UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA ANALISI FLUIDODINAMICA NUMERICA DI COPPIE GENOA- RANDA DI UN IMBARCAZIONE A VELA CLASSE METEOR

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Facoltà di Ingegneria Dipartimento di Ingegneria Meccanica Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Aerospaziale Tesi di laurea ANALISI FLUIDODINAMICA NUMERICA DI COPPIE GENOA- RANDA DI UN IMBARCAZIONE A VELA CLASSE METEOR Relatore: Prof. Ing. Marco ANTONELLO Correlatore: Prof. Ing. Andrea LAZZARETTO Laureando: Fabio BIESSO Anno accademico

2 I Indice SOMMARIO 1 Cap. 1 - INTRODUZIONE 3 Cap. 2 - FONDAMENTI La barca a vela Il Meteor Le vele Le caratteristiche progettuali La sovrapposizione La vela di prua La randa Il vento Le andature Cinematica e dinamica Cinematica Dinamica Cap. 3 MODELLI Il modello geometrico Le coppie genoa-randa Lo scafo La galleria del vento L assemblaggio La creazione della pre-mesh di superficie Il modello fluidodinamico La costruzione della griglia

3 II Definizione del modello fisico Definizione delle condizioni al contorno Cap. 4 ANALISI E RISULTATI Analisi delle geometrie Le coppie genoa-randa Analisi di sensibilità Risultati delle simulazioni Prima serie di prove: l influenza dell entità del grasso Prova Prova Prova Prova Commenti ai risultati Seconda serie di prove: l influenza della posizione del grasso Prova Prova Prova Prova Commenti ai risultati CONCLUSIONI 105 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 107 App. A PIANI UFFICIALI CLASSE METEOR 109 A.1 Tavola A.2 Tavola A.3 Tavola A.4 Tavola

4 III A.5 Tavola App. B THINKDESIGN E LA MODELLAZIONE PER SUPERFICI 115 B.1 Thinkdesign B.2 Teoria di riferimento App. C RAPIDFORM E LE SINGOLARITÀ NELLE MESH 121 C.1 Rapidform C.2 Singolarità nelle mesh App. D STAR-CCM+ E I MODELLI DI TURBOLENZA 125 D.1 STAR-CCM D.2 I modelli di turbolenza D.2.1 Scelta del modello di turbolenza D.2.2 Proprietà dei flussi turbolenti D.2.3 Equazioni di Reynolds D.2.4 Modelli algebrici degli sforzi turbolenti D.2.5 Modelli a due equazioni D.2.6 Modello k D.2.7 Modelli vicino a parete D.2.8 Funzioni di parete D.2.9 Funzioni di parete GLOSSARIO DEI TERMINI VELICI E NAUTICI 143 RINGRAZIAMENTI 149

5 IV

6 1 SOMMARIO L obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare e confrontare tra di loro alcune coppie genoa-randa appartenenti ad un imbarcazione a vela classe Meteor. Il lavoro preliminare è consistito in una ricerca bibliografica su testi o riviste specializzate, al fine di reperire la descrizione delle metodologie o la loro applicazione a casi che rientrassero nell ambito di questa tesi. Successivamente, partendo da delle nuvole di punti ordinati forniti dalla veleria BluePhoenix [1], si sono modellate le vele. Si è inoltre creato anche uno scafo semplificato del Meteor e la galleria del vento virtuale in cui inserire il tutto. Il sistema è stato parametrizzato in modo da poter variare gli angoli di scotta per quanto riguarda le vele e gli angoli di scarroccio e sbandamento per quanto riguarda lo scafo. Si è resa infine necessaria la correzione della pre-mesh di superficie per evitare errori nel programma CFD. L analisi vera e propria è stata preceduta da un analisi geometrica e da una di sensibilità. La prima per evidenziare le differenze tra le varie coppie e quindi per scegliere dei criteri di confronto nelle simulazioni, la seconda per decidere quale fosse il numero adeguato di celle da utilizzare nella griglia di calcolo in ragione di tempo e risorse a disposizione. Nella prima serie di simulazioni si sono messe a confronto tre coppie genoa-randa in cui la freccia massima varia in entità ma la cui posizione rispetto all inferitura non cambia. Nella seconda serie si sono confrontate due coppie invece in cui l entità della freccia massima non varia mentre cambia la sua posizione. Per tutte le simulazioni sono stati fissati di volta in volta angoli di scotta, di scarroccio e di sbandamento mentre è stato fatto variare in angolo e intensità il vento apparente, somma vettoriale di un vento reale di gradiente e di una velocità ipotizzata della barca. [1]

7 2

8 3 Capitolo 1 INTRODUZIONE Fig. 1.1 Due Classe Meteor in andatura di bolina. La comprensione del flusso dell aria attorno alle vele di una barca a vela è di fondamentale importanza per l analisi delle sue prestazioni, dev essere quindi prestata molta attenzione a questo problema in modo da acquisire una completa conoscenza dei fenomeni coinvolti. Il progetto di una vela è molto complesso, ci sono una serie di fattori che vanno ad influenzarne le prestazioni ed è difficile stimare ognuno di essi. Al giorno d oggi le vele sono costruite per essere rigide in certe condizioni di vento; tuttavia ciò non è sempre assolutamente vero. Inoltre, la velocità del vento non è costante; c è un gradiente di velocità in direzione verticale e a riprova di questo fatto il grasso e lo svergolamento delle vele varia con l altezza e ciò rende l analisi ancor più difficile. La distanza tra le vele e il loro angolo rispetto al vento vengono decisi dallo skipper in accordo con le condizioni del vento e del mare. L influenza dell armo è importante e difficile da stimare quantitativamente. Inoltre

9 4 la barca ha un inclinazione che varia e che è spesso diversa da quella ottimale. Tutti questi fattori danno origine ad uno schema di flusso diverso in ogni singolo caso e le prestazioni della vela variano di conseguenza. Dunque per ottenere vele che siano in grado di fornire alte prestazioni è necessario che ci sia un continuo e permanente scambio di informazioni tra progettisti e velisti. I programmi per la previsione della velocità (VPP) vengono usati per predire le prestazioni di una barca a vela considerando l equilibrio tra forze e momenti aerodinamici e idrodinamici. Le forze e i momenti usati dai programmi VPP possono essere determinati in vari modi: usando la CFD, sfruttando modelli teorici o svolgendo esperimenti soprattutto in gallerie del vento. Alcuni programmi VPP usano metodi aviscosi per la simulazione del flusso attorno alle vele. Tale approccio è computazionalmente efficiente e piuttosto semplice da implementare. Tuttavia il suo campo di applicabilità è limitato perché esso è valido fino a che non si verifica la separazione; sfortunatamente la separazione del flusso è un fenomeno molto più comune di quanto non si pensasse in passato, e uno dei fattori che la provocano è la presenza dell albero sul bordo d attacco della randa (rif. [1]). Nonostante i recenti progressi la comprensione fisica del flusso attorno alle vele non è ancora ben capito. Ad oggi diversi studi sono stati dedicati allo studio dei flussi attorno a vele 2D ed a profili aerodinamici, con e senza la presenza dell albero (rif. [1], [2], [3] e [4]). Si è prestata una speciale attenzione a profili sottili molto curvi per il fatto che è probabile la comparsa della separazione del flusso per una vasta gamma di numeri di Reynolds. Studi successivi si sono focalizzati sui casi più complessi di configurazioni fioccoalbero-randa (rif. [5]) o spinnaker-albero-randa (rif. [6]). Chopin e al. (rif. [7]) studiarono il caso di un catamarano e delle sue vele usando un codice CFD viscoso basato sulle equazioni di Navier-Stokes mediate su Reynolds (RANS). Clauss e Heisen (rif. [8]) usarono la fotogrammetria per ottenere la forma finale delle vele di DYNA, uno yacht a vela con a bordo un complesso sistema di dinamometri, e poi eseguirono l analisi CFD del flusso. I dati sperimentali disponibili sono scarsi ed è davvero difficile trovare pubblicazioni che forniscano dati ottenuti da modelli in scala 1:1 in condizioni reali. Ciò è dovuto principalmente a due fattori: (a) la difficoltà di misurare la forma deformata di una vela e il vento

10 5 che causa la deformazione e (b) il carattere fortemente transitorio dei fenomeni coinvolti, che rende difficoltosa la misurazione dell esatta istantanea della combinazione data da forma della vela e vento. Effettuare esperimenti con vele e armo in scala naturale è fuori questione a causa delle dimensioni che dovrebbe avere in tal caso la galleria del vento; d altra parte, esperimenti con modelli in scala non sarebbero attendibili per un estrapolazione in scala naturale a causa della difficoltà di simulare l elasticità delle vele e dell armo. Dato che si ha una scarsa conoscenza sperimentale è difficile stabilire una valida metodologia per la simulazione di vele sottoposte ai carichi del vento; per questo è difficile regolare bene le vele e l armo di una barca in modo da migliorare le sue prestazioni con metodi economici e veloci quali le simulazioni numeriche. La via d uscita da questo punto morto è eseguire simulazioni con membrane rigide dalla forma di vele, con sezioni di forma impostata, generalmente profili. Tale modus operandi permette di ottenere una buona approssimazione della forma di una vela reale deformata semplificando nel contempo il setup numerico e la conseguente simulazione. In tal modo si è in grado di ottenere una buona conoscenza dei fenomeni coinvolti nel flusso attorno alle vele ed è quindi semplificata di molto la possibilità di migliorare le prestazioni globali. Dunque nel caso siano disponibili serie di dati sperimentali facenti riferimento a vele con differenti curvature e forme sottoposte a diverse condizioni di vento essi possono essere utilizzati per calibrare lo strumento della CFD e fare così in modo che essa possa fornire risultati attendibili anche in mancanza di una conferma sperimentale. Nel caso frequente in cui tale conferma manchi del tutto e non esistano dati che possano essere riprodotti in modo da rendere i risultati della CFD immuni da errori sistematici si può utilizzare lo strumento della simulazione numerica per confrontare tra di loro vele i cui parametri caratteristici vengono fatti variare (rif. [9]). Sono sempre più presenti infatti nelle velerie software che rendono possibile la creazione di più geometrie semplicemente variando i parametri caratteristici della vela ma è spesso assente uno strumento che consenta il loro confronto a priori in termini di prestazioni anche solo qualitativamente. Ecco quindi che l utilizzo della CFD assume una certa importanza dato che consente di accorgersi in anticipo se un certo tipo di vela potrà fornire o meno dei vantaggi in determinate condizioni di vento. Si possono così evitare sprechi di tempo e denaro dati dalla produzione e dalla prova

11 6 sul campo di una vela poco efficiente. Nella presente tesi si procede proprio ad un analisi comparativa di più configurazioni genoa-randa in cui vengono fatte variare l entità e la posizione della curvatura comunemente denominata grasso. L imbarcazione a cui appartengono tali vele è un Classe Meteor ma la procedura seguita è generalizzabile a qualsiasi tipo di imbarcazione.

12 7 Capitolo 2 FONDAMENTI 2.1 LA BARCA A VELA Prima di analizzare in dettaglio il comportamento di una barca a vela dal punto di vista fisico, si dà una breve descrizione della sua struttura elencando le parti principali che la compongono. Visto l impiego di differenti tipologie di vele per le diverse andature che si affrontano in navigazione, vista la continua introduzione di innovazioni tecniche riguardanti sia lo scafo che le sovrastrutture, si dovrebbero mostrare molte configurazioni differenti di barche per includerle tutte. Sì è scelto così di riportare l esempio di un monoscafo armato a Sloop Marconi (figura 2.1) attrezzato di vela prodiera e poppiera, un esempio di barca moderna che include tutte le parti interessate nello studio fluidodinamico. Fig. 2.1 Sloop Marconi.

13 Il Meteor Il Meteor è un piccolo monotipo a chiglia disegnato nel 1968 dall architetto olandese Van De Stadt per veleggiare su laghi e mari italiani. Da allora, la barca è stata prodotta in alcune migliaia di esemplari, e ciò ha reso il Meteor una delle più popolari barche a vela in Italia. Classica nelle sue linee d acqua e con una buona efficienza idrodinamica, il Meteor ha un attrezzatura semplice ma completa e soprattutto è una barca sicura e robusta, maneggevole e facile da condurre. Relativamente economica da gestire, è carrellabile e comoda da trasportare. Grazie alla completezza della sua attrezzatura e all'estrema diffusione in tutti i porti Italiani, il Meteor è molto adatto alle regate, in particolare ai match race. SCHEDA TECNICA Caratteristiche Progetto: E. G. Van de Stadt (1968) Lunghezza fuori tutto: 6.00 m Lunghezza al galleggiamento m Baglio massimo: 2.13 m Pescaggio standard: 0.98 m Dislocamento: 770 Kg Bulbo in ghisa: 280 Kg Velatura di stazza Randa: 9.55 m² Genoa: m² Fiocco: 8.35 m² Tormentina: 4.05 m² Spinnaker: m² Fig. 2.2 Meteor.

14 9 Fin dal 1984 inoltre la Classe Meteor è una Classe Monotipo riconosciuta dalla Federazione Italiana Vela. Essa quindi possiede un regolamento di stazza (rif. [10] e piani ufficiali in Appendice A) e promuove oltre a regate locali, il campionato Nazionale, la cui XXXV edizione, svoltasi a Chioggia (Venezia) nel Maggio del 2008, ha visto la partecipazione di ben 57 equipaggi. Fig. 2.3 Guidone della Classe Meteor. 2.2 LE VELE Le caratteristiche progettuali La forma del profilo di una vela è definito dai seguenti parametri: La corda, ovvero la linea che unisce ingresso e uscita di un profilo. In inglese Chord Line. Il grasso, cioè la massima distanza del profilo dalla corda che lo sottende. La sua misura è detta profondità o freccia, la sua posizione s identifica in percentuale sulla corda a partire dalla caduta di prua. In inglese Camber. La posizione della freccia massima (espressa in % rispetto alla corda). In inglese Position o Draft. Lo svergolamento (espresso in gradi), ovvero l angolo formato dalla corda del profilo considerato rispetto alla corda del profilo alla base. In inglese Twist. La loro combinazione definisce la forma planare della vela che sarà caratterizzata da: Un rapporto d aspetto, ovvero il rapporto tra il quadrato dell apertura della vela e la sua superficie. In inglese Aspect Ratio.

15 10 Un rapporto di rastremazione, cioè il rapporto tra la corda del profilo più esterno e la corda del profilo alla base. In inglese Taper. Un angolo di freccia, ovvero l angolo tra una linea perpendicolare al flusso e una linea (chiamata quarto di corda) passante per i punti situati al 25% della corda lungo l apertura della vela. In inglese Sweep. Ognuna di queste caratteristiche ha una certa influenza sul flusso che si sviluppa attorno alla vela e, inoltre, dato che la vela è flessibile, la modifica della forma dei profili diventa fondamentale per il miglioramento delle prestazioni della barca. Fig. 2.4 Profilo di una vela e suoi parametri caratteristici. Fig. 2.5 Sviluppo planare di una randa triangolare. La nomenclatura vale anche per vele di prua. Si noti che in questo caso l angolo di freccia è negativo.

16 La sovrapposizione Si dice che c è sovrapposizione in un piano velico quando una parte della superficie della vela di prua si trova a poppa dell albero. Più grande è questa superficie, più importanti sono i fenomeni che vengono a crearsi. Esiste una teoria che, benché diffusa, è sbagliata in quanto essa afferma che l utilizzo del fiocco accresce l efficienza della randa. In base a osservazioni sperimentali effettuate da Chéret nel 1968 (rif. [11]) infatti si è visto che in bolina, quando i due profili sono ravvicinati, nel corridoio che si forma tra essi non si ha un accelerazione, bensì un rallentamento significativo rispetto al flusso a monte di questo. L unico luogo dove esista un accelerazione è verso l uscita del corridoio. Dunque contrariamente a quanto accade nel tubo di Venturi, nel quale il flusso è costretto a passare, l aria che colpisce la vela non è canalizzata verso la strozzatura formata dalle due vele, non è un passaggio obbligato. Al minimo intoppo le molecole sfuggono e si riversano all esterno del corridoio. L ostacolo è creato dalla viscosità dell aria che viene rallentata sulle pareti per il principio di continuità. Tale rallentamento si fa sentire fino a una certa distanza dalle pareti e ostruisce più o meno fortemente il passaggio tra le due vele. Viene a crearsi una sorta di ingorgo per cui alcune molecole che, in condizioni normali, avrebbero dovuto attraversare il corridoio, sono deviate verso l esterno, dove lo scorrimento è più agevole. La maggior parte di esse è attirata verso la zona nella quale il flusso è più veloce, verso la depressione sull estradosso della vela di prua. Ne consegue un aumento della quantità di massa che attraversa questa zona, cioè un accelerazione del flusso con conseguente aumento dell aspirazione. Ecco quindi che con una maggior depressione sottovento (accelerazione del flusso d estradosso) e una maggior sovra-pressione sopravvento (rallentamento del flusso d intradosso), le prestazioni della vela di prua migliorano per la presenza della randa. Sulla randa accade l inverso. Sottovento ad essa, il flusso d estradosso, indebolito, perde una parte della sua accelerazione; sopravvento, invece, accelera per l arrivo di nuove

17 12 molecole, che, senza la presenza del fiocco, sarebbero passate sottovento. La sovrapressione si affievolisce. Dunque con una minore depressione sottovento e una minore sovra-pressione sopravvento, la randa è penalizzata dalla presenza della vela di prua. Il concetto fondamentale però è che due vele accoppiate producono una forza maggiore di quanta ne produrrebbero se fossero da sole. In altre parole, la vela di prua guadagna più di quanto la randa perda. Si vedano ora in dettaglio le funzioni di queste due vele La vela di prua Nella coppia formata dalle due vele di uno sloop, la vela di prua si trova in una situazione privilegiata nelle andature strette al vento: Riceve il vento per prima. Il suo bordo d attacco è pulito (non c è l albero a creare perturbazione). La sua forza velica è potenziata dalla presenza della randa. La sua forza è orientata meglio perché è più lascata. Infine, gode spesso di un effetto di parete alla base e, nel caso di un armamento frazionato, in penna. La vela di prua dunque deve captare il vento, deviarlo per trarne forza, cercando di rimandare alla randa un flusso favorevole. Essa deve inserirsi correttamente nel flusso e dovrebbe essere così per tutti i profili da cui è costituita. Sarebbe bene che ciascuno di essi fosse orientato secondo la massima efficienza; che il bordo d attacco penetrasse senza angolazioni nel flusso, con le linee di corrente a circondare l inferitura; che non ci fosse separazione dal lato del bordo d uscita e la condizione di Kutta fosse rispettata. Per quanto riguarda il volume esso dovrebbe essere tale da permettere alla vela di prua di sviluppare la sua forza. La dimensione di questa curvatura condiziona il suo calettamento. Per una stessa tangente d attacco, un profilo ad arco sottile deve essere calettato molto più aperto di un profilo grasso. L angolo d incidenza, modesto per il primo, deve es-

18 13 sere rilevante per il secondo. Inoltre, a parità di grasso, una vela con volume verso prua deve essere più centrata di una vela con volume arretrato. Per seguire il gradiente del vento, che di solito ridonda dal basso in alto, il bordo d attacco è più o meno svergolato. Di qui la necessità di svergolare completamente la vela o di darle più grasso soprattutto verso prua, dal basso all alto. La scelta del volume e della sua distribuzione dipende ovviamente dal coordinamento con la randa. Se si dà molto volume, e cioè molta potenza verso prua, la randa andrà assottigliata e viceversa. Allo stesso modo, lo svergolamento del fiocco, permette di aprire meglio la randa. Il problema è aver ben chiare le necessità della barca come potenza, rotta ed equilibrio La randa La randa è essenziale per una barca a vela, le sue principali funzioni sono le seguenti: La propulsione della barca a vela, sia direttamente, attraverso la sua forza velica, sia indirettamente, influenzando la vela di prua. L equilibrio laterale. L equilibrio di rotta. L azione sull armamento come sollecitazioni e controllo. Mentre la vela di prua spesso è calibrata per una certa andatura, o per un dato vento, la randa non cambia. Il suo volume risponde a delle necessità e a dei vincoli. Per quanto riguarda le necessità si ha: Potenza attraverso il volume. Disegno e angolo d incidenza Equilibri. Tolleranza.

19 14 Con uno sloop, ciascuno di questi aspetti assume maggiore o minore importanza in base al programma di navigazione e al sistema d interferenze che viene a crearsi in funzione: Della forza del vento. Dell andatura seguita. Della distanza tra i profili. Della loro dimensione reciproca (come lunghezza e curvatura). Del tipo di armamento (in testa o frazionato e con che rapporto). Della sovrapposizione. Dell altezza del punto che si sta considerando. Delle caratteristiche del vento apparente (forza, gradiente, regolarità). In bolina la potenza della vela è legata allo spessore dei profili che la compongono. Raramente si riesce a sfruttare tutto il volume a causa della presenza della vela di prua e infatti questa è l andatura nella quale la forma della randa è maggiormente condizionata dalla vela di prua. La randa deve esserne la continuazione logica senza che tale configurazione nuoccia all equilibrio dell insieme. Volendo privilegiare le prestazioni del genoa, si è portati ad appiattire la randa e capita dunque di dover fare assumere a tale vela delle forme molto diverse da quella di una superficie portante ideale. Orizzontalmente l influenza della vela di prua sulla randa dipende: Dalla sua superficie. Dalla curvatura e dall angolo d incidenza dei suoi profili ai diversi livelli. Dalla sua vicinanza, particolarmente dalla sovrapposizione. Dalla forza del vento. In generale, in bolina, più questa influenza si fa sentire, più la randa deve essere appiattita. Verticalmente si è già detto nel paragrafo precedente di quanto la vela di prua sia avvantaggiata dalla randa. È utile rimarcare che in presenza di questa il flusso sopravvento al

20 15 fiocco varia poco ma in cambio si nota una ridondanza sul suo bordo d attacco, dove il flusso prosegue accelerando sottovento. Tale miglioramento si accentua dal basso all alto della vela di prua e per non perdere questa ridondanza si hanno due soluzioni che consistono sia nello svergolare sia nel dare grasso al fiocco. Se si svergola la vela di prua si può svergolare anche la randa. Questo doppio svergolamento qualche volta si rivela utile: permette di seguire un gradiente di vento molto variabile, grazie a delle balumine meno tese, di seguire un vento irregolare (fluttuazioni in forza e direzione dovute ai movimenti dell imbarcazione nel mare), di scaricare subito sotto raffica. Inversamente, si può decidere di avere il massimo di potenza nella vela di prua, favorendo la rotta con la balumina della randa tesa, vicina all asse longitudinale della barca. La vela di prua ha volume in penna ed è debolmente svergolata. La forte deflessione che imprime al flusso permette di centrare la randa senza che su questa avvenga la separazione (situazione frequente sugli armamenti in testa d albero). 2.3 IL VENTO L intensità del vento, quindi la sua velocità, varia in relazione all altezza rispetto alla superficie della terra ed alla ruvidezza superficiale di questa. Come avviene per un fluido reale che scorre a contatto con una superficie scabrosa, anche per gli strati di vento vicini alla superficie terrestre si viene a formare uno strato limite con un gradiente di velocità. Oltre ad esserci una variazione in intensità del vento per effetto della perturbazione superficiale, vi è una variazione in direzione a causa della rotazione terrestre che secondo la legge di Coriolis, induce una rotazione verso destra delle masse fluide nell emisfero boreale e verso sinistra in quello australe. Nell analisi aerodinamica della vela occorre tener conto delle caratteristiche del vento che determinano le condizioni del campo di moto fluido. Un semplice modello a vento costante introduce un approssimazione nel modello poiché per quanto detto la velocità del vento varia in dipendenza dalla quota a causa dell attrito dell aria con l acqua del mare e

21 16 tra strati d aria. Tale variazione suggerisce un andamento parabolico della velocità del vento in funzione della quota. Esiste un modello di vento proposto da Marchaj (rif. [12]), cui fa riferimento la figura 2.6, che ben si adatta alle andature di bolina. Esso nasce da una serie di prove sperimentali effettuate su imbarcazioni quali il Gimcrack e suggerisce che l intensità del vento apparente vari con la quota secondo una legge approssimativamente parabolica e che la direzione del vento apparente non sia costante ma cambi anch essa con la quota, con una variazione media che raggiunge i dal boma alla penna per un imbarcazione con un albero alto circa una decina di metri. Un esame più accurato della situazione ha portato a formulare diverse leggi logaritmiche che esprimono l intensità del vento reale in funzione della quota e del valore noto di velocità a 10 m s.l.m. (sul livello del mare). Quest ultimo dato è fornito dalle stazioni sinottiche ed è quello che esprime la forza del vento e lo stato del mare della universalmente conosciuta scala Beaufort. In questo lavoro è stato scelto un profilo del vento reale espresso dall equazione di Kerwin della quale si parlerà in dettaglio nel paragrafo Fig. 2.6 Modello di vento apparente proposto da C. A. Marchaj.

22 LE ANDATURE Per definire una condizione di navigazione di una barca a vela rispetto alla direzione del vento reale, si usa il concetto di andatura: angolo formato dalla direzione di navigazione dell imbarcazione e la direzione del vento reale. Ad ogni andatura, corrisponde una diversa configurazione delle vele per ottimizzare la propulsione del vento, ed un conseguente comportamento della barca. In figura 2.7 vengono mostrate tutte le andature che si possono affrontare in navigazione, a seconda della rotta da seguire e della direzione del vento reale. Guardando la figura 2.7 si osserva che a 0 di rotta la barca si trova nelle condizioni di bordeggio, in cui non può veleggiare poiché le vele sono investite dal vento con un inclinazione che non permette loro di generare portanza. La vela fileggia e la barca priva di propulsione si ferma, questa condizione viene sfruttata per issare, ammainare o manovrare la randa durante la navigazione. Veleggiare ai margini di questa zona, significa che la barca sta navigando in bolina, e corrisponde, rispetto alla direzione del vento reale, ad un angolo tra i 45 /60, sia con mure a dritta che con mure a sinistra ( mure a sinistra indica che il vento giunge dal bordo di sinistra della barca, mure a dritta dal bordo di destra). Questi valori possono variare in funzione del tipo di barca; quelle più "performanti" si avvicinano alla misura minima. Quando si naviga intorno ai valori minimi si parla di bolina stretta. Poggiando (cioè allargando l andatura, allontanando la prua dalla direzione del vento) tra i 60 e gli 80 si naviga in bolina larga. Le andature tra poppa e gran lasco sono pienamente in resistenza (ossia la vela lavora oltre lo stallo) e vengono chiamate portanti, mentre le andature tra lasco e bolina sono in portanza (nel senso che la vela lavora prima del punto di stallo) e sono chiamate montanti. Tra lasco e gran lasco si avrà quindi una zona di transizione in cui cambia il modo di lavorare della vela.

23 18 Fig. 2.7 Andature nella navigazione a vela. 2.5 CINEMATICA E DINAMICA Cinematica La fonte di energia sfruttata da una barca a vela per muoversi è la quantità di moto del vento rispetto al mare, assorbita mediante il sistema velico. Poiché la barca si muove con una certa velocità, assunta costante, il flusso d aria deviato dalla vela che genera la spinta è quello riferito rispetto al sistema di riferimento relativo. Essendoci un moto relativo tra il vento e la barca che si muove nell acqua, si va a definire un triangolo delle velocità che descrive il comportamento cinematico di una barca a vela, qualsiasi sia la sua andatura. In nautica si definisce vento reale la velocità assoluta del vento rispetto al mare c, il vento velocità che è l opposto della velocità della barca u e il vento apparente che rappresenta la velocità del vento relativa al riferimento solidale alla barca w, questo è il vento che agisce sulle vele. Il vento apparente dipende dal vento reale e dalla velocità della barca che a sua volta dipende dalla resistenza dello scafo e dall andatura. La relazione vettoriale che descrive il triangolo delle velocità è la seguente:

24 19 c = u + w (2.1) Nella navigazione di bolina, il vento apparente è sempre più forte del vento reale (in modulo maggiore), mentre man mano che la rotta aumenta l intensità del vento reale diviene via via maggiore del vento apparente. L assetto dell imbarcazione è determinato attraverso i seguenti angoli: α angolo di incidenza, formato dalla corda del profilo di vela all altezza della base con la direzione del vento apparente. β: angolo di scotta, formato dalla corda del profilo di vela all altezza della base con l asse longitudinale della barca o prua. θ: angolo di rotta, formato dalla direzione del vento reale con la rotta, tale angolo va a definire un andatura. γ: angolo di scarroccio, formato dalla prua con la direzione della rotta. Le vele sono regolate sul vento apparente mediante la variazione dell angolo di scotta andando ad imporre un angolo di incidenza ideale che massimizzi l effetto propulsivo, questo non può prescindere dal considerare la velocità della barca. In figura 2.8 è rappresentato il triangolo delle velocità con gli angoli caratteristici che definiscono una condizione di navigazione. Fig. 2.8 Triangolo delle velocità.

25 Dinamica Le forze agenti su una barca a vela di interesse ai fini propulsivi sono di origine aerodinamica, dovute all interazione del vento con le vele, e idrodinamica, dovute all interazione dello scafo col mare. Questi due sistemi di forze interagiscono tra loro in maniera continua e dinamica, modificando nel tempo l atto di moto dell imbarcazione. Di seguito si analizzano i sistemi di forze agenti su un imbarcazione nella navigazione di bolina ipotizzando la costanza dell atto di moto, evitando quindi fenomeni transitori. In condizioni di regime, quindi di moto uniforme, i sistemi di forze idrodinamico e aerodinamico si equilibrano mutuamente secondo una perfetta simmetria come mostrato in figura 2.9. Fig. 2.9 Schematizzazione dell equilibrio aero-idrodinamico in un andatura di bolina. Su un piano orizzontale dunque le forze agenti in condizioni di equilibrio sono: Forza aerodinamica Fa derivata da interazione vele e vento, scomponibile in portanza P e resistenza R quando si vogliono analizzare le prestazioni fluidodi-

26 21 namiche della vela oppure in forza di scarroccio o di sbandamento Fs e forza propulsiva Fp quando si vogliono esaminare le prestazioni della vela in funzione della velocità dell imbarcazione. Forza idrodinamica Fi derivata da interazione tra scafo e acqua, scomponibile in portanza perpendicolare al flusso indisturbato Pi e resistenza idrodinamica Ri ad esso parallela. Essendo la pinna di una barca a vela un corpo simmetrico, la sola maniera di produrre portanza, quindi la forza laterale Pi, è quella di disporsi con un certo angolo di incidenza rispetto al flusso. La portanza prodotta è proporzionale a tale angolo che in questo caso è l angolo di scarroccio. Come si osserva dalla figura, essendo uguali ed opposte le forze Fi ed Fa lo sono anche le loro componenti, in particolare la forza propulsiva Fp nella direzione del moto è u- guale ed opposta alla resistenza dello scafo Ri misurata lungo la direzione del flusso indisturbato, che coincide con la rotta seguita. Ad angolo retto da queste due forze agiscono invece le due componenti indipendenti Pi ed Fs che, a loro volta, sono uguali ed opposte: esse agiscono ad angolo retto rispetto alla direzione del moto e non danno quindi contributo alla velocità, ma solo allo sbandamento. La simmetria della vela, che richiede l uguaglianza delle forze prodotte in aria e in acqua richiede che lo scarroccio esista per tutte le andature ad esclusione della poppa piena. Prendendo in considerazione il piano verticale si ha che la forza aerodinamica Fa a- gisce in qualche punto sulla vela detto centro velico o centro di spinta cv, quella idrodinamica Pi in qualche luogo della carena detto centro di deriva cd. Questa coppia di forze u- guali e opposte genera un momento nello spazio, scomponibile secondo una terna di riferimento: intorno ad un asse verticale (imbardata o accostata), intorno ad un asse orizzontale longitudinale (rollio) e intorno ad un asse orizzontale trasversale (beccheggio). L angolo di scarroccio γ si crea per equilibrio all accostata mentre lo sbandamento avviene nel senso del rollio (figura 2.10). Lo stato d equilibrio dinamico che si viene a creare in questa configurazione dipende dal momento raddrizzante che va a contrastare il momento sbandante. Mentre il momento sbandante è dato dalla coppia generata da Fa, il momento raddrizzante è dovuto al disassamento della spinta di Archimede rispetto al peso, quindi un fenomeno di

27 22 tipo idrostatico che segue le leggi del galleggiamento, ed è funzione dell angolo di sbandamento per ogni forma di scafo. Quando l equilibrio viene a mancare per un improvviso mutare delle condizioni di navigazione, come ad esempio una raffica di vento, l imbarcazione può scuffiare. Il controllo sull equilibrio delle due coppie può essere fatto in due modi: Aumentando il braccio della coppia raddrizzante, ad esempio spostando il peso dell equipaggio fuoribordo e sopravvento. Diminuendo il braccio della coppia sbandante, ad esempio diminuendo la superficie di vela esposta al vento e/o diminuendo la superficie di deriva investita dal flusso d acqua. Fig Forze sbandanti.

28 23 Capitolo 3 MODELLI 3.1 IL MODELLO GEOMETRICO Nel presente lavoro è necessario prevedere le prestazioni fluidodinamiche di coppie genoa-randa appartenenti ad un imbarcazione classe Meteor. Devono dunque essere modellate le vele, lo scafo e il tutto deve poi essere inserito in una galleria del vento virtuale. Per la modellazione si è scelto di utilizzare il software Thinkdesign (vedi Appendice B e rif. [13]) che, essendo un modellatore per superfici, consente di costruire al meglio le vele. Si è poi reso necessario anche l utilizzo di un secondo software, Rapidform (vedi Appendice C e rif. [14]) per correggere le imperfezioni presenti nelle geometrie la cui presenza non avrebbe consentito l esecuzione delle simulazioni Le coppie genoa-randa Per la costruzione del genoa e della randa si è partiti da nuvole di punti gentilmente fornite dalla veleria BluePhoenix, che le ottiene tramite un software in cui basta impostare le misure caratteristiche della vela desiderata. Nei files tali punti sono espressi in terne di coordinate e a loro volta serie di 16 terne vanno a definire 21 profili unendo i quali si ottengono le superfici delle vele. Il lavoro preliminare alla modellazione è dunque consistito nello smembrare tali nuvole di punti in modo da creare 21 files per vela con estensione PT, ognuno rappresentante un profilo (figura 3.1). Fig. 3.1 File PT rappresentante il profilo 1 del genoa della coppia 1.

29 24 Una volta fatto questo i files sono stati importati in Thinkdesign e i punti di cui sono costituiti sono stati interpolati con curve Spline (figura 3.2). Fig. 3.2 Creazione dei profili del genoa tramite interpolazione dei punti. A questo punto si è passati alla costruzione della superficie velica; per fare ciò si è utilizzata una superficie NURBS (rif. [15]) di tipo Loft sottesa dai profili (figura 3.3). Fig. 3.3 Creazione della superficie Loft. Il piano di lavoro è stato dunque fatto passare per i vertici della vela e la sua origine fatta coincidere con il punto di mura.

30 25 Per la costruzione delle rande è stata eseguita la medesima procedura. Il risultato ottenuto è rappresentato quindi in figura 3.4. Fig. 3.4 Modello geometrico di un genoa e di una randa. È stato dunque opportuno introdurre nei modelli una parametrizzazione in modo da poter cambiare a piacimento l angolo di scotta della randa e l angolo di calettamento sullo strallo del genoa. Per quanto riguarda il genoa si è prima di tutto creato lo strallo sottostando alle misure fornite dal regolamento di classe (vedi rif. [10] e Appendice A) e gli si è quindi allineata l inferitura (figura 3.5). Figura 3.5 Posizionamento del genoa.

31 26 Si è dunque creato il sistema di riferimenti per la parametrizzazione. Esso è costituito da un piano passante per le estremità del genoa, un punto e tre linee di riferimento (figura 3.6). Fig. 3.6 Sistema di riferimenti del genoa. La prima delle tre linee unisce punto di mura e punto di drizza e serve come riferimento per il piano che è costruito in modo da poter ruotare attorno ad essa. La seconda è ancorata al lato destro del piano e serve per ancorarvi a sua volta il punto di riferimento. Esso è posizionato a una distanza dal vertice alto destro del piano tale per cui la terza linea di riferimento si disponga parallelamente all asse della barca poggiando sul punto stesso e sul centro del piano. Tutto ciò serve per avere un asse che funga da riferimento solidale alla barca. Per rendere parametrico tutto il sistema di riferimenti si è utilizzata la funzione Spreadsheet di Thinkdesign, con tale strumento infatti ogni quota guida può essere fatta va-

32 27 riare semplicemente cambiando il suo valore. Nel caso del genoa la quota che deve essere fatta variare è l angolo di calettamento (figura 3.7). Fig. 3.7 Utilizzo dello Spreadsheet per la variazione dell angolo di calettamento del genoa. Con il suo aggiornamento si modifica anche l angolo di scotta, misurato mettendo una quota che si appoggia alla linea di riferimento passante per l inferitura e una seconda linea passante per la base. Come ultimo accorgimento si è operato uno spostamento del piano di lavoro funzionale al successivo assemblaggio con la randa. Tale piano è stato prima di tutto fatto coincidere col piano di riferimento, dopodichè il suo asse x è stato allineato all asse della barca creato in precedenza. Infine esso è stato spostato lungo x di una distanza che è pari alla lunghezza che intercorre tra punto di mura e prolungamento della parte posteriore della base dell albero (figura 3.8). Inoltre è da tener presente che l asse y è stato fatto puntare verso l alto e l asse z si dispone di conseguenza secondo la terna levogira. È importante sottolineare che tale disposizione degli assi è stata rispettata per ogni modello ed è fondamentale per una buona riuscita dell assemblaggio.

33 28 Fig. 3.8 Posizionamento del piano di lavoro. Per quanto riguarda la randa si è agito nello stesso modo. Per prima cosa si è costruita una linea di riferimento verticale tangente il punto di mura e avente una lunghezza tale per cui la sua estremità inferiore fosse idealmente sulla linea orizzontale passante per il punto di mura del genoa. È stato dunque creato un piano di riferimento passante per le e- stremità della randa in grado di ruotare attorno alla linea di riferimento, e sul suo lato destro è stata ancorata una seconda linea. Anche in questo caso tale linea serve da appoggio per una terza linea di riferimento che va a rappresentare l asse solidale alla barca (figura 3.9). Fig. 3.9 Sistema di riferimenti della randa.

34 29 Come per il genoa quindi il piano di lavoro è stato fatto coincidere col piano di riferimento e il suo asse x è stato allineato all asse della barca. La parametrizzazione ha riguardato in questo caso l angolo di scotta della randa (figura 3.10). Fig Utilizzo dello Spreadsheet per la variazione dell angolo di rotazione della randa. È stato in seguito necessario spostare il riferimento di entrambe le vele lungo y, cioè in verticale verso il basso di 911 mm, in modo da favorire l assemblaggio col riferimento della galleria che ha l origine sul fondo di essa Lo Scafo Per la costruzione dello scafo è stato seguito un approccio il più possibile semplificativo dato che l obiettivo del lavoro non è quello di analizzare le sue caratteristiche fluidodinamiche. Esso ha l unica funzione di rendere il più realistiche possibile le simulazioni. Il genoa infatti su un Meteor, ma anche su molti altri tipi di barche, è spesso a contatto o poco distante dalla coperta e questa influenza le prestazioni della vela dato che si ha un effetto di parete più o meno marcato.

35 30 Prima di tutto si sono ricavate le misure fondamentali dello scafo quali lunghezza, larghezza massima e profondità. Dopodiché prendendo come riferimento le tavole di stazza (vedi Appendice A) si è cercato di ricalcare al meglio e nel modo più semplice la sua forma. Si è creato dunque lo scheletro dell imbarcazione tramite punti e linee (figura 3.11). Fig Vista laterale e dall alto dello scheletro dello scafo. A questo punto si sono create le superfici Loft usando come limiti proprio tali linee di costruzione (figure 3.12 e 3.13). Fig Vista dello scafo da prua.

36 31 Fig Vista dello scafo da poppa. Anche in questo caso il piano di lavoro è stato posizionato in modo da potersi assemblare successivamente con quelli di genoa, randa e galleria La Galleria del Vento Per generare il volume fluido è necessario inserire scafo e vele in una galleria del vento virtuale. Come nel lavoro di Ciortan e Guedes Soares (rif. [16]) le dimensioni che si è deciso di darle sono tali da consentire un sufficiente sviluppo del flusso ed evitare così effetti di parete. Esse inoltre sono in relazione a una grandezza caratteristica pari a 7500 mm. Essa rappresenta all incirca l altezza del piano velico formato da genoa e randa. L estensione del dominio è dunque il seguente: Altezza: = mm = 33.75m Lunghezza: = mm = m Larghezza: = m = 75m La costruzione è stata fatta utilizzando uno dei solidi primitivi forniti dal programma, in questo caso un parallelepipedo. Si è costruito quindi il sistema di riferimenti per la parametrizzazione e l assemblaggio con le vele e lo scafo. Per prima cosa sono stati creati tre punti a formare una L collocata a 37.5 m dalle pareti laterali (5 volte la dimensione caratteristica) e a m dalla parete anteriore (7.75

37 32 volte la dimensione caratteristica). Due di questi punti servono per sottendere una linea di riferimento verticale, che assume la funzione dell asse di scarroccio. Si è dunque creato un piano passante per i tre punti in grado di ruotare attorno ad essa e sul quale è stata ancorata una seconda linea di riferimento. A metà di tale linea è stato collocato un punto di riferimento al quale è stata attaccata a sua volta una terza linea la cui seconda estremità è stata agganciata al centro del piano. Tale terza linea è l asse di rotazione di un secondo piano di riferimento (figura 3.14). Fig Riferimenti della galleria e utilizzo dello Spreadsheet per la variazione degli angoli di scarroccio e sbandamento.

38 33 I due piani quindi servono a conferire al modello due gradi di libertà corrispondenti a sbandamento e scarroccio e possono essere regolati tramite parametro nello Spreadsheet. Il piano di lavoro è stato fatto allora coincidere con il piano di riferimento che definisce lo sbandamento, è stato ruotato in modo da renderlo verticale e il suo asse x ancora una volta orientato lungo l asse di sbandamento che in questo caso è anche l asse della barca L assemblaggio Per assemblare vele, scafo e galleria si è proceduto nel modo seguente: Regolazione dell angolo di calettamento del genoa. Regolazione dell angolo di scotta della randa. Regolazione degli angoli di sbandamento e scarroccio nella galleria. Inserimento dello scafo nella galleria. Inserimento di genoa e randa nella galleria. Allineamento terna ambiente (cioè gli assi del piano di lavoro vengono resi paralleli alle pareti della galleria annullando sbandamento e scarroccio). Tutti questi passaggi sono stati resi estremamente veloci ed automatici proprio dalla parametrizzazione che consente dunque la creazione di qualsiasi modello semplicemente digitando nello Spreadsheet i parametri desiderati. Una volta assemblato il tutto si è reso necessario tagliare la parte sommersa dello scafo. Ciò in Thinkdesign è possibile tramite il comando Trim with limits che consente di prendere come limite una o più superfici oltre le quali le superfici indesiderate vengono tagliate (figura 3.15). Ovviamente è stata eliminata anche quella parte dello specchio d acqua che interseca, attraversandolo, lo scafo.

39 34 Fig Trim delle superfici immerse dello scafo. In questo caso Limits è la superficie del mare, Surfaces sono le superfici lambite da esso e Regions to Keep sono le parti delle superfici che sono sopra il livello del mare A questo punto il modello potrebbe essere importato nel software di simulazione ma la mesh di superficie che gli viene associata è grossolana e genera errori che ne rendono pressoché impossibile l utilizzo. È per questo che si è dovuto utilizzare un secondo software di modellazione, Rapidform, che consente di focalizzarsi sulla creazione di una premesh di superficie priva di errori La creazione della pre-mesh di superficie Per prima cosa si sono creati i files in formato IGS di scafo, vele e galleria. Di quest ultima però sono state esportate solamente le linee che ne definiscono le dimensioni fondamentali. Inoltre è stata creata una piccola superficie da collocarsi sul fondo della galleria funzionale al successivo infittimento della mesh in prossimità dello scafo. In Rapidform si sono importati lo scafo e le vele e si è ritassellato il tutto con la seguente sequenza di comandi del Menu Surface (figura 3.16): Surface Tool Convert to Shell Custom Tesselation

40 35 Fig Ritassellazione dello scafo. È stata poi creata una curva di contorno che definisce l intersezione dello scafo con la superficie del mare. Per fare ciò, nel Menu Curve, si è operato così: Curve Create Fit Boundary Tasto destro del mouse Done Max Accuracy (spostando il cursore si ottiene un fitting più o meno accurato) A questo punto si è inserita la superficie di infittimento e si è usato il comando Trim del Menu Surface (seguito da Divide e dalla selezione del contorno) per dividerla secondo la curva di contorno appena creata (figura 3.17). Fig Creazione della superficie di infittimento.

41 36 Si è quindi potuto tassellare la superficie ottenuta con la sequenza di comandi vista in precedenza. Si è allora inserita la galleria del vento che nel nostro caso è costituita dalla faccia anteriore e da un punto che ne definisce la lunghezza (figura 3.18). Fig Galleria e vettore di estrusione. Sfruttando tale punto e il corrispondente vertice della faccia anteriore si è creato un vettore che è poi servito per creare la galleria tramite un estrusione. La sequenza dei comandi in questo caso è stata la seguente: Ref. Geometry Create Vector Pick Points Tasto destro del mouse Vertex Selezione dei vertici Tasto destro del mouse Done e poi Surface Create Extrude Selezione della faccia anteriore della galleria Tasto destro del mouse Done Selezione del vettore A questo punto, come si era fatto in precedenza per lo scafo, si è ripresa la superficie di infittimento e se ne è ricavato il contorno. Si è quindi diviso il fondo della galleria secondo tale contorno e si è poi tassellato il tutto. Con ciò si è conclusa la prima fase della costruzione, cioè la creazione delle shell. Nella seconda fase esse vanno unite per creare il file STL da importare nel programma di simulazione.

42 37 Per fare in modo che galleria, superficie di infittimento e scafo formassero un unica entità si sono dovuti creare dei cordoni di raccordo tra di esse in modo che i tasselli passassero gradualmente da una dimensione maggiore ad una minore. Alle shell infatti sono state date le seguenti tassellazioni: Genoa, Randa: 20 mm Scafo: 40 mm Superficie di infittimento: 100 mm Galleria: 800 mm Dove i valori mostrati rappresentano la distanza massima tra i punti all interno della tassellazione stessa. Si è dunque passati al Menu Polygon e si sono dapprima creati dei buchi lungo i contorni di contatto tra le tre shell rappresentate da scafo, superficie di infittimento e galleria: Tool Shrink Shell Selezione della Superficie di infittimento Tasto destro del mouse All Depth (Il numero digitato definisce l ampiezza del buco, nel nostro caso 2) Tali buchi definiscono le zone in cui vanno create le giunzioni (figura 3.19). Fig Buchi in cui verranno create le giunzioni.

43 38 Prima però di unire le shell le loro normali devono essere orientate tutte nello stesso verso e per fare ciò si è proceduto così: Edit Reverse Normal Shell Selezione della shell Si noti che la correzione delle normali deve essere effettuata anche per le vele. Per creare i cordoni di raccordo si è usato il comando Fill Holes (Tool del Menu Polygon) e si è selezionata la superficie di infittimento. Affinché il programma non procedesse totalmente in automatico con il rischio di generare errori nella mesh si è resa necessaria la creazione manuale di alcuni tratti di unione (figura 3.20). Sempre tramite lo stesso comando si è quindi agito nel modo seguente: Tasto destro del mouse Bridges Selezione dei tratti di superficie da unire tenendo premuto il tasto sinistro del mouse. Fig Creazione dei tratti d unione nella zona adiacente allo scafo. A questo punto tutti i buchi sono stati chiusi e si è proceduto infine all unione delle shell nel Menu Scan: Build Combine Shells Tasto destro del mouse All Da ultimo è importante sottolineare che con Rapidform è possibile verificare se la geometria creata sia priva di errori. Nel Menu Polygon selezionando

44 39 Clean Find Abnormal Faces Sono individuabili all interno della mesh singolarità come: non-manifold faces: facce molteplici redundant faces: numero di facce eccedenti crossing faces: facce che si intersecano unstable faces: facce instabili. Nel nostro caso non dovrebbe presentarsi nessuno di tali problemi (figura 3.21). Nel caso contrario la presenza di uno di questi ci indicherebbe che qualche errore è stato commesso nella fase di costruzione o che qualche parametro scelto per la tassellazione è incompatibile con la geometria. Fig Singolarità all interno della mesh. 3.2 IL MODELLO FLUIDODINAMICO Una volta completata la modellazione geometrica dell assieme formato da scafo, vele e galleria è necessario importarla nel programma di simulazione, nel nostro caso STAR- CCM+ (vedi Appendice D e rif. [17]). Come formato di interscambio si è scelto l STL La costruzione della griglia La geometria si presenta già meshata in quanto sono state mantenute le coordinate dei punti che compongono la geometria e la particolare triangolazione. Una griglia di que-

45 40 sto tipo non è utile all interno del programma CFD quindi è necessario costruirne una di nuova. Il punto di partenza rimane la griglia preesistente, da essa viene generata la nuova griglia di superficie in base ai parametri impostati. Dopodiché si compone la griglia di volume per lo studio dell intero campo fluido. Il modello di griglia scelto per queste simulazioni presenta queste caratteristiche: Prism Layer Mesher Polyhedral Mesher Surface Remesher Il modello di meshatura prevede celle poliedriche all interno del volume di riferimento e celle prismatiche estruse da quelle di superficie per lo studio dello strato a parete. Questa scelta è stata condotta dal fatto che le celle poliedriche offrono una migliore convergenza dei risultati rispetto all utilizzo di celle tetraedriche, a pari numero di celle. Il modello di meshatura poliedrica utilizza una forma arbitraria di celle poliedriche per costruire la griglia di volume formando celle che hanno tipicamente una media di 14 facce ognuna. Il miglioramento dei risultati e della convergenza dei calcoli dipende dal fatto che il numero di condizioni al contorno per ogni singola cella è maggiore rispetto ad una singola cella tetraedrica, che invece ha 4 facce. Il Prism Layer Mesher genera delle celle prismatiche ortogonali sullo strato a parete nella griglia di volume. Le celle prismatiche sono richieste per simulare accuratamente la turbolenza e il trasferimento di calore. Lo spessore, il numero di strati e la distribuzione della griglia a prismi sullo strato a parete vengono determinate inizialmente in base al modello di turbolenza utilizzato; tipicamente, per modelli basati sulla funzione a parete, vengono usati da uno a tre strati, mentre per numeri di Reynolds bassi e schemi two-layer, vengono usati tra i 15 e i 25 strati. Per generare lo strato di prismi a parete, il programma non fa altro che estrudere le facce delle celle dalla griglia di volume verso la superficie di partenza della griglia.

46 41 Il modello di meshatura inoltre permette di poter riferire le dimensioni delle celle nelle superfici ad una dimensione di riferimento in modo relativo. Questo vuol dire che variando unicamente questo riferimento si può scalare la griglia in tutta la geometria. Appena importata la geometria si presenta come un unica superficie non divisa quindi bisogna procedere alla sua suddivisione e classificazione per individuare l entrata, l uscita e il cielo della galleria, la superficie del mare, lo scafo, il genoa e la randa. Per far ciò è bastato utilizzare una procedura presente nel programma che realizza un frazionamento rispetto all angolo delle superfici in esame. In questo modo si riescono a dividere regioni di geometria in determinati boundary che presentano angoli fra le loro normali al di sopra di un valore soglia che si imposta manualmente. Perciò non è possibile dividere parti di geometria unite da superfici curve che non hanno spigoli. Rimane quindi importante la procedura di modellazione in base al tipo di caratteristiche che si vogliono ottenere. In questo caso particolare si deve tener presente nel momento della modellazione un sistema di separazione attraverso l angolo, pianificando e costruendo in maniera opportuna quelle superfici che dovranno poi essere divise. Nel nostro caso si è impostato un angolo di 45 e si sono ottenuti 12 boundary. Per quanto riguarda lo scafo esso è risultato suddiviso in quattro parti a causa della presenza di celle non in curvatura nelle superfici e si è quindi dovuto riunirle con il comando Combine. Lo stesso comando è stato usato per unire in tre boundary distinti rispettivamente il fondo e il cielo della galleria, le due facce sopravvento alla barca e le due facce sottovento. La geometria è stata dunque suddivisa nelle seguenti aree di facile individuazione in figura Scafo Genoa Randa Inlet Outlet Galleria

47 42 Fig Suddivisione della geometria. Tale suddivisione permette di definire caratteristiche e infittimenti della griglia diversi per i differenti boundary. La zona in prossimità delle vele e le vele stesse dovranno presentare un alto numero di celle in modo da definire in maniera adeguata le condizioni fluide. Invece sezioni come le pareti, l entrata e l uscita della galleria possono avere un numero di celle molto minore. Inoltre la suddivisione in superfici è necessaria perché in questo modo si mantengono le linee di contorno di ogni superficie e quindi anche gli stessi angoli degli spigoli. Tali spigoli devono essere mantenuti tali e per far ciò si sono dovute creare delle feature curve che delimitano gli spigoli senza dividere le superfici. Con il comando: Regions Region 1 Feature Curves New Feature Curve Mark Edges Appare una finestra di dialogo con la quale si definiscono le caratteristiche degli spigoli. Nel nostro caso si sono delineati gli spigoli di 31 (figura 3.23).

48 43 Fig Creazione degli spigoli. Non facendo questa operazione gli spigoli verrebbero smussati in fase di meshatura. Per quanto riguarda i boundary rappresentanti le vele si è resa necessaria la loro trasformazione in interfaces di tipo baffle, cioè elementi privi di spessore ma con le proprietà di una barriera fisica. Esse in genere vengono utilizzate per dividere regioni diverse di fluido ma in questo caso la regione fluida è una sola e quindi si prestano a rappresentare elementi come le vele che nella realtà hanno spessori davvero minimi, dell ordine del centesimo di millimetro. Per migliorare l infittimento della griglia nella zona in prossimità delle vele si è introdotto un volume di infittimento di forma cilindrica di altezza 9 m e raggio 6 m illustrato in figura L introduzione di questo infittimento ha permesso di rendere molto più rada la griglia in zone in cui il fluido non subisce grandi cambiamenti, come intorno all entrata e all uscita. Fig Cilindro di infittimento.

49 44 Le caratteristiche usate nelle varie griglie sono riassunte in tabella 3.1. Tab. 3.1: Caratteristiche dimensionali delle celle della griglia poliedrica. Base Size Value m Number of Prism Layers Number of Prism Layers 2 Prism Layer Stretching Prism Layer Stretching 1.5 Prova m Prism Layer Thickness Prova m Prova m Absolute Size Value Prova m Surface Curvature #Pts/circle 36.0 Surface Growth Rate Surface Growth Rate 1.3 Surface Proximity #Points in a gap 2.0 Search Floor 0.0 m Relative Minimum Size Percentage of Base 15.0 Relative Target Size Percentage of Base 18.0 Surface Size Tet/Poly Density Density 1.0 Growth Factor 1.0 Tet/Poly Source Blending Tet/Poly Source Blending 1.0 Volume Source Relative Size Percentage of Base 1.0 Per quanto riguarda lo spessore dello strato limite si sono indicati quattro valori diversi, ciò perché sono state effettuate quattro prove con condizioni al contorno diverse (vedi 4.2.1) e per ognuna c è stata la ricerca di un valore che consentisse un adeguata qualità della mesh sulle superfici delle vele. È inoltre importante sottolineare che la creazione dello strato limite è stata disabilitata per l inlet, l outlet e la galleria, mentre per lo scafo si è provveduto a fornire valori dedicati sia per lo strato limite sia per la ritassellazione di superficie. Anche per le interfacce rappresentanti le vele si sono scelti dei valori dedicati per la ritassellazione e si è abilitata la creazione dello strato limite su di esse. Nello specifico i criteri per la dimensione delle celle sono stati riassunti in tabella 2.3 per lo scafo e in tabella 3.3 per le vele. Tab. 2.3: Caratteristiche dimensionali delle celle dello scafo. Number of Prism Layers Number of Prism Layers 1 Prism Layer Thickness Relative Size Value 0.1 Relative Minimum Size Percentage of Base 0.3 Surface Size Relative Target Size Percentage of Base 0.3

50 45 Surface Size Tab. 3.3: Caratteristiche dimensionali delle celle delle interfacce. Relative Minimum Size Percentage of Base 0.12 Relative Target Size Percentage of Base 0.12 Un problema a cui si è dovuto porre rimedio è stato l intersecarsi in alcuni punti degli strati limite appartenenti a boundary molto vicini tra loro, come per esempio il genoa e lo scafo a prua, e ciò può portare alla divergenza del metodo di calcolo. La soluzione è stata la modifica dei valori di Gap Fill Percentage nel modello del Prism Layer Mesher. Tale opzione agisce sugli strati limite modificandone lo spessore secondo una percentuale della distanza normale presente tra i due boundary in prossimità tra di loro. La scelta di questo valore non è stata univoca ed è stata riassunta in tabella 4.3. Tab. 4.3: Valori selezionati per il Gap Fill Percentage. Prova Prova Prova Prova In figura 3.25 e 3.26 si può vedere il risultato del lavoro di meshatura. Fig Griglia poliedrica.

51 46 Fig Infittimento della griglia poliedrica (a sinistra) e particolare della mesh su scafo e vele (a destra) Definizione del modello fisico Per un analisi che rispecchi il meglio possibile le condizioni reali si deve scegliere il modello fisico più opportuno. Questo riguarda sia quale modello di spazio e tempo da considerare, sia le equazioni di riferimento all interno delle analisi. Un opportuna scelta del modello permette anche di ottenere risultati in tempi accettabili in base alla geometria che si considera. Prima di tutto si sceglie il modello di spazio la cui funzione principale è quella di fornire dei metodi per la valutazione e il collegamento delle metriche della griglia, come il centroide ed il volume della cella, il centroide e l area della faccia, gli indici della faccia e della cella, l angolo di inclinazione. In base alla geometria si è scelto un modello tridimensionale. Oltre allo spazio bisogna definire il moto della geometria. Infatti si possono studiare geometrie che cambiano posizione o forma nel tempo oppure geometrie immobili semplicemente investite da un flusso. I modelli di moto forniscono dei metodi per la valutazione e il collegamento di informazioni relative al moto della struttura di riferimento e della gri-

52 47 glia. Nel nostro caso, non essendoci organi in movimento relativo rispetto alla barca, si è scelto un modello stazionario e quindi tutta la geometria viene considerata ferma rispetto al flusso. Un regime di flusso turbolento, come nel caso in esame, è per sua natura non stazionario nel tempo quindi andrebbe considerata anche la scala dei tempi all interno delle analisi ma così non è stato perché si può considerare stazionario il flusso medio. Un altro parametro sono le caratteristiche del fluido all interno del campo di moto. Molte simulazioni che si compiono nei programmi fluidodinamici coinvolgono la modellazione di una sostanza come l aria, l acqua o l alluminio, oppure di diverse sostanze in una miscela di gas per la combustione o una miscela di aria ed acqua per lo sloshing. La definizione di queste sostanze viene gestita dal Material model. Il programma prevede al suo interno una serie di sostanze base delle quali sono definite tutte le proprietà termodinamiche e di trasporto che permettono un interfaccia con i modelli fisici. Nel caso si volessero considerare fluidi differenti si devono inserire manualmente i valori delle grandezze termodinamiche. Ci sono tre tipi generali di modelli di materiali utilizzabili nel programma: single-component, multi-component e multi-phase mixture. Ognuno di questi modelli di materiale gestisce un tipo specifico di materiale: sostanza pura, miscela di più componenti o miscela di più fasi. Scelto il tipo si deve scegliere anche la fase di riferimento: solido, liquido, gassoso. Nel nostro caso ovviamente si è scelta aria allo stato gassoso, alla temperatura di 15 C. La temperatura permette di avere il valore della densità in base alla pressione. Manca da definire l equazione di stato di riferimento per le simulazioni. In base alla velocità del flusso o della vicinanza ai cambiamenti di stato della sostanza si può scegliere se valutare la densità come costante, secondo una variazione polinomiale o che segua le leggi del gas ideale. Nel nostro caso si hanno numeri di Mach molto bassi, minori di 0.3, e in assenza di scambi termici, quindi in prima approssimazione si può valutare costante la densità nel campo fluido. Con lo stesso ragionamento effettuato per la scelta del modello per la densità si è scelto l algoritmo del Segregated Flow, dato che alla velocità considerata il fluido può essere considerato incomprimibile.

53 48 L ultima variabile nella definizione del modello fisico delle simulazioni riguarda il tipo di turbolenza del regime fluido. Come indicato in Appendice D (si veda anche il rif. [18]) la turbolenza, che dipende principalmente dal numero di Reynolds, può essere trattata dal programma in differenti modi. La scelta di una tipologia rispetto ad un altra comporta una diversa valutazione del flusso e l utilizzo di differenti equazioni. Per una completa trattazione del problema fuidodinamico che possa rispecchiare il meglio possibile le condizioni reali di deflusso è necessario scegliere il modello di turbolenza più opportuno. Il programma suddivide il regime viscoso di un flusso in cinque tipologie: non viscoso, viscoso, laminare, transitorio e turbolento. I flussi non viscosi, inviscid flows, sono un idealizzazione risultante dall omissione degli effetti viscosi nella simulazione delle equazioni del moto. In questo modello non vengono considerate le equazioni di Navier-Stokes ma vengono risolte le equazioni di Eulero. Generalmente si ha un risparmio significativo delle risorse del calcolatore in quanto non vengono risolti gli strati del contorno e altri effetti viscosi a parete. Questa approssimazione può essere fatta solo in determinate condizioni, come nell aerodinamica del comprimibile con elevati numeri di Reynolds. I flussi viscosi, viscous flows, possono essere classificati come laminari o turbolenti. I flussi laminari e turbolenti sono presenti in natura e sono entrambi descritti dalle equazioni di Navier-Stokes che includono gli effetti della viscosità, la conduttività termica e la diffusione della massa. Il termine laminare, laminar, si riferisce ad un flusso ordinato, libero dal punto di vista macroscopico, con fluttuazioni non ripetitive. I flussi laminari avvengono in natura quando il numero di Reynolds si mantiene basso, di solito Re < 2000, in modo tale che la transizione alla turbolenza non avvenga. Le simulazioni con flusso laminare, quindi, sono appropriate solo nel caso in cui il numero di Reynolds sia sufficientemente basso. Un flusso transitorio, transitional flow, è un flusso che non ha più le condizioni di flusso laminare a causa dell amplificazione di disturbi infinitesimali fra gli strati fluidi, ma non è ancora del tutto turbolento. Di solito si ha un regime con queste caratteristiche quando 2000 < Re < La presenza di instabilità fisiche che si verificano nelle simulazioni laminari non viene valutata correttamente come invece avviene nel caso di

54 49 un indicazione accurata della transizione. Inoltre, quando si usano modelli di turbolenza in regimi con bassi numeri di Reynolds, l inizio di un moto turbolento negli strati viscosi non è determinato con buona accuratezza dallo stesso modello di turbolenza. In pratica il programma non ha mezzi proprio per predire la transizione. In ogni caso un modello per il flusso transitorio è realizzabile se l utente mimetizza gli effetti di transizione sopprimendo la turbolenza in certe regioni predefinite. Un flusso che presenta alti numeri di Reynolds, Re > 20000, ha delle fluttuazioni ad alta frequenza sia nello spazio che nel tempo della velocità locale del flusso a causa di uno stato di instabilità nel continuo. In questo caso siamo di fronte ad un moto turbolento completamente sviluppato, turbulent flow. In particolare nel nostro caso si è scelto il modello Realizable k ε Two-Layer con Two-Layer All + y Wall Treatment. Tale modello è sostanzialmente migliore del modello k ε Standard ed è in grado di fornire risultati quanto meno più accurati. Esso è implementato con un approccio Two-Layer che consente l utilizzo di mesh raffinate sul sottostrato viscoso. Per ogni simulazione si è cercato quindi di fare in modo che i valori di + y sulle superfici delle vele fossero compresi tra 20 e 130 (figure 3.27 e 3.28). Fig Valori di y+ sul lato sopravvento.

55 50 Fig Valori di y+ sul lato sottovento. In conclusione le scelte effettuate per la determinazione del modello fisico di riferimento, modello che in ogni caso introduce semplificazioni del regime di moto, sono nell ordine: Geometria Tridimensionale Flusso Medio Stazionario Fluido Incomprimibile Algoritmo Segregated Regime Viscoso Turbolento o Realizable k ε Two-Layer o Two-Layer All + y Wall Treatment Definizione delle condizioni al contorno Dopo la costruzione della griglia e la definizione del modello fisico di riferimento si è passati alla definizione delle condizioni al contorno della geometria. Questa procedura permette di definire le proprietà fisiche di ogni superficie che individua il contorno del dominio fluido. La geometria, costruita in principio e importata nel programma di fluidodinamica, è composta da superfici chiuse (fatta eccezione per le vele che sono state però

56 51 trasformate in interfacce), quindi il volume racchiuso da esse viene considerato come campo fluido. Ogni superficie che delimita questo campo deve essere definita. Prima di questa operazione è opportuno indicare le condizioni di partenza e di riferimento. Dato che le condizioni reali di utilizzo della barca si riferiscono a pressione atmosferica si è impostato Pa come pressione di riferimento. Tutte le entità fisiche presenti nella realtà devono essere definite come pareti, Wall, ma c è bisogno di fare una distinzione. Le vele e lo scafo infatti sono state definite pareti con la proprietà No-Slip. In questo modo sono trattate come pareti vere studiando lo strato limite a parete. Le superfici superiore ed inferiore della galleria, invece, sono state definite come pareti con la proprietà Slip, quindi non è studiato lo strato limite. Questo perché si ipotizza che a ridosso di tali superfici la traiettoria dell aria sia tangente ad esse senza attraversarle. Le pareti della galleria sopravvento alla barca sono state definite come Velocity Inlet impostando la velocità con una Field Function. Tale funzione permette di inserire profili di velocità che diversi da quello costante impostato di default. Nel nostro caso la velocità è quella del vento apparente, cioè il vento a cui è effettivamente sottoposta la barca e, come visto in precedenza, esso è la combinazione di vento reale e velocità della barca. Il vento reale che si è deciso di considerare è dato dall equazione logaritmica elaborata da Kerwin nel 1978: Dove z è la quota espressa in metri e reale a 10 m s.l.m. ( z) =.1086 c ln( 1000 z) c 0 10 m (3.1) c 10 m è la velocità in metri al secondo del vento Questa formulazione si rivela estremamente utile poiché consente di determinare l intensità del vento a partire da qualsiasi condizione presente su un eventuale campo di regata. Dato che per costruire le polari delle vele è necessario far variare l angolo col vento apparente, nelle componenti di velocità si è considerata una variazione dell angolo che il vento reale forma con la direzione di moto della barca, che nel nostro caso coincide con

57 52 l asse y della galleria del vento. Le equazioni proiettate sugli assi appartenenti al piano o- rizzontale della galleria sono dunque le seguenti: ( c10 ln( 1000 ( Centroide( ) ) )) sinθ Vx = m z (3.2) y (.1086 c m ln( 1000 ( Centroide( z) ) )) cos Vb V = 0 10 θ + (3.3) Dove Centroide(z) è la componente z espressa in metri del centroide associato a ogni cella della griglia, è l angolo in radianti tra vento reale e direzione di avanzamento della barca e V b è la velocità della barca espressa in metri al secondo. Per quanto riguarda quest ultima è importante sottolineare che essa è stata ipotizzata di volta in volta in base all intensità del vento in un ipotetica bolina. Essa dunque non deve essere in alcun modo associata alla forza propulsiva derivante dalle simulazioni poiché il suo unico scopo è quello di fornire in ingresso un vento apparente (si vedano a tal proposito i rif. [19] e [20]). Si noti inoltre che nelle formule al valore del centroide viene sommata la quantità Se ciò non venisse fatto, qualora il centroide avesse valore nullo, il logaritmo naturale risulterebbe impossibile da calcolare. Fig Impostazione del campo di moto.

58 53 Per quanto riguarda le pareti sottovento alla barca le si è definite come Pressure Outlet con 0 Pa il valore della pressione relativa, quindi pressione atmosferica. Si è inoltre impostata in Extrapolated la Backflow Direction Specification poiché il flusso in uscita non è normale al boundary bensì possiede un certo angolo dato dalle componenti del vento apparente lungo gli assi x e y. Si può quindi riassumere il tutto in tabella 5.3. Tab. 5.3: Condizioni al contorno di ogni singolo boundary. Boundary Proprietà Note Valore Scafo Wall No-Slip Genoa Wall No-Slip Randa Wall No-Slip Inlet Velocity Inlet Field Function Outlet Pressure Outlet 0 Pa Galleria Wall Slip

59 54

60 55 Capitolo 4 ANALISI E RISULTATI 4.1 ANALISI DELLE GEOMETRIE Prima di andare ad analizzare le proprietà fluidodinamiche delle coppie di vele è stato necessario classificarle in base alle caratteristiche geometriche. Si è dunque ricavato per ogni vela il rapporto d aspetto, il rapporto di rastremazione, lo svergolamento, la posizione e l entità del grasso Le coppie genoa-randa Si è in possesso di sei coppie genoa-randa e quindi in totale di 12 vele. Per ognuna di esse si è costruita in Thinkdesign una geometria ausiliaria in modo da calcolare prima di tutto rapporti d aspetto e di rastremazione e rilevare poi le caratteristiche lungo l apertura. Per fare ciò si sono presi sei profili campione e per ognuno di essi è stato fatto passare un piano sul quale si sono poi quotati i parametri principali quali corda, angolo di svergolamento, entità e posizione del grasso (figure 4.1 e 4.2). Fig. 4.1 Geometria ausiliaria per il calcolo dei parametri caratteristici su genoa e randa.

61 56 Fig. 4.2 Particolare della quotatura di un profilo della randa. I risultati dell analisi sono stati quindi riassunti nelle tabelle 4.1 e 4.2 e nei grafici di figura 4.3, 4.4, 4.5, 4.6, 4.7, 4.8, 4.9 e Tab. 4.1: Caratteristiche geometriche dei genoa. Genoa Area reale A r [m^2] Area proiettata A p [m^2] Apertura b [mm] Corda alla base c r [mm] Corda in penna c t [mm] Rapporto d aspetto AR Rapporto di rastrematura

62 57 Tab. 4.2: Caratteristiche geometriche delle rande. Randa Area reale A r [m^2] Area proiettata A s [m^2] Apertura b [mm] Corda alla base c r [mm] Corda in penna c t [mm] Rapporto d aspetto AR Rapporto di rastrematura Svergolamento (deg) Posizione/b (%) Fig. 4.3 Variazione dello svergolamento al variare della posizione del profilo lungo l apertura dei genoa.

63 Svergolamento (deg) Posizione/b (%) Fig. 4.4 Variazione dello svergolamento al variare della posizione del profilo lungo l apertura delle rande f max/corda (%) Genoa 1 Genoa 2 Genoa 3 Genoa 4 Genoa 5 Genoa Posizione/b (%) Fig. 4.5 Variazione della freccia massima (grasso) al variare della posizione del profilo lungo l apertura dei genoa passando dalla base alla penna.

64 f max/corda (%) Randa 1 Randa 2 Randa 3 Randa 4 Randa 5 Randa Posizione/b (%) Fig. 4.6 Variazione della freccia massima (grasso) al variare della posizione del profilo lungo l apertura delle rande passando dalla base alla penna Pos f max/corda (%) Genoa 1 Genoa 2 Genoa 3 Genoa 4 Genoa 5 Genoa Posizione/b (%) Fig. 4.7 Variazione della posizione della freccia massima (grasso) al variare della posizione del profilo lungo l apertura dei genoa passando dalla base alla penna.

65 Pos f max/corda (%) Randa 1 Randa 2 Randa 3 Randa 4 Randa 5 Randa Posizione/b (%) Fig. 4.8 Variazione della posizione della freccia massima (grasso) al variare della posizione del profilo lungo l apertura delle rande passando dalla base alla penna f max/corda (%) Genoa 1 Genoa 2 Genoa 3 Genoa 4 Genoa 5 Genoa Pos f max/corda (%) Fig. 4.9 Variazione della freccia massima (grasso) al variare della sua posizione lungo la corda del profilo.

66 f max/corda (%) Randa 1 Randa 2 Randa 3 Randa 4 Randa 5 Randa Pos f max/corda (%) Fig Variazione della freccia massima (grasso) al variare della sua posizione lungo la corda del profilo. definiti: Nelle tabelle 4.1 e 4.2 il rapporto d aspetto e il rapporto di rastremazione sono così 2 b Rapporto d' aspetto = RA = (4.1) A c p t Rapporto di rastremazione = (4.2) c r Come si può vedere sia i genoa che le rande possiedono rapporti d aspetto e di rastremazione che differiscono tra di loro per valori ben al di sotto dell 1%. Inoltre essi hanno lo stesso svergolamento crescente in altezza. Le differenze sono invece evidenti per quanto riguarda due caratteristiche fondamentali, ovvero: Freccia massima (Grasso). Posizione della freccia massima. Dunque si possono fare le seguenti classificazioni:

67 62 Le coppie 1-2, 3-4, 5-6 hanno a due a due la stessa entità di grasso lungo l apertura, crescente in direzione della penna. Nelle coppie 5-6 esso è poco accentuato, nelle coppie 3-4 è molto accentuato e infine nelle coppie 1-2 è mediamente accentuato. Le coppie e hanno a tre a tre il grasso posizionato alla stessa distanza dall inferitura, sempre più avanzato passando dalla base alla penna. Per le tre coppie esso è complessivamente più arretrato rispetto alle In sostanza si hanno due categorie di coppie genoa-randa che differiscono tra di loro per la posizione del grasso e all interno di esse le coppie a loro volta si differenziano le une dalle altre per l entità del grasso stesso. 4.2 ANALISI DI SENSIBILITÀ L analisi di una geometria all interno di un programma fluidodinamico si effettua costruendo una griglia sulla quale fare i calcoli. Le dimensioni della griglia, in particolare le dimensioni delle celle e il numero totale che la compongono, non può essere deciso a priori, ma devono essere scelte all interno di una procedura. Infatti appare ovvio come aumentando il numero delle celle aumenti la raffinatezza del risultato, in quanto migliora la discretizzazione della geometria, però esiste un limite oltre il quale non conviene spingersi. Il tempo di calcolo in questo caso sarebbe estremamente elevato senza peraltro ricavarne alcun profitto in termini di precisione. Per ottenere le dimensioni ideali della griglia, più precisamente il numero di celle, si deve effettuare una procedura in cui si infittisce sempre più la griglia fino ad ottenere variazioni marginali di alcuni parametri presi come riferimento. Quando la differenza fra i risultati di due griglie successive è inferiore al 5%, l ultima griglia può essere considerata soddisfacente, e il numero delle celle può essere preso come obiettivo per le altre. Tale procedura viene chiamata analisi di sensibilità e deve essere effettuata seguendo alcuni criteri. Essa infatti deve essere resa il meno possibile dipendente dal valore di + y a

68 63 parete. Per far ciò si è impostato fisso il valore delle dimensioni dello strato limite e si sono fatte variare solo le dimensioni delle celle nel volume. Si sono quindi eseguite due simulazioni in cui si sono prese come riferimento la forza propulsiva (Fy)e la forza laterale (Fx) prodotte dalle vele attendendo che giungessero a convergenza, abbinate con la convergenza dei residui al di sotto di I risultati ottenuti si possono visualizzare in tabella Tab. 4.3: Analisi di sensibilità. Simulazione 1 2 Differenza percentuale 2-1 Numero celle Fy Genoa [N] Fy Randa [N] Fx Genoa [N] Fx Randa [N] Si può vedere come un aumento di quasi il 100% delle celle produca effetti molto scarsi sul calcolo delle forze, con una massima differenza percentuale tra le due simulazioni dell 1.18%. Per questo motivo e in ragione del grande numero di simulazioni da effettuare si è scelto dunque di usare griglie che avessero un numero di celle di poco superiore alle unità. 4.3 RISULTATI DELLE SIMULAZIONI Il lavoro di simulazione è stato incentrato sul confronto delle varie geometrie di vela in possesso. Si è quindi partiti dalle classificazioni fatte con l analisi geometrica e si sono impostate due serie di prove, le prime per vedere quale sia l influenza sulle prestazioni dell entità del grasso e le seconde per testare invece quale sia l influenza della posizione del grasso stesso. Si sono dunque calcolate per ogni simulazione forza propulsiva e forza laterale generate da genoa e randa e le si è sommate in modo da ottenere i valori di forza propulsiva e laterale totali di coppia. Per avere un quadro più completo tali forze sono state poi proietta-

69 64 te, tramite una matrice di rotazione, in direzione parallela e perpendicolare alla direzione del vento apparente in modo da ottenere portanza e resistenza. F F L D sinα = cosα cosα F sinα F Y X (4.3) Dove F L e F D sono le forze di portanza e resistenza, F Y e F X sono, rispettivamente, forza propulsiva e forza laterale e è l angolo di rotta apparente, vale a dire l angolo formato dal vento apparente con la direzione di moto della barca. Esso è stato calcolato di volta in volta nel modo seguente: VX α = arctan (4.4) VY Dove V X e V Y sono rispettivamente le componenti lungo x ed y del flusso indisturbato preso a m dal suolo della galleria. Le forze sono state anche espresse in termini di coefficienti adimensionali totali di coppia che sono stati così calcolati: C C C C Y X L D A C G YG R YR = (4.5) A C A + A TOT TOT C G XG R XR = (4.6) A C A + A TOT C G LG R LR = (4.7) A C A + A TOT C G DG R DR = (4.8) A + A C Dove A G e A R sono rispettivamente l area reale del genoa e della randa che come si vede sono moltiplicate al corrispettivo coefficiente. Tale media dei coefficienti ponderata sulla quantità d area della rispettiva vela farà apparire, come si vedrà in seguito, i diagrammi dei coefficienti diversi dai grafici in cui compaiono le forze. Ciò avviene perché,

70 65 come risulta dall analisi geometrica, le aree delle vele appartenenti alle varie coppie, non sono perfettamente identiche. Oltre al calcolo delle forze si è anche calcolata l efficienza delle varie coppie. Ciò è stato fatto in due modi: F F Y Efficienza = (4.9) X F F L Efficienza = (4.10) D Per quanto riguarda i criteri utilizzati per fermare le simulazioni si è deciso di usarne due, ovvero: Tolleranza sui residui inferiore a Convergenza asintotica dei risultati per valori inferiori a 0.01 nelle ultime 10 iterazioni. Tali criteri consentono di effettuare delle simulazioni poco onerose in termini di tempo senza che venga pregiudicata la precisione dei risultati Prima serie di prove: l influenza dell entità del grasso Per la prima serie di prove si è scelto di confrontare coppie genoa-randa con uguale posizionamento del grasso ma con entità diverse di quest ultimo. Per questioni di tempo e risorse si è dovuto scegliere tra il mettere a confronto le coppie 1, 3 e 5 o le coppie 2, 4 e 6. Si è quindi deciso di prendere in considerazione la prima terna, il cui grasso è distribuito su posizioni più arretrate rispetto a quello delle coppie 2, 4 e 6. Per ogni simulazione, a seconda dell entità del vento, si sono fissati gli angoli di scotta di genoa e randa ed anche gli angoli di scarroccio e sbandamento per quanto riguarda lo scafo. I valori fissati derivano dall esperienza sul campo e dalle conoscenze del prof. Lazzaretto e del Sig. Arch. Zane della veleria BluePhoenix. L ipotesi sugli angoli di scar-

71 66 roccio e sbandamento è sicuramente un ipotesi forte perchè essi non dipendono unicamente dalla velocità del vento ma sono il risultato dell equilibrio aero-idrodinamico della barca. È anche vero però che effettuare le simulazioni con una barca non scarrocciata e non sbandata è un idealizzazione troppo forte perché in bolina una tale situazione non si verifica mai. Dunque per questo motivo si è pensato che ipotizzare degli angoli fosse la scelta migliore e in grado di far eseguire delle simulazioni in condizioni più vicine alla realtà anche se non propriamente realistiche. Infatti, affinché sbandamento e scarroccio siano quelli a cui è effettivamente sottoposta la barca, sarebbe necessaria un analisi anche della sua parte immersa ma ciò è possibile solo se in possesso di determinati parametri progettuali dello scafo. Sono state dunque effettuate quattro prove in cui di volta in volta il vento reale a 10 m s.l.m. è stato fatto aumentare a partire da un intensità di 2 m/s e, una volta fissato tale parametro, si è fatto aumentare gradualmente di 2 il suo angolo con la direzione del moto a partire da 40. In questo modo la combinazione del vento reale con la velocità ipotizzata della barca dà luogo ad un vento apparente che ruota verso angoli sempre maggiori. Si vedano i parametri fissati in tabella 4.4. Prova Intensità del vento reale a 10 m s.l.m. [m/s] Tab. 4.4: Parametri utilizzati nelle quattro prove. Velocità ipotizzata della barca [m/s] Angolo di calettamento del genoa [deg] Angolo di scotta della randa [deg] Angolo di scarroccio [deg] Angolo di sbandamento [deg] È inoltre importante puntualizzare che per quanto riguarda la prima prova il passo adottato per la variazione dell angolo del vento reale è stato di 2, mentre per la seconda, la terza e la quarta è stato di 1. Per la quarta prova tuttavia è stato necessario adottare il mezzo grado nelle ultime simulazioni a causa della non convergenza dei risultati se si fosse mantenuto lo stesso passo. Dunque per le coppie 1 e 2 l ultima simulazione è stata effettuata con un vento reale a 46.5 rispetto alla direzione del moto e per la coppia 5 a 47.5.

72 Prova 1 la prova 1. Si vedano di seguito i risultati ottenuti con le tre coppie nelle condizioni stabilite per Fy [N] Coppia 1 Coppia 3 Coppia Fx [N] Fig Confronto delle polari forza laterale (Fx)/forza propulsiva (Fy) per la prova Cy Coppia 1 Coppia 3 Coppia Cx Fig Confronto delle polari con i coefficienti adimensionali di forza laterale (Cx) e forza propulsiva (Cy) per la prova 1.

73 68 Fl [N] Fd [N] Coppia 1 Coppia 3 Coppia 5 Fig Confronto delle polari resistenza (Fd)/portanza (Fl) per la prova Cl Coppia 1 Coppia 3 Coppia Cd Fig Confronto delle polari con i coefficienti adimensionali di resistenza (Cd) e portanza (Cl) per la prova 1.

74 Efficienza (Fy/Fx) Coppia 1 Coppia 3 Coppia Angolo vento apparente [deg] Fig Confronto delle efficienze calcolate come rapporto tra forza propulsiva e forza laterale per la prova Efficienza (Fl/Fd) Coppia 1 Coppia 3 Coppia Angolo vento apparente [deg] Fig Confronto delle efficienze calcolate come rapporto tra portanza e resistenza per la prova 1.

75 70 Per la prova 1 quindi, riferendosi ai diagrammi in cui compaiono forza propulsiva e forza laterale, che sono sicuramente i più significativi dal punto di vista velico, si può fare il seguente resoconto. Tab. 4.5: Valori massimi e medi di forza laterale, forza propulsiva ed efficienza a parità di angolo col vento apparente. Tra parentesi gli angoli a cui vengono raggiunti i valori massimi. Sul fondo le differenze percentuali tra le coppie. Coppia Fx Max [N] ( [deg]) (35.00) (33.71) (35.00) Fy Max [N] ( [deg]) (36.30) (36.30) (36.30) Eff. Max (Fy/Fx) ( [deg]) (37.60) (37.60) (37.60) Fx Media [N] Fy Media [N] Eff. Media Diff.% Diff.% Diff.% Tab. 4.6: Confronto tra le coppie mantenendo fissi di volta in volta angolo, forza laterale e forza propulsiva. Fx [N] Fy [N] [deg] 3 > 1 > 5 3 > 1 > > 1 5 > > 1 > 3 5 > 1 > > 3 1 > 3 1 > > 1 3 > 1 > > 1 > 3 3 > > 3 Tab. 4.7: Confronto tra le coppie mantenendo fissi di volta in volta angolo ed efficienza. Efficienza (Fy/Fx) [deg] 5 > 1 > > 3 > > > 1 > > 3 > > 5

76 Prova 2 la prova 2. Si vedano di seguito i risultati ottenuti con le tre coppie nelle condizioni stabilite per Fy [N] Coppia 1 Coppia 3 Coppia 5 Fx [N] Fig Confronto delle polari forza laterale (Fx)/forza propulsiva (Fy) per la prova 2. Cy Cx Coppia 1 Coppia 3 Coppia 5 Fig Confronto delle polari con i coefficienti adimensionali di forza laterale (Cx) e forza propulsiva (Cy) per la prova 2.

77 72 Fl [N] Fd [N] Coppia 1 Coppia 3 Coppia 5 Fig Confronto delle polari resistenza (Fd)/portanza (Fl) per la prova 2. Cl Cd Coppia 1 Coppia 3 Coppia 5 Fig Confronto delle polari con i coefficienti adimensionali di resistenza (Cd) e portanza (Cl) per la prova 2.

78 73 Efficienza (Fy/Fx) Angolo vento apparente [deg] Coppia 1 Coppia 3 Coppia 5 Fig Confronto delle efficienze calcolate come rapporto tra forza propulsiva e forza laterale per la prova Efficienza (Fl/Fd) Coppia 1 Coppia 3 Coppia Angolo vento apparente [deg] Fig Confronto delle efficienze calcolate come rapporto tra portanza e resistenza per la prova 2.

79 74 Per la prova 2 si può quindi fare il seguente resoconto. Tab. 4.8: Valori massimi e medi di forza laterale, forza propulsiva ed efficienza a parità di angolo col vento apparente. Tra parentesi gli angoli a cui vengono raggiunti i valori massimi. Sul fondo le differenze percentuali tra le coppie. Coppia Fx Max [N] ( [deg]) (34.86) (35.61) (34.86) Fy Max [N] ( [deg]) (34.86) (35.61) (34.86) Eff. Max (Fy/Fx) ( [deg]) (36.37) (36.37) (36.37) Fx Media [N] Fy Media [N] Eff. Media Diff.% Diff.% Diff.% Tab. 4.9: Confronto tra le coppie mantenendo fissi di volta in volta angolo, forza laterale e forza propulsiva. Fx [N] Fy [N] [deg] 3 > 1 > 5 3 > 1 > > 1 5 > > 3 1 > 3 3 > 1 > > 1 > 3 3 > > 3 Tab. 4.10: Confronto tra le coppie mantenendo fissi di volta in volta angolo ed efficienza. Efficienza (Fy/Fx) [deg] 5 > 1 > > 5 > > > 1 > > 3 > > > 3

80 Prova 3 la prova 3. Si vedano di seguito i risultati ottenuti con le tre coppie nelle condizioni stabilite per Fy [N] Coppia 1 Coppia 3 Coppia Fx [N] Fig Confronto delle polari forza laterale (Fx)/forza propulsiva (Fy) per la prova Cy Coppia 1 Coppia 3 Coppia Cx Fig Confronto delle polari con i coefficienti adimensionali di forza laterale (Cx) e forza propulsiva (Cy) per la prova 3.

81 Fl [N] Coppia 1 Coppia 3 Coppia Fd [N] Fig Confronto delle polari resistenza (Fd)/portanza (Fl) per la prova Cl Coppia 1 Coppia 3 Coppia Cd Fig Confronto delle polari con i coefficienti adimensionali di resistenza (Cd) e portanza (Cl) per la prova 3.

82 Efficienza (Fy/Fx) Coppia 1 Coppia 3 Coppia Angolo vento apparente [deg] Fig Confronto delle efficienze calcolate come rapporto tra forza propulsiva e forza laterale per la prova Efficienza (Fl/Fd) Coppia 1 Coppia 3 Coppia Angolo vento apparente [deg] Fig Confronto delle efficienze calcolate come rapporto tra portanza e resistenza per la prova 3.

83 78 Per la prova 3 si può quindi fare il seguente resoconto. Tab. 4.11: Valori massimi e medi di forza laterale, forza propulsiva ed efficienza a parità di angolo col vento apparente. Tra parentesi gli angoli a cui vengono raggiunti i valori massimi. Sul fondo le differenze percentuali tra le coppie. Coppia Fx Max [N] ( [deg]) (35.29) (34.50) (36.08) Fy Max [N] ( [deg]) (35.29) (35.29) (36.08) Eff. Max (Fy/Fx) ( [deg]) (36.08) (36.87) (35.29) Fx Media [N] Fy Media [N] Eff. Media Diff.% Diff.% Diff.% Tab. 4.12: Confronto tra le coppie mantenendo fissi di volta in volta angolo, forza laterale e forza propulsiva. Fx [N] Fy [N] [deg] 3 > 1 > 5 3 > 1 > > > 1 3 > 1 > > 1 > 3 3 > > 3 Tab. 4.13: Confronto tra le coppie mantenendo fissi di volta in volta angolo ed efficienza. Efficienza (Fy/Fx) [deg] 5 > 1 > > 3 > > 5 > > > 1 > > 3 > > 5

84 Prova 4 la prova 4. Si vedano di seguito i risultati ottenuti con le tre coppie nelle condizioni stabilite per Fy [N] Coppia 1 Coppia 3 Coppia Fx [N] Fig Confronto delle polari forza laterale (Fx)/forza propulsiva (Fy) per la prova Cy Coppia 1 Coppia 3 Coppia Cx Fig Confronto delle polari con i coefficienti adimensionali di forza laterale (Cx) e forza propulsiva (Cy) per la prova 4.

85 Fl [N] Coppia 1 Coppia 3 Coppia Fd [N] Fig Confronto delle polari resistenza (Fd)/portanza (Fl) per la prova Cl Coppia 1 Coppia 3 Coppia Cd Fig Confronto delle polari con i coefficienti adimensionali di resistenza (Cd) e portanza (Cl) per la prova 4.

86 Efficienza (Fy/Fx) Coppia 1 Coppia 3 Coppia Angolo vento apparente [deg] Fig Confronto delle efficienze calcolate come rapporto tra forza propulsiva e forza laterale per la prova Efficienza (Fl/Fd) Coppia 1 Coppia 3 Coppia Angolo vento apparente [deg] Fig Confronto delle efficienze calcolate come rapporto tra portanza e resistenza per la prova 4.

87 82 Per la prova 4 si può quindi fare il seguente resoconto. Tab. 4.14: Valori massimi e medi di forza laterale, forza propulsiva ed efficienza a parità di angolo col vento apparente. Tra parentesi gli angoli a cui vengono raggiunti i valori massimi. Sul fondo le differenze percentuali tra le coppie. Si fa notare che le medie comprendono i valori ottenuti per gli angoli compresi nel range Coppia Fx Max [N] ( [deg]) (37.13) (36.30) (37.96) Fy Max [N] ( [deg]) (37.13) (36.30) (37.96) Eff. Max (Fy/Fx) ( [deg]) (37.13) (36.30) (37.13) Fx Media [N] Fy Media [N] Eff. Media Diff.% Diff.% Diff.% Tab. 4.15: Confronto tra le coppie mantenendo fissi di volta in volta angolo, forza laterale e forza propulsiva. Fx [N] Fy [N] [deg] 3 > 1 > 5 3 > 1 > > 1 5 > > 3 1 > 3 1 > > 1 3 > 1 > > 1 > 3 3 > > 3 Tab. 4.16: Confronto tra le coppie mantenendo fissi di volta in volta angolo ed efficienza. Efficienza (Fy/Fx) [deg] 5 > 1 > > > 1 > > 5

88 Commenti ai risultati Per quanto riguarda i diagrammi in cui compaiono forza laterale e forza propulsiva l andamento è crescente fino ad un massimo oltre il quale le vele perdono potenza. Ciò accade perché più l angolo col vento apparente aumenta più sul lato sottovento si ha una separazione del flusso che va ad influenzare le forze (figura 4.35). Fig Velocità del flusso sulle vele della coppia 1 nella prova 4 con angolo prima di (sopra) e poi di (sotto). Si noti la separazione sul lato sottovento del genoa e lo spostamento in avanti della zona di alte velocità (basse pressioni). La sezione è stata fatta a 3 metri dal suolo della galleria quindi i profili sono quelli più in basso. È importante ricordare inoltre che l angolo di incidenza subisce una variazione anche in altezza (figura 4.36).

89 84 Fig Velocità del flusso sulle vele della coppia 1 nella prova 1 con angolo di vento apparente pari a Le sezioni sono state prese ad altezze diverse e rispettivamente a 3 metri (sopra) e 7 metri (sotto) dal suolo della galleria. I motivi di questa variazione sono due, ovvero il twist del vento apparente dovuto al moto della barca nello strato limite terrestre e l upwash. Tale upwash, nel caso di un ala, è un aumento dell angolo del flusso verso l alto dovuto alla bassa pressione sull estradosso. Per quanto riguarda la vela di prua essa è sottoposta all upwash indotto da sé stessa e dovuto alla rastremazione e all angolo di freccia e ad un upwash addizionale indotto dalla presenza della randa. Dalle figure 4.35 e 4.36 si può infatti notare che il genoa trae beneficio dall interferenza con la randa dato che l angolo col flusso è maggiore di quanto sarebbe se questa non ci fosse. Per quanto riguarda la randa essa opera nello stesso vento apparente svergolato, con un upwash addizionale causato dalla sua rastremazione, ma in qualche mo-

90 85 do diminuito dalla sua freccia negativa. Essa lavora anche all interno del downwash della vela di prua, ovvero un flusso con un minor angolo di incidenza e che è probabilmente svergolato dato che la vela di prua lavora in un flusso svergolato. Quindi, come già detto nel 2.2.2, la randa è penalizzata dal genoa. Si può quindi vedere dai diagrammi di tutte e quattro le prove che, a parità di angolo col vento apparente, è sempre la coppia 3 a prevalere sulle coppie 1 e 5 per quanto riguarda le forze generate. Ciò avviene per il fatto che essa, con il suo maggior grasso, aumenta la differenza di pressione tra lato sottovento e lato sopravvento (figure 4.37, 4.38 e 4.39). Fig Velocità del flusso sulla coppia 1 nella prova 2 con angolo di vento apparente di Fig Velocità del flusso sulla coppia 3 nella prova 2 con angolo di vento apparente di

91 86 Fig Velocità del flusso sulla coppia 3 nella prova 2 con angolo di vento apparente di I diagrammi polari resistenza/portanza non fanno altro che confermare ciò che ci a- spetta da un ala finita immersa in un flusso, ovvero un andamento parabolico della portanza all aumentare della resistenza. E inoltre essi confermano la maggior potenza della coppia 3 rispetto alle coppie 1 e 5. Si deve comunque far notare che la maggiore portanza generata da tale coppia è indissolubilmente legata alla produzione di una maggiore resistenza. Essa infatti è costituita in gran parte dalla resistenza indotta che è dovuta ai vortici di e- stremità e che aumenta esponenzialmente con la portanza (figure 4.40 e 4.41). Fig Linee di flusso sottovento alla coppia 1 nella prova 3 per un angolo di vento apparente pari a

92 87 Fig Vista da sopravvento delle linee di flusso. Si noti la presenza dei vortici d estremità. Il modo più efficace per minimizzare tale resistenza è aumentare l apertura alare, dato che essa è inversamente proporzionale al quadrato dell apertura, ma se ciò non può essere fatto l unico modo è agire sul carico. La resistenza indotta infatti non dipende solo dalla quantità di portanza ma anche da come essa viene prodotta. La situazione ideale quindi sarebbe avere un carico ellittico ma ottenere ciò è altamente improbabile poiché la forma planare estremamente rastremata delle tipiche vele provoca carichi con molta meno portanza verso la penna rispetto a carichi ellittici, e così essa è meno che ottimale. Per quanto riguarda l efficienza, a meno delle eccezioni documentate nelle tabelle, è la coppia 5 a presentare i valori maggiori a parità di angolo col vento apparente e soprattutto per gli angoli minori. Essa dunque presenta valori di forza laterale e forza propulsiva minori di quelli delle coppie 1 e 3 ma il rapporto tra di essi è più vantaggioso. Oltre al confronto a parità di angolo, si è fatto un confronto tra le coppie a parità di forza propulsiva, di forza laterale e di efficienza. Dunque si può vedere che, a parità di forza laterale, in determinati range è la coppia 5 a prevalere in quanto a forza propulsiva sulla coppia 1 e questa a sua volta prevale sulla 3. Ciò però avviene grazie ad angoli maggiori col vento apparente. A parità di forza propulsiva è invece la coppia 3 a presentare i valori

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