa nella più ampia accezione, ridimensionando forse il peso dei due protagonisti finali: il paziente e il professionista sanitario. Quanto tale interazione tra due singolarità risente di problematiche gravanti nel contesto in cui si cala? Può ritenersi ininfluente un assetto organizzativo indirizzato più alla produzione quantitativa che a traguardi di qualità vera? Il livello di armonia esistente tra professionisti, all interno di una stessa équipe diagnostica, di cure o assistenziale, oppure tra differenti équipes o ancora tra sanitari di diversa qualificazione non è forse in grado di condizionare la coerenza comunicativa con l assistito? Lo stesso ambito organizzativo, peraltro, non è indipendente da un più allargato insieme che lo condiziona e vincola. Relazione con il paziente cartina al tornasole della qualità dei trattamenti sanitari? Forse sì. Pur rifuggendo dalla tentazione di spostare altrove il problema e volendolo mantenere sui binari della relazione terapeutica, sembra tuttavia La Medicina narrativa, riferimento essenziale per raggiungere il consenso consapevole alle terapie e agli interventi medici. giusto tenere in conto anche i riflessi di un universo di valori, opzioni e limiti, esterno al ristretto rapporto pazienteoperatore sanitario. Discussione S: L implacabile scorrere del tempo modifica, trasforma, talvolta sconvolge abitudini, comportamenti : anche la relazione tra il malato e le persone chiamate a curarlo e ad assisterlo è mutata. Se ci volgiamo indietro, sembra che una lente abbia distorto la visuale, per quanto rapidi e significativi sono stati i cambiamenti negli ultimi due decenni, fonte di incertezze e criticità ancora oggi non superate. I: Prima di accostarci al rapporto con il malato, potrebbe essere opportuno cercare di capire quel che è successo nel rapporto tra il medico e i suoi collaboratori. Oggi si parla sempre più diffusamente di rapporto del paziente con i professionisti sanitari, non più soltanto con il medico. S: L evoluzione del rapporto tra operatori sanitari ha subito mutazioni che possono compendiarsi in tre stagioni principali: dominanza medica: tra fine 800 e 1 a guerra mondiale, con: creazione di un mercato dei servizi medici; conquista del monopolio professionale; estromissione di chi esercitava la medicina non scientifica; delimitazione delle aree di competenza con farmacisti, levatrici; dentisti consolidamento della dominanza medica tra gli anni 20 e 70. L adeguamento ai tempi del processo produttivo sanitario ha comportato un incremento e una specializzazione dei compiti che i medici non potevano essere in grado di soddisfare da soli. Ne è derivata una delega a nuove figure professionali, pur mantenendo il medico la funzione di controllo, con meccanismi di dominanza funzionale, gerarchica, isti-

3 N Informazione medica eterritorio 3 tuzionale, scientifica. Declino della dominanza medica: a partire dagli anni 80, sostenuto da: passaggio all università dei percorsi formativi di alcuni operatori sanitari; approvazione normativa dei profili professionali; riconoscimento della qualifica di professionisti sanitari a una nutrita serie di tradizionali collaboratori del medico: non più ausiliari di una professione maggiore, come in precedenza era ritenuta quella medica. I: Quanto all evoluzione del rapporto con il paziente, per semplicità esamineremo la relazione che con questi ha avuto e sta vivendo la figura più emblematica: il medico, anche se molte delle osservazioni che seguiranno possono valere anche per gli altri professionisti sanitari. S: Il modello principale, da cui prendere le mosse è quello a cui si è dato il nome di paternalismo. Lo caratterizzava un pieno affidamento del paziente al medico, con rimessione a questi di ogni decisione riguardo ai trattamenti ritenuti più indicati nello specifico caso. Non si trattava solo di fiducia che il malato doveva riporre nel medico; egli non poteva aver voce nelle scelte che pure riguardavano la sua vita e la sua salute perché solo il tecnico poteva conoscere quel che sarebbe stato il meglio. Trascorsa (forse) l epoca del paternalismo, si è affermata l autonomia: principio etico fondante e traduzione di precetti normativi di rango costituzionale (art II-63 della Costituzione europea, artt. 13 e 32 della nostra Costituzione). È iniziata la stagione del riconoscimento della libertà del paziente di decidere su tutto quanto riguarda la propria salute, secondo il particolare modo di interpretare la vita, di stabilire priorità nelle scelte; con conseguente radicale riposizionamento nei confronti del medico. I: Questo ha forse portato a sostenere che si debba incentrare la relazione sul paziente. S: La centratura vuole sottolineare l importanza di considerare una pluralità di fattori inerenti al paziente: oltre alla sua volontà, le sue aspettative, i suoi valori, le sue paure, ma sul piano speculativo non si può non rilevare come una relazione, per il suo carattere di circolarità e mutualità di scambio, non si presti ad una vera centratura. I: Oltre che per i riflessi giuridici, si è andata affermando una valenza contrattuale del rapporto tra professionista e paziente: questo presuppone una equiordinazione delle parti. S: La connotazione contrattuale, derivata dall esperienza anglosassone, è oggetto di revisione critica anche in quel contesto, allo scopo di attenuarne l estremismo poco realistico, con la reintroduzione di un approccio che, proprio sulla base dei valori espressi dal paziente, lo aiuti nella scelta a lui più consona. In ogni caso, la relazione professionista sanitario paziente si mantiene obliqua. Da una parte è un professionista, con il suo bagaglio di conoscenze; dall altra, una persona non addentro agli arcani tecnici e, soprattutto, resa più fragile dalla condizione di bisogno di aiuto. I: Su quali presupposti dovrebbe allora poggiare l esercizio dell autonomia del paziente? S: Principalmente su: capacità di intendere e volere; libertà da condizionamenti inficianti la volontà; consapevolezza delle situazioni e delle prospettive. Molti sono i fattori condizionanti la consapevolezza: capacità intellettive educazione cultura comunicazione La stessa comunicazione poggia quanto meno su: informazioni date dal professionista sanitario al paziente; informazioni fornite dal paziente al professionista sanitario; interazione tra il professionista e il paziente; disponibilità allo scambio: è indispensabile anche un tempo da dedicare a questo; si tratta di un adempimento doveroso, non di un intralcio nell erogazione di una quantità troppe volte incrementale di prestazioni; sintonia I: A prescindere dalla buona volontà del professionista, potrebbero esservi difficoltà o impedimenti indotti dall organizzazione? S: Il sistema è in grado di esercitare un influsso più o meno ragguardevole sui professionisti che vi operano, in rapporto a diversi fattori: tempo disponibile; organico di servizio; rilievo dato alla relazione con gli assistiti, non tanto sul piano formale quanto su quello dell effettività; clima organizzativo ecc. e quindi sulla relazione assistenziale. I: Ritornando al rapporto tra i due principali attori, si diceva che non è sufficiente la sola informativa trasferita al paziente. Limitandoci ad esaminare questa, tuttavia, si constata che, oltre a informazioni verbali, vengono predisposte informative scritte sempre più dettagliate, esaustive di ogni prevedibile esito favorevole e non con correlato livello di probabilità. Almeno su questo fronte, sembrerebbe si fosse raggiunto un eccellente risultato. S: Non è sempre così: quale utilità potrà sortire un informativa enciclopedica su persona sovente poco provvista di conoscenze tecniche? L effetto paradossale di un informazione ridondante nel non essenziale o eccessivamente tecnica potrebbe essere lo smarrimento del paziente, sperso in una pletora di dati. I: Su quali elementi allora dare informazione? S: In primo luogo, il contenuto dovrebbe essere essenziale, frutto di una cernita, basata su conoscenze, esperienza e senso di responsabilità del professionista, anziché sulla preoccupazione di costruirsi una difesa da eventuali contestazioni. Si può poi dare un informazione astrattamente riferita a

4 4 eterritorio Informazione medica N un trattamento teorico, con benefici e rischi desunti da letteratura. Si può altresì commisurarla alla casistica e all esperienza della particolare équipe o del singolo sanitario, per porre il paziente in condizione di effettuare raffronti e scelte. I: Il paziente ha interesse a conoscere quel che accade intorno ma ancor più quel che è proprio dell ambito a cui potrebbe decidere di affidarsi. S: Per giungere a questo, occorre disporre di una solida impalcatura metodologica per operare confronti attendibili, poiché diversi sono i fattori che possono influenzare l affidabilità dei dati delle casistiche: criteri di raccolta dei dati; numerosità e tipologia dei casi; valutazione dei risultati Nel Regno Unito, con l entrata in vigore nel 2005 di una legge varata nel 2000, che impone la trasparenza assoluta alle Amministrazioni pubbliche, i pazienti possono conoscere il curriculum di ogni sanitario, ovvero chiedere conto delle sue performances: quanti pazienti con la stessa patologia ha trattato e con quale tasso di successo. Le associazioni mediche temono, peraltro, che questo disposto finisca per essere penalizzante, oltre che per i professionisti, per gli stessi pazienti poiché è probabile che i chirurghi comincino a rifiutare i casi più difficili e dagli esiti meno favorevoli. I: In sintesi, quali caratteristiche dovrebbe dunque avere l informativa data dal professionista? S: L informazione su una prestazione sanitaria dovrebbe costituire una onesta, anticipata rappresentazione del concreto agire del professionista; compendio del suo sapere, dei suoi convincimenti, della sua tecnica, secondo i più aggiornati e validi dettami disponibili. Il linguaggio usato dovrebbe essere comprensibile ad una persona comune. L esposizione rapportata a cultura, età, tratti psicologici del paziente; veritiero, seppure con la modulazione (gradualità, prudenza ) appropriata alla specifica situazione. La verità poi, in campo medico, non può tradursi in semplice e fredda trasmissione di dati clinici. Secondo gli oncologi Tobias e Souhami, l informazione è un processo continuo che dovrebbe avvenire con prudenza, delicatezza e per gradi; un informazione completa può rivelarsi inutilmente crudele e, se in molte discipline mediche è auspicabile un rapporto sincero ed onesto con il paziente, non è così per tutti gli ambiti e neppure in misura uguale per tutti i Paesi, se di diversa cultura. Per la nostra Corte di Cassazione, l informazione fa parte della buona condotta di un professionista; costituisce un vero e proprio dovere contrattuale; è parte integrante della stessa prestazione sanitaria; dalla sua omissione possono derivare responsabilità professionali e pretese risarcitorie. I: Riguardo poi al tempo dell informazione? S: L informazione deve precedere il trattamento, in situazioni non urgenti, di un congruo tempo, per permettere al paziente una riflessione, il consulto di persone di fiducia o di altri professionisti. Non possono non intravedersi i limiti di informazioni date all indomani di un evento di disagio o dell apprendere di malattia a prognosi severa oppure alla vigilia di un intervento sperato riparatore, in condizione di stress e fragilità che non favorisce una ragionata disamina. Un informativa di poco antecedente un trattamento, anche se ben formulata, potrebbe essere ritenuta bastevole per i sanitari ma non parimenti utile per i pazienti. I: Il rispetto dell autonomia del paziente consente al professionista di esprimere il proprio avviso senza che questo si traduca in condizionamento dell assistito? S: Il personale convincimento del professionista sulla efficacia di un trattamento sanitario è molto importante e l interpretazione che egli dà dei risultati, personalmente o da altri conseguiti, può certamente influenzare la decisione del paziente. Gracely, ricercatore sul dolore, ha dimostrato quale ruolo fondamentale nella risposta di un paziente abbia il modo in cui i sanitari gli propongono la terapia. Se essi credono nella sua efficacia e riescono a trasmettere tale convinzione ai pazienti, i trattamenti potrebbero sortire maggiore efficacia. I: T. Jefferson nel 1801 diceva che il placebo è una frode sì, ma a fin di bene Gli studi eseguiti sugli effetti placebo hanno dimostrato quale sia l influsso sulla biologia umana del variegato mondo dei significati in cui l uomo è immerso. I cambiamenti non sono indotti da sostanze inerti ma da una risposta al significato. S: Le informazioni che i pazienti possiedono e il significato delle loro esperienze è alla base dell efficacia di una parte rilevante di trattamenti. Anche alcuni fattori formali (forma, colore di farmaci) possono bastare a indurre effetti diversi: 2 compresse funzionano più di 1; le iniezioni più delle pillole; talvolta la chirurgia inerte sortisce gli effetti di quella vera Se quindi personalità, carisma, capacità espositiva, partecipazione alla vicenda personale del paziente, potere persuasivo sono tutti ingredienti condizionanti il prodotto informativo e la ricezione dello stesso, non potendo impedire al professionista di esternare il proprio avviso, occorre richiedergli di manifestarlo dando altresì conto di altre possibili opzioni. I: Da un lato si pone l autonomia del paziente, dall altro si situa l autonomia del professionista: l equilibrio non sembra sempre agevole. S: Un equilibrio va necessariamente ricercato, con prudenza e riflessione, tenendo in debito conto che per il paziente è in gioco la sua persona e la sua salute; per il sanitario, la sua integrità professionale e i risvolti etici e giuridici del suo operato. I: Come risolvere poi l enigma della certezza di comprensione del messaggio informativo?

5 N Informazione medica eterritorio 5 S: Alcuni sono convinti che certezza si ottenga facendo ripetere al paziente, con parole sue, quel che il sanitario gli ha spiegato, ma anche questo non garantisce dell effettiva comprensione. Attenzione poi va posta nel verificarne la persistenza nel tempo, poiché naturali processi di rimodellamento della memoria o atteggiamenti psicologici del paziente potrebbero apportare variazioni anche sostanziali. Parole degne di meditazione sembrano essere quelle del Pirandello dei Sei personaggi in cerca d autore : E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo ch egli ha dentro? o di Uno, nessuno, centomila : Dopo una buona oretta di conversazione, ci siamo intesi perfettamente. Domani mi venite con le mani in faccia, gridando: Ma come? Che avete inteso? Non mi avete detto così e così? Così e così perfettamente. Ma il guaio è che voi caro, non saprete mai, né io vi potrò mai comunicare come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no! Abbiamo usato, io e voi, la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io nell accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d intenderci; non ci siamo intesi affatto. I: Si diceva essere importante anche il flusso informativo dal paziente al professionista. S: È certamente di grande rilievo perché permette di conoscere problemi che potrebbero condizionare il seguito diagnostico-terapeutico. Oltre a questo, il valore inestimabile di uno scambio fluido e sereno va ricercato nell instaurarsi di un rapporto di fiducia, di partecipazione, di alleanza, che influisce sia sul prosieguo della relazione, sia sul risultato complessivo di un trattamento. I: Si va diffondendo il suggerimento di integrare alla Medicina basata sulle evidenze la Medicina narrativa, che dà spazio al personale vissuto del paziente, valorizzandone le esperienze, il sentire, le attese S: La Medicina narrativa stimola tre processi, ma non dimentichiamo che esige un adeguato tempo: un anamnesi esistenziale e relazionale del vissuto del paziente (non solo la malattia ma anche il malessere); la costruzione tra medico e paziente del significato del vissuto di malattia e l apertura progressiva della biomedicina ai contributi delle medicine complementari, naturali e del quotidiano; la crescita di un dialogo con la Sociologia, la Psicologia e l Antropologia. I: Nell attuale società multietnica, per il professionista sanitario è forse ancor più difficile interpretare i problemi e le attese del paziente. S: Vi è chi ha paragonato il medico a un etnografo che, oltre a raccogliere dati e narrazioni, deve anche interpretare, tradurre non solo dal credere soggettivo del paziente al sapere oggettivo del professionista, ma anche da un linguaggio culturalmente e socialmente connotato ad altro linguaggio pure culturalmente e socialmente connotato. I: Potrebbe, peraltro, emergere dissonanza tra l opinione del professionista e quella del paziente. S: Non ci si deve stupire se dal confronto emergono dissonanze; i punti di vista possono divergere legittimamente sia perché il paziente ritiene di non aderire alla proposta del sanitario, sia perché alla richiesta del paziente è il sanitario a ritenere di non poter dar seguito. Il rifiuto di un trattamento da parte del paziente o il diniego di una prestazione da parte del professionista possono rappresentare, talvolta, l esito di un interazione che pure è stata corretta e inappuntabile. Importante è che non si stabilisca un antagonismo tra le parti. I: L articolazione del sistema sanitario espone anche al pericolo di incongruenze tra diversi sanitari nel comunicare con il paziente. S: Il pericolo è reale e sempre in agguato. Un ulteriore fattore che grava sulla relazione professionista-paziente è dato dalla qualità della comunicazione e dall armonia tra operatori sanitari (ancora un richiamo all aspetto organizzativo). Quanto minore è la coesione all interno di una équipe o tra gruppi diversi, tanto maggiore è il potenziale di dissonanza comunicativa verso il paziente. I: La rimbombante locuzione consenso informato è dunque una ridondanza o, per contro cela equivocità se non insufficienza di contenuto? S: Non può esistere consenso in carenza di consapevolezza del chiamato a consentire; dunque l informazione del sanitario è presupposto necessario ma non sufficiente per la validità della volizione del paziente. I: Della consapevolezza, come frutto non solo di informazione unilaterale, si è detto; tuttavia ulteriori requisiti non devono difettare. S: Il consenso deve essere dato: da chi ha titolo: interessato o suo rappresentante legale; prima dell atto sanitario; con specifico riguardo a tale trattamento; in libertà, quindi senza coercizione o condizionamenti di sorta. I: Si è già detto che l informativa sanitaria dovrebbe, di norma, precedere l espressione del consenso di un tempo congruo a consentire al paziente di meditare e decidere; riguardo alla volontà del paziente, questa potrebbe essere anche molto anticipata rispetto a un trattamento? S: Il dibattito dottrinario è ancora aperto in proposito e vivace è il confronto tra chi sostiene l indefettibilità della attualità del volere e chi, per contro, è fautore di dichiarazioni anticipate del paziente. L evoluzione normativa sem-

6 6 eterritorio Informazione medica N brerebbe indirizzarsi verso questa seconda tesi. I: Nella documentazione sanitaria, soprattutto nelle cartelle di ricovero, si rinviene una messe copiosa di carte, denominate consensi: formulari all apparenza inappuntabili. S: Il consenso non si risolve in un modulo né in una firma. Esso può validamente derivare solo dal rapporto intercorso tra il professionista e il paziente, come si è detto. Il foglietto o il modello perfetto di modulo di consenso che mette al riparo da guai è certo meglio di niente, ma va sostituito da una politica istituzionale di governo del processo comunicativo (influenza del sistema) da cui esiti la libera e consapevole decisione dell assistito. I: È sempre indispensabile acquisire il consenso in forma scritta? S: La forma è libera, eccettuati i casi in cui è prevista scritta da specifica norma. La forma scritta può essere utile sotto il profilo probatorio. La giurisprudenza è tuttavia attenta non tanto alla sottoscrizione di un modulo ma all effettività: che risulti che il medico ha parlato con il paziente e si sia reso conto di essere stato compreso. La forma scritta è tuttavia obbligatoria per: terapia con emocomponenti ed emoderivati; espianto di organi o tessuti; sperimentazione clinica; procreazione medicalmente assistita; crioconservazione di gameti; prescrizione di farmaci in difformità da scheda tecnica (imposta dal codice deontologico). I: Forse un paziente consapevole viene talora temuto dal professionista perché più esigente e meno arrendevole. S: Accade, ma un tale paziente può invece rivelarsi un prezioso collaboratore, sia per l approfondimento di argomenti influenti sulle scelte di un trattamento, sia per una maggiore compliance, specie nelle situazioni più difficili. Egli può divenire coattore della propria sicurezza, ponendo attenzione agli eventi che gli succedono, segnalando scostamenti dall atteso. I: Il far leva sulla consapevolezza del paziente, sulla sua autonomia, non potrebbe indurre il professionista sanitario a indietreggiare e ad assumere un atteggiamento indifferente, riversando ogni responsabilità sull altro? S: Il rischio di questa deriva sussiste. Una tale condotta sarebbe tuttavia riprovevole sul piano etico-deontologico e censurabile altresì su quello giuridico. Il principio di responsabilità dei sanitari non è eliso da quello di libertà del paziente. I: Forse si va profilando anche il rischio di imbocco di una pericolosa china: la perdita di autorevolezza e di ruolo dei professionisti almeno quelli cosiddetti tradizionali con un estensione crescente di ricorso a trattamenti alternativi, caratterizzati da un approccio forse più attento a componenti non solo fisiche. S: Al riguardo sarebbe preferibile astenersi da giudizi generali e perentori, di condanna o di esaltazione di pratiche diverse. Ancora una volta, il ragionamento, l approfondimento e la prudenza dovrebbero illuminare le menti. Non v è dubbio, peraltro, che, in assonanza a quanto finora considerato, la relazione con il paziente assuma straordinario rilievo anche in riferimento a questo tema. Paiono allora condivisibili le parole dello scrittore Tiziano Terzani, che ha vissuto in prima persona l esperienza drammatica di una grave malattia e ha fatto ricorso ai più qualificati Centri della Medicina scientifica americana ma ha al contempo sperimentato innumerevoli pratiche diverse : Il problema è che non ci sono più filtri, non ci sono più controlli. Tutti credono di sapere tutto, tutti si sentono in grado di giudicare.la caotica, indiscriminata valanga di informazioni prodotta da Internet ha creato quell ormai diffusissimo sapere a metà che è la peggiore e la più pericolosa forma di ignoranza. In questo vuoto di vera e onesta conoscenza, persino il buon senso viene meno e ogni ciarlatano finisce per avere buon gioco con la gente.la storia di una guarigione, il sentito dire, a volte il semplice suono di una parola esotica sostituiscono le tradizionali garanzie. Il cittadino stesso, liberato come si sente, non vuole più essere protetto. Dopo tutto, anche in questo, come ormai in ogni aspetto della vita moderna, chi decide è il mercato e la speranza è la merce di cui non sembra mai esserci un sovrappiù. Chiunque venda speranza ha clienti e se poi questi finiscono per essere delle vittime, affar loro, anzi, colpa loro. (da Un altro giro di giostra ) I: Dalle considerazioni svolte, quel che sembrava un sentiero oramai spianato, a ben riflettere, mantiene pur sempre non poche impervietà. S: Il principio di beneficialità e quello di autonomia non devono essere riguardati come antitetici ma complementari. Occorre scongiurare che il colloquio con il paziente in vista di una sua adesione a una proposta di trattamento si traduca in uno dei molti rituali che rappresentano una delle tante finzioni del vivere quotidiano. Non esiste una ricetta predefinita che vale per ogni situazione: consigli e raccomandazioni sono utili; la ponderazione dei diversi elementi in gioco imprescindibile; ma molto buon senso è insostituibile. I: Le attese riposte nei professionisti sono corpose: saranno tutti supportati da una robusta formazione a tal fine? S: Nota dolente, caro collega; ancora molto lavoro resta da compiere! Da ultimo, può essere utile compendio il contenuto della Carta di Firenze incentrata sulla relazione terapeutica, varata nell aprile 2005 dalla Fondazione DEI (Drug Evaluation Investigation). In essa si afferma che: La relazione fra l operatore sanitario e il paziente deve essere tale da garantire l autonomia delle scelte della persona. Il rapporto è paritetico; non deve, perciò, essere influenzato dalla disparità di cono-

7 N Informazione medica eterritorio 7 scenze (comanda chi detiene il sapere medico, obbedisce chi ne è sprovvisto), ma improntato alla condivisione delle responsabilità e alla libertà di critica. L alleanza diagnostico/terapeutica si fonda sul riconoscimento delle rispettive competenze e si basa sulla lealtà reciproca, su un informazione onesta e sul rispetto dei valori della persona. La corretta informazione contribuisce a garantire la relazione, ad assicurarne la continuità ed è elemento indispensabile per l autonomia delle scelte del paziente. Il tempo dedicato all informazione, alla comunicazione e alla relazione è tempo di cura. Una corretta informazione esige un linguaggio chiaro e condiviso. Deve, inoltre, essere accessibile, comprensibile, attendibile, accurata, completa, basata sulle prove di efficacia, credibile ed utile (orientata alla decisione). Non deve essere discriminata in base all età, al sesso, al gruppo etnico, alla religione, nel rispetto delle preferenze del paziente. La chiara comprensione dei benefici e dei rischi (effetti negativi) è essenziale per le scelte del paziente, sia per la prescrizione di farmaci o di altre terapie nella pratica clinica, sia per il suo ingresso in una sperimentazione.la dichiarazione su eventuali conflitti di interesse commerciali o organizzativi deve far parte dell informazione. L informazione sulle alternative terapeutiche, sulla disuguaglianza dell offerta dei servizi e sulle migliori opportunità diagnostiche e terapeutiche è fondamentale e favorisce, nei limiti del possibile, l esercizio della libera scelta del paziente. Il medico con umanità comunica la diagnosi e la prognosi in maniera completa, nel rispetto delle volontà, dei valori e delle preferenze del paziente. Ogni scelta diagnostica o terapeutica deve essere basata sul consenso consapevole. Solo per la persona incapace la scelta viene espressa anche da chi se ne prende cura. Il medico si impegna a rispettare la libera scelta dell individuo anche quando questa sia in contrasto con la propria e anche quando ne derivi un obiettivo pregiudizio per la salute, o, perfino, per la vita del paziente. La continuità della relazione viene garantita anche in questa circostanza. Le direttive anticipate che l individuo esprime sui trattamenti ai quali potrebbe essere sottoposto qualora non fosse più capace di scelte consapevoli, sono vincolanti per il medico. La comunicazione multidisciplinare tra tutti i professionisti della sanità è efficace quando fornisce un informazione coerente ed univoca. I dati clinici e l informazione relativa alla diagnosi, alla prognosi e alla fase della malattia del paziente devono circolare tra i curanti. Gli stessi criteri si applicano alla sperimentazione clinica. La formazione alla comunicazione e all informazione deve essere inserita nell educazione di base e permanente dei professionisti della sanità. Bibliografia Barni M., Santosuosso A. (1995), Medicina e diritto, Giuffré Ed., Milano. Cavicchi I. (2004), La clinica e la relazione, Bollati Boringhieri, Torino. Cembrani F, Cembrani V. (2005), Informazione, comunicazione e consenso informato: una re-interpretazione del tutto necessaria, Riv. It. Dir. Prof. San., 8 (2): Comitato Nazionale per la Bioetica, Informazione e consenso all atto medico, 20 giugno Conti A. et al. (1998), Autonomia del medico vs autonomia del paziente: dal conflitto all armonia, Professione, Sanità pubblica e medicina pratica, 1: De Stefano F. (2006), La comunicazione medico-malato tra sociologia, etica e diritto, Professione. Cultura e pratica del medico d oggi, 1: Gazzano N. (2005), Il buon dottore oggi in una società multiculturale, Professione. Cultura e pratica del medico d oggi, 2: Hanau C. et al. (2002), La comunicazione e l informazione diretta cittadino-utente, Salute e Territorio, 135. Il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte in sanità, Programma Nazionale Linee Guida, dicembre Moerman D.E. (2004), Placebo. Medicina, biologia, significati, Vita e Pensiero, Milano. Negrini G. (2004), Gestione del rischio e relazione con i pazienti, in La gestione del rischio, a cura di R. Cinotti, Il Pensiero Scientifico, Roma. Negrini G., La Pietra L., Marchisio S., L informazione al paziente, De Qualitate, lug-ago 2003: Santosuosso A. (1996), Il consenso informato tra giustificazione per il medico e diritto del paziente, R.Cortina Ed., Milano.

8 8 eterritorio Spazio Toscana N Sara Albolino, Tommaso Bellandi Centro gestione rischio clinico e sicurezza del paziente - Direzione generale diritto alla salute e politiche della solidarietà Buone pratiche per il miglioramento della qualità dell assistenza Nell ambito delle attività per il 2007, il Centro gestione rischio clinico e sicurezza del paziente - Direzione generale diritto alla salute e politiche della solidarietà, in collaborazione con le aziende sanitarie toscane, sta promuovendo due campagne per la sicurezza del paziente focalizzate sulla corretta identificazione del paziente e sulla prevenzione delle cadute, problematiche, identificate a livello internazionale, come strategiche nella gestione del rischio clinico. Per quanto riguarda la prevenzione delle cadute ci si propone di ridurre l incidenza delle cadute nei pazienti ricoverati tramite la messa a punto di indicazioni e strumenti da impiegare nelle strutture del SSR, facendo riferimento alle esperienze consolidate in alcune realtà locali oltre che alle evidenze scientifiche internazionali. Le cadute dei pazienti durante l assistenza sanitaria sono tra le prime cause di sinistri denunciati (17,5% delle denunce riguardano le cadute negli anni ) a carico delle aziende del SSR della Toscana (elaborazione dati GRC). Autorevoli studi a livello internazionale (WHO, 2004; Quality + Safety Council, 2005; NPSA, 2005) richiamano l attenzione del management e del personale delle strutture sanitarie alla gestione del rischio di cadute dei pazienti, per cui esistono raccomandazioni e strumenti validati da un punto di vista scientifico, efficaci nel ridurre l incidenza delle cadute ed utili per supportare la gestione del paziente a seguito dell evento avverso. Gli obbiettivi specifici sono l empowerment di operatori e pazienti nella prevenzione delle cadute; la condivisione di metodi e strumenti di rilevazione ed analisi delle cadute; la buona gestione della relazione con i pazienti e con i familiari a seguito della caduta, anche per attenuare il contenzioso. La campagna di prevenzione delle cadute dei pazienti ha avuto inizio con la costituzione di un gruppo di lavoro a livello regionale coordinato dal Centro GRC per la fase sperimentale, con il coinvolgimento dei Clinical Risk Manager (o loro delegati) di alcune aziende USL, che già avevano avviato progetti di studio o di prevenzione delle cadute, e di esperti della materia (referenti HPH e progetto Nursing ARS). Le prime questioni affrontate nell ambito del gruppo di lavoro regionale sono state: Strumenti di rilevazione del rischio di cadute applicati dall infermiere in fase di accettazione del paziente in reparto: verificare gli strumenti esistenti, considerandone l efficacia, l usabilità e la sostenibilità nel tempo. Formazione ed informazione: agli operatori sulle modalità di valutazione del rischio di cadute, di gestione del paziente a rischio e di interventi in caso di caduta; ai pazienti sui comportamenti da tenere per prevenire le cadute in e fuori dal reparto/ospedale, sugli indumenti preferibili per ridurre i rischi, sullo stile di vita da tenere una volta dimessi per prevenire le cadute; ai caregivers informali sulle modalità di assistenza. Necessità di lavorare sull uniformazione degli strumenti a livello regionale o come minimo all indicazione degli strumenti ritenuti idonei per la valutazione del rischio e per la formazione/informazione agli operatori/pazienti/caregivers. Considerare i problemi strutturali riferiti sia all ambiente (camere di degenza, corridoi, bagni, percorsi, illuminazione, ecc.) che alle attrezzature

9 N Spazio Toscana eterritorio 9 ed agli arredi (maniglie, letti, carrellini per il pasto, sanitari, ecc.) impiegati nei reparti. Sulla base dell analisi dei sinistri, della letteratura e della ricognizione di esperienze esistenti in Toscana, il gruppo di lavoro ha deciso di articolare le attività del progetto in tre capitoli, sviluppati da altrettanti sottogruppi: 1) Scale di valutazione dei pazienti a rischio di cadute per ospedale e strutture territoriali, con l obbiettivo di definire una raccomandazione sulle scale di valutazione dei pazienti a rischio di cadute da adottare nel SSR 2) Checklist per la valutazione degli ambienti e dei presidi, con l obbiettivo di definire una raccomandazione sui requisiti minimi di sicurezza e di fornire una checklist di valutazione degli ambienti e dei presidi rispetto al rischio di cadute 3) Rilevazione, analisi e gestione della caduta, con l obbiettivo di censire gli strumenti attualmente in uso per la rilevazione delle cadute, la modalità di gestione delle informazioni e l attuazione di azioni di prevenzione per definire una raccomandazione di buona pratica a tutte le strutture del SSR. Un altra campagna promossa dal centro si concentra sul problema della non corretta identificazione del paziente. Problema che non riguarda solo l ambito chirurgico, ma ne coinvolge anche molti altri e diverse situazioni di assistenza. Ad esempio: la persona sbagliata chiamata per la visita (o viene chiamato il nome giusto ma risponde la persona sbagliata); i risultati comunicati per telefono riguardano un altra persona; il farmaco è somministrato alla persona sbagliata; la trasfusione è fatta sulla persona sbagliata; ecc. Fattori che contribuiscono agli errori legati alla non corretta identificazione del paziente riguardano (JCAHO, 2001): il trattamento di casi di emergenza (19%), caratteristiche particolari del paziente (16%), particolare pressione temporale nel realizzare una procedura (13%), coinvolgimento di più operatori nella gestione di un caso (13%) e realizzazione di più casi in una stessa seduta chirurgica (10%). Un analisi successiva di questi casi evidenzia il ruolo fondamentale del fallimento nella comunicazione (sia orale che scritta) fra gli operatori (JCAHO, 2004). La letteratura internazionale riconosce fra le buone pratiche per evitare gli errori legati alla non corretta identificazione del paziente, l introduzione di braccialetti identificativi in ospedale. La campagna regionale per la corretta identificazione del paziente, si propone di introdurre braccialetti identificativi da distribuire ad ogni paziente al momento dell ammissione. L obbiettivo generale è ridurre i casi di non corretta identificazione del paziente in ospedale e mettere a disposizione degli operatori uno strumento che li aiuti ad identificare il paziente in maniera veloce e sicura. Il progetto pilota prevede il coinvolgimento primo di alcune delle aree cliniche dove il rischio di errore è maggiore ovvero l area dell emergenza e quella della chirurgia, dove i casi di mismatching, per le stesse caratteristiche dell attività svolta, risultano particolarmente rilevanti. Insieme all introduzione dei braccialetti identificativi il gruppo di lavoro ha progettato altre importanti attività che concorrono a garantire una corretta identificazione del paziente: la elaborazione di indicazioni organizzative ad uso del personale clinico per la corretta identificazione del paziente; la condivisione di modalità e strumenti a supporto dell identificazione corretta del paziente attraverso la formazione e l informazione di operatori e pazienti. È inoltre prevista una valutazione della soluzione progettata attraverso al somministrazione di questionari ad operatori e pazienti che proveranno ad utilizzare gli strumenti progettati, in primis il braccialetto identificativo. La campagna sulla corretta identificazione del paziente è coordinata dal Centro GRC vede protagoniste 10 aziende sanitarie toscane con il coinvolgimento dei Clinical Risk Manager (o loro delegati) di alcune aziende USL ed è realizzata in collaborazione con il CRCC per il sistema trasfusionale toscano; la scuola di psicologia clinica dell Università di Firenze e il gruppo per l accoglienza del progetto HPH. Entrambe le campagne prevedono una fase di sperimentazione degli strumenti messi a punto in un campione di reparti negli ospedali toscani, al fine di testarne l efficacia e la sostenibilità. Le indicazioni che emergeranno al termine della sperimentazione diventeranno parte integrante del modello toscano per la gestione del rischio clinico.

10 10 eterritorio N Le monografie previste per l anno 2007 Il governo dell Ospedale Due numeri dedicati alla riorganizzazione complessiva delle strutture ospedaliere Adolescenza e benessere Strategie europee per la promozione della salute Dove vanno i sistemi sanitari Esperienze internazionali a confronto I LEA Definizione, valutazione, prospettive Profezie sul Servizio sanitario nazionale L attualità del pensiero di Giulio Maccacaro

11 Le strategie possibili per una riorganizzazione strutturale e organizzativa IL GOVERNO DELL OSPEDALE/1 Coordinamento delle attività assistenziali, gestione ottimale delle risorse umane, economiche e tecnologiche, articolazione degli spazi secondo l intensità di cura e dei bisogni del paziente. Monografia a cura di Marco Geddes da Filicaia (1 a parte) marco.geddes@asf.toscana.it

12 12 eterritorio Il governo dell Ospedale/1 N Marco Geddes da Filicaia Direttore sanitario PO Firenze Centro, Azienda sanitaria di Firenze La reinvenzione del percorso assistenziale d impresa si è infiltrata nel sistema L ideologia sanitario in un momento in cui i costi erano saliti alle stelle e i Governi stavano riesaminando il proprio impegno verso lo stato sociale Sono cambiate le priorità. La qualità ha ceduto il passo alla quantità, l efficienza ha preso il posto dell efficacia e i concetti di professionalità sono stati inglobati nei mandati aziendali. L etica è caduta, il cinismo è diventato la norma. Richard Horton, direttore della rivista Lancet. Gli Ospedali sono organizzazioni complesse, sottoposte alle trasformazioni in atto nei sistemi sanitari; sono inoltre il luogo in cui convergono le innovazioni tecnologico-biomedicali. In tutti i Paesi soffrono di difficoltà analoghe, alla ricerca di una ridefinizione del proprio ruolo, contenendo e, in altri casi, espandendo, le proprie funzioni 1. Ciò è particolarmente vero per l Ospedale per eccellenza, quello che costituisce la struttura portante, la spina dorsale della rete ospedaliera. Mi riferisco al cosiddetto Ospedale generale, sia esso Presidio o Azienda ospedaliera, caratterizzato da un insieme di funzioni quali il Pronto soccorso, reparti medici, chirurgici, Rianimazione, Punto nascita, servizi ambulatoriali e diagnostici. Una realtà che in Inghilterra si definisce come district hospital, in qualche misura schiacciata fra i grandi Policlinici e gli Ospedali monospecialistici e la territorializzazione (o anche la domiciliarizzazione) di una serie di attività diagnostiche e terapeutiche 2. Ospedali cui si chiede di farsi carico di un percorso assistenziale che accompagni l utente dall accesso al reinserimento al proprio domicilio, assicurando una continuità fisica di luoghi e di persone che assistono (e tali sono le attese dei pazienti). Contemporaneamente i Presidi ospedalieri sono costretti a svolgere solo una parte delle funzioni che una volta I problemi da affrontare per una gestione ottimale delle strutture, del personale e dei degenti venivano effettuate, poiché una serie di prestazioni, che integrano spesso anche il percorso assistenziale più comune, sono collocate in altre strutture, sia per ragioni di qualità, necessitando di volumi di attività adeguati, sia per problemi di contenimento dei costi. All Ospedale si richiede inoltre di ridurre la durata di degenza, di trasformare prestazioni effettuate in regime di degenza in attività di day hospital o in attività ambulatoriali, di contenere i costi, di ridurre il personale che è difficilmente reperibile specie per alcuni settori, (ad esempio Anestesia, Ortopedia) e per alcune professionalità (infermieri). In molti casi si pensa che la soluzione sia quella di trasferire, nella realtà ospedaliera, le modalità di gestione e di riorganizzazione proprie delle imprese di produzione di beni e servizi, anche esse sottoposte a forti riorganizzazioni sotto la spinta della rivoluzione informatica, della globalizzazione, del conseguente decentramento delle attività in aree in cui i costi di produzione risultano concorrenziali, senza tenere adeguatamente conto delle caratteristiche proprie dell attività assistenziale. È proprio questo approccio che denuncia, nella citazione posta a premessa a questa introduzione, l autorevole direttore del Lancet e che si riscontra in molte testimonianze di clinici e di ricercatori 3. Questo approccio burocratico-manageriale è presente anche nella realtà italiana, come evidenziano alcune indagini effettuate nel nostro Paese 4 ; un approccio caratte- 1 J. Farrington-Douglas, R. Brooks, The future hospital - The progressive case for change, Institute for Public Policy research, London, U.K., January C. Ham, Does district general hospital have a future?, Bmj, 331 (2005): R. Venn, G. Forni, Reconfiguring acute hospitals in England - Clinicians are fatigued by health policy and policy makers (letters), Bmj, 333 (2006): P. Borsato, M.B. Tessadori, Problemi di governabilità dei sistemi ospedalieri. La leadership parziale delle direzioni, L Ospedale, 3 (2003): 18-

13 N Il governo dell Ospedale/1 eterritorio 13 rizzato da strategie di corto respiro quasi sempre destinate a fallire finalizzate alla rapida riduzione del deficit e al mantenimento dei vincoli annuali di spesa, da realizzarsi tramite il taglio delle risorse. La questione Ospedale presenta in realtà alcuni elementi peculiari, rispetto ad altre organizzazioni produttive o di erogazione di servizi, che necessita analizzare e conoscere a fondo se si vuole pervenire a modifiche effettive e durature, anche sul fronte della spesa. Negli ospedali i diversi attori : Direzione, medici, infermieri (possiamo identificarli più semplicemente in Direzione generale, primari, personale infermieristico) hanno poteri specifici propri, come in parte si verifica in tutte le Aziende ad alta complessità, dove il processo di direzione e di governo è sempre un processo permeato dai rapporti di forza bivalenti tra partners aziendali 5. In questi contesti l attuazione di processi innovativi non è affidabile alla semplice emanazione di norme e regolamenti. Nell assistenza non vi è neanche un limite di soglia come può esistere di fatto in un attività produttiva, limite rappresentato dal budget assegnato, modulabile attraverso una serie di tagli alle risorse disponibili. Di fatto, in un attività ospedaliera al di là di quanto possano ipotizzare o sperare le Direzioni aziendali la variabile indipendente non è rappresentata dalla disponibilità di risorse, ma dalla domanda a cui è necessario rispondere. Tale risposta avviene, attualmente, nell ambito del reparto che si avvale dell Ospedale e dei suoi servizi. Non esiste nei fatti un sistema ospedale, ma un insieme di sistemi che sono realtà locali autoregolate, come sono i reparti che rappresentano il fulcro della erogazione delle prestazioni e che i professionals sono in grado di regolamentare a loro piacimento in nome dell etica, dell urgenza, delle necessità dei pazienti di cui peraltro sono gli avvocati e la interfaccia. Tramite questa modulazione dell offerta si orienta e si alimenta, specie nella singola realtà assistenziale rispetto ai concorrenti, siano essi altre Aziende o anche Presidi e reparti della propria Ausl, la domanda di prestazioni. Pertanto nella quotidianità assistenziale bisogni e diritti non possono essere vincolati, ma sono loro che vincolano il resto del sistema determinando in misura prevalente tipologia e volume delle prestazioni 6 e, conseguentemente, dimensionando il bilancio aziendale. I medici, in primo luogo i primari quali responsabili della singola unità assistenziale, rimangono padroni dei loro reparti e del livello di cura che intendono erogare, non solo dal punto di vista metodologico e professionale, ma anche dimensionando e selezionando gli effettivi sistemi di erogazione delle prestazioni (persone chiamate in follow up, ambulatori per accertamenti e controlli, trasferimenti dei pazienti, approfondimenti diagnostici, tempi e modalità di dimissione etc.). Questa organizzazione per reparti, per delimitati territori di competenza e di appartenenza ognuno caratterizzato da una propria gerarchia medica (che fa capo al primario) e assistenziale (al cui vertice è la caposala) è l eredità di un processo assistenziale nato e cristallizzatosi con il nascere dell Ospedale moderno, della clinica novecentesca. Un processo di cura che si attuava, nella gran maggioranza dei casi per la sua interezza, all interno di uno stesso reparto, caratterizzato da una durata di degenza lunga (50 giorni negli anni trenta, 30 giorni di media degli anni sessanta); degenze quindi alle quali veniva assicurata, proprio grazie all appartenenza del personale al singolo reparto, una continuità di figure assistenziali, siano esse medici o infermieri. Un attività diagnostico-terapeutica intra-reparto, cui si associava per lo più raramente la partecipazione di altri specialisti non attraverso una presa in carico del paziente, ma tramite una consulenza nel territorio di un altro collega. La realtà attuale è completamente diversa e bisogna affrontare la contraddizione propria di una moderna organizzazione che pone il paradosso della suddivisione in équipe, sempre più numerose e specializzate per rispondere alla frammentazione delle tecniche e delle conoscenze ed alla complessità degli strumenti diagnostico-terapeutici, e del coordinamento fra équipe 7, assicurando una continuità assistenziale non solo all esterno dell ospedale, ma all interno della stessa struttura. I problemi, e i conseguenti errori insorgono infatti non tanto all interno di una stessa unità di cura, ma nelle molteplici zone grigie di responsabilità esistenti fra i diversi reparti, Dipartimenti e anche fra i singoli professionisti che si alternano alla cura del paziente. Infine, l esito per il singolo paziente non si gioca più solo sull eccellenza del singolo specialista o la sua conoscenza, ma sulla capacità complessiva di interazione di più soggetti e sulla qualità di questa interazione. Vogliamo qui provare a enunciare, in estrema sintesi, una possibile strategia volta ad avviare un progressivo cambiamento delle attività ospedaliere finalizzato ad un adeguamento ai cambiamenti epidemiologici, demografici, culturali in atto nella società, declinandola attraverso tre azioni fra loro stretta- 22. P. Borsato, M.B. Tessadori, Governare gli ospedali: varietà ed efficacia delle strategie di direzione, L Ospedale, 4 (2004): P. Borsato, M.B. Tessadori, Direzioni, primari e sistemi ospedalieri, Prospettive sociali e sanitarie, 3 (2003): 5-10; 4 (2003): M. Crozier, E. Friedberg, L attore sociale e il sistema. Sociologia dell azione organizzata, Etas, Milano, P. Borsato, M.B. Tessadori, L Ospedale, cit., U. Krogstad, D. Hofoss, P. Jord, Continuity of hospital care: beyond the question of personal contact, Bmj, 2002:

14 14 eterritorio Il governo dell Ospedale/1 N mente integrate e contestuali: riorganizzare, riconfigurare, ristrutturare. Riorganizzare: la riorganizzazione di un Ospedale passa dal superamento degli attuali reparti e della compartimentazione della assistenza, non dei saperi e delle tecniche fra le diverse specialità. La necessità quindi di ricercare un architettura organizzativa che superi quella burocratica e crei, a livello locale, dei reali sistemi, cioè reali nuclei organizzativi dotati di interdipendenza effettiva e di una coerenza nelle azioni dei diversi attori, medici e infermieri, indipendentemente dalla appartenenza a un determinato sottoinsieme. Un Ospedale deve operare quindi per livelli di intensità di cura, vale a dire per i livelli assistenziali medico-infermieristici: attività ambulatoriali e di pre ospedalizzazione, day hospital e day surgery, low care, high care, intensive care. All interno delle diverse aree assistenziali opera il personale medico, che prende in carico il paziente, il quale può attraversare una o più aree di intensità di cura in relazione al suo decorso clinico, prima di essere restituito, con modalità che assicurino la continuità assistenziale, al livello territoriale e domiciliare. Questa riorganizzazione passa anche attraverso una ridistribuzione delle competenze e delle responsabilità, cosicché l assistenza medica e infermieristica non fanno capo alla singola unità operativa, vale a dire alla specialità di appartenenza. L assistenza infermieristica assicura, in misura prioritaria, la continuità assistenziale grazie anche alla implementazione della capacità e della autonomia professionale e deve rapportarsi a più professionisti medici in relazione alla tipologia del paziente. L assistenza medica continuativa è prevalentemente internistica, in particolare per tutte le attività di urgenza diurne e festive. Riconfigurare, è, nella nostra lingua, un neologismo; un tentativo di tradurre il termine anglosassone reengineering, che si definisce come un fundamental rethinking and radical redesign of business processes to achieve dramatic improvements in critical, contemporary measures of performance, such as cost, quality, service and speed 8. Anche la riconfigurazione delle attività ospedaliere riguarda quindi i processi e non l organizzazione o la sua struttura, sebbene, nel caso specifico, le azioni siano fra di loro interdipendenti. Il focus di questa specifica azione è tuttavia la tipologia e la sequenza delle attività indipendentemente dal luogo in cui esse si realizzano 9. La nozione di processo come elemento chiave della qualità della cura è già propria in Donabedian, che raccoglie sotto tale temine l insieme delle attività soggette a verifica di qualità, siano esse relative alla accessibilità fisica e socio organizzativa del luogo di cura, alla gestione tecnica, alla gestione del processo interpersonale e comportamentale, alla continuità assistenziale 10. Una revisione di tali processi comporta di ripensare criticamente le modalità di gestione clinica: tipologia e luogo in cui effettuare la preospedalizzazione che può essere in larga parte attuata al di fuori dell Ospedale e sempre in regime non di ricovero; l utilizzo delle informazioni esistenti all esterno del Presidio (medico di Medicina generale, Distretto); la programmazione del percorso assistenziale fin dal momento dell accesso in Ospedale, le modalità di effettuazione della visita medica e la sua temporizzazione nel corso della giornata (modalità immutate nel corso di oltre un secolo), la continuità di attività nel corso della settimana e dell intera giornata, e non la loro concentrazione all interno della sola mattinata; il pieno utilizzo e l adeguata compilazione dei dossier medicoinfermieristici che seguono il paziente in ogni sua fase; l attuazione delle dimissioni con l attivazione dei percorsi, processi e dei ricoveri in strutture intermedie etc. L obiettivo del lavoro per processi non è quindi la realizzazione di un semilavorato, cioè di quanto ottenibile dal singolo reparto, che rappresenta solo una sezione del processo di cura, ma il risultato finale di quanto pattuito con il paziente. Ristrutturare, vale a dire dare una consistenza fisica alla organizzazione innovativa e alla riconfigurazione dei processi assistenziali. Questo tema è di grande rilievo negli Ospedali, poiché la loro attuale struttura, sia in termini di muri, stanze corridoi, servizi etc. che nelle caratteristiche più leggere (mobili, porte, punti luce, localizzazione dei sistemi di controllo visivo e uditivo etc.) è funzionale ad un organizzazione ed una gerarchia che contrasta con la riorganizzazione e riconfigurazione dei processi assistenziali. Queste forme fisiche, questa compartimentazione dei luoghi di cura, di assistenza, di degenza, di controllo e monitoraggio, di relax e rappresentanza (la cucinetta di reparto, la stanza del primario) sono anzi il frutto, l esplicitazione, e per alcuni aspetti la linea di difesa, la trincea, di quelle modalità di assistenza che intendiamo superare. Anche contro tale trincea si sono infrante le direttive e le velleità di un funzionamento degli Ospedali per Dipartimenti o per aree di intensità di cura. I nuovi Ospedali devono essere realizzati per attuare processi assistenziali innovativi, per contrastare sistemi di cura separati, che amplificano il gap fra le culture professionali e riducono la continuità e coerenza nella assistenza 8 M. Hammer, J. Champy, Reengineering the corporation: a manifesto for business revolution, Harper Business, A. Cicchetti, L organizzazione dell ospedale - Fra tradizione e strategie per il futuro, V&P, Milano, A. Donabedian, La qualità dell assistenza sanitaria. Principi e metodologie di valutazione, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1990, pp

15 N Il governo dell Ospedale/1 eterritorio 15 del paziente. Devono inoltre essere concepiti in modo flessibile, al fine di adattarsi alle novità non solo tecnologiche ma anche organizzative che non siamo in grado di individuare e immaginare attualmente. Ma anche le strutture esistenti possono e devono, in qualche misura, essere riviste e ristrutturate poiché anche alcuni semplici accorgimenti, facilitati anche dalle nuove tecnologie, consentono di promuovere quella revisione di responsabilità e di funzioni (si pensi alle funzioni infermieristiche, al punto infermieri, alla unificazione delle attività ambulatoriali etc.) indispensabili per una ridefinizione dei processi assistenziali. Nell attività assistenziale, e negli Ospedali in particolare, la riorganizzazione, la riconfigurazione delle attività, la ristrutturazione degli ambienti fisici, sono processi che vanno intrapresi contestualmente. Si tratta, di fatto, di un unico unitario processo, che non si pone come obiettivo privilegiato il risanamento o contenimento dei costi, ma colloca al suo centro, quale sua finalità principale, la questione della efficacia delle prestazioni, della appropriatezza clinica e organizzativa e dell equità, in termini di risposta modulata in relazione al bisogno dei singoli cittadini. Risorse finanziarie e di personale sono quindi un vincolo da tenere presente, una variabile con cui continuamente confrontarsi reinventando le modalità di erogazione dell assistenza e l organizzazione dell Ospedale. Efficienza, contenimento dei costi, pieno utilizzo delle risorse esistenti sono una conseguenza, importante, ma in qualche misura collaterale, ad una revisione profonda delle modalità assistenziali, che sappia agire sia sulle prestazioni che sulla domanda assistenziale, in larga parte conseguente alla efficacia e alla appropriatezza del sistema sanitario. Opinioni a confronto Carlo R. Tomassini Marco Geddes da Filicaia* Geddes L Ospedale è una struttura con una energia, rappresentata dalla forza lavoro presente, predeterminata e fissa in termini di calendario giornaliero e settimanale. I flussi di attività sono invece, specie per la presenza del Pronto soccorso, oscillanti e scarsamente prevedibili. Come è possibile fare fronte a questa contraddizione? Tomassini Si tratta di un problema effettivo, sul quale stiamo lavorando in molte realtà ospedaliere. Credo che la questione vada affrontata partendo Direttore generale dell Azienda ospedaliera universitaria senese già Direttore sanitario dell Azienda sanitaria di Firenze * Direttore sanitario PO Firenze Centro Azienda sanitaria di Firenze da un principio fondamentale: l Ospedale deve essere visto e quindi pensato e strutturato, come tutte le organizzazioni che si rispettano, fondamentalmente sui clienti. Nel caso della sanità si tratta quindi di organizzarsi in vista delle esigenze dei pazienti. È questo che si intende con il diffuso slogan, o parola d ordine, della centralità del paziente. La organizzazione attuale, al contrario, è pensata, e si è storicamente strutturata, sulle esigenze dei dipendenti e, in primo luogo, dei professionisti. Si tratta di un cambiamento rilevantissimo, che non è solo strutturale e organizzativo ma, in primo luogo, culturale. Geddes Credo che vi sia un elemento occhiometrico che dà la misura di quanto dici. Se si osserva il parcheggio dipendenti, dell Ospedale di Siena come di quello di Firenze, il pomeriggio è semivuoto! Come se i pazienti in Ospedale ci fossero solo per le ore del mattino. Ho notato che in Francia, ad esempio, questo non accada, il parcheggio dei loro Ospedali ha la stessa densità di occupazione alle 10 come alle 17! Tomassini Infatti è un problema tipicamente italiano quello della concentrazione dei dipendenti, ma principalmente dei medici, nell orario mattutino. Un fenomeno un po meno accentuato nel Nord Italia, ma in qualsiasi parte del mondo, in Francia, Inghilterra, Germania, Usa, le attività rallentano solo in orario notturno e sono distribuite quindi sulle 12 ore. Geddes Il tempo che i medici italiani, e in misura più accentuata, gli universitari, passano in Ospedale è ridotto, non credi? Tomassini Credo che la presenza dei medici, concentrata fra le 8 e le 14, non sia coordinata con le esigenze del servizio. Però rispettano il contratto di lavoro, in termini di ammontare orario complessivo. Geddes Il loro contratto di lavoro è di 38 ore settimanali, comprese 4 ore di formazione. In Francia, al contrario, il contratto prevede una permanenza in Ospedale di 48 ore. Noi lavoriamo meno, ma, forse, in condizioni più disagiate e con più affaticamento? Tomassini Il problema che tu sollevi è reale, ma va oltre gli elementi su cui abbiamo la possibilità di intervenire. Tieni inoltre conto che anche negli altri Paesi si sta assistendo ad una riduzione degli orari, anche dopo aver osservato che un eccessivo carico di lavoro

16 16 eterritorio Il governo dell Ospedale/1 N porta ad errori medici. Inoltre la realtà italiana è caratterizzata, come noto, da una sovrabbondanza di laureati in Medicina, la più alta nel mondo rispetto alla popolazione. In questa situazione l orario dei medici ha anche una sua logica. Il problema principale e quello su cui possiamo incidere, è quindi un cambiamento nella organizzazione del lavoro. Geddes Sono d accordo con questo tuo punto di vista. Vi è inoltre, nella nostra realtà, una organizzazione che consuma 1/3 dell orario di lavoro settimanale in turni di guardia notturna e festiva. Questo fatto riguarda non giovani medici in formazione, come avviene in altri Paesi, ma professionisti di 50, 60 anni con evidenti disagi personali e con funzione di responsabilità elevata nel reparto. Peraltro la guardia notturna è una attività dedicata all emergenza quando c è e poi si svolge, per così dire, in stand by. Questo capita anche in una struttura ospedalierauniversitaria? Tomassini Nella mia esperienza, sì. Anche in ambito di struttura mista ospedaliera-universitaria le cose sono analoghe. Come vedi quindi ho ragione nel sottolineare che il problema è, fondamentalmente, organizzativo. Un po schematizzando possiamo dire che lo schema attuale è il seguente. Mattina: presenza dei medici con visite, prescrizioni e, a fine mattinata, contatti con i parenti. Pomeriggio: presenza medica ridotta all essenziale, mentre i malati sono trasferiti e si accolgono nuovi degenti dal Dea; la notte, guardia interdivisionale. Il sabato e la domenica è come nel pomeriggio. È questo lo schema di lavoro che deve essere messo in discussione! Geddes Quali sono i provvedimenti organizzativi che pensi siano necessari? Tomassini Una organizzazione diversa delle visite e delle responsabilità fra i medici È necessario arrivare al medico responsabile del caso, qualche cosa che può conciliare meglio le risorse con la continuità dell assistenza. Attualmente in un reparto l unico che assicura la continuità è il primario o il responsabile di reparto, mentre gli altri medici sono di supporto. Allora, mi domando, le linee guida, i protocolli, gli strumenti della clinical governance sono utilizzati al meglio, sono applicati al fine di trarne tutti i vantaggi? Oppure sono solo strumenti di aggiornamento se, alla fine della fiera, la gestione effettiva è di una sola persona? Geddes Le stesse problematiche le riscontri nel personale infermieristico? Oppure sono diversamente organizzati, sebbene la strutturazione delle responsabilità mediche si riflette inevitabilmente anche su di loro? Tomassini A mio parere in ambito infermieristico le competenze sono più chiare, i ruoli più definiti e il concetto di assistenza da erogare è più preciso e organizzato. Ti faccio solo un esempio, ma credo sia centrale ed illuminante: fra gli infermieri il passaggio delle consegne è parte integrante della quotidianità ed anche il diario infermieristico, compilato generalmente con più cura della cartella clinica, riflette tale realtà. Mentre in Medicina il medico di guardia che smonta dopo la notte è difficile o impossibile nella attuale organizzazione che faccia un passaggio di consegne significativo a tutti i medici interessati. Geddes Concordo, in linea di massima, con la tua osservazione. Però anche in ambito infermieristico vi sono molteplici rigidità da superare. Un esempio: gli infermieri montano quasi dappertutto indipendentemente dall orario dei medici o viceversa e all inizio della mattina, in molte situazioni (Poliambulatori, sale operatorie) restano in attesa. La caposala è presente, in linea di massima, solo la mattina e non sono previsti rientri pomeridiani o orari spezzati. Tomassini Sì, è vero, vi sono ambiti di scarsa flessibilità, ma il passaggio di consegne è chiarissimo. La caposala fa il raccordo fra infermieri e medico e si struttura secondo le esigenze mediche in misura eccessiva. D altronde una qualche regola ha da esserci anche per i riflessi di organizzazione esterna: i trasporti, i supporti familiari etc. Un problema che esiste, di non facile soluzione è rappresentato dalla mancanza di elasticità fra numero di infermieri e tipologia di pazienti; gli infermieri assegnati a un reparto sono quelli e si modificano raramente e con provvedimenti specifici, non sono variabili in riferimento alla tipologia dei pazienti presenti. Solo in una organizzazione dipartimentale per intensità di cura è possibile arrivare a una maggiore flessibilità e esperienze in tal senso esistono. Le difficoltà, nelle realtà che io conosco, provengono di più da medici, che sono scombussolati a pensare che il proprio paziente è collocato in un posto diverso rispetto al giorno precedente o visto alcuni giorni prima. Geddes Pensi pertanto che la organizzazione per intensità di cura, che viene esemplificata in questa monografia, sia utile? Tomassini Certamente, è fondamentale e gli infermieri sono più collaborativi in questo percorso. I medici dovranno adeguarsi al fatto che l organizzazione del reparto viene gestita da infermieri con il necessario appoggio del personale amministrativo, perché c è anche tanto lavoro di questo tipo da smaltire. Geddes La tua ipotesi di inserire personale amministrativo nella filiera assistenziale mi trova perfettamente d accordo, ma in Italia mi sembra sia raramente applicata! Tomassini È vero, non è comune ma all estero, come sai, è la norma! In Italia vi è una interessante esperienza, in atto da tempo, all Humanitas di Milano, con ben 120 amministrativi addetti a problematiche di supporto assistenziale. Geddes In Toscana non ci sono esperienze analoghe.

17 N Il governo dell Ospedale/1 eterritorio 17 Tomassini Che io sappia attualmente no. Tuttavia a Siena stiamo intraprendendo questa strada. La ragione è, oltretutto, ovvia. Il costo del personale medico è, proporzionalmente, elevato. Il personale infermieristico è merce rara! È necessario che la loro funzione sia centrata sulle attività assistenziali sollevandoli da quei compiti che possono essere svolti da personale non medico. La quantità di telefonate, colloqui e contatti prettamente organizzativi, predisposizione di documentazione etc. può essere trasferita a personale a cui non possono, invece, essere affidati compiti direttamente assistenziali. Geddes Credi che le aree omogenee per intensità di cura possano realizzarsi anche senza forti cambiamenti strutturali? La mia esperienza mi dice che in una struttura frammentata, con sale operatorie connesse a singoli reparti o con gruppi di ambulatori separati, sia tutto più difficile. Tomassini Indubbiamente poter attuare un cambiamento strutturale, collocare gli interventi in un unico complesso operatorio, mettere le degenze in continuità su uno stesso piano rende le cose più semplici. Tuttavia è possibile iniziare anche in strutture meno adeguate. Nelle Case di cura, anche per le piccole dimensioni, la struttura non offre complessi omogenei, ma i professionisti non hanno difficoltà a affidare l assistenza agli infermieri e le emergenze a internisti non da loro dipendenti. Geddes Tornando al tema iniziale della nostra conversazione, cioè la necessità di fluidificare i percorsi, mi puoi elencare sinteticamente le iniziative che ritieni possibile sperimentare? Tomassini In sintesi la ricerca di un sistema che gestisca l entrata, l uscita del paziente e le risorse. Ci vuole un sistema di logistica dei Servizi sanitari ospedalieri. Geddes Stai quindi parlando di un sistema di logistica che sia di tipo sanitario, non come si intende qualche volta di gestione dei trasporti e del materiale. Tomassini Una struttura, un team che deve gestire i flussi di entrata e di uscita dall Ospedale, con tutto il problema dei rapporti con il territorio e le strutture intermedie. Deve avere una capacità di previsione degli accessi, la gestione dei ricoveri in elezione, la gestione e l equilibrio, fra attività a carattere diurne e i ricoveri ordinari. Inoltre l area del prericovero deve essere unificata e centralizzata. Ugualmente centralizzata deve essere tutta l attività ambulatoriale, che non può essere per specialità o area. Vi è infine la necessità di definire percorsi paralleli per l urgenza e per l elezione. A Siena stiamo avviando anche una discharge room. Geddes Anche noi abbiamo sperimentato una discharge room per accelerare il trasferimento dei pazienti dimessi dai reparti verso le strutture intermedie e il domicilio, in modo tale che non intasassero il reparto che poteva aspirare pazienti dal Dea. Una esperienza che non ha funzionato poiché la criticità sta nelle modalità di dimissione dei pazienti dal reparto, che dovrebbe essere attuata in primissima mattinata e non nel pomeriggio e nei tempi di arrivo dell autoambulanza. Tomassini La nostra esperienza di discharge room è un po diversa come impostazione. Si tratta di uno spazio prossimo al Dea, che funziona in particolare per alleggerirlo. Le autoambulanze che portano pazienti al Dea ritrasferiscono verso altre strutture o a domicilio pazienti in attesa nella discharge room, che si trova appunto sul loro tragitto fra il Dea e l uscita. Geddes Altre iniziative, seppure schematicamente enunciate? Tomassini Credo sia necessario sperimentare un sistema di trasformabilità dei letti da ordinari in sub-intensivi; è inoltre indispensabile ma ciò è già realtà in molti Ospedali la gestione complessiva e laica cioè non affidata a uno degli utilizzatori, di tutto il blocco operatorio e delle liste di attesa, secondo logiche di triage piuttosto che sulla base storica dei posti letto. Geddes Quale è il motore, lo strumento con cui si avviano tali iniziative? Tomassini Una struttura dedicata il cui compito è di tappare tutti i buchi della organizzazione, integrata con i caposala e la Direzione sanitaria. Può anche essere un infermiere, che afferisce, in termini di mandato, alla Direzione aziendale. Geddes Penso che in questi termini sia più semplice in una struttura monolitica quale una Azienda ospedaliera. Tomassini Probabilmente sì. In un Presidio la figura può fare riferimento al Direttore sanitario di PO, ma credo che il problema centrale sia rappresentato dal fatto che la figura abbia intorno a sè una équipe che si sappia interfacciare con il resto del sistema e, in particolare, che abbia un mandato molto preciso, autorevole e condiviso. Cioè, in altri termini, che la riorganizzazione sia assunta collettivamente come obiettivo prioritario.

18 18 eterritorio Il governo dell Ospedale/1 N Esperienze L impostazione del flusso dei pazienti della intensità e della durata delle cure, La suddivisione dei reparti ristabilita Il Dipartimento di Emergenza Alessandro Rosselli Coordinatore Dipartimento DEA, Azienda sanitaria di Firenze Lo sviluppo dei moderni Dipartimenti d emergenza (DEA) nel nostro Paese è relativamente recente. Fino a tutti gli anni 80 il Pronto soccorso era generalmente una limitata zona dell ospedale, dotata di scarsa tecnologia, nella quale operavano pochi infermieri e medici di diversa specialità, a rotazione, spesso con scarsa o nessuna preparazione professionale specifica in materia di emergenza-urgenza. Dagli anni 90 i Dipartimenti d Emergenza si sono trasformati in zone di assistenza medica qualificata, dotate tecnologicamente, con professionisti dedicati, capaci di risposte efficaci 24 ore su 24. Ne è risultato un grande appeal sulla popolazione e il ricorso al DEA è molto aumentato, con l ovvia conseguenza di una crescente pressione sui Dipartimenti stessi che, molto spesso, si trovano a lavorare al limite, se non oltre, le loro capacità. Il rischio da contrastare, alla lunga, è lo scadimento della qualità delle prestazioni d emergenza/urgenza, principale fondamento sul quale sono stati costruiti. In Italia, lungo gli anni 90, le presentazioni al DEA sono cresciute dal 50 al 100%. Negli USA, paese nel quale la Medicina d emergenza urgenza ha un storia più lunga della nostra, le visite al Dipartimento d emergenza sono passate da 90 milioni l anno a 114 milioni nel Nel nostro Paese come negli USA i DEA hanno assunto un ruolo centrale nel Sistema sanitario anche in relazione alla drastica riduzione dei posti letto alla quale si è assistito nel periodo sopra ricordato, in seguito ai problemi economici finanziari che hanno caratterizzato, sia pure in diversi contesti e con diverse modalità, entrambi i Paesi. La selezione appropriata dei ricoveri è divenuto un altro compito fondamentale del DEA. Infine, ma non meno importante, i pazienti che si presentano al DEA sono sempre più anziani, gravi e complessi e richiedono accertamenti diagnostici e prestazioni terapeutiche impegnative. Le conseguenze dello sbilanciamento fra il numero delle presentazioni e la capacità di assorbimento dell Ospedale sede di DEA determina l affollamento (overcrowding*). La diretta conseguenza più grave sta nella impropria presenza in DEA dei pazienti che devono essere ricoverati, pazienti bisognosi di cure e assistenza che non possono trovare, nell indaffarato ambiente del DEA, risposta adeguata. L overcrowding è ormai un fenomeno mondiale. Negli USA il 91% degli ED ha risposto a un indagine nazionale riportando il problema come il principale da affrontare. In quasi il 40% dei DEA l overcrowding si verifica quotidianamente o, da altro punto di vista, per il 35% del tempo della giornata è registrabile il fenomeno. Una delle ragioni principali dell overcrowding è considerata l uso del DEA per problemi non urgenti (30-50%). La definizione di problemi non urgenti non è semplice, soprattutto se si attribuisce all urgenza anche la componente soggettiva, sempre più importante nel cambiamento culturale profondo che ha contraddistinto il concetto di salute negli ultimi decenni: questo si è esteso dalla salvaguardia della vita alla salvaguardia dell efficienza psicofisica e alla eliminazione dei sintomi; in diverse circostanze è prepotente il bisogno di eliminare un sospetto. * overcrowding: la definizione di O. è diversa a seconda dei parametri che si usano per indicarla operativamente. In linea generale si intende una situazione in cui la domanda al Servizio di E-U supera la capacità di fornire le prestazioni di cure in un tempo ragionevole, con conseguente scadimento reale o percepito della qualità dell assistenza.

19 N Il governo dell Ospedale/1 eterritorio 19 di riorganizzazione secondo criteri che tengano conto della urgenza, in particolare specialistiche. in base ai setting assistenziali È certo che una buona percentuale di pazienti potrebbe essere trattata fuori dal DEA ma in Italia, diversamente che dagli USA, i problemi non sono riassumibili tout court nella difficoltà di accesso alle cure primarie (basti solo pensare ai quasi 50 milioni di cittadini non assicurati), ma vanno piuttosto principalmente attribuiti alla diffusa percezione che il potenziale diagnostico di un ospedale non è paragonabile a quello dell ambulatorio di un medico di MG in cui, spesso, ancora oggi, non si dispone della minima tecnologia strumentale. È più facile vedere la soluzione del proprio problema ritenuto importante in un luogo dove sono concentrati tutta la moderna tecnologia e i più diversi specialisti medici. Un attesa di qualche ora è, di norma, ampiamente compensata. Se questo in sommi capi, è il quadro strutturale e culturale che ci troviamo di fronte è intuitivo che siamo arrivati al punto di dover ripensare l intero Sistema dell emergenza. In particolare gli Ospedali devono essere considerati parte di un continuum di cure dei Servizi di emergenza che includono la Medicina territoriale, il sistema 118 dispatch, cure territoriali e trasporto i DEA ospedalieri e i Servizi di ricovero (in area critica o di degenza ordinaria). Attualmente i Servizi di emergenza sono frammentati, non coordinati e non hanno un ben definito governo globale e trasparente. L organizzazione dei Servizi d emergenza è stata definita in USA da Kleinke (1998) a miracle of disorganization, held together through the sheer collective will of overworked professionals tasked with managing ten of milions of patients by memory, pen scrawl, Post- It note, and telephone call. Gestire dei percorsi unitari, senza soluzione di continuità per il paziente, è divenuto uno degli obbiettivi prioritari del Sistema sanitario. In tale percorso gli Ospedali occupano un ruolo importante ma molto bisogna lavorare per adattarli a questa nuova visione. Come abbiamo visto diversi fattori che contribuiscono all affollamento dei DEA sono fuori dall immediato controllo ospedaliero, ma altri dipendono dalle inefficienze operative dell Ospedale nel governare i flussi dei pazienti. Il DEA riceve nell arco delle 24 ore un flusso relativamente costante di pazienti mentre i reparti ospedalieri hanno un flusso pulsato, basato sulla organizzazione dei reparti stessi più che sulle necessità dei pazienti nel loro insieme. Già nel 1990 Lyon e Kellermann parlavano di questi problemi. L elemento chiave della loro tesi, era che l overcrowding è un problema dell Ospedale che si manifesta nel DEA. Di conseguenza le misure volte a affrontarlo debbono iniziare dai reparti piuttosto che dal DEA. Dall arrivo in DEA all ammissione in Ospedale o alla dimissione i pazienti sono sottoposti a diagnosi e terapie in diversi punti del processo assistenziale. Il flusso dei pazienti, definito come il movimento dei pazienti attraverso questo sistema, è un importante indicatore della qualità, sicurezza, tempestività delle cure ricevute durante il processo assistenziale. Un flusso efficiente di pazienti assicura la massima produttività del DEA: numero di pazienti trattati o dimessi in un giorno con i minimi tempi di attesa in ogni punto del processo e la migliore qualità delle cure. Un flusso zoppicante, d altro canto, porta alla formazione di colli di bottiglia che prolungano le attese per i pazienti già nel processo così come per quelli che aspettano di entrarvi. Esaminiamo più in dettaglio quali fattori sono controllabili dall Ospedale: la gestione dei posti letto; i tempi dei servizi diagnostici; la programmazione degli interventi chirurgici o delle procedure in elezione; gli spazi e la disposizione del DEA per la valutazione e il trattamento. Tutti questi punti sono riportabili al processo generale di controllo dei flussi in DEA e fra il DEA e le Unità di diagnosi e cura. La Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations (JCAHO) ha pubblicato nel 2004 un nuovo standard per l accreditamento degli Ospedali: the leaders develop and implement plans to identify and mitigate impediments to efficient patient flow through the hospital. Creare un flusso regolare richiede lo studio accurato della realtà e la messa in opera di diversi tentativi pratici, da

20 20 eterritorio Il governo dell Ospedale/1 N monitorare nella loro capacità di miglioramento. Le direttrici di lavoro possono essere: A) Contrastare i colli di bottiglia ospedalieri: Coordinamento degli interventi chirurgici in elezione con quelli in urgenza. E - stato dimostrato che la chirurgia programmata, quando aggiustata per il volume dei pazienti, è la più variabile dei due tipi di ammissione. Coordinare i flussi chirurgici programmati e non programmati non solo aggiunge organizzazione alla chirurgia elettiva ma permette di diminuire la variabilità dei flussi fra DEA e sale operatorie. In pratica possiamo riservare una sala chirurgica per le urgenze con dei posti dedicati per la degenza successiva oppure distribuire meglio gli interventi in elezione nell arco della giornata e in tutti i giorni della settimana. Bed management. La figura del bed manager sta dimostrando la sua efficacia in varie esperienze internazionali. Una figura sanitaria (anche infermieristica) è responsabilizzata per la gestione dei letti e del loro rapido turnaround. In presenza di un attuale o prossima carenza di posti letto il bed manager è autorizzato a prendere decisioni riguardo la collocazione di nuovi letti o la cancellazione di procedure elettive. Può essere coadiuvato da bed teams formati da infermieri di diverse Unità operative che lavorano in collaborazione durante la giornata in relazione alla tipologia dei pazienti in DEA che devono essere ricoverati e i letti che sono disponibili nei diversi reparti, in modo da, eventualmente, disporre i cambiamenti necessari di flusso. Le tecniche di bed management coordinato rappresentano un processo centralizzato di collocazione dei pazienti, capace di gestire in anticipo i bisogni di posti letto. Nella nostra realtà italiana la figura del bed manager è in fase del tutto embrionale. Il concetto di poter disporre dei posti-letto, magari ad opera di una figura non medica, in un ottica di carattere generale e flessibile non ha radici culturali, anzi contrasta con la storia concreta dei nostri Ospedali che hanno basato la loro organizzazione sul passo delle singole Unità operative fra loro scarsamente o per nulla comunicanti. Si tratta pertanto di iniziare una sperimentazione di tale ruolo con il necessario coraggio, dando alla figura prescelta inizialmente potrebbe essere un medico di Direzione sanitaria ampia capacità decisionale (attivare nuovi letti, bloccare alcuni interventi in elezione, disporre di letti in Case di cure accreditate e RSA etc) entro linee concordate con la Direzione sanitaria stessa e quella dei Dipartimenti clinici. Unità di osservazione o Unità di decisione clinica. È un area separata e adiacente al DEA che consente l osservazione clinica dei pazienti per un massimo di 24 ore, al fine di determinare la necessità o meno di un ricovero. Sono nate negli USA per monitorare i pazienti con dolore toracico a bassa o intermedia probabilità di ischemia miocardica acuta al fine di risparmiare ricoveri inutili in reparti a alto costo (Unità coronariche). Oggi le indicazioni si sono estese a altre situazioni cliniche (asma, diabete scompensato, insufficienza cardiaca etc). Negli USA si sono dimostrate capaci di ridurre i costi relativi a ricoveri inappropriati, liberando posti letto nelle Unità di degenza che altrimenti sarebbero stati occupati per un periodo più lungo. Risulta evidente la funzione di liberare il DEA da pazienti in attesa e di permettere la scelta del livello adeguato di assistenza per quelli bisognosi di ricovero. Inoltre le Unità di osservazione possono anche combinare il concetto di decisione clinica con quello di case management. Molti pazienti con riacutizzazione di patologie croniche possono essere curati in ambiente extraospedaliero. Ad es. un paziente con diabete non controllato non solo può evitare la ospedalizzazione ma necessita anche di un case management dal momento che l episodio di iperglicemia è un evento sentinella di insufficienti cure primarie. Detto paziente deve essere attivamente riallacciato al medico curante e ai Servizi di assistenza territoriale per il proseguio delle cure, cercando di prevenire così ulteriori ricorsi al DEA. Creazione del Medical Assessment Centre. È un area del Dipartimento (o dell Ospedale) alla quale afferiscono, previo contatto telefonico, pazienti inviati dal MMG con richiesta di inquadramento/puntualizzazione diagnostico-terapeutica per decidere un eventuale ricovero. Le visite sono programmate in tempi brevi e avvengono nelle ore diurne dei giorni feriali. Con tale momento organizzativo è possibile stornare una quota non piccola di pazienti che attualmente giungerebbe a qualsiasi ora in DEA verso una risposta sanitaria basata su una programmazione. Dimissioni coordinate. Si tratta di creare un area centrale e confortata (Discharge Resource Room) destinata ai pazienti dimessi dai reparti, affidata a una figura infermieristica in collaborazione con un operatore ausiliario che ha il compito di gestire la dimissione nelle ore che seguono la liberazione del posto letto in reparto fino al momento dell abbandono dell Ospedale (curano i contatti con i parenti o,eventualmente, i Servizi sociali, danno le istruzioni per le cure a domicilio, consegnano i farmaci etc). Certo, tale area è intrinsecamente collegata a cambiamenti delle abitudini mediche e infermieristiche radicate negli anni, senza i quali una simile iniziativa è destinata all insuccesso.

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