LA LEGISLAZIONE EUROPEA E LA CONCILIAZIONE DEI TEMPI DI VITA E DI LAVORO Un analisi comparata di percorsi di conciliazione

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1 CENTRO ITALIANO FEMMINILE CONSIGLIO REGIONALE EMILIA ROMAGNA ANNO 2007 ANNO EUROPEO DELLE PARI OPPORTUNITA PER TUTTI LA LEGISLAZIONE EUROPEA E LA CONCILIAZIONE DEI TEMPI DI VITA E DI LAVORO Un analisi comparata di percorsi di conciliazione A cura di Laura Serantoni Presidente Regionale CIF Emilia Romagna Consigliera effettiva di parità Emilia Romagna I Quaderni del CIF Emilia Romagna 2007 Bologna, dicembre 2007

2 Progettazione e coordinamento di Laura Serantoni Si ringraziano le Presidenti Provinciali e la Dr.ssa Nadia Lodi del CIF Comunale di Carpi per la preziosa collaborazione al progetto Si ringrazia la Fondazione Carisbo per aver collaborato al finanziamento del progetto

3 Credo che, per mantenere il modello sociale europeo, dobbiamo conservare i nostri valori fondamentali di giustizia sociale, uguaglianza, rispetto per i diritti e la dignità di tutti. Allo stesso tempo dobbiamo procedere a una riforma profonda dei nostri mercati del lavoro e dei nostri sistemi di protezione sociale. Personalmente, credo che sia questo il modo migliore per l Europa di affrontare la realtà di oggi, segnata dalla globalizzazione e dall invecchiamento della nostra popolazione. Rispondere a queste due sfide ci aiuterà a raggiungere l obiettivo di creare posti di lavoro migliori e più numerosi in Europa. Per me si tratta di un imperativo sociale, della mia priorità numero uno. Sono determinato a compiere ogni sforzo affinché la Commissione europea possa contribuire al raggiungimento di quest obiettivo, facendo leva sulla legislazione e su risorse come il Fondo sociale europeo. Anche una guida sicura e il coordinamento e la promozione delle buone prassi sono importanti. Le politiche sociali europee, come la protezione sociale, la sicurezza e la salute sul lavoro, la parità uomo-donna e l integrazione delle categorie svantaggiate, sono per noi il migliore investimento a lungo termine. Infatti, le persone non sono uno strumento, ma un valore in sé, e il nostro obiettivo finale è una migliore qualità della vita per tutti. Vladimír Špidla Commissario per Occupazione, affari sociali e pari opportunità

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5 INDICE Presentazione di Laura Serantoni...5 La legislazione europea sulle politiche di pari opportunità dal Trattato di Roma (1957) alla Road Map (marzo 2007)...7 La Strategia di Lisbona...12 La Direttiva 2000/43/CE del Consiglio d Europa (parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dall origine etnica)...14 Commento alla Road Map for equality between women and men La Road Map. Una tabella di marcia per la parità tra uomini e donne (com. 2006)...26 Un sostegno più mirato alle giovani donne europee che studiano...43 La Relazione della Commissione Europea sulle discriminazioni delle donne nella U.E a Maternità, tempi collettivi e lavoro: come promuovere la conciliazione...48 Il Governo Italiano, l occupazione femminile e la conciliazione lavoro di cura e vita professionale. Donne e lavoro sommerso...56 Organismi deputati alla vigilanza dell attuazione delle pari opportunità nell U.E. La consigliera di parità in Italia...60 Commento a Pari Opportunità: la carta Europea per l uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale: quali obiettivi?

6 La Carta Europea per l uguaglianza e le parità delle donne e degli uomini nella vita locale (maggio 2006-Innsbruck)...67 Presentazione della Carta Europea per il riconoscimento giuridico del lavoro di cura...85 Carta Europea del familiare che si prende cura di un familiare non autosufficiente (2007-COFACE)...89 Risoluzione del Parlamento Europeo sulla situazione delle donne disabili nell U.E. ( )...92 Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili (24-25 maggio 2007)...97 Lobby Europea La legislazione Italiana: Decreto Lgs. 198/2006 Il codice delle Pari Opportunità D.D.L Risoluzione del rapporto di lavoro e dimissioni delle lavoratrici L. R. Emilia Romagna 17/2005 sul lavoro La conciliazione dei tempi e le Buone Prassi Aziendali: Hera Imola/Faenza Cut Service (distretto di Carpi) Coop. Adriatica Policlinico di Modena ATCM di Modena Confcooperative Regionale Bologna Ducati Motor e GD di Bologna Accordi aziendali: Il telelavoro e la conciliazione Tim Zanussi Regione Emilia Romagna Comune di Bologna Progetto Tata Convenzione Comune di Bologna e CIF Imprese Femminili Eccellenti

7 Impronta etica: Un associazione di aziende per la responsabilità sociale d impresa Questionario sulla conciliazione dei tempi Interviste Conclusioni Riferimenti bibliografici Link internazionali

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9 PRESENTAZIONE Il Centro Italiano Femminile nell anno 2007 dichiarato dall Unione Europea Anno europeo delle Pari Opportunità per tutti si è proposto con questo progetto di riunire in un unica pubblicazione l ampia legislazione emanata dall Unione Europea riferita alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e compararla con la legislazione nazionale e locale. L Unione Europea da sempre ha fatto da apripista al tema delle pari opportunità per tutti, ma di fatto verifichiamo da molte ricerche e studi fatti anche dalla nostra Associazione che in Italia ed anche nella nostra Regione esiste una parità formale, ma non sostanziale nel rapporto donne-lavoromaternità confermata dall ultima ricerca delle Consigliere Regionali di parità. L identikit della donna discriminata è una madre diplomata o laureata dai 30 ai 40 anni che ha 1 o 2 figli e che al rientro dalla maternità è demansionata e spesso soggetta a pressioni psicologiche perché ritenuta poco affidabile nel contesto lavorativo. Nel lanciare la Road Map Vladimir Spidla, Commissario Europeo per l Occupazione, gli Affari Sociali e le Pari Opportunità ha sollecitato gli Stati Membri ad adottare misure che facilitino la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e a ridurre i divari occupazionali tra uomini e donne. Non è accettabile secondo il commissario europeo -che la metà della popolazione europea ancora stia peggio dell altra metà. Occorre un impegno ai più alti livelli per colmare il divario di genere. Non è solo un problema di eguaglianza, ma è fondamentale per raggiungere gli obiettivi della Strategia di Lisbona. L Unione Europea si è occupata delle varie criticità nei contesti lavorativi in cui lavorano, oltre a madri anche donne disabili, donne impegnate nella cura di familiari non autosufficienti e si è occupata anche dell ambiente con la Carta di Lipsia e della Parità nella Vita Locale con un specifico documento. La nostra ricerca ha evidenziato ed infatti si chiude con esempi di Buone Prassi da parte di aziende virtuose che sono state definite eccellenti e che sono guidate da donne eccellenti. La ricerca non si è limitata alla raccolta dei documenti europei, ma è stata l occasione per un approfondimento che ha coinvolto le associate attraverso seminari, gruppi di lavoro e focus group con esperti sui seguenti documenti: Libro Verde, Strategia di Lisbona, Road Map, Carta europea per le per pari opportunità nella vita locale, Carta Europea per il riconoscimento ed il sostegno del lavoro di cura per chi si occupa di persone non autosufficienti, la Carta dei disabili e la Carta di Lipsia. 5

10 Il testo prodotto verrà messo a disposizione oltre che delle donne del CIF, degli studenti e dei lavoratori e lavoratrici che desiderano avere un approccio a 360 gradi al tema complesso della conciliazione vita-lavoro per il tramite delle direttive e delle raccomandazioni europee agli stati membri ed una comparazione con la legislazione nazionale, regionale e locale. (L. 1204/71 e 903/77, D.Lgs 196/2000, D.Lgs 198/2000, L. 53/2000, ecc.) nella consapevolezza che la conoscenza dei propri diritti inerenti il lavoro è fondamentale. Inoltre il Centro Italiano femminile ha voluto verificare sul territorio, attraverso un questionario e brevi interviste a donne lavoratrici con figli, il complesso tema della conciliazione per conoscere e far conoscere fenomeni di segregazione e discriminazione legati al genere nelle diverse dimensioni della vita lavorativa, familiare e sociale; rafforzare la cultura del mainstreaming e dell empowerment per i giovani, le donne, gli immigrati. per concorrere ad una società che dia sviluppo e motivazione alle risorse ed ai talenti di: donne e uomini attraverso l implementazione di politiche finalizzate ad un miglioramento organizzativo a favore della qualità del lavoro, del benessere organizzativo, dell equilibrio fra tempi di vita e tempi di lavoro. Occorre comunque una nuova cultura familiare con il coinvolgimento dei padri nelle assunzioni di responsabilità familiari, ma soprattutto un riconoscimento valoriale della maternità ed un patto sociale fra le istituzioni, le OO.SS e le imprese che debbono concorrere con nuove dinamiche e politiche sociali di flessibilità alle esigenze di conciliazione. La Responsabilità sociale d impresa ed il Bilancio di genere per gli enti pubblici è stato oggetto di studio e di pubblicazione. Dicembre 2007 Laura Serantoni 6

11 LA LEGISLAZIONE EUROPEA SULLE POLITICHE DI PARI OPPORTUNITÀ DAL TRATTATO DI ROMA (1957) ALLA ROAD MAP (MARZO 2007) Le politiche di pari opportunità fra uomini e donne in Italia hanno subito una evoluzione positiva grazie all azione dell Unione Europea in termini di legislazione, finanziamenti e indirizzi di programmazione. Nella prima fase di vita della Comunità Europea le politiche di parità erano ricondotte all articolo 141 del Trattato di Roma del 1957 che richiedeva una eguale retribuzione tra lavoratori uomini e donne. Il Trattato di Maastricht del 1992 comprende un accordo sulle politiche sociali che regolamenta le pari opportunità nel mercato del lavoro e nel trattamento dei lavoratori: l Europa ha stabilito dei requisiti minimi, lasciando agli Stati facoltà di adottare misure complementari positive nei confronti delle donne. Il Trattato di Amsterdam del 1999 rafforza notevolmente la base giuridica della parità tra uomini e donne. In particolare gli articoli 2 e 3 sanciscono che l Unione ha tra i propri compiti l eliminazione delle ineguaglianze e la promozione della parità. Gli stessi principi vengono esplicitati nella Carta dei Diritti Fondamentali dell Unione Europea proclamata a Nizza nel Per combattere le discriminazioni basate sul sesso l Unione Europea ha emanato disposizioni mirate ad assicurare l eguaglianza soprattutto nel settore dell occupazione, della formazione, delle condizioni di lavoro e della previdenza sociale, e ha consentito se necessario l adozione di discriminazioni positive, ovvero norme che danno alla donne la priorità rispetto agli uomini in settori dove hanno maggiore difficoltà ad affermarsi. Prendendo atto del persistere di forti disuguaglianze, l Unione Europea ha sviluppato, a partire dagli inizi degli anni 80, una serie di programmi d azione per le pari opportunità. I primi tre programmi d azione comunitaria a medio termine per la parità di opportunità per donne e uomini sono relativi agli anni ; e Nel 1995, anche in seguito alla Quarta Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, svoltasi a Pechino, l Unione Europea assume la prospettiva del mainstreaming della dimensione di genere. Mainstreaming significa letteralmente entrare nella corrente principale: ciò significa che il principio delle pari opportunità dovrà essere integrato in tutte le politiche e azioni comunitarie e che tutte le decisioni dovranno essere valutate anche nel loro impatto differenziato sulla vita delle donne e 7

12 degli uomini. La comunicazione della Commissione Europea numero 67 del 21/2/1996 indica in particolare i settori chiave nei quali la legislazione e l insieme delle azioni comunitarie devono sistematicamente prendere in considerazione le differenze tra le condizioni, le situazioni e le esigenze delle donne e degli uomini: occupazione e mercato del lavoro, per garantire sia la parità di accesso sia la conciliazione tra vita familiare e professionale; piccola impresa e impresa familiare, con misure di flessibilità, qualificazione e accesso al credito; istruzione, formazione e gioventù; diritti delle persone, come sicurezza e tutela dalle violenze; cooperazione allo sviluppo; ricerca e scienza; informazione. La Strategia Quadro Comunitaria per l uguaglianza tra uomini e donne si pone l obiettivo della parità tra i sessi in tutte le politiche che esercitano un impatto diretto o indiretto sulla vita degli uomini e delle donne. La strategia si fonda su un duplice binario: rendere operativo e consolidare l approccio di integrazione delle politiche comunitarie, e stimolare azioni specifiche a favore delle donne, al fine di eliminare il persistere di determinate disparità. Il Quinto programma d azione ha affrontato cinque settori d intervento: 1. Vita economica: pari opportunità di occupazione e di carriera, superamento delle segregazioni, possibilità di conciliazione tra lavoro e vita familiare; 2. Partecipazione e rappresentanza, in particolare riequilibrio tra donne e uomini nei processi decisionali; 3. Accesso e godimento dei diritti sociali; 4. Vita civile, ovvero promozione e garanzia dei diritti, lotta alle discriminazioni e alle violenze; 5. Evoluzione dei ruoli e superamento degli stereotipi soprattutto nell istruzione, nell informazione, nella cultura, nella scienza. Altri programmi specifici hanno contribuito al raggiungimento di questi obiettivi, come quello per la Promozione delle organizzazioni attive nel campo dell uguaglianza di genere, finanziato dal 2004 al 2006, vari programmi e iniziative mirate a combattere le diverse forme di discriminazione e per integrare le differenze, infine il programma di sostegno agli stati membri nella lotta contro la violenza sulle donne e i bambini attivo dal 2000 con la denominazione Daphne. Al tempo stesso l Unione ha deciso fin dal 1996 di integrare questa dimensione nel filone più importante del proprio intervento finanziario, che è finalizzato alla coesione economica e sociale dei paesi dell Unione 8

13 Europea. La programmazione dei cosiddetti Fondi Strutturali Europei nel periodo ha così attribuito alle pari opportunità una funzione strategica e vincolante. Durante l intero periodo di attività, la cui realizzazione si concluderà alla fine del 2007, tutti i bandi europei hanno attribuito un punteggio aggiuntivo a progetti e domande di sovvenzione che contenessero elementi a favore delle pari opportunità o nel rispetto di un ottica di genere; le pari opportunità sono state assunte come obiettivi trasversali quindi obbligatori nella programmazione del Fondo Sociale Europeo e sono divenuti un cardine delle iniziative comunitarie cofinanziate dal Fondo, in particolare Equal finalizzata alla lotta alle discriminazioni e disuguaglianze nel lavoro e all inclusione sociale dei gruppi meno favoriti; inoltre, il 10% delle risorse è stato destinato a un canale specifico di finanziamento per favorire la crescita e lo sviluppo della presenza femminile in ambito lavorativo e la diffusione di una cultura di parità. La valutazione dello stato di avanzamento della strategia comunitaria è scandita dalle Relazioni annuali sulla parità, che dal 2000 vengono presentate dalla Commissione al Consiglio Europeo, al Parlamento, al Comitato Economico e Sociale Europeo ed al Comitato delle Regioni per illustrare i progressi registrati dall Unione europea nel corso dell anno precedente. Contestualmente alla Relazione annuale del 2006, la Commissione Europea ha pubblicato un documento di ampio respiro, che definisce un percorso strategico quinquennale per combattere le disparità ancora esistenti in tutti i settori della vita civile: tale documento, noto come Road Map o Tabella di marcia, rivisita la Strategia Quadro , riaffermando il valore dell uguaglianza di genere sia attraverso politiche di gender mainstreaming, sia attraverso l adozione di misure specifiche. La Road Map ha lo scopo di combattere le disparità tra uomini e donne, individuandone ragioni specifiche quali l assenza di condizioni flessibili di lavoro e servizi di cura, la persistenza di stereotipi di genere e l ineguale divisione delle responsabilità familiari. Essa individua sei settori di intervento prioritari per le politiche di genere per il periodo : realizzare un uguale indipendenza economica tra uomini e donne: aumentare l impegno per il raggiungimento dell obiettivo di occupazione femminile fissato dal Consiglio Europeo di Lisbona nel 2000 (ovvero il 60% nel 2010), per la riduzione del gap salariale e della segregazione professionale tra uomini e donne, per l accesso delle lavoratrici e delle imprenditrici ai finanziamenti e alla formazione, per 9

14 una tutela previdenziale e sanitaria adeguata; migliorare la conciliazione tra vita lavorativa e vita privata: condizioni e orari di lavoro più flessibili, migliori servizi di cura, maggiore responsabilizzazione dei maschi nella vita familiare; promuovere l uguale partecipazione di uomini e donne nei luoghi decisionali e nelle funzioni dirigenziali soprattutto negli apparti pubblici e nella ricerca; combattere la violenza basata su ragioni di genere e la tratta di esseri umani; eliminare gli stereotipi di genere presenti nella società, a partire dall educazione e dalla cultura; promuovere l uguaglianza di genere al di fuori dell Unione Europea, applicando negli accordi di cooperazione e richiedendo ai paesi terzi di attuare i principi riconosciuti dagli organismi internazionali. Nel quadro della stessa Road Map si collocano anche il progetto di creazione di un Istituto Europeo di Genere, e la proposta di un Patto Europeo per l uguaglianza di genere iniziative che confermano l impegno degli Stati membri a realizzare una sostanziale uguaglianza tra uomini e donne. L Istituto Europeo, che sarà operativo entro il 2007, dovrà istituire e coordinare una Rete europea per lo scambio di informazioni e sensibilizzare i cittadini, ma anche diffondere buone prassi e fornire consulenze a enti pubblici e privati nonché raccomandazioni alle istituzioni europee. La proposta della Commissione intende costituire un agenzia operante come centro di eccellenza mondiale, autonoma nell adempimento dei propri compiti e dotata delle competenze necessarie ad operare come sostegno tecnico delle istituzioni della Comunità e degli Stati membri nella lotta contro le discriminazioni fondate sul sesso. Il Patto approvato dal Consiglio Europeo il 24 marzo 2006 ha individuato tre macro-settori di intervento: misure per colmare i divari di genere e combattere gli stereotipi di genere nel mercato del lavoro; misure per promuovere un migliore equilibrio tra vita professionale e familiare per tutti; misure per rafforzare la governance tramite l integrazione di genere e il monitoraggio statistico e qualitativo dei dati di genere. La realizzazione delle misure indicate nella Road Map coincide con il nuovo ciclo finanziario dell Unione Europea che inizia nel 2007, il primo dopo l allargamento che ha portato il numero dei paesi membri da 15 a

15 I nuovi Fondi Strutturali per il periodo confermano e sviluppano il principio del mainstreaming in tutte le fasi di programmazione, attuazione e valutazione delle attività. Un nuovo programma comunitario per l occupazione e la solidarietà sociale, denominato Progress, destinato a sostenere finanziariamente la realizzazione degli obiettivi dell Unione europea nel settore dell occupazione e degli affari sociali, si occupa di sostenere da un lato, l applicazione efficace del principio della parità fra uomini e donne e dall altro, realizzare una migliore integrazione della dimensione di genere nelle politiche dell Unione. L adozione di ulteriori iniziative e programmi, e soprattutto l articolazione operativa degli interventi programmati, sono le tappe significative che dovranno concludersi entro i primi mesi del

16 LA STRATEGIA DI LISBONA Il consiglio Europeo di Lisbona nel marzo 2000 si è riunito con l intento di costruire: Un piano per la crescita e la competitività L Unione europea all inizio del nuovo millennio è chiamata a confrontarsi con numerose sfide, in particolare la globalizzazione e la rivoluzione tecnologica. Questi cambiamenti interessano ogni aspetto della vita dei cittadini e richiedono una trasformazione radicale del sistema economico e sociale. L Ue si è impegnata a gestire questi mutamenti in modo coerente con i propri valori e sfruttare appieno i vantaggi derivanti dalle opportunità che si presentano. Da qui è nata la volontà di concordare un programma ambizioso volto a promuovere l innovazione, le riforme economiche, e la modernizzare dei sistemi di previdenza sociale e d istruzione. Al Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000, l Ue si è prefissata un nuovo obiettivo strategico per il nuovo decennio: diventare l economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. Sono tre le aree prioritarie alle quali la Strategia di Lisbona ha stabilito di conferire un impulso decisivo: Sviluppo di strategie per l occupazione, con un attenzione particolare alle riforme del mercato del lavoro. Lo scopo principale di queste misure è di innalzare il tasso medio di occupazione nell Unione al 70%, aumentare il numero delle donne nel mondo del lavoro fino a raggiungere una media superiore al 60% e avere il 50% di lavoratori anziani impiegati entro il Questo comporta, tra l altro, lo studio di nuovi meccanismi fiscali, incentivi alle persone che lavorano più a lungo e il miglioramento dell assistenza alle famiglie. E indispensabile investire nella formazione per affrontare ostacoli come le competenze tecniche e linguistiche, che scoraggiano i lavoratori dal cambiare occupazione all interno della stessa impresa, in altri settori o addirittura in altri paesi. Si dovrà incentivare il ruolo delle parti sociali per anticipare e gestire il cambiamento. Ciò aiuterà l Unione europea ad avvicinarsi alla piena occupazione e al miglioramento delle condizioni di lavoro. Collegare l Europa e collegare i mercati. Questa meta si può raggiungere attraverso riforme che completino il mercato interno e accelerino l integrazione dei mercati finanziari nell ambito di un corretto 12

17 quadro normativo. Ciò significa, ad esempio, definire date certe per l apertura dei mercati dell energia e concordare le misure chiave necessarie per i servizi finanziari. Contemporaneamente l Unione deve investire risorse in progetti infrastrutturali che rendano il mercato interno più dinamico e competitivo. Un Europa più interconnessa e efficienti servizi di interesse economico generale garantiranno maggiore crescita e prestazioni di qualità più elevata per i cittadini. Un area europea della conoscenza. Moltiplicare gli investimenti nella ricerca e nella conoscenza è indispensabile per incentivare la competitività e nuovi posti di lavoro. L Unione europea deve aumentare gli sforzi nei settori della ricerca, dell innovazione, dell istruzione e della formazione in un ottica maggiormente integrata. Per questo sarà necessario istituire nuove reti di eccellenza e incentivare la dimensione europea dell apprendimento lungo tutto l arco della vita, che potrà essere sostenuta da qualifiche di livello europeo. Un ulteriore tema prioritario delle azioni sarà quello di convincere le imprese a spendere somme più importanti nella ricerca e nell innovazione. 13

18 LA DIRETTIVA 2000/43/CE DEL CONSIGLIO D EUROPA DEL 29 GIUGNO 2000 CHE ATTUA IL PRINCIPIO DELLA PARITÀ DI TRATTAMENTO FRA LE PERSONE INDIPENDENTEMENTE DALLA RAZZA E DALL ORIGINE ETNICA IL CONSIGLIO DELL UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l articolo 13, vista la proposta della Commissione ( 1 ), visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ), visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ), visto il parere del Comitato delle regioni ( 4 ), considerando quanto segue: (1) Il trattato sull Unione europea segna una nuova tappa nel processo di creazione di un unione sempre più stretta tra i popoli dell Europa. (2) Conformemente all articolo 6 del trattato sull Unione europea, l Unione europea si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, principi che sono comuni a tutti gli Stati membri e dovrebbe rispettare i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. (3) Il diritto all uguaglianza dinanzi alla legge e alla protezione di tutte le persone contro le discriminazioni costituisce un diritto universale riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell uomo, dalla Convenzione delle Nazioni Unite sull eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, dalla Convenzione internazionale sull eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, dai Patti delle Nazioni Unite relativi rispettivamente ai diritti civili e politici e ai diritti economici, sociali e culturali e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali, di cui tutti gli Stati membri sono firmatari. (4) È importante rispettare tali diritti e libertà fondamentali, tra cui il diritto alla libertà di associazione. È altresì importante riguardo all accesso ai beni e ai servizi e alla fornitura degli stessi, rispettare la protezione della vita privata e familiare e delle transazioni operate in tale contesto. (5) Il Parlamento europeo ha adottato numerose risoluzioni sulla lotta contro il razzismo nell Unione europea. (6) L Unione europea respinge le teorie che tentano di dimostrare l esistenza di razze umane distinte. L uso del termine «razza» nella presente direttiva non implica l accettazione di siffatte teorie. (7) Il Consiglio europeo riunitosi a Tempere il 15 e 16 ottobre 1999 ha invitato la Commissione a presentare quanto prima proposte di attuazione dell articolo 13 del trattato CE per quanto riguarda la lotta contro il razzismo e la xenofobia. (8) Gli orientamenti in materia di occupazione per il 2000, approvati dal Consiglio europeo di Helsinki del 10 e 11 dicembre 1999, ribadiscono la necessità di promuovere le condizioni per una partecipazione più attiva sul mercato del lavoro, Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale. Parere espresso il 18 maggio 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). Parere espresso il 12 aprile 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). Parere espresso il 31 maggio 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). 14

19 formulando un insieme coerente di politiche volte a combattere la discriminazione nei confronti di gruppi quali le minoranze etniche. (9) Le discriminazioni basate sulla razza o sull origine etnica possono pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà. Esse possono anche compromettere l obiettivo di sviluppare l Unione europea in direzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. (10) Nel dicembre del 1995 la Commissione ha presentato una comunicazione intitolata «Contro il razzismo, la xenofobia e l antisemitismo». (11) Il 15 luglio 1996 il Consiglio ha adottato un azione comune (96/443/GAI) nell ambito dell azione intesa a combattere il razzismo e la xenofobia ( 5 ) in cui gli Stati membri si impegnano ad assicurare un effettiva cooperazione giudiziaria per quanto riguarda i reati basati sui comportamenti razzisti o xenofobi. (12) Per assicurare lo sviluppo di società democratiche e tolleranti che consentono la partecipazione di tutte le persone a prescindere dalla razza o dall origine etnica, le azioni specifiche nel campo della lotta contro le discriminazioni basate sulla razza o l origine etnica dovrebbero andare al di là dell accesso alle attività di lavoro dipendente e autonomo e coprire ambiti quali l istruzione, la protezione sociale, compresa la sicurezza sociale e l assistenza sanitaria, le prestazioni sociali, l accesso a beni e servizi e la loro fornitura. (13) Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata sulla razza o l origine etnica nei settori di cui alla presente direttiva dovrebbe pertanto essere proibita in tutta la Comunità. Tale divieto di discriminazione dovrebbe applicarsi anche nei confronti dei cittadini dei paesi terzi, ma non comprende le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e lascia impregiudicate le disposizioni che disciplinano l ingresso e il soggiorno di cittadini dei paesi terzi e il loro accesso all occupazione e all impiego. (14) Nell attuazione del principio della parità di trattamento a prescindere dalla razza e dall origine etnica la Comunità dovrebbe mirare, conformemente all articolo 3, paragrafo 2, del trattato CE, ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne, soprattutto in quanto le donne sono spesso vittime di numerose discriminazioni. (15) La valutazione dei fatti sulla base dei quali si può argomentare che sussiste discriminazione diretta o indiretta è una questione che spetta alle autorità giudiziarie nazionali o ad altre autorità competenti conformemente alle norme e alle prassi nazionali. Tali norme possono prevedere in particolare che la discriminazione indiretta sia stabilita con qualsiasi mezzo, compresa l evidenza statistica. (16) È importante proteggere tutte le persone fisiche contro la discriminazione per motivi di razza o di origine etnica. Gli Stati membri dovrebbero inoltre, se del caso e conformemente alle rispettive tradizioni e prassi nazionali, prevedere una protezione per le persone giuridiche che possono essere discriminate per motivi di razza o origine etnica dei loro membri. (17) Il divieto di discriminazione non dovrebbe pregiudicare il mantenimento o l adozione di misure volte a prevenire o compensare gli svantaggi incontrati da un gruppo di persone di una determinata razza od origine etnica e tali misure possono permettere le organizzazioni delle persone in questione se il loro principale obiettivo è la 5 GU L 185 del , pag

20 promozione di speciali necessità delle stesse. (18) In casi strettamente limitati, una differenza di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata alla razza o all origine etnica costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell attività lavorativa, la finalità è legittima e il requisito è proporzionato. Tali casi dovrebbero essere indicati nelle informazioni trasmesse dagli Stati membri alla Commissione. (19) Le vittime di discriminazione a causa della razza o dell origine etnica dovrebbe disporre di mezzi adeguati di protezione legale. Al fine di assicurare un livello più efficace di protezione, anche alle associazioni o alle persone giuridiche dovrebbe essere conferito il potere di avviare una procedura, secondo le modalità stabilite dagli Stati membri, per conto o a sostegno delle vittime, fatte salve norme procedurali nazionali relative a rappresentanza e difesa in giustizia. (20) L efficace attuazione del principio di parità richiede un adeguata protezione giuridica in difesa delle vittime. (21) Le norme in materia di onere della prova devono essere adattate quando vi sia una presunzione di discriminazione e, per l effettiva applicazione del principio della parità di trattamento, l onere della prova debba essere posto a carico del convenuto nel caso in cui siffatta discriminazione sia dimostrata. (22) Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare le norme in materia di onere della prova ai procedimenti in cui spetta al giudice o ad altro organo competente indagare sui fatti. I procedimenti in questione sono pertanto quelli in cui l attore non deve dimostrare i fatti, sui quali spetta al giudice o ad altro organo competente indagare. (23) Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo tra le parti sociali e con organizzazioni non governative ai fini della lotta contro varie forme di discriminazione. (24) La protezione contro le discriminazioni fondate sulla razza o l origine etnica sarà di per sé rafforzata dall esistenza in ciascuno Stato membro di un organismo o di organismi incaricati di analizzare i problemi in questione, studiare possibili soluzioni e fornire assistenza concreta alle vittime. (25) La presente direttiva fissa requisiti minimi, lasciando liberi gli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli. L attuazione della presente direttiva non dovrebbe servire da giustificazione per un regresso rispetto alla situazione preesistente in ciascuno Stato membro. (26) Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive applicabili in caso di violazione degli obblighi risultanti dalla presente direttiva. (27) Per quanto concerne le disposizioni che rientrano nel campo di applicazione di contratti collettivi, gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva, fermo restando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie che permettano loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva. (28) In base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità enunciati all articolo 5 del trattato CE lo scopo della presente direttiva, volta a garantire un elevato livello di protezione contro la discriminazione in tutti gli Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e dell impatto dell azione proposta, essere meglio realizzato a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo, 16

21 HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Obiettivo La presente direttiva mira a stabilire un quadro per la lotta alle discriminazioni fondate sulla razza o l origine etnica, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento. Articolo 2 Nozione di discriminazione 1 Ai fini della presente direttiva, il principio della parità di trattamento comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell origine etnica. 2 Ai fini del paragrafo 1: a) sussiste discriminazione diretta quando, a causa della sua razza od origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un altra in una situazione analoga; b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. 3 Le molestie sono da considerarsi, ai sensi del paragrafo 1, una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato per motivi di razza o di origine etnica e avente lo scopo o l effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. In questo contesto, il concetto di molestia può essere definito conformemente alle leggi e prassi nazionali degli Stati membri. 4 L ordine di discriminare persone a causa della razza o dell origine etnica è da considerarsi una discriminazione ai sensi del paragrafo 1. Articolo 3 Campo di applicazione 1. Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene: a) alle condizioni di accesso all occupazione e al lavoro sia indipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, indipendentemente dal ramo d attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione; b) all accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali; c) all occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione; d) all affiliazione e all attività in un organizzazione di lavoratori o di datori di lavoro o in 17

22 qualunque organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione, nonché alle prestazioni erogate da tali organizzazioni; e) alla protezione sociale, comprese la sicurezza sociale e l assistenza sanitaria; f) alle prestazioni sociali; g) all istruzione; h) all accesso a beni e servizi e alla loro fornitura, incluso l alloggio. 2. La presente direttiva non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e non pregiudica le disposizioni e le condizioni relative all ingresso e alla residenza di cittadini di paesi terzi e di apolidi nel territorio degli Stati membri, né qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi o degli apolidi interessati. Articolo 4 Requisiti essenziali e determinanti per lo svolgimento dell attività lavorativa In deroga all articolo 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata alla razza o all origine etnica non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell attività lavorativa, purché l obiettivo sia legittimo e il requisito proporzionato. Articolo 5 Azione positiva Allo scopo di assicurare l effettiva e completa parità, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure specifiche dirette a evitare o compensare svantaggi connessi con una determinata razza o origine etnica. Articolo 6 Requisiti minimi 1 Gli Stati membri possono introdurre o mantenere, per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, disposizioni più favorevoli di quelle fissate nella presente direttiva. 2 L attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione contro la discriminazione già predisposto dagli Stati membri nei settori di applicazione della presente direttiva. CAPO II MEZZI DI RICORSO ED ESECUZIONE Articolo 7 Difesa dei diritti 1 Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione, a procedure giurisdizionali e/o amministrative, comprese, ove lo ritengono 18

23 opportuno, le procedure di conciliazione finalizzate al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva. 2 Gli Stati membri riconoscono alle associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche che, conformemente ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, abbiano un legittimo interesse a garantire che le disposizioni della presente direttiva siano rispettate, il diritto di avviare, in via giurisdizionale o amministrativa, per conto o a sostegno della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso, una procedura finalizzata all esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva. 3 I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicate le norme nazionali relative ai termini per la proposta di azioni relative al principio della parità di trattamento. Articolo 8 Onere della prova 1 Gli Stati membri prendono le misure necessarie, conformemente ai loro sistemi giudiziari nazionali, per assicurare che, allorché persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione nei loro riguardi del principio della parità di trattamento espongono, dinanzi a un tribunale o a un altra autorità competente, fatti dai quali si può presumere che vi sia stata una discriminazione diretta o indiretta, incomba alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento. 2 Il paragrafo 1 si applica fatto salvo il diritto degli Stati membri di prevedere disposizioni in materia di prova più favorevoli alle parti attrici. 3 Il paragrafo 1 non si applica ai provvedimenti penali. 4 I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano altresì alle azioni promosse ai sensi dell articolo 7, paragrafo 2. 5 Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il paragrafo 1 ai procedimenti in cui spetta al giudice o all organo competente indagare sui fatti. Articolo 9 Protezione delle vittime Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le disposizioni necessarie per proteggere le persone da trattamenti o conseguenze sfavorevoli, quale reazione a un reclamo o a un azione volta a ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento. Articolo 10 Diffusione delle informazioni Gli Stati membri fanno in modo che le disposizioni adottate in virtù della presente direttiva, insieme alle pertinenti disposizioni già in vigore, siano portate all attenzione delle persone interessate con qualsiasi mezzo appropriato, in tutto il loro territorio. Articolo 11 Dialogo sociale 1 Gli Stati membri, conformemente alle tradizioni e prassi nazionali, prendono le misure adeguate per incoraggiare il dialogo tra le parti sociali al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, fra l altro attraverso il monitoraggio delle prassi nei luoghi di lavoro, contratti collettivi, codici di comportamento, ricerche o scambi di 19

24 esperienze e di buone pratiche. 2 Laddove ciò sia conforme alle tradizioni e prassi nazionali, gli Stati membri incoraggiano le parti sociali, lasciando impregiudicata la loro autonomia, a concludere al livello appropriato accordi che fissino regole antidiscriminatorie negli ambiti di cui all articolo 3 che rientrano nella sfera della contrattazione collettiva. Tali accordi devono rispettare i requisiti minimi fissati dalla presente direttiva e dalle relative misure nazionali di attuazione. Articolo 12 Dialogo con le organizzazioni non governative Al fine di promuovere il principio della parità di trattamento gli Stati membri incoraggiano il dialogo con le competenti organizzazioni non governative che, conformemente alle rispettive legislazioni e prassi nazionali, hanno un interesse legittimo a contribuire alla lotta contro la discriminazione fondata sulla razza e l origine etnica. CAPO III ORGANISMI PER LA PROMOZIONE DELLA PARITÀ DI TRATTAMENTO Articolo 13 1 Gli Stati membri stabiliscono che siano istituiti uno o più organismi per la promozione della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sulla razza o l origine etnica. Tali organismi fanno eventualmente parte di agenzie incaricate, a livello nazionale, della difesa dei diritti umani o della salvaguardia dei diritti individuali. 2 Gli Stati membri assicurano che tra le competenze di tali organismi rientrino: - l assistenza indipendente alle vittime di discriminazioni nel dare seguito alle denunce da essi inoltrate in materia di discriminazione, fatto salvo il diritto delle vittime e delle associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche di cui all articolo 7, paragrafo 2, - lo svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione, - la pubblicazione di relazioni indipendenti e la formulazione di raccomandazioni su questioni connesse con tali discriminazioni. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 14 Conformità alla direttiva Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare che: a) tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano abrogate; b) tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti collettivi, nei contratti di lavoro individuali, nei regolamenti interni delle aziende, nelle regole che disciplinano le associazioni con o senza fini di lucro e in quelle che disciplinano il lavoro autonomo e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto, oppure siano modificate. 20

25 Articolo 15 Sanzioni Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni che possono prevedere un risarcimento dei danni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro 19 luglio 2003 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive. Articolo 16 Attuazione Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 19 luglio 2003 o possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni che rientrano nella sfera dei contratti collettivi. In tal caso gli Stati membri si assicurano che, al più tardi entro 19 luglio 2003 le parti sociali stabiliscano mediante accordo le necessarie disposizioni, fermo restando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie che permettano loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 17 Relazione 1 Entro 19 luglio 2005 e successivamente ogni cinque anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni necessarie per consentirle di redigere una relazione destinata al Parlamento europeo e al Consiglio sull applicazione della presente direttiva. 2 La relazione della Commissione tiene conto, ove opportuno, dei pareri dell Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia, nonché delle posizioni delle parti sociali e delle organizzazioni non governative competenti. Conformemente al principio dell integrazione di genere, la relazione fornisce altresì una valutazione dell impatto delle disposizioni adottate su donne e uomini. Alla luce delle informazioni ricevute, la relazione contiene all occorrenza proposte volte a rivedere e aggiornare la presente direttiva. Articolo 18 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. 21

26 Articolo 19 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 29 giugno Per il Consiglio Il Presidente M. ARCANJO 22

27 COMMENTO ALLA ROAD MAP FOR EQUALITY BETWEEN WOMEN AND MEN Tra i recenti provvedimenti europei merita citare la Direttiva 5 luglio 2006 n. 2006/54/CE riguardante l attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, nonché la Tabella di marcia per l equità di genere (Road map for equality between women and men ), del 3 marzo 2006 con l obiettivo di far progredire il programma verso l uguaglianza di genere e di rafforzare le politiche di gender mainstreaming. La Commissione Europea stabilisce sei obiettivi prioritari, da conseguire entro il 2010, finalizzati a contrastare le disuguaglianze di genere sia all interno sia all esterno dell Unione Europea: 1. raggiungere lo stesso grado di indipendenza economica per uomini e donne; 2. migliorare la conciliazione tra vita professionale, familiare e privata; 3. promuovere la rappresentanza paritaria nei luoghi decisionali; 4. combattere ogni forma di violenza basata sul sesso e la tratta degli esseri umani; 5. eliminare gli stereotipi di genere presenti nella società; 6. promuovere l uguaglianza di genere nelle relazioni esterne dell Unione Europea e nelle politiche di sviluppo Per ciascun obiettivo, la road map esplicita specifiche azioni strategiche, assicurando risorse adeguate e monitorando e rafforzando il mainstreaming di genere. Nella seconda parte del documento, la Commissione si propone di migliorare la governance sulla parità tra i generi. La conciliazione: favorire l equilibrio fra lavoro di cura e lavoro per il mercato: la situazione europea Aumentare i Servizi di custodia La commissione Europea nella Road Map per la parità tra donne e uomini da realizzarsi entro il 2010 auspica ancora una volta che i paesi membri si attivino con politiche di conciliazione tra lavoro e vita familiare per donne e uomini. Tra l altro prevede l aumento dei servizi di custodia perché l Europa si trova ad una triplice sfida: l assottigliarsi della popolazione in età lavorativa, i tassi di natalità ridotti e l aumento della popolazione degli anziani. Una risposta al declino demografico è costituita in parte da un miglior equilibrio tra attività professionale e vita familiare, mediante strutture di custodia per l infanzia più economiche e flessibili, conformemente agli obiettivi di Barcellona e grazie alla prestazione di servizi che rispondano alle esigenze di anziani e delle persone disabili. La qualità di questi servizi va migliorata e le qualifiche del personale, principalmente femminile, vanno sviluppate e valutate più adeguatamente. Gli obiettivi di Barcellona e i servizi ai minori Si prevede che gi stati membri forniscano entro il 2010 servizi per i bambini per almeno il 90% dei minori in età compresa fra i 3 anni e l età dell obbligo scolastico, nonché per almeno il 33% dei bambini di età inferiore ai 3 anni e di rendere più accessibili e flessibili i servizi di assistenza destinati a persone non autosufficienti (bambini, persone con disabilità o malattie croniche e anziani) definendo requisiti di minima in materia di assistenza, tra cui strutture aperte anche di notte, al fine di far fronte alle esigenze familiari e lavorative; incoraggiando attivamente i padri e i conviventi maschi ad avvalersi delle opzioni di orario flessibile e ad assumere la responsabilità dei compiti domestici e di quelli 23

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