Diritto dell Unione Europea. Indice. 1 Le procedure per l adozione degli atti comunitari

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1 INSEGNAMENTO DI DIRITTO DELL UNIONE EUROPEA LEZIONE V I PROCEDIMENTI PREVISTI DAI TRATTATI PER L ADOZIONE DEGLI ATTI NORMATIVI PROF. GIUSEPPE RUBERTO

2 Indice 1 Le procedure per l adozione degli atti comunitari La procedura tradizionale La procedura di cooperazione La procedura di codecisione Le procedure del secondo e del terzo pilastro La procedura di revisione dei Trattati La procedura di adesione di nuovi Stati all Unione di 14

3 1 Le procedure per l adozione degli atti comunitari I Trattati non prevedono una procedura tipica per l adozione degli atti giuridici comunitari. A volte sono dettate procedure ad hoc per l adozione di alcuni tipi di atti (es. il bilanci o). L individuazione della procedura da applicarsi è operata dalle disposizioni dei Trattati che attribuiscono all istituzione il potere di adottare l atto. Esse generalmente rinviano a tre procedure, la cui disciplina è dettata dagli artt. 250, 251 e 252 del Trattato istitutivo della Comunità europea La procedura tradizionale La procedura disciplinata dall art. 250 TCE è quella originariamente prevista dai Trattati e prescrive che l atto normativo viene adottato dal Consiglio su proposta della Commissione. La partecipazione del Parlamento, quando richiesta, è limitata all espressione di un parere non vincolante (si parla, in tal caso, di procedura di consultazione). La procedura è la seguente: la Commissione presenta la proposta al Consiglio. L iniziativa legislativa, invero, può essere sollecitata anche dal Parlamento europeo e dal Consiglio stesso. Ai sensi dell art. 192, comma 2, TCE, infatti, <<a maggioranza dei suoi membri, il Parlamento europeo può chiedere alla Commissione di presentare adeguate proposte sulle questioni per le quali reputa necessaria l elaborazione di un atto della Comunità ai fini dell attuazione del presente trattato>>. L art. 208 TCE dispone invece che <<il Consiglio può chiedere alla Commissione di procedere a tutti gli studi che esso ritiene opportuni ai fini del raggiungimento degli obiettivi comuni e di sottoporgli tutte le proposte del caso>>. La Commissione, in entrambi i casi, non è obbligata ad attivarsi. Va tuttavia rilevato che il Parlamento europeo dispone di un formidabile strumento di pressione: la mozione di censura. Un importante potere di sollecitazione può inoltre essere esercitato dal Consiglio europeo: spetta infatti alla Commissione recepirne gli orientamenti politici generali, mediante la proposta di atti normativi; 3 di 14

4 la proposta è esaminata preliminarmente dal COREPER. Successivamente il Consiglio, se intende darvi seguito, provvede a pubblicarla sulla Gazzetta Ufficiale dell Unione europea e la trasmette al Parlamento nei casi in cui il Trattato ne richiede la consultazione ovvero quando il Consiglio ritenga opportuno acquisirne il parere. Funzioni consultive sono svolte altresì dal Comitato economico e sociale e dal Comitato delle regioni, il cui parere, anche quanto è richiesto obbligatoriamente, non è mai vincolante; il Parlamento, esaminata la proposta della Commissione, esprime il proprio parere. Il Trattato CE non prevede un termine entro il quale l istituzione debba pronunciarsi. La Corte di giustizia 1 ha tuttavia affermato che il Parlamento è tenuto ad emanare il parere entro un termine ragionevole, rilevando che un ritardo nella risposta, finalizzato a procrastinare o impedire l adozione dell atto, contrasta con il principio di leale collaborazione tra le istituzioni comunitarie. In caso di ritardo, pertanto, il Consiglio può adottare l atto senza aver consultato il Parlamento; il parere espresso dal Parlamento, anche quando richiesto obbligatoriamente dal Trattato, non è vincolante, con l eccezione dei (rari) casi in cui trova applicazione la procedura di parere conforme, introdotta dall Atto unico europeo (AUE) ed estesa ad altri settori dal Trattato sull Unione europea (TUE) e dal Trattato di Amsterdam. In tali ipotesi il Consiglio non solo è obbligato a consultare il Parlamento, ma per poter adottare l atto deve necessariamente conformarsi al suo parere. Tra i casi in cui è richiesto il parere conforme del Parlamento si ricordano: l adesione di nuovi Stati all Unione, disciplinata dall art. 49 TUE; i fondi strutturali di cui all art. 161 TCE; gli accordi di associazione ex art. 300, par. 3, comma 2, TCE; la procedura sanzionatoria per violazione dei diritti umani di cui all art. 7 TUE; il Consiglio, una volta ricevuta la proposta della Commissione, può condividerla e adottare l atto oppure emendarla deliberando all unanimità. Non sono consentite modifiche radicali che stravolgano le proposte della Commissione, perché in tal modo verrebbe neutralizzato il suo potere di iniziativa legislativa; 1 Si veda, in proposito, la sentenza 30 marzo 1995, Parlamento c. Consiglio, causa C-65/93, in Raccolta, 1995, p. I di 14

5 fintantoché il Consiglio non ha deliberato, la Commissione può sempre modificare la propria proposta (art. 250, par. 2, TCE). Questo potere consente alla Commissione di evitare che la proposta sia respinta qualora il Consiglio non raggiunga al suo interno né la maggioranza necessaria per approvarla così com è né l unanimità dei voti per emendarla. La modifica può essere apportata anche nel corso della seduta del Consiglio da parte del membro della Commissione che vi partecipa. Una volta modificata la proposta, il Consiglio potrà approvarla a maggioranza. qualora il Consiglio intenda adottare un atto sostanzialmente difforme dalla proposta originaria della Commissione è necessaria una seconda consultazione del Parlamento sulla proposta modificata, a meno che le modifiche non coincidano con quelle proposte dal Parlamento nel suo parere La procedura di cooperazione Le procedure disciplinate dagli art. 251 e 252 TCE costituiscono una derivazione della procedura prevista dall art La loro peculiarità consiste nel potenziamento del ruolo del Parlamento europeo, al quale è riconosciuto il potere di incidere direttamente sul contenuto dell atto. La procedura di cooperazione (art. 252 TCE) è stata introdotta dall Atto unico europeo ( AUE). Il suo campo di applicazione è stato tuttavia ridotto drasticamente dal Trattato sull Unione europea (TUE) e dal Trattato di Amsterdam che, parallelamente, hanno esteso l ambito applicativo della procedura di codecisione. Oggi, pertanto, la procedura di cooperazione trova applicazione solo nel campo della politica monetaria. L iter procedimentale, articolato in due letture (del Parlamento e del Consiglio), è il seguente: prima lettura: la Commissione presenta la proposta al Consiglio il quale, previo parere del Parlamento europeo, deliberando a maggioranza qualificata, adotta una posizione comune e la trasmette al Parlamento per la seconda lettura; 2 Anche questo principio è frutto dell elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia. Si veda, tra le tante, sentenza 1 giugno 1994, Parlamento c. Consiglio, causa C-388/92, in Raccolta, p. I di 14

6 seconda lettura: il Parlamento, nel termine di tre mesi, può: a) approvare la posizione comune o omettere di pronunciarsi. In tal caso il Consiglio adotta definitivamente l atto a maggioranza qualificata; b) respingere, a maggioranza assoluta dei suoi membri, la posizione comune del Consiglio. In tal caso il Consiglio può adottare l atto solo deliberando all unanimità; c) proporre emendamenti alla posizione comune, sempre a maggioranza assoluta dei suoi membri. In tal caso la Commissione trasmette al Consiglio una proposta riesaminata, unitamente agli emendamenti del Parlamento non recepiti. A questo punto il Consiglio, entro tre mesi (pena la decadenza della proposta), può adottare la proposta riesaminata a maggioranza qualificata e gli emendamenti non recepiti all unanimità. Sempre all unanimità il Consiglio può modificare la proposta riesaminata. In definitiva, nella procedura di cooperazione il voto all unanimità del Consiglio consente di superare sempre il dissenso espresso dal Parlamento La procedura di codecisione Nella procedura di codecisione (art. 251 TCE) il potere deliberativo è condiviso dal Consiglio e dal Parlamento, non potendo il primo adottare l atto in presenza del parere contrario del secondo. La procedura di codecisione è stata introdotta dal Trattato sull Unione europea e, come rilevato in precedenza, con il Trattato di Amsterdam è stata estesa alla quasi totalità dei settori in cui trovava applicazione la procedura di cooperazione. L iter procedimentale, in questo caso, può contemplare una, due o tre letture: Prima lettura: la Commissione presenta la proposta al Parlamento europeo e al Consiglio. Il Parlamento esprime un parere consultivo, proponendo eventualmente emendamenti. Il Consiglio, a questo punto, può: a) approvare, con deliberazione a maggioranza qualificata, la proposta della Commissione recependo gli eventuali emendamenti parlamentari. In tal caso la procedura si conclude; b) adottare, a maggioranza qualificata, una posizione comune, comunicandola al Parlamento. 6 di 14

7 Seconda lettura: il Parlamento, entro un termine di tre mesi dalla comunicazione del Consiglio, può: a) approvare la posizione comune o non pronunciarsi. In tal caso l atto si considera adottato in conformità con la posizione comune; b) respingere la posizione comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri. In tal caso l atto proposto si considera non adottato (a differenza di quanto accade nella procedura di cooperazione, dove il Consiglio può superare in dissenso del Parlamento deliberando all unanimità); c) proporre emendamenti alla posizione comune, sempre a maggioranza assoluta, e trasmettere il testo emendato al Consiglio e alla Commissione, che formula un parere sugli emendamenti (invece che una proposta riesaminata come nella procedura di cooperazione). A questo punto il Consiglio, entro tre mesi, può: a) approvare, a maggioranza qualificata, tutti gli emendamenti, deliberando tuttavia all unanimità su quelli su cui la Commissione ha dato parere negativo. In tal caso l atto si considera adottato; b) non approvare tutti gli emendamenti. In tal caso il Presidente del Consiglio, d intesa con quello del Parlamento europeo, convoca, entro sei settimane, un comitato di conciliazione, aprendo così la terza fase del procedimento. Terza lettura: il comitato di conciliazione, che riunisce i rappresentanti del Consiglio e del Parlamento, ha il compito di adottare un progetto comune entro sei settimane. Se non vi riesce, l atto si considera non adottato. Se lo approva, per l adozione definitiva dell atto sarà necessaria una nuova deliberazione (la terza) sul progetto comune da parte del Consiglio (a maggioranza qualificata) e del Parlamento europeo (a maggioranza assoluta dei voti espressi), entro il termine di sei settimane. In mancanza l atto si considera non adottato. In definitiva, nella procedura di codecisione la contrarietà del Parlamento europeo alla posizione comune del Consiglio impedisce l adozione dell atto, a differenza di quanto accade nella procedura di cooperazione, dove il dissenso del Parlamento può essere superato dal Consiglio con una deliberazione all unanimità. 7 di 14

8 2 Le procedure del secondo e del terzo pilastro Come si è visto nella prima lezione, nel secondo e nel terzo pilastro si segue principalmente il metodo intergovernativo. Conseguentemente gli organi di individui, come il Parlamento e la Commissione, hanno scarso peso, il Consiglio decide prevalentemente all unanimità e il ruolo esercitato dalla Corte di giustizia è pressoché inesistente. Le modifiche al TUE introdotte dai Trattati di Amsterdam e di Nizza hanno tuttavia avviato, seppure molto timidamente, un processo di comunitarizzazione dei pilastri in questione. Di seguito si analizzeranno brevemente le funzioni esercitate dalle istituzioni comunitarie nel secondo e nel terzo pilastro. 2.1 Il ruolo delle istituzioni dell UE nella Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) Con riferimento alla Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC), occorre p remettere che il Consiglio europeo svolge un ruolo di particolare rilievo. Oltre a definire i principi e gli orientamenti generali della PESC, decide infatti le strategie comuni che l Unione deve attuare, le quali non costituiscono meri atti di impulso ma atti aventi forza normativa. Ciò risulta evidente dalla definizione dell art. 13, par. 2, comma 2, TUE, secondo cui <<le strategie comuni fissano i rispettivi obiettivi, la durata nonché i mezzi che l Unione e gli Stati membri devono mettere a disposizione>>. Quanto al ruolo del Consiglio, questo nell ambito della PESC delibera p revalentemente all unanimità e non a maggioranza qualificata come nel pilastro comunitario. Le astensioni, anche nel pilastro PESC, non impediscono l adozione delle decisioni all unanimità. Tuttavia, l art. 23, par. 1, comma 2, TUE consente agli Stati astenuti di sottrarsi agli obblighi derivanti dalle delibere motivando la propria astensione con una dichiarazione formale (c.d. astensione costruttiva). Ai sensi della norma in parola, invero, in tale ipotesi lo Stato membro <<non è obbligato ad applicare la decisione ma accetta che essa impegni l Unione>>. La norma precisa che <<in uno spirito di mutua solidarietà, lo Stato membro interessato si astiene da azioni che possano contrastare o impedire l azione dell Unione basata su tale decisione, e gli altri Stati membri rispettano la sua posizione>>. 8 di 14

9 Tuttavia, l astensione costruttiva non può riguardare più di un certo numero di Stati. L art. 23, par. 1, dispone infatti che <<qualora i membri del Consiglio che motivano in tal modo la loro astensione rappresentino più di un terzo dei voti secondo la ponderazione di cui all art. 205, paragrafo 2 del trattato che istituisce la Comunità europea, la decisione non è adottata>>. In alcuni casi il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Ai sensi dell art. 23, par. 2, TUE, ciò avviene: a) quando adotta azioni comuni, posizioni comuni o decisioni sulla base di una strategia comune (adottata dal Consiglio europeo); b) quando adotta decisioni relative all attuazione di un azione comune o di una posizione comune (precedentemente adottate dal Consiglio all unanimità); c) quando nomina un rappresentante speciale con un mandato per problemi politici specifici. L art. 24, par. 3, introdotto dal Trattato di Nizza, prevede inoltre che il Consiglio delibera a maggioranza qualificata nell ambito degli accordi internazionali, << qualora l accordo sia previsto per attuare un azione comune o una posizione comune>>. La norma conferma che la possibilità di deliberare a maggioranza qualificata riguarda soprattutto atti attuativi di delibere approvate all unanimità. Gli Stati membri contrari possono tuttavia evitare una deliberazione a maggioranza qualificata dichiarando che, per specifici e importanti motivi di politica nazionale, intendono opporsi all adozione della decisione. In tal caso non si procede alla votazione e il Consiglio, a maggioranza qualificata, può chiedere che della questione sia investito il Consiglio europeo, affinché si pronunci all unanimità. Il Parlamento, nell ambito della PESC, esercita un ruolo molto meno incisivo: non può influire direttamente sulle deliberazioni del Consiglio e svolge una funzione esclusivamente consultiva, peraltro limitata alle scelte fondamentali della PESC. Le funzioni del Parlamento nel pilastro in questione sono disciplinate dall art. 21 TUE, secondo cui <<La Presidenza [del Consiglio] consulta il Parlamento europeo sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune e provvede affinché le opinioni del Parlamento europeo siano debitamente prese in considerazione. Il Parlamento europeo è regolarmente informato dalla Presidenza e dalla Commissione in merito allo 9 di 14

10 sviluppo della politica estera e di sicurezza dell Unione. Il Parlamento europeo può rivolgere interrogazioni o formulare raccomandazioni al Consiglio. Esso procede ogni anno ad un dibattito sui progressi compiuti nell attuazione della politica estera e di sicurezza comune>>. Anche il ruolo della Commissione è più limitato rispetto al pilastro comunitario, pur essendo questa <<pienamente associata ai lavori nel settore della politica estera e di sicurezza comune>> (art. 27 TUE). Il suo potere di iniziativa, in particolare, non è esclusivo, ma condiviso con gli Stati membri. Ai sensi dell art. 22, par. 1, TUE, infatti, <<ogni Stato membro o la Commissione può sottoporre al Consiglio questioni relative alla politica estera e di sicurezza comune e può presentare proposte al Consiglio>>. 2.2 Il ruolo delle istituzioni dell UE nella Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale Il terzo pilastro, relativo alla Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, presenta diverse analogia con la PESC. In particolare: il Consiglio delibera generalmente all unanimità, mentre a maggioranza qualificata sono approvate le misure di attuazione delle decisioni; il potere di iniziativa della Commissione è condiviso con gli Stati membri. Più incisivo è invece il ruolo riconosciuto nel terzo pilastro al Parlamento europeo. Questo infatti deve essere sempre consultato dal Consiglio, fatta eccezione per l adozione di posizioni comuni che definiscono l orientamento dell Unione in merito a una questione specifica. E anche previsto un termine entro il quale il Parlamento debba esprimere il proprio parere. L art. 39, par. 1, TUE dispone infatti che <<il Parlamento europeo esprime il suo parere entro un termine che il Consiglio può fissare; tale termine non può essere inferiore a tre mesi. In mancanza di parere entro detto termine, il Consiglio può deliberare>>. Un importante differenza con il pilastro PESC riguarda infine il ruolo del Consiglio europeo, che nell ambito della Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale non gode di un riconoscimento specifico. 10 di 14

11 3 La procedura di revisione dei Trattati Per la modifica dei Trattati (TUE, TCE e Trattato CEEA) il Trattato sull Unione europea prevede una specifica procedura, dettata dall art. 48. I progetti di modifica possono essere presentati al Consiglio dal Governo di qualsiasi Stato membro o dalla Commissione. A questo punto il Consiglio - sentito il Parlamento europeo, la Commissione (nel caso in cui il progetto sia stato presentato da uno Stato membro) e la Banca centrale europea, qualora si tratti di modifiche istituzionali nel settore monetario esprime il proprio parere sulla convocazione di una Conferenza dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri. Se il parere è favorevole, il Presidente del Consiglio convoca la Conferenza, chiamata a stabilire, all unanimità, le modifiche da apportare ai Trattati, le quali entreranno in vigore dopo essere state ratificate da tutti gli Stati membri sulla base delle rispettive norme costituzionali. Un ruolo di rilievo nella revisione dei Trattati ha assunto, nella prassi, il Consiglio europeo, chiamato ad approvare il testo finale adottato dalla Conferenza. In definitiva, può osservarsi che le modifiche dei Trattati seguono le forme degli accordi internazionali. Tuttavia, a differenza dei comuni trattati internazionali - che possono essere modificati dagli Stati contraenti, di comune accordo, seguendo una procedura diversa da quella stabilita i Trattati dell Unione possono essere emendati soltanto seguendo la procedura di revisione prevista dall art. 48, come avviene per le carte costituzionali. In questo senso si è pronunciata la Corte di giustizia (sent. 8 aprile 1976, Defrenne c. Sabena, causa 43/75, in Raccolta, 1976, p. 455), affermando che il Trattato non può essere modificato salve restando le disposizioni specifiche se non mediante una revisione da effettuarsi ai sensi dell art. 236 (oggi art. 48 TUE). La Corte si è altresì pronunciata sui limiti del potere di revisione (parere 1/91 del 14 dicembre 1991, in Raccolta, 1991, p. I- 6079), ritenendo incompatibile con il Trattato un accordo istitutivo di un sistema giurisdizionale che pregiudichi l art. 164 [ora art. 220] del Trattato CEE e, più in generale, 11 di 14

12 gli stessi principi fondamentali della Comunità. Deve dunque ritenersi che la procedura di cui all art. 48 TUE non consenta di mettere in discussione i principi cardine dell ordinamento comunitario. 12 di 14

13 4 La procedura di adesione di nuovi Stati all Unione La procedura di adesione all Unione da parte di nuovi Stati è disciplinata dall art. 49 TUE, che richiede, quali requisiti di adesione, l appartenenza geografica all Europa e il rispetto dei principi sanciti dall art. 6, par. 1, TUE, cioè dei <<principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto>>. Ai requisiti di adesione individuati dalla norma in parola sono stati aggiunti, con il Consiglio europeo di Copenaghen del 1993, ulteriori criteri di natura economica, ovvero: a) l esistenza di un economia di mercato funzionante, in grado di reggere alle pressioni della libera concorrenza; b) la capacità di assumere gli obblighi derivanti dall appartenenza al mercato unico, inclusa l adesione agli obiettivi dell Unione economica e monetaria. La procedura, al pari di quella di revisione, si svolge in due fasi: la prima è interna alle istituzioni comunitarie, la seconda coinvolge direttamente gli Stati membri. Lo Stato interessato a diventare membro dell Unione presenta domanda di adesione al Consiglio, che si pronuncia all unanimità, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo. Le condizioni per l ammissione e gli adattamenti dei Trattati formano oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente (c.d. trattato di adesione), che deve essere ratificato da tutti gli Stati contraenti, conformemente alle rispettive norme costituzionali. Gli adattamenti generalmente consistono in lievi modifiche - relative alla composizione degli organi, alla ponderazione dei voti, ecc. - dirette ad assicurare la rappresentanza del nuovo Stato membro. Non sono ammesse modifiche sostanziali dei Trattati, che incidano sull ordinamento e gli obiettivi dell Unione. Va osservato che la procedura disciplinata dall art. 49 TUE non contempla il recesso dall Unione. Questa lacuna, invero, era stata colmata dal Trattato che adotta una Costituzione per l Europa, attraverso la previsione di un procedimento ad hoc, fondato su 13 di 14

14 un accordo tra l Unione e lo Stato interessato a recedere, volto a definire le modalità del recesso, ovvero, in mancanza, su un recesso unilaterale, operativo decorsi due anni dalla notifica della manifestazione della volontà di recedere. Al fine di colmare il vuoto normativo esistente in una materia così delicata, sarebbe auspicabile l introduzione di analoga procedura nel Trattato che sostituirà la Costituzione europea. 14 di 14

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