Capitolo 11 IL GOVERNO DELLE PERSONE NELLE ORGANIZZAZIONI. GLI APPROCCI DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE

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1 Capitolo 11 IL GOVERNO DELLE PERSONE NELLE ORGANIZZAZIONI. GLI APPROCCI DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE di Michela Marchiori Sommario: Obiettivi del capitolo I ruoli di governo delle persone in azienda: un inquadramento storico Human Resource Management: l approccio dominante nella letteratura manageriale I caratteri distintivi dello Human Resource Management Le origini teoriche della gestione delle risorse umane La diffusione dell approccio nella pratica aziendale Sintesi del capitolo OBIETTIVI DEL CAPITOLO Questo capitolo è dedicato al tema del governo delle relazioni d impiego e all illustrazione dell approccio noto come Gestione delle risorse umane (Human Resource Management) che, introdotto circa trenta anni fa in letteratura, ha conosciuto un notevole successo sia con riferimento al numero di pubblicazioni sia alla sua adozione nella pratica aziendale, tanto da diventare l approccio dominante a livello globale (Price, 2011). L obiettivo è di fornire un inquadramento del tema sotto il profilo storico, teorico e della pratica professionale, illustrando: l evoluzione della posizione e delle attività di coloro che in azienda occupano ruoli diretti al governo del personale (11.1), l origine storica e le motivazioni alla base dell emergere della Gestione delle Risorse Umane (11.2), i caratteri distintivi dell approccio (11.3), le radici teoriche (11.4), la diffusione nella pratica aziendale (11.5). Non vengono presentati i contenuti delle attività di gestione del personale né illustrate le tecniche operative. Per tali argomenti si rinvia ai manuali disponibili in letteratura I RUOLI DI GOVERNO DELLE PERSONE IN AZIENDA: UN INQUADRAMENTO STORICO Per raggiungere i propri obiettivi ogni realtà, che fa ricorso al lavoro organizzato di più persone, deve occuparsi del governo delle relazioni d impiego dei propri collaboratori. Tale questione, imprescindibile per qualsiasi impresa, profit o no profit, di piccola o grande dimensione, è stata affrontata storicamente con differenti approcci e finalità. La scelta di uno specifico approccio è connessa, oltre che alla visione del rapporto uomo-lavoro che caratterizza la singola realtà, alle condizioni legislative, politiche e sociali che condizionano e influenzano le relazioni tra prestatori di lavoro e richiedenti lavoro in una nazione e in un determinato periodo storico. 1

2 In questo paragrafo affrontiamo l analisi degli approcci al governo delle relazioni d impiego identificabili sotto l etichetta di Gestione del Personale (People Management) che si sono affermati nei paesi anglosassoni (Gran Bretagna e Nord America) a partire dalla fine del secondo dopoguerra del secolo scorso e sono diventati un modello di riferimento per le imprese a livello globale. Per dar conto, in modo sintetico, della varietà di approcci riconducibili alla prospettiva di gestione del personale, si può far ricorso all evoluzione del ruolo ricoperto dagli addetti al personale (in termini di compiti attribuiti e status aziendale), guardando alla realtà anglosassone europea e d oltreoceano. Un esempio indicativo di tale evoluzione è rappresentato nella fig. 1, dove sono evidenziate le diverse denominazioni attribuite nel corso di un secolo alla più antica associazione britannica di professionisti del personale che, costituita nel 1913, conta oggi più di membri distribuiti in 120 paesi del mondo. 1 Fig. 1 qui : l ingresso in azienda dei welfare officer o welfare worker L inserimento di persone con compiti di assistenza e supporto ai lavoratori (welfare worker) viene promosso come forma di tutela dei segmenti più deboli della forza lavoro (donne e bambini), assunti in misura crescente nelle fabbriche inglesi per sostituire la forza lavoro maschile impegnata nell attività bellica. Ponendosi in una posizione di mediazione tra lavoratori e capi reparto, piuttosto che membri della direzione aziendale, gli addetti al personale sono considerati, in questa fase, employee advocate, per il loro ruolo di difesa e miglioramento delle condizioni di salute di donne e bambini deteriorate dai ritmi di lavoro e dalle modalità di organizzazione taylorista-fordista (Price, 2011). - Gli anni 30 e 40: labour o employer manager L origine della gestione del personale come attività specialistica della direzione aziendale si può far risalire al 1883 quando negli Stati Uniti D America viene istituito un ufficio centrale (O.P.M. Office Personnel Management) con il compito di introdurre criteri meritocratici nella gestione dei dipendenti del governo federale (si veda In Europa i primi uffici del personale con orientamento amministrativo/gestionale vengono istituiti negli anni 30 del secolo scorso per seguire le attività di reclutamento, dimissione, gestione delle assenze delle masse di lavoratori impiegati nei settori cantieristico, siderurgico e nelle miniere di carbone. Inoltre, alcune grandi imprese britanniche operanti nei nuovi settori industriali cominciano a introdurre sistemi di incentivazione (pensioni e ferie pagate) da erogare ai propri dipendenti allo scopo di attrarre e trattenere la forza lavoro migliore e aumentare la produttività del lavoro. Nella fase di ripresa economica successiva alla seconda guerra mondiale, gli uffici del personale vengono inseriti in tutte le grandi imprese private e pubbliche. Si occupano di aspetti amministrativi, fiscali, retributivi e, sulla scia dei risultati delle 1 Un altra importante organizzazione professionale in questo campo è la statunitense Society for Human Resource Management, alla quale sono iscritti membri. 2

3 ricerche svolte da Elton Mayo ad Hawthorne (si veda cap. 10), introducono servizi di assistenza e counselling nei confronti del personale, integrando le attività di employer manager e di welfare worker. Le competenze richieste sono di natura giuridica e amministrativa per garantire la conformità delle regole aziendali alle norme sulla legislazione del lavoro che iniziano ad affermarsi in quegli anni nei paesi occidentali. Si fa, inoltre, ricorso a conoscenze di ambito psicologico-sociale per lo studio delle condizioni di lavoro e la realizzazione di indagini sui motivi di soddisfazione e lamentela dei lavoratori. In Italia, un esperienza pionieristica in tema di gestione del personale è rappresentata dall azienda Olivetti che nel 1950 istituisce un Centro di Psicologia, affidandone la direzione allo psicologo del lavoro Francesco Novara. Le ricerche condotte dal Centro di Psicologia segnano l ingresso nel nostro Paese delle discipline psicologico-sociali per lo studio e l intervento sull organizzazione del lavoro (Marchiori, 2011). Esse sono alla base della sperimentazione in Olivetti di politiche innovative nel campo della selezione (introduzione di colloqui psicologici accanto ai tradizionali test attitudinali), del sostegno e recupero dei lavoratori caratterizzati da disturbi psico-fisici, sorti in seguito al lavoro sulla catena di montaggio, della definizione di politiche di organizzazione del lavoro dirette a modificare l impostazione taylorista-fordista (introduzione delle isole di produzione) (Novara, Rozzi, Garruccio, 2006). - Gli anni del dopoguerra e del boom economico: l affermazione del personnel manager Per i Paesi Occidentale il ventennio successivo alla seconda guerra mondiale rappresenta un periodo di crescita economica e di aumento dell occupazione. Le attività del personale acquistano la propria identità specialistica che in azienda si manifesta con l istituzione di unità organizzative autonome aventi una responsabilità diretta sulle politiche del personale (direzioni del personale). Il focus delle attività passa dagli aspetti amministrativi alla gestione delle motivazioni e dei comportamenti delle persone, secondo le indicazioni fornite dagli studi sulle motivazioni (Maslow, 1943, 1954) e sulle risorse umane (McGregor, 1960) elaborati nell ambito degli indirizzi di neorelazioni umane (si veda cap. 10). In Italia, in questo periodo nascono i primi corsi di specializzazione in gestione del personale, i primi testi in materia, le prime associazioni. Nel 1960 viene fondata l AIDP (Associazione Italiana dei Direttori del Personale). Le politiche si articolano e si arricchiscono di nuovi contenuti con l obiettivo di intervenire su tutte le fasi del ciclo di vita delle persone in azienda (si veda fig. 2). La strumentazione di cui si dispone per realizzare le attività diventa più complessa, raggiungendo gradi di sofisticazione tecnica anche molto elevati, il cui utilizzo richiede il ricorso ad esperti con competenze di tipo psicologico, come nel caso delle tecniche di selezione e di valutazione dei comportamenti e del potenziale. Gli addetti al personale, generalmente collocati in posizione di staff del vertice aziendale, hanno il compito di fornire ai manager di line gli strumenti specialistici per la gestione delle persone (reclutamento e selezione dei candidati per posizioni vacanti, predisposizione di schede per la valutazione della prestazione o del potenziale, definizione di sistemi per la retribuzione incentivante, analisi del clima e della soddisfazione dei lavoratori). La specializzazione professionale ha conseguenze sulla strutturazione delle direzioni del personale (d ora in avanti DP) che, nelle delle grandi corporation, sono organizzate, secondo una logica funzionale, per aree d intervento 3

4 (amministrazione, reclutamento/selezione/inserimento, retribuzione, formazione e sviluppo, relazioni industriali, protezione e prevenzione della salute), con ricadute sulla preparazione e sulla cultura degli addetti al personale, ai quali è richiesta una conoscenza generica sul business ed elevata sugli aspetti tecnici della professione. Inserire fig 2 d) Gli anni del conflitto industriale : industrial relation manager Le condizioni di piena occupazione, che caratterizzano i paesi occidentali dalla metà degli anni 60 fino alla crisi petrolifera del 1973, favoriscono un aumento del potere contrattuale dei lavoratori e dei sindacati che li rappresentano. In Italia, il sindacato entra di diritto in azienda nel 1966, quando sono istituite le Commissioni Interne che progressivamente vengono sostituite dai Consigli di fabbrica e dalle RSA - Rappresentanze Sindacali Aziendali (secondo quanto previsto dall art. 19 dello Statuto dei lavoratori). Si registra in quegli anni un ampia diffusione della contrattazione nei luoghi di lavoro che interessa aziende, singoli reparti e stabilimenti (Giugni, 2012). Le esigenze di recupero salariale e di miglioramento delle condizioni di lavoro degli operai a bassa qualificazione che, dopo un decennio di sviluppo dell industria di massa, costituiscono la componente centrale della forza lavoro operaia, portano i sindacati ad aprire una stagione di lotte che verrà ricordata con la dizione di autunno caldo del Le rivendicazioni contrattuali poste al centro di tali lotte (aumenti dei salari uguali per tutti, parificazione normativa tra impiegati ed operai, riduzione dell orario e dello straordinario), saranno alla base del sistema di classificazione dei lavoratori noto come Inquadramento Unico, introdotto per la prima volta nel contratto nazionale dei metalmeccanici nel dicembre 1969 e rappresenteranno uno stimolo per l approvazione della legge n. 300 del 1970, Statuto dei lavoratori, che ancora oggi costituisce una delle leggi fondamentali del diritto del lavoro in Italia 2. In questa fase, la figura dell addetto al personale svolge un ruolo di mediazione tra gli interessi contrastanti dell azienda e dei lavoratori. L efficacia della sua attività si misura nella capacità di concludere accordi sindacali a costi non troppo onerosi per l azienda ma in grado di garantire tregue temporanee rispetto alla costante conflittualità che caratterizza in questo periodo le relazioni interne all impresa (Storey, 2007, pag. 8). Negli anni della contestazione ( ), le DP delle grandi imprese acquistano legittimità dal riconoscimento del proprio ruolo di negoziatori, incaricati di ottenere, attraverso la contrattazione aziendale, il consenso sulla gestione e sugli obiettivi aziendali necessario a permettere alle imprese di svolgere la propria attività. Nelle piccole imprese prevalgono modalità di gestione della forza lavoro unilaterali; la ricerca del consenso si realizza tramite relazioni dirette con i lavoratori. Solo in alcune realtà, particolarmente dinamiche e innovative, (in Italia, ad esempio, nelle imprese a partecipazione statale e nelle piccole imprese dei distretti industriali), si sviluppano forme di coinvolgimento e di partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori alla vita dell impresa che consistono nell istituzione di diritti di informazione e di diritti 2 Per un approfondimento della legislazione sul lavoro e del diritto sindacale in Italia si vedano, ad esempio, Del Punta, 2011 e Giugni,

5 di consultazione sui programmi di investimento e sulle soluzioni di organizzazione del lavoro, dando vita alla c.d. partecipazione contrattuale dei lavoratori (Regini, 90). e) Seconda metà degli anni 80 e primo decennio del XX secolo: human resource manager La crisi energetica del 1979, le politiche di deregolamentazione dei mercati, l ingresso dei paesi asiatici nella competizione mondiale, le ristrutturazioni aziendali finalizzate ad un aumentare la capacità competitiva delle imprese, le conseguenze sull andamento del mercato del lavoro con aumento generalizzato dei tassi di disoccupazione sono alcuni dei fattori che portano negli anni 80 del secolo scorso ad una nuova configurazione dei rapporti di forza tra le parti sociali e ad una riduzione della capacità di potere contrattuale da parte delle organizzazione dei lavoratori. Questa tendenza si avverte soprattutto nei paesi anglosassoni, dove le politiche neoliberiste dei governi di Margaret Thatcher in Gran Bretagna e di Ronald Reagan negli Usa determinano un forte ridimensionamento del ruolo delle organizzazioni sindacali e una della crescita del potere manageriale nella determinazione delle condizioni contrattuali e di lavoro all interno delle aziende. Nelle grandi corporation si assiste ad un cambiamento del focus nel governo delle relazioni di lavoro dalla contrattazione collettiva alla gestione diretta delle relazioni individuali tra impresa e lavoratore. Le DP sono chiamate a sviluppare nuove tecniche di gestione delle persone in grado garantire un maggior collegamento tra comportamenti dei lavoratori, prestazioni fornite e obiettivi aziendali. Accanto agli addetti del personale che continuano a svolgere trattative con le Organizzazioni Sindacali e operano nelle varie attività specialistiche del personale, emerge, in questo periodo, una nuova categoria di manager che lavora a stretto contatto con il vertice aziendale con il compito di elaborare progetti innovativi di sviluppo del personale a sostegno della realizzazione del business aziendale (human resource manager). La nuova figura è destinata progressivamente a sostituire il tradizionale addetto al personale (personnel manager) nei cui confronti vengono rivolte critiche di scarsa affidabilità (per l insufficiente conoscenza del business), ambiguità del ruolo (in ragione dello svolgimento di compiti scarsamente connessi tra loro) e marginalità nei processi di contribuzione (essendo difficile misurare la performance e valutare il contributo fornito al raggiungimento degli obiettivi aziendali) (Storey, 1989). Nella visione che accompagna il cambiamento del profilo di ruolo previsto per il HR manager, le persone sono considerate risorse umane e le politiche del personale diventano gestione strategica delle risorse umane in quanto in grado di incidere sui risultati aziendali. Rispetto al personnel manager, il gestore delle risorse umane deve diventare un architetto delle politiche di gestione delle risorse (Tyson, 1989), spostando il proprio focus (e quindi le sue competenze) dall operatività quotidiana alla ricerca di modalità efficaci attraverso le quali integrare le persone nel business aziendale. La sua professionalità deve svilupparsi in primo luogo sugli aspetti di gestione dell azienda (deve essere un profondo conoscitore del business) e, in secondo luogo, sugli aspetti tecnici, evitando una focalizzazione eccesiva su approfondimenti specialistici. Schuler (1990) afferma che, adottando un approccio Human Resource Management (d ora in avanti HRM), i responsabili del personale hanno l opportunità di 5

6 passare da un ruolo di employee advocate e di administrative expert (associati alla figura del personnel manager) ad un ruolo di business partner e change agent, potendo aspirare ad entrare a far parte del top management aziendale HUMAN RESOURCE MANAGEMENT: L APPROCCIO DOMINANTE NELLA LETTERATURA MANAGERIALE Secondo Price (2011), l origine dell approccio HRM può essere fatta risalire ai primi anni 80 del secolo scorso, quando Harvard Business School e Michigan Business School avviano i primi MBA sul tema, proponendo due proposte per l interpretazione e la gestione delle risorse umane che diventeranno punti di riferimento per molti altri corsi in Nord America e nel resto del mondo, influenzeranno la pratica di gestione delle persone nelle aziende e saranno assunti come schemi teorici e normativi di riferimento dalla letteratura sul tema diventando noti, come le due varianti, rispettivamente, soft (Beer et al., 1984) e hard (Tichy et al., 1982) dell approccio HRM. Un idea della diffusione di questo approccio in letteratura si può ricavare dalla crescita del numero di pubblicazioni sul tema. Come afferma Storey (2007), uno dei primi studiosi dello HRM, fino al 1980 il termine human resource non era praticamente utilizzato, nel monografie contenevano nel titolo questa parola chiave e dieci anni dopo erano salite a Nel 2006 si registravano 1683 pubblicazioni sul HRM con un incremento del 327% rispetto al La sua applicazione riguarda tutti i settori dell economia (con una crescente diffusione anche nel comparto dell ospitalità e del settore pubblico) e le principali nazioni del mondo (oltre che nei Paesi occidentali e anglossassoni, dove ha avuto origine, monografie sul tema sono state pubblicate in Cina, Russia, India e recentemente in Medio Oriente ). La crescita del numero di pubblicazioni è alimentata solo in parte dagli studi di accademici e ricercatori; la maggioranza dei contributi proviene da consulenti, practioner e management guru che hanno avuto un ruolo decisivo nell affermare l approccio come una moda manageriale di grande successo. Circa le motivazioni alla base della sua origine, l approccio HRM rappresenta parte integrante del cambiamento nelle politiche e nei metodi di gestione delle imprese che si è affermato verso la fine del secolo scorso e che trova le sue ragioni fondamentali nel mutamento dello scenario economico internazionale e nella globalizzazione dei mercati. L incertezza crescente che le imprese dei Paesi occidentali si trovano ad affrontare nel nuovo contesto competitivo, segnato dall ingresso nei mercati tradizionali delle imprese giapponesi e di altri paesi orientali, ha spinto verso la ricerca di tecniche gestionali e soluzioni organizzative capaci di rendere l impresa più flessibile, ossia in grado di rispondere meglio e in maniera rapida alle mutevoli esigenze della clientela e alle variazioni del mercato. Questi approcci, definiti in letteratura con il termine postfordismo, per segnare una discontinuità rispetto alle soluzioni tipiche della fase fordista dell economia, e influenzati dalle pratiche manageriali giapponesi (japanization) presentano un denominatore comune: la centralità delle persone e l esigenza di un loro attivo coinvolgimento come condizione necessaria per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. In questa fase caratterizzata da una forte incertezza ambientale, le persone e le loro competenze acquistano una nuova rilevanza in quanto vengono considerate come 6

7 fonte del vantaggio competitivo ed elemento tra i fattori produttivi dell impresa che realmente può fare la differenza (Storey, 2001). Come si vedrà oltre, presentando le origini teoriche degli studi di HRM (si veda par. 11.4) convergono su questo pensiero sia gli studi di teoria dell impresa, in particolare i contributi che si ispirano alla Resource Based View, gli approcci organizzativi degli anni 60 (la scuola delle Risorse Umane e gli studi sociotecnici finalizzati all umanizzazione delle situazioni di lavoro) e i contributi fondativi del Total Quality Management. In questi contributi le persone sono considerate risorse umane (human resources) che l impresa deve valorizzare, motivare e coinvolgere al fine di ottenere la loro collaborazione. Molto si è discusso in letteratura sull assunzione, con riferimento alle persone, del termine risorsa che, tradizionalmente, in economia, è utilizzato per riferirsi a materie prime, denaro, impianti o strumenti di lavoro. Se considerato da un punto di vista economico-aziendale, il concetto di risorsa umana porta a riconoscere la centralità delle persone per il conseguimento dei risultati aziendali sotto un duplice aspetto. In quanto portatrici di conoscenze, capacità e competenze le persone possono essere considerate parte dell attivo di bilancio, un patrimonio di know how unico e inimitabile che l impresa deve saper valorizzare, trattenere e sviluppare attraverso politiche adeguate. Da qui l attenzione rivolta alle motivazioni, il coinvolgimento, la formazione e lo sviluppo delle persone, ossia ai c.d. aspetti soft delle politiche del personale. Da un'altra prospettiva, le persone rappresentano una tra le voci di costo più rilevanti del bilancio di un impresa, la cui entità va tenuta sotto controllo per evitare che possa influenzare negativamente i suoi progetti di sviluppo e di crescita. Da questo punto di vista diventano rilevanti politiche quali il dimensionamento degli organici (staffing), la selezione, la gestione della performance, la valutazione e il monitoraggio costante dei risultati. Queste considerazioni aiutano a comprendere perché le decisioni relative alle politiche del personale assumono nell approccio HRM una rilevanza strategica tale da farle rientrare tra le business issues, ossia tra le questioni che devono essere affrontate dal vertice aziendale poiché in grado di produrre conseguenze importanti per la sopravvivenza e per il successo dell impresa. Come ha scritto Fowler (1987, p. 3) HRM represents the discovery of personnel management by chief executives. Più in generale, l approccio HRM rientra nel processo di evoluzione degli studi di management che vedono la gestione delle risorse umane come parte integrante dell attività di un manager di qualsiasi livello I CARATTERI DISTINTIVI DELL APPROCCIO HUMAN RESOURCE MANAGEMENT Come spesso accade nel management e nel campo degli studi organizzativi, anche per la gestione delel risorse umane non esiste una stipulazione univoca e definitiva ma sono presenti molteplici e differenti definizioni. Poiché come si è detto, l approccio HRM è un tema di interesse prioritario per le società di consulenza, la varietà di definizioni presente in letteratura è riconducibile alla molteplicità di varianti elaborate allo scopo di rendere visibile ai potenziali committenti la specificità del proprio contributo. 7

8 Tra le alternative disponibili, abbiamo scelto la definizione di Storey, che insieme a Guest (1987), è stato tra i primi studiosi ad approfondire il dibattito sulla gestione delle risorse e successivamente ha fornito un importante contributo per la sistematizzazione della letteratura, pubblicando numerosi volumi e manuali sul tema. Per Storey (1995 p. 5) Human resource management is a distinctive approach to employment management which seeks to obtain competitive advantage through the strategic deployment of a highly committed and skilled workforce, using an array of cultural, structural and personnel techniques. Un aspetto centrale in questa definizione è l affermazione della specificità dell approccio HRM. Nel linguaggio corrente, come nota l autore, il termine HRM è usato in due modi: per indicare qualsiasi approccio al governo delle persone condotto in un ottica manageriale, oppure per riferirsi ad una specifica forma di governo delle persone, sviluppata secondo peculiari modalità. Considerandolo come un fenomeno storicamente situato, Storey concepisce l HRM come un approccio specifico che si è affermato in un particolare momento storico ed è stato proposto quale alternativa alle modalità tradizionali di gestionale del personale utilizzate nell era fordista (Personnel Management e Industrial Relation). La peculiarità dell approccio può essere fatta risalire ad alcune caratteristiche distintive (Storey, 2007), elementi comuni (Price, 2011) o concetti chiave (Sisson, 1990) che si rintracciano nelle molteplici varianti sul tema e sono condivise dagli autori. A) L idea che sono le risorse umane e il loro coinvolgimento nell attività d impresa a distinguere le organizzazioni di successo dalle altre. Nell attenzione da rivolgere alle persone, considerate fonte di vantaggio competitivo, l obiettivo dell impresa non è più di cercare di ottenere dai dipendenti la conformità alle regole e ai comportamenti prescritti (come previsto dall approccio fordista-taylorista) ma di stimolare nei lavoratori l esercizio della discrezionalità nello svolgimento del ruolo per rispondere all esigenza di flessibilità che le nuove condizioni competitive richiedono all impresa. Tra le varianti di HRM, il modello di Harvard (Beer et al., 1984) e gli approcci High Commitment Work Systems (Walton, 1985) o High Performance Work Practices (Pfeffer, 1994) sono definiti soft poiché, rifacendosi alla scuola delle risorse umane, si focalizzano sull aspetto umano delle persone e sottolineano la necessità di politiche volte a conquistare il loro attivo coinvolgimento e la partecipazione alle finalità dell impresa (procedure accurate di selezione, programmi intensivi di formazione, mobilità interna, forme di ricompensa individualizzata e variabile, misure di comunicazione e coinvolgimento). Riferendosi ai principi della progettazione sociotecnica del lavoro, tali approcci suggeriscono, inoltre, l introduzione di soluzioni organizzative dirette a favorire l esercizio della discrezionalità e la responsabilità sui risultati (team-work) e l apprendimento continuo (attraverso sistemi di sviluppo delle competenze individuali e sistemi di ricompensa basati sul riconoscimento delle competenze acquisite) si veda cap B) l affermazione di uno stretto collegamento delle politiche del personale con la strategia aziendale. Il riconoscimento dell influenza che le politiche del personale possono produrre sui risultati aziendali (in termini di riduzione/aumento dei costi e di possibilità o meno di raggiungere le prestazioni desiderate) fa sì che la definizione della 8

9 loro impostazione rientri nell agenda del vertice aziendale. L approfondimento di questo aspetto si deve soprattutto agli studi noti come Strategic Human Resource Management (SHRM) (Fombrun et al., 1984) o c.d. modelli hard che, tra le varianti di HRM, pongono particolare attenzione alla ricerca della modalità con cui realizzare integrazione/coerenza/allineamento tra decisioni sul personale e scelte strategiche. Nella maggior parte di questi contributi, la relazione tra le variabili (contesto competitivo, strategia aziendale e politiche del personale) ha natura lineare o sequenziale e la coerenza tra di esse viene interpretata come adattamento della strategia al contesto (external fit) e adattamento/integrazione delle politiche del personale alla strategia (strategic fit). Gli studi prefigurano una relazione di tipo strumentale tra HRM e strategia che implica la scelta delle politiche più adatte (best fit) a soddisfare i requisiti dei piani strategici d impresa (Price, 2011). Secondo Storey (2007, pag. 10), solo alcuni contributi sostengono che le politiche di HRM non derivano sequenzialmente dai piani strategici aziendali ma possono contribuire a definire e plasmare la strategia aziendale, configurando quello che Camuffo e Costa (1993) definiscono l approccio costitutivo della gestione delle risorse umane alla strategia. All interno dello SHRM si è inoltre sviluppata un ampia letteratura, soprattutto di origine empirica, che indaga il rapporto tra politiche e performance e che analizza aspetti quali: gli effetti dei sistemi del personale adottati dalle imprese sulla performance finanziaria (Huselid, 1995, Becker, Huselid, 1999 Ichniowski et al. 1997), le conseguenze di singole pratiche (sistemi di incentivazione, sistemi di ricompensa basati sulle competenze, ecc.) sulle performance individuali e/o complessive dell impresa, la relazione tra struttura di ricompensa dei top manager e performance d impresa, il rapporto tra particolari varianti o modelli di HRM e il livello di soddisfazione dei dipendenti. Gli studi che rientrano in questo filone appartengono ai modelli hard di HRM, poiché enfatizzano le ricadute delle politiche sui risultati aziendali. Dal punto di vista delle politiche operative l attenzione è rivolta ad attività quali pianificazione e dimensionamento degli organici, reclutamento e selezione, retribuzione e gestione delle performance individuali. C) Il riconoscimento del ruolo critico della linea manageriale nella gestione del personale. La centralità assunta dalle persone nelle nuove teorie d impresa e negli studi di management implica, sul piano della pratica, l attribuzione ai manager di compiti e responsabilità di gestione dei propri collaboratori. A differenza del Personnel Management, che considera la gestione del personale come un attività specialistica svolta da professionisti del personale, l approccio HRM promuove questa attività come una responsabilità che deve essere diffusa nell azienda e assunta dal manager di line di qualsiasi livello. I capi intermedi diventano snodi fondamentali per la consegna e l efficace comunicazione ai dipendenti delle politiche di HRM definite dalla DP. Il loro ruolo assume rilievo nelle attività di gestione delle performance individuali, nell analisi e valutazione delle competenze individuali, nell individuazione dei fabbisogni formativi, nella gestione del clima e nelle attività di comunicazione. Una conferma della criticità del ruolo dei capi intermedi nel governo delle risorse umane si ricava considerando che la maggior parte delle attività di formazione e di sviluppo del personale, svolta nelle grandi imprese negli ultimi tempi, è focalizzata sui profili manageriali. Il fine di questi investimenti formativi è di rafforzare e diffondere nel management di line le attitudini alla leadership, l orientamento alla delega, le capacità di promozione del lavoro di gruppo (team-building), l abitudine alla valutazione di comportamenti e prestazioni. 9

10 Dal punto di vista della configurazione organizzativa della DP, l attribuzione ai manager di line di compiti operativi in materia di personale implica la trasformazione della DP in un centro di servizi che fornisce alla line strumenti e soluzioni elaborati su misura (segmentazione dei clienti interni) e in un business partner che lavora, a stretto contatto con il vertice, per la definizione e l impostazione delle politiche del personale più adeguate al piano d impresa. Nell ambito degli studi di HRM, alcuni autori hanno approfondito il cambiamento del ruolo della DP all interno dell impresa in relazione all evoluzione degli approcci di gestione delle persone. Si veda ad esempio la classificazione elaborata da Ulrich (1997b) descritta in fig. 5. D) Lo sviluppo di un sistema integrato e coerente di attività del personale e di soluzioni di organizzazione del lavoro. Dal punto di vista delle politiche operative, uno dei più importanti messaggi introdotti dall approccio HRM riguarda l importanza di perseguire l allineamento e la coerenza tra le diverse politiche del personale, che devono essere concepite come un sistema integrato volto a soddisfare i bisogni dei clienti interni. Questo aspetto è stato sviluppato soprattutto negli studi di SHRM, nei contributi di internal marketing (Marchiori, 2001) e recentemente con la logica del total reward system (Torre, 2011). Si avverte l esigenza di superare la frammentazione delle attività di gestione delle persone (tipica del Personnel Management) e di guardare ai diversi segmenti in cui può essere articolata la popolazione aziendale (famiglie professionali o particolari categorie di lavoratori - persone con alto potenziale, giovani neoassunti, lavoratori anziani, donne, ecc. -) per costruire soluzioni di organizzazione del lavoro e di politiche del personale integrate e coerenti con i fabbisogni di ciascun target (internal fit) e tali da consentire l allineamento dei loro comportamenti alle esigenze strategiche (external fit). In questi studi, la cultura aziendale viene riconosciuta come una leva fondamentale per influenzare i comportamenti dei dipendenti, in quanto in grado di incidere sui loro atteggiamenti, valori e credenze. Ampio spazio è dedicato alla trattazione del tema, suggerendo di inserire nella cassetta degli attrezzi del manager del XXI secolo anche strumenti e tecniche per la gestione del cambiamento culturale, secondo le indicazioni fornite già negli anni 70 del secolo scorso dagli studiosi di Organizational Development (French, Bell, 1973) LE ORIGINI TEORICHE DEGLI APPROCCI DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE Nella vasta letteratura sulla gestione delle risorse umane, rari sono i contributi che affrontano la questione del quadro teorico su cui si basano gli studi (Solari, 2004). Tuttavia, come afferma Price, è importante rilevare che anche l approccio HRM non nasce dal nulla (2011, pag. 2) ma affonda le proprie radici in una vasta gamma di teorie elaborate in differenti ambiti disciplinari (psicologico-sociale, sociologico, manageriale ed economico). Questo paragrafo si propone di ricostruire le origini dei concetti e delle logiche descritti nei paragrafi precedenti, anche allo scopo di evidenziare come le idee sviluppate nei contributi di HRM siano in gran parte ripresi dagli studi organizzativi elaborati a partire dagli anni 60 del secolo scorso. Nella fig. 3 sono elencate le teorie che costituiscono i principali punti di riferimento per la riflessione teorica sulla gestione delle risorse umane. 10

11 Una trattazione completa del tema richiederebbe uno spazio ben più ampio. In questa sede ci limitiamo a richiamare alcuni concetti base al fine di inquadrare il contributo fornito da queste teorie allo sviluppo degli studi sulla gestione delle risorse umane. Inoltre, poiché molte delle teorie indicate nell elenco sono illustrate in altre parti del manuale, ad esse faremo puntuale riferimento per approfondimenti. Inserire fig GLI STUDI ORGANIZZATIVI: GLI INDIRIZZI DI NEORELAZIONI UMANE Gli studi condotti ad Hawthorne negli anni 30 da Elton Mayo e dai suoi collaboratori (Mayo, 1933; Roethlisberger e Dickson, 1939), la corrente di studi sulle motivazioni inaugurata da Maslow (1943, 1954) e da Herzberg et al. (1959, 1966), gli studi sui comportamenti di ruolo di Katz e Kahn (1966), il contributo di McGregor (1960) possono essere senza dubbio considerati il quadro teorico di riferimento essenziale per lo sviluppo di un approccio al governo delle relazioni di lavoro in un ottica manageriale. Le indicazioni normative contenute in tali studi rappresentano i primi esempi di pratiche formali di gestione delle persone. Gli indirizzi di neo-relazioni umane, antichi e recenti, nello studio dei rapporti tra l uomo e il lavoro, condividono un impostazione che può essere sintetizzata nei seguenti punti. - L interesse verso lo studio dei comportamenti umani sul lavoro (comportamento organizzativo) e la ricerca di modalità per influenzare tali comportamenti al fine di allinearli alle esigenze dell imprese (orientamento normativo degli studi). - L interpretazione del comportamento umano come risultato di processi psicologici cognitivi e percettivi (motivazioni) che spingono l individuo ad agire, nei luoghi di lavoro, in una certa direzione al fine di ottenere la soddisfazione dei propri bisogni. - I bisogni delle persone sono collocati lungo una scala gerarchica, al cui estremo superiore si trovano i bisogni dell ego e di stima (fiducia di sé, ricerca di affermazione, e di riconoscimento e consenso da parte degli altri) e i bisogni di autorealizzazione (realizzare le proprie capacità potenziali, essere creativi, esprimere la propria autonomia, sviluppare l apprendimento) (Maslow, 1954). - L impresa può influenzare i comportamenti organizzativi, innanzitutto, attraverso la progettazione del ruolo da assegnare alle persone e tramite la definizione di incentivi (ricompense) coerenti con il tipo di attese/bisogni che le persone desiderano soddisfare (Herzberg, 1966). Ad esempio, a fronte di bisogni di autorealizzazione, l offerta alle persone di contenuti di lavoro ricchi e stimolanti, la richiesta di assunzione di responsabilità, il riconoscimento dei risultati tramite politiche retributive incentivanti, l offerta di opportunità di carriera rappresentano fattori motivanti, ossia elementi in grado di incidere sulla decisione del lavoratore di aumentare la qualità e il livello di sforzo erogato nella direzione che il lavoratore ha percepito essere attesa dall impresa in virtù del ruolo che gli è stato assegnato (ruolo percepito). - Gli individui che sul lavoro cercano di soddisfare i bisogni superiori, sono considerati dagli autori appartenenti all indirizzo delle risorse umane, persone adulte e psicologicamente mature poiché vivono l esperienza lavorativa come occasione per uscire dallo stato di passività, che è legato all infanzia, e adottare comportamenti 11

12 autonomi e attivi, quali il raggiungimento di obiettivi, l assunzione di responsabilità, l esercizio della discrezionalità, la capacità di autocontrollo (Argyris, 1957, 1964). - Poiché questi sono i comportamenti che l impresa cerca di attivare nei propri collaboratori per ottenere un miglioramento della loro performance, il management dovrà mettere a disposizione dei lavoratori, che cercano nel lavoro occasioni di soddisfacimento dei bisogni superiori, ricompense adeguate a soddisfare le loro aspettative. Si ipotizza così una relazione diretta tra progettazione dei ruoli e delle politiche del personale, allineamento dei comportamenti organizzativi ai ruoli progettati e miglioramento delle performance individuali e d impresa. Nel libro The Human side of enterprise (1960), McGregor individua nella modalità tradizionale di direzione ispirata ai principi tayloristi-fordisti (Teoria X), basata sulla standardizzazione dei compiti e il controllo della loro esecuzione, l ostacolo principale alla realizzazione dell allineamento tra desiderio delle persone di crescere psicologicamente e l obiettivo dell impresa di contare su una partecipazione più attiva dei lavoratori. ai fini disporre di lavoratori più. La nuova modalità di governo, definita dall autore Teoria Y, o direzione per autocontrollo e integrazione, presenta rilevanti analogie con lo Human Resource Management approach, in particolare con le soluzioni soft (modello di Harvard e High Commitment Work Systems) che hanno ripreso e sviluppato molti degli elementi formulati da McGregor. In breve i punti comuni sono: a) l insistenza sulla necessità di favorire nelle persone l esercizio dell autocontrollo, attraverso sistemi di pratiche di organizzazione del lavoro e politiche del personale dirette a promuovere il coinvolgimento delle persone nella realizzazione degli obiettivi aziendali, tramite l assegnazione di responsabilità sui risultati, l esercizio della discrezionalità, politiche retributive che premiano lo sviluppo delle competenze ecc.; b) la scelta dei capi intermedi, quale segmento della popolazione aziendale cui destinare prioritariamente i principi della Teoria Y. Se è vero che McGregor sostiene che le esigenze di autorealizzazione sono latenti in ogni uomo (p. 71), egli suggerisce di applicare le nuove soluzioni organizzative e del personale in primo luogo ai livelli dirigenziali (middle e top manager), in ragione del loro ruolo di agenti del cambiamento dei comportamenti dei propri collaboratori e della cultura d impresa; c) la finalità di contribuire al miglioramento della performance aziendale attraverso l integrazione delle persone nei ruoli richiesti dall impresa, facendo leva sull allineamento tra le preferenze dei lavoratori di trovare nel lavoro occasioni per crescere psicologicamente e le esigenze dell impresa di disporre di personale capace di risolvere i problemi, di assumersi responsabilità e di senso dell iniziativa. Nella fig. 4 viene proposto uno schema che ha lo scopo di rappresentare in forma sintetica le principali variabili considerate dagli autori appartenenti a queste correnti di pensiero e la natura e la direzione delle relazioni che li legano. L affermazione della capacità delle politiche del personale di incidere sui risultati aziendali, tramite l influenza esercitata sui comportamenti organizzativi degli individui, ha favorito lo sviluppo, in questi studi, di strategie di ricerca empirica volte a verificare, rispettivamente, gli effetti di variabili quali, ad esempio, lo stile di leadership, le politiche retributive, il clima aziendale sul grado di soddisfazione dei dipendenti e le conseguenze del livello di soddisfazione percepita dai dipendenti sulla performance individuale e d impresa (misurata da indicatori quali la produttività o il tasso si turnover). 12

13 I numerosi risultati empirici ottenuti negli anni non hanno tuttavia mai prodotto indicazioni definitive su tali relazioni (Judge et al., 2001). Inserire fig LE TEORIE DELL IMPRESA: RESOURCE BASED VIEW E STRATEGIC MANAGEMENT Nel campo degli studi di strategia d impresa, l importanza delle persone come fattore competitivo si afferma con l approccio Resource Based View (Barney, 1991; Wernerfelt, 1984). Tale prospettiva raccoglie l insieme degli studi che riconducono il vantaggio differenziale di un impresa al possesso di risorse rilevanti, scarse non facilmente trasferibili nè imitabili (Barney, 1991; Grant, 1991). 3 La RBV è considerata il fondamento teorico dei contributi di strategic management che approfondiscono la visione knowledge based dell impresa (Grant, 1991; Nonaka, 1994), dell approccio delle capacità dinamiche (Teece et al., 1997) e della teoria del capitale umano sviluppata in ambito manageriale (Hitt et al., 2001). Inoltre, i concetti formulati nella RBV rappresentano la base di riferimento di tutta la ricerca sullo SHRM (Wright, Snell, 1998). Secondo questa prospettiva, le risorse su cui l impresa può far leva per sviluppare il proprio vantaggio competitivo sono di tre tipi: tangibili, intangibili e umane. Delle persone, intese come risorse umane, interessa l analisi delle competenze definite, in questi studi, come l insieme di conoscenze, skill, abilità che costituiscono il capitale umano dell impresa e che devono essere costantemente monitorate, gestite e sviluppate per garantire la base su cui poggia la strategia dell impresa È in quest aspetto che si può evincere la natura del legame che collega politiche del personale e strategia aziendale. Come abbiamo detto (par punto b) la maggior parte degli studi sullo SHRM interpreta la relazione secondo un approccio lineare (o strumentale) in base al quale, una volta definita la strategia, le politiche del personale avrebbero il compito di agevolare la sua implementazione, intervenendo sulle persone (sulle loro conoscenze e comportamenti) in modo da adattarle alle esigenze della strategia, definite nei profili di ruolo progettati dall impresa e assegnati alle persone. Secondo alcuni autori, la teoria della RBV fornirebbe legittimazione a chi sostiene che le politiche del personale, intervenendo sulla costruzione delle conoscenze e competenze delle risorse umane, possono influenzare la formulazione della strategia e non solo la sua implementazione (approccio c.d. costitutivo). Ad esempio, Lado e Wilson (1994) affermano che le politiche di RU combinate in un sistema di gestione coerente e integrato (overall system) possono rappresentare una risorsa unica e difficile da imitare, e costituire così uno degli asset invisibili su cu l impresa può basare il proprio vantaggio competitivo. La RBV fornisce, infine, il razionale teorico per lo sviluppo di studi empirici dedicati a verificare le conseguenze delle pratiche del personale sui risultati aziendali. E Huselid (1995) ad inaugurare un filone di studi che avrà presto successo e diffusione oltre che nei Paesi Nordamericani, in Europa e in Asia. 3 Per una puntuale descrizione di questa teoria si veda il cap

14 Anche in questo caso, come già rilevato per gli indirizzi di neo-relazioni umane, dagli studi che indagano il rapporto tra politiche del personale e performance non emergono indicazioni univoche e chiare (Solari, 2004) I PRINCIPI DELL APPROCCIO MANAGERIALE GIAPPONESE E GLI STUDI SUL TOTAL QUALITY MANAGEMENT I metodi di gestione e di organizzazione delle imprese giapponesi (japanese management) vengono considerati tra gli esempi più importanti e caratterizzanti delle c.d. pratiche postfordiste (Masino, 2005). Secondo le interpretazioni correnti e più diffuse, le tecniche della produzione snella (lean production), il just in time e il total quality management, unitamente alle tecnologie flessibili di produzione, costituiscono un approccio alla gestione d impresa diverso dal fordismo (con riferimento sia all organizzazione interna della produzione che al rapporto con il mercato), ispirato al principio della flessibilità, ossia dell adattamento di uomini e risorse alle variabili condizioni competitive, rispettando efficienza e qualità della produzione. Ciò che contraddistingue le tecniche manageriali giapponesi, con riferimento ai rapporti tra uomo e lavoro, è la logica che considera ogni lavoratore responsabile dei processi di miglioramento per la parte del lavoro di sua competenza. Poiché il lavoratore, attraverso il patrimonio di conoscenze che può mobilitare, rappresenta la risorsa chiave a disposizione dell impresa per conseguire processi di qualità totale, è fondamentale risuscire ad ottenere la sua collaborazione attiva e il suo impegno specifico a partecipare alla costruzione di un sistema condiviso di miglioramento continuo. Ne seguono implicazioni in termini di organizzazione del lavoro e di politiche di gestione del personale. Dal punto di vista delle scelte organizzative, le tecniche manageriali giapponesi si caratterizzano per l enfasi sulla centralità del lavoro in team, che viene considerata la soluzione più adatta per favorire il miglioramento continuo e la risoluzione dei problemi complessi, grazie alla possibiltà di mobilitare la pluralità di competenze dei lavoratori presenti al suo interno e al clima di collaborazione che favorisce la condivisione degli obiettivi. 4. Coerentemente a queste scelte di organizzazione del lavoro, anche le politiche del personale si focalizzano sugli strumenti diretti a selezionare e trattenere le persone adatte al tipo di organizzazione progettata, a incidere sul loro commitment e sullo sviluppo delle capacità, attraverso investimenti in formazione, retribuzione, comunicazione e meccanismi culturali. Ciò testimonia la matrice comune tra approcci giapponesi alla gestione delle persone e politiche anglossassoni di HRM, volte ad incidere sul loro coinvolgimento. 4 La superiorità del gruppo di lavoro rispetto alla mansione individuale, oltre che dal TQM e dagli approcci giapponesi, era già stata evidenziata negli anni 60 dal c.d. approccio sociotecnico (si veda cap. 10). Tuttavia i debiti nei confronti di questi indirizzi non vengono pienamente riconosciuti dalle più recenti correnti di studio con il risultato che, nella letteratura organizzativa post-fordista, si assiste ad un intenso dibattito tra sostenitori di approcci in realtà molto simili (Marchiori, 2010; Masino, 2005). 14

15 11.5 LA GESTIONE DELLE PERSONE NELLA PRATICA AZIENDALE Si è detto, all inizio del presente capitolo, che nessuna impresa può evitare di svolgere attività dirette ad incidere sul coinvolgimento delle persone, ossia sulla loro motivazione ad entrare a far parte e collaborare alla realizzazione delle finalità dell impresa. Tali attività sono finalizzate, infatti, ad influenzare la decisione delle persone di partecipare all impresa (attrazione), di permanere nell impresa (fidelizzazione) e di fornire il contributo nella qualità e quantità richiesta (commitment). I contenuti di queste attività, la loro organizzazione e l articolazione in pratiche formalizzate differiscono in relazione a fattori istituzionali (caratteristiche del mercato del lavoro e del sistema di relazioni industriali), dimensionali (numero di addetti dell impresa) e agli orientamenti dell imprenditore e/o della coalizione dominante dell impresa (imprenditore, vertice strategico e top management) Le responsabilità di politica del personale sono variamente ripartite su tre soggetti: il vertice aziendale (definisce gli obiettivi e le linee generali ma nella piccola impresa si occupa spesso direttamente anche della loro attuazione), la direzione del personale (l unità organizzativa specialistica cui è assegnato il compito di formulare le politiche, stabilite in collaborazione con il vertice e di definire gli strumenti, i sistemi e le tecniche operative), i manager di line (curano l applicazione delle politiche operative nei confronti dei propri collaboratori). L unità organizzativa specialistica - DP - si riscontra in tutte le grandi imprese, è diffusa nelle aziende di medie dimensioni ( addetti) mentre difficilmente è presente nelle piccole imprese (meno di 50 addetti). Circa la configurazione organizzativa che può assumere la DP (ossia la sua collocazione organizzativa, il rapporto con il vertice e con i manager di line, le attività svolte, le competenze richieste ai suoi addetti, le modalità di valutazione delle sue performance) sono disponibili molte ricerche a livello internazionale e nazionale (Costa,1997) Tra i più citati, è il contributo di Ulrich (1997 a, b,) che identifica i differenti possibili ruoli che la DP può assumere, anche contemporaneamente, in relazione a due dimensioni (si veda fig. 5): l orientamento temporale (breve termine, ossia basato sull operatività quotidiana e medio-lungo termine, orientato ai tempi della formulazione e implementazione strategica) e il focus delle attività (le persone e i loro comportamenti, oppure le strategie aziendali, i sistemi e le tecniche operative). Inserire qui fig. 5 Nei quattro quadranti trovano collocazione i diversi approcci alla gestione del personale trattati in questo capitolo: in basso, sono descritti i ruoli della DP, che adottano approcci più tradizionali (Personnel Management e Welfare Worker/Employee Advocate) orientati all offerta di tecniche operative specialistiche (esperto funzionale) e all ascolto dei dipendenti per comprenderne i bisogni e sostenerne l impegno (portavoce dei dipendenti); in alto, si trovano le DP che interpretano il proprio ruolo secondo gli approcci più recenti di HRM, con una differenziazione tra ruoli più orientati a supportare il vertice strategico nella realizzazione dei risultati aziendali (partner strategico) attraverso politiche del personale coerenti con la strategia formulata (Strategic Human 15

16 Resource Management o c.d. versione hard) e ruoli finalizzati a intervenire direttamente sui comportamenti delle persone per conquistare la loro partecipazione attiva ai processi di cambiamento (agente del cambiamento) e rispondere alle esigenze di flessibilità che le nuove condizioni competitive richiedono all impresa (Human Resource Management - versione soft, High Commitment Work Systems, High Performance Work Systems). I contributi empirici sull adozione dell approccio HRM non sono numerosi, purtuttavia in letteratura c è unanimità di giudizio circa la considerazione che tale approccio non abbia ancora avuto la diffusione che gli studi si aspettavano (Price, 2011, pag. 22). Siamo in presenza di una forte distanza tra l enfasi attribuita alla gestione delle risorse umane come approccio innovativo rispetto al Personnel Management, in quanto capace di ottenere il coinvolgimento delle persone e quindi di migliorare le performance dell impresa, e l adozione dell approccio nella pratica aziendale. Recenti studi empirici evidenziano che c è un ampio ricorso da parte delle DP all utilizzo di alcune delle pratiche promosse da questi studi mentre non ci sono evidenze certe di una diffusione dell approccio nella sua interezza inteso come pacchetto di best practices applicabile universalmente (Storey, 2007, pagg ). Alla base della mancata diffusione tra le imprese Nordamericane e brittaniche dell approccio, la letteratura anglossassone indica le seguenti motivazioni (Kochan, Dyer, 2001; Price, 2011): a) l orientamento a investire nelle persone che caratterizza l approccio HRM e che implica investimenti a lungo termine sarebbe in contrasto con la propensione delle imprese a ragionare in un ottica di ritorni a breve termine. Ciò è vero soprattutto in periodi di crisi, come quello che dal 2008 caratterizza le economie dei Paesi occidentali, in cui l attenzione all efficienza e ai ritorni finanziari delle scelte gestionali prevale su qualsiasi altra considerazione; b) le difficoltà per il management di comprendere a pieno le differenze tra i diversi approcci alla gestione delle risorse umane e lo scarso interesse verso la letteratura sul tema. Secondo un indagine (Rynes et al, 2002) solo l 1% dei manager del personale afferma di leggere abitualmente la letteratura specialistica e il 74% dichiara di non averla mai letta); c) la mancanza di riscontri empirici che dimostrino in modo univoco gli effetti di differenti modalità di gestione delle risorse umane sulla posizione competitiva dell impresa e sui risultati finanziari 5. Anche in Italia a partire dall ultimo decennio dagli anni 90 del secolo scorso si effettuano studi per verificare l evoluzione di ruoli, attività svolte e modalità di organizzazione delle DP (ci riferiamo, in particolare, ai contributi di Boldizzoni 1990, 1999, 2009). 5 Come si è detto (par b), l attenzione alla sostenibilità in termini finanziari delle pratiche di HRM è argomento di crescente interesse da parte della letteratura, dove da tempo è in corso un dibattito che vede il confronto tra diverse ipotesi interpretative. In particolare, si confrontano tre diverse prospettive interpretative (Delery, Doty, 1996): la teoria universalistica che afferma l esistenza di una relazione positiva tra l adozione di un pacchetto di best practices che definiscono l approccio HRM e la performance dell impresa (ipotesi sostenuta ad esempio da Huselid, 1995); la teoria delle contingenze che evidenzia un legame tra differenti orientamenti strategici e differenti approcci alla gestione delle risosre umane (Jackson, Shuler, 1999); la teoria configurazionale (Wright, Snell, 1998) che sostiene che il miglioramento della performance si verifica solo in presenza ad un sistemna coerente tra pratiche di HRM (adattamento orizzontale) scelto in relazione alla strategia adottata (adattamento verticale). 16

17 Una recente indagine, condotta su un campione di 102 grandi imprese italiane, (Quarantino, Boldizzoni, 2011) ha verificato la transizione delle DP da ruoli amministrativi/gestionali a comportamenti propri degli approcci più recenti (partner strategico o agente del cambiamento). I risultati, confrontati con quelli ottenuti da una precednete indagine svolta dall autore sullo stesso campione d imprese, pongono in evidenza i seguenti elementi: - la crisi sembra aver rallentato l adozione di ruoli maggiormente focalizzati sugli investimenti nelle persone e nei processi di sviluppo organizzativo (business partner e change manager) e aver prodotto, nelle scelte di gestione del personale, un ritorno verso l orientamento a breve termine e l assunzione di ruoli amministrativi, focalizzati sulla fornitura di sistemi e strumenti efficienti di gestione del personale (esperto funzionale); - si assiste ad una crescita nelle DP italiane di ruoli orientati al processo più che alle persone (incremento dei ruoli di partner strategico e di esperto funzionale) che testimoniano come gli HR managers siano in questi anni fortemente impegnati a rispondere alle esigenze dei clienti interni (vertice aziendale e/o manager di line) con una forte attenzione al miglioramento del contributo fornito per accrescere i risultati aziendali e la propria legittimazione come business partner; - il ruolo di agente del cambiamento (corrispondente all adozione di modelli HRM soft) è meno presente tra le DP intervistate (14,3%) ripetto a quello di partner strategico (29,9%). Tuttavia, l analisi approfondita dei dati dimostra che, nello svolgimento del ruolo di agente di cambiamento, le DP evidenziano una maggiore coerenza di comportamenti rispetto alle unità che dichiarano di svolgere il ruolo di partner strategico. In questi casi, la coerenza, tra gli elementi presi in considerazione dall indagine, risulta meno chiara e il ruolo assunto, più che testimoniare un reale coinvolgimento della DP nei processi decisionali al vertice dell impresa, sembra rispecchiare l adesione formale ad un etichetta di moda. Questo risultato è confermato anche da indagini svolte a livello internazionale che evidenziano come l assunzione da parte dei manager del personale del titolo di Human Resource Manager sia spesso un modo per dimostrare un differente profilo professionale, rispetto a quello del Personnel Manager, e superare l immagine negativa di una funzione passiva, reattiva e frammentata in varie attività indipendenti tra loro (Storey, 2007, pag. 35). In generale, l attenzione da parte delle DP verso la creazione di valore per i propri clienti interni, attraverso gli strumenti e le attività di gestione del personale, è notevolmente cresciuta, come dimostrano anche gli sforzi compiuti per individuare criteri di misurazione delle performance. Tale attenzione si traduce in un ampia varietà di scelte di organizzazione della funzione DP che rispondono sia a criteri di aumento dell efficienza (si consideri, ad esempio, l accentramento di alcuni servizi comuni resi dalle DP servizi di payroll o l outsourcing delle attività amministartive ) sia contemporaneamente a criteri di riduzione dei costi edi miglioramento del servizio offerto (outsourcing delle attività di reclutamento, selezione e formazione a centri specializzati; ricorso a forme di gestione self-service tramite Internet e-hrm -). Per quanto riguarda, infine, le tendenze nelle imprese di minori dimensioni, nonostante le aziende con meno di 50 addetti rappresentino a livello europeo e nazionale una percentuale maggioritaria (nel nostro Paese costituiscono il 94,8% del totale delle imprese e occupano il 79,3% degli addetti), la gestione delle persone in queste realtà resta un campo di studio ancora poco esplorato. 17

18 Anche in Italia i contributi di studio sono limitati (per una rassegna si veda Puricelli, 2004). Come suggerisce l autrice, nell affrontare questo tema occorre evitare di cadere negli stereotipi che rendono ingiustiza e non danno conto della molteplicità di esperienze e pratiche aziendali sviluppate dalle piccole imprese italiane. Tra gli stereotipi più diffusi vi è la considerazione delle piccole imprese (d ora in avanti PI) come il regno della informalità (erroneamente considerata come sinonimo di improvvisazione o approssimazione); la prevalenza nelle PI di un orientamento all amministrazione del personale contrapposto all orientamento alla gestione/valorizzazione che sarebbe tipico della grande impresa; l adozione di stili di gestione paternalistici/padronali da parte dei piccoli imprenditori. Un dato certo riguarda la limitata presenza in queste imprese di unità specialistiche dedicate alla gestione del personale. Ciò in ragione di motivi economici e della tendenza dell imprenditore a non delegare la gestione del personale, ad occuparsi direttamente delle attività di selezione, inserimento, addestramento, formazione, ricompensa e valutazione, e a sviluppare relazioni dirette con i propri collaboratori, anche a motivo della prossimità fisica tra imprenditore e dipendenti. Un eccezione rispetto alla scarsità di indagini sul tema è rappresentata da un gruppo di ricerche sul campo condotte da più autori in alcune province del nord Italia dirette a verificare il grado di diffusione dei sistemi High Performance Work Practices presso le PI italiane, con meno di50 dipendenti. (Albertini, Leoni, 2009). Tra i numerosi elementi che emergono dalle indagini si segnalano qui due considerazioni: a) le piccole imprese non ricorrono all adozione integrale dei sistemi HPWP. Le indagini evidenziano una chiara corenza tra gli orientamenti strategici prevalenti e le pratiche adottate: operando una sorta di complementarità selettiva, le piccole imprese che perseguono strategie competitive di tipo difensivo utilizzano in modo sistematico un gruppo selezionato di pratiche di HR finalizzate a sviluppare nei propri collaboratori flessibilità adattiva, attraverso la valorizzazione e lo sfruttamento delle competenze esistenti (op. cit., p. 57). Le pratiche più innovative (organizzazione in gruppi di lavoro autonomi, incentivi allo sviluppo delle competenze, formazione off the job) sono in generale meno utilizzate e associate ad imprese che operano nei settori tecnologicamnte avanzati; b) anche con riferimento ai rapporti con il sindacato, che nelle imprese analizzate registra elevati tassi di rappresentanza delle forme di lavoro più stabili, l indagine conferma la sensazione di una innovazione ancora non del tutto compiuta (op. cit. p. 45). Le Relazioni Industriali si mantengono positive sui terreni tradizionali (orari, salute e sicurezza, determinazione degli incentivi e produttività) mentre scarso è il coinvolgimento del sindacato e dei dipendenti sui piani di sviluppo delle persone, sulla valutazione delle performance e sulle politiche di innovazione organizzativa e tecnologica. Rispetto a questi temi, l offerta di partecipazione potrebbe segnare l avvio di nuove e più avanzate relazioni industriali. Queste ricerche confermano i risultati già illustrati da indagini condotte a livello internazionale che testimoniano della difficoltà di poter affermare la diffusione dell approccio HRM, come un insieme rigidamento definito di best practice. Le evidenze empiriche dimostrano la tendenza da parte delle imprese ad adottare un insieme di pratiche specifiche e differenziate di HRM che si mostrano coerenti con gli obiettivi 18

19 strategici perseguiti. Inoltre, viene confermato che le iniziative di HRM non necessariamente trovano applicazione in ambienti a debole rappresentanza sindacale ma al contrario possono essere sono favorite dall esistenza di un clima di relazioni industriali ispirato alla cooperazione SINTESI DEL CAPITOLO La questione del coinvolgimento delle persone è stata affrontata storicamente con differenti approcci e finalità. La scelta di uno specifico approccio è connessa, oltre che alla visione del rapporto uomo-lavoro che caratterizza la singola realtà, a fattori istituzionali (condizioni legislative, caratteristiche del mercato del lavoro e del sistema di relazioni industriali) che condizionano e influenzano le relazioni tra prestatori di lavoro e richiedenti lavoro in una nazione e in un determinato periodo storico. Dopo aver passato in rassegna i diversi approcci identificati con l etichetta di Gestione del personale (People Management) che si sono affermati nei paesi anglosassoni (Gran Bretagna e Nord America), a partire dalla fine del secondo dopoguerra del secolo scorso, nel capitolo vengono presentati le origini storiche, i caratteri distintivi, e le radici teoriche dell approccio noto come Gestione delle Risorse Umane (Human Resource Management) che rappresenta il mainstream a livello internazionale. Facendo ricorso alla definizione di Storey (1995), tramite l approccio HRM l impresa cerca di ottenere un vantaggio competitivo attraverso il dispiegamento di una forza lavoro altamente professionale e coinvolta, grazie all utilizzo combinato di meccanismi culturali, di scelte di organizzazione del lavoro e di tecniche di gestione del personale. Le origini teoriche dell approccio HRM sono riconducibili agli indirizzi di studio organizzativi di Neo-Relazioni Umane (teorie delle Risorse Umane e approccio sociotecnico) che sono alla base anche delle soluzioni di organizzazione del lavoro c.d. post-fordiste esaminate nel cap 10. Altre radici teoriche si possono rintracciare nella RBV e nel TQM. Nella pratica aziendale le responsabilità di politica del personale sono variamente ripartite su tre soggetti: il vertice aziendale (definisce gli obiettivi e le linee generali), la direzione del personale (cui è assegnato il compito di formulare le politiche, stabilite in collaborazione con il vertice e di definire gli strumenti, i sistemi e le tecniche operative), i manager di line (curano l applicazione delle politiche operative nei confronti dei propri collaboratori). Recenti studi empirici evidenziano che c è un ampio ricorso da parte delle DP all utilizzo di alcune delle pratiche promosse dagli studi sul HRM mentre non ci sono conferme di una diffusione dell approccio nella sua interezza inteso come pacchetto di best practices applicabile universalmente. Una recente indagine, condotta su un campione di 102 grandi imprese italiane, ha evidenziato un rallentamento, causato dalla crisi economica, nei processi di trasformazione delle DP verso ruoli orientati all investimento a lungo termine sulle persone e un ritorno verso l assunzione di ruoli amministrativi focalizzati sulla fornitura di sistemi e strumenti efficienti di gestione del personale ( esperto funzionale ). 19

20 In generale, l attenzione da parte delle DP verso la creazione di valore per i propri clienti interni, attraverso gli strumenti e le attività di gestione del personale, è notevolmente cresciuta, come dimostrano anche gli sforzi compiuti per individuare criteri di misurazione delle sue performance. Poco diffusi sono gli studi sulle modalità di gestione delle persone nelle piccole imprese. Nel capitolo vengono riportati i risultati di un gruppo di indagini compiute nel nord-italia che testimoniano di una tendenza anche nelle imprese di minori dimensioni all utilizzo di pratiche di coinvolgimento delle persone volte ad aumentare la flessibilità e l adattamento alle condizioni competitive. Il quadro generale che emerge dalle ricerche offre un idea di innovazione incompiuta sia con riferimento alle relazioni dirette con il personale che alle relazioni con gli attori sindacali DOMANDE DI VERIFICA - A quale periodo storico si possono far risalire le prime attività di gestione del personale? - Quali approcci sono riconducibili alla prospettiva di gestione del personale? Indicare finalità e caratteristiche di tali approcci. - Come definireste l approccio HRM? Quando emerge in letteratura e quali sono le ragioni alla base della sua origine? Quali sono i suoi caratteri distintivi? - Spiegare le principali differenze tra versione soft e hard dell approccio di gestione risorse umane. - Spiegare perché le teorie della motivazione e gli indirizzi di neo-relazioni umane sono alla base dell approccio HRM. - Chi si occupa nelle imprese di gestione del personale? Con quali compiti e responsabilità? - Illustrare i diversi ruoli che possono essere svolti dalla direzione del personale secondo lo schema di Ulrich. - In base ai risultati di una recente indagine, quali tendenze si registrano nelle direzioni del personale delle grandi imprese? - Quali sono i principali stereotipi sulle modalità di gestione del personale nelle piccole imprese? - Perché si parla di innovazione incompiuta con riferimento alle pratiche di gestione del personale e di relazioni industriali rilevate da ricerche empiriche svolte in un campione di piccole imprese del Nord Italia? RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI - ALBERTINI, S. e LEONI, R. (a cura di) (2009) Innovazioni Organizzative e Pratiche di Lavoro nelle Imprese Industriali del Nord, Franco Angeli, Milano. - ARGYRIS, C. (1957) Personality and Organization, Hraper, New York. - ARGYRIS, C. (1964) Integrating the Individual and the Organization, Transaction 20

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