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1 Osservatorio sulla giurisprudenza civile al 30 aprile 2011 a cura di Diana Selvaggi 1. Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza n del 21 marzo 2011: condominio e forma delle impugnazioni delle delibere assembleari. La Suprema Corte con la sentenza in commento affronta il tema, di rilievo processuale, concernente la forma delle impugnazioni in materia di deliberazioni dell assemblea condominiale e, in proposito, chiarisce il significato e la portata della norma - pretensivamente violata - di cui all art c.c. Segnatamente, nel caso di specie, un condomino aveva presentato ricorso al Tribunale per l annullamento di una delibera assembleare e, ottenutone il rigetto, aveva appellato la sentenza mediante deposito del ricorso in cancelleria del giudice ad quem; la Corte d appello dichiarava tardivo e, quindi, inammissibile, il ricorso in quanto, in virtù del principio di ultrattività del rito e di quanto stabilito dalla regola generale di cui all art. 342 c.p.c., il giudizio di impugnazione si introduce con atto di citazione da notificare nel termine breve di trenta giorni dalla notifica della sentenza e non quindi, come è avvenuto nella specie, con ricorso. Il giudizio giunge in Cassazione e la Suprema Corte, ritenendo corrette le conclusioni dei giudici di merito, si pronuncia per il rigetto del ricorso all esito di un analisi che muove dalla lettura, in senso contrario, della medesima ricostruzione operata dal ricorrente. Quest ultimo, infatti, ravvisa nel dettato dell art a norma del quale le delibere condominiali si impugnano con ricorso una deroga espressa al regime generale previsto dall art. 342 c.p.c. in riferimento all atto di citazione quale atto introduttivo dell appello e, di siffatta deroga, ravvisa la ratio nella natura speciale del rito in parola sia in primo che, a fortiori, in secondo grado. 1

2 Diversamente opinando, infatti, l adozione di una forma di impugnazione diversa da quella impostagli dal rito di primo grado, avrebbe comportato l attribuzione ad esso ricorrente di una facoltà quella di mutare rito spettante unicamente al giudice dell impugnazione. L intervento della Suprema Corte, che si richiama al costante ed uniforme orientamento giurisprudenziale in tal senso, mira a chiarire la portata del disposto di cui all art c.c. affermando che, per quanto il termine ricorso debba intendersi in senso tecnico, esso non implica un preciso obbligo di impugnare le delibere condominiali unicamente con ricorso ma, al contrario, rende fungibili ricorso e citazione quali atti introduttivi del giudizio in parola purchè, qualora si scelga la citazione, si consideri data utile quella della notifica dell atto introduttivo e non quella del successivo deposito, che consegue all iscrizione a ruolo della causa. La Corte enuclea lo snodo argomentativo della sentenza in esame dalla considerazione per cui il rito introdotto dal ricorso di cui al caso di specie non reca profili di specialità che ne giustifichino, alla stregua di quanto accade in materia di lavoro e previdenza, un apposita disciplina tesa a differenziarlo dal rito ordinario e, ribadendo quanto sancito in precedenza per un caso analogo, enuncia il principio per cui l appello avverso la sentenza che abbia pronunciato sull impugnazione di una delibera dell assemblea condominiale, in assenza di apposite previsioni normative, va proposto secondo la regola generale contenuta nell art. 342 c.p.c. con citazione, con la conseguenza che la tempestività dell appello va verificata in base alla data della notifica dell atto di citazione e non alla data di deposito dell atto di gravame nella cancelleria del giudice ad quem. La Corte, muovendo dalla preliminare considerazione per cui, nella specie, il profilo problematico sottoposto all attenzione dei giudici non concerne l atto introduttivo del giudizio di impugnazione delle delibere condominiali ratione materiae avendo ad oggetto, semplicemente, la forma dell impugnazione della sentenza di primo grado che, salva espressa previsione di una diversa modalità, è costituita dall atto di citazione di cui all art. 342 c.p.c. per cui non essendo contemplata nella materia in questione una forma di impugnazione della sentenza di primo grado diversa dalla citazione e non potendosi qualificare il rito adottato in tale grado come un rito speciale, in virtù 2

3 dell applicazione della norma generale sancita dall art. 342 c.p.c., l appello avrebbe dovuto essere formulato con atto di citazione. Alla luce delle superiori considerazioni, pertanto, il ricorso è ritenuto infondato e, a conferma dei precedenti orientamenti giurisprudenziali, nel pronunciarsi per il rigetto la Suprema Corte conclude che nei procedimenti nei quali l appello in base all art. 342 c.p.c. deve essere proposto con citazione, ai fini della vocatio in ius, vale la regola della conoscenza dell atto da parte del destinatario, con l effetto che se, erroneamente, l impugnazione anziché con citazione, venga proposta con ricorso, per stabilirne la tempestività occorre aver riguardo non alla data di deposito di quest ultimo, ma alla data in cui lo stesso risulti notificato alla controparte unitamente al provvedimento del giudice di fissazione dell udienza. 2. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n del 29 marzo 2011: forma della rinunzia al legato in sostituzione di legittima avente ad oggetto beni immobili. La questione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite involge i profili formali della rinuncia al legato in sostituzione di legittima di cui all art. 551 c.c. A norma di detto articolo solo a seguito di rinuncia valida ed efficace il soggetto beneficiato dal lascito che, giova rammentarlo, è un legittimario consegue la porzione di legittima ad esso spettante: diversamente, ove preferisca mantenere il legato egli perde il diritto di chiedere il supplemento qualora il bene oggetto del legato abbia valore inferiore alla quota di legittima ad esso spettante. Ben si comprende, pertanto, come la rinuncia atto unilaterale non recettizio, di regola a forma libera diviene il crinale che qualifica (e giustifica) una determinata attribuzione patrimoniale in favore del beneficiato di talchè è di primaria importanza, nel silenzio della legge sul punto, procedere al corretto inquadramento della forma della rinuncia nel caso particolare in cui il legato sostitutivo abbia ad oggetto beni immobili. In relazione a questi ultimi fondamentali esigenze di certezza dei traffici giuridici sono, come è noto, alla base della regola generale per cui gli atti aventi quale effetto quello di costituire, modificare o estinguere su di essi diritti reali devono - a pena di nullità - essere perfezionati per iscritto e, in proposito, con il quesito sottoposto alle Sezioni Unite si chiede se - nel silenzio della legge detta regola 3

4 generale trovi applicazione anche alla rinunzia al legato sostitutivo con cui il testatore abbia disposto in favore del legittimario un lascito consistente in beni immobili. Le Sezioni Unite, all esito della ricostruzione sistematica e della lettura ed interpretazione in combinato disposto delle norme coinvolte nella fattispecie in esame - gli articoli 649 c.c. sul legato in generale, 551 c.c. sul legato in sostituzione di legittima e 1350 n. 5 c.c. sulla forma degli atti aventi ad oggetto beni immobili rispondono affermativamente al quesito risolvendo il contrasto sorto sul punto in dottrina e giurisprudenza. Pur brevi cenni sull istituto del legato impongono di ricordare che, a norma dell art. 649 c.c., esso si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare, e ciò dal momento che, a differenza dell erede che, di regola e salvo eccezioni, risponde delle obbligazioni facenti capo al de cuius il legatario risponde solo di quanto, eventualmente, gravi la cosa legata e, comunque, entro i limiti di valore di quest ultima. Non potendo egli subire, pertanto, alcuna diminuzione patrimoniale, sarebbe superflua una manifestazione di volontà diretta ad accettare la delazione ed il legislatore ha, infatti, previsto solo l eventuale rinuncia. Stante l assenza di apposita prescrizione in merito, in via interpretativa la libertà di forme della rinuncia soffre l eccezione della forma scritta ai sensi dell art c.c. quando il legato ha ad oggetto beni immobili: sul punto dottrina e giurisprudenza non hanno mai raggiunto omogeneità di posizioni e, nella specie, i giudici d appello avevano aderito al risalente orientamento dottrinario sancendo che l esperibilità dell azione di riduzione non può essere preclusa dalla mancata rinuncia in forma scritta al legato di beni immobili, non costituendo detta rinuncia un atto dismissivo di diritti già acquisiti ma configurando, diversamente, un atto impeditivo del loro acquisto non soggetto, come tale, a vincoli di forma. Di diverso avviso le Sezioni Unite che, in accoglimento del ricorso, cassano la sentenza d appello aderendo all orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità, che traspone ed applica al legato in sostituzione di legittima la disciplina generale del legato di cui agli articoli 649 e seguenti c.c. Lo snodo argomentativo della pronuncia si coglie, infatti, nel rilievo per cui il legatario in sostituzione deve essere considerato pur sempre un legatario che, per legge, acquista i beni al momento dell'apertura della successione senza bisogno di accettazione e non, invece, un semplice chiamato all'eredità. Per tale ragione in caso 4

5 di scelta della legittima, ove si tratti di beni immobili, è necessaria la sua rinuncia al legato in forma scritta. Nonostante la peculiare collocazione topografica del legato sostitutivo, la cui disposizione di riferimento l art. 551 c.c. - si trova tra le norme relative ai diritti dei legittimari e non tra quelle relative al legato, le Sezioni Unite ad esso estendono le conclusioni formulate con riferimento all istituto del legato sulla base del rilievo per cui anch esso si acquista di diritto all apertura della successione e la facoltà alternativa concessa al legittimario di rinunciare al legato e chiedere la quota di legittima non esclude la valenza automatica dell acquisto ma, semplicemente, sottopone l acquisto del legato sostitutivo alla condizione risolutiva della rinuncia del beneficiario. Sulla natura giuridica e, quindi, sulle conseguenze della rinuncia al legato si è registrato lo scollamento di posizioni di dottrina e giurisprudenza e, passando ad analizzare la dottrina, le Sezioni Unite ne riportano l assunto di base per cui la rinuncia non avrebbe natura di atto con cui si dimette un diritto già acquistato ma di atto impeditivo dell acquisto, e ciò sarebbe dimostrato dalla facoltà di rinuncia di cui all art. 649 c.c. Diversamente opinando, infatti, tale previsione sarebbe priva di significato dal momento che ogni acquisto di un diritto disponibile fa sorgere la facoltà di rinunciarvi e, in ogni caso, se effetto della rinuncia fosse la dismissione di un diritto immobiliare già acquisito, esso andrebbe trasferito al patrimonio dello Stato quale bene immobile vacante a norma dell art. 827 c.c. e non dovrebbe, come invece accade, tornare a far parte del compendio ereditario come se il periodo intercorrente tra l apertura della successione e la rinuncia non fosse mai decorso. L ulteriore argomento dottrinario si fonda sul rilievo per cui ove il legittimario preferisca trattenere il legato così aderendo alla disposizione testamentaria - perde il diritto al supplemento e non acquista la qualità di erede, perdendo sia il diritto alla rinuncia sia quello alla quota di legittima: da ciò consegue la necessità di sistema che si tenga conto della sua volontà e, proprio a tal fine, il legislatore avrebbe previsto il diritto di scelta, onde bilanciare l eccezionale potere del testatore di privare il legittimario del suo diritto ad una quota di eredità tacitandolo con il lascito di beni determinati. In conclusione, secondo la dottrina, pur ammettendo che l acquisto del legato è automatico ai sensi dell art. 649 c.c., nella peculiare ( e differente) ipotesi di legato in sostituzione è da intendersi legislativamente prevista l accettazione dello stesso per cui, prima di tale momento, non si verifica alcun trasferimento di diritti e, pertanto, se 5

6 il legato ha ad oggetto diritti immobiliari, in caso di rinuncia non si rende necessaria la forma scritta. Di segno contrario, pur muovendo dalla analisi ed interpretazione degli artt. 649 c.c. e 551 c.c. le argomentazioni della Suprema Corte a Sezioni Unite. Secondo la Corte l art. 649 c.c., nel prevedere espressamente che il legato si acquista senza bisogno di accettazione salva la facoltà di rinunciare, depone inequivocabilmente per l automaticità dell acquisto, con la conseguenza che l esercizio della facoltà di rinuncia comporta la dismissione di un attribuzione già acquisita al patrimonio del legatario ; analogamente, la previsione per cui la proprietà della cosa determinata o altro diritto appartenente al testatore si trasmette al momento della morte denota che l acquisto del legato di beni immobili avviene senza soluzione di continuità fin dal momento dell apertura della successione. In particolare, le Sezioni Unite riconoscono che in mancanza di conferma dell acquisto o di rinuncia si determina una situazione di incertezza che riguarda non già l acquisto del legato ma la stabilità del medesimo dal momento che il comportamento del legatario può rilevare sia come manifestazione della volontà di rendere definitivo ed irretrattabile l acquisto già verificatosi ex lege sia, all opposto, come manifestazione della volontà di spogliarsi del diritto e della qualità evenienza quest ultima che si verifica in materia di rappresentazione nella successione testamentaria, nel caso in cui l istituito non possa o non voglia accettare il legato. Da tali premesse consegue che per la rinuncia ad un legato avente ad oggetto beni immobili è necessaria la forma scritta ai sensi dell art c.c. n. e la circostanza per cui il bene oggetto del legato, a seguito della rinuncia, rientra nell asse ereditario deriva dal fatto che la rinuncia determina la risoluzione - con effetto retroattivo al tempo dell apertura della successione dell acquisto già avvenuto in favore del legittimario: la retroattività spiega il ripristino della situazione antecedente e tale fictio iuris opera come se l acquisto del legato da parte del legatario rinunciante non fosse mai avvenuto. Una volta inquadrata la natura giuridica e la ratio dell art. 649 c.c., le Sezioni Unite passano ad analizzare per poi inserirlo nel sistema già delineato - l art. 551 c.c. comma 1 sul legato sostitutivo: tale norma, prevedendo espressamente la rinuncia al legato quale condizione del diritto di conseguire la legittima, stabilisce che la volontà del legittimario di ottenere la sua quota di riserva è condizionata alla dismissione del legato in esame, e conferma la necessità della rinuncia ad esso, 6

7 rinuncia da manifestare quindi nella forma scritta qualora il legato abbia ad oggetto beni immobili. Anche in ordine al comma 2 - diversamente dalla ricostruzione operata dalla dottrina - la Corte chiarisce che l interpretazione più corretta dell espressione se preferisce conseguire il legato perde il diritto di chiedere il supplemento induce a ritenere che la perdita del diritto di chiedere il supplemento derivi non già da una manifestazione di volontà di acquistare il legato (invero non necessaria ai fini del conseguimento dello stesso) ma dalla mancata rinuncia, da effettuarsi nella forma scritta qualora il legato abbia ad oggetto beni immobili. Le Sezioni Unite incentrano il nucleo argomentativo della sentenza sulla evidente diversità, sul piano sostanziale, tra chiamato all eredità e legittimario cui sia stato attribuito un legato in sostituzione di legittima: in proposito, è decisivo rilevare che tale legato si colloca in un ottica alternativa a quella dell attribuzione della quota di riserva, non potendo dubitarsi che l istituto in esame, rispondente ad un esigenza di bilanciamento tra la tutela dei diritti del legittimario ed il riconoscimento della volontà del testatore di escludere quest ultimo dalla partecipazione alla comunione ereditaria, resta pur sempre caratterizzato da un attribuzione a titolo particolare di per sé svincolata da ogni riferimento alla concreta dimensione della quota di riserva che esonera il legatario da responsabilità per i debiti ereditari. Se non si dubita che il legittimario pretermesso acquista la qualità di chiamato all eredità solo dal momento della sentenza che accoglie la sua domanda di riduzione rimuovendo l efficacia preclusiva delle disposizioni testamentarie, a maggior ragione tali conclusioni sono avvalorate nell ipotesi disciplinata dall art. 551 c.c., laddove l esclusione del legittimario dalla delazione ereditaria è accompagnata da una disposizione in suo favore a titolo particolare in sostituzione della quota di legittima. Sulla scorta delle suggestive argomentazioni formulate, pertanto, le Sezioni Unite cassano con rinvio la sentenza enunciando il principio di diritto per cui il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto ai sensi dell art. 551 c.c. un legato avente ad oggetto beni immobili in sostituzione di legittima, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato in forma scritta ex art n. 5 c.c. 7

8 3. Corte di Cassazione, Sezione II, Sentenza n del 10 marzo 2011: immobili sulla carta e D. Lgs. n.122 del Con la sentenza in commento la Suprema Corte si pronuncia in tema di tutela degli acquirenti di immobili da costruire di cui al D. Lgs. n. 122 del 2005 delimitandone il perimetro oggettivo di applicazione. Nella specie, infatti, la Corte d appello aveva dichiarato nullo per violazione dell art. 6 D. Lgs. n. 122 del che prescrive i requisiti minimi necessari del preliminare di vendita di immobili da costruire - un preliminare di compravendita di un edificio cd. sulla carta ossia già allo stato di progetto ma per cui non è stato ancora richiesto il permesso di costruire o un titolo equipollente che, pertanto, non recava indicazione degli estremi del titolo abilitativo della costruzione o della sua richiesta. Il promissario acquirente propone ricorso in cassazione lamentando l applicazione oltre i limiti oggettivi di operatività del citato art. 6 D. Lgs. n. 122 del 2005 e la Suprema Corte, guidata dall interpretazione dell art. 1 del Decreto delegato, accoglie il ricorso cassando con rinvio la sentenza impugnata: essa ravvisa l error in iudicando della Corte d appello per avere applicato, alla peculiare fattispecie dell immobile su carta, la disciplina dettata dal Decreto 122 per le differenti e, come meglio si vedrà in seguito, non assimilabili ipotesi di immobili da costruire di cui all art. 1del Decreto delegato. Al fine di eliminare dubbi ed incertezze interpretative la Corte preliminarmente delinea la ratio dell intervento legislativo del 2005, che si propone di assicurare protezione alla persona fisica che, in qualità di acquirente o promissaria acquirente, stipula contratti aventi ad oggetto immobili da costruire o in costruzione, e introduce nuovi strumenti di tutela in un settore ove è statisticamente elevato sia il rischio di abusi o di gravi inadempienze da parte di chi aliena, sia il pericolo che per il costruttore sopravvenga una situazione di crisi che comporti la sua sottoposizione ad esecuzione immobiliare o ad una procedura concorsuale. Passando, quindi, a delineare l ambito oggettivo di applicazione della normativa contenuto nell art. 1 del Decreto Legislativo n. 122 del 2005 che definisce gli acquisti protetti - la Suprema Corte esplica il significato della locuzione immobili da costruire come tutti quegli immobili che si trovano in uno stadio di costruzione che si colloca tra i seguenti due momenti temporali della fase progettuale edificatoria: dal lato iniziale, dopo l avvenuta richiesta del permesso di costruire o l avvenuta 8

9 presentazione della denuncia di inizio attività; dal lato finale, prima del completamento delle finiture e della conseguente richiesta del certificato di agibilità. Il dato testuale - che contempla il riferimento alla presentazione del permesso di costruire come elemento iniziale dell arco temporale predetto - è sufficiente, rileva la Corte, ad escludere dall ambito di applicazione della disciplina di tutela il preliminare avente ad oggetto edifici esistenti solo sulla carta per i quali, come nella specie, non può essere prescritta a pena di nullità l indicazione degli estremi del titolo o della richiesta abilitativa alla costruzione. Nonostante si pronunci per la cassazione con rinvio della sentenza d appello, la Suprema Corte riconosce ai giudici di secondo grado il pregio di aver correttamente evidenziato le criticità del decreto legislativo nella parte in cui non se ne preveda l applicabilità agli immobili da costruire ancora allo stato di progetto (o sulla carta): ciò, infatti, palesa la inadeguatezza dello stesso ad assicurare quella tutela forte e completa del promissario acquirente di immobili da costruire per cui è stato emanato. In proposito, infatti, la Corte rileva che l immobile sulla carta, pur trovandosi ad uno stato progettuale, è anch esso da considerare in una prospettiva dinamica, ossia rispetto al quale è prevista una successiva attività edificatoria ad opera del venditore. Ed anche in una contrattazione sulla carta di immobile da costruire per il quale non sia stato neppure richiesto il permesso di costruire o presentata la denuncia di inizio attività, si pongono esigenze di tutela dell acquirente del tutto analoghe a quelle che, a salvaguardia della sicurezza dell acquisto dell immobile in costruzione, ricorrono allorchè la negoziazione si sviluppi in una vicenda nella quale l iter urbanistico è già iniziato. A parere del Collegio, infatti, dalla ingiusta ma dovuta, stante il chiaro tenore letterale dell art. 1 - mancata applicazione del decreto delegato agli immobili da costruire sulla carta, derivano le paradossali conseguenze per cui esso finisce col non operare proprio laddove è maggiore il rischio, per il promissario acquirente, che l immobile da costruire rimanga tale solo nelle intenzioni del costruttore e, inoltre, vengono legislativamente forniti al costruttore facili strumenti di elusione degli oneri ivi previsti, dal momento che quest ultimo ha facoltà di scegliere di stipulare il preliminare di compravendita prima di richiedere il provvedimento abilitativo, evitando di offrire la fideiussione e l assicurazione fideiussoria. Nella lucida analisi compiuta dai Giudici della Suprema Corte trova spazio altresì una riflessione sulla tesi sostenuta da una parte della dottrina la quale scorgendo 9

10 alla base del decreto in esame una ratio pubblicistica di lotta all abusivismo edilizio e di tutela del regolare funzionamento del mercato immobiliare leggendo a contrario l art. 1, vi scorge un divieto di stipula a pena di nullità assoluta per illiceità dell oggetto di preliminari di compravendita aventi ad oggetto immobili da costruire per cui il permesso di costruire non sia stato ancora domandato. In chiaro dissenso con questa dottrina, la Corte, non scorgendo alcuna immediata precettività nel tenore della norma di cui all art. 1 per attribuirvi, al contrario, valenza direttamente ed immediatamente definitoria, esclude che la norma in esame possa costituire un limite funzionale all autonomia contrattuale nei rapporti tra costruttore e promissario acquirente e afferma in proposito che se l intento primario fosse stato quello di predisporre un ulteriore strumento civilistico per la repressione dell abusivismo edilizio, da affiancare a quello discendente dall art. 46 D.P.R. 380/2001, allora il legislatore avrebbe dovuto, per coerenza sistematica, esigere, come presupposto dell applicabilità della disciplina, non già la presentazione della richiesta del permesso di costruire, ma l ottenimento del titolo edilizio. La Corte non manca di sottolineare gli effetti devastanti sui traffici giuridici dell eventuale concreta operatività della tesi sull incommerciabilità degli immobili da costruire prima della richiesta del permesso, da cui discenderebbe la dichiarazione di nullità di svariati (e molto frequenti nella prassi commerciale) accordi come quello di specie, nel quale le parti non hanno inteso programmare la costruzione e l acquisto di un immobile abusivo, ma hanno soltanto inteso differire ad un momento successivo l attivazione delle pratiche per l ottenimento del titolo edilizio e per la realizzazione di un edificio nel rispetto delle normative urbanistiche vigenti. Ben si comprendono, pertanto, le ragioni sistematiche e testuali per cui non potrebbero essere dichiarati nulli i preliminari di compravendita stipulati prima della richiesta di permesso: sotto il profilo sistematico, infatti, la nullità del contratto rappresenterebbe una reazione dell ordinamento senz altro sproporzionata rispetto agli interessi costituenti l assetto negoziale voluto e configurato dalle parti; sotto il profilo testuale, inoltre, manca nel decreto 122 l espressa previsione di un divieto di stipula per cui, comunque, dal testo normativo non potrebbe farsi discendere l impossibilità di stipulare contratti con effetti meramente obbligatori aventi ad oggetto edifici sulla carta, per i quali non sia stato ancora richiesto il permesso di costruire. Seguendo un ideale traiettoria circolare, la Suprema Corte conclude l analisi sul Decreto legislativo n. 122/2005 ritornando sulla valenza puramente definitoria dell art. 10

11 1 e sulla chiarezza letterale della relativa formulazione, per affermare come di questo sia preclusa ogni interpretazione adeguatrice che, in nome dei principi costituzionali, ricomprenda nell ambito definitorio ed applicativo del citato decreto il preliminare di vendita di edifici soltanto progettati. Sussiste in merito, secondo la Suprema Corte, l error in iudicando della Corte d appello e la sentenza viene cassata sulla scorta del principio per cui poiché al momento della stipula del preliminare l immobile da costruire era esistente solo sulla carta, ma non era ancora stato neppure richiesto il permesso di costruire o presentata la D.I.A., l immobile negoziato non rientra tra quelli oggetto del presente decreto (art. 6 D. lgs. cit. ) perché non ricade nell intervallo temporale che consente di intenderlo da costruire ai fini dell applicazione della normativa introdotta dal D. lgs. 122/2005. Alla Corte d appello era pertanto precluso, versandosi al di fuori dell ambito oggettivo di operatività del decreto legislativo, interrogarsi sulle conseguenze derivanti dall inosservanza della norma di cui all art. 6 che, con riguardo al contenuto minimo del contratto avente ad oggetto un immobile da costruire, prescrive che esso deve contenere.. gli estremi del permesso di costruire o della sua richiesta se non ancora rilasciato, nonché di ogni altro titolo, denuncia o provvedimento abilitativo alla costruzione. 11

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