Oggi. lalettura. Il discorso di Obama nel giardino della Casa Bianca. Accanto, il vicepresidente Joe Biden

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1 DOMENICA 1 SETTEMBRE 2013 ANNO N. 207 In Italia EURO 1,30 Milano, Via Solferino 28 - Tel Servizio Clienti - Tel Fondato nel Roma, Piazza Venezia 5 Tel Gli anticipi della Serie A Napoli e Juve, è già duello Larghe vittorie contro Chievo e Lazio Bocci, Bonsignore, F. Monti, Tomaselli, Ravelli e Sconcerti alle pagine 38 e 39 Oggi lalettura Dibattito delle idee La lezione di don Milani a una professoressa di Beppe Severgnini nel supplemento Gelo di Putin sulle prove contro Assad nelle stragi: «Solo sciocchezze». Letta: noi fuori, ma stiamo dalla parte degli Usa Obama: attaccherò con il sì del Congresso «Siamo pronti ad agire in Siria senza l Onu: anche subito o fra un mese» ARMI DEMOCRATICHE di SERGIO ROMANO Barack Obama corre il rischio di passare alla storia come uno dei più tentennanti presidenti degli Stati Uniti. Nella sua ultima dichiarazione, sul prato della Casa Bianca, ha chiesto un voto del Congresso sull opportunità di un intervento militare contro il regime siriano di Bashar Al Assad. Ma ancor prima di appellarsi ai rappresentanti del Paese aveva annunciato, in una recente intervista alla televisione Pbs, che la sua intenzione era quella di inviare uno shot across the bow, uno di quei colpi di cannone che vengono tirati di fronte alla prua di una nave per intimarle di fermarsi e tornare indietro. Non sappiamo se con l appello al Congresso il presidente americano chieda una formale autorizzazione o voglia più semplicemente metterlo di fronte alle proprie responsabilità. Ma sappiamo che una tale decisione, se adottata, avrebbe in ultima analisi l inconveniente di non piacere a nessuno. Non ai pacifisti americani per cui sarebbe pur sempre un atto di guerra. Non ai paladini dell ingerenza umanitaria e del dovere di proteggere le popolazioni civili, a cui sembrerebbe irrilevante. Non a quella fazione della destra repubblicana, erede dei «neocon», che accusa il presidente di essere debole, inetto, incapace di pestare il pugno sul tavolo nell interesse dell America. Non ai ribelli siriani, convinti che l uso delle armi chimiche avrebbe fatto traboccare il vaso dell indignazione occidentale e segnato la fine di Assad. Non agli alleati internazionali della Siria: Russia, Iran, Cina. Non, infine, alla maggioranza della sua opinione pubblica (una percentuale vicina, sembra, all 80%) per non parlare di quella delle altre maggiori democrazie occidentali. Sono contrari all intervento persino coloro che in altri tempi avevano approvato le guerre di Bush e salutato con soddisfazione l offensiva anglo-franco-americana contro la Libia di Gheddafi. Non è sorprendente. Oggi, dopo l esperienza degli ultimi tredici anni, nessuno può ignorare quali siano stati il costo e gli effetti di quelle guerre. L operazione afghana parve giustificata dal patto che legava Al Qaeda e i suoi fedeli al regime talebano di Kabul. Sostenuti dalla Nato e persino dall Iran, gli americani credettero di avere eliminato la maggiore base di Al Qaeda nel Medio Oriente. Ma nella caccia allo sceicco yemenita si perdettero, come altri eserciti occidentali, nel labirinto delle montagne che separano l Afghanistan dal Pakistan; e di lì a poco lasciarono il Paese agli europei per concentrare ogni loro sforzo sull Iraq di Saddam Hussein. Un altra guerra, un altra vittoria apparente. CONTINUA A PAGINA 5 Il discorso di Obama nel giardino della Casa Bianca. Accanto, il vicepresidente Joe Biden I BIMBI UCCISI CI PARLANO di ANDRÉ GLUCKSMANN Q uei bambini uccisi ci parlano, chiedevano solo di poter continuare a vivere. Le esitazioni di Obama non dipendono da una debolezza di carattere, ma dall affrontare una svolta storica. Per evitare il peggio, occorre fermare lo sterminio sistematico di un intera popolazione. A PAGINA 28 EPA / MICHAEL REYNOLDS Rallenta il conto alla rovescia dell intervento in Siria. «Possiamo colpire ha detto Obama ma prima chiederò l autorizzazione del Congresso». DA PAGINA 2 A PAGINA 6 Danna, Olimpio, P. Rastelli, Valentino Quei vicini pericolosi di Damasco di ANTONIO FERRARI Difficile capire che guerra sarà. Perché l attacco alla Siria non lo vuole nessuno. Il conflitto A PAGINA 6 Il bisogno di convincere l America di MASSIMO GAGGI Obama cerca di uscire dall isolamento coinvolgendo Congresso e opinione pubblica. A PAGINA 3 Giannelli COSÌ INIZIA DAVVERO IL PAPATO DI FRANCESCO di MASSIMO FRANCO Con una iperbole significativa, si dice che il papato di Francesco è cominciato davvero solo ieri. È un omaggio al potere ingombrante rappresentato in questi anni dal segretario di Stato di Benedetto XVI, Tarcisio Bertone; e la conferma che senza la sua rimozione lo spartiacque fra passato e presente rimaneva nebuloso, incompiuto. CONTINUA A PAGINA 9 ALLE PAGINE 8 E 9 Accattoli, Calabrò, Vecchi A PAGINA 28 un commento di Alberto Melloni Risparmi per 5 miliardi nel Firmato il decreto sull Imu Ferrovie, polizia e acquisti Ecco i nuovi tagli alla spesa Interventi sulla rete ferroviaria, ma anche le assunzioni previste per poliziotti e vigili del fuoco. Ecco i nuovi tagli varati dal governo alla spesa pubblica. Risparmi per 5 miliardi nel I ministeri. Stretto fra la necessità di trovare risorse e la promessa di non mettere altre tasse, il governo ha trovato i fondi usando le forbici sulle uscite dello Stato: 300 milioni distribuiti fra tutti i ministeri, con l eccezione significativa della scuola. Gli immobili. È stato firmato intanto ieri il decreto sull Imu prima casa. Confermato lo stop alla rata per le prime case (con l esclusione di quelle di lusso). DA PAGINA 10 A PAGINA 12 Marro Pagliuca, Saldutti, L. Salvia, Santarpia Le nomine 30901> Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano Padiglione Italia di Aldo Grasso Negli spot dei «compro oro» le speranze tradite del Paese Nessuno discute la buona fede, ma ci vuole sensibilità iù Leali di così». Il cantante Fausto Leali ci ha messo la faccia, è «P il caso di dirlo, per sponsorizzare una catena di negozi di «compro oro». Ma anche Renato Pozzetto non è da meno. In uno spot che reclamizza un marchio dei «compro oro» recita la parte del nonno che si è venduto un orologio regalatogli dal figlio per comprare i doni di Natale ai nipoti. In un altro, sempre in coppia con il figlio, sostiene di essersi sbarazzato di qualche «cianfrusaglia d oro» per acquistare un megaschermo: «Così quando sono a casa, anziché aprire il cassetto e guardare l oro, guardo il televisore e mi diverto di più». Beato lui che si diverte, perché i negozi di «compro oro», spuntati come funghi, sono uno dei segnali più laceranti della difficoltà che il Paese sta attraversando. Un italiano su quattro si è rivolto a un «compro oro» nel Lo evidenzia il «Rapporto Italia 2013» dell Eurispes: in un anno, la percentuale è salita dall 8,5% al 28,1%. La crisi rimpingua gli incassi, i negozi del settore sono in crescita e la criminalità ha fiutato il business con una rete sempre più estesa di attività illecite. Lo confermano i dati della Guardia di finanza: nel 2013 sono stati arrestati 52 responsabili di traffico di metalli preziosi, oltre il 200% in più rispetto all anno precedente. Molte famiglie sono costrette a vendere gli anelli, le collanine, gli orecchini, gli orologi conservati per molti anni come piccolo tesoro di famiglia, spesso dall alto valore simbolico. Le difficoltà economiche, il bisogno di denaro contante per arrivare a fine mese fanno sì che persone senza scrupoli ne approfittino per traffici illegali. E i poveri cristi che si vendono l oro non lo fanno certo per portarsi a casa un nuovo televisore! La figura del testimonial, una sorta di garante della pubblicità, è proprio quella di connotare positivamente un servizio davanti agli occhi «ingenui» del consumatore. Nessuno mette in discussione la buona fede di Leali o di Pozzetto (su grandi manifesti stradali sono apparsi anche Anna Falchi, Fabrizio Corona, persino, a sua insaputa, papa Francesco ) né la legittimità delle catene reclamizzate, ma un po di sensibilità in questi casi non guasterebbe. Oro fa oro, ma lealtà fa lealtà. Come stabilito nel testamento, abiti e foto restituiti ai figli Lady D, la fine di un museo di MONICA RICCI SARGENTINI Chiude il museo dedicato a Lady D nella tenuta della famiglia Spencer. Dal 31 agosto 1997, quando la principessa morì in un incidente a Parigi, sono passati 16 anni: eppure venerdì scorso, nell ultimo giorno di apertura, la fila per vedere gli abiti o le foto di infanzia di Diana era lunga e ordinata. Il mausoleo non smobilita quindi per mancanza di visitatori ma perché tutti gli oggetti torneranno ai figli William e Harry, come espressamente previsto dal testamento. A PAGINA 23

2 2 Primo Piano Domenica 1 Settembre 2013 Corriere della Sera Siria L America «Prontiacolpire» Mal interventoscivola dopoil9settembre Obama vuole aspettare la riapertura del Congresso Putin all attacco:«senza senso» le accuse ad Assad WASHINGTON Riecco il temporeggiatore. Tutti si aspettavano l ok per l attacco alla Siria, invece Barack Obama ha preso tempo. Anche parecchio. Pur non disarmando l apparato militare messo in campo, il presidente ha deciso di consultare ilcongresso:agiràsolosecisarà un consenso. E tutto questo nonpotràavvenireprimadel9 settembre, perché i parlamentari sono in vacanza e non è previsto che la interrompano. Se si aggiunge poi che il 17 c è l assemblea generale dell Onu è possibile che l eventuale raid non sia troppo vicino. In mezzo c è il summit del G20, in programma tra qualche giorno in Russia, dove il presidente intende portare la questione per strappare un sostegno. Obama, parlando dal Giardino delle rose alla Casa Bianca, ha ridefinito il percorso di questa crisi tormentata.«ho deciso la risposta (sulla Siria) ha esordito L ordine può arrivare domani, tra una settimana, entro un mese». Ma prima di darlo,obamavuolecheilcongresso discuta e si esprima con un voto autorizzando o meno un operazione militare che la maggioranza del Paese non vuole. Lo ha riconosciuto lo stesso presidente dicendo che gli americani «non amano la guerra» ma «non si può chiuderegliocchisuquantoèavvenuto a Damasco». Un confronto non facile. Con posizioni trasversali, dove si fronteggiano congressisti contrari all opzione armata e gli interventisti guidati dal repubblicano John McCain. Vedute differenti emerse nelle consultazioni svoltesinelleultime48oretrai parlamentari e la Casa Bianca. E posizioni contrastanti anche all interno del team Obama, con i consiglieri per la sicurezza nazionale per nulla compatti. Il cambio di programma avrà Guarda il video con unachiamatagratuita al La risposta Hodecisola risposta. L ordine può arrivare domani, tra una settimana, entro un mese Ilgas Non si possono chiudere gli occhi suquantoè avvenuto a Damasco reso felice Vladimir Putin che, poche ore prima, aveva esortato Obama non prendere decisioni affrettate.«mi rivolgo al premio Nobelperlapaceenonalpresidente» ha detto con una punta di ironia il leader russo che ha definito«senza senso» le accuseallasiriaperl usodeigas.gli Usa, per il Cremlino, dovrebbero mostrare le prove all Onu. Anche se le Nazioni Unite non brillano per rapidità. Gli ispettori hanno lasciato la Siria e hanno raggiunto l Olanda portandosi dietro i campioni prelevati nelle zone teatro dell attacco con i gas. Ci vorranno 2-3 settimane almeno per stabilire se davvero sono state impiegate armi chimiche. Commenti contenuti da parte della Francia. Il presidente Hollande ha detto di rispettare l agenda americana ed è convinto che alla fine la punizione per Assad arriverà. Impegno rinnovato dal segretario di Stato Kerry all opposizione siriana. Il rallentamento imposto di Obama deve aver poi lasciato sconcertati gli avversari. La tv siriana fattoraro hamandato in diretta il discorso dopo una giornata di proclami alla lotta, marce militari e immagini di soldati. «Abbiamo il dito sul grilletto. L esercito è pronto a qualsiasi sfida», ha affermato il premier Wael al Halqi. Nelle strade di Damasco controlli e vita normale con i negozi affollati. Nella capitale è anche arrivata una delegazione di alto livello iraniana preceduta dai moniti bellicosi di Teheran sulla «conseguenze catastrofiche» e le possibilità di ritorsione contro l asse Usa-Israele. Ora i propagandisti con il turbante potranno prendersi una pausa. Obama lo ha già fatto. Nel primo pomeriggio ha lasciato la Casa Bianca ed è andato a giocareagolfconilvicebiden. Guido Olimpio guidoolimpio 1 Forze Usa FRANCIA 1 LE BASI Tolone Base navale francese Forze Francia 2 Kalamata (Peloponneso) Base aerea greca GRECIA LE FORZE IN CAMPO NEL MEDITERRANEO FRANCIA Possibile ricorso a: Portaerei francese Fregata Sottomarino Il focus di Paolo Rastelli Forze Russia Souda Bay Base militare Usa 4 Tartous Base navale Russa Charles De Gaulle Chevalier Paul 4 SIRIA QUWAIT USA Navi lanciamissili Nave da sbarco 5 6 QATAR 7 8 E. A. U. 9 OMAN Uss Mahan Uss Barry Uss Gravely Uss Ramage Uss Stout Uss San Antonio (300 marines) 5 Al Salem Base aerea Usa 6 Al Udeid Base aerea Usa 7 Al Dhafra Base aerea Usa 8 Al Dhafra Base aerea Francese 9 Masirah e Thumrait Basi aerei Usa Navi Usa nel Golfo Persico Portaerei Uss Truman Uss Nimitz Tornainpistail«veteranodelcielo»:ilB-52 N onsisaancorasenell attaccoallasiriaglistati Uniti useranno i bombardieri strategici. Ma se lo faranno, quasi sicuramente entrerà in gioco anchequellocheèilpiùvecchioaereoancora pienamente operativo nell arsenale di forze armate moderne, anzi modernissime, come quelle americane. È il B-52 Stratofortress, subsonico(958 kml oradivelocitàmassima),aottomotori,16mila chilometri di autonomia, a tutti gli effetti un relitto della Guerra Fredda, il cui primo esemplare venne consegnato nel Il velivolo fu prima la spina dorsale dello Strategic Air Command(all epoca del Dottor Stranamore, quando la capacità nucleare dipendeva più dai bombardieri che dai missili balistici)efupoiusatointutteleguerreamericane (Prima e Seconda guerra del Golfo, Afghanistan, Kosovo) utilizzando armamenti convenzionali. Continuamente ammodernato e migliorato, è previstocherestiinserviziofinoal2040,oltre80 anni dopo l avvio del progetto originale. Il B-52 non Il B-52 Altezza 12,4 m Peso a vuoto kg Apertura alare 56,4 m Lunghezza 48,5 m Carico bellico max kg è più utilizzato per sganciare bombe, ma missili da crociera simili ai Tomahawk: si trattadegliagm86,contestatada900chilidi esplosivo, capaci di volare fino al bersaglio a quota bassissima. Ogni bombardiere ne può trasportare fino a 20 esemplari. Chiamato affettuosamente BUFF(Big, Fat, Ugly Fellow, ossia Grande, Grosso, Brutto Tipo Fonte Wikipedia), il B-52 è anche l unico aereo che abbiadatonomeauncocktail. CIPRO Neustrashimy Shalabin Admiral Nevelski Peresvet Admiral Panteleiev Minsk Novocerkassk

3 Corriere della Sera Domenica 1 Settembre 2013 Primo Piano 3 Le forze in campo RUSSIA Motovedetta Trasporto truppe Navi da sbarco IN ARRIVO Antisottomarini Trasporto truppe ISRAELE Droni Patriot F-16 Incirlik Base aerea Usa Latakia Masyaf Tartous Base navale russa DAMASCO LIBANO Dara Patriot F-16 GIORDANIA TURCHIA Idlib Aleppo Hama Homs Dumayr Al Suwayda USS-Stout La nave statunitense, armata di missili Tomahawk, che ieri si è mossa verso la Siria A Al Furqlus Al Safira Khan Abu Shamat Propulsione a razzo Ar Raqqah S I R I A Palmyra POSSIBILI OBIETTIVI Laboratori di ricerca* Depositi armi chimiche* *dubbia l inclusione nella lista degli obiettivi Basi aeree siriane Basi missilistiche Divisioni dell esercito siriano Siti strategici nella capitale MISSILE TOMAHAWK BLOCK III Apertura alare: 2,67 m Velocità: 880 km/h Al Kibar Dayr az Zawr D E S E R T O S I R I A N O Carburante: autonomia compresa tra i e i km Motore a turboventola Shadadi DAMASCO Mayadin Qamishli Palazzo presidenziale Base militare e aeroporto di Mazzeh Derek MOVIMENTI SIRIANI A B Quartier generale forze speciali Base militare di Qasioun Quartier generale della Sicurezza nazionale B Ministero della Difesa Carica da 318 kg con copertura in titanio Sistema di guida a GPS: precisione garantita nel raggio di 5-10 metri Missili Scud hanno lasciato la base sul Monte Qalamoun Evacuati parzialmente uffici del Comando centrale (Umayyad Square, Damasco) e altri sedi militari Voci di prigionieri trasferiti in siti militari. Dispersione in bunker protetti di gerarchi e capi militari Banca Centrale Parlamento Intelligence militare I preparativi AEREI ESOTTOMARINI IN MOVIMENTO ECCO LATECNO-GUERRA WASHINGTON L operazione Siria è stata rinviata ma il «fronte» è sempre vivo. Notizie non confermate segnalano problemi nelle comunicazioni radio del regime. «Tocchi» di guerra elettronica messi in atto dagli americani per confondere il nemico. Mistero, poi, per voci rimbalzate da Damasco. La prima riferisce di una presunta lite tra Bashar Assad e il fratello Maher per la difficoltà dell esercito nello schiacciare gli insorti nella zona di Damasco. Contrasto che sarebbe stato seguito dall attacco con i gas proprio per piegare i ribelli. La seconda riguarda la presunta morte del generale Mohamed Aslan, uno dei responsabili dei reparti chimici. Può essere tutto vero oppure trattarsi di disinformazione in un momento critico per il regime. Hanno invece solidità le news sui movimenti militari alleati. Il Pentagono ha schierato l unità da sbarco San Antonio, con a bordo 300 marines ed elicotteri. Non troppo lontani le cinque unità dotate di oltre 200 missili da crociera Tomahawk. Grande attività nella base turca di Incirlik dove sono passati aerei per la guerra elettronica E6B e velivoli-comando, pronti a coordinare le missioni. Fuori dagli hangar gli immancabili droni. Vigilano, seguono i movimenti e se necessario colpiscono. Missioni di ricognizione rafforzate da quelle più profonde affidate agli aerei spia U2 «avvistati» sulla pista di Akrotiri, Cipro. Mezzi eterni, passati dalla guerra fredda a quella al terrorismo. Segnalati voli di Osprey e MC 130, velivoli impiegati dalle forze speciali statunitensi. Hanno un doppio impiego: recupero di eventuali piloti e incursioni dietro le linee. In agguato almeno due sottomarini americani. Forse uno è il Florida, partito in luglio dalla sua base negli Usa. Battelli nucleari che possono sparare i cruise. A integrare il dispositivo ci sono poi i turchi. Le unità sono da giorni in stato d allarme, rinforzate le posizioni al confine. I francesi hanno invece mandato un sottomarino e la fregata anti-aerea Chevalier Paul e dispongono di cacciabombardieri Rafal basati negli Emirati arabi. «Antenne» e vedette mobilitate in Israele. L esercito ha schierato una batteria anti-missile Iron Dom a Tel Aviv, reparti pronti al confine con il Libano e sul Golan. Molto inquieti i giordani. Hanno detto no ai raid, però ospitano F 16 americani, missili Patriot, commandos Usa e hanno un ruolo importante nell addestramento degli insorti, coordinati dalla Cia e dai sauditi. G. O. La strategia Il presidente si prende il rischio di una bocciatura ma così mette la questione dell intervento siriano al centro del prossimo G20 in Russia Lasolitudinedelcomandanteincapo costrettoaldietrofrontdaisondaggi Il presidente è stanco di restare conilcerinoinmano e responsabilizza il parlamento Barack Obama cerca di uscire dalla sua solitudine di presidente costretto a deliberare un attacco militare contro la Siria che non avrebbe mai voluto lanciare, coinvolgendo nella decisione il Congresso e cercando di responsabilizzare un opinione pubblica che, nei sondaggi, continua a mostrarsi in forte maggioranza contraria a un intervento punitivo del regime di Assad, anche dopo una strage chimica. Il voto del Parlamento darà più forza all America in questo frangente difficilissimo, spiega il presidente democratico. Sul piano delle relazioni internazionali, però, Obama rischia di dare un segnale di debolezza. Certo, ora ufficialmente ha deciso di agire, ma l introduzione di un passaggio a Capitol Hill non dovuto e non facile (almeno alla Camera), introduce un elemento di incertezza che non era contemplato quando, un anno fa, il leader della superpotenza avvertì Assad: se superi la linea rossa dell uso di armi chimiche, te ne pentirai amaramente. Obama deve essersi pentito di quella sortita che gli ha legato le mani, anche se rimane convinto, come i suoi collaboratori più stretti, che la comunità internazionale non può farla passare liscia al dittatore siriano, pena un incontrollabile proliferazione dell uso di armi terribili, in aperta violazione dei trattati internazionali che le hanno messe al bando. Le sue preoccupazioni, oggi, non sembrano essere più tanto quelle del rispetto della legalità internazionale, delle regole Onu, della costruzione di un ampia coalizione multilaterale. Ora ha bisogno soprattutto di un consenso interno sufficientemente ampio. E per metterlo insieme stavolta prova a vestire più i panni del leader politico che quelli del «commander-inchief». Il presidente non ha difficoltà a liquidare l Onu come un organismo paralizzato, incapace di decidere e di far rispettare principi e regole. E a scavalcarlo. Si muove, invece, con molta più circospezione quando vede i sondaggi Le date Martedì 3 settembre In serata è prevista la partenza di Barack Obama per Stoccolma. Nella città svedese il 4 settembre si terrà l incontro tra il presidente statunitense e i leader degli Stati del Nord Europa(Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca e Islanda) Giovedì 5 settembre IniziailG-20diSan Pietroburgo, che continuerà anche venerdì 6 settembre. Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che il vertice internazionale potrebbe rappresentare una piattaforma per discutere della crisi siriana Lunedì 9 settembre Ritorno dalle ferie estive per i membri del Congresso americano. Nessun rientro anticipato per i componenti di Camera e Senato, che dovranno dibattere sull intervento in Siria. La discussione avverrà probabilmente in settimana Martedì 17 settembre La data fissata per la prossima riunione, la sessantottesima dell Assemblea generale delle Nazioni Unite. Tra gli interventi previsti,cen èancheunodel presidente americano Barack Obama, oltre a quelli dei principali leader mondiali contrari a un altra azione militare o duecento parlamentari (compreso il numero due dei repubblicani al Senato) che firmano una mozione nella quale si intima alla Casa Bianca di passare da un voto del Congresso prima di lanciare l attacco. Detto, fatto: stufo di restare sempre col cerino in mano (anche ieri sera Obama ha lamentato nel suo discorso alla nazione che in giro per il mondo molti pensano che Assad vada punito ma nessuno vuole prendersi la responsabilità di farlo) il presidente delibera l attacco ma lascia la decisione finale al Parlamento. E intanto lancia una massiccia campagna di informazione e responsabilizzazione: ieri, oggi e nei prossimi giorni gruppi di deputati e senatori riceveranno briefing dei servizi segreti e del team del Consiglio per la Sicurezza Nazionale nei quali prenderanno visione anche di documenti top secret. Un modo per responsabilizzare i parlamentari, ma anche l opinione pubblica che, sperano alla Casa Bianca, giorno dopo giorno si renderà conto della gravità di quanto accaduto grazie anche alla parallela campagna informativa basata su materiale non «classificato». Se alla fine cambierà il segno dei sondaggi e otterrà un mandato ampio dal Congresso, Obama potrà dirla di averla spuntata. Magari anche di aver innovato rispetto ai suoi predecessori. Ma i rischi sono elevati, come dimostra la vicenda del voto del parlamento britannico. Rischi ma anche opportunità: rinviando l azione militare, Obama mette la questione siriana anche al centro del G-20 che si riunirà a metà della prossima settimana a San Pietroburgo (il parlamento Usa riaprirà i battenti solo il 9 settembre). E quello che aveva auspicato il premier italiano Letta e anche il presidente russo, Putin. Nazioni Unite Obama non ha difficoltà a liquidare l Onu come un organismo incapace di far rispettare i principi e agire Obama dà un segnale di disponibilità e potrà portare il suo discorso sulla responsabilità morale in materia di armi di distruzione di massa che le grandi potenze hanno davanti alla storia quello che ha appena fatto agli americani davanti al consesso internazionale più ampio e rappresentativo. Ma poi corre il rischio di ritrovarsi in casa con un buon numero di parlamentari che, pur di evitare l intervento contro Assad, si aggrappano a mezze aperture e o finti spiragli di dialogo che sicuramente verranno seminati nei prossimi giorni. Massimo Gaggi

4 4 Primo Piano Domenica 1 Settembre 2013 Corriere della Sera # Siria La diplomazia Obama dovrebbe pensare al risultato delle missioni in Afghanistan e Iraq prima di decidere se attaccare Vladimir Putin, presidente russo LeparoledistensivediLetta «Nonpossiamopartecipare macomprendiamogliusa» Dopo i toni accesi della Bonino.«Manca l ok dell Onu» Le posizioni Interventisti (senza fretta) Barack Obama resta convinto che gli Stati Uniti debbano punire la Siria per l attacco con le armi chimiche. Il presidente però con mossa a sorpresa ha chiesto ieri l autorizzazione del Congresso La Francia pronta a colpire Il presidente Hollande ribadisce chelafranciaè prontaaun intervento al fianco degli Usa. Il governo valuta sechiedereilsìdel Parlamento. Nei sondaggi il 62% dei francesi è contrario I britannici fuori gioco La richiesta del primo ministro David Cameron per un intervento militare in Siria non haottenutoilvia libera del Parlamento. Dalla prima linea Londra si è ritrovata nelle retrovie No dell Italia senza l Onu La linea del governo italiano ribadita ieri dal premier Enrico Letta: comprensione per le posizioni di Stati Uniti e Francia, ma indisponibilità a partecipare a un intervento armato sel Onunondà l autorizzazione La Russia sfida l America Il presidente Putin ha sfidato pubblicamente Obamaafornirele prove delle responsabilità del governo siriano nell attacco chimico. Mosca mette in guardia dalle conseguenze di un blitz contro Damasco Turchia e fronte arabo Dichiaratamente ostile al regime di Assad, il governo turco è favorevole a un attacco armato contro obiettivi militari in Siria. Interventisti anche ipaesidelgolfo, Qatar e Arabia Saudita in testa Berlusconi Sulla crisi è intervenuto anche Berlusconi, auspicando che i «governi Ue concordino una posizione comune» ROMA Con l attacco americano non più vicinissimo, Enrico Letta aggiusta il tiro sulla Siria. Senza cambiare la sostanza della posizione italiana, il presidente del Consiglio trova una formula più morbida e meno enfatica nei toni di quella del ministro degli Esteri Emma Bonino, che ha irritato gli alleati di Washington. «Comprendiamo pienamente l iniziativa di Stati Uniti e Francia, alla quale però, senza le Nazioni Unite, non possiamo partecipare», dice il capo del governo in una nota diffusa ieri mattina. Letta parla di«momenti difficili per la comunità internazionale» e descrive un «opinione pubblica italiana drammaticamente turbata dalle immagini delle vittime dell uso di armi chimiche». Il premier in altre parole non esprime alcun dubbio sul fatto che il regime di Assad possegga questo tipo di ordigni,«ilcuiusoèuncriminecontrol umanità»evacondannato. Per questo, continua, «occorre fare di tutto perché non accada più». L impegno è di provarci la settimana prossima a San Pietroburgo, al vertice del G20, tentando ogni strada «perché si trovi una soluzione politica al dramma siriano, che ha già prodotto un numero intollerabile di vittime e di profughi». Per Letta, «è ineludibile la rapida convocazione di Ginevra 2», cioè della conferenza internazionale di pace sulla Siria, rinviata più volteacausadeicontrastitrala Russia e gli Stati Uniti. La nota del presidente del Consiglio ripropone in toto la linea dell Italia espressa nei giorni scorsi dalla Farnesina, che considera la base legale del Consiglio di sicurezza condicio le vittime dell attacco chimicodel21agostoa Damasco secondo una valutazione dell intelligence Usa divulgata dall amministrazione Obamail30agosto.Trale vittime ci sarebbero almeno 426 bambini e diversi medici accorsi per prestare aiuto 355 i civili decedutiil21agosto per esposizione a gas nervino riscontrati da Medici senza frontiere nei tre ospedali di Damasco in cui prestano servizio. L organizzazione umanitaria ha riferito di aver ricevuto pazienti con sintomi neurotossici in meno di tre ore quella mattina il bilancio dei civili uccisi nelraidconilgasnervino del21agostoadamasco stilato dalla Coalizione nazionale delle opposizioni siriane in esilio in un comunicato diffuso il giorno stesso della strage da Istanbul. Tra le vittime vengono contati molti bambini sinequanondiognieventuale ipotesi d intervento e comunque punta tutto sull iniziativa diplomatica. Ma sembra recepire e voler lenire il disagio americano, di fronte a quello che fonti del Dipartimento di Stato hanno definito un «eccessodienfasi»dapartediemma Bonino. Un esigenza che ieri è sembrata prevalere anche nelle preoccupazioni del ministro degli Esteri, la quale ha cancellato un intervista già programmata con un emittente francese. In un fugace momento di stacco dalle sue quotidiane diatribe giudiziarie, sulla crisi siriana è intervenuto ieri anche Silvio Berlusconi. Riscoprendosi filoeuropeo, il leader del centrodestra italiano «lamenta che ancora una volta l Europa non abbia una voce univoca e si muova in ordine sparso sulla base di logiche e interessi puramente nazionali». Interessante è l auspicio formulato da Berlusconi, il quale si augura che«i governi europei si riuniscano al più presto per discutere e concordare una posizione univoca in grado di scongiurare l ampliamento del conflitto, coinvolgendo gli Stati Uniti e la Russia nella ricerca di una soluzione politica». Dove l accento più forte è sul coinvolgimen- todimosca,acon- ferma del suo asse preferenziale con Vladimir Putin. Più in generale, vale la pena notare che il Berlusconi interventista e ultra atlantico del 2003, quando da premier schierò l Italia al fianco degli Usa in favore della guerra in Iraq, senza patemi per l unità dell Europa, ha ceduto il posto a un leader d opposizione tutto proteso verso la soluzione politica e in apparenza preoccupato per «l assenza dell Europa dalla scena internazionale». EdellaSiriasièdiscussoieri anche in Vaticano, su iniziativa di papa Francesco, il quale ha convocato a Santa Marta un udienza speciale interamente dedicata a possibili iniziative della Santa Sede per far avanzare il dialogo e mettere fine al bagno di sangue. Nell AngelusdioggiilSantoPadrepotrebbe lanciare un altro monito, ancora più drammatico e forte di quello del 25 agosto scorso. Paolo Valentino LondraIlpremier,traditodaisuoiinParlamento,pensaaunrimpastodigoverno.Oraarischioanchelasualeadershipperil2015 Cameronfuriosomeditadifarsaltarealcuneteste DALLA NOSTRA INVIATA LONDRA A freddo la sconfitta brucia di più. David Cameronnonriesceafarsbollire la rabbia nei confronti di quei dieci membri dell esecutivo(più altri venti parlamentari) che, per una ragione o per l altra, non hanno partecipato alla votazione di giovedì scorso. Per questo il premier è pronto a un rimpasto di governo, forse già dalla prossima settimana. Il primo a saltare dovrebbe essere il Chief Whip, GeorgeYoung,cioèilcapodel gruppo parlamentare incaricato di tenere i collegamenti con l esecutivo. Se qualcosa è andato storto, se qualcuno ha autorizzato ministri e sottosegretari a starsene a casa, ne Sconfitto Il premier britannico David Cameron, 46 anni, all arrivo a Downing Street(Ansa) Santa Sede Il Papa ha convocato a Santa Marta un udienza speciale dedicata a possibili iniziative della Santa Sede sulla Siria pagherà le conseguenze. Il problema è che, per giudizio unanime dei commentatori, Cameron è considerato l artefice della sua stessa disfatta. Un leader che ha perso il contatto con il Paese tanto da non capire la profonda contrarietà dei cittadini a un attacco militare in Siria e che ha sottovalutato la fronda nel partito conservatore trovandosi a contare quanti gli hannovotatocontroononhanno risposto alla chiamata. In tutto una sessantina di deputati. Ladisfattadigiovedìèconsiderata storica. Era dal 1782, ricordano gli accademici, che lacameradeicomuninonvotava contro un primo ministro. Allora, ironicamente, l occasione era il ritiro delle Missione compiuta Gli ispettori Onu ieri in partenza dallo scalo di Beirut, sulla via del ritorno all Aja dopo le indagini sull uso di armi chimiche in Siria (Lapresse) Relazione atlantica Il premier: «La Gran Bretagna non smetterà di lavorare con gli alleati americani» truppe britanniche dall America che combatteva per l indipendenza: «Parliamo di 230 anni fa spiega George Jones, professore emerito alla London School of Economics quindi questo è un evento importante. Se il governo non può attuare la sua politica di guerra e pace vuol dire che la sua competenza è stata messa indubbio». Cameron cerca di minimizzare:«lagranbretagna di- ce nonsmetteràdilavorare con gli alleati per esercitare la massima pressione sul regime siriano». Ma l ex leader liberal democratico Paddy Ashdown mette il dito nella piaga e lo descrive come un premier «con la schiena rotta»: «In 50 anni di servizio al Paese non mi sono mai sentito così depresso e umiliato» ha dichiarato venerdì scorso. Ma il premier conservatore ha buone chance di rialzarsi. Il Partita interna I commentatori: se l economia riprenderà fiato, il primo ministro supererà la crisi colpo che gli è stato inferto nonèmortaleenongliimpediràdigiocarelapartitaperla sua rielezione alle elezioni del maggio «Se l economia riprenderà fiato scrive Anne Perkins sul Guardian il primo ministro riuscirà a superare la crisi, d altra parte non c è un forte sfidante all orizzonte». Di certo fino a pocheorefanoneraconsiderato tale Ed Miliband, dato in picchiata in tutti i sondaggi. Il voto ai Comuni ha fatto salire le quotazioni del leader laburista ma rischia anche di farlo sembrare un debole, uno che sta fermo di fronte ai problemi. Monica Ricci Sargentini msargentini

5 Corriere della Sera Domenica 1 Settembre 2013 Primo Piano 5 # L esercito siriano ha il dito sul grilletto per affrontare qualsiasi sfida vogliano portare avanti Wael al-halqi, premier siriano Vanno rispettati i tempi scelti da ogni Paese nel decidere le azioni contro la Siria François Hollande, presidente francese Il commento LEARMIDEMOCRATICHE,LEVITTIME ELOSCONTRODICIVILTÀDAEVITARE Rifugiati Una famiglia siriana in Turchia: i profughi sono oltre due milioni(ap/borgia) SEGUE DALLA PRIMA Qualche mese dopo la conquista di Bagdad, Washington dovette constatare che quella dei talebani in Afghanistan era stata soltanto una ritirata strategica, che in Iraq non vi erano armi di distruzione di massa, che i sunniti iracheni non erano disposti ad accettare la sconfitta e che gli sciiti liberati dal giogo di Saddam amavano i confratelli iraniani più degli americani. Comincia da allora la lunga sequenza dei rimedi falliti. In Afghanistan tornarono con forze più importanti e cercarono di sloggiare i talebani dalle regioni riconquistate. In Iraq cercarono di armare i sunniti contro il variegato fronte dell integralismo islamico. Subentrato a George W. Bush, Barack Obama concepì un piano apparentemente razionale e un calendario inderogabile. In Afghanistan avrebbe lanciato un ultima offensiva contro i talebani e offerto un negoziato a coloro che erano pronti a deporre le armi. In Iraq avrebbe assicurato la presenza militare americana soltanto sino alla fine del Il risultato di quel piano, all inizio del suo secondo mandato, è deprimente. I talebani non hanno alcuna intenzione di negoziare con una potenza che ha già, comunque, deciso di ritirare le proprie truppe nel L uccisione di Osama bin Laden nel suo fortilizio pachistano è parsa uno straordinario successo della presidenza Obama (la vendetta è sempre, per un certo periodo, consolatoria) ma ha peggiorato i rapporti degli Stati Uniti con il Pakistan. In Iraq si muore, grazie alle bombe sunnite, molto più di quanto si morisse all epoca di Saddam Hussein. In Libia, infine, Obama ha avuto il merito di comprendere prima dei suoi alleati i rischi di una operazione che era divenuta molto più lunga del previsto. Ma del caos in cui il Paese è precipitato dopo la vittoria dei ribelli Obama non è meno responsabile di Nicolas Sarkozy e David Cameron. È davvero sorprendente che dopo tre guerre non vinte, come la buona educazione internazionale preferisce chiamare quelle perdute, gli americani e le opinioni pubbliche occidentali non vogliano essere trascinati nella quarta? Resta da capire, a questo punto, perché un uomo politico accorto e razionale come Barack Obama dovrebbe a tutti i costi prendere una iniziativa militare contro la Siria. Per non permettere che l uso dei gas vada impunito? Per evitare che l America, agli occhi del mondo, appaia inaffidabile? Credo che il criterio dell affidabilità, in questo caso, concerna soprattutto il presidente degli Stati Uniti. Quando ha dichiarato, un anno fa, che l uso dei gas sarebbe stato una «linea rossa» e che l attraversamento di quella linea lo avrebbe costretto a rivedere la propria posizione, Obama è diventato prigioniero di se stesso. Ha usato la «linea rossa» per mascherare le proprie incertezze e allontanare per quanto possibile il momento delle decisioni. Ora quella «linea rossa» gli si è ritorta addosso come un boomerang e il presidente, privo di argomenti, è nudo di fronte al mondo come il re della favola di Andersen. Vi è infine in questa vicenda un tragico paradosso. Le armi chimiche sono atroci, ignobili e suscitano una comprensibile condanna. Ma le vittime della periferia di Damasco rappresentano una minuscola percentuale di quelle provocate dalla guerra. Le armi letali in Siria sono i fucili mitragliatori, le mitragliatrici, i cannoni, le bombe, i mortai. Collegare il giudizio sull opportunità dell intervento all uso delle armi chimiche ha l assurdo effetto di rendere altre armi più legittime o meno deprecabili. Non è tutto. Mentre l Occidente si scandalizza per l uso dei gas, vi sono probabilmente altri popoli per cui i droni, i proiettili all uranio impoverito, il napalm e le bombe a grappolo, per non parlare delle armi nucleari, non sono meno tossici dell arsenale chimico di Assad. In questo scontro di culture e di civiltà è meglio evitare che l Occidente venga accusato di considerare tossiche soltanto le armi degli altri. Sergio Romano Tre conflitti Afghanistan 2001 L intervento militare con lo scopo di neutralizzare la minaccia e le basi di Al Qaeda dopo l attacco dell 11 settembre 2001 ebbe l appoggio di una vasta coalizione internazionale(compreso l Iran) e cominciò il 7 ottobre con un bombardamento aereo da parte delle forze americane e britanniche. I talebani sono stati estromessi dal potere ma non sono stati sconfitti militarmente. Dopo la caduta di Kabul gli Stati Uniti si concentrarono sull Iraq. Il ritiro totale delle truppe straniere è previsto per la fine del 2014 L intervista Lo studioso Vali Nasr:«Così si mostra debole sul piano internazionale» «Giustopunireilregime MaObamaavrebbedovuto agiresenzaulterioririnvii» «Mosca alza la voce, Assad minaccia ritorsioni, l Iran anche, ma la verità è che nessuno di loro ha interesse a un coinvolgimento più esteso degli Stati Uniti nel conflitto siriano. Quindi, se l attacco americano, quando scatterà, se scatterà, sarà davvero limitato, con ogni probabilità non ci saranno ritorsioni significative». Vali Nasr, direttore della scuola di Studi internazionali della Johns Hopkins University e grande esperto di questioni mediorientali, spesso critica la scarsa lungimiranza della politica estera Usa, ma stavolta sembra convinto che la decisione della Casa Bianca di punire il regime di Assad per l uso di armi chimiche sia giusta e non destinata ad avere ulteriori effetti destabilizzanti. La sua critica, in questo caso, riguarda la scelta di Obama di chiedere un voto al Congresso prima di lanciare l attacco. Un Obama preoccupato dagli aspetti di legittimità dell iniziativa Usa, un presidente che cerca consenso politico. «Non vedo veri problemi dal lato della legalità internazionale: Obama ha detto di aver preso la decisione di attaccare indipendentemente dall Onu che considera un organismo paralizzato. Questo vuol dire che si sente legittimato a intervenire comunque, che non ritiene di aver bisogno di altri compagni di strada. La Russia dice che l attacco sarebbe una violazione del diritto internazionale. Lo disse anche per l invasione dell Iraq e allora non fu certo questo il problema Ritardi Ci fosse stato un intervento prima non saremmo giunti a questo livello di degenerazione Studioso Direttore Vali Nasr, 52 anni, è direttore della Scuola di studi internazionali della John Hopkins University. Nato a Teheran, è autore di numerosi saggi. L ultimo: «Dispensable Nation: American Foreign Policy in Retreat»(La nazione superflua: la ritirata della politica estera americana) degli Stati Uniti. Il problema, per Obama, è invece quello del consenso interno: far venire allo scoperto il Congresso, responsabilizzare un opinione pubblica stanca di guerre. Politicamente legittimo, ma assai rischioso sul piano diplomatico: segnala una debolezza di Obama sulla scena internazionale. E, comunque, ogni rinvio rende più problematico l intervento punitivo». Molti, compreso il premier italiano Enrico Letta, sperano che la prossima settimana, al G20 di San Pietroburgo, possano essere fatti importanti passi avanti per una soluzione negoziata. «Ne dubito. Obama e Putin hanno già discusso di Siria al G8 in Irlanda prendendo atto che sono lontanissimi. Vedo, piuttosto, il rischio di un G20 paralizzato dalla disputa siriana. Eppure avrebbe importanti questioni economiche da discutere, visti i perduranti problemi dell Europa e il rallentamento dei Paesi emergenti». UnObamacondizionatoanchedachiloavverte che quella siriana è una polveriera nella quale è molto pericoloso buttare un cerino. «La dinamite prima o poi esplode. È proprio la vicenda siriana a dimostrarlo. Ci fosse stato un intervento prima, probabilmente non saremmo arrivati a questo livello di degenerazione». L attacco è rischioso, ma fin qui Washington ha sottolineato anche i pericoli di una non reazione all uso di armi chimiche. C è il timore di mandare un segnale sbagliato, di debolezza, anche rispetto alla questione del nucleare iraniano. «Non credo che stavolta l Iran sia al centro dei pensieri di Obama. Il presidente deve ripristinare la sua credibilità internazionale dopo il monito sul superamento della linea rossa. Oggi la sua preoccupazione principale è quella di mandare un segnale che appaia forte, senza alterare gli equilibri nel conflitto siriano. Voi giornalisti guardate sempre all Iran ma il problema di credibilità Obama ce l ha soprattutto davanti a Mosca e a Pechino. Prima ancora del nucleare iraniano, il rischio per Washington, nel caso in cui non mantenga l impegno di punire il regime di Assad, è che un domani la Cina possa pensare che non succederà nulla anche se occupa qualche isola in zone protette dall ombrello americano». Non ritiene credibili le minacce di ritorsionediassad,deglihezbollaheanchediteheran e della Russia? «Se veramente l intervento sarà limitato, non vedo rischi enormi. La Russia sa che Washington deve punire Assad. Se, invece, punta a rovesciarlo, le cose cambiano. Ma, a oggi, non pare questo l obiettivo». Massimo Gaggi Iraq 2003 La guerra lanciata dal presidente George W. Bush(e conclusasi con il ritiro definitivo del 2011) ottenne il sì del Congresso e l appoggio di larga parte dell opinione pubblica Usa. Alla dissoluzione del regime(nella foto, la bandiera Usa sulla statua di Saddam) seguì la guerra civile tra maggioranza sciita al governo e minoranza sunnita privata del potere. La riappacificazione è messa in forse dal risorgere della violenza settaria: le vittime di quest anno(mille a luglio) fanno del 2013 l anno peggiore dopo il 2008 Libia 2011«Condurre dalle retrovie»: lo slogan che ha riassunto la riluttante partecipazione Usa all intervento in Libia nonvaleperlasiria.l AmericadiObamaètornatainprima linea mentre l asse franco britannico che aveva guidato il fronte interventista contro Gheddafi si è spezzato con l uscita di scena dellagranbretagna.ancheinlibia,comeneipianiperlasiria, l America non ha mandato soldati sul terreno limitandosi a missilieraidaerei.maneldopogheddafi(foto,unmilizianosu un vecchio Scud) la democrazia è tutta da costruire

6 6 Primo Piano Domenica 1 Settembre 2013 Corriere della Sera» Approfondimenti SiriaLoscenarioregionale IVICINIINTERESSATIEPERICOLOSI DIUNPAESEDIVENTATOPOLVERIERA Le mire di turchi e sauditi, i timori di Israele, l ombra dell Iran di ANTONIO FERRARI Se sarà guerra, nessuno sa prevedere che guerra sarà. Anche perché l attacco punitivo contro la Siria in realtà non lo vuole nessuno. Non lo vogliono neppure quelli che lo faranno, e che si affrettano a qualificarlo come «limitato», «strettissimo», «rapido», tanto da procurare il minor male possibile al regime di Bashar Assad. Cioè al responsabile secondo un accusa non ancora ampiamente documentata d aver utilizzato gas nervino per colpire il proprio popolo. Il paradosso è evidente. È davvero una primizia voler attaccare un nemico, considerandolo un fuorilegge internazionale, un delinquente incallito, senza l idea di colpirlo direttamente, di abbatterlo, di rovesciare il suo regime. Evitando di considerare quelli che invece, dieci anni fa, erano gli indiscutibili obiettivi dell attacco all Iraq di Saddam Hussein. Sperare però che i missili «soft» sulla Siria abbiano l effetto di un indolore e salutare ceffone sul volto di un giovanotto viziato e turbolento, evitando conseguenze regionali, sarebbe un grave errore. Credo che abbia perfettamente ragione Ryan Crocker, ex ambasciatore americano in Siria e in Libano dopo aver servito come diplomatico in Iraq e Afghanistan, decano della Bush School of Government and public Service presso la Texas A&M University, quando dichiara lapidario al New York Times: «Il nostro più grande problema è l ignoranza; siamo molto ignoranti sulla Siria». Chi, nella regione più tribolata e pericolosa del mondo, aspetta ansiosamente il bombardamento, sono soprattutto due potenze regionali, la ricchissima Arabia Saudita e la baldanzosa Turchia, e poi una serie di Stati satelliti più piccoli, guidati dall ambizioso Qatar. Riad non vede l ora di indebolire l ultimo regime laico del Medio Oriente, mentre la neo-interventista Ankara freme per assestare un colpo micidiale ad Assad, forse sperando di veder coinvolto il Paese che il premier Erdogan non sopporta: Israele. La ruggine, dopo l attacco alla flottiglia pacifista costato la vita ad alcuni attivisti turchi, non si è certo dissolta dopo i buoni uffici di Barack Obama, che si è speso per facilitare il riavvicinamento tra i due più solidi alleati regionali degli Stati Uniti. Domino mediorientale Turchia Libano Israele LIBANO Nel Paese si allarga lo scontro tra sciiti e sunniti. Hezbollah, il movimento armato sciita sponsorizzato dall Iran, combatte al fianco di Assad ISRAELE Teme un attacco diretto di Assad e l invio, attraverso la Siria, di armi sofisticate a Hezbollah GIORDANIA Meta principale dei profughi siriani. Presenti centri di addestramento per i ribelli e basi dei marine Usa LEGENDA Forze governative Ribelli anti Assad Milizie curde Città contese Aree contese Numero di profughi Campo profughi Area dove si concentrano i rifugiati SIRIA Giordania Israele, in verità, non ha alcuna intenzione di lasciarsi coinvolgere in un conflitto. Non può dirlo apertamente, ma se dovesse scegliere preferirebbe di gran lunga il regime di Bashar Assad all idea di avere sul proprio capo la nebulosa dell opposizione siriana, condizionata dal fanatismo degli estremisti sunniti, che Iraq TURCHIA Ankara sostiene il Syrian National Council (Snc), principale forza d opposizione siriana, e contrasta i curdi. Sospetti di collusione con islamisti. Obiettivo di attentati da parte di fazioni filo-siriane e curde SIRIA Il regime di Assad, legato alla setta degli alawiti, conta sull alleanza sciita (Iran, Hezbollah). I ribelli, sunniti, contano su ampi appoggi nel Paesi del Golfo Iran Latakia Resistenza filo-assad guidata da Mihrac Ural LIBANO Hezbollah al fianco di Assad Volontari salafiti filo-ribelli LIBANO km. 100 ISRAELE LIBANO Golan Amman DAMASCO odiano lo Stato ebraico, e che potrebbero raccordarsi con i fondamentalisti palestinesi di Hamas, nella Striscia di Gaza. Israele, per contro, potrebbe avere la tentazione di assestare qualche duro colpo, mirato e chirurgico, al maggior alleato regionale della Siria, quell Iran dei programmi nucleari che ha tolto il sonno IRAQ I qaedisti sono alleati dei ribelli siriani delle unità Al Nusra. Militanti sciiti (Liwa Abu Fadl Al Abbas, Kataeb Al Shuada) appoggiano Assad Idlib Jisr al Shugur Homs Qusayr Aleppo Hama Al Suwayda Al Safira S I R I A DESERTO SIRIANO GIORDANIA Armi e addestramento ai ribelli IRAN Il governo, sciita, sostiene Assad e gli invia consiglieri, aiuti militari (come fa la Russia) ed economici. La Guardia Repubblicana è impegnata sul campo di battaglia Raqqa Palmyra Palestinesi di Jibril e comitati popolari con il regime. In periferia, brigate ribelli (tra cui Al Nusra) TURCHIA Tel Abyad Gruppo qaedista di Al Nusra e jihadisti stranieri GIORDANIA DAL GOLFO PERSICO L Arabia Saudita appoggia l Snc, il Qatar altri gruppi ribelli. Emirati e Kuwait finanziano l opposizione TURCHIA Ankara sostiene brigate ribelli dell Snc Hasaka Shadadi Deir Zor Fiume Eufrate Qamishli IRAQ Qaedisti al fianco dei ribelli Militanti sciiti alleati di Assad SIRIA Profughi siriani ARABIA SAUDITA IRAN KUWAIT QATAR EMIRATI ARABI Rabia Milizie del Pyd (Partito curdo dei lavoratori) in guerra con gli islamisti. Le aiutano i curdi turchi del Pkk (filo-assad) DALL IRAN Aiuti e consiglieri ad Assad CORRIERE DELLA SERA Il paradosso Attaccare il nemico senza volerlo annientare è un paradosso che scuoterà comunque l intera regione a Gerusalemme. Certo, l Iran è potenzialmente pericoloso, ma anche gli Stati Uniti, che vogliono punire Assad, non intendono coinvolgere Teheran, proprio ora che al vertice non c è più l ottuso e intransigente Ahmadinejad ma il più dialogante e moderato Rohani. In caso di attacco alla Siria, non verrebbe ovviamente risparmiato il Libano. Laggiù la guerra civile siriana già si è allargata per tre ragioni: le milizie sciite filo-iraniane dell Hezbollah combattono a fianco del regime di Assad, mentre il braccio politico del «partito di Dio» è essenziale per gli equilibri politici del Paese; gli attentati e le brutali rese dei conti fra sciiti e sunniti hanno seminato la morte, sia a Beirut sia più a nord, a Tripoli; e infine perché il cordone ombelicale tra Siria e Libano è quasi indissolubile. È altrettanto chiaro che, in caso di conflitto allargato, a seguito dell attacco rapido e punitivo, non sarebbe ovviamente risparmiato l Iraq, Paese a grande maggioranza sciita, che dieci anni dopo la sciagurata guerra del 2003 non trova né pace né stabilità. Migliaia di miliziani sciiti sono pronti a partire per affiancarsi ai soldati di Assad. Un caso a sé, naturalmente, è rappresentato dall Egitto, di cui ora si parla meno, ma dove le turbolenze sono soltanto rinviate, dopo il «golpe popolare» delle Forze armate e i sanguinosi scontri fra avversari e fedelissimi dell ex presidente, il defenestrato e arrestato Morsi. Il Cairo si guarderà bene dall esporsi all eventuale contagio bellico, anche se politicamente sarà accanto agli interventisti: per veder confermato il sostegno di Washington, che ogni anno dona un miliardo e mezzo di dollari all Egitto per premiarlo d aver fatto la pace con Israele; e per dimostrare gratitudine all Arabia Saudita, che ha deciso di investire una montagna di denaro per consolidare il più grande e importante Paese arabo. Il calcolo di chi si prepara a bombardare la Siria potrebbe, in fin dei conti, essere semplice e cinico: ridurre la distanza tra i lealisti e l opposizione, che oggi vede prevalere gli uomini di Assad. E forse sperare di costringere il giovane dittatore a più miti consigli. Calcolo azzardato. Il regime di Damasco è più determinato di quel che si pensi, e poi conta su amicizie importanti e decisive: Russia e Cina, entrambe con diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell Onu. aferrari@corriere.it L intervista Parla l avvocatessa siriana a capo del team di attivisti che hanno diffuso le immagini dell attacco chimico del 21 agosto LabattagliadiRazan:cosìabbiamoripresol orrore Razan Zaitouneh vive a Douma, una cittadina a 10 km da Damasco, sotto il controllo dell esercito siriano libero. È da lì che coordina il team di giornalisti e mediattivisti del Violations Documentation Center. Il 21 agosto, mentre era a casa, ha ricevuto una telefonata che denunciava un attacco chimico, «l ennesimo», alle periferia est della capitale siriana. Razan, 36 anni, avvocatessa con la vocazione dei diritti umani, ha fatto quello che, nonostante gli arresti e gli assassini che hanno colpito gli attivisti del centro negli ultimi due anni e mezzo, è diventata la sua missione: documentare il massacro in corso nel Paese. Insieme a due reporter, telecamera in spalla, ha visitato uno a uno, i centri medici delle zone limitrofe al luogo dell attacco: Zamalka, Erbeen, Hamuria, Saqba, Kafarbatna, Douma. È stata Razan a caricare su YouTube il terribile video citato dall amministrazione Usa come prova dell attacco chimico del regime di Assad. Dei cinque attivisti di Zamalka che lo hanno girato, solo uno, Murad Abu Bilal, è ancora vivo. Gli altri sono morti per le infezioni contratte per le inalazioni dei gas tossici. Razan ha un tono fermo e calmo mentre parla: «Ogni giorno menzogne I colleghi morti Dei 5 attivisti che hanno girato il filmato, 4sonomortiperle inalazioni chimiche e fatti veri si confondono nella propaganda, anche per noi è molto difficile orientarci tra il vero e il falso», afferma via Skype. La voce cambia solo quando le ricordiamo che la Russia ha messo in discussione la veridicità del video, dichiarando che è stato caricato precedentemente all attacco del 21 agosto. «Non è logico quello che dicono: qui non si tratta di un video, ce ne sono centinaia, il nostro team ne ha girati 12 nelle ultime due settimane. Abbiamo migliaia di fotografie che dimostrano quello che sta succedendo in Siria». I social media sono una fortuna per chi, lontano dalla democrazia e dall informazione libera, vuole testimoniare il presente. Ma non l unico mezzo: «Al di là di tutte le immagini e i video, ci siamo noi in carne e ossa, e la nostra parola è il certificato più importante». La Russia è uno di quei Paesi che hanno sostenuto la posizione ufficiale del regime, secondo cui l attacco del 21 agosto è stato opera dei ribelli islamisti. «Siamo tra due fuochi, e quando non esiste una parte neutrale è tutto molto più difficile. Molti pensano che ci siano i ribelli dietro al nostro lavoro di documentazione ma non è così». Razan racconta che i rapporti tra i mediattivisti e l esercito siriano libero sono di non-ingerenza: «Proteggiamo il reciproco lavoro: loro combattono e noi informiamo». Connivenza? «No, non interferiscono nelle cose che facciamo. Noi non stiamo lavorando per loro ma per la Siria, contro il regime di Assad che la sta distruggendo». Racconta che al nord, dove a controllare il territorio c è il Fronte Islamico siriano, i mediattivisti vengono controllati e spesso pilotati nelle informazioni che rilasciano. «Nel nostro Paese non esistono giornali indipendenti, informare su quello che succede spetta a noi: siamo gli unici ad avere Internet nel Paese e a saperlo usare per diffondere le notizie». Nell ultimo anno il lavoro è diventato ancora più pericoloso: «Se il governo dovesse trovarci adesso afferma Zaitouneh nella migliore delle ipotesi ci sbatterebbe in prigione a vita». Razan, al pari di tanti suoi colleghi, ritiene necessario un eventuale intervento militare, con o senza l appoggio delle Nazioni Unite: «Dopo due anni e mezzo di indifferenza la comunità internazionale si è finalmente accorta di noi: non siamo certo felici all idea di un attacco contro il nostro Paese ma è l unica cosa da fare per evitare che il massacro continui». Serena

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