IL FARMACISTA E LA PERSONA CON DIABETE: CORRETTA COMUNICAZIONE E COUNSELI NG CORSIECM a distanza

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1 con il patrocinio di 10 crediti ECM scadenza 31/12/2012 IL FARMACISTA E LA CORRETTA COMUNICAZIONE E COUNSELI NG CORSIECM a distanza GRAZIE A UN CONTRIBUTO EDUCAZIONALE edizione di L iniziativa è realizzata con il contributo incondizionato di Premessa al corso Il corso di aggiornamento sul Diabete per i Farmacisti lombardi è stato progettato nell ambito dei lavori del G.A.T. (Gruppo Approfondimento Tecnico) Diabete della Regione Lombardia. La formazione e informazione rivolte al paziente diabetico per il tramite delle farmacie presenti sul territorio, con l impegno di Federfarma, è un punto richiamato nella delibera di Regione Lombardia n IX/ del Si ringraziano tutti i componenti del G.A.T. che hanno contribuito alla ideazione del percorso formativo, in particolare Federfarma, le Associazioni delle Persone con Diabete ed i Funzionari regionali per l impegno profuso. Modulo 1: Diabete mellito: epidemiologia, classificazione, diagnosi, complicanze e prevenzione Autore: Dr Patrizio Marnini, Specialista in Endocrinologia e Medicina Interna, Varese Pag. 2 Modulo 2: Ruolo del farmacista nell educazione, informazione, prevenzione nell assistito con DM; significato e utilità del controllo estemporaneo della glicemia in farmacia Autore: Dr Gerardo Medea, Medico di Medicina Generale, Società Italiana di Medicina Generale, Brescia Pag. 7 Modulo 3: Aspetti educativi dell autocontrollo glicemico e autogestione della terapia Autore: Dr Antonino Cimino, Dirigente Medico, U.O. Diabetologia, Spedali Civili di Brescia Pag. 16 Modulo 4: Corretta somministrazione di insuline e ipoglicemizzanti orali e prevenzione e controllo delle ipoglicemie Autore: Dr. Piermarco Piatti, Specialista in Diabetologia e Malattie Metaboliche, Specialista in Biochimica e Chimica Clinica, Responsabile Unità Cardio-Metabolismo e Trial Clinici, Dipartimento di Medicina Interna e Specialistica, Divisione di Ricerca di Scienze Metaboliche e Cardiovascolari, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano Pag. 20 Modulo 5: Diabete in pediatria Autore: Dr Franco Meschi, Unità Funzionale di Diabetologia Pediatrica, Clinica Pediatrica, IRCCS Ospedale San Raffaele Milano Pag. 26 Modulo 6: Contraccezione, gravidanza e DM: cosa bisogna sapere e cosa dire Autore: Dr Matteo Bonomo, SSD Diabetologia, A.O. Ospedale Niguarda Ca Granda, Milano Pag. 29 Modulo 7: Lesioni ai piedi: prevenzione e informazioni da dare ai pazienti Autore: Dr Giulio Mariani, Responsabile U.O. Diabetologia, A.O. -Ospedale San Carlo Borromeo, Milano Pag. 35 COMITATO SCIENTIFICO: Dr. Andrea Braguti, Dr. Antonino Cimino, Dr. Gerardo Medea, Dr. Patrizio Marnini, Dr. Piermarco Piatti R ESPONSABILE SCIENTIFICO: Dr. Patrizio Marnini

2 undiagnosed diabetes and impaired glucose tolerance: the IGLOO (Impaired Glucose Tolerance and Long-Term Outcomes Observational) study. Diabetes Care 2005; 28(5): Boulé NG, Haddad E, Kenny GP, Wells GA, Sigal RJ. Effects of exercise on glycemic control and body mass in type 2 diabetes mellitus: a metanalysis of controlled clinical trial. JAMA 2001;286: Boulé NG, Kenny GP, Haddad E, Wells GA, Sigal RJ. Metanalysis of the effect of structured exercise training on cardiorespiratory fitness in type 2 diabetes mellitus. Diabetologia 2003;46: Church TS, Cheng YJ, Earnest CP, et al. Exercise capacity and body composition as predictors of mortality among men with diabetes. Diabetes Care 2004; 27: Hu FB, Stampfer MJ, Solomon C, et al. Physical activity and risk for cardiovascular events in diabetic women. Ann Intern Med 2001; 134: Zinman B, Ruderman N, Campaigne BN, Devlin JT, Schneider SH. American Diabetes Association. Physical activity/exercise and diabetes. Diabetes Care 2004; 27 (suppl 1): S58-S Mann JI, De Leeuw I, Hermansen K, Karamanos B, Karlstrrm B, Katsilambros N, Riccardi G, Rivellese AA, Rizkalla S, Slama G, Toeller M, Uusitupa M, Vessby B. On behalf of the Diabetes and Nutrition Study Group (DNSG) of the European Association for the Study of Diabetes (EASD). Evidence-based nutritional approaches to the treatment and prevention of diabetes mellitus. Nutr Metab Cardiovasc Dis 2004;14: Standard di cura italiani: 14. Weingarten SR, Menning JM et Al.: Interventions used in disease management programmes for patients with chronic illnes-wich ones work? Meta-analysis of published reports. BMJ, 2002, 325, 26 october, Lindon M.H. et al. A Comparison of Outcomes with Angiotensin-Converting Enzyme Inhibitors and Diuretics for Hypertension in the Elderly. N Engl J Med 2003; 348: Degli Esposti E, et al. Long-term persistence with antihypertensive drugs in new patients. J Hum Hypertens. 2002;16: Haynes RB, Yao X, Degani A, Kripalani S, Garg A, McDonald HP. Cochrane Database Interventions to enhance medication adherence. Syst Rev Oct 19;(4):CD Modulo 3 - Aspetti educativi dell autocontrollo glicemico e autogestione della terapia OBIETTIVI: dopo aver completato la seguente monografia di aggiornamento il Farmacista dovrebbe essere in grado di: conoscere la peculiarità delle malattie croniche; comprendere i principi dell educazione terapeutica e il significato del coinvolgimento del paziente nella gestione della patologia aiutare il paziente nella corretta esecuzione dell automonitoraggio della glicemia al fine della corretta gestione della terapia. Introduzione In tutto il mondo nell organizzazione dei servizi sanitari, uno dei maggiori problemi dell organizzazione dei sistemi sanitari è quello di poter dare una puntuale risposta ai bisogni dei pazienti affetti da malattie croniche; queste patologie sono infatti sempre più diffuse e, nei paesi più sviluppati, assorbono oramai circa l 80% dei costi sanitari diretti 1. Tra le patologie croniche il diabete mellito (DM) di tipo 2 è una di quelle maggiormente diffuse a livello mondiale. L International Diabetes Federation (IDF) stima che le persone affetti da diabete mellito (DM) di tipo 2, che attualmente sono circa 250 milioni, entro il 2025 saranno oltre 380 milioni 2. Keywords Malattia Cronica; Educazione Terapeutica, Automonitoraggio Glicemia stretto rapporto con l evento acuto e completamente gestito dal personale sanitario. Il paziente ha un ruolo passivo, segnala al sanitario i propri disturbi e si affida passivamente a colui che, grazie alle sue conoscenze, potrà porre una corretta diagnosi e impostare un corretto trattamento, che verrà seguito in modo passivo (vedi Figura 1). Questo sistema di cura, caratteristico delle malattie acute, non può essere applicato alle malattie croniche. La malattia dura per sempre. Se il paziente non è attivamente coinvolto nella gestione del proprio stato di salute, comprendendo i perché del trattamento, della necessità di eventuali modifiche dello stile di vita e di ripetuti controlli clinici, Malattia Acuta vs Malattia Cronica L organizzazione dell assistenza sanitaria si è sviluppata per poter essere in grado di dare una corretta risposta alle malattie acute 3. In tali situazioni, i segni e i sintomi sono bruschi ed evidenti; l evento può mettere a rischio la vita, pertanto vi è urgenza di porre una corretta diagnosi e di iniziare un adeguato trattamento, spesso standardizzato, in Figura 1 - Modello di malattia acuta 16

3 Figura 2 - Modello di malattia cronica sarà indotto a eludere alle proprie responsabilità, determinando il fallimento del programma terapeutico. Un tipico esempio di malattia cronica è il diabete 3, una malattia che si può curare ma non si può guarire, che spesso è una patologia silenziosa, ma persistente, invadente e con una evoluzione incerta. Può dipendere dagli stili di vita; il trattamento dura tutta la vita, è sulle spalle del malato, richiede tempo dedicato, spesso è complesso e invasivo (basta pensare alle somministrazioni di insulina e all esecuzione del controllo della glicemia). Il trattamento può avere effetti collaterali, è testimone costante dell essere malato, può essere sentito come un ostacolo maggiore della stessa malattia a causa degli effetti collaterali e alle interferenze con la vita sociale (vedi Figura 2). Il paziente deve quindi avere un ruolo diverso nella gestione di una malattia da cui non può guarire, ma che deve controllare. Dovrà adattare il suo stile di vita al trattamento e alla malattia, accettando la perdita dell integrità e della salute. Diventa diverso il ruolo del personale sanitario che partecipa al processo di cura che, tenendo conto di non essere in grado di consentire la guarigione, dovrà scegliere il trattamento negoziando con quelle che sono le necessità e le esigenze del paziente; il sanitario resta certamente responsabile della cura ottimale del paziente, ma non può controllarla (vedi Figura 3). È pertanto opportuno introdurre nuove forme di organizzazione dell assistenza che permettano la responsabilizzazione e il coinvolgimento attivo nel processo di cura del paziente in modo tale che possa acquisire gli strumenti per Figura 3 - Paziente e medico nella malattia cronica Figura 4 - Persistenza nell aderenza alle terapie a lungo termine autogestirsi e collaborare in forma proattiva con il proprio team sanitario (patient empowerment) 3,4. Non sono più sufficienti le conoscenze biomediche che, attraverso il riconoscimento dei segni e dei sintomi, permettano di arrivare a una diagnosi e a impostare il trattamento più corretto. Occorre tener presente il non detto del paziente, i suoi preconcetti, le sue esperienze e le sue attese, passando dall approccio biomedico a quello biopsicosociale 3. Il paziente con diabete deve essere un soggetto centrale e attivo nella cura. La centralità della persona non ha solo un significato etico ma, nel caso della malattia cronica, diventa l elemento essenziale per il successo della terapia; infatti la cura più efficace, moderna, costosa non dà alcun risultato se il paziente non la mette correttamente in atto 4. Un esempio può venire dall adesione al trattamento farmacologico. Secondo vari studi 5,6, dopo un anno meno del 70% dei pazienti assume correttamente la cura e la percentuale scende a meno il 60% dopo due anni (vedi Figura 4). Per poter accettare un trattamento a lungo termine è indispensabile che il paziente sia in grado di comprendere che la malattia e le sue conseguenze sono gravi e reali, che il trattamento che viene proposto avrà degli aspetti benefici in grado di controbilanciare gli eventuali svantaggi ed effetti collaterali, ma soprattutto dovrà assumersi e condividere la responsabilità della terapia e del suo stato di salute 6. Chronic Care Model ed Educazione Terapeutica Il Chronic Care Model, ormai ampiamente affermato in campo internazionale, propone una visione d insieme delle variabili fondamentali di un sistema organizzativo orientato a gestire i pazienti con patologia cronica 7. Il presupposto di questo modello è che, per essere efficaci, efficienti e attenti ai bisogni globali dei pazienti, ogni componente della relazione assistenziale (operatori, pazienti ma anche sistema organizzativo) deve svolgere una funzione ben definita e valutabile. Un organizzazione che voglia applicare efficacemente il Chronic Care Model (CCM) deve fornire a tutti gli attori del sistema gli strumenti che possano facilitare quella interazione costruttiva tra il paziente ( informato ed attivo ) e il team di operatori, preparato e proattivo, che sta alla base del generarsi dei risultati attesi 8 (vedi Figura 5). L obiettivo principale per gestire efficacemente i pazienti con diabete dovrà essere quello di sviluppare un progetto individuale di salute globale, costruito insieme al 17

4 Figura 5 - Chronic Care Model paziente attraverso un patto terapeutico personalizzato, nel quale la malattia non si consideri solo come malattia clinica (disease) ma anche come malattia vissuta (illness). Tutti gli operatori coinvolti a vario titolo dovranno pertanto cercare di acquisire delle specifiche competenze che permettano di avviare queste nuove modalità di assistenza, che permettano il coinvolgimento attivo del paziente nel percorso di cura (patient empowerment) 3,4. L educazione terapeutica può essere definita come un approccio medico centrato sul paziente poiché sua peculiarità è la centralità attribuita appunto a quest ultimo all interno della cura. L educazione terapeutica deve permettere al paziente di acquisire e mantenere le capacità e le competenze che lo aiutano a vivere in maniera ottimale con la sua malattia. Si tratta pertanto un processo permanente, integrato alle cure e centrato sul paziente. L educazione implica attività organizzate di sensibilizzazione, informazione, apprendimento dell autogestione e sostegno psicologico concernenti la malattia, il trattamento prescritto, le terapie, il contesto ospedaliero e di cura, le informazioni relative all organizzazione e i comportamenti di salute e a rischio. È finalizzata ad aiutare i pazienti e le loro famiglie a comprendere la malattia e il trattamento, cooperare con i curanti, vivere in maniera più sana e mantenere o migliorare la loro qualità di vita. In questo approccio il paziente non è più un oggetto di cura relativamente passivo ( si fa curare ) ma diventa attore della propria cura poiché è chiamato ad apprendere nozioni ed acquisire competenze che lo rendano in grado di autogestirsi in maniera corretta giorno per giorno. In questa ottica l automonitoraggio domiciliare della glicemia (Self-Monitoring of Blood Glucose, SMBG) può assumere un ruolo centrale e andare oltre alla mera valutazione del valore glicemico 11. Sicuramente rimangono gli obiettivi clinici. L autocontrollo domiciliare della glicemia permetterà sia al medico sia al paziente di poter valutare correttamente il grado di controllo metabolico, di impostare e personalizzare la terapia farmacologia, di migliorare l esito clinico. Ma questo in un trattamento intensivo non è sufficiente. Quando un paziente diabetico viene avviato all esecuzione dell autocontrollo della glicemia deve essere educato non solo sulle abilità necessarie per effettuare la rilevazione della propria glicemia, ma deve anche essere in grado di saper interpretare i risultati come base per intraprendere un azione, di percepire i collegamenti tra specifici comportamenti (quali alimentazione o esercizio fisico) e i risultati della misurazione glicemica, prendendo da questi la motivazione al cambiamento dei comportamenti. Fondamentale diventerà l uso dell autocontrollo per raggiungere gli obiettivi educativi che gli permetteranno di assumere e condividere la responsabilità della terapia e della sua salute. Egli potrà infatti comprendere perché sta male, rendersi conto di come va il controllo e di come aggiustarlo, mantenendo la propria libertà. Questo gli consentirà di comprendere come il vero nemico sia l iperglicemia, di saper identificare le situazioni a rischio, di individuare e condividere obiettivi semplici e accessibili, di utilizzare l errore come fonte di miglioramento. Solo in questo modo potrà trovare soluzioni alternative, patteggiare tra i propri bisogni e quelli della malattia e attraverso questa via integrarsi in un nuovo progetto di vita 12 (vedi Figura 6). Educazione terapeutica e autocontrollo della glicemia Un tipico esempio dell importanza dell educazione terapeutica e di come vada programmata e impostata può venire dalla formazione del paziente diabetico alla gestione dell autocontrollo della glicemia. La terapia intensiva del diabete deve avere lo scopo di raggiungere dei valori quasi normali di glicemia e di poterli mantenere nel tempo 9,10. Perché questo avvenga è necessario che il paziente possa svolgere un ruolo attivo nelle decisioni cliniche quotidiane. È pertanto indispensabile un programma continuo di valutazione, istruzione e motivazione del paziente, con il quale occorre definire e condividere gli obiettivi da raggiungere, sviluppando dei protocolli terapeutici individualizzati e concordati, facendo in modo che egli sia in grado di gestire la terapia in funzione dei valori glicemici, dell attività fisica e dell alimentazione. Figura 6 - Obiettivi dell autocontrollo della glicemia Autocontrollo nel paziente con diabete di tipo 1 e insulino trattato Nel diabete mellito di tipo 1 numerosi studi clinici hanno evidenziato il ruolo centrale dell autocontrollo della glicemia nel raggiungimento di un buon controllo glicemico. È pratica clinica ormai radicata consigliare al paziente diabetico di tipo 1 il controllo della glicemia prima di ogni iniezione di insulina in modo tale da aggiustarne il dosaggio, in base al valore della glicemia, al contenuto di carboidrati (CHO) del pasto successivo e alla attività fisica da svolgere nelle ore successive 13,14. L automonitoraggio è 18

5 pertanto considerato un componente essenziale dell autogestione quotidiana di questi pazienti 13,14. Questa indicazione vale anche per i pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento insulinico 13,14. Certamente a questi pazienti non è sufficiente consegnare lo strumento per poter controllare la glicemia, ma occorre istruirli per come potere interpretare il dato e soprattutto su come doversi comportare. Una delle regole che il paziente in trattamento insulinico dovrebbe sicuramente conoscere è come modificare la dose di insulina rapida da praticare in base al valore glicemico riscontrato con l autocontrollo. Il fattore di sensibilità, che indica di quanti mg viene ridotta la glicemia da parte di una unità di insulina, viene calcolato con il supporto del medico curante. Per saper come modificare la dose di insulina a fronte di variazioni nel valore glicemico riscontrato con l autocontrollo, il paziente dovrà conoscere il suo fattore di sensibilità; può quindi controllare la glicemia, sottrarre al valore determinato l obiettivo glicemico stabilito, dividerlo per il fattore di sensibilità e in questo modo sapere come modificare il bolo di insulina 15,16 (vedi Figura 7). Figura 7 - Esempio di calcolo della dose di insulina da somministrare in funzione della glicemia preprandiale e del fattore di correzione glicemico I pazienti in trattamento insulinico intensivo potrebbero essere anche educati su come adattare la dose di insulina in base ai carboidrati che vogliano assumere, utilizzando il rapporto Insulina/CHO, che indica quanti carboidrati sono metabolizzati da 1 U di insulina. Anche in questo caso esistono vari metodi per stimare questo rapporto. Uno dei più semplici, in grado di dare una idea generale del rapporto, consiste nella regola del Infatti, dividendo tali fattori con la dose totale di insulina somministrata nelle 24 ore, si può avere una stima di quanti grammi di CHO siano metabolizzati da 1 U di insulina 15,16 (vedi Figura 8). In una ottica di autogestione della malattia sono tante le azioni che il paziente dovrà eseguire nella quotidianità: stabilire i CHO che vuole mangiare, controllare la glicemia, valutare l attività fisica delle ore successive, decidere il bolo da praticarsi tenendo conto del suo rapporto insulina/cho e del suo fattore di correzione. In questi casi sarebbe opportuno ricorrere per l autocontrollo a sistemi esperti che possano aiutare il paziente a calcolare il bolo partendo dalla glicemia rilevata e che tengano conto del fattore di sensibilità, dei carboidrati che si vogliano assumere e del rapporto Insulina/CHO. I pazienti dovranno controllare la glicemia prima di ogni Figura 8 - Necessità correlate all autocontrollo della glicemia somministrazione di insulina e, in caso di bisogno, anche nei periodi post prandiali. Autocontrollo nel diabete di tipo 2 Per quanto riguarda il ruolo dell autocontrollo della glicemia nel diabete tipo 2 non insulino-trattato, le numerose metanalisi e revisioni pubblicate fino al 2010 sull argomento hanno sottolineato la difficoltà di stabilire con chiarezza il ruolo e l efficacia dell autocontrollo nel migliorare il controllo glicemico nei pazienti in terapia con antidiabetici orali o con sola dieta 17. Alcuni studi sono risultati a favore del monitoraggio glicemico anche in questi pazienti, altri non hanno evidenziato alcuna utilità. Tutti questi lavori hanno comunque dei limiti: molti dei trial non forniscono informazioni sui risultati dell autocontrollo in base al trattamento farmacologico ricevuto. La maggior parte di questi studi inoltre è gravata dal bias di considerare l autocontrollo come un intervento a sé, invece che un mezzo per ottenere un beneficio negli outcome del paziente. L autocontrollo della glicemia è una prassi consolidata nei pazienti con DMT2 non insulinotrattati ma è chiaro che per essere efficace deve essere strutturato e le informazioni ottenute devono essere utilizzate per guidare il trattamento del paziente Nella logica del Chronic Care Model è chiaro che l autocontrollo nel diabete di 2 tipo deve essere associato a un progetto di educazione terapeutica che miri a una modifica dello stile di vita e a eventuali modifiche del trattamento farmacologico. Nuovi dati ottenuti da studi randomizzati hanno dimostrato che l SMBG nei diabetici tipo 2 non in trattamento con insulina è efficace quando strutturato e frutto di uno specifico percorso educativo. L importanza dell educazione è stata dimostrata recentemente dallo studio ROSES 18, che ha evidenziato come la strategia educazionale, a opera del team diabetologico, associata a un incremento della frequenza del monitoraggio, porti a un miglioramento del compenso metabolico e a modifiche dello stile di vita, in particolare a un migliore controllo del peso corporeo. Anche lo studio PRISMA 19, condotto in Italia, ha dimostrato una riduzione dell emoglobina glicata (HbA1 c ) significativamente maggiore nel gruppo di pazienti che eseguiva un autocontrollo strutturato delle glicemie. Infine, una recente meta-analisi pubblicata dalla Cochrane Library 20 evidenzia come l automonitoraggio glicemico nei soggetti non insulino-trattati di nuova diagnosi, al follow-up a un anno, si traduca in una riduzione significativa 19

6 dei livelli di HbA1 c rispetto al gruppo di controllo; sebbene anche nei soggetti con durata di diabete superiore a 1 anno vi sia una modesta riduzione dell HbA1 c, questa non raggiunge la significatività. Tale dato suggerisce quindi che l intervento educativo iniziato precocemente, entro il primo anno dalla diagnosi, permette di ottenere un migliore effetto a lungo termine. SMBG quindi per essere utile deve essere parte integrante di un programma di educazione terapeutica e non solo uno strumento di monitoraggio; per il paziente imparare a usare lo strumento è infatti solo la prima parte della tecnica per misurare e della pratica di autocontrollare. Il suo utilizzo è auspicabile anche nel diabete mellito di tipo 2 non insulino-trattato purché strutturato, ovvero è necessario che vengano definiti i requisiti della prescrizione (modalità, tempi e frequenza delle misurazioni) in modo che possano tradursi in azioni dirette sullo stile di vita e sulla terapia farmacologica e ottenere risultati di salute intermedi (quali i valori di HbA1 c ) e finali (complicanze e esiti). Bibliografia 1. World Health Organization, Global Strategy on Diet, Physical Activity, and Health, Shaw JE et al Global estimates of the prevalence of diabetes for 2010 and Diabetes Res Clin Pract 2009; 87: 4ñ Assal J.P. Revisiting the approach to treatment of long-term illness: from the acute to the chronic state. A need for educational and managerial skills for long-term follow-up. Patient Education and Counseling 1999, 37(2): Funnel M.M. Empowerment and Self-Management of Diabetes Clinical Diabetes (3) Curtis J.R. Improving the Prediction of Medication Compliance: The Example of Bisphosphonates for Osteoporosis Medical Care: (3) Viswanathan M. Interventions to Improve Adherence to Self-administered Medications for Chronic Diseases in the United States. on 11 September Von Korff M., Collaborative management of chronic illness, Annals of Internal Medicine 1997,127: Coleman K,. Evidence on the Chronic Care Model in the new millennium. Health Aff (Millwood) (1): The Diabetes Control and Complications Trial Research Group The Effect of Intensive Treatment of Diabetes on the Development and Progression of Long-Term Complications in Insulin-Dependent Diabetes Mellitus N Engl J Med 1993; 329: The Diabetes Control and Complications Trial/Epidemiology of Diabetes Interventions and Complications (DCCT/EDIC) Study Research Group Intensive Diabetes Treatment and Cardiovascular Disease in Patients with Type 1 Diabetes N Engl J Med 2005; 353: Coster S,. Monitoring blood glucose control in diabetes mellitus: a systematic review. Health Technol Assess 2000; 4: i Karter A. Longitudinal study of new and prevalent use of selfmonitoring of blood glucose. Diabetes Care 2006; 29: Associazione Medici Diabetologi - Società Italiana di Diabetologia. Raccomandazioni sullíuso dellíautocontrollo domiciliare della glicemia Associazione Medici Diabetologi - Società Italiana di Diabetologia Standard italiani per la cura del diabete mellito Davidson PC Statistically based CSII parameters: correction factor, CF (1700 rule), carbohydrate-to-insulin ratio, CIR (2.8 rule), and basal-to-total ratio. Diabetes Technol Ther. 2003;3: King B A Prospective Evaluation of Insulin Dosing Recommendations in Patients with Type 1 Diabetes at Near Normal Glucose Control: Bolus Dosing J Diabetes Sci Technol January; 1(1): 42ñ Clar C, Self-monitoring of blood glucose in type 2 diabetes: systematic review. Health Technol Assess 2010; 14 (12): Franciosi M, ROSES: role of self-monitoring of blood glucose and intensive education in patients with type 2 diabetes not receiving insulin. A pilot randomized clinical trial. Diabet Med 2011;28: Giorgino F. Líautomonitoraggio glicemico nel diabete di tipo 2 non trattato con insulina: il contributo dello Studio PRISMA. G It Diabetol Metab 2012;32:53-5, Malandas UL. Self monitoring of blood glucose in patients with type 2 diabetes mellitus who are not using insulin The Cochrane Collaboration 2012 Modulo 4 - Corretta somministrazione di insuline e ipoglicemizzanti orali e prevenzione e controllo delle ipoglicemie OBIETTIVI: dopo aver completato la seguente monografia di aggiornamento il Farmacista dovrebbe essere in grado di: conoscere gli aspetti relativi alla corretta somministrazione dell insulina e degli ipoglicemizzanti orali essere aggiornato sulla prevenzione e cura dell ipoglicemia. Corretta somministrazione di insuline Introduzione La ragione per cui un paziente diabetico deve assumere insulina è legata, nel diabetico di tipo 1, alla mancata produzione di questo ormone da parte del pancreas, mentre nel paziente diabetico di tipo 2 può esserci o un insufficiente produzione di insulina o una resistenza all insulina stessa. Per il paziente 20 affetto da diabete mellito di tipo 1, quindi, la terapia insulinica è la sola possibile mentre nel diabete mellito di tipo 2 questo Keywords approccio terapeutico può essere valutato in funzione dello insulina stato clinico del paziente. Nel paziente affetto da diabete mellito di tipo 2 è comunque molto frequente che, dopo alcuni anni di malattia, dover impiegare l insulina per ottenere un buon equilibrio glicemico. Occorre sottolineare che recenti studi hanno dimostrato che un intervento precoce ed energico nel ridurre i livelli glicemici è in grado di ridurre il rischio delle complicanze della malattia, ipotizzando che il trattamento insulinico potrebbe essere anche iniziato anche precocemente nel paziente affetto da diabete mellito di tipo 2 (vedi Tabella 1). Come è indicato dallo studio UKPDS 1, il pro-

7 Questionario ECM di valutazione apprendimento - Modulo 2 Ruolo del farmacista nell educazione, informazione, prevenzione nell assistito con DM; significato e utilità del controllo estemporaneo della glicemia in farmacia e corretta distribuzione dei presidi 1. In base ai risultati dello studio Diabetes Prevention Program gli effetti di un programma intensivo di modificazione dello stile di vita (dieta e attività fisica) sono risultati migliori nel gruppo trattato: a. solo con metformina + raccomandazioni standard sullo stile di vita b. solo con il programma intensivo di modificazioni dello stile di vita con BMI < 25 c. solo con il programma intensivo di modificazioni dello stile di vita con BMI > 25 o con IGT d. con il programma intensivo di modificazioni dello stile di vita + metformina 2. Una glicemia capillare estemporanea o casuale (indipendentemente dall assunzione di cibo) è diagnostica di diabete mellito se: a. 200 mg/dl indipendentemente dall età, dal sesso e anche in assenza di sintomi tipici della malattia b. 200 mg/dl ma in presenza di uno o più sintomi tipici della malattia (poliuria, polifagia, rapido calo di peso) c. 140 mg/dl ma in presenza di tutti i sintomi tipici della malattia (poliuria, polifagia, rapido calo di peso) d. 160 mg/dl ma in presenza di almeno 2 dei sintomi tipici della malattia (poliuria, polifagia, rapido calo di peso) 3. In base ai dati di letteratura, quale tipo di attività fisica si è dimostrata altamente efficace nel favorire il controllo glicemico, il mantenimento di un peso corporeo ottimale e nel ridurre il rischio di malattia cardiovascolare nelle persone con diabete mellito? a. camminata a passo svelto di almeno 10 minuti al giorno per 3 giorni la settimana b. esercizio anaerobico di almeno 30 minuti a settimana c. esercizio aerobico di almeno 90 minuti al giorno intervallato da 5 minuti di esercizio anaerobico d. almeno 150 minuti/settimana di attività fisica aerobica di intensità moderata (50-70% della frequenza cardiaca massima accettabile in base all età) 4. In un soggetto diabetico obeso con BMI 32 kg/m 2 che vuole calare di peso, quanto dovrebbe essere la riduzione calorica settimanale per consentire una perdita di peso lenta e progressiva che impedisca alla sospensione il rapido recupero del peso corporeo? a kcal b kcal c kcal d. > 4000 solo se IGT 5. Mediamente un paziente diabetico in buon compenso metabolico, ogni quanto tempo dovrebbe misurare l emoglobina glicata? a. 2 mesi b. 3 mesi c. 6 mesi d. 12 mesi 6. Qual è la quantità di sale (cloruro di sodio) consigliata giornaliera in un soggetto diabetico tipo 2 adulto? a. 1 g/die b. 3 g/die c. 6 g/die d. 9 g/die Questionario ECM di valutazione apprendimento - Modulo 3 Aspetti educativi dell autocontrollo glicemico e autogestione della terapia 1. Il diabete mellito è una malattia cronica; per questo motivo è fondamentale a. motivare il paziente a mantenere il controllo terapeutico della malattia b. spiegare al paziente che non può guarire ma convivere in maniera corretta c. consigliare il paziente a mantenere un corretto stile di vita per contribuire a una corretta gestione della malattia d. tutte le risposte indicate 2. Istruire il paziente a un corretto controllo della glicemia preprandiale e a una valutazione della quantità di carboidrati assunti consente: a. di limitare i carboidrati assunti con la dieta a favore dell assunzione di proteine b. di aggiustare la dose di insulina somministrata in funzione del valore glicemico e della quantità di carboidrati assunti c. di assumere la quantità di carboidrati necessaria in funzione della dose di insulina determinata d. nessuna delle risposte indicate 3. Il Chronic Care Model (CCM): a. serve a fornire a tutti gli attori del sistema gli strumenti che possano facilitare quella interazione costruttiva tra il paziente e il team di operatori b. serve a creare una comunità di operatori sanitari che sono impegnati su una patologia cronica c. è un modello organizzativo dei medici di medicina generale d. comprende medici specialisti e medici di medicina generale Il Chronic Care Model del diabete prevede: a. l autocontrollo nel diabete di 2 tipo b. un progetto di educazione terapeutica che miri a una modifica dello stile di vita c. a eventuali modifiche del trattamento farmacologico d. tutte le risposte indicate 5. L autocontrollo della glicemia è fondamentale: a. in tutti i pazienti, anche non diabetici b. nei pazienti con diabete di tipo 1 c. nei pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con antidiabetici orali d. nei pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con sola dieta 6. Secondo una metanalisi del meta-analisi pubblicata dalla Cochrane Library, l automonitoraggio glicemico nei soggetti non insulino-trattati di nuova diagnosi: a. se effettuata entro il primo anno dalla diagnosi permette di ottenere un migliore effetto a lungo termine b. permette di ottenere sempre un migliore effetto a lungo termine c. non presente miglioramenti d. nessuna delle risposte indicate

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