SULLA FIDEIUSSIONE OMNIBUS

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1 SULLA FIDEIUSSIONE OMNIBUS La fideiussione omnibus è quel particolare contratto con il quale il fideiussore garantisce, normalmente senza limiti di tempo, l adempimento di tutte le obbligazioni (dirette o indirette; presenti o future) che il debitore principale (normalmente un imprenditore) ha assunto, o assumerà, nei confronti del creditore (di norma una banca) e derivanti da operazioni bancarie di svariata natura, quali ad esempio, finanziamenti concessi sotto qualsiasi forma, aperture di credito, anticipazioni su titoli, su crediti o su merci, sconto o negoziazione di titoli cambiari o documenti, operazioni di intermediazione o prestazione di servizi. Trattandosi di garanzia personale, il fideiussore risponde con tutto il suo patrimonio, in caso di inadempimento del debitore garantito. Dalla definizione data, risulta con estrema chiarezza che il contratto in esame presenta notevoli profili di aleatorietà e si differenzia dalla fideiussione ordinaria in quanto il patrimonio del garante è esposto a rischi non indifferenti, legati alla possibilità di essere costretto a rispondere per qualsiasi debito nascente dalla contrattazione tra la banca ed il garantito: l esposizione patrimoniale del fideiussore risulta, pertanto, illimitata e sostanzialmente non preventivabile. La funzione economica di questo istituto è essenzialmente legata all esigenza di ampliare il ricorso al finanziamento bancario, rendendolo più elastico e flessibile, senza pregiudicare, anzi tutelando efficacemente, le ragioni creditorie.

2 La diffusione del fenomeno è addebitabile alla maggior convenienza, per gli enti creditizi, di concedere aperture di credito illimitatamente garantite. Relativamente al problema della natura giuridica del contratto in esame, prevale, sia in dottrina che in giurisprudenza, la tesi che configura la fideiussione omnibus come contratto tipico, riconducibile allo schema dell art. 1936, comma 2, c.c., il quale prevede che La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza. Una dottrina minoritaria ha, invece, sottolineato la natura autonoma della fideiussione omnibus, la cui funzione sarebbe diversificata rispetto a quella della fideiussione ordinaria:quest ultima, infatti, garantirebbe l adempimento di un obbligazione altrui (art c.c.), laddove la fideiussione omnibus garantirebbe il rischio dell inadempimento del debitore, concretizzandosi in una prestazione di carattere indennitario. Infine, dottrina e giurisprudenza prevalenti ritengono altresì che tale figura contrattuale persegua interessi meritevoli di tutela secondo l ordinamento giuridico ai sensi dell art c.c., ravvisando tali interessi nella possibilità di un più ampio accesso al credito bancario o nelle cautele assicurate per l attività di esercizio del credito, in quanto attività a rilevanza costituzionale. Come già messo in evidenza, per effetto dell innesto della clausola omnibus, l esposizione patrimoniale del fideiussore risultava illimitata e sostanzialmente non preventivabile: per questo motivo, parte della dottrina ne ha sostenuto in passato la nullità per indeterminatezza dell oggetto del contratto, ai sensi dell art c.c.

3 La giurisprudenza della Suprema Corte, tuttavia, ha costantemente affermato la validità della clausola omnibus, ritenendo che l oggetto del contratto di fideiussione sia determinabile per relationem alla luce di due parametri: 1. il particolare rapporto esistente tra la banca ed il debitore principale, cliente della banca stessa e normalmente suo correntista, che darebbe modo al garante di prevedere l importo presumibile dei crediti erogabili dalla banca in rapporto alla situazione patrimoniale del cliente ed alle vicende pregresse che lo hanno connotato; 2. il parametro di buona fede, che impone al creditore, nella fattispecie la banca tenuta ad una diligenza e correttezza rincarate e sottoposti a vincoli e controlli pubblicistici in relazione all interesse pubblico che connota, anche costituzionalmente, il settore del credito, di astenersi dall erogazione del credito nel caso in cui esso risulti sproporzionato all ammontare delle somme normalmente concesse o laddove appaia manifesta l insolvenza del debitore. In tale ipotesi, in caso di erogazione del credito in difformità dai parametri di correttezza e buona fede, il garante sarà tutelato dalla possibilità di opporre l exceptio doli alla banca che richieda l adempimento dell obbligazione di garanzia. Così, con sentenza n del 17/11/99, la Suprema Corte ha affermato che la fideiussione c.d. omnibus non è incompatibile con l art c.c., essendo l oggetto della garanzia determinabile per relationem sulla base di operazioni il cui compimento è sottratto al mero arbitrio della banca, in quanto questa è soggetta alle specifiche disposizioni che regolano l esercizio

4 dell attività creditizia, nonché ai doveri di correttezza e di buona fede ai quali deve attenersi il comportamento delle parti nell esecuzione di ogni contratto. La dottrina ha accolto positivamente il riferimento fatto dalla Cassazione al principio di buona fede, lamentando, tuttavia, l assenza di un criterio univoco di delimitazione tra comportamenti corretti e non corretti e affermando, conseguentemente, l esistenza di tre categorie di limiti, relativi 1) alla natura dell operazione; 2) al dissesto del debitore; 3) all interesse del garante. In sostanza è contrario a buona fede il comportamento della banca la quale eroghi il credito in presenza di un mutamento dell attività del debitore che aumenti il rischio del garante, o in presenza di uno stato di dissesto economico manifesto del debitore o, infine, violando oneri di informazione posti a suo carico a tutela del fideiussore. Ma, nonostante questa radicale presa di posizione, si è ulteriormente rimarcato che, in virtù dell inserimento della clausola omnibus l esposizione patrimoniale del fideiussore risultava illimitata e sostanzialmente non preventivabile. Cosicché, pur consapevole dell orientamento giurisprudenziale favorevole alla validità di una pattuizione così congegnata, il legislatore del 1992 con legge n. 154 (legge sulla trasparenza bancaria) ha apportato delle modifiche consistenti in materia di fideiussione. La novella del 92, all art. 10, ha innanzitutto inciso sul disposto dell art c.c. prevedendo, per l ipotesi in cui la garanzia venga prestata per un obbligazione futura, l espressa indicazione dell importo massimo garantito al fine di rendere certa l entità della garanzia fideiussoria e

5 superando, in tal modo, il problema della determinabilità dell oggetto contrattuale con la conseguente nullità (ex art c.c.) del contratto concluso in violazione della norma inderogabile de qua. Numerosi sono però i dubbi a cui ha dato adito la predetta previsione normativa: è apparso subito dubbio se il massimale debba formare oggetto di un accordo pattizio, ovvero se sia sufficiente una dichiarazione unilaterale della banca a cui non segue un opposizione del garante tale da dare foggia ad un silenzio significativo. Ulteriori questioni che la nuova formulazione della norma ha sollevato sono due: la prima, se sia sufficiente una delimitazione quantitativa del massimale o se vangano in rilievo anche sbarramenti di carattere qualitativo, in modo da limitare la garanzia a tipologie omogenee di obbligazioni, ovvero di estrometterne altre (per esempio si è posto il problema dell estensione della garanzia fideiussoria alle obbligazioni derivanti da fatto illecito, ma l orientamento prevalente è contrario, data l estraneità di tali obbligazioni al normale esercizio dell attività bancaria e la loro conseguente imprevedibilità). La seconda questione è se la somma garantita debba essere comprensiva degli interessi ovvero debba essere limitata al solo capitale: l interpretazione preferibile, che meglio si presta ad evitare abusi ed a soddisfare la finalità di consentire una preventiva conoscenza dell esposizione finanziaria, è quella che impone l inclusione di interessi e spese nel massimale nel silenzio delle parti. Più in generale, la preoccupazione di fondo, anche dopo la riforma, riguarda il rischio di una minore tutela del fideiussore a fronte di una parte contrattualmente ed economicamente più debole, quale è solitamente la

6 banca: si è sostenuto, quindi, da parte della dottrina prevalente, la permanente vigenza del criterio della buona fede come parametro valutativo dei comportamenti delle parti e dell adeguatezza del massimale pattuito, affermando la conseguente possibilità di un sindacato giudiziario su tali elementi. Ma la riforma del 92 è altresì intervenuta sulla formulazione dell art c.c. Tale norma prevede, al comma 1, che il fideiussore per un obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore stesso, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questi erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito. Tale norma era considerata, dalla giurisprudenza e dalla dottrina maggioritarie, derogabile ed in effetti essa era sistematicamente derogata, pur ritenendosi operante, anche in questo caso, il limite della buona fede, distinguendo tra situazioni di temporanea difficoltà economica (nelle quali la clausola in esame può legittimamente applicarsi) e ipotesi di insolvenza manifesta del debitore; in tale ultimo caso un eventuale erogazione di credito da parte della banca sarebbe scorretta per definizione, in quanto la ratio del sistema non può consentire che un debitore già insolvente contragga altre obbligazioni, che non farebbero che aggravare il suo dissesto con danno per l economia generale. (Cass. n. 3386/89). In definitiva la banca non può fare affidamento esclusivamente sul patrimonio del fideiussore e deve perciò astenersi laddove la situazione economica del

7 debitore sia tale da rendere certa la non puntuale soddisfazione del credito (Cass. n. 3385/89). Senonchè, con l avvento della citata legge n. 154/92, la suddetta norma ha assunto carattere inderogabile, prevedendo, al comma 2, l invalidità di una preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione di cui al primo comma: secondo l interpretazione fornita da dottrina e giurisprudenza all indomani della riforma, è da ritenersi preventiva la rinuncia che intervenga in un momento antecedente alla conoscenza, da parte del garante, dell aggravamento delle condizioni patrimoniali del debitore, affermando, inoltre, la necessità da parte del fideiussore, di un autorizzazione espressa all erogazione del credito, ai sensi del primo comma dell art. 1956, non essendo ammissibili, al riguardo forme di silenzio-assenso. L avvento della riforma ha sollevato delicati problemi di diritto transitorio. L art. 11 della L. 154/92 applica il novellato art c.c. ai contratti di fideiussione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge (120 gg. dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, prevista per il ): pertanto, in mancanza di apposita disciplina transitoria, ci si interroga sulla sorte delle fideiussioni rilasciate prima di questa data con la clausola omnibus senza previsione dell importo massimo garantito, ma ancora in corso di esecuzione al momento dell entrata in vigore della novella legislativa. A questo proposito, si tratta di distinguere due ipotesi di fideiussioni rilasciate prima della entrata in vigore della legge 154/92

8 Da una parte avremo le c.d. fideiussioni chiuse, vale a dire quelle garanzie illimitate che, per qualsiasi motivo, abbiano cessato di garantire nuove obbligazioni prima dell entrata in vigore della legge sulla trasparenza bancaria (cioè prima del ), anche se prese in esame dai Giudici dopo la data suddetta. In relazione a tali fattispecie, più che un contratto di fideiussione, intercorre tra la banca ed il garante solo un credito ormai consolidato: così costituisce ormai ius receptum nella Giurisprudenza della Cassazione, che la norma dell art. 10 della legge 154/92 abbia natura sostanzialmente innovativa e come tale sia inapplicabile alle liti pendenti per fideiussioni CHIUSE prima della sua entrata in vigore; queste ultime rimarranno così assoggettate alla vecchia disciplina giudicata valida ed efficace dal costante insegnamento della Cassazione. Tale orientamento, pertanto, non consentirebbe alla legge 154/92 di operare rispetto alle fideiussioni rilasciate in precedenza, e ciò postulando che lo jus superveniens non possa modificare i requisiti di validità di contratti già conclusi, come invece farebbe la novella legislativa da qua attraverso l introduzione di un requisito dell oggetto della fideiussione prestata per debiti futuri, costituito dalla necessaria previsione di un importo massimo garantito. Tale conclusione, suggerita dalla teoria del fatto compiuto, secondo cui le nuove norme non potrebbero applicarsi né ai rapporti sorti e già esauriti precedentemente né a quelli ancora in vita se in tal modo si incide sull efficacia originaria del fatto che li ha posti in essere, trova accoglimento anche in certa parte della Giurisprudenza di merito che, affermato il carattere innovativo della Legge 154/92 e quindi la sua naturale irretroattività l ha

9 ritenuta inidonea a travolgere diritti già insorti nel vigore della legge precedente mediante una nuova disciplina in ordine ai requisiti di validità del titolo costitutivo. Assolutamente contraria invece la maggioranza della dottrina, considerato che il principio di irretroattività non impedisce alla normativa sopravvenuta di disciplinare gli effetti non ancora esauriti di un rapporto costituito anteriormente, giungendo, in tal modo, ad ammettere la nullità delle fideiussioni per debiti sorti successivamente all entrata in vigore del novellato art c.c. qualora siano state stipulate, anche in epoca precedente, senza la predeterminazione del massimale. In tal caso si parlerebbe di fideiussioni aperte, ancora in corso al momento dell entrata in vigore della L. 154/92 (9.7.92): invero, questi rapporti sono ancora in corso di esecuzione e produttivi di effetti giuridici per il garante, così risultando idonei ad impegnare ulteriormente il garante, anche dopo l entrata in vigore della legge del 92. Per questo secondo tipo di fideiussioni risulta pienamente applicabile la nuova disciplina di cui all art c.c. novellato nel 92, il quale le rende nulle per omessa indicazione del tetto massimo garantito. La ragione di tale nullità è stata efficacemente illustrata da una sentenza del Tribunale di Napoli (sent ): la nuova disciplina della fideiussione omnibus dell art. 10 L. 154/92, non avendo efficacia retroattiva, è inapplicabile ai rapporti definiti in data anteriore alla sua entrata in vigore; con riferimento invece, ai rapporti ancora in corso, trattandosi di contratto di durata, la predetta norma è causa di nullità sopravvenuta.

10 Giunta all esame della Corte Costituzionale, la questione è stata risolta con la sentenza n. 204/97, la quale, pur affermando il carattere non innovativo della Legge 154/92 e la conseguente non applicabilità ai rapporti preesistenti, ciò non implica che la disciplina precedente acquisti carattere ultrattivo, tale da consentire che la garanzia personale prestata dal fideiussore assista non solo le obbligazioni principali sorte prima dell entrata in vigore della legge 154/92, ma anche quelle successive, in modo da attribuire efficacia permanente alla illimitatezza del rapporto di garanzia In questo contesto interpretativo, la diversità di disciplina tra fideiussioni prestate prima o dopo l entrata in vigore della legge di riforma non configura alcuna ingiustificata disparità di trattamento di situazioni identiche, ma rispecchia, piuttosto, la diversa qualificazione degli atti, nel tempo, da parte del legislatore( ). Concludendo questa disamina circa le principale posizioni dottrinali e giurisprudenziali in tema di fideiussioni omnibus, vi è da ribadire come, i dubbi circa la validità di siffatta clausola contrattuale permangono, in quanto è ben difficile considerare il debitore un terzo imparziale estraneo alla contrattazione in sede di determinazione dell oggetto della prestazione Spesso, infatti, il contratto di fideiussione si configura nella realtà dei traffici come trilatero e comunque, anche quando è configurabile un contratto tra fideiussore e banca a favore del terzo, il terzo (cioè il debitore) è certamente interessato ad ottenere il credito. Infine, è proprio di questi giorni la notizia secondo cui il nuovo schema di fideiussioni omnibus, messo a punto dall Abi con dieci associazioni di consumatori e che era già pronto per essere girato a tutte le banche, non ha

11 passato l esame dell Antitrust sul presupposto che tale contratto tipo, contiene clausole idonee a restringere la concorrenza, poiché propone condizioni contrattuali uniformi per regolare i rapporti banca - cliente nell accesso al credito assistito da questa forma di garanzia personale. Secondo l Antitrust, l Abi si è sostituita all autonomia contrattuale delle parti, stabilendo regole suscettibili di impedire quell efficace forma di concorrenza rappresentata dalla differenziazione dell offerta. In definitiva, continua l Antitrust, L Abi detta una disciplina significativamente non equilibrata degli interessi delle parti contraenti e così facendo tradisce la ratio della legge 154/92 in materia di trasparenza bancaria che, come ampiamente illustrato, ha modificato la precedente disciplina codicistica introducendo garanzie in favore del fideiussore. Avv. Francesco Opice Studio Legale Marsicano - Roma

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