LA GESTIONE DELLA CRISI IN AFRICA

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1 LA GESTIONE DELLA CRISI IN AFRICA Il caso della Repubblica Democratica del Congo e del Sudan di Nicodemo N Kashama 50 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 4/2013

2 dei paesi africani dalle potenze occidentali negli anni sessanta aveva restituito all Africa la sua immagine tradizionale, la sua identità originale e una nuova fisionomia sul piano internazionale. Ma l eu- L indipendenza foria della libertà e dell indipendenza dei nuovi Stati si trasformò subito in preoccupazione, paura e lacrime delle popolazioni a causa dei conflitti di ogni genere e delle guerre fratricide che, dall est all ovest, dal nord al sud, misero l Africa a fuoco. Le cause di tali guerre furono molteplici ma le più frequenti sono state: il dilettantismo dei nuovi dirigenti che, in realtà, non avevano nessuna preparazione politica di governo; le guerre civili o etniche per la conquista del potere o in difesa dei propri diritti tradizionali; le ribellioni armate appoggiate spesso da mercenari. Se è vero che ogni guerra ha le sue motivazioni e finalità, sia per la conquista e il mantenimento del potere, sia per la risoluzione di preesistenti conflitti, è altrettanto vero che all origine di ogni conflitto armato in ogni angolo del mondo così come avvenuto e avviene ancora in Africa, ci sono sempre gli interessi economici assai rilevanti. È il caso, ad esempio, della guerra in Angola, scatenata per il controllo di risorse naturali importanti tra le quali il petrolio e i diamanti, in Liberia, dove la causa scatenante è stata la ricerca e lo sfruttamento dell oro e dei diamanti, e ultimamente nella Repubblica Democratica del Congo, dove si trovano svariate materie prime rare, molto ambite da altri paesi vicini e lontani. Infatti, il sottosuolo congolese è ricco di numerose risorse minerarie quali, ad esempio: coltan, oro, diamanti, stagno, mercurio ecc. Il caso del Sudan non fa eccezione alla regola nonostante la complessità delle motivazioni di un conflitto tra il nord arabizzato e musulmano e il sud africano e cristiano. Roma, piazza Farnese, 16 settembre Manifestazione organizzata da Italian for Darfur con i rifugiati per sensibilizzare i media italiani sul genocidio che si sta compiendo nella regione del Sudan PANORAMA INTERNAZIONALE 51

3 IL CASO DELLA GUERRA NELLA R.D. DEL CONGO Non si tratta di fare una descrizione cronologica di una guerra che negli anni ha cambiato decisamente fisionomia e finalità. Essa infatti, iniziata col pretesto di inseguire i combattenti Hutu ruandesi rifugiatisi nell Est della R.D. del Congo è continuata per consentire lo sfruttamento mirato e indisturbato delle risorse naturali di cui è ricco il suolo congolese con massacri impuniti delle popolazioni civili. Il nostro scopo è piuttosto di vedere a quale punto siamo arrivati oggi e quali sono stati gli strumenti utilizzati dalla comunità internazionale attraverso l ONU, l UE e naturalmente l UA, nella gestione di una guerra così crudele e di tale ampiezza e durata che ha provocato e provoca ancora danni che non saranno mai risarciti: circa 6 milioni di vittime, uomini, donne e bambini. E ciò senza contare gli stupri sistematici delle donne che hanno subito violenze di ogni genere che spesso, benché denunciate dalle associazioni che vigilano sul rispetto dei diritti umani, sono rimaste impunite! Oltre ai massacri, alle violenze fisiche e stupri, ci sono state anche molte distruzione di case e villaggi interi che hanno costretto le popolazioni a fuggire da un villaggio ad un altro, con tutte le conseguenze che conosciamo. Prima di parlare della maniera nella quale è stata gestita questa guerra dalla comunità internazionale, è necessario proporre un breve riassunto della situazione generale al fine di richiamare gli eventi alla memoria. Alcuni anni dopo il genocidio ruandese del 1994 (cf. OUA, rapport sur le génécide rwandais, mai 2000 /enquete-citoyenne-rwan da.org) tra le etnie Hutu e Tutsi che ha fatto mila vittime in maggioranza Tutsi (le truppe Tutsi del governo di Kigali scatenarono una guerra, una persecuzione contro ex-combattenti e civili Tutsi ruandesi che si erano rifugiati in campi profughi alle frontiere congolesi e nel territorio della RD Congo. L occasione propizia per il governo Tutsi ruandese e i suoi alleati Uganda e Burundi è stata l ingresso nel 1996 nell Est della RD Congo di Laurent- Désiré Kabila come capo di un movimento politico di liberazione AFDL sostenuto dai paesi limitrofi della RD Congo (Rwanda, Uganda e Burundi) e accompagnato dalle truppe degli stessi paesi con lo scopo di rovesciare l exdittatore Joseph-Désiré Mobutu. Già indebolito da una preesistente ma- Mappa della provincia del Darfur Wikipedia 52 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 4/2013

4 lattia, Mobutu fu costretto a lasciare il potere e il paese per rifugiarsi in Marocco dove è morto nel mese di settembre Prima della morte di Mobutu le truppe di L.D. Kabila, che erano arrivate a Kinshasa il 17 maggio dello stesso anno, cambiarono il nome del paese da Zaire in Repubblica Democratica del Congo con Laurent-Désiré Kabila presidente. Alcuni mesi dopo il Sud-Est e il Nord del paese furono invasi da truppe ruandesi, burundesi e ugandesi, talora alleate di alcuni partiti politici di opposizione congolese Mappa della Republica del Wikipedia come il partito di Bemba ad esempio, che combatterono contro il governo di L.D. Kabila che da parte sua fu sostenuto dall Angola, dello Zimbabwe e dalla Namibia. Qualche mese più tardi Laurent- Désiré Kabila fu assassinato e sostituito da Joseph Kabila, che è l attuale presidente. Malgrado la morte di Kabila e il ritiro dal territorio congolese delle truppe dei paesi che si erano alleati con lui, le truppe straniere ruandesi e loro alleati hanno continuato la guerra nell Est della RD Congo, nonostante gli Accordi di cessate il fuoco firmato nel mese di luglio 1999 a Lusaka in Zambia nel mese di luglio 1999 e a quello firmato a Pretoria in Sudafrica il 17 dicembre GESTIONE E RISOLUZIONE DEL CONFLITTO DA PARTE DELL ONU, L UE E L UA Naturalmente, il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale costituisce lo scopo primario dell Organizzazione delle Nazioni Unite. Ma per agire concretamente sul terreno in caso di conflitti armati, l ONU ha sempre bisogno della collaborazione dei paesi e delle istituzioni internazionali e regionali come l Unione Europea (UE) e l Unione Africana (UA), nel caso in cui la guerra si svolga nel continente africano. Considerandole separatamente l ONU, l UE e l UA hanno ciascuna delle strutture interne proprie di prevenzione, di gestione e di risoluzione dei conflitti regionali e internazionali. Ecco perché per ciò che riguarda l Africa, nel mese di maggio 2004 ad Addis-Abeba in Etiopia fu creato un PANORAMA INTERNAZIONALE 53

5 Consiglio per la pace e la Sicurezza (CPS) che ha permesso all UA di cambiare la sua dottrina, passando dalla noningerenza alla non-indifferenza quando in un paese membro si verificano violazioni dei diritti umani ovvero crimini di guerra o crimini contro Bambini del Congo l umanità. In tale caso il CPS interviene con missioni di pace e in caso di necessità e d urgenza, con il dispiegamento di truppe a difesa delle popolazioni civili. Anche l Unione Europea dispone di strutture proprie per la gestione, la prevenzione, la risoluzione dei conflitti e la stabilizzazione di territori. Prima dell impiego delle truppe in qualsiasi conflitto, l ONU procede normalmente alla votazione di risoluzioni da parte dei paesi membri. Ciò riguarda non solo la natura della missione e il numero dei soldati ma anche i fondi da destinare a tali finalità. In altri termini si tratta dell analisi del conflitto, dei mezzi per risolverlo comprese le regole d ingaggio nonché della durata della missione. Per ciò che riguarda la guerra nella R.D. del Congo, l ONU ha votato qualche decina di risoluzioni di cui le più importanti sono state quelle che autorizzavano: - il dispiegamento di circa 90 militari con lo scopo di prendere contatto con tutte le parti che avevano firmato l Accordo di cessate il fuoco di Lusaka in Zambia (Risoluzione 1258 del 6 agosto 1999); - il dispiegamento di militari della MONUC Missione delle Nazione Unite nella R.D. del Congo (Risoluzione 1291 del 24 febbraio 2000). A queste risoluzioni se ne sono aggiunte altre. Per esempio la risoluzione 1468 del marzo 2003 che ha dato mandato al Segretario Generale dell ONU di rinforzare la presenza della MONUC a Ituri, ed ha autorizzato anche le operazioni francese e dell UE. La risoluzione 1493 del 28 luglio 2003, riguardante l incremento del personale della MONUC fino a uomini, la riforma del settore della sicurezza nella R.D. del Congo in particolare con riferimento ai processi di disarmo, smobilitazione, rimpatrio, reinserimento nella società civile dei combattenti stranieri e congolesi e al dispiegamento di personale militare femminile in qualità di osservatore nella prospettiva sesso specifica. Per ciò che riguarda l apporto dell Unione Europea, occorre dire che le relazio- 54 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 4/2013

6 ni tra UE e RDC hanno avuto dei periodi di gelo quando nel 1994 Laurent-Désiré Kabila, si era alleato agli elementi delle forze armate ruandesi, burundesi e ugandesi per cacciare il dittatore Mobutu. Tale evento ha suscitato diffidenza da parte dell UE nei confronti di L.D. Kabila. Dopo il volta faccia di quest ultimo nei confronti dei suoi alleati ruandesi e altri, l UE e la RDC si sono impegnati per il consolidamento di una relazione costruttiva e duratura anche se l intervento dell UE nella guerra nell est del Congo da 1997 a 2002 si è fatto aspettare. Il contributo dell UE nella gestione e nella risoluzione del conflitto nell Est della R.D. del Congo non si è limitato solo all impiego degli uomini della MONUC e al finanziamento delle missioni dell ONU, ma anche alla formazione della polizia nazionale congolese. In questi ultimi anni, l Unione europea ha dimostrato il suo sostegno al processo di stabilizzazione di lungo periodo nella R.D. del Congo attraverso l azione politica, aiuti nonché missioni militari e di polizia ( Generalmente, dal 2003 ad oggi l Unione Europea è intervenuta almeno quattro volte in Congo: 1. operazione militare di stabilizzazione della sicurezza a Bunia e nell est della R.D. del Congo chiamata Artemis/DRC del mese di agosto 2003; 2. EUFOR RD Congo, operazione di sostegno alla MONUC del mese di agosto 2006, condotta in collaborazione con le autorità congolesi durante il periodo elettorale; 3. operazione di polizia europea a Kinshasa EUPOL Kinshasa che si è svolta da aprile 2005 a giugno Si tratta della prima missione civile nel quadro nella PESD in Africa che ha avuto come scopo di sostenere e istruire la polizia nazionale congolese PNC durante il periodo di transizione democratica del paese; 4. EUPOL RD CONGO, che è una missione dell Unione Europea finalizzata alla riforma del settore della sicurezza nella R.D. del Congo per la formazione della polizia congolese (EUPOL RD CONGO 2010). Dal mese di febbraio 2011 più di 250 dirigenti delle quattro unità di polizia nazionale congolese PNC stanno seguendo un corso di formazione di circa 6 mesi. Tale formazione concerne: il rinforzo delle conoscenze e delle capacità della polizia nazionale congolese (PNC) della polizia d investigazione criminale (PIC), della polizia di ricerca e d intervento (PRI), della polizia d intervento rapido (PIR), della polizia giudiziaria e della polizia delle polizie. Concretamente questi corsi tenuti da esperti dell EUPOL erano concentrati sulle tecniche di verbalizzazione e sui tecniche professionali d intervento (GTPI). IL CASO DELLA CRISI IN DARFUR (SUDAN) Spontaneamente, quando si parla del Sudan, uno dei più grandi paesi dell Africa nera, viene in mente una delle più grandi catastrofi umanitarie dei nostri tempi, quella del Darfur. D altra parte appare prematuro parlare di liberazione, autonomia o indipendenza totale del Sud (Darfur) dal Nord dopo il referendum del gennaio Occorre sapere che il rapporto conflittuale esistente tra il Nord e il Sud del Sudan risale già a prima della colonizzazione anglo-egiziana. Per ciò che riguarda la genesi di tale conflitto, si ritiene, tra le tante ragioni, che si tratti di un conflitto etnico, religioso ed economico. Il carattere etnico del conflitto PANORAMA INTERNAZIONALE 55

7 trova il suo fondamento nel fatto che la popolazione sudanese è costituita essenzialmente da tribù di origine araba e da tribù di origine africana. Le prime abitano maggiormente nel Nord del paese e le altre occupano maggiormente il Sud. A questo punto si può parlare di una differenza di carattere tradizionale e/o Conflitto in Congo culturale alla quale si aggiunge la componente religiosa. I sudanesi di origine araba sono di religione musulmana invece quelli di origine africana sono di religione cristiana o animista. La motivazione economica del conflitto è relativa al petrolio e alle altre materie prima che si trovano nel Sud del paese. Durato una quarantina di anni, tale conflitto tra le due regioni è stato sempre caratterizzato da atti di guerra, da sequestri di persona allo scopo di indurre le stesse in schiavitù e da violenze di ogni genere e atti di discriminazione. Il conflitto sudanese ha sviluppato un complesso di superiorità negli arabi musulmani del Nord nei confronti degli africani cristiani e animisti del Sud, sempre considerati e esclusi dal governo del paese. Durante la dominazione anglo-egiziana e nonostante il permanere del conflitto e le sue conseguenze, i colonizzatori hanno preferito inizialmente ignorare il problema, lasciando le cose come prima. Così facendo, le possibilità di pacificazione, riconciliazione o riunificazione del paese si era allontanata. Nel 1946 gli inglesi, cedendo alla pressione dei nordisti, riuscirono formalmente a riunificare il paese. Il risultato fu non solo l imposizione dell arabo come lingua amministrativa nel Sud, ma soprattutto la possibilità per gli arabi musulmani del nord di andare ad occupare i posti di potere al Sud a discapito degli intellettuali sudisti. È stato così anche nel 1956, l anno dell indipendenza del Sudan: riservandosi la parte del leone i nordisti musulmani avevano occupato i più posti importanti nei palazzi del potere governativo. Basta, trop c est trop, occorre battere il ferro quando è caldo. Così i sudisti approfittarono dell indipendenza nazionale per chiedere l indipendenza del Sud. La loro richiesta è stata accantonata senza che le venisse dato seguito e le loro speranze sono state frustrate. La disperazione e le sofferenze del Sud non hanno fatto altro che infiammare gli animi, spingendo i sudisti a prendere le armi per difendersi dal nord e dal governo, continuando a reclamare l indipendenza del Sud. Nel frattempo il conflitto continuava e ogni giorno peggiorava la situazione del Sud dove il governo di Khartoum aveva ormai deciso di fare la politica della terra bruciata, bombardando ripetutamente tutti i villaggi delle tribù africane e dei ribelli fino al genocidio del Darfur e al referendum di gennaio INFORMAZIONI DELLA DIFESA 4/2013

8 LA DIFESA DEL DARFUR Per la sua estensione, il Darfur, che è più o meno grande come la Francia, è suddivisa in tre Stati : Darfur nord, sud e ovest. Il Darfur è abitato dalle tribù africane agropastorali dei Fur, da cui proviene il nome di Darfur, dei Zaghawa e dei Masalit e da tribù nomadi di origine araba. Per potersi difendere dagli attacchi del governo e delle sue milizie arabe per difendere il loro territorio e ottenere l indipendenza del Sud e costituire uno stato indipendente nel Sud, le tribù africane formarono un Esercito Popolare di Liberazione del Sudan nel 1983 e il loro capo carismatico fu John Garang, morto qualche anno dopo in un incidente di elicottero. Si trattava di un esercito improvvisato e impreparato che doveva affrontare l esercito regolare del governo di Khartoum invece ben preparato e ben equipaggiato. Il risultato fu una guerra brutale e crudele che ha fatto centinaia di migliaia di morti. Ma nel febbraio 2003 furono formati 2 movimenti ribelli armati: il Sudan Liberation Movement Army (SLMA - Movimento di liberazione del Sudan e il Justice and Equality Movement (JEM - Movimento per la giustizia e l uguaglianza), per continuare la lotta dell indipendenza. In risposta il governo centrale di Khartoum organizzò prima le milizie arabe (JANJAWEED) dotandole di armi per annientare i ribelli delle tribù africane e bruciare tutto al loro passaggio. E poi a sorpresa lo stesso governo liberò dalle prigioni tutti i criminali arabi consegnando loro armi e cavalli per saccheggiare i villaggi del Darfur. Si tratta di una macchina da guerra organizzata dai servizi di sicurezza sudanese per schiacciare i ribelli e le popolazioni africane di Darfur. I servizi di sicurezza sudanesi decisero di ricorrere ad una tattica utilizzata venti anni prima nel Sudan. Le milizie vengono organizzate in seno alle tribù arabe ( ), si reclutano i combattenti a cavallo o cammello, promettendoli uno stipendio e dandogli la libertà di saccheggiare, di mettere fuoco i villaggi con licenza di uccidere, di violentare (M.AUGER, Le Monde, 21 juin 2007). CONSEGUENZE DEL CONFLITTO DI DARFUR Anche se si parla di circa un milione e mezzo di morti e di più o meno 2 milioni di profughi ( ovvero di persone che sono state cacciate o costrette a lasciare le loro case e i loro villaggi a causa della crudeltà della guerra) e di circa mila rifugiati nei paesi limitrofi per esempio il Ciad e la Repubblica Centrafricana, l effettivo bilancio di questa crisi umanitaria in Darfur non sarà mai conosciuto. Per alcuni osservatori internazionali e per le ONG che hanno lavorato in Darfur, è praticamente impossibile dare il numero preciso delle vittime tenendo conto dell espansione del territorio del Darfur, delle distanze tra i villaggi e le cittadine e, soprattutto della ferocia con la quale i ribelli, le milizie e i militari si sono affrontati. LA REAZIONE DELL ONU, DELL UE E DELL UA Senza nessuna intenzione di minimizzare l importanza degli altri accordi di cessate il fuoco o di pace tra Nord e Sud precedenti rispetto a quello dell 8 aprile 2004, possiamo dire brevemente che quest ultimo può essere considerato risolutivo del conflitto in Darfur. Esso fu preceduto da un accordo umanitario di cessate il fuoco (Humanitarian Ceasefire Agreement (HCFA) fra il governo di Khar- PANORAMA INTERNAZIONALE 57

9 Un combattente appartenente al gruppo febbraio REUTERSFinbarr O'Reilly toum e i due movimenti ribelli del Sud (SLA) e (JEM) nel Tale accordo ha permesso il dis p i e g a m e n t o della Missione d e l l U n i o n e Africana in Sudan (AMIS I) e poi AMIS II con uomini di cui 450 osservatori, 250 tra agenti di polizia e personale civile, con il compito di controllare il cessate il fuoco e proteggere gli osservatori. L Unione Europea (UE) non è rimasta indifferente alle sofferenze del Darfur e il suo contributo sul terreno è stato tra altro con i finanziamenti all AMIS II e con gli osservatori nell ambito della Cease Fire Commission gestita dall Unione Africana, permettendo all AMISII di compiere la sua missione. L UE ha contributo anche nell addestramento del personale dei paesi contributori alla missione. Per conto suo la NATO ha dato un supporto logistico all UA, assicurando il trasporto delle truppe dell UA nonché l addestramento degli ufficiali del commando dell UA. E più tardi il Sudan accoglierà sul suo territorio anche il contingente dell ONU la cui missione fu battezzata MINUS (Missione delle Nazioni Unite nel Sudan) L obiettivo della MINUS consisteva nello sopporto, nel controllo e nella sorveglianza dell accordo di pace in virtù del capito VI della Carta dell ONU. CONCLUSIONE Che si tratti delle missioni delle Nazioni Unite nell Est della Repubblica Democratica del Congo oppure nel Sudan, occorre riconoscere una cosa fondamentale: senza l intervento dell ONU in questi grandi e ricchi paesi dell Africa nera non si poteva parlare oggi né di elezioni nella R.D. del Congo né di referendum per l indipendenza del Sud sudanese né tanto meno del nuovo paese africano: il Sudsudan. Per il Darfur gli interventi dell ONU, dell UE e dell UA hanno permesso, oltre al referendum, la proclamazione con 98,93 per cento di voti del nuovo 54 paese africano e del nuovo paese membro de l ONU nel Sud del Sudan. Coup de chapeau quindi a queste istituzioni per il risultato di queste due missioni di mantenimento di pace, non solo sono riusciti ad evitare il perpetuarsi del genocidio dei congolesi dell Est della R.D. del Congo nonché dei sudanesi del Sud del Sudan, diventati ormai liberi cittadini del Darfur, liberi di assumere il destino della loro esistenza nel Sud come una nazione libera e indipendente ma 58 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 4/2013

10 Peacekeeper del South African United febbraio REUTERSFinbarr O'Reilly hanno anche concesso le elezioni presidenziale nella R.D. del Congo e il referendum di Darfur in Sudan. Ma prima di arrivare a questo risultato bisogna fare notare che sia nella R.D. del Congo che nel Sudan, l intervento della missione dell ONU è arrivato dopo alcuni anni di guerra nella quale le vittime civili, senza contare quelle militare, sono state centinaia di migliaia. La lentezza dell ONU per ciò che riguarda la preparazione e la votazione delle risoluzioni nonché l impiego sul terreno delle truppe di mantenimento della pace è lacuna da colmare. Mentre la situazione nell Est della R.D. del Congo cominciava ad aggravarsi ogni giorno facendo tante vittime nella popolazione civile, l intervento de l ONU si faceva aspettare. È il caso anche per il Darfur, dove l intervento dell ONU è arrivato ormai quando il combattimento tra le due frazioni aveva già cessato. All arrivo della missione dell ONU nella provincia (Darfur), e durante la mia permanenza in Sudan, sostiene tenente colonnello Michael J. Goodspeed, Canada, i saccheggi erano molto frequenti nel Sud del Sudan, ma i combattimenti organizzati tra le due parti avevano cessato ( ). È ben chiaro che la comunità internazionale si preoccupa dei luoghi come il Sudan. Il problema si trova nel fatto che la stessa comunità internazione non si preoccupa subito di prendere delle misure concrete e pervenire cosi a fare cessare questo genere di atrocità. Ecco la più grande debolezza strategica delle Nazioni Unite e di loro dirigenti politici (En quête d efficacité: Observateurs sur le leadership stratégique et institutionnel des Nations Unies. Le Sud du Soudan, ). Un altro aspetto pratico da mettere in conto riguardo la debolezza delle missione dell ONU di mantenimento di controllo di cessate fuoco è, talvolta, la mancanza delle istruzioni chiare e precise perché, tenendo conto del carattere multiculturale delle forze dell ONU, avere delle numerosi direttive dettagliate rende talvolta difficile la comprensione delle regole da osservare sul terreno. Ecco perché succede spesso che gli uomini sul terreno non sanno o hanno poca conoscenza e ciò causa un pò di frizioni tra gli stati maggiori (M.Goodspeed, op.cit.). PANORAMA INTERNAZIONALE 59

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