Corso per l abilitazione alla caccia di selezione ai cervidi e bovidi in Provincia di Grosseto

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1 Corso per l abilitazione alla caccia di selezione ai cervidi e bovidi in Provincia di Grosseto

2 DISPENSE INTEGRATIVE DELLE LEZIONI Autori testi Gianangelo Canova Luca Cimino Sandro Lovari Maddalena Mattii Andrea Monaco Giorgia Romeo Andrea Sforzi Redazione * Luca Cimino * Alcuni testi sono tratti dal manuale Dispense per il corso di abilitazione alla caccia di selezione ai cevidi e bovidi in provincia di Siena pubblicato dal Servizio Risorse Faunistiche e Riserve Naturali della Provincia di Siena con la collaborazione dello Studio Ist.Ric.E. Ist.Ric.E. Istituto di Ricerche Ecofaunistiche

3 Introduzione PRINCIPI DI GESTIONE FAUNISTICA E DI ECOLOGIA APPLICATA Per gestione della fauna si intende un insieme di attività faunistiche finalizzate alla salvaguardia delle risorse naturali e al raggiungimento di un equilibrio tra le esigenze dell uomo e quelle degli ecosistemi. Gestire una popolazione animale (ossia individui della stessa specie, p.es. cinghiale, che vivono in uno stesso territorio) con il proposito di preservarne l esistenza è un compito impossibile da realizzare qualora non si disponga di informazioni concrete sulla biologia della specie che si vuole amministrare, sui parametri ambientali da cui essa dipende e sullo status della popolazione stessa. Monitorare le popolazioni animali è pertanto necessario quando si voglia sottoporle al prelievo venatorio. Il punto cruciale per una DURATURA GESTIONE FAUNISTICO-VENATORIA è prima documentarsi e poi intervenire in modo opportuno. Definizione GESTIONE DELLA FAUNA Complesso di attività finalizzate allo studio delle relazioni tra popolazioni di animali selvatici, caratteristiche dell ambiente frequentato e l uomo, per raggiungere un integrazione che rispetti le esigenze dell uomo attraverso una corretta amministrazione delle risorse faunistiche. Gestione venatoria Il prelievo venatorio è basato su due principi: (1) la mortalità dovuta alla caccia dovrebbe mirare a sostituire la mortalità naturale (prelievo conservativo o prolungato); (2) il prelievo venatorio dovrebbe rispettare e pilotare la popolazione cacciata intervenendo proporzionalmente all incremento utile annuo (I.U.A., ossia la variazione del n di capi da un anno al successivo, vedi oltre) della popolazione, agli obiettivi gestionali e ai tempi entro i quali si vuole raggiungerli (Fig. 1). N o INDIVIDUI prelievo < = > TEMPO Fig. 1. L entità del prelievo venatorio determina nel tempo le sorti della popolazione cacciata: a seconda che il prelievo sia inferiore, uguale o superiore all I.U.A. il n di capi aumenterà, rimarrà stazionario o diminuirà. Da questa premessa scaturisce che il massimo prelievo prolungato si ottiene abbattendo un numero di animali pari all incremento utile annuo. Infatti solo così sarà possibile prelevare anno dopo anno il numero massimo di individui, senza condurre al declino la popolazione su cui viene esercitato il prelievo. Non esiste un unico valore di prelievo prolungato per ciascuna popolazione: esso varia al mutare delle modalità di gestione e della densità di popolazione. Spesso si mira a raggiungere il massimo prelievo prolungato, che può non coincidere necessariamente con quello ottimale sul piano economico. Infatti, per un rendimento massimo in 1

4 termini economici (prelievo prolungato ottimale) è spesso opportuno fare sì che la fauna di un area venga sfruttata non solo per l utilizzo venatorio, ma anche per quello turistico o per altri usi. Il punto cruciale è quello sopra menzionato: il prelievo prolungato di una popolazione varierà al mutare delle caratteristiche di essa, che pertanto dovranno essere studiate e regolarmente controllate nel tempo per una corretta gestione consapevole. Caccia di selezione La caccia di selezione deve prevedere piani annuali di abbattimento, a livello locale, in cui i cacciatori prelevino un numero limitato di capi scelti, per sesso ed età, sulla base delle informazioni raccolte con i censimenti. Dove esista una popolazione animale di dimensioni adeguate, può esserne consentito il prelievo venatorio, purché controllato, ma dove vi siano pochi individui non c è giustificazione alcuna per sparare. Questo rende necessaria l esecuzione di censimenti e di una adeguata pianificazione, prima e durante l esercizio venatorio. Se le aree sono troppo grandi o troppo impervie per garantire una loro gestione consapevole, possono essere selezionate aree più piccole e maggiormente vocate dove effettuare censimenti e abbattimenti, a beneficio della popolazione cacciata e della comunità venatoria. METODI: la caccia selettiva non è praticabile con metodi invasivi, come la braccata, ma solo con metodi selettivi, da appostamento o alla cerca (e per il cinghiale in alcune realtà anche tramite girata con l uso di un cane limiere, preferibilmente a gamba corta). Le immissioni di fauna Per specie autoctona (o indigena) si intende il complesso di popolazioni appartenenti alla stessa specie, naturalmente residenti o spontaneamente insediatesi in un area biogeografica. Al contrario, le popolazioni non autoctone, immesse in un area per opera dell uomo, appartengono a una specie alloctona. Le immissioni di specie alloctone vengono definite introduzioni e sono di norma da escludere, sia perché alterano il profilo biogeografico dell area interessata, sia per la probabile competizione che potrebbero originare con specie locali. Per ripopolamenti si intendono invece le immissioni di individui appartenenti a un entità faunistica già presente in un area, ma a densità esigua. I ripopolamenti non hanno alcuna efficacia, se vengono effettuati senza avere prima individuato e rimosso le cause che hanno indotto la bassa consistenza della popolazione. Le reintroduzioni sono invece le immissioni di entità faunistiche in aree dove erano state sicuramente presenti e dalle quali erano poi scomparse in tempi storici, per lo più per azione dell uomo. Le reintroduzioni sono positive operazioni gestionali, se ben impostate: la riqualificazione ambientale e l utilizzo venatorio, successivo alla ricostituzione di un abbondante popolazione, sono i principali motivi che possono giustificare una reintroduzione, purché: (1) le cause dell estinzione siano state previamente identificate e rimosse, e (2) siano ancora presenti o siano state restaurate le condizioni ambientali necessarie per la sopravvivenza della specie da reintrodurre. Caccia e conservazione Conservare le popolazioni animali è responsabilità di chiunque sia interessato alla fauna (specialmente i cacciatori). Le associazioni protezionistiche non dovrebbero aspettarsi che i cacciatori smettano di cacciare, ma piuttosto dovrebbero contare su questi per cooperare attivamente al fine di conservare le popolazioni di quegli animali che essi cacciano, insieme al loro habitat. Senza animali, non può sussistere la caccia. I Cacciatori (con la C maiuscola) dovrebbero essere più conservazionisti degli stessi protezionisti. 2

5 Schema riassuntivo IMMISSIONI DI FAUNA Specie autoctona: popolazioni appartenenti alla stessa specie, naturalmente residenti o spontaneamente insediatesi in un area geografica, p.es. capriolo in Campania. Specie alloctona: popolazioni non autoctone, immesse in un area per opera dell uomo, p.es. daino in Campania. Introduzione: immissione di una specie alloctona in un area per opera dell uomo. Ripopolamento: immissione di individui appartenenti a una specie già presente in un area, ma a densità esigua. I ripopolamenti non hanno alcuna efficacia, se vengono effettuati senza avere prima individuato e rimosso le cause che hanno indotto la bassa consistenza della popolazione. Reintroduzione: immissione di una specie in un area dove era stata presente in passato e dalla quale sia scomparsa (per lo più per azione dell uomo). Sono positive operazioni gestionali, se le cause dell estinzione sono state previamente identificate e rimosse, e se sono ancora presenti (o sono state restaurate) le condizioni ambientali necessarie per la sopravvivenza della specie da reintrodurre. CURVA DI ACCRESCIMENTO DI UNA POPOLAZIONE La risultante tra i fattori di crescita (nascite+immigrazione) e i fattori limitanti (mortalità+emigrazione) di una popolazione ne determina nel tempo l accrescimento, il decremento o la stabilità (DINAMICA DI POPOLAZIONE). Può variare da specie a specie (p.es. in relazione al tasso di riproduzione; Fig. 2). Nell ambito della stessa specie, può variare da popolazione a popolazione (p.es. in relazione all effetto dei locali parametri ambientali). CURVA DI ACCRESCIMENTO TEORICA N o INDIVIDUI capriolo cervo, daino TEMPO Fig. 2. Le femmine di capriolo hanno normalmente due piccoli, quelle di cervo e daino ne hanno uno. Le popolazioni di capriolo si accrescono dunque a velocità maggiore rispetto a quelle di cervo e daino, a parità di numero di femmine riproduttrici. TASSO DI NATALITA (O DI RIPRODUZIONE) Il numero dei piccoli rapportato a quello delle femmine adulte annualmente in una popolazione. INCREMENTO UTILE ANNUO (I.U.A) Parametro annuale di una popolazione risultante dalla somma del numero di nuovi nati e degli individui immigrati nella popolazione, meno il numero degli individui morti e di quelli immigrati. N nuovi nati + N immigrati N morti N emigrati 3

6 CARATTERISTICHE DI UNA POPOLAZIONE Consistenza Il numero di individui che costituiscono una determinata popolazione (N capi). Densità Il numero di individui di una popolazione rapportato a una unità di superficie (p.es. N capi per 100 ha). Densità biotica La massima densità raggiungibile da una popolazione in una determinata area (oltre tale valore intervengono i meccanismi naturali di autoregolazione della stessa). Densità agro-forestale (D.A.F.) La massima densità tollerabile: densità oltre la quale i danni a coltivazioni diventano inaccettabili. Struttura La composizione di una popolazione per sesso e classi di età (Fig. 3). Dinamica L insieme dei cambiamenti nell ambito di una popolazione e dei fattori che li regolano, agendo su natalità, mortalità, immigrazione e emigrazione. Fig. 3. Teorica struttura per età di una popolazione. Gli individui giovani sono i più numerosi e occupano i livelli di base del triangolo. La mortalità sottrae individui tra un livello e il successivo. CACCIA DI SELEZIONE E SELEZIONE NATURALE Un capriolo, un cervo, o un cinghiale non si muovono a caso nell ambiente, ma secondo le loro necessità di alimentazione, riproduzione, rifugio, etc., che continuamente li inducono a cercare le risorse di cui hanno bisogno. In questa loro ricerca devono confrontarsi con la presenza dei predatori p.es. il lupo, e con quella delle altre specie che desiderano le loro stesse risorse, nonché con la distribuzione nell ambiente di queste (che non è quasi mai uniforme nel tempo e nello spazio, ma varia al mutare delle stagioni). Gli individui più capaci di superare le difficoltà conseguenti a questa continua ricerca delle risorse saranno quelli che si riprodurranno di più e lasceranno il maggior numero di discendenti. Gli altri produrranno meno prole, o meno vigorosa, o addirittura nessun discendente e, alla lunga, la loro linea di sangue (cioè le loro caratteristiche ereditarie) tenderà a estinguersi. I meccanismi naturali di selezione degli individui (quelli in base ai quali l ambiente decide chi merita di sopravvivere e chi no) sono appunto la predazione, la competizione per le risorse, la disponibilità di queste, le intemperie, le malattie, etc. Il cacciatore di selezione ambisce a inserirsi in questo complesso ingranaggio, in parte sostituendosi a qualcuno dei fattori naturali di regolazione delle popolazioni. Ambisce anche a farlo in misura approssimativamente consapevole (da qui la necessità di controllare la dinamica delle popolazioni animali cacciate, attraverso l effettuazione di stime numeriche e la calibratura dei piani di abbattimento). Questa ambizione, purché non resti velleitaria, è un grande passo avanti rispetto al tradizionale prelievo alla cieca o allo sparare nel branco e promuove il cacciatore a livello tecnico. 4

7 USO DELLO SPAZIO Attraverso l osservazione degli animali, che dovrebbe sempre precedere l abbattimento, il cacciatore noterà p.es. quanto detto poco fa, cioè che gli animali non si muovono a caso, ma secondo precisi parametri. In primavera e in estate un capriolo maschio è insofferente della presenza di altri caprioli dello stesso sesso nell area in cui vive. Si chiama territorio l area difesa da un individuo nei confronti delle intrusioni di conspecifici, dove esso si accoppia e si ricovera. Il maschio di capriolo è, appunto, territoriale da Marzo ad Agosto. La territorialità serve a spaziare gli individui nell ambiente, evitandone così il sovrasfruttamento. Fuori dal territorio esiste un area in cui l individuo è più tollerante o addirittura ignora la presenza di conspecifici: la cosiddetta area familiare (o home range). L area familiare è l area, non difesa, nella quale un individuo vive abitualmente p.es. per nutrirsi o riposarsi. L area familiare non è costante nel tempo e nello spazio: un animale può utilizzare, in tempi diversi, settori diversi di un area p.es. in relazione alle locali disponibilità di risorse alimentari o per l arrivo di un individuo più forte che lo faccia spostare altrove. L area totale, occupata da un individuo nel corso della sua esistenza, viene definita spazio vitale. Schema riassuntivo SPAZIO VITALE: area totale occupata da un individuo nel corso della sua esistenza. AREA FAMILIARE o HOME RANGE: area non difesa nella quale un individuo si muove abitualmente, di solito per nutrirsi. TERRITORIO: area difesa da un individuo nei confronti delle intrusioni di conspecifici. IL TROFEO Negli ungulati, una delle caratteristiche più evidenti dei maschi è quello che in gergo venatorio viene definito il trofeo, cioè due appendici (o prolungamenti) dell osso frontale o dei denti. Il trofeo non è presente in tutti gli erbivori e costituisce un termine molto equivoco: il trofeo di capriolo e cervo sono i palchi, quello del muflone sono le corna, ma quello del cinghiale è costituito dalle zanne. In realtà per trofeo generalmente si intende la testa imbalsamata degli animali uccisi. Palchi e corna. I palchi sono strutture anatomiche piene, formate da tessuto osseo, che si accrescono e cadono secondo un ciclo annuale di sviluppo. Nella fase di formazione i palchi sono coperti da uno strato protettivo, il velluto, attraverso i cui vasi sanguigni l osso sottostante, in formazione, viene nutrito, crescendo e solidificandosi sempre più fino a trasformarsi in vero osso. Poi il velluto cade a pezzi e resta l osso: il palco. Dopo la stagione degli amori, alcune particolari cellule (osteoclasti) che disgregano l osso si attivano alla base dei palchi, che così cadono, per poi cominciare a ricrescere lentamente. L intero processo è sotto il controllo ormonale (cioè di sostanze chimiche, dette ormoni, secrete da particolari ghiandole attivate da stimoli ambientali p.es. le stagioni). I palchi sono presenti nella famiglia dei Cervidi, quindi anche nel capriolo e cervo, ma solo nei maschi (a eccezione della renna, in cui anche le femmine portano i palchi). Le corna sono invece strutture anatomiche formate da un asse osseo (saldato al frontale) sul quale si innesta una guaina cornea, formata da cheratina (la stessa sostanza delle unghie e dei capelli). Sono a crescita continua, a partire dai primi mesi di vita dell animale. Di norma presenti tanto nei maschi che nelle femmine, in queste sono generalmente più piccole e meno appariscenti di quelle dei maschi. Nei Bovidi italiani (muflone, stambecco, camoscio) le corna sono permanenti e ogni anno si ha la crescita di un nuovo astuccio corneo sopra quello dell anno precedente. Le diverse dimensioni corporee tra maschio e femmina (con il maschio di solito più grosso), la presenza di corna ben sviluppate o di palchi, alcune differenze di lunghezza o colore del pelo, aiutano a distinguere i due sessi: l insieme di queste differenze costituisce il cosiddetto dimorfismo sessuale. 5

8 Schema riassuntivo PALCHI e CORNA Trofeo nella terminologia venatoria Sono appendici (prolungamenti) dell osso frontale Palchi - Strutture piene, temporanee, con ciclo annuale di sviluppo: nascita-crescita-caduta. - Tessuto osseo (in prevalenza carbonato di calcio). - Presenti solo nei cervidi maschi (p.es. capriolo, cervo, daino). Corna - Strutture cave, permanenti, a crescita continua. - Tessuto corneo (cheratina), che alla base si innesta su un asse osseo saldato all osso frontale. - Presenti nei bovidi maschi e femmine (p.es. muflone, camoscio, stambecco) A cosa servono palchi e corna? Una funzione primaria è sicuramente quella di armi utilizzabili nelle lotte tra maschi per accedere alle femmine nel periodo riproduttivo. Per questo la selezione naturale ha favorito l evoluzione di corna voluminose e palchi nel sesso maschile. Una funzione secondaria è la difesa contro i predatori. Le femmine utilizzano strategie antipredatorie alternative, p.es. vivere in gruppo (così ci sono più occhi, orecchie e nasi in grado di avvertire la presenza di predatori, nonché la relativa protezione offerta dalla presenza di conspecifici con cui si diluisce la probabilità di essere predati). Cosa significa RUMINANTE? Il capriolo e il cervo (non il cinghiale) sono ruminanti. Il loro apparato digerente non comprende un solo stomaco (come noi), ma ben quattro. L animale ingoia il cibo nelle aree di alimentazione, immagazzinandolo nel primo stomaco (il rumine), poi si ricovera in un sito tranquillo ove ruminare. Dopo una breve permanenza anche nel secondo stomaco (il reticolo), il cibo ormai fermentato dall azione disgregatrice dei microrganismi che vivono in questi due primi stomaci torna in bocca all animale per essere ulteriormente masticato e triturato. Passa poi nel terzo (omaso) e quarto (abomaso) stomaco, dove viene ulteriormente preparato per la digestione vera e propria e poi digerito. Soltanto l abomaso contiene succhi gastrici e pertanto è realmente simile al nostro stomaco (rumine, reticolo e omaso sono infatti semplici camere esofagee). Dall abomaso il cibo scende poi nell intestino. Significato adattativo della ruminazione: si è evoluta come (1) strategia alimentare per permettere di massimizzare la resa energetica di cibo che, se pur disponibile in grande quantità sarebbe altrimenti poco digeribile e come (2) strategia antipredatoria in quanto consente di assumere grosse quantità di cibo e di digerirle in luoghi sicuri. Capacità del rumine: è maggiore nei cosiddetti pascolatori (che si nutrono soprattutto di fibra grezza ingerendone grossi quantitativi) e minore nei brucatori (che si nutrono di cibo a più alto contenuto proteico ingerendone piccoli quantitativi). Cosa significa UNGULATO? Nella catena alimentare gli erbivori e gli onnivori sono predati dai carnivori. Questo significa che generalmente devono essere in grado di correre velocemente per sfuggire ai predatori. Nel corso dell evoluzione hanno dunque trasformato le zampe adattandole alla corsa attraverso la formazione di 6

9 zoccoli, che sono enormi ispessimenti delle unghie del 3 e 4 dito (medio e anulare) nel capriolo, cervo, cinghiale, etc., e del solo 3 dito nel cavallo, asino, zebra, etc. I primi si chiamano Ungulati artiodattili, mentre i secondi sono Ungulati perissodattili. Ungulato significa dunque animale dotato di zoccoli (Fig. 4). Fig. 4. Lo zoccolo degli ungulati artiodattili (p.es. cervidi, bovidi, suidi) è formato dalle nostre stesse dita, trasformate per la corsa e con l unghia ispessita. Cosa è la SISTEMATICA? Per distinguerci l uno dall altro noi usiamo i nomi. Se vogliamo identificarci ancor meglio, lo facciamo per mezzo del cognome. Per gli stessi scopi si è sentita la necessità di ideare una convenzione in grado di classificare e denominare gli organismi animali e vegetali. Si chiama sistematica la scienza che classifica e ordina gli organismi in relazione ai loro rapporti filogenetici (cioè ereditari). Si definisce tassonomia l insieme delle norme che regolano, per convenzione, la denominazione degli organismi in relazione alla loro posizione sistematica. Queste norme prevedono nomi che indicano grandi categorie p.es. la CLASSE raduna in un caso tutti i mammiferi, in un altro gli uccelli, in un altro ancora i pesci etc., e categorie progressivamente più piccole (in una sorta di struttura piramidale). Tutti gli animali appartengono al Regno Animale, ma solo gli animali dotati di ghiandole mammarie appartengono alla Classe dei Mammiferi, e solo i mammiferi provvisti di zoccoli al Superordine degli Ungulati, e così via. Per convenzione il Genere, la specie (appartengono alla medesima specie tutti gli individui che, accoppiandosi, siano in grado di produrre prole feconda) e la sottospecie (individui appartenenti alla stessa specie, ma con differenze che consentano di ascriverli a razze separate, in genere geograficamente separate l una dall altra) vengono indicate con nomi latini. 7

10 IL CAPRIOLO Generalità Il capriolo è un mammifero artiodattilo ruminante, appartenente alla Famiglia dei Cervidi, al Genere Capreolus e alla specie capreolus. Vive in quasi tutta Europa con la specie Capreolus capreolus e, in Asia centrale, con la specie Capreolus pygargus (circa 1/3 più grossa del nostro capriolo). In Italia, la mancanza di ogni forma di conservazione nei confronti di questo Cervide lo aveva spinto sull orlo dell estinzione nella prima metà del ventesimo secolo. A partire dagli anni 60, l effettuazione di reintroduzioni e l applicazione di norme venatorie più lungimiranti e conservative lo ha reso nuovamente comune in gran parte della penisola. Il capriolo è ben adattato agli ambienti boscati per tutta una serie di particolari caratteristiche morfologiche, fisiologiche e comportamentali. Prospera negli ecotoni (ambienti di transizione tra due e più ambienti p.es. la fascia di transizione tra bosco e prato) con vegetazione cespugliosa, boschi con ampie radure, coltivi alternati ad aree boscose. Si nutre di vegetazione arbustiva e semi-arbustiva, con minoranza di erbe, frutti e funghi. Il capriolo è un erbivoro generalista, che si nutre di centinaia di specie vegetali in relazione alla loro locale abbondanza con la capacità di utilizzarne tutte le parti. La sua taglia relativamente piccola lo costringe tuttavia a selezionare il cibo di cui si nutre: la capacità digestiva del tratto intestinale di un erbivoro è infatti direttamente proporzionale al peso corporeo; la maggioranza dei ruminanti di peso inferiore a circa 40 kg può così utilizzare al meglio soltanto risorse alimentari di qualità relativamente elevata. Queste specie di erbivori sono denominate selettrici di risorse alimentari che concentrano un alta quantità di sostanze nutritive (p.es. germogli e frutti) o, più brevemente, selettori concentrati. Il capriolo ha elevata capacità di adattamento ad ambienti diversi per antropizzazione, altitudine, compagini vegetali, ma è molto sensibile all azione negativa svolta da cani vaganti e dalla caccia incontrollata. In condizioni naturali arriva a vivere fino a anni, età oltre la quale l usura delle superfici dentarie diventa la principale causa (indiretta) di mortalità. Nella gestione venatoria si definiscono piccoli gli individui nel corso dell anno della nascita (quindi da maggio a dicembre), ossia fino a 7-8 mesi di età, subadulti a gennaio dell anno successivo (ossia da 8 a 20 mesi), adulti a gennaio del secondo anno (ossia dopo i 20 mesi). TASSONOMIA DEL CAPRIOLO Classe: Superordine: Ordine: Sottordine: Famiglia: Sottofamiglia: Genere: Mammiferi (animali provvisti di ghiandole mammarie) Ungulati (mammiferi provvisti di zoccoli) Artiodattili (n di dita pari; poggiano su 3 e 4 dito) Ruminanti (stomaco composto da 4 cavità, fra cui il rumine) Cervidi (palchi caduchi; non corna!) Odocoileini Capreolus 2 Specie: Capreolus capreolus (capriolo europeo) Capreolus pygargus (capriolo asiatico) 3 Sottospecie: C. c. capreolus (Europa centro-settentrionale) C. c. garganta (Penisola iberica) C. c. italicus (Italia centro-meridionale) 8

11 DISTRIBUZIONE DEL CAPRIOLO IN EUROPA. DISTRIBUZIONE DEL CAPRIOLO IN ITALIA CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE PRINCIPALI CARATTERISTICHE MORFOMETRICHE Peso corporeo (o peso pieno ) Peso animale sventrato (eviscerato o peso vuoto ) Lunghezza totale (punta del naso base della coda) Altezza (al garrese) Maschio adulto Femmina adulta Kg Kg kg kg cm cm cm cm 9

12 MORFOLOGIA ESTERNA Evoluzione di una corporatura adatta a un ambiente di macchia e fitto sottobosco: - arti posteriori più lunghi e sviluppati degli anteriori; - muso appuntito e corpo affusolato; - appendici frontali (palchi) ridotte e rivolte all indietro; - occhi relativamente grandi e ben adattati alla visione in condizioni di scarsa luminosità; - orecchie di lunghezza pari a 2/3 della testa per stabilire con precisione la provenienza dei suoni (udito finissimo); - apparato olfattivo molto efficiente; - mantello di colorazione mimetica (o criptica). MANTELLO Nel capriolo si distinguono un mantello estivo e uno invernale. Questi differiscono per lunghezza, spessore e colore dei peli. Mantello estivo (maggio-settembre): Peli: corti - sottili Colore: bruno chiaro / ruggine acceso Mantello Invernale (ottobre-aprile) Peli: lunghi - spessi - ondulati Colore: grigio-bruno Il mantello invernale presenta caratteristiche importanti ai fini del riconoscimento. Maschi: chiazza bianca (specchio anale) in zona perianale, a forma di fagiolo. Femmine: specchio anale a forma di cuore rovesciato, con falsa coda (ciuffo di peli). MANTELLO DEI PICCOLI Nei primi due mesi: di colore bruno / marrone scuro con macchie biancastre sui fianchi. MUTA Il cambio del pelo avviene due volte all anno: MUTA PRIMAVERILE Subadulti: aprile Adulti: maggio In primavera è un processo lento (2-3 settimane) e vistoso, con perdita abbondante di ciuffi di peli a partire da testa e collo, poi arti, spalle, dorso e fianchi; MUTA AUTUNNALE Piccoli: settembre Subadulti: settembre-ottobre Adulti: ottobre In autunno il cambio del mantello dura solo pochi giorni ed è un fenomeno poco appariscente (processo veloce e non vistoso). HABITAT Il capriolo ha elevate capacità di adattamento: colonizza aree dal livello del mare fino a m. e lo si trova sempre più spesso in zone a elevato impatto antropico (aree agricole e peri-urbane). Ambienti favorevoli: - Boscaglie con fitto sottobosco (p.es. latifoglie); - Bosco a elevata frammentazione (a macchie di leopardo ); - Avvallamenti e radure; - Macchie lungo canaloni o corsi fluviali; - Aree agricole di tipo tradizionale. Ambienti meno favorevoli: - Boschi con piante ad alto fusto e scarsa vegetazione di sottobosco (p.es. faggete); - Boschi di grandi dimensioni e con scarsa frammentazione. 10

13 ALIMENTAZIONE ERBIVORI BRUCATORI SELETTORI (p.es. capriolo) NUTRIENTE (alta digeribilità) Qualità del cibo PASCOLATORI NON-SELETTORI (p.es. pecora) POCO NUTRIENTE (alto contenuto fibra grezza) Periodi di alimentazione BREVI E FREQUENTI BREVI E FREQUENTI LUNGHI E POCO FREQUENTI Periodi di ruminazione LUNGHI E POCO FREQUENTI Capacità del rumine BASSA ALTA VARIAZIONI ANNUALI DELLE ABITUDINI ALIMENTARI DEL CAPRIOLO Primavera-Estate: germogli e foglie di arbusti (quercia, prugnolo, biancospino); piante erbacee (legumi e graminacee). Autunno: frutta selvatica (ghiande, faggiole, castagne, sambuco, sorbo) Inverno: erba medica; barbabietole; cavoli; rametti di latifoglie. RITMI DI ATTIVITA GIORNALIERI Nel capriolo i ritmi giornalieri di attività sono caratterizzati da un alternanza tra brevi periodi (1-2 ore), in cui gli animali sono attivi, e brevi periodi in cui essi si riposano. Si possono distinguere: - dormiveglia (7-8 ore totali); - attività (alimentazione, spostamenti, interazioni sociali) (7-8 ore totali); - ruminazione (7-8 ore totali). Nel capriolo il sonno vero dura 1-2 ore, divise in 3-4 periodi di sonno di minuti ciascuno. Questi sono gli unici momenti in cui i due più importanti organi di senso (udito e olfatto) sono in gran parte inattivi. PERIODI DI ATTIVITÀ Le ore della giornata in cui la maggior parte dei caprioli è attiva sono quelle dell alba e del tramonto. Il momento di minima attività è invece nelle parti centrali del giorno. In condizioni naturali i periodi di attività variano nelle diverse stagioni e con le condizioni atmosferiche; in generale: - in estate i caprioli sono attivi prevalentemente di notte; - in primavera/autunno prevalentemente all alba/tramonto e di notte; - in inverno prevalentemente all alba/tramonto e di giorno. COMPORTAMENTO SOCIALE DEL CAPRIOLO Il comportamento sociale del capriolo varia durante l anno: da prevalentemente solitari in PRIMAVERA-ESTATE i caprioli diventano più gregari in AUTUNNO-INVERNO. Marzo / Agosto - Fase territoriale nei maschi adulti - Adulti (maschi e femmine) solitari - Dispersione (emigrazione) nei subadulti Settembre / Febbraio - Formazione di piccoli gruppi familiari 11

14 (1 femmina adulta piccoli, talvolta con 1 femmina sottile e/o 1 maschio adulto) - Formazione di aggregazioni temporanee (p.es caprioli in una radura) DEFINIZIONI Spazio vitale: area in cui un capriolo vive nell arco della sua esistenza (in genere ha) Area familiare (o home range): area all interno della quale un capriolo vive abitualmente (p.es. in una stagione) (in media ha). Territorio: area (30-40 ha) difesa dai maschi adulti nei confronti di altri maschi. TERRITORIALITÀ NEL MASCHIO ADULTO L attività di difesa del territorio è favorita dall aumento di aggressività che si manifesta a seguito dell ingrossamento delle ghiandole genitali (testicoli) e dei livelli di testosterone in febbraio. Manifestazioni di territorialità Un maschio può segnalare ad altri il possesso di una particolare area sia mediante confronto diretto sia tramite segnali di avvertimento. Segnalazione di possesso tramite confronto diretto Può avvenire tramite segnali visivi, acustici e/o tramite contatto fisico. Il confronto aggressivo tra due maschi adulti segue rituali ben definiti: 1. avvertimento o dimostrazione di forza: camminata spalla a spalla, raspata (con le zampe), percuotimento (con i palchi, sulla vegetazione) (tutti segnali visivi), e con l abbaio (segnale acustico); 2. sfida: un contendente orienta i palchi (abbassando il capo) verso l altro in atteggiamento di minaccia (segnale visivo); 3. combattimento: scontro diretto di breve durata (contatto fisico); 4. cessazione delle ostilità e eventuale ridefinizione dei confini dei rispettivi territori. Il confronto tra un adulto e un subadulto è rapido e si conclude con la fuga del subadulto. Segnalazione di possesso tramite marcatura Avviene tramite la deposizione di segnali olfattivi a seguito dello sfregamento di ghiandole specializzate poste in varie parti del corpo. Si possono distinguere due tipi di attività di marcatura: le raspate: - con le zampe anteriori: organo cutaneo delle dita (OCD); - con quelle posteriori: organo cutaneo delle dita e ghiandole interdigitali (GI); gli sfregamenti: - con la testa: organo frontale (F); - con gli arti posteriori: ghiandole metatarsali (GM). CICLO BIOLOGICO DEL MASCHIO Il ciclo biologico dei maschi è scandito dal ciclo annuale di caduta, crescita e pulitura del trofeo. La crescita dei palchi dura circa 3 mesi, e avviene prima negli adulti (tra dicembre e febbraio), seguiti dai subadulti (tra gennaio e marzo). La pulitura avviene verso fine febbraio negli adulti, in marzo nei subadulti. La caduta avviene verso fine-ottobre/inizio-novembre negli adulti, verso fine novembre nei subadulti, e a fine dicembre nei piccoli (caduta del bottone o primo trofeo). Nei piccoli si hanno 2 cicli annuali del trofeo: Settembre-Dicembre: crescita degli abbozzi ossei (bottone); Dicembre-Gennaio: caduta del bottone; Febbraio-Aprile: crescita dei palchi. I palchi, presenti solo nel maschio, sono due stanghe di tessuto osseo che poggiano su due prolungamenti dell osso frontale detti tappi o steli. 12

15 PALCHI La distanza tra i palchi è detta apertura del trofeo. La base del palco si presenta allargata e frastagliata e viene denominata rosa. Fasi successive della crescita, della pulitura e della caduta del 1, 2 e 3 trofeo. Il rivestimento cutaneo che protegge e nutre la stanga in via di formazione è il velluto. Ogni palco presenta delle scanalature longitudinali dette solchi e delle piccole escrescenze ossee dette perle. CLASSIFICAZIONE DEI MASCHI IN BASE ALLA RAMIFICAZIONE DEI PALCHI Nei subadulti i palchi presentano di solito una sola punta ciascuno (negli individui cosiddetti puntuti) o due punte ciascuno (nei cosiddetti forcuti). Nell adulto (2 anni) i palchi di norma si ramificano dando origine a 3 punte per ogni palco (individui palcuti). STANGA DI CAPRIOLO PALCUTO IMPALCATURA OSSEA DI TROFEO (forma tipica; vista laterale) (vista di fronte) OF: osso frontale; S: stelo o tappo; SD: sutura dentata frontale; OP: osso parietale. CRESCITA DEI PALCHI Avviene tramite la deposizione di sali di calcio e la moltiplicazione di cellule cartilaginee. Il palco in crescita è coperto da un rivestimento cutaneo, il velluto. Il velluto è costituito da due strati: 1. uno strato interno costituito da tessuto ricco di vasi sanguigni, con la funzione di portare sostanze nutritizie ai palchi in crescita; 2. uno strato esterno costituito da pelo corto e fitto, con la funzione di proteggere i palchi in crescita. 13

16 REGOLAZIONE DEL PROCESSO DI ACCRESCIMENTO La crescita dei palchi è regolata da vari ormoni (sostanze chimiche prodotte da ghiandole specializzate) tra cui i più importanti sono il testosterone (ad azione inibente) e l ormone della crescita (ad azione stimolante). Il fattore iniziale è il fotoperiodo: l allungamento delle giornate in gennaio stimola la produzione dell ormone della crescita (che favorisce lo sviluppo del trofeo) e di testosterone (che provoca l ingrossamento delle ghiandole genitali: da 12 grammi in gennaio a 65 grammi in luglio). Ciò determina un aumento di testosterone nel sangue con due conseguenze: 1) aumento dell aggressività; 2) inibizione del processo di crescita dei palchi. L inibizione della crescita porta alla ossificazione completa dei palchi, in seguito alla chiusura dei vasi sanguigni e alla conseguente atrofia e morte del velluto, con conseguente pulitura del trofeo. In autunno la caduta dei palchi avviene in seguito all erosione cellulare delle stanghe sotto la rosa, per opera di cellule specializzate (osteoclasti - si veda pag. 13). CICLO BIOLOGICO DELLA FEMMINA Nel capriolo le femmine si accoppiano tra luglio e agosto, e partoriscono verso la fine di maggio, per un totale di circa 10 mesi di gravidanza. Il ciclo di sviluppo dell embrione viene però bloccato pochi giorni dopo la fecondazione per circa 5 mesi (embriostasi); il feto inizia quindi a svilupparsi solo a partire da gennaio, per un totale di circa 5 mesi di gravidanza effettiva: questa è una particolarità fisiologica soltanto del capriolo fra tutti gli artiodattili. Ovulazione (estro) e fecondazione (accoppiamento) Durata: 3-4 giorni Periodo: 15 luglio / 15 agosto Embriostasi o diapausa embrionale (interruzione dello sviluppo embrionale) Durata: 5 mesi Periodo: agosto / dicembre Gestazione Durata: circa 10 mesi (5 mesi di embriostasi + 5 mesi di gravidanza vera e propria) Periodo: agosto / maggio Parto Periodo: maggio - giugno NASCITE E PRIMI MESI DI VITA A partire dal mese di marzo le femmine adulte iniziano a isolarsi e a diminuire i propri spostamenti in aree sempre più ristrette e con una vegetazione molto fitta. In queste zone partoriranno 2 piccoli (raramente 1 o 3), di solito verso metà-fine maggio. Nelle prime due settimane di vita la sopravvivenza dei piccoli è legata alla capacità e alla possibilità di nascondersi nell erba alta o nei cespugli più fitti, seguendo particolari strategie antipredatorie: 1. ogni piccolo viene lasciato solo (nascosto tra la vegetazione); 2. i piccoli rimangono immobili fino al ritorno della madre; 3. i piccoli sono privi di odore; 4. la madre ingerisce le feci dei piccoli per rimuovere le tracce e sposta i piccoli dopo ogni poppata (fino a 10 volte al giorno). A partire dalla terza settimana si ha: (1) inizio della ruminazione, (2) comparsa delle prime fatte, (3) ingestione delle proprie feci e di quelle della madre (per instaurare la flora batterica 14

17 intestinale e per sopperire alla carenza di sali presenti nel latte), (4) comparsa dell istinto alla fuga e (5) progressiva diminuzione delle poppate. Il riconoscimento della madre avviene solo a partire dalla 3 settimana. ACCOPPIAMENTI Il periodo degli amori nel capriolo va dal 15 luglio al 15 agosto. Il periodo in cui una femmina va in estro (e quindi può di fatto accoppiarsi) dura però solo 3-4 giorni (a differenza delle femmine di daino, che possono avere fino a 6 estri consecutivi, se non vengono fecondate). Questo breve periodo è quindi critico per la femmina che deve accoppiarsi per non perdere l unica possibilità che ha di riprodursi in un anno. L accoppiamento viene sempre preceduto dal corteggiamento: in questa fase la femmina si fa inseguire dal maschio (per minuti) mettendolo duramente alla prova in una serie di corse estenuanti, spesso in circolo intorno ad alberi e cespugli, per poi permettere l accoppiamento. RICONOSCIMENTO SUL CAMPO RICONOSCIMENTO MASCHIO / FEMMINA Nei PICCOLI il riconoscimento del sesso è possibile solo a partire dal 3 mese di vita, allorchè nei maschi iniziano a spuntare gli abbozzi ossei (bottone): M F Settembre-Gennaio nei maschi abbozzi ossei (2-3 cm) bottone Febbraio-Aprile nei maschi: palchi (con velluto) puntuto (2 punte) forcuto (4 punte) Nei SUBADULTI e negli ADULTI il riconoscimento è più facile perché: Nei maschi: (1) è visibile il pennello; (2) per gran parte dell anno i maschi sono provvisti di palchi (in crescita o formati) (3) lo specchio anale è a forma di fagiolo nel maschio e di cuore rovesciato, con falsa coda, nella femmina (mantello invernale). RICONOSCIMENTO DELLE CLASSI D ETÁ NEL MASCHIO PICCOLI (0-8 mesi) - Testa slanciata - collo e tronco esili - arti relativamente lunghi - Bottone (da settembre a gennaio) SUBADULTI (9-21 mesi) - Mutano il mantello prima degli adulti - Sviluppano e perdono il trofeo dopo gli adulti - Trofeo generalmente puntuto o forcuto - Trofeo basso: supera di poco o è lungo come le orecchie in altezza ADULTI (> 21 mesi) - Mutano il mantello dopo i subadulti - Sviluppano e perdono il trofeo prima dei subadulti - Trofeo palcuto (6 punte) (o forcuto e puntuto, in regressione per vecchiaia); rose ben sviluppate - Trofeo alto: supera le orecchie in altezza (fino a 1,5 volte) 15

18 PICCOLI (< 1 anno) SUBADULTI (1-2 anni) ADULTI (oltre i 2 anni) 3 anni 4-8 anni > 9 anni Per semplicità si può decidere di definire: MASCHIO ADULTO: maschio con trofeo di altezza superiore alla linea congiungente la punta delle orecchie; MASCHIO GIOVANE: maschio con trofeo di altezza inferiore alla linea congiungente la punta delle orecchie. GIOVANI ADULTI RICONOSCIMENTO DELLE CLASSI D ETÀ NELLA FEMMINA PICCOLE (0-8 mesi) - Piccole dimensioni - Testa slanciata - Collo e tronco esili - Arti apparentemente lunghi SUBADULTE (9-21 mesi) - Mutano il mantello prima degli adulti - Dorso orizzontale - Aspetto relativamente esile ( femmina sottile ) 16

19 ADULTE (> 21 mesi) - Mutano il mantello dopo i subadulti - Dorso a sella PICCOLE SUBADULTE ADULTE 3 anni 4-8 anni >10 anni DENTATURA Nel capriolo la dentatura è definitiva già dopo il primo anno. Ogni emimandibola è composta da 4 tipi di denti: INCISIVI (I) CANINI (C) PREMOLARI (P) MOLARI (M) N.B: la lunghezza della mandibola è un ottimo indicatore delle dimensioni corporee in quanto è strettamente collegato al peso corporeo (indice di stato fisico). La dentatura completa è costituita in tutto da 32 denti: 12 molari 6 nella mandibola (3 + 3) 6 nella mascella (3 + 3) 12 premolari 6 nella mandibola (3 + 3) 6 nella mascella (3 + 3) 6 incisivi e 2 canini con funzione di incisivi, tutti nella mandibola. Nella mascella mancano gli incisivi e i canini, sostituiti da una callosità duro-elastica, che si contrappone agli incisivi e ai canini della mandibola per strappare il cibo. DENTATURA DEFINITIVA: Mascella: I; C; P; M. Mandibola: La superficie di masticazione è formata dai PREMOLARI (soprattutto dai P3) e dai MOLARI. VALUTAZIONE DELL ETÀ La valutazione dell età si effettua in base all eruzione e all usura dei denti definitivi. 17

20 Alla nascita sono presenti: 6 incisivi, 2 canini e 12 premolari (tutti denti da latte) per un totale di 20 denti. Eruzione Il primo molare (M1) spunta verso i 3-4 mesi. Il secondo molare (M2) e il primo incisivo (I1) compaiono a circa 5-7 mesi. Il secondo incisivo (I2) spunta a 7-9 mesi. Il canino (C) spunta a circa mesi. Il terzo incisivo (I3) compare a circa 9-10 mesi. Il terzo molare (M3) spunta verso gli mesi. I tre premolari definitivi (P1), (P2) e (P3) sostituiscono i tre premolari da latte a circa mesi. Il p3 da latte è TRICUSPIDATO e si distingue da quello definitivo (P3) che invece è BICUSPIDATO. Usura Terminata l eruzione inizia l usura dei denti; essa è influenzata da: 1. tipo di alimentazione (un alimentazione a base di piante particolarmente fibrose, oppure in aree sabbiose, usura prima le cuspidi dentarie); 2. caratteristiche di smalto e dentina; 3. anomalie dentarie. Per definire l usura si devono considerare: proporzione tra lo smalto (strato esterno bianco) e dentina (strato interno scuro); pieghe del dente; altezza dell orlo di masticazione. Con il passare degli anni l azione abrasiva del cibo porta all usura della superficie di masticazione, a partire da P2, P3 e M1 con: 1. spianamento (appiattimento) degli apici e degli orli; 2. riduzione in profondità e scomparsa delle pieghe dello smalto nella fessura; 3. affioramento sempre maggiore della dentina. Schema di usura: (N.B.: orientativo e non valido in tutte le situazioni) 5 ANNI scompare fessura lobo ANTERIORE di M1 6 ANNI POSTERIORE di M1 7 ANNI ANTERIORE di M2 8 ANNI POSTERIORE di M2 9 ANNI ANTERIORE di M3 10 ANNI POSTERIORE di M3 STIMA DELL ETA DALL ERUZIONE E USURA DEI DENTI 18

21 SEGNI DI PRESENZA DEL CAPRIOLO Saper interpretare i segni indiretti di presenza del capriolo può dare importanti indicazioni sulle caratteristiche della popolazione e sulla sua distribuzione. Suddividiamo i segni di presenza in 3 categorie: 1. SEGNI DI PRESENZA COMUNI Impronte Escrementi Viottoli e siti di riposo 2. SEGNI DI PRESENZA LEGATI ALLA TERRITORIALITÀ Sfregamenti (o fregoni ) Raspate Vocalizzazioni 3. SEGNI DI PRESENZA LEGATI ALL ALIMENTAZIONE Cimatura Scortecciamento (raro) 1. SEGNI DI PRESENZA COMUNI IMPRONTA È formata dagli unghioni che ricoprono l ultima falange del 3 e 4 dito; meno visibile è l orma degli speroni che ricoprono le falangi terminali del 2 e 5 dito, atrofizzati. A. Durante la marcia lenta si ha, in genere, la sovrapposizione dell impronta degli zoccoli posteriori su quella degli anteriori. B. Durante la corsa gli zoccoli sono divaricati e gli speroni lasciano una chiara impronta sul suolo. Le impronte anteriori e posteriori non sono sovrapposte, con le seconde poste davanti alle prime. A. PISTA DI UN CAPRIOLO AL PASSO C. PISTA DI UN CAPRIOLO IN CORSA ESCREMENTI Sono spesso costituiti da numerosi elementi, sparsi sul terreno o in piccoli ammassi; colore scuro e forma ovale o a cilindretto, con estremità arrotondate o leggermente a punta; lunghi mm, larghi 7-10 mm. La forma e la consistenza degli escrementi sono variabili in funzione del tipo di alimentazione stagionale: 1. primavera ricchezza di acqua e succhi ammassi; 2. inverno maggiore componente fibrosa piccoli e singoli. 19

22 VIOTTOLI E SITI DI RIPOSO Il capriolo è un animale abitudinario e tende a fare sempre gli stessi percorsi (se non disturbato) che uniscono i punti di riposo con i siti di alimentazione, etc. Probabilmente i sentieri soddisfano più criteri di sicurezza che di minima distanza fra i punti (p.es. spesso si trovano nel bosco, paralleli al margine); giostre nel periodo degli accoppiamenti; i siti di riposo sono i punti dove il capriolo trascorre le ore di inattività, accovacciato al suolo; sono spesso semplici giacigli tra l erba alta o i cespugli, in posizione con buona visibilità dei dintorni, di frequente protetti da sole e pioggia dalle fronde degli alberi. 2. SEGNI DI PRESENZA LEGATI ALLA TERRITORIALITÀ Sono marcature territoriali che si manifestano durante la fase territoriale. Sono di triplice natura: visivi, olfattivi e acustici. SFREGAMENTI O FREGONI Sono degli scorticamenti di arbusti e giovani alberi di ridotto diametro (2-5 cm), ottenuti mediante lo sfregamento del palco (anche per la pulitura del velluto, ma in questo caso non è un segno territoriale). L azione di scorticamento degli arbusti si ferma all altezza della spalla del capriolo, a circa cm. Vengono distinti: sfregamenti di marcatura (effettuati da maschi territoriali) in cui il danneggiamento della pianta viene causato dallo sfregamento delle stanghe nell intento di marcare tramite le ghiandole frontali; sfregamenti di aggressione rediretta (effettuati da maschi sconfitti o di rango basso) fatti per sfogare la propria aggressività e frustrazione. RASPATE Sono marcature territoriali, sia visive sia olfattive, dovute all asportazione dello strato erbaceo mediante colpi di zoccolo. La superficie delle raspate è molto variabile, come anche la forma; spesso si trovano alla base di cespugli. Anche le raspate, come gli sfregamenti, sembra possano avere la duplice natura di marcatura odorosa territoriale (zampe posteriori) e di segnali di aggressione rediretta su elementi vegetali (spesso dopo aver effettuato uno sfregamento) VOCALIZZAZIONI Viene chiamato abbaio il classico segnale acustico del capriolo: da alcuni autori è interpretato come territoriale (associato a fregoni e raspate, frequenza maggiore in primavera ed estate), per altri non è territoriale ma è un segnale d allarme o di sospettosità (lo fanno anche le femmine). 3. SEGNI DI PRESENZA LEGATI ALL ALIMENTAZIONE Rispetto ad altri ungulati di taglia maggiore (cervo, cinghiale) il capriolo presenta un ridotto impatto sulla vegetazione e quindi lascia anche pochi segni di consumo del cibo. Essendo un brucatore la sua attività preferita è il consumo delle gemme e dei germogli apicali, cibo tenero e nutriente, sia delle conifere sia delle latifoglie; lo scortecciamento tramite morso, così tipico nei cervi, è molto limitato nel capriolo; un consumo alimentare, localmente anche intenso, può riguardare essenze pregiate di orti, frutteti e vivai; tra le coltivazioni sono spesso mangiate l erba medica, il mais, la segale, le patate e, soprattutto, la barbabietola. 20

23 DINAMICA DI POPOLAZIONE Una corretta gestione faunistica non può prescindere dalla conoscenza approfondita delle caratteristiche della popolazione da gestire. La popolazione non è un entità fissa ma dinamica, che si modifica nel tempo DENSITÀ STRUTTURA PER SESSI STRUTTURA PER ETÀ NATALITÀ MORTALITÀ DINAMICA DI POPOLAZIONE EMIGRAZIONE IMMIGRAZIONE DENSITÀ Viene espressa in N animali per 100 ha di superficie totale o di bosco. Variazioni nel corso dell anno in funzione di: nascite, decessi, immigrazioni ed emigrazioni; va riferita a un periodo preciso (in genere prima dei parti) p.es.: AFV Le Malandrine Buonconvento (Siena) densità primaverile 1994: 24,6 caprioli/100 ha densità autunnale 1994: 33,3 caprioli/100 ha Il capriolo raggiunge densità molto variabili in funzione della presenza di habitat idonei e del disturbo umano p.es.: (fonte: D.R.E.A.M.) Aree di caccia, provincia di Siena: densità primaverile 1992: 9,6 caprioli/100 ha AFV Monterongriffoli (Siena) densità primaverile 1992: 62,9 caprioli/100 ha Densità e dinamica di popolazione p.es. un elevata densità può causare una diminuzione delle risorse disponibili per ciascun individuo di una popolazione con diverse conseguenze: riduzione della produttività (N piccoli/femmina); aumento della mortalità; aumento dell emigrazione. STRUTTURA PER SESSI La proporzione fra i sessi (P.S.) è il rapporto tra numero di maschi e femmine di una popolazione p.es.: P.S.= 1:2,5 significa che nella popolazione per ogni maschio ci sono 2,5 femmine In natura, alla nascita, la P.S. è circa paritaria (1:1). La P.S. può subire notevoli variazioni a favore di uno dei due sessi a seconda delle condizioni ambientali p.es.: maggiore è la densità e più la P.S. sarà a favore delle femmine (emigrazione e mortalità dei maschi) 21

24 In linea generale la P.S. tende ad essere spostata un po a favore delle femmine per diversi motivi: emigrazione, competizione territoriale tra maschi; mortalità, più elevata nei maschi (vita più stressante ). Struttura per sessi e dinamica di popolazione Il variare della P.S. influenza la dinamica di una popolazione soprattutto perché agisce sulla produttività, p.es. 50 maschi + 50 femmine 30 maschi + 70 femmine P.S. = 1:1 P.S. = 1:2,3 N medio di piccoli per femmina = 0,7 N medio di piccoli per femmina = 0,7 35 piccoli 49 piccoli STRUTTURA PER CLASSI D ETÀ Ogni popolazione può essere suddivisa in diverse classi d età composte da un numero di individui sempre minore all aumentare dell età Esempio di struttura autunnale d età per il capriolo (fonte: Ferloni, 1998) 32% giovani (0-1 anni) 19% subadulti (1-2 anni) 43% adulti (2-7 anni) 6% anziani (oltre 7 anni) Solo pochi individui sopravvivono oltre i 7 anni Mortalità forte e molto variabile dei giovani dell anno (in relazione a diversi fattori: disponibilità di alimento, entità della predazione, condizioni meteorologiche) L emigrazione incide sulla proporzione di subadulti (privi di territorio) Tutta la popolazione è imperniata sugli adulti Struttura per classi di età e dinamica di popolazione La struttura per classi di età fornisce importanti indicazioni sulla dinamica di una popolazione: popol. in espansione popol. in equilibrio popol. male strutturata : giovani; 2: subadulti; 3: adulti; 4: anziani

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