UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI M.FANNO CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN ECONOMIA E MANAGEMENT PROVA FINALE PROGETTARE E VALUTARE INTERVENTI FORMATIVI IN AZIENDA APPLICAZIONE: IL CASO ASKOLL RELATORE: CH.MO PROF. LORENZO FORNI LAUREANDA: MARIA SASSO MATRICOLA N ANNO ACCADEMICO

2 INDICE INTRODUZIONE... 2 CAPITOLO IL PROCESSO FORMATIVO Premessa L analisi dei fabbisogni La progettazione La valutazione Conclusioni... 9 CAPITOLO LA VALUTAZIONE DELLA FORMAZIONE Le definizioni Il modello di Kirkpatrick Gradimento Apprendimento Comportamento Risultati La rivalutazione delle assunzioni Le evoluzioni I modelli di efficacia della formazione Conclusioni CAPITOLO IL CASO ASKOLL Premessa sull azienda Il contesto L approccio L individuazione delle competenze L analisi dei gap formativi L interpretazione dei risultati La progettazione La valutazione Il questionario di gradimento Conclusioni BIBLIOGRAFIA

3 INTRODUZIONE L approccio delle aziende alla formazione dei dipendenti ha subito una notevole evoluzione nel corso dell ultimo secolo e si è progressivamente allineato ai cambiamenti che hanno interessato le dinamiche di mercato, lo scenario competitivo, la valorizzazione del capitale umano e l organizzazione del lavoro. Il punto di partenza di tale evoluzione è stato il taylorismo che, sviluppatosi in America nel primo decennio del secolo scorso, aveva come obiettivo la massimizzazione della produttività industriale. A causa dell estrema parcellizzazione del processo produttivo originatasi da tale corrente organizzativa, la formazione dei lavoratori era assimilabile ad un mero addestramento e prevedeva la trasmissione di semplici routine operative necessarie a svolgere il compito. In accordo con questa visione meccanicista del lavoro e della formazione, l aspetto progettuale degli interventi ed il loro impatto in termini di motivazione dei destinatari erano del tutto ignorati. Intorno agli anni 60, con il rapido sviluppo tecnologico e la rivalutazione della dimensione emotiva e relazionale dell individuo, è emersa la necessità di rendere i dipendenti flessibili alle evoluzioni tecnico-scientifiche del periodo, nonché di rivalutare l importanza degli aspetti socio-psicologici del lavoro. La concezione della formazione è passata, quindi, da addestramento a processo di sviluppo a sostegno della motivazione e delle esigenze strategiche dell organizzazione (Bianchi e Di Giovanni, 2000). Negli ultimi trent anni, la crescente internazionalizzazione dei business e la necessità di sapersi adattare al cambiamento hanno accentuato il ruolo di asset strategico del capitale umano, allontanando la formazione dalla rigidità e spersonalizzazione che l avevano precedentemente caratterizzata. Essa è stata progressivamente orientata alla trasmissione di guide lines tali da stimolare le abilità di ragionamento e problem solving; le attività di training, inoltre, hanno assunto una notevole valenza anche per i dipendenti, i quali si sono dimostrati sempre più attratti dalla possibilità di sviluppare le proprie competenze e di fare carriera all interno dell azienda (Brewer, 2007). Di seguito sarà trattato in modo più analitico il tema della formazione in azienda, in particolare, nel primo capitolo sarà proposta una descrizione teorica delle fasi che compongono il processo formativo; nel secondo capitolo sarà approfondita la fase valutativa tramite la presentazione dei principali modelli di riferimento; nel terzo capitolo sarà descritto il Caso aziendale Askoll che fornirà un esempio di concreta progettazione di un intervento di training customizzato. 2

4 CAPITOLO 1 IL PROCESSO FORMATIVO Nel corso della sua evoluzione, la formazione è cambiata sia a livello metodologico, rispetto alle modalità di progettazione ed erogazione degli interventi, che a livello semantico, grazie alla sua ridefinizione in termini di processo. In questo capitolo sarà descritta l articolazione dell iter formativo nelle sue fasi di analisi dei fabbisogni, progettazione e valutazione. 1.1 Premessa La predisposizione di un percorso formativo per i dipendenti assume un differente grado di complessità a seconda della scelta di esternalizzare o internalizzare l erogazione del corso. Nel primo caso l organizzazione dell intervento è affidata ad enti esterni, conseguentemente, l azienda si limita a provvedere all iscrizione dei partecipanti e, nel caso cui l attività sia svolta presso l azienda stessa, a predisporre spazi idonei per lo svolgimento delle attività. Nel secondo caso, invece, è compito del responsabile della formazione definire gli aspetti progettuali dell intervento, sia con riferimento alle modalità e ai contenuti didattici, che ad aspetti più operativi quali, ad esempio, il reperimento del materiale necessario e di un docente interno competente. 1.2 L analisi dei fabbisogni La formazione dei dipendenti costituisce per le aziende una risorsa strategica ed allo stesso tempo un notevole investimento, per questo motivo si è diffusa una crescente sensibilità nei confronti della fase di analisi dei fabbisogni con lo scopo di focalizzare gli interventi erogati sulle reali necessità dei destinatari, evitando spese improduttive e facendo dello sviluppo delle Risorse Umane un potenziale vantaggio competitivo. Questa fase dovrebbe concretizzarsi nella raccolta di dati attinenti tre variabili, quali l organizzazione, il compito e le persone (Quaglino e Carrozzi, 1995), al fine di determinare l esistenza di possibili fabbisogni organizzativi, professionali ed individuali. Costituiscono fabbisogni organizzativi, o come definiti da Mosca (2012), Formazione istituzionale al ruolo, quelli derivanti da cambiamenti nella strategia aziendale tali da portare alla nascita di nuovi ruoli o alla ridefinizione di quelli esistenti in termini di competenze richieste; ne sono un esempio i gap linguistici dei dipendenti originati dalla delocalizzazione di uno 3

5 Il processo formativo stabilimento, oppure i fabbisogni formativi generati dall introduzione di un nuovo modello produttivo o software di progettazione. I fabbisogni professionali, o Accrescimenti di competenze sul ruolo (Mosca, 2012), possono sorgere a fronte di un difetto di competenze tale da generare una prestazione lavorativa sotto la media, nonché a causa di scostamenti evidenti tra performance attesa e attuale. In questo caso i dati da rilevare attengono l analisi del compito e sono tipicamente individuati tramite la determinazione dei differenziali tra le conoscenze, le capacità e gli atteggiamenti richiesti dalla Job Specification della posizione e quelli in possesso del dipendente. Infine, i fabbisogni individuali vedono come perno d analisi il potenziale e le prospettive di crescita del singolo lavoratore, focalizzandosi sull erogazione di corsi allineati al piano di sviluppo personale (Costa e Gianecchini, 2013). Gli strumenti utilizzabili per il rilevamento dei fabbisogni formativi sono molteplici e l impiego dell uno o dell altro dipende principalmente dall oggetto di valutazione, dal tipo di dati che si desidera rilevare e dalla disponibilità di tempo. L osservazione diretta è utile se si desidera analizzare il comportamento del dipendente sul campo e può essere attuata con il consenso del lavoratore o a sua insaputa. Il rischio che caratterizza la prima modalità è che il soggetto agisca in modo distorto a causa della pressione dell osservatore, in entrambi i casi, invece, c è la possibilità che l osservatore interpreti ciò che vede in modo arbitrario, allineando i comportamenti osservati alle proprie aspettative. L osservazione, inoltre, richiede tempi lunghi di svolgimento, per questo motivo appare inadeguata nel caso in cui si debba valutare un numero elevato di persone. Questi vincoli all impiego dell osservazione diretta trovano superamento nell uso del questionario, che presenta un diverso grado di strutturazione a seconda che siano poste domande chiuse, aperte od entrambe. I principali vantaggi delle domande chiuse sono la minimizzazione dei tempi di somministrazione, la maggiore oggettività della rilevazione e la possibilità di quantificare e comparare i risultati. Le domande aperte, al contrario, possono porre problemi interpretativi e, richiedendo maggiori tempi di risposta, tendenzialmente riducono la disponibilità alla collaborazione (Bianchi e Di Giovanni, 2007; Quaglino e Carrozzi, 1995). Il questionario è impiegato prettamente per rilevare dati attinenti il possesso di nozioni o abilità specifiche; tali informazioni sono usualmente reperite tramite l impiego di test di conoscenza e test psicoattitudinali (Costa e Gianecchini, 2013). L intervista consente di unire formalizzazione e precisione a flessibilità, infatti, le domande possono essere poste in modo più o meno focalizzato lasciando all intervistato un diverso grado di libertà espositiva. I principali limiti di questo strumento risiedono ancora una volta nell interpretazione delle risposte e dei segnali 4

6 Il processo formativo non verbali dell intervistato e nel rischio che le caratteristiche dell intervistatore (ad esempio la posizione gerarchica) o il clima del colloquio (formale o informale) influenzino le risposte del soggetto; l intervistato, ad esempio, potrebbe rispondere in modo distorto al fine di trasmettere una buona immagine di sé, o di soddisfare le aspettative del Manager. Il suo più grande vantaggio risiede nella possibilità di adattare il colloquio al singolo interlocutore focalizzando l attenzione di volta in volta sugli aspetti di maggior interesse; l intervista risulta particolarmente utile per verificare il possesso di competenze trasversali attinenti le dimensioni relazionale e motivazionale del soggetto (Bianchi e Di Giovanni, 2007; Quaglino e Carrozzi, 1995). Il Focus Group consiste in un intervista di gruppo volta alla rilevazione di informazioni e pareri inerenti il contenuto dell intervento formativo ed è finalizzato a verificare i motivi per cui esso debba essere erogato (Mosca, 2012). I suoi vantaggi principali sono la profondità di analisi e la creazione di un clima meno teso rispetto al colloquio one to one; il maggior limite, invece, risiede nella necessità di impiegare personale qualificato capace di gestire le dinamiche relazionali e di mantenere l attenzione sull oggetto del dibattito (Bianchi e Di Giovanni, 2007). Quelli appena descritti sono i principali strumenti di rilevazione delle esigenze formative, tuttavia, non sempre l implementazione di metodi analitici è funzionale o necessaria in questa fase. Si ricorre all impiego di strumenti strutturati principalmente quando l organizzazione si trova ad affrontare un problema associato a performance individuali deficitarie, ponendosi la necessità di valutare l esistenza e l entità dei gap formativi; allo stesso modo, si privilegia un analisi di dettaglio nel caso in cui si desideri progettare un intervento di sviluppo customizzato sulle specifiche esigenze dei destinatari. Si pensi, ad esempio, alla necessità di predisporre un analisi dei fabbisogni per un dipendente che abbia ottenuto una promozione e, potenzialmente, presenti delle lacune in merito alle competenze richieste dal nuovo ruolo. La partecipazione ad un corso non nasce sempre da una puntuale analisi dei fabbisogni; a volte è lo stesso dipendente ad esprimere, con il consenso del Manager, il proprio interesse nei confronti di un offerta formativa, altre volte la partecipazione è suggerita dal superiore gerarchico o dal responsabile della formazione; infine, il verificarsi di eventi particolari, come un nuovo inserimento, implica in modo automatico il sorgere di un fabbisogno informativo che sarà colmato senza la necessità di procedere ad una strutturata analisi dei gap. In merito a quest ultimo punto si pensi, ad esempio, alla formazione sulla sicurezza in azienda che viene erogata in modo standard a tutti i neoassunti. 5

7 Il processo formativo In conclusione, sebbene sia fondamentale la definizione di una best practice che guidi la fase di analisi dei fabbisogni, è necessario che le aziende siano flessibili e sappiano individuare di volta in volta la modalità più consona di rilevazione. 1.3 La progettazione Obiettivi. A seguito dell analisi dei fabbisogni, la questione prioritaria riguarda la definizione di obiettivi formativi SMART (Simple, Measurable, Attainable, Relevant, Time bound), che costituiscono i driver delle scelte di progettazione, nonché una variabile di notevole impatto sull atteggiamento dei dipendenti nei confronti della proposta di training (Costa e Gianecchini, 2013). A sostegno dell importanza della chiara definizione degli obiettivi si staglia la Teoria dell Aspettativa di Vroom (si vedano Costa e Gianecchini 2013, p.81) secondo cui, la forza motivazionale di un comportamento sarebbe determinata dall interesse nei confronti della ricompensa attesa (Valenza), dalla fiducia nella possibilità di raggiungere l obiettivo (Aspettativa) e dalla convinzione che al raggiungimento dell obiettivo seguirà la ricompensa (Strumentalità). Applicando questa teoria all ambito formativo, emerge l impossibilità di far prescindere il comportamento dei dipendenti dalla definizione di ciò che l azienda si aspetta dalla loro partecipazione all attività formativa e dal valore che attribuisce al raggiungimento dei risultati. Allo stesso modo, la teoria del Goal Setting (si veda Loi 2004, p.17) evidenzia come la definizione di obiettivi di performance sfidanti ma raggiungibili stimoli il soggetto ad apprendere ed applicare i contenuti necessari al perseguimento dei risultati prefissati; in tal senso è fondamentale che i goal formativi siano calibrati sul destinatario dell intervento al fine di promuoverne l impegno e la motivazione. Gli obiettivi di apprendimento sono definiti sui tre piani del sapere, saper fare e saper essere, a seconda che il focus dell intervento sia l aumento di nozioni teoriche, l accrescimento di conoscenze e saperi pratici direttamente applicabili al job, o l analisi e il miglioramento del proprio modo di operare nel contesto lavorativo, sia in termini di capacità di problem solving che di gestione delle relazioni sociali (Quaglino e Carrozzi, 1995). Docenza. La scelta della docenza si basa principalmente sul tipo di nozioni che devono essere trasmesse; se si tratta di saperi specialistici è necessario affidare il ruolo di formatore ad un soggetto esterno che abbia un livello di conoscenza ed aggiornamento adeguati alla materia da trattare; si predilige altresì l esternalizzazione se, al contrario, si desidera formare in ambiti non strettamente attinenti al business, quali ad esempio le lingue. La docenza interna è preferita nei casi in cui alcuni dipendenti abbiano i requisiti necessari sia in termini di 6

8 Il processo formativo conoscenze che di idoneità all insegnamento, nonché nei casi in cui si desideri trasmettere informazioni firm specific e sviluppare la trattazione delle tematiche anche sulla base del vissuto organizzativo (Costa e Gianecchini, 2013). Metodi didattici. Se il docente è interno è necessario procedere con la scelta delle modalità didattiche; tale scelta è strettamente associata ai contenuti che si desidera trasferire. A fronte di conoscenze teoriche si privilegia la lezione frontale, così da ottimizzare costi e tempi di erogazione dell intervento; se deve essere trasmesso un saper fare si opta per attività di affiancamento più o meno formalizzate, rispettivamente mentoring o training on the job; se i contenuti presentano sia una dimensione nozionistica che risvolti pratici sono impiegate simulazioni o esercitazioni che permettano sia l acquisizione di framework teorici che una loro contestualizzazione ed applicazione; se la formazione è orientata allo sviluppo del singolo dipendente si ricorre tipicamente al coaching o al counseling, a seconda che ci si focalizzi sullo sviluppo dell efficienza professionale o sulla gestione dell emotività; infine, se l interesse è rivolto all analisi delle dinamiche relazionali ed emotive e al potenziamento delle capacità di problem solving, allora le scelte ottimali ricadono su attività che coinvolgono l interazione tra soggetti (T-Group), la capacità di risolvere problemi e gestire le relazioni intragruppo (Action Learning) anche in condizioni inusuali, esterne al business o di elevato stress (Outdoor Training) (Costa e Gianecchini, 2013). Destinatari. In caso di internalizzazione, una volta individuati i destinatari potrebbe essere funzionale un loro raggruppamento sulla base di criteri che tengano conto della loro posizione gerarchica, età ed esperienza, al fine di favorire la distensione del clima formativo e la predisposizione di attività il più possibile rispondenti alle esigenze dei partecipanti (Costa e Gianecchini, 2013). In generale, sarebbe utile che al momento della rilevazione di una proposta formativa l azienda provvedesse ad individuare potenziali altri interessati all intervento, così da evitare l insorgere di una stessa esigenza a distanza di tempo. Si noti, tuttavia, che per potrebbe risultare improduttivo oltre che oneroso far partecipare troppe persone alla medesima attività di training, per questo motivo spesso è disposta la partecipazione di alcuni rappresentanti incaricati di provvedere ad una successiva condivisione dei contenuti con i colleghi. 7

9 Il processo formativo 1.4 La valutazione Valutare il raggiungimento degli obiettivi prefissati è fondamentale per evitare che possibili errori commessi in fase di progettazione siano reiterati in futuro; nel caso in cui il feedback sia positivo, inoltre, la valutazione costituisce per l azienda un incentivo ad investire in formazione e per i dipendenti uno stimolo a partecipare alle attività di sviluppo. Questa fase può essere scomposta in tre momenti successivi, quali la valutazione ex ante, in itinere ed ex post, ciascuno focalizzato su aspetti diversi di analisi (Costa e Gianecchini, 2013). La valutazione ex ante ha lo scopo di appurare la fattibilità tecnica dell intervento, nonché di verificare che i motivi e gli obiettivi che ne hanno ispirato l erogazione siano idonei alla decisione di investirci tempo e denaro. Ciò che è valutato in itinere può riguardare sia l adeguatezza di metodi e strumenti impiegati, che il livello di gradimento dei partecipanti e di apprendimento intermedio dei contenuti, così da poter cogliere eventuali segnali di insoddisfazione e correggerli in corso d opera. L ultimo momento concerne il tentativo di capire quanto il corso sia stato funzionale al perseguimento degli obiettivi iniziali, nonché a come il loro raggiungimento debba essere misurato. In merito a questo punto si rimanda all approfondimento sulla valutazione della formazione che sarà trattato nel prossimo capitolo; in questa sede mi limito ad evidenziare alcuni generici indicatori di efficienza ed efficacia dell intervento. Sono indicatori di efficienza le ore annue di formazione pro capite e la percentuale di soggetti formati sull organico totale; costituiscono invece indicatori di efficacia il sorgere di un differenziale positivo nella performance lavorativa dei partecipanti, l innalzamento del livello di soddisfazione dei clienti, o un miglioramento nella valutazione dei collaboratori da parte dei superiori (Costa e Gianecchini, 2013). Sebbene molte aziende investano notevoli somme per lo sviluppo dei propri dipendenti, la valutazione della formazione è tendenzialmente disattesa (Bellamìo, 2009). In genere tale disinteresse si associa a particolari contesti culturali aziendali e/o a particolari caratteristiche del percorso formativo, tra cui: la sfiducia da parte della Direzione nei confronti dell utilità della formazione; la scarsa precisione nella definizione degli obiettivi formativi e la conseguente difficoltà nel definire ciò che dovrebbe essere effettivamente valutato; la mancanza di personale dotato delle competenze necessarie per la realizzazione e l implementazione di strumenti di valutazione; la presenza di situazioni di formazione occasionale ( spot ), caratterizzate da una modesta complessità organizzativa e/o contenuti non particolarmente strategici. 8

10 Il processo formativo 1.5 Conclusioni Alla luce delle evoluzioni che hanno interessato la formazione continua negli ultimi anni è evidente come lo sviluppo del capitale umano costituisca una risorsa essenziale per le aziende. Nell ottica di massimizzare motivazione, identificazione e commitment dei lavoratori, nonché il ritorno dell investimento in formazione, sarebbe opportuno che le organizzazioni dimostrassero un atteggiamento positivo nei confronti delle attività formative, adoperandosi alla progettazione di percorsi il più possibile rispondenti alle necessità dei dipendenti ed alle loro esigenze di sviluppo. 9

11 CAPITOLO 2 LA VALUTAZIONE DELLA FORMAZIONE Nel presente capitolo sarà approfondita la terza fase dell iter formativo, ossia la valutazione. Nel primo paragrafo sarà brevemente descritta la differenza tra valutazione ed efficacia della formazione e successivamente saranno presentati i principali modelli teorici di riferimento. Il modello di Kirkpatrick costituirà il benchmark per la trattazione dell intero capitolo. 2.1 Le definizioni Il concetto di Training Evaluation non presenta una definizione univoca; tra gli autori che hanno dato una personale interpretazione alla questione, Gianpiero Quaglino evidenzia come..quando si parla di valutazione dei risultati di solito ci si riferisce in particolare all attività di ricerca e di individuazione dei cambiamenti intervenuti nei partecipanti ad un corso di formazione dal momento della conclusione di tale esperienza e che possono essere ritenuti come effetti ovvero come risultati del corso stesso. (2005, p.113). Seppur non esista ad oggi un parere universale in merito alla definizione di valutazione e del suo oggetto, appare particolarmente esaustivo e rappresentativo anche il pensiero di Domenico Lipari, che scrive: Il valutatore può essere mosso da una pluralità di scopi [ ] da un lato, quelli più direttamente rivolti alle dimensioni individuali del processo formativo; in questo caso l orientamento è rivolto ad accertare il raggiungimento dei traguardi di apprendimento dei singoli soggetti in formazione; [ ] da un altro lato emerge una caratterizzazione degli scopi diversa se la valutazione sposta il suo centro di interesse sulle dimensioni d insieme del processo formativo (1995, p.150). Lipari precisa maggiormente l oggetto di analisi identificando il cambiamento di interesse con l acquisizione dei contenuti trasmessi, inoltre, egli fa riferimento all adeguatezza delle modalità di svolgimento del processo formativo e degli strumenti impiegati. In generale, le variabili coinvolte più frequentemente nelle definizioni di Training Evaluation riguardano il rapporto costi-benefici dell investimento formativo, il soddisfacimento delle esigenze dei partecipanti e la comparazione tra i risultati attesi e quelli effettivamente raggiunti. Un estrema sintesi delle definizioni proposte in merito alla valutazione della formazione è rappresentata da quelle che Scriven considera le tre domande chiave di questa fase, ossia: l intervento formativo ha creato valore? Era possibile realizzare il processo in modo più efficace? Sono stati raggiunti gli obiettivi prefissati? (Si veda Brewer 2007, p. 23). 10

12 La valutazione della formazione A partire dalla seconda metà del secolo scorso molti autori hanno approfondito il tema della valutazione della formazione proponendone diversi modelli teorici; alcuni studiosi, tuttavia, si sono spinti oltre la semplice analisi valutativa estendendo il concetto di Training Evaluation all individuazione dei fattori a monte del raggiungimento degli obiettivi formativi e alla valutazione del Transfer of training, ossia dell applicazione pratica di quanto appreso (Loi, 2004). Questi sviluppi hanno portato al sorgere del dualismo tra valutazione ed efficacia della formazione: mentre la valutazione in senso stretto si è associata all identificazione dei goal formativi attesi ed alla verifica del loro raggiungimento, gli studi sull efficacia hanno individuato nel trasferimento il fine ultimo del processo formativo e si sono interessati ad esaminarne le principali determinanti. Di seguito saranno descritti i principali modelli di valutazione ed efficacia della formazione sviluppatisi a partire dagli studi di Kirkpatrick. 2.2 Il modello di Kirkpatrick Il modello gerarchico di Kirkpatrick (1967) risulta ad oggi il più utilizzato e condiviso in tema di valutazione della formazione. L autore propone uno schema valutativo articolato sui quattro livelli di Reazioni, Apprendimento, Comportamento e Risultati, al fine di valutare diversi aspetti ed obiettivi associati alla partecipazione dei dipendenti ad attività formative (si vedano Costa e Gianecchini 2013, pp ). Le assunzioni che ispirano l elaborato di Kirkpatrick riguardano la sequenzialità dei livelli, l esistenza di un rapporto causale tra i risultati di ciascuno di essi, e la presenza di correlazione positiva tra i diversi step di valutazione (Alliger e Janak, 1989). In base a tali assunzioni, il modello è strutturato secondo l analisi di una serie ordinata di criteri, dal meno informativo al più approfondito (Sequenzialità), dove il raggiungimento di una valutazione di soglia nel livello precedente costituisce una condizione necessaria, ma non sufficiente, al realizzarsi dell outcome successivo (Causalità). Secondo l autore, inoltre, il grado di raggiungimento di uno degli obiettivi più a monte (Gradimento, Apprendimento, Comportamento) determinerebbe l andamento delle valutazioni seguenti (Apprendimento, Comportamento, Risultati); ad esempio, i corsi che hanno registrato un elevato livello di gradimento dovrebbero garantire un risultato positivo in termini di apprendimento, o, quantomeno, un livello di apprendimento superiore rispetto a quello ottenibile da corsi meno graditi (Correlazione). 11

13 La valutazione della formazione Gradimento L obiettivo di questa prima fase è la rilevazione del giudizio dei partecipanti in merito ad alcuni aspetti attinenti l organizzazione e lo svolgimento del corso, tra cui, l utilità dei contenuti, l adeguatezza delle modalità didattiche, dei materiali e dei supporti impiegati, la competenza dei docenti e la percezione del grado di complessità degli argomenti. A causa del carattere qualitativo e soggettivo delle informazioni rilevate, il gradimento non può che marginalmente intendersi come rappresentativo della reale utilità ed efficacia dell intervento; in genere, inoltre, i partecipanti sottovalutano la rilevanza del loro giudizio e sono poco disponibili ad investire del tempo in tale attività valutativa. Per i suddetti motivi, in questa fase sono preferibili modalità di indagine semplici ed immediate, quali i questionari strutturati e le discussioni di fine intervento (Coinu, 2007). In generale, mentre la standardizzazione, ed eventualmente l anonimato, del questionario a domande chiuse consente il reperimento di dati poco distorti e facilmente analizzabili, la discussione, pur costituendo un potenziale vincolo alla libera espressione del proprio pensiero, permette la raccolta di informazioni più varie ed approfondite, soprattutto se si desidera reperire suggerimenti e critiche sugli aspetti progettuali del corso (Quaglino e Carrozzi, 1995) Apprendimento Con apprendimento s intende l acquisizione di nuove conoscenze, abilità e tecniche funzionali allo svolgimento o al miglioramento dell attività lavorativa. Ciascuna delle tre tipologie di apprendimento (sapere, saper fare, saper essere) si associa tendenzialmente a diverse modalità di valutazione dei risultati. Se l obiettivo è appurare l acquisizione di nozioni teoriche, il test di conoscenza rappresenta lo strumento più utilizzato; esso si compone tipicamente di domande a risposta multipla, veri e falso e frasi a completamento attinenti i contenuti trasmessi. Al contrario, se si desidera verificare l acquisizione di saperi pratici si può ricorrere all impiego di simulazioni, richiedendo ai partecipanti di applicare ad una potenziale situazione lavorativa i concetti appresi (Costa e Gianecchini, 2013). La valutazione dell apprendimento integra notevolmente le informazioni reperite nella fase precedente, ciononostante, un buon livello di acquisizione dei contenuti non costituisce una garanzia alla loro applicazione e, quindi, non è sempre un buon indicatore dell utilità del corso. 12

14 La valutazione della formazione Comportamento Oggetto di questo momento valutativo è la verifica dell implementazione in sede lavorativa dei concetti appresi tramite formazione; tale livello di analisi dovrebbe far emergere un differenziale tra la prestazione lavorativa pre e post formazione. Volendo valutare il comportamento del soggetto nel contesto lavorativo, l osservazione, seppur con i limiti esposti in precedenza, risulta essere particolarmente indicativa (Quaglino e Carrozzi, 1995). Per ovviare alla relativa affidabilità dello strumento si può ricorrere all intervista situazionale con lo scopo di rilevare, anche se in modo astratto ed ipotetico, la modalità con cui l intervistato affronterebbe un problema posto dall interlocutore. Se condotta prima e dopo l intervento, l intervista situazionale permette di rilevare delle variazioni comportamentali potenzialmente attribuibili alla partecipazione al corso. Si noti che, per quanto la valutazione comportamentale possa risultare significativa nello stabilire se il corso sia stato funzionale ad un miglioramento dell attività lavorativa, l applicazione dei contenuti rilevata nel breve termine non garantisce il mantenimento del nuovo modus operandi in futuro; allo stesso modo, non è detto che una mancata applicazione registrata nel breve periodo precluda un successivo e graduale cambiamento comportamentale Risultati La valutazione dei Risultati rappresenta la dimensione più ostica e per certi versi inaffidabile dell intero modello in quanto attinente la misurazione dell impatto organizzativo degli interventi formativi. L oggetto di valutazione è il contributo di questi ultimi al miglioramento dei risultati aziendali, che sono tipicamente misurati in termini di soddisfazione dei clienti, qualità dell output, e riduzione di costi o errori produttivi (Coinu, 2007). A causa della difficoltà di isolare gli effetti della formazione su tali indicatori, se i corsi non presentano una particolare valenza strategica, la maggior parte delle organizzazioni decide di concludere l attività valutativa alle fasi precedenti. 2.3 La rivalutazione delle assunzioni In merito alla fondatezza delle assunzioni del modello gerarchico, il contributo principale è giunto dagli studi di Alliger e Janak (1989). L unica puntualizzazione fatta degli autori sull assunzione relativa all apporto informativo dei livelli di valutazione concerne l utilità dell integrale applicazione del modello gerarchico. Secondo gli autori, non tutti gli interventi di training presentano un importanza tale da 13

15 La valutazione della formazione richiedere una valutazione articolata su tutte e quattro le fasi descritte; per attività di breve durata o di scarno contenuto, infatti, potrebbe ritenersi poco affidabile se non addirittura inutile una valutazione che vada oltre l apprendimento. Per quanto concerne l assunzione di causalità, dagli studi è emerso che, mentre appare confermata la relazione causale tra Apprendimento e Comportamento, risulta meno plausibile la causalità tra Reazioni e Apprendimento, e tra Comportamento e Risultati. Come già accennato, per la sua natura puramente emotiva e personale, non è pensabile che il gradimento sia condizione necessaria all effettiva acquisizione di contenuti, o, più evidentemente, che una reazione positiva si traduca sempre in apprendimento. In merito alla relazione tra Comportamento e Risultati, invece, la critica ne ha proposto una ridefinizione in termini bidirezionali. Questa modifica è stata motivata dalla duplice natura dei risultati organizzativi che, se da un lato possono essere considerati come outcome del miglioramento nella performance lavorativa, dall altro, possono intendersi come rinforzi e cause al mantenimento di tale miglioramento. Per quanto concerne l assunzione di correlazione tra i criteri, dall analisi condotta è emersa una sostanziale incorrelazione tra Reazioni di gradimento e le altre variabili (Alliger, 1998). Nello studio in esame i criteri sono stati parzialmente ridefiniti: le Reazioni sono state distinte in affettive, ossia di personale apprezzamento del corso, e di utilità, intese come percezione della possibilità di applicare in sede lavorativa le nozioni apprese e di trarre da tale applicazione un miglioramento di performance; l Apprendimento è stato scomposto in apprendimento di nozioni e di abilità; i livelli di Comportamento e Risultati organizzativi sono rimasti invariati. Lo studio ha rilevato correlazioni significative tra le sottodimensioni dei primi criteri, e correlazioni irrisorie tra criteri diversi; in particolare, le Reazioni affettive sono risultate il fattore che presenta la correlazione con gli altri più prossima a zero, mentre sono parse leggermente più indicative le Reazioni di utilità. Aldilà della puntuale analisi dei dati rilevati, lo studio condotto ha supportato ed enfatizzato la conclusione secondo cui il primo step di valutazione non può essere inteso come predittivo degli altri outcome formativi. 2.4 Le evoluzioni I due framework valutativi più coerenti con il modello gerarchico sono stati proposti da Phillips e Kaufman & Keller, mentre i modelli CIRO e CIPP si sono maggiormente scostati dallo stesso benchmark. Il contributo di Phillips ha riguardato l introduzione del ROI (Return On Investment) della formazione come quinto livello valutativo. L approfondimento proposto dall autore è di 14

16 La valutazione della formazione natura finanziaria ed ha lo scopo di misurare il ritorno dell investimento in formazione tramite la monetizzazione dei costi e dei benefici ad essa associati. Nonostante il potenziale apporto informativo di tale indice, la necessità di isolare gli effetti della formazione sui miglioramenti organizzativi rilevati e, successivamente, di quantificarli, pone un notevole limite al suo impiego (si veda Brewer 2007, pp.26-27); si pensi, ad esempio, di dover calcolare il ROI di un corso sulle attività di Reception per un azienda industriale. La critica mossa da Kaufman e Keller (1995) al modello gerarchico ha riguardato la sua eccessiva focalizzazione sulla valutazione della formazione. Gli autori hanno evidenziato la necessità di elaborare un framework più ampio che permetta di valutare anche altri tipi di attività orientate al miglioramento delle performance. In tale prospettiva, essi hanno proposto un ampliamento al modello di Kirkpatrick tramite l introduzione di un quinto Mega livello di analisi, così definito in quanto volto a misurare il valore apportato a Società e Clienti dalle attività di performance improvement dei dipendenti. I modelli CIRO, di Warr, Bird e Rackham (1970), e CIPP, di Stufflebeam (1983), si sono allontanati maggiormente dall elaborato di Kirkpatrick provvedendo alla ridefinizione degli elementi coinvolti nel processo di valutazione; nello specifico, mentre entrambi i modelli considerano le variabili di Contesto e Input, il primo si completa con l analisi di Reazioni ed Outcome, il secondo con quelle di Processo e Prodotto (si veda Brewer 2007, pp.27-28). Secondo gli autori è inizialmente necessario valutare il contesto organizzativo ed identificare, a partire da questo, i fabbisogni e gli obiettivi formativi (Contesto). In secondo luogo, dovrebbero essere valutate le risorse disponibili, sia in termini monetari che didattici (materiali, docenti, spazi,..), così da progettare le attività in modo rapido ed efficace (Input). In seguito, mentre nel modello CIRO dovrebbe essere rilevata la Reazione dei partecipanti, ossia un giudizio di customer satisfaction integrato da eventuali suggerimenti in merito all organizzazione dell intervento, nel modello CIPP dovrebbe essere svolta un analisi del Processo, ossia una verifica della lineare e corretta implementazione dell intervento. Gli ultimi livelli di Outcome e Prodotto hanno un significato simile nei due modelli, in quanto si riferiscono entrambi all analisi dei risultati conseguititi. Nel primo caso i risultati riguardano i livelli di apprendimento (Immediate level), applicazione dei contenuti (Intermediate level) e miglioramento dei risultati organizzativi (Ultimate level); nel secondo caso, invece, si fa un generico riferimento ai risultati attesi e inattesi di breve o lungo periodo (Stufflebeam and McKee, 2003). 15

17 La valutazione della formazione Context Input Reaction Process Outcome Product Fig. 1 Modello CIRO e Modello CIPP 2.5 I modelli di efficacia della formazione Ad ampliare la prospettiva valutativa degli autori sopra citati si stagliano gli studi sull efficacia della formazione. Di seguito saranno descritti i contributi di Noe, Baldwin & Ford e Holton all approfondimento del modello gerarchico. Il modello elaborato da Noe (si veda Loi 2004, pp.27-30) può essere inteso come un integrazione a quello di Kirkpatrick in quanto inclusivo della definizione delle variabili più influenti sul raggiungimento degli obiettivi formativi. L unica modifica apportata dall autore alla gerarchia dei risultati riguarda il ruolo delle Reazioni di gradimento che, coerentemente con gli studi condotti sulle assunzioni del modello, sono state declassate da primo outcome formativo ad influenza secondaria dell Apprendimento. Con riferimento alle variabili a monte del processo di trasferimento, l autore individua nella motivazione ad apprendere e nella motivazione a trasferire il fattori di maggior impatto, che sarebbero rispettivamente determinati dal possesso di un locus of control interno o esterno e dal contesto organizzativo. Il contesto organizzativo è definito in termini di supporto sociale da parte di supervisori e pari, e di opportunità o vincoli all applicazione di quanto appreso (Holton, 1996). Si consideri, ad esempio, il caso in cui il Manager non dimostri fiducia nel dipendente o non si preoccupi di evidenziare i suoi miglioramenti; oppure alla situazione in cui il lavoratore non abbia a disposizione le tecnologie adatte all implementazione dei nuovi saperi. Il possesso di un locus of control interno indica un elevata fiducia in se stessi e nella convinzione di poter autocontrollare gli eventi della propria vita; al contrario, un locus of control esterno è indice di bassa autostima e della tendenza ad attribuire i propri risultati a 16

18 La valutazione della formazione fattori esterni. La tesi sostenuta dall autore è che persone con un locus of control interno sono più disposte ad affrontare in modo positivo e produttivo i percorsi formativi, sono più coinvolti sul lavoro e più attivi nella pianificazione della loro carriera; inoltre, essi sono maggiormente inclini ad accettare feedback negativi di valutazione ed a colmare i propri gap formativi. Nel loro elaborato Baldwin & Ford (1997) si scostano maggiormente dal modello gerarchico, definendo due soli obiettivi formativi, ossia, Apprendimento & Ritenzione, e Generalizzazione & Mantenimento. I primi sono intesi come grado di effettiva acquisizione dei contenuti al termine del corso; i secondi, invece, come livello di applicazione in ambito lavorativo di quanto appreso e di mantenimento delle nuove abilità nel tempo. Nella definizione dei fattori più influenti sul raggiungimento degli obiettivi citati, gli autori integrano il modello di Noe con l introduzione della variabile di contesto formativo (Training design). A loro avviso, l acquisizione delle nozioni sarebbe influenzata, oltre che dal contesto organizzativo e dalle caratteristiche personali dei partecipanti (assimilabili al concetto di locus of control), anche dall adeguatezza dell attività formativa in termini di principi dell apprendimento utilizzati, di sequenzialità degli insegnamenti e di Job relevance dei contenuti. Il modello proposto da Holton (1996) è considerato la più completa sintesi degli studi precedenti. L autore raggruppa le variabili a monte dei risultati formativi nelle categorie di elementi motivazionali, ambientali e facilitanti, ciascuna delle quali comprenderebbe, seppur con marginali modifiche, i fattori già descritti dagli autori precedenti. Secondo Holton, ogni outcome formativo sarebbe determinato da tre variabili, ciascuna appartenente ad una diversa categoria (Fig.2). La principale variazione rispetto agli altri modelli riguarda il reinserimento dei Risultati organizzativi tra gli outcome formativi; tali Risultati vengono qui espressi in funzione di 1) fattori esterni, quali ad esempio il tasso si assenteismo dei dipendenti o l andamento del mercato; 2) l utilità attesa dell intervento; 3) la percezione che l intervento formativo sia in linea con gli obiettivi, la mission e la strategia aziendali. Il contributo di Holton è stato inoltre notevole con riferimento alla ridefinizione dei rapporti causali tra ciascuna delle variabili del modello. 17

19 La valutazione della formazione Elementi motivazionali Motivazione ad apprendere Motivazione a trasferire Utilità attesa/roi Elementi ambientali Reazioni Stimoli organizzativi al trasferimento Outcomes Apprendimento Performance individuale Fattori esterni Risultati organizzativi Elementi facilitanti Abilità Contesto formativo Coerenza con gli obiettivi organizzativi Fig. 2 Il modello di Holton 2.6 Conclusioni Il contributo degli autori che dalla seconda metà degli anni 70 si sono interessati di valutazione ed efficacia della formazione ha portato ad una significativa evoluzione e rivalutazione del modello di Kirkpatrick. Volendo sintetizzare le modifiche apportate a tale framework, esse hanno riguardato la discussione sull attendibilità delle assunzioni di causalità e correlazione; la ridefinizione dei risultati formativi e del peso da attribuirsi al giudizio di gradimento; la ricerca delle variabili a monte del raggiungimento dei training outcomes. Sebbene molti autori abbiano tacciato il modello di Kirkpatrick come incompleto e semplicistico proponendone versioni sempre più articolate, esso, proprio per la sua linearità ed immediatezza applicativa, costituisce tuttora il riferimento teorico più noto ed usufruito in tema di valutazione della formazione. 18

20 CAPITOLO 3 IL CASO ASKOLL Nel tentativo di concretizzare quanto esposto finora, quest ultimo capitolo sarà dedicato alla descrizione di un progetto formativo creato dall azienda per cui ho svolto la mia attività di Stage. Trattandosi di un percorso realizzato internamente, sono stata coinvolta nel processo di elaborazione dell iter formativo fornendo un supporto operativo alla sua realizzazione. A seguito della progettazione dell intervento, inoltre, ho proposto la rielaborazione del questionario di gradimento che l azienda somministra ai partecipanti al termine di ogni corso. 3.1 Premessa sull azienda Askoll è un azienda multinazionale dedita alla produzione di pompe e circolatori di alta gamma per acquari, elettrodomestici e caldaie ad uso domestico. Il gruppo conta circa 2500 dipendenti in tutto il mondo, e si compone di undici aziende dislocate strategicamente tra Stati Uniti, Europa ed Asia. I valori che ispirano la Mission di Askoll sono innovazione, imprenditorialità, etica, spirito di collaborazione e rispetto per l ambiente; nel tentativo di concretizzare tali principi, l azienda ha saputo creare un giusto bilanciamento tra il proprio Capitale relazionale, umano ed organizzativo. In Askoll è radicata l idea che alla base della buona riuscita di un business ci sia la corretta gestione delle persone che vi lavorano; in questo senso la Direzione ha da sempre promosso lo sviluppo di un clima aziendale informale ed aperto alla condivisione e al confronto; inoltre, ha cercato di creare un Gruppo di aziende, seppur autonome, allineate nei modelli gestionali ed orientate alla cooperazione. A partire dalla convinzione che la produttività degli asset materiali e dei sistemi gestionali ed operativi di un organizzazione dipende strettamente dalla presenza di persone capaci di gestirli e valorizzarli, in ottica di lungo periodo, Askoll ha scelto di investire costantemente in attività di sviluppo e formazione, con l obiettivo di massimizzare il valore apportato dalle Risorse Umane all azienda ed, allo stesso tempo, di accrescerne il potenziale e la motivazione. 3.2 Il contesto La realizzazione di un progetto formativo per alcuni membri di uno stabilimento del Gruppo Askoll è stata stimolata dal rilevamento di un margine di miglioramento nell efficienza della gestione produttiva; in particolare, negli ultimi tempi era emersa la volontà di aumentare la propensione di alcuni lavoratori alla Job Rotation. La polivalenza della manodopera è un 19

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