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1 In questo numero Indici di shock Il rimpiazzo volemico Ipotermia Controllo dell'emorragia Trattamento precoce dell ustionato. Nel prossimo numero Trauma Cranico Contatti Per commenti e contributi clicca Redazione TJC o scrivi a tjc@ircouncil.it Full text pdf trauma-journal-club SHOCK Editoriale Nell Aprile del 2010 appariva on-line il primo numero del : una nuova entusiasmante iniziativa editoriale nata dalla passione di un gruppo di medici ed infermieri italiani. L obiettivo era selezionare dalla letteratura internazionale argomenti di interesse comune nell ambito della patologia traumatica. La Commissione Trauma vuole riproporre questo progetto, riconoscendone il valore e l interesse suscitato. Un gruppo di lavoro, coordinato da Luca Delpiano, ha provato a ridefinirne i contenuti: ogni numero avrà un tema dominante, ma non esclusivo, per questo numero sarà lo Shock e per il prossimo il Trauma Cranico; la rivista comprenderà riassunti e commenti di articoli internazionali, expert opinion, review sistematiche ma anche articoli originali proposti dai collaboratori; ci saranno spazi dedicati a innovazioni ed eventi nell ambito della formazione sul trauma ; la rivista conterrà pillole di metodologia : approfondimenti brevi di aspetti metodologici/statistici. La rivista, a cadenza trimestrale, è scaricabile on-line dal sito IRC da tutti i soci. Affinchè questo ambizioso progetto non resti appannaggio di pochi, ma contribuisca alla diffusione di una cultura del trauma chiediamo a tutti i lettori un intensa collaborazione. A tale scopo potete utilizzare l indirizzo: tjc@ircouncil.it per inviare i vostri commenti, proposte, domande e contributi; quest ultimi saranno attentamente valutati dal pag 1

2 comitato di redazione per un eventuale pubblicazione. Il tema dominante di questo primo numero è lo Shock: da qualche anno la letteratura pone l accento sul concetto di damage control strategy una sintesi di controllo chirurgico precoce, supporto emostatico e ipotensione permissiva. Da qui tutta una serie di domande: come individuare precocemente i pazienti in shock? Quali e quanti liquidi? Come prevenire l ipotermia? Quando e quali emoderivati? E la letteratura prova a rispondere.. Buona lettura a tutti! Dott.sa Concetta Pellegrini, Benevento INDICE Editoriale p.1 1. L Indice di Shock (Shock Index): una guida rapida per predire la necessità di trasfusione? p3 2. L utilizzo del deficit di basi come parametro per la valutazione iniziale dei pazienti con trauma grave p4 3. Il rimpiazzo volemico con Ringer-lattato è dannoso nello shock emorragico severo, ma protettivo nello shock emorragico: studi in un modello murino. p7 4. Effetti della fluidoterapia con Colloidi vs Cristalloidi sulla mortalità dei pazienti critici che presentano shock ipovolemico. The CRISTAL Randomized Trial p11 5. La fluidoterapia p15 6. Controllo del sanguinamento e della coagulopatia conseguente a trauma maggiore: una linea guida europea aggiornata p18 7. Ipotermia accidentale p24 8. Strumenti per prevenire, misurare e trattare l ipotermia:un indagine nei servizi pre-ospedalieri norvegesi p29 9. Gli effetti del riscaldamento attivo nell assistenza pre-ospedaliera del trauma, durante il trasporto in ambulanza e in elicottero trial clinico randomizzato p Trattamento iniziale dell ustionato: che impatto ha la valutazione errata della superficie ustionata? p Domande e risposte: la terapia infusionale dell ustionato nelle prime ore dal trauma p Le medicazioni emostatiche avanzate non sono superiori alla semplice garza negli scenari sotto fuoco nemico p L infusione di fluidi in ambito preospedaliero è associata, nei pazienti con trauma, ad un aumento della sopravvivenza p Una precoce e aggressiva rianimazione con cristalloidi influisce negativamente sulla prognosi dei pazienti vittima di trauma chiuso p46 pag 2

3 1. L Indice di Shock (Shock Index): una guida rapida per predire la necessità di trasfusione? Sintesi a cura di CPSE Claudio Tacconi, Bologna The Shock Index revisited a fast guide to transfusion requirement? A retrospective analysis on 21,853 patients derived from the TraumaRegister DGUW Abstract Introduction: Isolated vital signs (for example, heart rate or systolic blood pressure) have been shown unreliable in the assessment of hypovolemic shock. In contrast, the Shock Index (SI), defined by the ratio of heart rate to systolic blood pressure, has been advocated to better risk-stratify patients for increased transfusion requirements and early mortality. Recently, our group has developed a novel and clinical reliable classification of hypovolemic shock based upon four classes of worsening base deficit (BD). The objective of this study was to correlate this classification to corresponding strata of SI for the rapid assessment of trauma patients in the absence of laboratory parameters. Methods: Between 2002 and 2011, data for 21,853 adult trauma patients were retrieved from the TraumaRegister DGU W database and divided into four strata of worsening SI at emergency department arrival (group I, SI <0.6; group II, SI 0.6 to <1.0; group III, SI 1.0 to <1.4; and group IV, SI 1.4) and were assessed for demographics, injury characteristics, transfusion requirements, fluid resuscitation and outcomes. The four strata of worsening SI were compared with our recently suggested BD-based classification of hypovolemic shock. Results: Worsening of SI was associated with increasing injury severity scores from 19.3 (± 12) in group I to 37.3 (± 16.8) in group IV, while mortality increased from 10.9% to 39.8%. Increments in SI paralleled increasing fluid resuscitation, vasopressor use and decreasing hemoglobin, platelet counts and Quick s values. The number of blood units transfused increased from 1.0 (± 4.8) in group I to 21.4 (± 26.2) in group IV patients. Of patients, 31% in group III and 57% in group IV required 10 blood units until ICU admission. The four strata of SI discriminated transfusion requirements and massive transfusion rates equally with our recently introduced BD-based classification of hypovolemic shock. Conclusion: SI upon emergency department arrival may be considered a clinical indicator of hypovolemic shock in respect to transfusion requirements, hemostatic resuscitation and mortality. The four SI groups have been shown to equal our recently suggested BD-based classification. In daily clinical practice, SI may be used to assess the presence of hypovolemic shock if point-of-care testing technology is not available. Keywords: Trauma, Shock, Classification, Vital signs, Shock index, Base deficit, Transfusion Mutschler et al. Crit Care 2013, 17:R172 Introduzione L emorragia non controllata è una delle principali cause di morte nel paziente traumatizzato pertanto il trattamento dello shock ipovolemico è uno dei punti cardine nella gestione del trauma. Nella valutazione dello stato di shock alla stima delle perdite volemiche secondo i criteri dettati dall Atls, è stata recentemente integrata la misurazione del deficit di basi (BD) come criterio predittivo per la necessità di trasfusioni massive. In mancanza però di dati laboratoristici (BD), un altro parametro per determinare la presenza di shock ipovolemico è l Indice di Shock (SI), suggerito già nel 1967 e definito come il rapporto fra frequenza cardiaca e pressione arteriosa sistolica. Obiettivo Come allora lo SI può essere correlato allo shock, alla necessità di trasfusioni, alla mortalità? Materiali e Metodi Come database è stato utilizzato il Trauma Register DGU, analizzando pazienti trattati fra il 2002 e il Per l arruolamento dei pazienti era necessaria un età maggiore di 16 anni, la presenza di dati relativi alla frequenza cardiaca, pressione arteriosa, GCS e valore di BD in pronto soccorso. Per ogni paziente è stato calcolato l indice di shock (SI) e sono stati definiti a priori 4 gruppi. Gruppo I SI < 0,6 (assenza di shock), Gruppo II SI fra 0,6 e 1,0 (shock lieve), Gruppo III SI compreso fra 1,0 e 1,4 (shock moderato), Gruppo IV SI superiore a 1,4 (shock grave). Risultati In base alla stratificazione dei pazienti in classi guidata dal SI si è visto che: L aumento del SI è correlato alle lesioni primitive (ISS) La mortalità aumenta all aumentare del gruppo (dal 10,9% gruppo I al 39,8% gruppo IV) Col peggioramento della categoria aumenta l incidenza di insufficienza multiorgano Nei pazienti con SI > 1,0 è presente coagulopatia ed all aumentare dello SI si nota una perdita di punti di emoglobina e piastrinopenia pag 3

4 Con un valore di SI maggiore di 1,0 si nota un incremento del 50% dei pazienti che necessitavano di trasfusione (almeno un emoderivato), mentre per quanto riguarda la trasfusione massiva (almeno 10 emoderivati), ne ha necessitato un 31% di pazienti in gruppo III ed un 57% di pazienti in gruppo IV. Conclusioni Confrontando la classificazione in base al BD a quella in base allo SI, in relazione alla necessità di trasfusione ed alla trasfusione massiva (analisi delle aree), si è visto che entrambe le metodologie sono accurate come previsione del fabbisogno trasfusionale. La valutazione dello shock mediante lo SI può pertanto essere utilizzata in assenza di un sistema laboratoristico che ci dia una valutazione del BD Sia la metodica che utilizza per la valutazione dello shock ipovolemicolo lo Shock Index (SI) sia la metodica che utilizza il dosaggio del deficit di basi (BD) sono accurate. Gli autori consigliano l utilizzo dello SI nei momenti in cui non è possibile dosare il deficit di basi ovvero nel soccorso preospedaliero e nei primi istanti dell arrivo in pronto soccorso. La classificazione dello shock con l una o l altra metodica ci consente di avere una previsione della possibilità di dover somministrare emocomponenti al paziente Limiti riconosciuti dagli autori L analisi dei dati presenti nel registro traumi non teneva in considerazione alcune variabili: Anamnesi del paziente e farmaci in terapia cronica Tutti i traumi erano prevalentemente traumi chiusi, pertanto l applicazione di tali valutazioni sui traumi penetranti non è stata validata Tutte le valutazioni e le classificazioni sono state eseguite utilizzando i dati raccolti durante la prima valutazione intraospedaliera, non vengono utilizzati dati del preospedaliero. 2. L utilizzo del deficit di basi come parametro per la valutazione iniziale dei pazienti con trauma grave Sintesi a cura di CPSE Claudio Tacconi, Bologna Renaissance of base deficit for the initial assessment of trauma patients: a base deficit based classification for hypovolemic shock developed on data from 16,305 patients derived from the TraumaRegister DGU Mutschler et al. Crit Care 2013, 17:R42 Abstract Introduction: The recognition and management of hypovolemic shock still remain an important task during initial trauma assessment. Recently, we have questioned the validity of the Advanced Trauma Life Support (ATLS) classification of hypovolemic shock by demonstrating that the suggested combination of heart rate, systolic blood pressure and Glasgow Coma Scale displays substantial deficits in reflecting clinical reality. The aim of this study was to introduce and validate a new classification of hypovolemic shock based upon base deficit (BD) at emergency department (ED) arrival. Methods: Between 2002 and 2010, 16,305 patients were retrieved from the TraumaRegister DGU database, classified into four strata of worsening BD [class I (BD 2 mmol/l), class II (BD > 2.0 to 6.0 mmol/l), class III (BD > 6.0 to 10 mmol/l) and class IV (BD > 10 mmol/l)] and assessed for demographics, injury characteristics, transfusion requirements and fluid resuscitation. This new BD-based classification was validated to the current ATLS classification of hypovolemic shock. Results: With worsening of BD, injury severity score (ISS) increased in a step-wise pattern from 19.1 (± 11.9) in class I to 36.7 (± 17.6) in class IV, while mortality increased in parallel from 7.4% to 51.5%. Decreasing hemoglobin and prothrombin ratios as well as the amount of transfusions and fluid resuscitation paralleled the increasing frequency of hypovolemic shock within the four classes. The number of blood units transfused increased from 1.5 (± 5.9) in class I patients to 20.3 (± 27.3) in class IV patients. Massive transfusion rates increased from 5% in class I to 52% in class IV. The new introduced BD-based classification of hypovolemic shock discriminated transfusion requirements, massive transfusion and mortality rates significantly better compared to the conventional ATLS classification of hypovolemic shock (p < 0.001). Conclusions: BD may be superior to the current ATLS classification of hypovolemic shock in identifying the presence of hypovolemic shock and in risk stratifying patients in need of early blood product transfusion. Introduzione Il riconoscimento precoce dello shock ipovolemico e la sua gestione nel paziente con trauma grave costituiscono uno dei punti cruciali di trattamento nelle prime pag 4

5 fasi di gestione intraospedaliera. La valutazione emodinamica viene fatta, secondo quanto dettato dall ATLS, monitorando frequenza cardiaca, pressione arteriosa sistolica e Glasgow Coma Scale; i parametri vengono inseriti in una tabella che ci indica una classe di shock ovvero ci da una stima delle perdite del paziente e conseguentemente un indicazione terapeutica per il reintegro volemico. La validità clinica di tale valutazione viene messa in discussione da due studi indipendenti che analizzano due database (Trauma Audit Research Network e Trauma Register DGU). Entrambe le analisi sono arrivate alla conclusione che col metodo ATLS viene sovrastimata la tachicardia associata a ipotensione e sottostimata l alterazione dello stato di coscienza. Alla luce di ciò è stato suggerito un altro parametro per il monitoraggio dello shock ipovolemico: il deficit di basi (BD). Tale parametro, risulta, dalla letteratura, essere legato alla mortalità, ai giorni di degenza ed alla possibilità dell insorgenza di complicanze multiorganiche. Inoltre, il BD, è un parametro di facile monitoraggio già all ingresso in ospedale. Obiettivo Validazione di un metodo per l attribuzione della classe di shock ipovolemico utilizzando il deficit di basi Materiali e Metodi Nel presente studio vengono analizzai dati estrapolati dal Trauma Register DGU relativi a pazienti adulti (> 16 anni) vittime di trauma dal 2002 al 2010 (16305 pazienti) che presentavano i parametri clinici relativi a frequenza cardiaca, pressione sistolica, GCS e BD durante la valutazione in pronto soccorso. Preventivamente, sono state create quattro classi di shock sulla base del BD su cui inserire i vari pazienti del registro. Classe I (shock assente) BD < 2 mmol/litro, Classe II (shock lieve) BD compreso fra 2,0 e 6,0 mmol/litro, Classe III (shock moderato) BD compreso fra 6,0 e 10,0 mmol/litro, Classe IV (shock grave) BD superiore a 10 mmol/litro. Risultati Osservando i risultati ottenuti inserendo i pazienti nelle rispettive classi di shock sulla base del BD in comparazione col sistema ATLS si osserva che : Non ci sono variazioni significative della frequenza cardiaca nelle diverse classi La pressione arteriosa sistolica ha una variazione (decremento) importante solo in classe IV La mortalità e la morbilità aumentano in maniera esponenziale all aumentare della classe C è una diminuzione del livello di emoglobina e di piastrine all aumentare della classe Nei pazienti di classe III e IV compare coagulopatia L aumento della classe di shock BD correlata corrisponde ad un aumento degli emocomponenti trasfusi Anche la somministrazione di fluidi e vasopressori aumenta come dosaggio al peggioramento della classe. Un confronto ai due metodi di valutazione dello shock (ATLS vs BD)ha dimostrato che, sempre in riferimento ai pazienti del Trauma Register DGU, la scala riferita al livello di BD risulta più precisa per discriminare la necessità di emotrasfusione. Utilizzando la scala BD si nota che la necessità di trasfusione massiva (10 emoderivati) aumenta dal 5% in classe I al 52% in classe IV. Al contrario, seguendo la classificazione ATLS, il 4% in classe I e il 25% in classe IV ricevevano trasfusione massiva. La tabella sottostante riporta la classificazione dello shock secondo il valore di BD e la relativa raccomandazione riguardo alla necessità di emoderivati pag 5

6 Classe I Classe II Classe III Classe IV Shock No Lieve Moderato Grave BD mmol/litro < 2 >2 < 6 >6 < 10 > 10 Necessità emoderivati Osserva Considera Tipizzazione cross match Probabile necessità trasfusione massiva Conclusioni La necessità di trasfusione massiva è l unico vero dato che ci interessa immediatamente nella gestione del paziente in Pronto Soccorso. Superata la soglia di 6 mmol/litro di BD viene raccomandato di eseguire una tipizzazione del sangue e un cross match per costituire una scorta di emoderivati per il paziente. Ovviamente è da tenere in considerazione che un aumento del BD è correlato ad una aumento delle lesioni presenti e non ancora diagnosticate (ISS) ed ad un aumento dell insorgenza di MOF, oltre che della mortalità (7,4 % in classe I e 51,5 % in classe IV). A cura di CPSE Claudio Tacconi, Bologna Commento art 1 e 2 L Indice di Shock (SI) e il Deficit di Basi (BD) possono essere dei validi indicatori di shock ipovolemico e guidare le nostre strategie terapeutiche nel trattamento del paziente traumatizzato? Per rispondere a questa domanda abbiamo analizzato due articoli pubblicati su Critical Care nel Attualmente nel soccorso preospedaliero e nelle prime fasi del soccorso intraospedaliero la presenza e la successiva gravità dello shock nel paziente politraumitazzato viene valutata secondo il metodo proposto dall ATLS e, sulla base della classe di shock, viene proposta una terapia basata sul rimpiazzo volemico. Tale sistema di valutazione è gravato dal rischio di under triage (valutazione dello stato di coscienza) e di overtriage (valutazione della frequenza cardiaca). Esistono altri parametri basic ed immediati che possono essere più specifici nel predire evoluzioni dello shock ipovolemico? Gli articoli analizzati, valutano quanto l indice di shock e il deficit di basi siano attendibili e utili nella valutazione dello shock ipovolemico. Entrambi i parametri si correlano, oltre che all aumento della mortalità e alla gravità delle lesioni (ISS), alla necessità di emotrasfusione. Per valori di SI superiori a 1,0 e BD superiore a 6 mmoli/litro si è visto un aumento della necessità di trasfusioni del 50%. Essendo la trasfusione di emoderivati una delle principali terapie sul paziente traumatizzato sia per reintegrare il volume depleto che per contrastare la coagulopatia, possiamo affermare che sia lo SI che il BD sono elementi utili al fine di ridurre il terapy free interval. Per ottimizzare il lavoro e nell ottica delle risorse disponibili, lo SI è un parametro di valutazione applicabile nel soccorso preospedaliero per anticipare le manovre del Trauma Center di destinazione mentre il BD è un parametro utile al trauma team intraospedaliero per predire l evoluzione del paziente con shock. pag 6

7 3. Il rimpiazzo volemico con Ringer-lattato è dannoso nello shock emorragico severo, ma protettivo nello shock emorragico: studi in un modello murino. Sintesi a cura di Dott.ssa Simona Cotena, Benevento. Volume replacement with Ringer-lactate is detrimental in severe hemorrhagic shock but protective in moderate hemorrhagic shock: studies in a rat model Hussmann et al. Crit Care 2014, 18:R5 Abstract Introduction: To date, there are insufficient data demonstrating the benefits of preclinically administered Ringer-lactate (RL) for the treatment of hemorrhagic shock following trauma. Recent animal experiments have shown that lactate tends to have toxic effects in severe hemorrhagic shock. This study aimed to compare the effects of RL administered in a rat model of severe hemorrhagic shock (mean arterial blood pressure (MAP): 25 to 30 mmhg) and moderate hemorrhagic shock (MAP: 40 to 45 mmhg). Methods: Four experimental groups of eight male Wistar rats each (moderate shock with Ringer-saline (RS), moderate shock with RL, severe shock with RS, severe shock with RL) were established. After achieving the specified depth of shock, animals were maintained under the shock conditions for 60 minutes. Subsequently, reperfusion with RS or RL was performed for 30 minutes, and the animals were observed for an additional 150 minutes. Results: All animals with moderate shock that received RL survived the entire study period, while six animals with moderate shock that received RS died before the end of the experiment. Furthermore, animals with moderate shock that received RL exhibited considerable improvements in their acid-base parameters and reduced organ damage. In contrast, in animals with severe shock, only two of the animals receiving RS survived but all of the animals receiving RL died early, before the end of the study period. Moreover, the severe shock animals that were treated with RL exhibited considerably worsened acid-base and metabolic parameters. Conclusions: The preclinical use of RL for volume replacement has different effects depending on the severity of hemorrhagic shock. RL exhibits detrimental effects in cases of severe shock, whereas it has pronounced protective effects in cases of moderate shock. Introduzione. Lo shock emorragico rappresenta la principale causa evitabile di morte per trauma. Accanto alla necessità di arrestare l emorragia (che rappresenta la priorità, come indicato dalla linee guida ATLS ) vi è quella di rimpiazzare il volume ematico perso. Ciò viene tipicamente fatto, soprattutto nella fase preospedaliera, con l utilizzo di cristalloidi. Diversi studi hanno dimostrato la superiorità del Ringer -lattato (RL) rispetto alla Soluzione Fisiologica in termini di miglioramento dei parametri emodinamici e coagulativi e aumento della sopravvivenza. In contrasto con questi risultati, gli Autori dello studio in oggetto avevano già dimostrato, in un precedente lavoro, gli effetti tossici del RL nello shock emorragico severo (cioè con una pressione arteriosa media (MAP) compresa tra 25 e 30 mmhg). Obiettivo del presente studio è stato quello di valutare gli effetti della riperfusione con RL sulla sopravvivenza, sui parametri emodinamici, sull equilibrio acido base e sul danno d organo in un modello animale di shock emorragico confrontando lo shock emorragico moderato (MAP tra 40 e 45 mmhg) e lo shock emorragico severo. A tale scopo il RL è stato confrontato con il Ringer - salino (RS) che differisce dal primo solo per la presenza di cloro al posto dell anione lattato metabolizzabile e che, per tale motivo, è stato ritenuto dagli Autori più adatto all esperimento. Materiali e Metodi 38 topi maschi Wistar furono utilizzati per l esperimento e assegnati a uno dei seguenti gruppi: gruppo di controllo (6 animali); gruppo shock moderato/rs (MAP tra 40 e 45 mmhg, rianimazione con RS, 8 animali); gruppo shock moderato/rl (MAP tra 40 e 45 mmhg, rianimazione con RL, 8 animali); gruppo shock severo/rs (MAP tra 25 e 30 mmhg, rianimazione con RS, 8 animali); gruppo shock severo/rl (MAP tra 25 e 30 mmhg, rianimazione con RL, 8 animali). Gli animali vennero anestetizzati con Isoflurano; vennero inseriti un catetere arterioso femorale e uno venoso femorale. L induzione dello shock venne effettuata attraverso il prelievo di 2 ml di sangue pag 7

8 dall arteria femorale ogni 3 minuti fino a raggiungere la MAP desiderata (40-45 mmhg o mmhg). Questa venne mantenuta per circa 60 minuti o attraverso la somministrazione di sangue citrato o attraverso prelievi addizionali di sangue se necessario. Dopo la fase di shock, venne iniziato il rimpiazzo volemico attraverso la vena femorale secondo il rapporto 3:1 tra volume infuso e volume ematico perso per una durata di circa 30 minuti. L esperimento fu poi continuato per ulteriori 150 minuti o fino alla morte dell animale. I seguenti parametri furono misurati attraverso il prelievo di campioni ematici al tempo zero (T0), dopo l inserzione dei cateteri ( dopo 10 minuti, T10), al termine dell induzione dello shock (T40), immediatamente prima di iniziare la rianimazione (T100), alla fine della rianimazione (T130), e durante la fase di osservazione finale (T160, T220 e T280): parametri dell equilibrio acido-base e metabolici: ph, po2, pco2, base excess (BE), SpO2; emoglobina ed ematocrito; elettroliti; lattati e glucosio (attraverso emogasanalisi arteriosa); parametri di danno d organo: concentrazione plasmatica degli indici di citonecrosi (LDH, AST, ALT, CPK) e della creatinina. I parametri emodinamici (Pressione arteriosa sistolica, diastolica, MAP e frequenza cardiaca) vennero monitorizzati in continuo. Risultati Sopravvivenza Tutti gli animali del gruppo di controllo sopravvissero. Allo stesso modo, tutti gli animali del gruppo shock moderalo/rl sopravvissero, mentre solo 2 animali del gruppo shock moderato/rs sopravvissero. Tutti gli animali del gruppo shock severo/rl morirono; solo 2 animali del gruppo shock severo/rs sopravvissero. Parametri emodinamici Nel gruppo di controllo la MAP era di 105. In entrambi i gruppi di shock moderato la MAP fu portata a 110 con il rimpiazzo volemico; essa scese a 35 nel gruppo trattato con RS, mentre, nel gruppo trattato con RL scese lentamente fino a 70 rimanendo costante fino alla fine dell esperimento. Nei gruppi di shock severo la MAP fu portata a 75 negli animali riperfusi con RS e a 65 in quelli riperfusi con RL. In entrambi i casi la MAP scese a 30 dopo la fase di rianimazione volemica. Non furono trovate differenze significative per quanto riguarda la frequenza cardiaca e quella respiratoria. Elettroliti Non furono trovate differenze significative nella concentrazione degli elettroliti, fatta eccezione per il cloro la cui concentrazione era più elevata nei gruppi trattati con RS. Stato equilibrio acido-base e metabolico Nel gruppo di controllo il ph, il BE e la pco2 rimasero costanti. In entrambi i gruppi di shock (severo vs moderato) si instaurò un acidosi metabolica, ma più pronunciata nello shock severo (valori significativamente più bassi di ph e di BE), con minime differenze tra i gruppi trattati con RL e quelli trattati con RS. Nel gruppo shock moderato/rs l acidosi metabolica era più pronunciata che nel gruppo shock moderato/rl, registrandosi in quest ultimo solo un acidosi metabolica lieve compensata (ph normale). La concentrazione media dei lattati nel gruppo di controllo era 1,5 mmol/l. Questa salì a 4 mmol/lnello shock moderato, normalizzandosi (1 mmol/l) dopo rimpiazzo volemico, indipendentemente dalla soluzione utilizzata. pag 8

9 Nello shock severo i lattati salirono a 7 mmol/l, scendendo, tuttavia senza normalizzarsi, a 2,5 negli animali trattati con RS e a 4 in quelli trattati con RL. Dopo l induzione dello shock venne registrato in entrambi i gruppi (severo vs moderato) un incremento della glicemia al quale seguì, durante la fase di shock e durante la riperfusione, una riduzione fino a un valore medio di 100 mg/dl. Mentre tale valore rimase costante nel gruppo shock moderato/rl, esso subì un decremento nei restanti gruppi, anche se più rapido e pronunciato nello shock severo. Parametri di danno d organo Tutti gli indici di citonecrosi aumentarono durante la rianimazione volemica anche se in maniera più pronunciata nello shock severo, e in misura minima nel gruppo shock moderato/rl. La creatinina mostrò una tendenza all incremento nello shock severo e nel gruppo shock moderato/rs, mentre rimase costante nel gruppo shock moderato/rl. Discussione L effetto protettivo del RL nello shock emorragico è mediato principalmente dal suo potere alcalinizzante che si oppone all acidosi metabolica causata dallo shock. Infatti, l anione lattato viene metabolizzato da fegato o mediante la produzione di glucosio attraverso la gluconeogenesi o attraverso la produzione di CO2 e H2O. Per ogni molecola di lattato metabolizzata viene consumato uno ione H+ e prodotto uno ione HCO3-. Questo meccanismo spiegherebbe la superiorità del RL rispetto al RS osservata nello shock moderato. L effetto dannoso del RL, osservato, al contrario, nello shock severo, è spiegato da gli Autori con l incapacità da parte del fegato di metabolizzare il lattato. Tale incapacità è imputata al danno d organo conseguente al ipoperfusione più marcata. Il lattato che in questo modo si accumula non solo peggiora l acidosi A cura di Dott.ssa Simona Cotena, Benevento Commento I risultati di questo interessante studio, come sottolineato dagli stessi Autori, sono in contraddizione con quanto finora riportato in letteratura e raccomandato dalle linee guida. Forse perché, come ipotizzato dagli Autori, nei vari studi non è mai stata fatta una differenza tra shock moderato e shock severo e, probabilmente, nei modelli studiati lo shock era per lo più moderato. E interessante notare come non solo il RL sia inefficace, ma addirittura dannoso nello shock severo. La spiegazione di questo effetto dannoso fornita dagli Autori (incapacità di metabolizzazione del lattato dovuta al danno d organo) è peraltro dimostrata dai risultati stessi dello studio (maggiore aumento degli indici di citonecrosi nello shock severo). E, altresì, opportuno sottolineare che la prognosi dello shock severo è peggiore di quella dello shock moderato per la severità stessa dello shock, indipendentemente dalla soluzione utilizzata per il rimpiazzo volemico. Infatti la mortalità in entrambi i gruppi di shock severo era molto elevata (solo 2 sopravvissuti anche se rianimati con RS). D altra parte questo studio conferma l effetto protettivo del RL nello shock moderato. Studi ulteriori che confermino questi dati e che come questo, differenzino tra shock severo e moderato, sono necessari. Inoltre, qualora venissero confermati gli effetti dannosi del RL nello shock severo, essendo già noti gli effetti avversi della soluzione fisiologica, altre soluzioni dovrebbero essere considerate e studiate (per esempio la soluzione elettrolitica reidratante) nel rimpiazzo volemico dello shock emorragico traumatico. pag 9

10 metabolica, ma inibisce anche la glicolisi. Conclusioni Il RL ha effetti tossici nello shock severo, mentre risulta protettivo, in termini di miglioramento della sopravvivenza, dei parametri acido-base e del danno d organo, nello shock moderato. COLLOIDS VERSUS CRYSTALLOIDS FOR FLUID RESUSCITATION IN CRITICALLY ILL PATIENTS (REVIEW) Perel P, Roberts I, Ker K Cochrane Database Syst Rev Feb 28;2 Lo scopo di questa review sistematica è stato quello di individuare e di sintetizzare tutte le evidenze di alta qualità (RCT) disponibili circa gli effetti, in termini di mortalità, del reintegro volemico con cristalloidi o colloidi nei pazienti critici. Sono stati presi in considerazione solo trial randomizzati e controllati condotti su pazienti in stato di criticità a causa di chirurgia, traumi, ustioni, complicanze settiche. Sono stati esclusi trial condotti su pazienti in fase di preparazione in previsione di un intervento chirurgico in regime di elezione e trial condotti su pazienti trattati con rimpiazzo volemico prima di bypass cardiopolmonare. Inoltre, sono stati esclusi i trial con un disegno tipo cross-over, in cui veniva testato un algoritmo di reintegro volemico, in cui al gruppo controllo venivano somministrati fluidi per via orale, in cui l intervento era diretto al mantenimento dei livelli di albuminemia plasmatica, oppure in cui veniva condotta una procedura di emodiluizione. Sono stati selezionati 76 trial, di cui solo 70 presentavano dati relativi alla mortalità. Tra i colloidi utilizzati nei vari RCT figuravano destrano 70, HES, gelatine modificate, albumina e frazioni di proteine plasmatiche. I trial sono stati stratificati sulla base del tipo di fluido somministrato, piuttosto che sulla base della patologia per cui veniva somministrato. Dalla review emerge che: non vi è alcuna evidenza della superiorità dei colloidi sui cristalloidi nel reintegro volemico dei pazienti critici. In aggiunta, i colloidi sono più costosi rispetto ai cristalloidi. Non vi è alcuna evidenza che i colloidi, rispetto ai cristalloidi, riducano il rischio di morte nei pazienti con trauma, ustioni od in esiti di interventi chirurgici. L utilizzo di soluzioni HES può addirittura aumentare la mortalità dei pazienti Sintesi a cura di dott.sa Elen Salerno pag 10

11 4. Effetti della fluidoterapia con Colloidi vs Cristalloidi sulla mortalità dei pazienti critici che presentano shock ipovolemico. The CRISTAL Randomized Trial Sintesi a cura di Dott.ssa Irene Principale, Torino IMPORTANCE Evidence supporting the choice of intravenous colloid vs crystalloid solutions for management of hypovolemic shock remains unclear. Effects of Fluid Resuscitation With Colloids vs Crystalloids on Mortality in Critically Ill Patients Presenting With Hypovolemic Shock The CRISTAL Randomized Trial Annane et al. JAMA 2013, 310, OBJECTIVE To test whether use of colloids compared with crystalloids for fluid resuscitation alters mortality in patients admitted to the intensive care unit(icu) with hypovolemic shock. DESIGN, SETTING, AND PARTICIPANTS A multicenter, randomized clinical trial stratified by case mix(sepsis, trauma, or hypovolemic shock without sepsis or trauma). Therapy in the Colloids Versus Crystalloids for the Resuscitation of the Critically Ill(CRISTAL) trial was open label but outcome assessment was blinded to treatment assignment. Recruitment began in February 2003andendedinAugust2012of2857sequentialICUpatientstreatedat57ICUsinFrance, Belgium, North Africa, and Canada; follow-up ended in November INTERVENTIONS Colloids(n = 1414; gelatins, dextrans, hydroxyethyl starches, or 4% or 20% of albumin) or crystalloids(n = 1443; isotonic or hypertonic saline or Ringer lactate solution) for all fluid interventions other than fluid maintenance throughout the ICU stay. MAIN OUTCOMES AND MEASURES The primary outcome was death within 28 days. Secondary outcomes included 90-day mortality; and days alive and not receiving renal replacement therapy, mechanical ventilation, or vasopressor therapy. RESULTS Within 28 days, there were 359 deaths(25.4%) in colloids group vs 390 deaths (27.0%)incrystalloidsgroup(relativerisk[RR],0.96[95%CI,0.88to1.04];P =.26).Within 90days,therewere434deaths(30.7%)incolloidsgroupvs493deaths(34.2%)in crystalloids group(rr, 0.92[95% CI, 0.86 to 0.99]; P =.03). Renal replacement therapy was usedin156(11.0%)incolloidsgroupvs181(12.5%)incrystalloidsgroup(rr,0.93[95%ci, 0.83to1.03];P =.19).Thereweremoredaysalivewithoutmechanicalventilationinthe colloids group vs the crystalloids group by 7 days(mean: 2.1 vs 1.8 days, respectively; mean difference,0.30[95%ci,0.09to0.48]days;p =.01)andby28days(mean:14.6vs13.5 Introduzione Le evidenze che days;meandifference,1.10[95%ci,0.14to2.06]days;p =.01)andalivewithout vasopressortherapyby7days(mean:5.0vs4.7days;meandifference,0.30[95%ci, 0.03 supportano la scelta di soluzioni to0.50]days;p =.04)andby28days(mean:16.2vs15.2days;meandifference,1.04[95% CI, 0.04to2.10]days;P =.03). cristalloidi o colloidi per lo shock ipovolemico sono ad oggi non CONCLUSIONS AND RELEVANCE Among ICU patients with hypovolemia, the use of colloids vs crystalloids did not result in a significant difference in 28-day mortality. Although 90-day chiare. L obiettivo della fluido mortality was lower among patients receiving colloids, this finding should be considered exploratory and requires further study before reaching conclusions about efficacy. terapia nello shock ipovolemico è espandere lo spazio intravascolare TRIAL REGISTRATION clinicaltrials.gov Identifier: NCT e richiamare liquidi dallo spazio JAMA. 2013;310(17): doi: /jama Published online October 9, extravascolare, tramite l aumento della pressione osmotica grazie ai Copyright 2013 American Medical Association. All rights reserved. soluti per i cristalloidi, e l aumento della pressione oncotica per i colloidi. L espansione volemica teoricamente dovrebbe essere pari alla tonicità del soluto e al potere oncotico. I cristalloidi si dividono in isotonici, suddivisi in soluzioni non tamponate (soluzione salina isotonica) e tamponate (ringer lattato, ringer acetato) e ipertonici. La famiglia dei colloidi si divide invece in ipooncotici ( gelatine, albumina 4 o 5%) e iperoncotici ( destrano, acido idrossietilico, albumina 20 25%). In passato si è pensato che i colloidi fossero più efficienti dei cristalloidi in termini di liquido che Downloaded From: by a Regione Piemonte-Biblioteca Virtuale per la Salute User on 02/07/2014 pag 11

12 rimane nello spazio intravascolare e che quindi ne fosse necessaria una quantità minore per raggiungere il goal emodinamico. Tuttavia, i colloidi presentano tutta una serie di altri effetti (alterazione della risposta immunologica, aumento del rischio di insufficienza renale o di morte) di cui non è possibile non tenere conto e sono anche molto più costosi. Più recentemente è stato invece raccomandato l utilizzo dei cristalloidi anche in pazienti settici, nonostante si pensi che ci possa essere un beneficio dalla somministrazione di albumina (linee guida della Surviving Sepsis Campaign). Obiettivo Stabilire se l impiego di colloidi invece che di cristalloidi modifica la mortalità nei pazienti con shock ipovolemico ammessi in terapia intensiva. Metodi Il CRISTAL trial, studio multicentrico randomizzato, ha reclutato 2857 pazienti in un arco temporale che va da febbraio 2003 ad agosto 2012, ponendosi come outcome primario la mortalità a 28 giorni e come outcome secondario la mortalità a 90 giorni e i giorni di sopravvivenza liberi da dialisi, ventilazione meccanica e terapia con vasopressori, i giorni senza insufficienza d organo e la degenza in terapia intensiva e in ospedale. Pazienti eleggibili per lo studio erano adulti che fossero stati ricoverati nelle terapie intensive partecipanti allo studio, che non avessero ricevuto rianimazione volemica prima della loro ammissione e che avessero come diagnosi d ingresso: Ipotensione (PAOS<90 mmhg, PAM< 60 mmhg, ipotensione ortostatica) Basse pressioni di riempimento o basso indice cardiaco Segni di ipoperfusione o ipossia (GCS<12, cute sudata, output urinario < 25 ml/h, refill time > 3 sec, lattati >2 mmmoli/l, urea >56 mg/dl o sodio frazionato escreto< 1%) I pazienti sono stati stratificati sulla base di tre possibili diagnosi (sepsi, politrauma, altre cause di ipovolemia), e randomizzati in due gruppi: gruppo sperimentale (rianimato con colloidi), gruppo di controllo (rianimato con cristalloidi). Ai pazienti sono stati somministrati solo i fluidi per cui erano stati randomizzati. La durata del trattamento e la scelta del liquido specifico da utilizzare all interno del gruppo randomizzato sono state lasciate a discrezione dei clinici, con alcune restrizioni: dose giornaliera di acido idrossietilico non > 30 ml/kg seguire le raccomandazioni d uso delle agenzie locali Non è stato ritenuto opportuno nonchè praticabile tenere in cieco i clinici. Sono stati invece mantenuti in cieco gli analizzatori dei risultati. Sono stati sistematicamente registrati i dati anagrafici ed antropometrici, la data di ammissione in ospedale ed in terapia intensiva, il reparto di ricovero del paziente prima dell ingresso in terapia intensiva, la disability scale score, i segni vitali, il SAPS II, il SOFA score, l ISS per i pazienti traumatizzati, ogni intervento, i test di laboratorio e gli Rx torace. Risultati Non è risultata nessuna differenza in termini di mortalità a 28 giorni tra i due gruppi di pazienti. A 90 giorni c è stata una lieve riduzione di mortalità nel gruppo trattato coi colloidi. I pazienti sono stati stratificati in base alla diagnosi di ammissione poiché sia il rischio di morte, sia la gestione clinica, sia la risposta alla terapia volemica avrebbero potuto essere diverse a seconda che il paziente fosse settico,politraumatizzato o avesse uno shock ipovolemico senza sepsi e non emorragico. La popolazione dello studio è risultata differente rispetto a quelle dei recenti trial in cui venivano arruolati pazienti solo sulla base dell ipotensione e dell acidosi lattica. Discussione e Conclusioni Non c è stata differenza significativa di mortalità a 28 giorni tra i due gruppi. Inaspettatamente si è rilevato un tasso di mortalità lievemente minore a 90 giorni nei pazienti trattati con colloidi rispetto a quelli trattati con cristalloidi. Questo dato deve però essere considerato provvisorio e da riconfermare con nuovi studi dato che a 28 giorni la differenza era nulla e il limite di confidenza è prossimo a 1. pag 12

13 Nel gruppo dei cristalloidi, l 86% dei pazienti ha ricevuto soluzione salina isotonica; nel gruppo dei colloidi circa il 70% acido idrossietilico e il rimanente 30% gelatine. I pazienti rianimati con cristalloidi hanno ricevuto una quantità di liquidi significativamente maggiore per raggiungere il target emodinamico rispetto al gruppo colloidi. La rianimazione con colloidi è risultata essere associata ad un più rapido svezzamento dal trattamento con vasopressori e da un numero maggiore di giorni liberi da ventilazione. Non c è stata nessuna evidenza di aumento del rischio di insufficienza renale colloide-correlato, in contrasto con i dati dei precedenti trial. Ciò può essere spiegato dal fatto che: in questo trial sono state seguite strettamente le raccomandazioni delle singole agenzie e sono stati esclusi i pazienti con insufficienza renale severa. La minor insufficienza cardiorespiratoria che è stata rilevata, correlata all uso dei colloidi ha avuto azione di protezione a livello renale. La maggior parte dei pazienti che hanno ricevuto rianimazione con cristalloidi ha ricevuto soluzione fisiologica che può incrementare il rischio di danno renale se paragonato ad una fluido terapia con restrizione cloridrica Limiti riconosciuti dagli autori I limiti di questo studio sono rappresentati dal fatto che i clinici non erano in cieco, erano cioè a conoscenza del fluido somministrato ai pazienti, e che il periodo di reclutamento che è durato 9 anni. Inoltre sono state paragonate due strategie terapeutiche e non due molecole, in quanto specchio più accurato della routine dei vari paesi, e quindi sono stati utilizzati i fluidi disponibili nei singoli centri. pag 13

14 PILLOLE DI METODOLOGIA PER UNA LETTURA CRITICA. A cura di Dott. Paolo Gardois Lo studio di Annane e colleghi vuole comprendere se l'uso dei colloidi al posto dei cristalloidi riduce la mortalità a 28 giorni per i pazienti ricoverati in un reparto di terapia intensiva in seguito a shock ipovolemico. Questo e` chiamato outcome (o esito) primario. Per capire se la mortalita` si riduce davvero, si sono scelti due gruppi di pazienti, il piu` possibile simili. Il primo gruppo e` stato sottoposto al trattamento con colloidi (COL), il secondo al trattamento con cristalloidi (CRI). I risultati sono stati i seguenti: - COL: 359 morti su 1414 (25.4%); - CRI: 390 morti su 1443 (27.0%). I risultati sono diversi. Sono però abbastanza diversi? Si puo` cioe`sostenere che il trattamento con colloidi funziona meglio di quello con cristalloidi rispetto all'outcome primario? Per rispondere, gli autori usano una misura chiamata rischio relativo" (RR). Il RR e` una misura di associazione del rischio: serve a far comprendere quanto il rischio di un evento varia a seguito di un dato intervento. Il RR in questo studio serve a rispondere alla domanda: un paziente nel gruppo "colloidi" (COL) che rischio ha di morire entro 28 giorni rispetto ad un paziente del gruppo "cristalloidi" (CRI)? Il RR si calcola dividendo il rischio dell'evento morte nel gruppo COL (cioè la probabilità in percentuale che si verifichi l'evento morte" -25,4%) per il rischio del gruppo CRI (27%). Eseguendo il calcolo, ottengo che il RR per COL rispetto a CRI è di 0.96: un paziente del gruppo COL ha quindi il 96% di possibilità di morte entro 28 giorni rispetto ad un paziente del gruppo CRI. I due rischi sono quasi identici, anche se il paziente del gruppo COL "rischia" leggermente di meno. Al RR sono poi associati: - una misura di significatività statistica (P value) - un intervallo di confidenza al 95% (IC). In questo caso, P = 0.26: il RR ottenuto (0.96) non è statisticamente significativo, quindi potrebbe essere dovuto al caso. Solo se P fosse inferiore a 0.05 il risultato sarebbe statisticamente significativo: in questo caso, infatti, eseguendo il confronto 100 volte, meno di 5 volte la differenza di rischio tra i due gruppi apparirebbe per caso. Inoltre, l'ic al 95% è troppo ampio: da 0.88 a Ripetendo l'esperimento 100 volte, per 95 volte i risultati ricadrebbero nel range che va da RR = 0.88 a RR = Questo risultato non è quindi soddisfacente, perché in certi casi il RR potrebbe addirittura essere superiore in COL rispetto a CRI. In conclusione, con i dati dello studio non possiamo concludere che il rischio sia minore nel gruppo dei colloidi rispetto a quello dei cristalloidi. Si tratta perciò di uno studio negativo. Lo studio non ha potuto dimostrare che esiste una differenza di rischio tra i due gruppi, e non ha neppure dimostrato che questa differenza esiste. pag 14

15 5. La fluidoterapia Sintesi a cura di Dott.ssa Elen Salerno, Torino Resuscitation fluids Myburgh et al. N Engl J Med 2013, 369, T h e new engl a nd jour na l o f medicine review article Critical Care Medicine Simon R. Finfer, M.D., and Jean-Louis Vincent, M.D., Ph.D., Editors Resuscitation Fluids John A. Myburgh, M.B., B.Ch., Ph.D., and Michael G. Mythen, M.D., M.B., B.S. In t ro d u z i o n e Il reintegro volemico con cristalloidi o colloidi è una pratica con cui il clinico si cimenta quotidianamente. La scelta di somministrare un fluido anzichè un altro è dettata da principi fisiologici, ma spesso subisce l influenza della preferenza individuale. Sono state elaborate delle raccomandazioni per il corretto impiego clinico dei fluidi, ma esse sono basate per lo più su opinioni di esperti e su un basso livello di evidenza clinica. Recentemente, è stata scoperta l importanza di un particolare complesso molecolare, detto glicocalice, costituito da glicoproteine e proteoglicani legati alla superficie endoluminale dell endotelio. L integrità di tale struttura è fondamentale al fine di prevenire il passaggio transluminale dei fluidi dal compartimento intravascolare allo spazio interstiziale. Classicamente, i fluidi sono suddivisi in colloidi e cristalloidi. Per molto tempo i fautori dell utilizzo dei colloidi hanno sostenuto le loro maggiori proprietà espansive sul circolo, dettate dalla maggior capacità di rimanere all interno del compartimento intravascolare. Per contro, gli oppositori contestavano il maggior costo dei colloidi, nonostante i cristalloidi fossero maggiormente incriminati nella genesi di edema interstiziale. Il fluido ideale dovrebbe presentare le seguenti caratteristiche: dovrebbe essere in grado di determinare un espansione del volume plasmatico che sia prevedibile e riproducibile, possedere una composizione chimica che sia il più simile possibile a quella dei fluidi extracellulari corporei, dovrebbe essere completamente metabolizzato senza determinare fenomeni di accumulo tissutale, non dovrebbe essere causa di fenomeni avversi, dovrebbe possedere un rapporto costo-efficacia favorevole. Purtroppo, un fluido che possieda tutte queste caratteristiche non esiste ancora. La scelta di infondere un fluido piuttosto che un altro, quindi, dovrebbe essere condotta soppesando attentamente i rischi ed i benefici che ne potrebbero derivare, considerando il fluido al pari di un vero e proprio farmaco. Metodi Revisione della letteratura Risultati e Discussione Albumina Il capostipite dei colloidi è rappresentato dall albumina umana, sottoposta a trattamento termico per prevenire la trasmissione di agenti patogeni. Nello studio SAFE del 2004, gli effetti del reintegro volemico con albumina 4% sono stati posti a confronto con quelli derivati dalla somministrazione di soluzione fisiologica. Non è emersa alcuna differenza statisticamente significativa in termini di mortalità a 28 giorni, nè di sviluppo di un insufficienza d organo di nuova insorgenza. Inoltre, la somministrazione di albumina era associata ad un aumento di mortalità a due anni statisticamente significativo nei pazienti con trauma cranico, forse per un eccessivo incremento della pressione intracranica. Al contrario, si è assistito ad una riduzione del tasso di mortalità a 28 giorni soprattutto quando l albumina veniva somministrata nei pazienti con sepsi severa. Nessuna pag 15

16 differenza tra i due gruppi di studio è emersa quando l albumina veniva somministrata nei pazienti con ipoalbuminemia (<25 g/l). Nessuna differenza è emersa per quanto riguarda gli effetti emodinamici sostenuti dai due tipi di fluidi oggetto di studio (aumento della pressione arteriosa media e riduzione della frequenza cardiaca), nonostante l albumina determinasse un aumento della pressione venosa centrale. Dalle evidenze attualmente disponibili, si deduce che l albumina potrebbe determinare benefici quando somministrata a popolazioni specifiche di pazienti, come, ad esempio, quelli con sepsi severa, mentre il suo impiego dovrebbe essere assolutamente evitato nei pazienti con trauma cranico. Colloidi semisintetici La disponibilità limitata ed il costo elevato dell albumina hanno spinto la ricerca verso la creazione di colloidi semisintetici. Il razionale d uso dei colloidi semisintetici risiede nel loro contenuto di macromolecole che, in virtù del loro elevato peso molecolare, dovrebbero prevenire la fuoriuscita del fluido dal compartimento intravascolare in cui viene somministrato e dovrebbero facilitare il richiamo di liquidi dall interstizio verso il volume ematico. Tra questi figurano le soluzioni HES, le gelatine ed i destrani. Le soluzioni HES (soluzioni di amidoidrossietilico) contengono dei polimeri di amilopectina derivati da sorgo, mais e patate, a cui vengono sostituiti dei gruppi idrossietilici. Un alto tasso di sostituzione svolge un azione protettiva nei confronti dell idrolisi svolta da amilasi plasmatiche aspecifiche, prolungando la permanenza del composto nel torrente ematico, ma aumentando, altresì, il rischio di accumulo dello stesso a livello di cute, reni e fegato ed aumentando il rischio di effetti indesiderati sistemici. Proprio a causa del rischio di accumulo tissutale, il volume infuso non dovrebbe mai eccedere i ml/kg/die. Alla luce delle evidenze cliniche ad oggi disponibili, l impiego delle soluzioni HES è difficile da giustificare, in quanto esse hanno dimostrato di determinare un incremento del tasso di mortalità e di insufficienza renale acuta nei pazienti a rischio quando confrontati con i cristalloidi. Inoltre, l utilizzo di tali colloidi è associato anche ad un aumentata incidenza di prurito e ad un aumentato consumo di prodotti ematici a causa dell alterazione della coagulazione indotta da tali composti. Al momento, sulla base delle evidenze a disposizione, non si è ancora in grado di affermare se queste stesse conclusioni siano applicabili anche ad altri colloidi semisintetici come le gelatine. Al momento non esistono RCT sull impiego di colloidi semisintetici non-hes. Cristalloidi La soluzione più impiegata è sicuramente la soluzione di NaCl allo 0,9% (soluzione fisiologica), contenente sodio e cloruro nelle medesime concentrazioni, isotonica rispetto ai fluidi extracellulari. Tuttavia, la somministrazione di elevati volumi di soluzione fisiologica è da evitare, in quanto può essere responsabile di acidosi metabolica ipercloremica, con conseguente compromissione della funzionalità renale e del sistema immunitario (anche se le conseguenze cliniche di questi fenomeni restano ancora da chiarire). Le più recenti soluzioni ipertoniche di NaCl (3%, 5% e 7,5%) non hanno portato, al momento, ad un miglioramento dell outcome, soprattutto per i pazienti con trauma cranico. Alcune soluzioni cristalloidi, derivate dalle soluzioni di Hartmann e di Ringer, sono definite bilanciate, poiché cercano di mimare nella maniera più fedele possibile la reale composizione ionica del plasma. In realtà, però, nessuna di queste soluzioni possiede una composizione chimica identica a quella plasmatica. Queste soluzioni sono lievemente ipotoniche a causa della concentrazione di sodio lievemente inferiore rispetto a quella dei fluidi extracellulari. Quando somministrate in quantità elevata, possono determinare iper-lattacidemia, alcalosi metabolica, ipotonicità plasmatica (per le soluzioni contenenti sodio lattato) e cardiotossicità (per le soluzioni contenenti acetato). L aggiunta di calcio, inoltre, può portare alla formazione di microtrombi per il legame con il citrato contenuto nelle pag 16

17 emazie concentrate. Le soluzioni bilanciate sono da considerarsi come liquidi da somministrare in prima linea nei pazienti candidati a chirurgia, nelle vittime di trauma e/o ustioni e nei pazienti con chetoacidosi diabetica. Tuttavia, al momento non esiste ancora un trial randomizzato e controllato in cui si ponga a confronto la sicurezza e l efficacia della soluzione fisiologica e delle soluzioni bilanciate. Conclusioni Per la corretta gestione del reintegro volemico del paziente è fondamentale attenersi ad alcuni principi di buona condotta clinica: I fluidi sono da considerarsi dei veri e propri farmaci. Possiedono rischi e benefici che devono essere attentamente soppesati quando si decide di somministrarli, tenendo conto anche delle caratteristiche del paziente a cui sono destinati. Rimpiazzare, laddove possibile, il fluido che è andato perso, nel medesimo volume. Considerare la sodiemia, l osmolarità plasmatica, l equilibrio acido-base ed il bilancio idrico cumulativo del paziente quando ci si accinge a compiere la scelta di quale e quanto fluido somministrare. Considerare, nel paziente in shock, l utilizzo precoce di catecolamine. Se la causa di ipovolemia è un emorragia, è fondamentale attuare nelle maniera più tempestiva possibile il controllo definitivo della fonte di sanguinamento ed il reintegro delle perdite con emazie concentrate. Considerare il ricorso alla soluzione fisiologica nei pazienti con ipovolemia ed alcalosi. Considerare l albumina in fase precoce nei pazienti con sepsi severa, ma ricordare che è controindicata nei pazienti con trauma cranico. Nel paziente con trauma cranico sono indicati la soluzione fisiologica o soluzioni isotoniche rispetto al plasma. La sicurezza della soluzione salina ipertonica non è ancora stata dimostrata. Le soluzioni HES non dovrebbero essere impiegate, soprattutto nei pazienti con sepsi e/o a rischio di insufficienza renale acuta. La tipologia e la giusta quantità di fluidi indicati nel paziente vittima di ustioni non è ancora stata stabilita con certezza. pag 17

18 SINTESI DELLA NOTA AIFA: RESTRIZIONI D USO HES.L AIFA, in data 28 giugno 2013, aveva già disposto a scopo cautelativo il divieto di utilizzo per tutti i medicinali per uso infusionale contenenti amido idrossietilico (con esclusione delle soluzioni per la conservazione degli organi) in attesa della decisione della Commissione Europea, legalmente vincolante in tutta EU. A cura di Dott.sa Irene Principale, Torino. La CE ha concluso che il rapporto beneficio-rischio per i medicinali contenenti amido idrossietilico (HES) rimane favorevole nel trattamento dell ipovolemia causata da emorragia acuta, quando i cristalloidi da soli non sono considerati sufficienti, a condizione che siano implementate restrizioni delle indicazioni, controindicazioni, avvertenze ed altre modifiche alle informazioni contenute nel riassunto delle caratteristiche del prodotto, quali misure di minimizzazione dei rischi. Riassunto - I prodotti contenenti HES devono essere utilizzati solo per il trattamento dell ipovolemia causata da emorragia acuta quando i cristalloidi da soli non sono considerati sufficienti. - I prodotti contenenti HES devono essere utilizzati alla più bassa dose efficace per il più breve periodo di tempo. Il trattamento deve essere guidato da un monitoraggio emodinamico continuo, in modo da poter interrompere l infusione non appena siano stati raggiunti adeguati valori emodinamici. - I prodotti contenenti HES sono ora controindicati nelle seguenti condizioni: o Sepsi o Ustioni o Insufficienza renale o terapia renale sostitutiva o Emorragia intracranica o cerebrale o Pazienti critici (tipicamente ricoverati in Terapia Intensiva) o Pazienti iperidratati, inclusi i pazienti con edema polmonare o Pazienti disidratati o Iperkaliemia (applicabile solo ai prodotti contenenti potassio) o Grave iponatriemia o grave ipercloremia o Coagulopatia grave o Funzionalità epatica gravemente compromessa o Insufficienza cardiaca congestizia o Pazienti sottoposti a trapianto d organo C è una mancanza di dati di sicurezza consistenti a lungo termine nei pazienti sottoposti a procedure chirurgiche e nei pazienti con trauma. Il beneficio atteso del trattamento deve essere attentamente valutato in relazione all incerto profilo di sicurezza a lungo termine, e devono essere considerati i trattamenti alternativi disponibili. Ulteriori studi saranno eseguiti con soluzioni HES in pazienti con trauma e nella chirurgia elettiva. - Ampi studi clinici randomizzati hanno riportato un aumentato rischio di disfunzione renale nei pazienti critici, inclusi i pazienti settici, Pertanto, i prodotti contenenti HES non devono più essere utilizzati in questi pazienti. - L uso di HES deve essere interrotto al primo segno di danno renale. È raccomandato il monitoraggio della funzionalità renale nei pazienti in trattamento con prodotti contenenti HES per almeno 90 giorni. - Nel caso di somministrazioni ripetute, i parametri di coagulazione del sangue devono essere monitorati attentamente. Il trattamento deve essere interrotto al primo segno di coagulopatia. Ulteriori informazioni sulla sicurezza: Le soluzioni per infusione contenenti HES appartengono alla classe terapeutica dei colloidi. Nell Unione europea (UE), le soluzioni per infusione contenenti HES sono approvate tramite procedure nazionali. Recentemente, sono stati pubblicati i risultati di due studi clinici su pazienti critici, principalmente con sepsi, a confronto con i cristalloidi. Gli studi hanno mostrato un maggior rischio di effetti avversi renali nei pazienti trattati con HES. Lo studio di pazienti con sepsi ha anche mostrato un maggior rischio di mortalità nei pazienti trattati con HES. Sulla base dei risultati di questi studi randomizzati controllati, l Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha avviato nel novembre 2012 una rivalutazione sulla sicurezza di tutti i prodotti contenenti HES, sul mercato UE. La rivalutazione ha compreso dati tratti dalla letteratura scientifica, dati presentati dalle aziende, dati dagli autori degli studi e dalle parti interessate pag 18

19 6. Controllo del sanguinamento e della coagulopatia conseguente a trauma maggiore: una linea guida europea aggiornata. Sintesi a cura di Dott. Luca Delpiano, Torino Management of bleeding and coagulopathy following major trauma: an updated European guideline Spahn et al. Crit Care 2013, 17:R76 Abstract Introduction: Evidence-based recommendations are needed to guide the acute management of the bleeding trauma patient. When these recommendations are implemented patient outcomes may be improved. Methods: The multidisciplinary Task Force for Advanced Bleeding Care in Trauma was formed in 2005 with the aim of developing a guideline for the management of bleeding following severe injury. This document represents an updated version of the guideline published by the group in 2007 and updated in Recommendations were formulated using a nominal group process, the Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation (GRADE) hierarchy of evidence and based on a systematic review of published literature. Results: Key changes encompassed in this version of the guideline include new recommendations on the appropriate use of vasopressors and inotropic agents, and reflect an awareness of the growing number of patients in the population at large treated with antiplatelet agents and/or oral anticoagulants. The current guideline also includes recommendations and a discussion of thromboprophylactic strategies for all patients following traumatic injury. The most significant addition is a new section that discusses the need for every institution to develop, implement and adhere to an evidence-based clinical protocol to manage traumatically injured patients. The remaining recommendations have been re-evaluated and graded based on literature published since the last edition of the guideline. Consideration was also given to changes in clinical practice that have taken place during this time period as a result of both new evidence and changes in the general availability of relevant agents and technologies. Conclusions: A comprehensive, multidisciplinary approach to trauma care and mechanisms with which to ensure that established protocols are consistently implemented will ensure a uniform and high standard of care across Europe and beyond. Introduzione Una gestione corretta del sanguinamento massivo nel paziente vittima di trauma prevede la precoce identificazione della fonte emorragica, seguita da immediate misure che hanno l obbiettivo di ridurre le perdite, ripristinare la perfusione tissutale e garantire la stabilità emodinamica. Circa 1/3 dei pazienti con emorragia conseguente a trauma presentano, al momento dell ammissione in ospedale, una alterazione della coagulazione. Questi pazienti hanno un aumento significativo dell incidenza di insufficienza multiorgano e della mortalità rispetto a pazienti con medesima gravità delle lesioni in assenza di coagulopatia. La coagulopatia indotta da trauma (TIC) è stata recentemente definita come una condizione conseguente alla combinazione di diversi fattori: shock indotto dall emorragia, danno tissutale correlato alla produzione di complessi trombina-trombomodulina e all attivazione della cascata anticoagulativa e della fibrinolisi. Obiettivo Queste linee guida costituiscono un aggiornamento di quelle pubblicate per la prima volta nel 2007 e già aggiornate nel 2010, fanno parte dellla STOP Bleeding Campaign che ha l obbiettivo di ridurre la morbilità e la mortalità associata all emorragia post-traumatica. Queste linee guida non forniscono solo un mezzo per comprendere meglio la patofisiologia del grave sanguinamento nei pazienti vittima di trauma, ma costituiscono una guida per il trattamento, e identificano le aree in cui è necessaria una futura ricerca. Metodi Le raccomandazioni sono state formulate e graduate in accordo con la Grading of Recommendations Assess- ment, Development and Evaluation (GRADE). Sono il risultato di una analisi sistematica della letteratura. Risultati Gli autori forniscono le seguenti raccomandazioni. 1: raccomandano per quei pazienti che necessitano un controllo chirurgico dell emorragia, il tempo che intercorre tra la lesione e l intervento chirurgico deve essere ridotto al minimo possibile. (Grado 1A) pag 19

20 2: raccomandano un utilizzo del touniquet per controllare le emorragie pericolose per la vita nelle lesioni aperte degli arti nella fase pre-chirurgica. (Grado 1B) 3: raccomandano la normo-ventilazione dei pazienti vittima di trauma se non sono presenti segni di erniazione cerebrale. (Grado 1C) 4: raccomandano che il medico valuti clinicamente la gravità dell emorragia conseguente al trauma attraverso una combinazione di: fisiologia del paziente, caratteristica della lesione anatomica, meccanismo di lesione e risposta del paziente alla rianimazione iniziale. (Grado 1C) 5: raccomandano che i pazienti con shock emorragico e una fonte di sanguinamento identificata, siano sottoposti a immediate procedure di controllo dell emorragia, a meno che le iniziali misure di rianimazione non abbiano successo. (Grado1B) 6: raccomandano che un paziente che presenti uno shock emorragico e una non identificata fonte di sanguinamento venga sottoposto immediatamente a ulteriori indagini (Grado 1B) 7: raccomandano precoci indagini di imaging (ECO o CT) per la ricerca di liquido libero, in pazienti con sospetto trauma del tronco. (Grado1B) 8: raccomandano che pazienti con significativo liquido libero in addome, ed emodinamicamente instabili vengano sottoposti a intervento chirurgico urgente. (Grado1A) 9: raccomandano ulteriore valutazione mediante CT per i pazienti emodinamicamente stabili (Grado 1B) 10: non raccomandano l uso di una singola misura dell ematocrito come unico marker di laboratorio per l emorragia (Grado 1B) 11: raccomandano o il lattato sierico o il deficit di base, come test sensibile per stimare e monitorizzare il grado di sanguinamento e di shock (Grado1B) 12: raccomandano che la pratica di routine nella ricerca della coagulopatia post traumatica includa la precoce, ripetuta e combinata misura del tempo di protrombina (PT), tempo di tromboplastina attivata (APTT), fibrinogeno e piastrine (Grado 1C) Raccomandano che anche i metodi viscoelastici siano eseguiti per aiutare a caratterizzare la coagulopatia e a guidare la terapia emostatica. (Grado1C) 13: raccomandano un target pressorio tra 80 e 90 mmhg nella prima fase conseguente al trauma, finchè non viene controllato il sanguinamento maggiore, nei pazienti senza trauma cranico. (Grado1C). Raccomandano di mantenere una pressione media di 80 mmhg in pazienti con shock emorragico e trauma cranico severo (GCS 8). (Grado 1C). 14: raccomandano di iniziare terapia con fluidi in pazienti ipotesi con sanguinamento da trauma (Grado1A). Raccomandano che i cristalloidi siano somministrati inizialmente per trattare l ipotensione nei pazienti con emorragia da trauma. (Grado1A). Raccomandano che le soluzioni ipotoniche quali Ringer Lattato siano evitate in pazienti con grave trauma cranico. (Grado 1C). Se vengono somministrati dei colloidi raccomandano la prescrizione della quantità limite per ciascuna soluzione. (Grado 1B). Suggeriscono che le soluzioni ipertoniche possono essere utilizzate nel trattamento iniziale, ma non hanno dimostrato vantaggi rispetto ai cristalloidi e ai colloidi nel trauma chiuso con trauma cranico. (Grado 2B). Suggeriscono l utilizzo delle soluzioni ipertoniche nei pazienti con trauma penetrante del tronco emodinamicamente instabili. (Grado 2C). 15: suggeriscono la somministrazione di vasopressori per mantenere il target pressorio, in assenza di risposta alla terapia con fluidi. (Grado 2 C). Suggeriscono l utilizzo di un agente inotropo in presenza di disfunzione cardiaca. (Grado 2C). 16: raccomandano la precoce applicazione di misure atte a ridurre la perdita di calore e riscaldare i pazienti ipotermici, con l obiettivo di ottenere e mantenere la normotermia. (Grado 1C). Suggeriscono che l ipotermia compresa tra 33 e 35 C possa essere instaurata per 48h nei pazienti con pag 20

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