Rodolfo Gentili, Graziano Rossi, Valeria Dominione e Andrea Leonardi

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1 Rodolfo Gentili, Graziano Rossi, Valeria Dominione e Andrea Leonardi Valutazione dello status di conservazione di popolazioni isolate situate al limite dell areale: il caso di Juncus jacquinii L. in Appennino Tosco-Emiliano (Italia). Abstract Conservation status of isolated population at the limit of their range: Juncus jacquinii L. in the Tuscan-Emilian Apennines (Italy). This study applies at regional level in the Tuscan-Emilian Apennines the IUCN threat categories, providing internationally accepted criteria to evaluate the extinction risk and to assist plant conservation (Version 3.1: IUCN, 2001). This contribution aims to assess the conservation status of species found at the margin of their distribution area and particularly sensitive to disturbances that might threaten their survival in the long term. The study case here presented is Juncus jacquinii, a species that albeit not threatened at a global level but it is critically endangered at a local scale. An accurate monitoring of its few remaining populations provided key information on habitat fragmentation. The data recorded included: n. of sites, total area covered, an estimate of n. of individuals, habitat description and seed vitality. Other direct and indirect factors limiting the plant survival and expansion were also accounted for; the main ones appear to be tourism, global climate change and habitat fragmentation. Juncus jacquinii was assigned to IUCN regional status CR on the basis of the species characteristics, the current situation and the likely future threats. In conclusion a conservation plan is proposed for the management of this species. Key words: IUCN, Red List, regional level, threatened species, conservation status, Juncus jacquinii. Riassunto Il lavoro presenta un applicazione a livello regionale per il territorio dell Appennino Tosco-Emiliano dei criteri di rischio e delle categorie di minaccia proposte dalla IUCN ed internazionalmente riconosciute quali validi strumenti per la conservazione della biodiversità (Version 3.1: IUCN, 2001); in particolare, la ricerca vuole valutare lo status di conservazione di specie al limite del loro areale, soggette a minacce che potrebbero metterne a repentaglio la sopravvivenza, nel medio-lungo periodo. Come primo caso di studio viene qui analizzata la situazione di Juncus jacquinii, specie che, pur non essendo minacciata a livello globale, presenta una situazione molto critica a livello regionale. Per tale motivo è stato realizzato un dettagliato monitoraggio nei luoghi di crescita della specie, per fornire informazioni circa la frammentazione dell habitat. Sono stati raccolti dati relativi a: numero di stazioni, superficie totale occupata, stima del numero di individui, caratteristiche dei siti di crescita e vitalità dei semi. Inoltre, sono stati registrati i fattori diretti e indiretti che minacciano e limitano l espansione delle popolazioni: tra essi sembrano giocare un ruolo decisivo l uso turistico del territorio, le modificazioni climatiche globali, oltre agli aspetti legati alla frammentazione dell areale. Dopo aver vagliato le principali caratteristiche bio-ecologiche della specie, secondo i parametri IUCN, ed aver valutato i futuri fattori di minaccia, Juncus jacquinii è stato assegnato per l area di studio alla categoria di rischio CR. Sulla base di tale risultato si propone un piano di conservazione per la specie. Parole chiave: IUCN, livello regionale, Liste Rosse, specie minacciate, stato di conservazione, Juncus jacquinii. Introduzione L alto Appennino Tosco-Emiliano, per la sua particolare disposizione geografica e per gli avvicendamenti climatici susseguitisi durante le fasi glaciali e interglaciali pleistoceniche, rappresenta un area assai ricca dal punto di vista floristico, annoverando quasi 500 entità, suddivise in 33 elementi corologici (Alessandrini et al., 2003). Se si analizza la flora del territorio, la sua peculiarità non consiste tanto nella ricchezza in endemiti (es. Festuca riccerii Foggi et Graz. Rossi, Primula apennina Widmer, Taraxacum aemilianum Foggi et Ricceri), fortemente limitati in numero, bensì nella presenza di specie di notevole interesse fitogeografico, in quanto poste al loro limite distributivo, o che comunque presentano popolazioni fortemente disgiunte: elementi articoalpini, alpini, boreali e orofitici europei (es. Salix herbacea L., Senecio incanus L. subsp. incanus, Soldanella alpina L., S. pusilla Baumg.), elementi balcanico-appenninici (es. Linum capitatum Kit.). 1

2 Allo stato attuale, questi elementi in Appennino Tosco-Emiliano, presentano una distribuzione di tipo relittuale, cioè sono caratterizzati da areali molto limitati e più o meno fortemente disgiunti rispetto all areale centrale (core area) (Alessandrini et al., 2003; Comes e Kadereit, 2003). Pertanto, quest area può considerarsi, proprio per la sua marginalità, un importante hotspot per la conservazione della biodiversità nel sud dell Europa (Spector, 2002; Thuiller et al., 2005). Il legislatore nazionale, chiamato a colmare una lacuna normativa che ormai si protrae da troppi anni, in materia di conservazione della flora spontanea, non ha affrontato, a nostro parere, il preliminare problema metodologico della predisposizione ex novo o dell adozione di un sistema di categorizzazione internazionalmente riconosciuto (cfr. IUCN, 2001; Rodriguez et al., 2006), che risolva univocamente e con una normativa quadro, il problema della disomogeneità da noi riscontrata nelle scelte normative regionali; queste recano spesso elenchi incompleti e non aggiornati, che attribuiscono importanza prevalente al valore estetico, a scapito dell effettivo interesse fitogeografico e biologico, come per altro già evidenziato in passato da autorevoli autori (Garbari, 1996). Pertanto molte entità rare dal punto di vista fitogeografico, a tutt oggi, non godono di protezione a livello normativo, ovvero, rientrando in aree protette, beneficiano soltanto di una tutela indiretta (Rabinowitz et al., 1986). Il patrimonio floristico del territorio dell alto Appennino Tosco-Emiliano, pur ricadendo quasi interamente entro parchi regionali o nazionali (Parco Nazionale dell Appennino Tosco-Emiliano, istituito da pochi anni e per altro non ancora operativo), è, tuttavia, potenzialmente esposto ad un erosione costante, a causa di minacce antropiche e naturali in atto, imminenti, o future (turismo e cambiamenti climatici). In relazione a quest ultimo fattore, va evidenziato come le catene periferiche ad un sistema montuoso centrale siano maggiormente sensibili ai cambiamenti climatici perché hanno popolazioni disgiunte e non hanno le dimensioni spaziali per contenere la variazione altitudinale dei piani di vegetazione. Per quanto riguarda la legislazione regionale, si ricorda inoltre che i due versanti dell Appennino Tosco-Emiliano, ricadenti in due regioni amministrative differenti, sono sottoposti a distinto regime di protezione (es. Silene suecica (Loddiges) Greuter et Burdet). Al fine di porre rimedio a questa disomogeneità nella definizione delle norme di tutela, sarebbe quindi auspicabile l utilizzo, a tutti i livelli istituzionali, di criteri oggettivi comuni, scientificamente accettati, di valutazione del grado di minaccia per le specie vegetali. In questa sede si ricorda che da oltre 30 anni opera a livello internazionale lo IUCN per la definizione e l implementazione di specifici criteri di rischio e categorie di minaccia che ha portato in Italia alla compilazione delle Liste Rosse nazionali e regionali (Conti et al., 1992, 1997). Del resto le Liste Rosse nazionali andrebbero aggiornate a cadenza decennale, utilizzando i nuovi criteri IUCN del 2001 (Scoppola e Blasi, 2005). Tuttavia, nel contesto nazionale, questi criteri sono spesso di difficile applicazione, principalmente per la mancanza di informazioni sia sulle specie critiche (es. quelle del genere Limonium) sia sulla precisa localizzazione e consistenza delle popolazioni. In situazioni biogeografiche complesse come la penisola italiana sarebbe inoltre opportuno riferire le liste rosse ad unità biogeografiche (Alpi, Appennini, isole, ecc.), piuttosto che ad unità amministrative (regioni, province). Il presente contributo intende pertanto valutare lo stato di conservazione delle specie che in Appennino Tosco-Emiliano raggiungono il loro limite meridionale o settentrionale di distribuzione in Italia e, almeno in alcuni casi, in Europa, al fine di misurarne il rischio di estinzione e proporre misure di protezione più incisive delle attuali, in un quadro ambientale complessivo in costante e rapida modificazione. Per prevenire il rischio di estinzione di una specie si rende necessaria quindi una precisa valutazione del suo stato di conservazione, attribuendo la categoria di minaccia più opportuna; a tal fine vanno individuati i fattori di minaccia che ne limitano l espansione o che addirittura ne mettono a rischio la sopravvivenza, e prodotte dettagliate mappe di distribuzione, descrivendo puntualmente i siti di crescita. La specie in oggetto è un orofita sud-est europea (Pignatti, 1982), presente in Italia sulle Alpi, dalle Marittime alle Carniche, dov è assai comune, e nel settore dell Appennino Tosco-Emiliano, dove invece è molto rara e localizzata (Pedrotti, 1996). Qui si trovano alcune delle stazioni poste verso il 2

3 limite meridionale di distribuzione, in una situazione di marcato isolamento geografico (Aeschiman et al., 2004; Hegi, 1974; Kirschner et al., 2002). A tal riguardo segnaliamo la recente scoperta di due nuove e interessanti stazioni puntiformi (cfr. Appendice 1), che migliorano la conoscenza distributiva della regional population nord-appenninica (sensu Gärdenfors et al., 2001). Al fine di valutare lo status di questa specie a livello regionale ci si è basati sui criteri IUCN (2001), di tipo quantitativo, nonché su metodi estimativi il più possibile oggettivi, muovendosi nell ambito di uno studio floristico e popolazionistico, come già realizzato da altri autori per alcune entità a livello regionale (Gärdenfors et al., 2001; Gargano et al., 2005; Giovi et al., 2005; Peruzzi e Gargano, 2004; Torricelli et al., 1999; Vaira et al., 2004). Area di studio I siti di crescita di Juncus jacquinii sono ubicati lungo la fascia montuosa sommitale dell Appennino Tosco-Emiliano, tra il Passo della Cisa e la Valle del Reno. Il substrato geologico è costituito principalmente da flysch terrigeni terziari di arenaria macigno (Oligocene sup.), che costituiscono l ossatura del crinale, con vasti affioramenti a flysch di M. Modino e di M. Cervarola (Oligocene sup.-miocene inf.) (Chicchi e Plesi, 1991). Durante il quaternario l Appennino Tosco-Emiliano è stato soggetto alle glaciazioni, con presenza di lingue glaciali che si estendevano verso valle per alcuni chilometri (Losacco, 1982). Ad oggi sono rimaste evidenti tracce glaciali, rappresentate da forme relitte, come circhi, depositi glaciali e periglaciali quali rock glaciers e accumuli di versante (Gruppo di Ricerca Geomorfologia C.N.R., 1982). Nella zona dell alto Appennino Tosco-Emiliano i valori di precipitazione aumentano con la quota, oltrepassando largamente i 2000 mm annui nelle aree antistanti il crinale, in prossimità del quale la temperatura media annua si aggira intorno a 5 C, pur variando anche di diversi gradi in funzione dell altitudine considerata (sulla vetta del M. Cimone è di 2,1 C). I valori medi mensili più elevati si registrano in luglio e quelli più bassi in gennaio e febbraio (Gruppo di Ricerca Geomorfologia C.N.R., 1982; Piacente, 1992). Sulla base di indagini preliminari, i dati relativi alla stazione meteo di Febbio (Comune di Villaminozzo, RE), registrano un innalzamento locale della temperatura (Fig. 1), pari a 0,5 C nell ultimo secolo, in linea con i dati a livello planetario (0,6 C secondo IPCC, 2001). Per quanto riguarda l inquadramento fitosociologico della vegetazione, il piano subalpino è occupato principalmente da arbusteti dell'associazione Vaccinio-Hypericetum richeri (Hyperico- Vaccineitum) (Ferrari e Pezzi, 2000), mentre il piano alpino è discontinuo e limitato alle vette più elevate, a dominanza di praterie ascrivibili, in larga parte, all alleanza Caricion curvulae, come per il caso dell associazione Sileno exscapae-trifolietum alpini (Tomaselli e Rossi 1994; Tomaselli, 1997). inserire qui Fig. 1 Metodi Le indagini di campo, tese a stabilire lo status di conservazione di Juncus jacquinii, sono state svolte tra il 2000 e il 2005, basandosi sulle stazioni note in letteratura e su esplorazioni svolte ex novo. Per ogni sito di crescita sono stati raccolti dati stazionali, al fine di definire il tipo di habitat in cui la specie cresce; essi sono relativi a: latitudine e longitudine, quota, esposizione, inclinazione, litologia del substrato roccioso, caratteri geomorfologici dell area. Inoltre, sono state annotate le reali minacce cui è sottoposta, tuttora, la popolazione. Tutte le stazioni sono state mappate e riportate 3

4 sulla Carta Tecnica Regionale, alla scala 1:5.000, al fine di produrre una carta aggiornata di distribuzione della specie e un apposito Sistema Informativo Territoriale (SIT), come già realizzato, dagli autori, per altre entità (Bertin, 2000). Per stimare l entità della popolazione locale sono stati posizionati random 10 plot di 1x1 m, in cui sono stati rilevati la copertura, il numero di scapi totali e il numero di fiori per scapo, presso tre siti campione: 5 al M. Prado (RE), 3 a Prato Spilla (PR), 2 al M. Cimone (MO). Analogamente sono stati collocati due plot di controllo nelle Alpi occidentali: nelle Valli di Lanzo (TO) ed a Passo Gavia (SO). Per dare uniformità ai dati demografici, le medie dei valori medi del numero di scapi vengono uniformati all unità di misura (1m 2 ) che è generalmente utilizzata negli studi popolazionistici (Elzinga et al., 2001, Strasburger et al., 1995). Tale valore è stato applicato in seguito, a tutte le stazioni appenniniche, per la superficie totale, in modo da avere una stima quantitativa dell entità della popolazione appenninica, dell estensione e del numero di scapi per popolazione. Tuttavia, nel nostro caso, le indagini di tipo strettamente demografico sollevano problematiche d interpretazione relative alla definizione dell individuo, per motivi legati alla forma biologica (emicriptofita cespitosa, con rizomi a brevi internodi) ed alle strategie riproduttive della stessa, che, a causa del portamento policormico (Canullo e Falinska, 2003), non permettono la distinzione certa dei singoli individui. Pertanto, come correttivo, la condizione delle popolazioni è stata indagata mediante una valutazione della vitalità (i.e. fitness riproduttiva), come parametro fondamentale, in relazione alla copertura vegetale, al numero di scapi fiorali presenti entro ciascun plot, al conteggio dei frutti per ciascuno scapo e alla vitalità dei semi. Nella fattispecie, negli anni 1999, 2000 e 2001, sono stati raccolti 3 campioni di frutti (capsula) dalla stazione di M. Prado 1, quindi inviati alla Millennium Seed Bank (MSB) dei Royal Botanic Gardens di Kew (U.K.), per essere sottoposti ai seguenti test di caratterizzazione biologica: vitalità e % di germinazione (Smith et al., 2003). Le informazioni raccolte per il taxon sono state comparate con i criteri più aggiornati di indicizzazione nelle categorie di minaccia IUCN per la compilazione delle Liste Rosse a livello regionale, nel tentativo di assegnare la specie ad una delle categorie stesse (Gärdenfors et al., 2001; IUCN, 2001, 2005, 2006). Si sottolinea il fatto che tali criteri sono stati validati per essere adottati anche a livello regionale, senza modificazioni sostanziali rispetto alla scala globale, dato che il rischio di estinzione, per le popolazioni isolate, deve essere valutato allo stesso modo di quello dei taxa endemici (Gärdenfors et al., 2001; IUCN, 2005). In via generale, sono state seguite la procedure metodologiche utilizzate con successo, sia in Italia che all estero, da vari autori (Gärdenfors, 2001; Gargano e Peruzzi, , Vaira et al., 2004; Vischi et al., 2004). (inserire qui Fig. 2) Risultati Distribuzione. La prima stazione di J. jacqunii per l Appennino fu individuata da Adriano Fiori il 6 luglio 1885 (Mori, 1886; Fiori, 1923) ed è documentata da un campione d erbario raccolto presso l Alpe di Cusna in provincia di Reggio Emilia (FI!), come riportato anche in Pignatti (1982) e in Alessandrini e Branchetti (1997). Tuttavia, le numerose ricerche floristiche svolte fino ad ora non hanno più riconfermato il ritrovamento (Rossi et al., 1988). Pertanto l entità sembrava scomparsa definitivamente, almeno al margine del suo areale; successive indagini floristiche, a partire dal 1988 ad oggi, hanno portato alla scoperta di nuove stazioni puntiformi e molto isolate tra loro. Le stazioni ad oggi note risultano essere le seguenti: due nel reggiano al M. Prado (Rossi et al., l.c.; Foggi e Ricceri, 1989), una nel parmense a Prato Spilla (Rossi et al., 1998) e una nel modenese al M. Cimone (Alessandrini et al., 2003). A queste quattro vanno aggiunte due nuove stazioni di Juncus jacquinii, di recente scoperta ed inedite: una presso l Alpe di Cusna (RE) che riconferma, dopo 120 anni, la località storica di ritrovamento della specie per l Appennino Tosco-Emiliano 4

5 (Rossi G. e Dellavedova R., Agosto 2002, dato inedito); una stazione nuova nei pressi del crinale dell Alpe di Succiso (RE) nel corso di rilevamenti di campagna nel luglio 2005 (Fig. 2) (cfr. Appendice 1). Juncus jacquinii in Appennino Tosco-Emiliano quindi mostra una distribuzione dispersa, lungo la dorsale, con stazioni puntiformi a carattere relittuale, tutte costituite, escludendo quella più numerosa del M. Prado, da poche decine di individui. Eccezion fatta per le stazioni più centrali dell Appennino reggiano (M. Cusna e M. Prado), i luoghi di ritrovamento della specie sono molto distanti tra loro. Infatti, tra la stazione più a N del M. Casarola e quella del M. Cusna vi sono più di 15 Km in linea d aria, mentre la stazione del M. Prado e quella del M. Cimone distano circa 25 Km (Fig. 2). Le distanze di queste popolazioni da quelle dall areale principale sono invece dell ordine delle centinaia di chilometri. L areale, calcolato in ambiente GIS, si estende su 84,6 Km 2 (EOO). (inserire qui Tab. 1) Ecologia. La quota di ritrovamento delle stazioni è compresa tra 1570 m (Prato Spilla) e 2070 m (M. Cimone), con una valore medio di 1838 m di quota. Sulle Alpi, dove essa è abbondante, si rinviene generalmente tra i 1500 e i 2900 m (Pignatti, 1982). L esposizione prevalente è a Nord, esclusivamente sui versanti settentrionali della catena. L inclinazione delle stazioni è molto variabile, anche se la specie si ritrova in modo preferenziale su pianori con deboli pendenze, ma anche su versanti acclivi e con suoli relativamente sottili (M. Cimone); la pendenza media è di 19,7. La litologia prevalente è rappresentata da rocce di arenaria macigno o arenarie di M. Modino: si tratta di arenarie torbiditiche silicoclastiche, quarzoso-feldspatiche, a granulometria mediogrossolana, a chimismo debolmente acido. Nell area di studio, la presenza della specie è legata a condizioni geomorfologiche peculiari: conche o pendii esposti a N e all interno di circhi glaciali, alla base di versanti in roccia, con accumuli detritici perlopiù di origine glaciale. In tale contesto la specie in esame è stata rinvenuta in luoghi adiacenti a torbiere, lungo rive di ruscelli alimentati da acque di fusione nivale e tra massi e blocchi di detrito morenico. Queste aree, inoltre, sono costituite da versanti in ombra, caratterizzati da permanenza prolungata, sino alla stagione estiva, del manto nevoso; ciò rende possibile la formazione di ambienti fresco-umidi, con terreni ricchi in scheletro e costantemente permeati d acqua. Tra i fattori di minaccia o disturbo, direttamente osservati nei siti di crescita, vi sono: a) il pascolamento di animali domestici (ovini e bovini) e selvatici (ungulati e cinghiali): codifica standard IUCN 1.1.4; b) il calpestio legato alla presenza turistica estiva: codifica standard IUCN 10.1; c) l attività sciistica, ma solo in alcune località (Prato Spilla e Monte Cusna): codifica standard IUCN In Tab. 1 sono presentati i dati sintetici concernenti le stazioni di J. jacquinii in Appennino, rilevati direttamente sul campo o ricavati da studi precedenti (Leonardi, 2001); essi ci forniscono un quadro preciso circa le condizioni ambientali di crescita. (inserire qui Tab. 2) Demografia. L area occupata (Tab. 1) dalle popolazioni studiate è ridottissima ad eccezione di quella del M. Prado 1, con 565 m 2 di superficie. Negli altri casi le aree occupate dai cespi di Juncus jacquinii sono di 1 o 2 m 2 o addirittura meno, come nel caso della situazione riscontrata al M. Cusna (0,4 m 2 ). La superficie totale, effettiva, occupata dalle popolazioni di Juncus jacquinii dell Appennino Tosco-Emiliano è 570,9 m 2 (= 0, Km 2 ), mentre l area occupata sensu IUCN è di 5 Km 2, con griglia di 1x1 Km (AOO). 5

6 Dai valori medi di copertura calcolati, si può notare come la popolazione di M. Prado 1 mostri i più alti valori (61.0% nel 1999, 73.0% nel 2000 e 73.0% nel 2001) contro valori medi inferiori per la popolazione di Prato Spilla (35.0% nel 2000 e 26.7% nel 2001) e per quella di M. Cimone (37.5% nel 2000), con un lieve picco tra l anno 1999 e 2000 e successiva uniformità dei valori medi (Tab. 2). Inoltre anche per quanto riguarda le popolazioni studiate sulle Alpi, i valori di copertura della specie sono inferiori (33.8% per la popolazione nelle Alpi occidentali e 41.7% per la popolazione nelle Alpi centrali, da noi studiate nel 1999). Per quanto riguarda il numero medio di scapi fiorali, invece, si nota come la popolazione di M. Prado mostri un picco nell anno 2000 rispetto all anno precedente ed a quello successivo (109.8 nel 1999, nel 2000 e nel 2001), valori in ogni caso nettamente superiori ai valori medi per Prato Spilla (1.3 nel 2000 e 1.7 nel 2001) e a quelli per M. Cimone (59.0 da noi studiati nel 2000). Sempre riguardo a tale parametro, la media complessiva per il M. Prado è invece comparabile con il numero medio di scapi rilevato entro la popolazione delle Alpi occidentali (195.0 per le Alpi occidentali contro per M. Prado) e inferiori rispetto alla popolazione delle Alpi centrali (513.7 nel 1999), come mostrato in Tab 2. Riguardo al numero di frutti per scapo, si nota come in tutte le popolazioni, il valore medio annuale oscilli tra 8.3 e 4.8 frutti per scapo, con un andamento abbastanza uniforme dei valori medi per la popolazione di M. Prado (7.8 nel 1999, 8.3 nel 2000 e 8.1 nel 2001) e un leggero aumento per la popolazione di Prato Spilla (4.8 nel 2000 e 6.5 nel 2001). La popolazione di M. Cimone si attesta ad un valore di 7.2 frutti per scapo (in media nel 2000) e quelle delle Alpi su valori di 7.4 per la popolazione delle Alpi occidentali e di 5.7 per la popolazione delle Alpi centrali (Tab. 2). Infine, riguardo ai test di caratterizzazione biologica, i tre 3 campioni di frutti provenienti dal M. Prado e inviati alla MSB, sono stati identificati con i seguenti codici: (anno 1999); (anno 2000); (anno 2001). L analisi ai Raggi X ha però rivelato che all interno dei frutti non erano presenti semi vitali; per questo non si è potuto procedere ulteriormente nei test di germinabilità. Discussione Juncus jacquinii ha, nelle condizioni attuali presenti nell area di studio, una distribuzione fortemente frammentaria, che pone le popolazioni appenniniche totalmente disgiunte da quelle dell areale principale. Pertanto appare inverosimile che avvengano tra esse scambi di tipo genetico (per impollinazione o per immigrazione), date le distanze (centinaia di chilometri). Inoltre, lo stesso sub-areale appenninico, con l eccezione delle stazioni tra loro relativamente vicine, ubicate al M. Prado e al M. Cusna, è estremamente discontinuo (Fig. 2) e comporta, di fatto, uno stato d isolamento anche di queste sub-popolazioni. Sulla base dei dati attualmente disponibili, risulta assai arduo rispondere pienamente a quanto richiesto dai criteri IUCN relativamente alla definizione dello status globale della specie e alla stima della percentuale della popolazione appenninica rispetto a quella globale (Gärdenfors et al., 2001). Tuttavia, sulla base di osservazioni dirette e dall esame della letteratura consultata, ci sembra verosimile non ritenere quest ultima a rischio; inoltre la percentuale della popolazione locale rispetto a quella globale è sicuramente molto esigua, stimabile su valori inferiori all 1%. Le stazioni appenniniche di Juncus jacquinii ricadono in habitat ben delineati, legati a morfologie di tipo glaciale o periglaciale, all interno di aree di circo relitte (depositi glaciali), oggi caratterizzate da una lunga permanenza nevosa. Si trovano in prossimità delle quote più elevate della catena benché generalmente 100/200 metri al di sotto della linea di crinale, con esposizione prevalente a N (da NO a NE). Da un punto di vista fisico, tali ambienti in Appennino sono, assai discontinui, per i seguenti motivi: a) andamento dell orografia della catena, dato che vi sono poche e isolate aree al di sopra dei 2000 metri di quota; b) fattori topografici, in quanto la neve permane a lungo solo in alcune conche o depressioni del terreno (Ferrari e Rossi, 1995). 6

7 Le stazioni di Juncus jacquinii sono incluse nel territorio di aree protette (Parco Nazionale dell Appennino Tosco-Emiliano) o di Parchi regionali. Ciò nonostante, la specie è soggetta a minacce o a processi di selezione sia per cause dovute all attività umana, sia per cause di tipo naturale. Tra i maggiori fattori diretti di minaccia/disturbo giocano un ruolo importante il transito ed il pascolamento degli animali domestici, i quali in tarda primavera e durante la stagione estiva sostano lungamente nelle praterie d alta quota per alimentarsi, oppure transitano calpestando il terreno. Tra le popolazioni di animali selvatici (in parte reintrodotti) si segnala la presenza consistente di ungulati (caprioli, mufloni e cervi); inoltre, fino alle quote più elevate, sono attivi numerosi cinghiali, i quali, assumono comportamenti altamente distruttivi, rimuovendo zolle vegetate di suolo, alla ricerca di bulbi ed insetti. Sulla base delle nostre osservazioni l azione della fauna, tuttavia, causa solo forti oscillazioni annuali nel numero di individui, ma non la scomparsa della specie (Filipello, 1979; IUCN, 2001). Un altro fattore di minaccia diretto è rappresentato dalla pressione turistica che, anche in questo caso, si manifesta durante i mesi estivi, quando un gran numero di escursionisti s intrattiene nelle aree naturali, spesso abbandonando i sentieri ufficiali. Analizzando in dettaglio i singoli siti di crescita, appaiono particolarmente minacciate alcune stazioni, essendo facilmente accessibili sia agli animali al pascolo (M. Prado, M. Casarola) sia agli escursionisti che frequentano molto la zona (M. Prado al Lago della Bargetana). Meno soggette al calpestio appaiono le nuove stazioni individuate sul M. Cusna e al M. Casarola, nonché al M. Cimone. La stazione di Prato Spilla (Appennino parmense) invece presenta una situazione particolarmente aggravata dalla presenza degli impianti di risalita delle piste da sci. Lo stesso problema tuttavia potrebbe manifestarsi anche al Monte Cusna e al Monte Cimone, in caso di ampliamento delle piste già esistenti. A questi fattori, si aggiungono oggi quelli relativi al riscaldamento globale (Gottfried et al., 1999; Guisan e Theurillat, 2000). In particolar modo, numerosi modelli predittivi evidenziano come i cambiamenti climatici possano influire, in modo sostanziale, sulla migrazione verso l alto delle flore di montagna e sulla conseguente espansione, contrazione o scomparsa di singole specie (Gottfried, 1998). Nei prossimi 80 anni, le anomalie climatiche potrebbero provocare una perdita di specie sino al 60% nelle aree mediterranee montane, tra le quali può essere inserito, in una visuale continentale, anche l Appennino Tosco-Emiliano (Thuiller et al., 2005). Per l area appenninica le variazioni climatiche in atto sono attualmente monitorate, anche dalle ricerche del progetto GLORIA ( (Pauli et al., 2001; Bertin et al., 2001). È comunemente accettato che le condizioni di stress ambientale, come quelle a seguito dell aumento delle temperature medie del globo, agiscono in misura prevalente sulle popolazioni periferiche, aumentandone l isolamento e la frammentazione, quindi diminuendo le loro possibilità di sopravvivenza (Lesica e McCune, 2004). Infatti, proprio l isolamento biogeografico, unitamente alla degradazione e alla frammentazione degli habitat, è tra le cause primarie di estinzione delle specie situate in aree periferiche, dato che ambienti di vita discontinui e sottoposti a stress climatici, generalmente, supportano solo piccole popolazioni con vitalità ridotta (Rubinoff e Powell, 2004). Tutti questi fattori che, in condizioni normali, potrebbero anche avere effetti poco significativi sullo stato di conservazione di una data popolazione, sono invece amplificati dal fatto che le stazioni di Juncus jacquinii considerate ricadono entro un areale di soli 84 Km 2 e sono di piccola o piccolissima estensione; perlopiù hanno superfici di pochi metri quadrati ciascuna e, nel complesso, la superficie effettiva coperta dalla specie è uguale a 0, Km 2, mentre l area occupata sensu IUCN è di 5 Km 2. (inserire qui Tab. 3) Per quanto riguarda le problematiche legate all indagine demografica, in particolare la difficoltà oggettiva nel conteggio dei singoli individui, le linee guida per l applicazione dei criteri IUCN 7

8 invitano a considerare le singole unità riproduttive di un individuo clonale come individui singoli; trattandosi di una specie emicriptofita cespitosa, con ampie capacità di propagazione vegetativa (Canullo e Falinska, 2003), considerando i singoli scapi (ramet), si giunge ad una sovrastima del numero di individui della popolazione (89.009, Tab. 3); ciò potrebbe risultare erroneo per produrre valutazioni a fini conservazionistici. Ciò nonostante, i dati relativi al numero di scapi fiorali per cespo sono molto indicativi se si comparano le popolazioni appenniniche rispetto a quelle alpine, fornendo un termine di paragone relativo alla vitalità. Sulla base di questi presupposti si nota che il numero di scapi, nel migliore dei casi delle stazioni dell Appennino Tosco-Emiliano (M. Prado 1), è praticamente più che dimezzato (156,9 contro 354,4) rispetto ai plot delle Alpi; nel caso della popolazione del Cimone è ridotto a circa 1/5 (59 contro 354,4); nel caso di Prato Spilla il rapporto è nettamente inferiore a 1/200 (1,5 contro 354,4). Nel complesso, la vitalità delle popolazioni dell Appennino Tosco-Emiliano è pertanto seriamente ridotta (Tab. 2). Quindi, non è stato possibile stimare correttamente (i.e. con un accettabile margine di errore) l entità totale delle popolazioni, dato che gli individui risultano spesso indistinguibili. Pertanto il semplice conteggio non è da considerarsi attendibile, se non venissero considerati alcuni correttivi, fra cui quello consistente nella valutazione dei dati relativi al numero di scapi fiorali per unità di superficie. Va sottolineato, inoltre, il fatto che i frutti inviati alla MSB non contenevano semi vitali, verosimilmente a causa dell assenza di riproduzione gamica nelle popolazioni di riferimento, come già emerso in studi analoghi su popolazioni di specie rare, al limite di areale (Peruzzi e Gargano, 2004). A sostegno di questa ipotesi si riportano i seguenti elementi: a) il risultato è il medesimo su tutta la serie di campioni inviati nei tre anni; b) per altre specie provenienti dalla stessa zona, come per il caso di Carex foetida All., i semi non erano vitali nel primo anno, mentre quelli inviati successivamente lo erano del tutto (100%), evidenziando semplicemente un problema di maturità dei semi alla raccolta; c) specie affini, come Juncus filiformis L., non presentano normalmente problemi di vitalità dei semi né, tanto meno, problemi di germinabilità degli stessi (75%), come si può facilmente verificare nel Seed Information Database del Royal Botanic Gardens di Kew (cfr. La vitalità pressoché nulla dei semi potrebbe essere dovuta sia a cause locali (inbreeding depression), sia anche ad un riflesso dell assetto cromosomico della specie (Nepi e Franchi, 2000); per J. jacquinii, è disponibile un conteggio ad opera di Snogerup (1982), dove il taxon appare caratterizzato da un elevata poliploidia, avendo circa 170 cromosomi. D altro canto scompensi di questa natura, al di là delle cause, supportano l esistenza di una strategia riproduttiva prevalentemente agamica. In relazione ai criteri IUCN (2001) utilizzati per l attribuzione di un entità alle Liste Rosse a scala regionale, la dimensione limitata dei nuclei di popolazione e i fattori di minaccia in atto o potenziali sono un parametro discriminante; per quanto detto sino ad ora si desume che (Tab. 4): - sulla base delle stime circa la riduzione della popolazione prevista nei prossimi 10 anni, il taxon può essere assegnato alla categoria Vulnerable (VU), con la seguente codifica IUCN: A3c, per i seguenti motivi: a) è stato accertato che le popolazioni appenniniche sono meno dinamiche, da un punto di vista riproduttivo, rispetto a quelle alpine, avendo minore densità per metro quadro di scapi maturi: tale riduzione di produttività, avvenuta in passato, verosimilmente potrebbe riproporsi e continuare anche in futuro; b) la popolazione occupa aree molto ristrette, in habitat esposti per i quali si presume un ulteriore riduzione; c) la specie è sottoposta a minacce attuali dirette e indirette (stocastiche, per attività umana, per effetto dei cambiamenti climatici in atto e previsti o per scarsa variabilità genetica presunta) ed è localizzata solo in 6 micro-stazioni che, per tali cause, potrebbero essere soggette in qualsiasi momento a riduzione o estinzione. - sulla base della distribuzione geografica il taxon può essere assegnato alla categoria Critically endangered (CR), in base alla seguente codifica IUCN: B1ab(iii),2ab(iii) visto che 8

9 l area occupata è ridottissima (5 Km 2 ): le sub-popolazioni sono in numero ridotto (6), puntiformi (spesso 1-2 m 2 ) ed estremamente frammentate. - sulla base dell entità della popolazione, il taxon considerato viene assegnato alla categoria Data Deficient (DD, criterio C), in quanto risulta impossibile stimare con un approssimazione accettabile il numero degli individui maturi, a causa del portamento policormico della specie. (inserire qui Tab. 4) Conclusioni La scoperta di due nuove stazioni di Juncus jacquinii e il monitoraggio di quelle già note, nei pressi delle vette del crinale nord-appenninico, rivestono un rilevante significato conservazionistico per aspetti fitogeografici e biologici, come evidenziato per altre entità studiate in questa regione (Bertin et al., 2000). E conveniente sottolineare che, unitamente all attività umana (turismo e pascolo di animali domestici o selvatici, spesso reintrodotti), i cambiamenti climatici globali, pongono seri problemi di conservazione della specie e del suo ambiente di crescita, nel medio-lungo periodo, come dimostrato da molteplici studi (Bertin et al., 2001; Gottfried, 1998; Gottfried et al., 1999; Guisan e Theurillat, 2000). E verosimile ipotizzare, come indicato da modelli teorici, che i mutamenti climatici in atto potrebbero causare uno spostamento verso l alto degli ambienti di crescita delle specie legate a nicchie nivali, con ulteriore disgregazione e riduzione di entrambi (specie e ambienti) (Opdam e Wascher, 2004; Thuiller et al., 2005). In questo scenario, le previsioni attuali di ricolonizzazione degli habitat residui esistenti, da parte di Juncus, sembrano del tutto nulle. Infatti, nell alto Appennino Tosco-Emiliano, gli ambienti di tipo alpino non hanno coesione spaziale, ma sono dispersi lungo il crinale in funzione di quota, esposizione, inclinazione, direzione dei venti dominanti, fattori topografici. La frammentazione e la riduzione degli habitat a disposizione della specie infine, potrebbero causare minori capacità di risposta all ambiente e minor fitness riproduttiva (Oborny e Cain, 1997), (i.e. sterilità dei semi) così come avviene in Appennino per altre specie di ambiente nivale (Rossi et al., in stampa). Questi fattori potrebbero già anticipare ed accelerare una riduzione significativa della popolazione di Juncus jacquinii. Per i motivi sopra elencati, la specie, valutata secondo i criteri IUCN (2001), viene proposta per essere assegnata alla categoria Critically endangered (CR) a livello regionale, nell ottica della futura realizzazione di Liste Rosse regionali dell Emilia-Romagna, in quanto localmente gravemente minacciata di sopravvivenza; tale categoria di rischio più elevato assicura infatti una maggior garanzia di tutela, secondo il principio di precauzione, da applicare ogniqualvolta la specie sia ascrivibile a più di una categoria (IUCN, 2001). Sulla base di questa situazione di forte minaccia locale si auspica che vengano attuate quanto prima le seguenti misure di conservazione: a) inserimento del taxon nelle Liste Rosse regionali dell Emilia-Romagna, tra le specie a rischio di estinzione locale, da proteggere con speciale riguardo; b) conservazione dell habitat naturale della specie attraverso limitazioni al pascolo e alla presenza turistica; c) studio genetico delle popolazioni appenniniche in rapporto a quelle alpine, al fine di caratterizzarle ed orientare eventuali interventi di conservazione in situ ed ex situ; d) studi sulla biologia riproduttiva della specie; e) interventi in situ, mediante specifici ed adeguati programmi di incremento delle popolazioni attuali: rafforzamento, previa coltivazione in vivaio di individui provenienti dalla medesima 9

10 popolazione o forse anche scambi tra popolazioni, da pianificare dopo attenta analisi genetica; f) nuovi tentativi di conservazione ex situ, mediante raccolta e collocazione dei semi in banche del germoplasma, se vitali; g) monitoraggio costante delle popolazioni. Ringraziamenti Gli autori ringraziano per gli utili consigli ricevuti C. Hilton-Taylor (IUCN) e per la revisione del manoscritto il Prof. F. Garbari (Pisa), il Dott. G. Bedini (Pisa), il Dott. B. Foggi (Firenze), il Dott. D. Gargano (Cosenza) e il Dott. G. Parolo (Pavia). BIBLIOGRAFIA AESCHIMAN D., LAUBER K., MOSER D.M., THEURILLAT J.P., 2004, Flora Alpina, Vol. 2, Ed. Zanichelli. ALESSANDRINI A., BRANCHETTI, 1997, Flora Reggiana, Provincia di Reggio Emilia, CR Edizioni, Verona. ALESSANDRINI A., FOGGI B., ROSSI G., TOMASELLI M., 2003, Flora di altitudine dell alto Appennino tosco-emiliano, Regione Emilia-Romagna, Tip. Moderna, Ind. Grafiche, Bologna. BERTIN L., 2000, Realizzazione di un Sistema Informativo Geografico per il monitoraggio della flora nell Appennino Settentrionale (Italia), Arch. Geobot., 6 (2): BERTIN L., DELLAVEDOVA R., GUALMINI M., ROSSI G., TOMASELLI M., 2001, Monitoring plant diversity in the northern Apennines, Italy. The GLORIA project, Arch. Geobot., 7 (1): CANULLO R. E FALINSKA K., 2003, Ecologia vegetale. La struttura gerarchica della vegetazione, Liguori Editore, Napoli. CHICCHI S., PLESI G., 1991, Sedimentary and tettonic lineations as markers of regional deformation : an example from Oligo-Miocene arenaceous flysch of Northern Apennines, Boll. Soc. Geol. It., 107: COMES H.P., KADEREIT J.W., 2003, Spatial and temporal patterns in the evolution of the flora of the European Alpine System, Taxon, 52: CONTI F., MANZI A., PEDROTTI F., 1992, Libro rosso delle Piante d Italia, Ministero dell Ambiente, WWF Italia, Società Botanica Italiana, Roma. CONTI F., MANZI A., PEDROTTI F., 1997, Liste Rosse Regionali delle Piante d Italia, WWF Italia, Società Botanica Italiana, CIAS, Università di Camerino. ELZINGA L.C., SALZER D.W., WILLOUGHBY J.W., GIBBS J.P., 2001, Monitoring plant and animal population, Blackwell Science Inc. FERRARI C., PEZZI G., 2000, Focal points in the Mount Prado Alpine vegetation (Northern Apennines, Italy), Arch. Geobot., 6 (2): FERRARI C., ROSSI G., 1995, Relationship between plant communities and late snow melting on Mount Prado (Northern Apennines, Italy), Vegetatio, 120: FILIPELLO S., 1979, Specie vegetali da proteggere: analisi delle cause di pericolo e motivazione degli interventi, In: Atti del seminario sul tema: Problemi scientifici e tecnici della conservazione del patrimonio vegetale, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Collana del programma finalizzato Promozione della qualità dell ambiente, Pavia FIORI A., 1923, Nuova Flora Analitica Italiana, Vol.1, Firenze. FOGGI B., RICCERI B., 1989(-90), Contributo alla conoscenza della flora orofila dell Appennino settentrionale, Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. Mem., ser B, 96:

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13 Figure. Figura 1. Dati termometrici relativi alla stazione climatica di Febbio (RE), 949 m s.l.m.: Andamento delle temperature medie annue dal 1991 al 1999; Media delle Temperature annue dal 1926 al 1955: 7,5 C; Media delle Temperature annue dal 1991 al 1999: 8 C. Figura 2. Mappa di distribuzione di Juncus jacquinii lungo il crinale appenninico. Tabelle. Tabella 1. Caratteri topo-stazionali dei luoghi di ritrovamento della specie. Tabella 2. Dati popolazionistici per i plot delle seguenti stazioni di rilevamento: M. Prado 1, Prato Spilla, M. Cimone, Valli di Lanzo e Passo Gavia. Tabella 3. Stima totale della popolazione considerando gli scapi fiorali. Tabella 4. Categorie di minaccia valutate per Juncus jacquinii secondo i criteri IUCN 2001 (VU = Vulnerable; CR = Critically endangered; DD = Data deficient). Indirizzo degli Autori Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Ecologia del Territorio e degli Ambienti Terrestri, via S. Epifanio 4, Pavia, grossi@et.unipv.it Appendice Le nuove stazioni Durante le campagne di rilevamento negli anni 2002 e 2005 sono stati rinvenuti due nuovi siti in cui cresce la specie oggetto della presente nota: Reperto 1. Appennino Tosco-Emiliano: Villa Minozzo (RE), gruppo montuoso di M. Cusna, in località Sasso del Morto, sopra al Lagadello di Cusna, empetro-vaccinieto (UTM: PG 11.04), c m s.l.m., esposizione N, su arenarie di M. Modino, 21 luglio 2002, G. Rossi e R. Dellavedova (FI). Il nuovo reperto costituisce quindi la riconferma della località storica di ritrovamento della specie per l Appennino Tosco-Emiliano. Florula: Alchemilla alpina, Carex sempervirens Vill., Cetraria islandica (L.) Acharius, Empetrum hermaphroditum Hagerup, Geum montanum L., Homogyne alpina (L.) Cass., Juncus trifidus L., Luzula lutea (All.) Lam. et DC., Phyteuma hemisphaericum L., Polygonum viviparum L., Vaccinium gaultherioides Bigelow, Vaccinium vitis-idaea L. Reperto 2. Appennino Tosco-Emiliano: Collagna (RE), M. Casarola, nel gruppo montuoso dell Alpe di Succiso, poche decine di m sotto il crinale, compreso tra comunità a Cryptogramma crispa e cespuglieti discontinui a Vaccinium myrtillus L. con presenza localizzata di specie microterme (Carex foetida All, Alchemilla alpina, Silene acaulis (L.) Jacq. subsp. bryoides (Jordan)) a 1828 m di quota, esposizione N-NE, su arenaria macigno, 15 luglio 2005, R. Gentili (PAV). 13

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