RADIOCORRIERE TV SETTIMANALE DELLA RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA numero 19 - anno maggio 2014

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1 RADIOCORRIERE TV SETTIMANALE DELLA RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA numero 19 - anno maggio 2014 Reg. Trib. n. 673 del 16 dicembre

2 in questo numero Vita da strada Lorenzo Flaherty Mister Ignis. L'operaio che fondò un impero 04 EVENTI RAI RAGAZZI Gaetano Curreri 12 RADIOCORRIERE TV SETTIMANALE DELLA RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA Reg. Trib. n. 673 del 16 dicembre 1997 Numero 19 - Anno maggio 2014 Direttore responsabile FABRIZIO CASINELLI Redazione - Rai, Viale Mazzini, Roma Tel fax radiocorrieretv.blog.rai.it ufficiostampa@rai.it A cura dell'ufficio Stampa Rai Anna Fraschetti (c.r.) Serena Iannicelli (c.r.), Dante Fabiani (vc.r.) Carlo Casoli (c.s.) Elisabetta Marinelli (c.s) Mauro Scaramuzzo (c.s.) Coordinamento Desk Marina Cocozza (c.s.) In redazione Silvia Battazza Antonio Caggiano Rossella Ferruzza Lucilla Perelli Rizzo Rita Pernarella Scina Santacatterina Stefano Corradino FICTION Gino Strada La Partita del cuore 08 RADIO Segreteria Gian Marco Fabretti Marina Matteucci Maria Rita Burghi Valentina Dragani Grafica, impaginazione e sito internet Valerio Rosati Cinzia Geromino Luca Romanelli Claudia Tore Fotografico Barbara Pellegrino Fabiola Sanesi Palinsesti Michele Trobbiani Filippo Blandino Anna Penta Violetta 36 Sommario numero VELE ROSA AL LARGO DI OMAN. SPECIALE DI GIULIO GUAZZINI 22. TIBERIO TIMPERI 24. ALEX ZANARDI 26. FESTIVAL DI CANNES FICTION RESURRECTION 32. SEGNALIBRO "A SINISTRA" DI STEFANO CORRADINO E GIORGIO SANTELLI 42. CINEMA IN TV 44. ALMANACCO 46. SOCIAL TV/RADIO 48. DICONO DI NOI 50. LA SETTIMANA DELLO SPORT 52. PALINSESTI SETTIMANALI FABRIZIO CASINELLI Care amiche e cari amici, in una settimana in cui non si è fatto altro che parlare dei gravi disordini avvenuti allo stadio Olimpico in occasione della finale di Coppa Italia, ho deciso di raccontarvi quello che mi è capitato in una partita di pallavolo femminile campionato Under 13. Da quest'anno, infatti, mia figlia ha deciso di praticare come attività sportiva la pallavolo. Uno sport al quale sia io che mia moglie siamo molto legati. Con grandissimo piacere, dunque, abbiamo accolto l'idea della nostra bambina. Mia moglie accompagna mia figlia agli allenamenti e alle partite: quest'anno ha giocato in due campionati diversi Under 12 e Under 13. All'inizio di aprile mia figlia mi ha chiesto di accompagnarla in una gara in trasferta, chiaramente una trasferta di quartiere perché le società che partecipano sono tutte di Roma. Ho accolto con piacere la sua richiesta e l'ho accompagnata. Parliamo di bambine che si avvicinano allo sport. Lo fanno con la loro ingenuità considerando giustamente quella attività un semplice gioco. E come tale dovrebbe essere interpretato, a volte anche dai genitori. Invece, succede che nel corso della partita alla quale assistevano mamme, papà, nonni, zii, fratellini e anche amichetti, qualche genitore riusciva ad andare sopra le righe attaccando, solo verbalmente (per fortuna), l'arbitro e le nostre figlie che giocavano nella squadra avversaria. Parole abbastanza forti e un incitamento al limite della decenza. A quel punto, insieme a un altro genitore, siamo intervenuti per chiedere un minino di rispetto per le nostre figlie e riportare il tutto nell'ambito del gioco. Il genitore non ha capito il nostro intento, anzi ha continuato ad alzare la voce e ad inveire nei confronti delle nostre bambine-atlete, ree soltanto di essere più brave. Questo accade in una palestra romana, campionato di pallavolo femminile Under 13. Non ci meravigliamo poi se allo stadio una tifoseria blocchi una partita e qualcuno spari contro il "nemico sportivo". Buona settimana a tutti 3

3 LORENZO FLAHERTY quell'intuizione cambiò la VITA di TUTTI «Dobbiamo avere la forza di credere nelle nostre idee». Nella miniserie di Rai1 "Mister Ignis. L'operaio che fondò un impero", Lorenzo Flaherty interpreta Giovanni Borghi, che nel dopoguerra fu un grande esempio di imprenditoria. «Sono rimasto affascinato da lui e dalla storia della sua famiglia, così fuori dal comune, che rappresentava i valori di amore, sacrificio, lavoro e rispetto per gli altri», afferma l'attore di Silvia Battazza La storia di Giovanni Borghi, l'uomo che nei duri anni del dopoguerra fondò la Ignis, rivivrà in prima serata su Rai1 lunedì 12 e martedì 13 maggio nella miniserie "Mister Ignis. L'operaio che fondò un impero", per la regia di Luciano Manuzzi. A dare volto e anima all'imprenditore italiano simbolo del miracolo economico degli anni Sessanta è Lorenzo Flaherty. «Ha rappresentato e rappresenta ancora oggi un punto di riferimento importante. Conoscevo la sua storia - racconta l'attore romano -, ma quando l'ho approfondita ho scoperto tante cose che mi hanno davvero molto sorpreso. Sono rimasto affascinato dalla sua figura e ho capito perché Borghi fosse considerato un perno centrale non solo dell'industria italiana, ma anche internazionale. Sono felice, inoltre, che la fiction esca proprio in questo momento, perché credo possa servire da stimolo per quanti hanno voglia di fare e hanno delle belle idee. E in Italia sono davvero tanti. Spero che la forza incrollabile di Borghi possa essere fonte di ispirazione. Lui non si tirava mai indietro. Affrontava con determinazione tutti i problemi, e in quel periodo ce n'erano tanti, a partire dai bombardamenti. Gli anni della seconda guerra mondiale sono stati devastanti e lui, per salvare l'attività di famiglia, insieme ai suoi cari, si è trasferito da Milano a Comerio dove poi è cominciata la straordinaria storia dell'ignis. Si è rimboccato le maniche. Mai un passo indietro, perché l'italia, come diceva lui, non si abbandona». L'attore prosegue nelle sue considerazioni: «Anche noi oggi, ovviamente con le dovute differenze, stiamo vivendo un periodo di grave crisi economica che non interessa solo il nostro Paese, ma la comunità internazionale e l'esempio di Borghi può aiutare a capire quanto sia importante saper stringere i denti e rimboccarsi le maniche. Non è un discorso politico, ma civile, che riguarda tutti. Dobbiamo avere la 4 5

4 forza di credere nelle nostre idee». Un operaio diventato un grande imprenditore. Il momento della vera svolta per Borghi quando è arrivato? Dopo la guerra saltavano spessissimo i ponti elettrici perché nelle case si consumava tantissima, troppa elettricità. Per questo le fabbriche molto spesso dovevano fermarsi per mancanza di corrente. Borghi voleva trovare una soluzione a questo problema. Così s'inventa, insieme a Enrico Mattei, di utilizzare bombole di gas per alimentare i fornelli di casa. Ecco come è nata la cucina a gas, la nonna di quella che oggi abbiamo tutti nelle nostre case. Ed è solo la prima di tante sue intuizioni che hanno cambiato in meglio la vita di tutti Già, anche se oggi siamo abituati alle comodità e le diamo tutte per assodate. Io, per esempio, agli inizi della carriera a casa avevo un fornelletto elettrico. Cucinavo lì. Anche quello, peraltro, veniva dai brevetti di Borghi. Poi col tempo mi sono potuto permettere anche io una cucina a gas (ride, ndr). Ed è stata una grande conquista! Oggi avere il frigorifero, la lavastoviglie e la lavatrice sembra scontato. Ci accorgiamo della loro importanza e di quanto migliorino il nostro vivere solo quando si rompono. Tutto ciò che ha pensato e poi realizzato Borghi aveva l'obiettivo, per lui prioritario, di migliorare la vita delle persone. Le sue straordinarie invenzioni hanno permesso alla gente, soprattutto alle donne, di avere più tempo libero e di faticare di meno in casa. Un risvolto sociale notevole! Altra sua genialità? Comprendere l'importanza delle sponsorizzazioni sportive per portare il nome della Ignis, e quello dell'italia, in giro per il mondo. Dal basket al pugilato passando per il ciclismo. Era un uomo veramente avanti con i tempi. Una miniserie che parla di grandi valori. Come li avete rappresentati? Raccontando semplicemente la storia di una famiglia fuori dal comune, che quei valori li rappresentava tutti: amore, sacrificio, lavoro e rispetto per gli altri. Giovanni aveva due fratelli, il padre era il loro punto di riferimento ed era il tecnico operaio che costruiva i fornelletti elettrici. Quando il lavoro comincia a crescere, ognuno di loro assume un ruolo specifico. C'è chi segue l'amministrazione, chi le vendite e chi l'evoluzione e la progettazione dei prodotti. Era una famiglia molto unita, sostenuta da un profondo affetto e dal rispetto reciproco, insomma da valori molto solidi. Erano meticolosi e tutti con una grande voglia di fare. Spesso, come capita in tutte le famiglie, arrivavano anche a dei "sani" contrasti, ma rappresentavano sempre una spinta a fare meglio, ad andare avanti. Nella famiglia c'era un po' tutto. Era la loro più grande forza. Un esempio virtuoso che Borghi ha riportato fedelmente anche nel rapporto con sua moglie Maria, nel film interpretata da una bravissima Anna Valle. Fu lei, per esempio, a suggerire per l'azienda di famiglia il nome Ignis, "fuoco". Com'era il suo rapporto con i dipendenti? Straordinario. Borghi vedeva la Ignis come una grande famiglia. Tutti coloro che ci lavoravano erano importanti nella stessa misura, l'ingegnere quanto l'operaio. Aveva capito che i lavoratori, se stavano bene, lavoravano meglio. Aveva creato per loro il villaggio Ignis, vicino alla fabbrica. E non erano case popolari, ma villini. Aveva fatto anche costruire una piscina olimpionica per i suoi operai e regalava loro delle auto quando gli affari andavano bene. Tutti lo adoravano. Ha conosciuto i suoi eredi? Ho avuto il piacere di incontrare la figlia e la nipote. E mi ha fatto molto piacere il commento commosso della figlia dopo aver visto una breve cilp della fiction. Con noi c'era anche Gianni Spartà, il giornalista che ha scritto il bellissimo libro "Mister Ignis" dal quale è tratta la miniserie. Alla fine della proiezione lei ha detto: "A un certo punto mi è proprio sembrato di vedere papà". Un'osservazione che ovviamente mi ha reso molto felice. Quale delle tante doti di Borghi vorrebbe possedere? Era in grado di semplificare anche le cose più complicate e difficili. E questa è una dote straordinaria, direi unica nel suo genere. Non aveva studiato, però conosceva a fondo tutte le dinamiche tecniche del suo lavoro. Seguiva tutti i ruoli e sapeva parlare con competenza tanto d'ingegneria quanto di stile e design. Era un vero self made man

5 GINO STRADA una LEZIONE di CIVILTÀ «Continuo a pensare che un mondo senza guerre sarebbe molto più bello». Ne è convinto Gino Strada, il fondatore di Emergency. All'Associazione, che compie vent'anni e offre cure medico-chirurgiche gratuite alle vittime di guerre, mine antiuomo e povertà, è dedicato l'incasso della Partita del cuore del 19 maggio a Firenze, trasmessa in diretta su Rai1 Stefano Corradino 8 9

6 La sera del 19 maggio allo stadio Artemio Franchi di Firenze si disputa la "Partita del cuore", una manifestazione divenuta celebre negli anni per aver raccolto, grazie alle sfide fra la Nazionale cantanti e una formazione mista di artisti e attori, numerosi fondi in favore di diverse organizzazioni benefiche. Quest'anno l'incasso sarà devoluto all'ong Emergency, che nasceva proprio nel mese di maggio di vent'anni fa. Coloro che seguiranno l'evento in diretta tv su Rai1 o allo stadio potranno manifestare concretamente la loro solidarietà all'associazione con un sms, con il 5 x 1000 o con una donazione. Abbiamo raggiunto al telefono il fondatore di Emergency Gino Strada, che si trova in Sudan, in un villaggio a venti chilometri da Khartoum, dove la sua Organizzazione ha costruito il Centro Salam di cardiochirurgia, l'unica struttura specializzata e gratuita in Africa. Strada, come nacque l'idea di Emergency? Scaturì da un incontro che molti di noi fecero con i feriti di guerra. Medici, infermieri, personale sanitario. Partì dall'idea che si poteva e si doveva dare una mano nelle realtà martoriate dalla guerra. Un bilancio di questi venti anni. È stata un'esperienza straordinaria. Abbiamo potuto curare più di sei milioni di persone in giro per il mondo e lo abbiamo fatto soprattutto grazie alla solidarietà e al sostegno dei cittadini italiani che hanno condiviso e condividono i principi di Emergency. E penso sia una bellissima lezione di civiltà. Venti anni di risultati importanti, ma anche di inevitabili difficoltà. Qual è stata la situazione più spinosa? Ce ne sono state tante. La difficoltà maggiore la incontrammo quando il nostro ospedale di Lashkar Gah, in Afghanistan, fu invaso militarmente. Furono arrestati tre medici italiani di Emergency accusati di far parte di un complotto per realizzare attacchi suicidi. Una bugia colossale, una stupida montatura che poi si è rivelata tale e che però ci ha creato seri problemi. Nel 2006 il vostro primo esperimento di assistenza sanitaria anche in Italia. Per quale ragione? La dinamica è probabilmente la stessa che ci spinse molti anni prima a fare chirurgia di guerra in altri Paesi. Ci siamo resi conto che in Italia, intorno a noi, si stava sviluppando una vera e propria guerra. Contro i poveri, contro gli emarginati e gli esclusi, che si possono chiamare in mille modi: clandestini, ma non si capisce rispetto a cosa, comunitari o extracomunitari. Tutte porcate di definizioni che sanno molto di razzismo. La realtà è che ci sono persone che stanno male e soffrono perché quello che dovrebbe essere un diritto di un Paese civile, e cioè essere curati, previsto anche dalla Costituzione italiana, viene assolutamente ignorato. Queste necessità riguardano solo gli immigrati? Non solo. Diverse persone che oggi si rivolgono a noi sono cittadini italiani che si trovano a non potersi più permettere le cure. E questo è molto triste in una società che si vorrebbe civile. Lei è da sempre un operatore di pace, uno strenuo oppositore di tutte le guerre. Uno dei temi più infuocati nel dibattito politico riguarda gli F35 e l'approvvigionamento militare. Che idea si è fatto a riguardo? Penso che chi è alla guida di un Paese dovrebbe scegliere da che parte stare. Se dalla parte dei cittadini che non vogliono armi e guerre o dall'altra. Purtroppo, finora, abbiamo verificato un'assoluta distanza tra la politica e i valori della pace e del disarmo, quei principi che s'ispirano allo spirito di fratellanza, quelli della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Continuo a pensare che un mondo senza guerre sarebbe molto più bello Su questi princìpi la società è più sensibile della politica? Assolutamente sì. Se fossero le persone a volere la guerra e le spese militari, i governi, come quello italiano, non dovrebbero fare tutta la fatica che fanno per convincerci che siamo stati in Afghanistan a spendere un miliardo di euro ogni anno per una missione "di pace". Se si trattasse di una vera missione di pace non ci sarebbe bisogno di tanta propaganda e delle tante bugie pazzesche, paradossali che sono state dette. Il 26 maggio si vota per le elezioni europee. Quale speranza coltiva? Sinceramente sono molto scettico e pessimista. Non si capisce dove sta andando l'europa e purtroppo non vedo nessuna idea comune. È un tema che mi preoccupa, ma al tempo stesso non mi sento sufficientemente competente né per cercare né per dare delle risposte adeguate. Tralasciando le polemiche sulla non presenza del presidente Renzi allo stadio, cosa si aspetta dalla "Partita del Cuore" dedicata a Emergency? Sarà un momento di festa perché quest'anno festeggiamo un ventennio di lavoro fatto con passione, competenza e trasparenza

7 GAETANO CURRERI In internet trovi di tutto MA SOGNI DI MENO «Lucio Dalla mi ha insegnato come si scrivono le musiche sui testi. È stato amico, maestro, fustigatore e consolatore». Gaetano Curreri conduce la Hit Parade di Radio2: «La radio trasporta le emozioni delle canzoni, è uno strumento perfetto per la divulgazione della musica». Poi spiega che il successo del suo gruppo, gli Stadio, sta nella condivisione: «Come dice Vasco "dobbiamo essere portatori di felicità"»

8 Lucio Dalla, barba incolta, occhiali tondi e cappello di lana è seduto al pianoforte. Tra un brano e l'altro con la sua inimitabile voce graffiata e dalle tonalità disumane presenta un giovanissimo e timidissimo Gaetano Curreri. Il video, riproposto dalla Rai per celebrare i 150 anni dell'unità d'italia, facilmente rintracciabile sul web, segna il battesimo artistico degli Stadio, una delle band italiane più longeve i cui brani appartengono di diritto agli evergreen italiani. Oggi il frontman degli Stadio conduce una storica trasmissione musicale su Radio2. Fu il grande Lelio Luttazzi a far entrare Hit Parade nelle case degli italiani attraverso Radio Rai. Com'è stato trovarsi oggi alla conduzione di questo programma? Un'esperienza fantastica non solo perché ho potuto trasmettere al pubblico i miei gusti musicali, ma anche perché mi è stato possibile condividere momenti di vita vissuta, dialogare con amici con cui ho lavorato, musicisti che stimo e ammiro come Giuliano Sangiorgi o Noemi. E poi ovviamente Vasco con cui ho duettato ne "La faccia delle donne". Un programma che mi ha offerto l'opportunità di far ascoltare le canzoni che hanno segnato e contraddistinto i momenti principali della mia vita musicale, le esperienze, le emozioni. La radio come veicolo di informazione musicale resta lo strumento ideale? Indubbiamente. La radio trasporta le emozioni delle canzoni. È uno strumento perfetto per la divulgazione della musica. " Se il sasso nel cielo è già una stella cometa. Se fosse per questo che hanno inventato la radio ". Ti dice niente? È "Canzoni alla radio", che ho scritto insieme a Luca Carboni. Lì c'è la nostra filosofia della radio, che ti propone la musica in tutta la sua purezza. E per la tv non è così? Con la televisione ci sono molte "controindicazioni". Spesso è fuorviante perché ti obbliga a proporre un'immagine. Negli ultimi tempi di musica in televisione se ne fa di più. Specie attraverso i "talent". Che contributo danno alla scoperta dei nuovi artisti? Non so se i talent fanno bene o male. Sicuramente sono figli di quest'epoca che è francamente un po' confusa. I talent servono per far conoscere un personaggio. Ma in questi contenitori, molto spesso, ciò che conta di più è la parolina giusta o una faccia ammiccante. La radio è meno "furba". Ti propone qualcosa di più. A me francamente i talent non interessano molto e penso che certi talenti emergerebbero in ogni caso. Veronica (Noemi, ndr) per la sua bravura sarebbe diventata popolare comunque. Se non hai qualità vere, quelle che ti fanno diventare un artista che scavalca le generazioni, con i talent rischi di fare il passo più lungo della gamba. E se non hai la gamba giusta rischi di cadere. Per riassumere, non ho feeling con i talent, ma capisco che oggi sono un modo per farsi conoscere. Anche internet è figlia dei nostri tempi. Che rapporto c'è tra la musica e il web? Un sodalizio positivo o nocivo? Appartengo alla cultura del vinile. Nel 33 giri ci leggevo la storia dell'artista, i testi delle canzoni, mi incantavo guardando una splendida copertina talvolta paragonabile a una raffigurazione artistica. Lo compravo, lo scartavo, lo ascoltavo e iniziavo un vero e proprio viaggio d'amore. Così è stato per "Revolver" dei Beatles. Sinceramente, quando accendo l'mp3 questo viaggio d'amore non riesco a farlo. Su internet trovi di tutto di più, ma sogni di meno. E io sono per una musica che faccia ancora sognare. Internet è troppo immediato e questo non fa bene all'espressione artistica. La rete non consente la stessa introspezione. Per il resto è innegabile che sia uno strumento utilissimo per dare e avere informazioni in tempo reale. Colpisce, nella home page del sito ufficiale degli Stadio, il ricordo ancora in bella vista di don Andrea Gallo, nonostante sia trascorso quasi un anno dalla sua morte. Andrea era un nostro grande amico, una figura di straordinaria umanità. Molte delle cose che lui affermava oggi le dice papa Francesco. "Chi sono io per giudicare i gay?" si domandava don Gallo e lo stesso ha fatto il pontefice. Da credente penso che il Signore vorrebbe che i preti fossero come don Gallo, autenticamente vicini alla gente che soffre e che ha bisogno di aiuto morale e materiale. Don Gallo prima e papa Francesco oggi sono due begli esempi di come dovrebbe essere un buon cristiano. La vostra carriera inizia del Qual è il segreto della longevità artistica degli Stadio? Credo la buona musica, ma soprattutto il rapporto di stima e amicizia che ci lega. Quando sali con altri su un palco devi farlo con la consapevolezza che c'è un arricchimento reciproco tra tutti i membri della band. E insieme cerchi di emozionare le persone che ti ascoltano. Come dice Vasco "dobbiamo essere portatori di felicità". Il vostro primo singolo è stato "Grande figlio di puttana", scritto con Lucio Dalla e il rapporto con lui ha scandito tutta la vostra carriera musicale. Quanto vi manca? Mi manca enormemente. Sto lavorando adesso su alcune poesie che mi ha lasciato Roberto Roversi, che con Lucio ha scritto tra le pagine più importanti della canzone d'autore italiana. Se ne sono andati entrambi ed è un vuoto pesante. Lucio mi ha insegnato come si scrivono le musiche sui testi. È stato amico, maestro, fustigatore e consolatore. E sento che mi manca soprattutto oggi mentre sto lavorando su testi nuovi. E mi domando spesso: adesso a chi le faccio sentire queste canzoni per sapere se sono sulla strada giusta? (Ste. C.)

9 SPECIALE Vele rosa AL LARGO DI OMAN Il sultano Quboos Bin Said Al Said, che nel 1997 aveva consentito il voto alle donne, da tre anni ha inaugurato per le più giovani un "Woman's Sailing Program". Hanno chiesto di far parte del progetto velistico centocinquanta ragazze tra i diciotto e i trentacinque anni, provenienti da tutto il Paese, e in trenta sono state scelte per diventare istruttrici. Lo racconta Giulio Guazzini in uno Speciale su Rai Sport1 il 17 maggio di Giulio Guazzini *RaiSport Quando cala il tramonto e il silenzio avvolge i contorni di uno scenario ancora incontaminato sono in molti a stupirsi, a provare emozioni, a riconoscere con il nuovo giorno le sembianze di un Paese tutto da scoprire. Una cultura millenaria quella dell'oman, da sempre legata al mare, protesa naturalmente sull'oceano Indiano, una realtà che fra tradizioni e aperture tecnologiche guarda al futuro con spirito innovativo e rara lungimiranza. A dare spettacolo sono i protagonisti del circuito Extreme Sailing Series, sbarcato a Muscat per la seconda tappa di stagione. Fra i nove team in gara a vincere a sorpresa nelle acque di

10 SPECIALE casa, dopo 29 prove, davanti a Emirates Team New Zealand e ad Alinghi, proprio l'equipaggio di The Wave Muscat, campione incontrastato. Un circuito, quello degli Extreme 40, catamarani ultratecnologici di circa dodici metri, riprodotto nelle acque esotiche della penisola arabica in un format di grande livello agonistico ma soprattutto spettacolare. La possibilità per il pubblico di seguire da vicino, come in uno stadio naturale, i protagonisti della grande vela in azione su barche che spesso superano i trenta nodi si è rivelata ancora una volta carta vincente. Al suo ottavo anno di regate la manifestazione, questa volta, proprio in Oman, ha mostrato un alto e qualificato livello tecnico grazie alla presenza dei migliori velisti internazionali reduci dall'ultima America's Cup disputata a San Francisco. Fra questi, riflettori puntati su vinti e vincitori come Dean Barker, timoniere di Emirates Team New Zealand, e soprattutto Ben Ainsie, trionfatore dell'ultima edizione della Coppa con gli americani di Oracle Team. «Sono regate incredibili - ha commentato Ben, il velista olimpico più titolato della storia -. Chiunque abbia visto o partecipato alle Series Extreme 40, può confermare che la velocità delle imbarcazioni, gli spazi ristretti e il numero delle barche rendono le regate ricche di azione e di difficoltà tecniche. Inoltre ci sono team molto forti che partecipano da tempo al circuito. Per esempio Leigh McMillan, timoniere di "The Wave Muscat", e il suo team sono stati il punto di riferimento delle passate stagioni. Senza dimenticare Alinghi. Guardando al talento di questi team e alla loro storia nel tour, ci sentiamo un po' come se fossimo dei nuovi giovani esordienti sulla linea di partenza». Un'avvincente battaglia fra le boe in un campo di gara suggestivo e nuovo rispetto agli altri anni, allestito presso l'almouj Golf Course di Wave Muscat, attuale ed antica capitale dell'oman. Da qui, un tempo, carichi di merci e spezie prendevano il largo verso mete lontane, oggi le limpide acque della costa omanita sono diventate palestra insospettabile, singolare occasione per l'apprendimento e la pratica della vela. E non è certo un miraggio dovuto alle temperature roventi, perché al timone di centinaia di derive, di piccole imbarcazioni, c'è un esercito di ragazzini entusiasti che oltre al gioco del pallone hanno scoperto la sfida in mare. Soprattutto le giovani donne, alcune con la chioma trattenuta dal tradizionale Hijab. Sono le allieve del Woman's Sailing Program, un Progetto rivoluzionario, quello di Oman Sail, per ragazze adolescenti, nato solo tre anni fa, come racconta Salma Hashmi, direttrice della comunicazione dell'iniziativa: «Lo sviluppo di questo sport fra le giovani donne fa parte di un programma a lungo termine per prendere parte alle più importanti regate internazionali nelle varie specialità della vela. Credo che sia un mezzo per far conoscere anche turisticamente l'oman, ma soprattutto per far diventare la vela una reale opportunità sociale. Qualcosa che può rappresentare lavoro a tempo pieno per tanti giovani». All'orizzonte una nuova generazione di giovani velisti punte di diamante del Team Oman Sail, che partecipa alle regate. Le iscrizioni ai corsi sono ammesse dagli otto anni in poi. Delle centocinquanta donne in età compresa fra i diciotto e i trentacinque anni, provenienti da tutto il Paese che hanno chiesto di far parte del programma, solo poche

11 SPECIALE sapevano nuotare. In trenta sono state scelte per diventare istruttrici. Grande fautore del rivoluzionario progetto, il sultano Quboos Bin Said Al Said, che ha il merito di aver garantito nel lontano 1997 per primo il voto alle donne. «Nel suo progresso - sostiene il sultano - l'oman ha bisogno sia degli uomini che delle donne, perché è come un uccello che necessita di entrambe le ali per prendere il volo verso il futuro». Un programma creato ad hoc per le ragazze tenendo presente l'esigenza del contesto sociale, puntando sul coinvolgimento di famiglia: istruttrici e personale femminile come impostazione essenziale. Nello staff della comunicazione anche l'italiana Donatella Donatelli, che vive a Muscat da quasi due anni: «Mi occupo di comunicazione da sempre. Da Milano, dove vivevo, mi sono trasferita prima a Dubay per quattro anni e poi, rispondendo alla proposta di Oman Sail, mi sono fermata a Muscat, dove ho iniziato a lavorare al progetto del sultano per la comunicazione. Qui ho scoperto una realtà davvero interessante per lavorare ed investire sapientemente sui giovani attraverso lo sport della vela». Le migliaia di iscrizioni ai corsi annoverano estrazioni sociali molto diverse, dalle figlie di pescatori a quelle di professionisti, ma non mancano le giovani berbere arrivate dai villaggi di montagna o dai Wadi più sperduti. Regate in mare e allenamenti ogni giorno sotto la guida di istruttrici esperte come l'inglese Shirley Robertson, oro olimpico a Sydney Dalle selezioni nascono già potenziali campioni, talenti come la giovanissima Raja, prima donna ad aver partecipato alla Fastnet Race inglese, che custodisce il sogno di prendere parte alle Olimpiadi, ma non solo. «Vorrei fare parte della squadra che in futuro, spero, prenderà parte alle Olimpiadi - conferma -, ma vorrei soprattutto creare un equipaggio preparato nel match race in grado di competere nell'america's Cup. Lo sport da noi è molto importante, per questo esiste da parte dello Stato, del Governo, un benefit, delle agevolazioni riservate ai giovani, una generazione che va aiutata e sostenuta attraverso investimenti mirati, nelle strutture e con aiuti e facilitazioni». Tra le iniziative agonistiche promosse, anche la partecipazione a una delle regate più famose del Golfo Persico, quella che parte da Manama, capitale del Barein, fino a Mascat, capitale omanita. Coinvolti ben nove team internazionali: Barein, Arabia Saudita, Ras al Khaima, Quatar e Francia oltre a quattro team dell'oman. Sui volti di queste ragazze a parlare più di ogni altra cosa è il sorriso, la passione autentica per lo sport, quella voglia di mettersi alla prova, affrontando il gioco del mare e del vento in un'attività che sicuramente le renderà più libere

12 TIBERIO TIMPERI il CAFFÈ è PRONTO TI STAVAMO ASPETTANDO! Mentre continua la sua esperienza con Francesca Fialdini a "Uno Mattina in famiglia", Tiberio Timperi fa il pendolare con la sede di Napoli per condurre "Verdetto finale", sempre su Rai1. «Qui c'è l'odore e il sapore dell'azienda degli anni Sessanta e Settanta, anche se proiettata verso il futuro. Ne è un esempio "Made in Sud"», afferma il giornalista di Rita Pernarella «I Lo "pizzichiamo", tra farfalle al pesto e un'insalata, verdetti vanno e vengono e, a dispetto del titolo, non sono mai finali». Tiberio Timperi è il nuovo conduttore di "Verdetto finale", su Rai1 alle mentre pranza nella mensa della sede Rai di Napoli da dove va in onda il programma, che gli ha permesso di ritrovare vecchi amici. Una città nella quale si diverte molto. Un bis che arriva a sorpresa? Beh sì. Io conducevo tranquillamente "Uno Mattina in famiglia" il sabato e la domenica, poi è arrivata la chiamata: ho fatto i bagagli e sono partito per Napoli. Per te è un ritorno. Evidentemente, la tua prima esperienza e gli ascolti più che lusinghieri hanno avuto il loro peso. Non lo so, non guardo mai gli ascolti. Vado, faccio il mio lavoro e non tengo conto delle chiacchiere. E tu come hai accolto questo "richiamo" ufficiale da parte dell'azienda? Bene. Mi piace fare il mio lavoro, mi fa piacere lavorare a Napoli, dove c'è un personale d'eccellenza, magnifico. La sede Rai è una "chicca" per i "feticisti" che amano la Rai come me. Qui c'è l'odore e il sapore dell'azienda degli anni Sessanta e Settanta, anche se proiettata verso il futuro. Ne è un esempio "Made in Sud", programma-evento che non capitava dai tempi di "Quelli della notte". Come sei stato accolto? Con le sfogliatelle e il caffè! Quando sono arrivato, alla reception di via Marconi, ho ritrovato il barman Giacomino che mi ha detto: "Uè venite, il caffè è pronto, vi stavamo aspettando!". E tu cosa ti aspetti? Che le fatture dell'albergo mi vengano rimborsate! Rispondi seriamente. Non mi aspetto nulla. Fino al 24 maggio sarò impegnato con Uno Mattina in famiglia, poi partono le grandi offerte per l'estate. A proposito di "In Famiglia" si percepisce un grande feeling con la tua nuova compagna di viaggio. È davvero così? Confermo. E va oltre, nel senso che la stimo molto. Francesca Fialdini è davvero una gran brava persona. Tra i presentatori storici, chi hai apprezzato di più? Corrado ed Enzo Tortora. Direi che i miei Scilla e Cariddi sono loro due. Ieri una lunga militanza nelle radio, oggi riesci a portare davanti alle telecamere un po' del tuo "vecchio" microfono? Sicuramente, mi dà una marcia in più. Può succedere qualunque cosa intorno, possono crollare le scenografie, ma io vado avanti

13 SFIDE Emozioni MONDIALI a trasmettere a chi guarda da casa. Io mi emoziono perché, ancor prima di essere un uomo che nella vita ha avuto la grande fortuna di poter trasformare la propria passione in un mestiere, sono un appassionato dello sport». Il calcio come scusa per far rivivere le passioni, un passato che resta presente e che basta citare per rendere attuale, scoprendo persino il dispiacere, sottile, di aver sconfitto. Un punto di vista inedito anche per "Sfide": «Non più solo una squadra, un evento - dice Zanardi -, ma un insieme di momenti particolari contro squadre che non solo rispettiamo, ma per le quali nutriamo anche una forma molto particolare di affetto. Ad esempio, l'episodio dell'espulsione di Zidane nella finale dei Mondiali 2006 ci ha regalato anche una certa sadica soddisfazione. Poi, però, vivi il dramma dei tifosi francesi che probabilmente sognavano di vederlo uscire di scena alzando la Coppa del mondo. E, in fondo, stai un pochino male anche tu perché avresti voluto vincere quella coppa con lui in campo, un avversario che hai studiato a lungo perché lo temi. E lo temi perché lo rispetti. Così finisce che te ne innamori anche un po'». Concetti sui quali si potrebbero scatenare dibattiti e che sembrano lontani anni luce dal calco un po' velenoso e un po' becero che a volte incontriamo, ma che raccontano perfettamente la "diversità" di Sfide. La ricetta però è molto semplice, spiega Zanardi: «Curiosità. È la curiosità che ci tiene vivi e ci consente di vivere davvero. Quando senti la sigla finale con la splendida canzone di David Bowie, secondo me, la fantasia e la curiosità ti spingono a dire: cosa posso fare domani perché sia una giornata migliore? Come posso, nel mio piccolo, lanciare la mia sfida? Noi abbiamo semplicemente il merito di raccontare le cose per quelle che sono, il resto lo fa il grande potere dello sport». E se lo dice Zanardi - una vita fatta di sport anche in direzione ostinata e contraria, come direbbe De Andrè - c'è da credergli. Anche perché lui, che pure non si considera un grande esperto di calcio, non riesce a sottrarsi al fascino del pallone, soprattutto quando diventa un pezzo di vita che si porta con sé: «La mia generazione - conclude - è fortunata perché ha visto i nostri giocatori portare a casa la Coppa del Mondo per ben due volte. Quando Grosso, con il rigore contro la Francia, ci ha regalato il Mondiale del 2006 è stato stupendo. Ma io ricordo soprattutto la finale del 1982 contro la Germania: ero un ragazzino e dopo quella partita andai fuori a festeggiare con i miei amici, fu anche una scusa per star fuori tutta la notte a far casino. E vedere il nostro presidente della Repubblica che abbracciava Bearzot e i ragazzi fu una cosa memorabile, unica, che qualsiasi altro grande avvenimento può semplicemente uguagliare, ma non certo battere». di Carlo Casoli Riprendono, il venerdì sera su Rai3, le "Sfide" di Alex Zanardi alla vigilia del Mondiale brasiliano. Un sottotitolo, "I nostri avversari amatissimi", per raccontare le Nazionali storicamente rivali degli Azzurri, le immagini delle partite e le voci dei protagonisti. «La mia generazione - dice Zanardi - è fortunata perché ha visto i nostri giocatori portare a casa la Coppa del Mondo per ben due volte» hai un avversario, per batterlo, devi conoscerlo. E, a forza di conoscerlo, scopri che ti affezioni a lui, che fa parte della tua vita, «Quando che gli vuoi anche bene. Noi abbiamo cercato di rendere racconto l'evoluzione di queste rivalità tra l'italia e le altre Nazionali, facendocela raccontare dai protagonisti». Questa è la nuova edizione speciale di "Sfide - I nostri avversari amatissimi", sintetizzata da Simona Ercolani, la "mamma" di questo programma, che da sedici anni racconta sport e dintorni con un linguaggio «inimitabile e ormai strettamente intrecciato alla storia di Rai3», come dice il direttore Andrea Vianello. L'occasione, i Mondiali di Calcio, è di quelle ghiotte. E la sfida è raccontarli, il venerdì in prima serata, attraverso le Nazionali storicamente rivali dell'italia, le immagini delle partite, le voci dei protagonisti: dopo Francia e Brasile, tocca ora a Germania e Inghilterra. Un viaggio nella memoria e nell'emozione del calcio, in una sorta di "sindrome di Stoccolma" che ci fa odiare e amare i rivali di sempre. E soprattutto ci tiene incollati alla tv. Un racconto affidato al personaggio che indossa "Sfide" come se fosse un abito cucito su misura, perfetto come lo smoking che veste in trasmissione: Alex Zanardi. Anche se lui ribalta la questione: «Non credo che sia cucito addosso a Zanardi, credo piuttosto che a "Sfide" servisse la curiosità di un uomo come Zanardi. E la mia curiosità diventa ancora più preziosa perché parte dalla mia ignoranza. Per questo riesco a meravigliarmi e a tirar fuori quel qualcosa che magari altri, un po' più navigati del sottoscritto, non riuscirebbero

14 FESTIVAL DI CANNES SULLA CROISETTE IL CINEMA ITALIANO SI TINGE DI ROSA Dal 14 al 25 maggio, occhi puntati sul Festival di Cannes, dove Rai Cinema presenta "Le meraviglie" di Alice Rohrwacher, in concorso per la Palma d'oro, e "Incompresa" di Asia Argento nella sezione "Un Certain Regard". Sophia Loren, che torna sul grande schermo con "Human Voice" diretta dal figlio Edoardo Ponti, sarà ospite d'onore per la presentazione della versione restaurata di "Matrimonio all'italiana" di Marina Cocozza Sarà lo sguardo magnetico di Marcello Mastroianni, che fa capolino dagli occhiali da sole calati sul naso, ad accompagnare la sessantasettesima edizione del Festival del Cinema di Cannes, che prende il via dal 14 maggio. Uno splendido primo piano del celebre attore italiano tratto dal felliniano "Otto e mezzo" è infatti il manifesto ufficiale alla Croisette. Un omaggio di cui si è detta orgogliosa e commossa la figlia Chiara: «Lo trovo molto bello e moderno, con un'ironia dolce e un raffinato senso di distacco. È davvero lui in tutto e per tutto». Il cinema italiano sarà rappresentato da due donne con altrettanti film che Rai Cinema ha contribuito a realizzare. Alice Rohrwacher correrà per la Palma d'oro con il suo secondo lungometraggio "Le meraviglie", che vede nel cast Maria Alexandra Lungu, Sam Louwyck, Alba Rohrwacher, Sabine Timoteo, Agnese Graziani e Monica Bellucci. «Ho girato una fiaba - afferma la regista -. È la storia del rapporto tra padre e figlia in un paese rurale. Quando ho saputo che ero in concorso non ho potuto trattenere le lacrime, un pianto di gioia». Asia Argento, alla sua terza esperienza dietro la macchina da presa, arriva al Festival francese con "Incompresa", che sarà presentato nella sezione "Un Certain Regard". L'amministratore di Rai Cinema Paolo Del Brocco commenta con soddisfazione: «È la conferma che il lavoro costante al fianco dei produttori indipendenti, anche quando vanno alla scoperta di nuovi autori, porta sempre buoni frutti. In particolare, per Alice Rohrwacher, essere stata selezionata in concorso alla sua seconda prova di autrice è un risultato straordinario, misurarsi

15 Voice", prodotto in collaborazione con Rai Cinema, che segna il ritorno di Sophia Loren sul grande schermo diretta dal figlio Edoardo Ponti. E l'attrice, alla vigilia dei suoi splendidi ottant'anni, sarà anche l'attesissima ospite d'onore nella sezione Cannes Classics per presentare la versione restaurata del film di Vittorio De Sica "Matrimonio all'italiana", a mezzo secolo dalla prima uscita. Il Festival renderà poi omaggio al western all'italiana con la proiezione di "Per un pugno di dollari" di Sergio Leone, anche questo fresco di restauro. Tra gli altri grandi protagonisti internazionali della rassegna 2014 Jean Luc Godard, David Cronenberg, Olivier Assayas, Ken Loach, Nuri Bilge Ceylan, Atom Egoyan, Michel Hazanavicius, Tommy Lee Jones, Mike Leigh, Jean Pierre e Luc Dardenne. nella competizione con i più grandi registi del mondo è una sfida importante. Il fatto che quest'anno l'italia sia rappresentata nella selezione ufficiale da due giovani registe è un segnale di attenzione del Festival di Cannes a uno sguardo femminile sul mondo che rafforza la nostra convinzione che abbiamo bisogno di più racconti a voci femminili. Voci che dobbiamo incoraggiare e sostenere. Questi, in particolare, sono due lavori rigorosi e originali. Auguro alle due registe di riuscire a conquistarsi, in un Festival internazionale prestigioso come quello di Cannes, tutta la visibilità e l'attenzione che meritano». Rai Cinema, inoltre, distribuirà in Italia la pellicola in concorso "The Search" di Michel Hazanavicius, il regista Premio Oscar 2012 per "The Artist", e sarà presente nella sezione Proiezioni speciali con il film collettivo "I ponti di Sarajevo", prodotto per l'italia da Mir Cinematografica in collaborazione con Rai Cinema. Un progetto europeo per un lavoro a episodi sulla Prima Guerra mondiale, realizzati da tredici registi tra i quali gli italiani Leonardo Di Costanzo e Vincenzo Marra. Riflettori puntati anche sul cortometraggio "Human

16 RESURRECTION Il mistero della VITA e della MORTE La nuova serie "Resurrection", che Rai2 trasmette il lunedì in prima serata fino al 26 maggio, è anche il primo progetto per il piccolo schermo del divo Brad Pit. I "ritornati" non sono zombi assetati di sangue che invadono un paese della provincia americana, ma portano un'aura di misticismo per chi crede nella resurrezione insieme a una buona dose di realismo di Serena Iannicelli Come vi comportereste se uno dei vostri cari, morto da anni, bussasse un giorno alla vostra porta? È la domanda, assai inquietante, che propone la nuova serie di Rai2, "Resurrection", tre puntate in onda in prima serata il 12, 19 e 26 maggio. La serie si basa sul romanzo d'esordio di Jason Mott "The returned". Il primo a "tornare" è Jacob, un bambino di otto anni annegato ad Arcadia, nel Missouri, trent'anni prima. Jacob viene trovato in Cina e fatica a riacquistare la memoria, ma poi ricorda che i suoi genitori sono Harold e Lucille Langston, una coppia ormai anziana. Nel rivederlo la madre crede subito nel miracolo, mentre il padre pensa a una truffa per spillargli del denaro. Lo sceriffo di Arcadia, Fred, che ha perso la moglie nello stesso incidente in cui è morto Jacob, comincia però a indagare. E non potrebbe fare altrimenti, perché altri defunti cominciano a riapparire in città. Inizialmente la serie televisiva era stata ambientata ad Aurora, sempre nel Missouri, ma si decise di cambiare set perché nell'omonima città del Colorado il 20 luglio 2012 c'era stata una strage nel cinema dove si proiettava "Il cavaliere oscuro - Il ritorno". Ossessionato da Batman, James Eagan Holmes, con i capelli tinti di arancione per somigliare a Joker, aveva fatto fuoco uccidendo dodici persone e ferendone cinquantotto. Le riprese sono comunque state realizzate ad Atlanta, in Georgia. "Resurrection" rappresenta il primo progetto per il piccolo schermo della Plan B del divo Brad Pitt, che ha sviluppato la serie con Jason Mott e il produttore Aaron Zelman. Lo sceriffo Fred è interpretato dall'attore canadese Matt Craven, mentre è Omar Epps, il neurologo del Dottor House, il Martin Bellamy che riporta Jacob dai genitori. Lucille è interpretata da Frances Fisher, che ricordiamo in "Titanic". Nei panni di Harold, l'attore Kurtwood Smith, noto anche per i suoi ruoli ne "Il Cacciatore", "Rambo III" e "Robocop". Il piccolo Jacob è ovviamente un attore esordiente e Landon Jimenez ha proprio quel visino innocente e innocuo di tutti i bambini che interpretano i film dell'orrore. Sbaglia chi pensa che "Resurrection" sia il solito film sugli zombi assetati di sangue che invadono un paese della provincia americana. Qui i "ritornati" portano invece con sé il mistero della vita e della morte, il misticismo per chi crede alla resurrezione e anche una buona dose di realismo, perché, se veramente i morti potessero tornare, il mondo non sarebbe più come lo conosciamo

17 SEGNALIBRO di Lucilla Perelli Rizzo «Un dialogo a distanza fra dieci personaggi, protagonisti della politica, della cultura e della società civile che hanno qualcosa di sinistra da dire». Stefano Corradino firma con Giorgio Santelli "A Sinistra - Un futuro possibile". «Quasi un libro di fantascienza, hanno commentato in molti, perché la sinistra in Italia oggi è meno certa dell'esistenza degli Ufo» LA SITUAZIONE DELLA SINISTRA? Grave ma non seria Oggi ha ancora senso parlare di sinistra? Nel dibattito politico è una domanda molto ricorrente e spesso ci si chiede se non sia qualcosa di superato, come la vecchia dicotomia "comunismo e fascismo". L'opinione degli intervistati è che sinistra e destra continuano ad esistere. Le disuguaglianze, la precarietà del lavoro, la mancanza di diritti sono temi che reclamano una risposta di sinistra-sinistra, non edulcorata con intese più o meno larghe. Gli intervistati sono dieci: Stefano Rodotà, Maurizio Landini, Dacia Maraini, Nichi Vendola, Fiorella Mannoia, Giuseppe Civati, Moni Ovadia, Vauro, Michele Giarrusso, Francesco Campanella. Qual è stato il criterio di questa scelta? L'obiettivo era far dialogare personalità politiche di schieramenti differenti e trovare possibili minimi comuni denominatori di sinistra fra la politica e la società civile, le organizzazioni sindacali, il mondo giuridico e quello della cultura Cercare un ponte, anelli tematici di congiunzione fra donne e uomini che non si sentono depositari di un pensiero unico, ma che sono disposti a mettersi in gioco in un confronto aperto e plurale sull'identità della sinistra. Sono più le cose che li uniscono o i motivi di divisione? Sono più quelle che li uniscono. L'unica eccezione potrebbe essere quella di Giarrusso, del Movimento Cinque Stelle, che ha qualche difficoltà a rientrare in una catalogazione di sinistra e preferisce sostituire questa parola con il termine partecipazione. Poi però, nei contenuti, è lui stesso a fare riferimento a temi che sono appannaggio anche degli altri nove. Ovviamente il M5S è quello che si distingue di più, ma riconosce che si è trovato a "cavalcare" argomenti che la sinistra negli anni ha abbandonato. Poi c'è Vauro, a cui la definizione di uomo di sinistra non basta. Lui si sente ancora fieramente comunista. Ma la sua intervista fuoriesce dai canoni del libro. Noi gli abbiamo rivolto alcune domande e lui ci ha risposto con proverbiali vignette. Intervistare un collega, con cui per di più si condivide la stessa redazione dell'ufficio Stampa e del Radiocorriere Tv, non è cosa semplice come si potrebbe pensare. Ma l'occasione era imperdibile, visto che Stefano Corradino, insieme a Giorgio Santelli (Rainews24, ndr), è uscito in libreria con la sua opera prima: "A Sinistra - Un futuro possibile". Dieci interviste per raccontare a che punto è la politica. «Il libro - spiega l'autore - nasce dalla consapevolezza che c'è una forte domanda di sinistra nel nostro Paese. Ciò che manca è una seria risposta». Entriamo nel dettaglio. Qual è lo stato di salute della sinistra in Italia? Negli ultimi anni c'è stato uno smembramento, una disintegrazione delle forze di sinistra tradizionalmente intese, in formazioni piccole e troppo litigiose. Con differenze talvolta minime tra di loro, che però non hanno mai saputo o voluto trovare processi di sintesi su alcuni valori e temi importanti. Così, anche in previsione del voto europeo abbiamo cercato di tracciare una piccola mappa della sinistra nel Paese per capire se è possibile aprire un confronto costruttivo. Che non si deve necessariamente tradurre in un nuovo soggetto politico. In una fase così difficile e incerta far dialogare soggetti diversi con alcuni punti in comune è già un piccolo successo. Qual è il tema più unificante? Il lavoro, soprattutto oggi. È quello che fa dire a molti che "l'italia è un Paese affondato sul lavoro". Il primo punto della Costituzione si trova ad essere disatteso. Convergente poi è la critica ai governi che in questi anni si sono succeduti, non ultimo quello attuale a cui si contesta, per dirla con le parole dell'economista Vaciago, "il governo Renzi ha dimostrato attenzione per i penultimi, ma non per gli ultimi". Una politica di sinistra dovrebbe partire dai meno privilegiati e da coloro che hanno problemi di sussistenza minima. E su questo convergono tutti i nostri dieci interlocutori. A proposito di ultimi. Non è che Papa Francesco ha superato tutti a sinistra? È ricorrente questo pensiero. Il pontificato di Francesco ha dimostrato una sensibilità forte, quasi inusuale per la Chiesa tradizionale, per le situazioni di maggior degrado. Non solo a parole, ma con atti concreti. Non a caso, alla vigilia delle primarie, quando si ragionava sui leader

18 della sinistra, una delle battute più frequenti che circolava in rete era che Francesco fosse il "candidato" ideale. Allora la geografia che emerge è quella di un vuoto politico? Purtroppo sì. Nel resto dell'europa invece la sinistra è ancora radicata e porta avanti progetti riconoscibili. In Italia, invece, c'è stata una progressiva disintegrazione dei valori. La nobile tradizione del Pci si è edulcorata per diventare qualcosa di completamente diverso. Trasformandosi in cosa? In un'alleanza tra due anime molto differenti tra loro, ex Pci ed ex Popolari, dalle quali si è tentata una sintesi. Non so se sarebbe stato possibile costruirla in altro modo. La sensazione, per chi ha sempre creduto in una certa sinistra, è che il Pd fosse in fondo una forzatura storica e culturale perché nasce dall'idea tutta "americana" di una politica che si contrappone in due blocchi. Non solo nel bipolarismo, ma addirittura in un bipartitismo, come negli Usa con Democratici e Repubblicani. L'Italia e l'europa però hanno altre tradizioni. E da questa tradizione la sinistra non può rimanere fuori. Una scissione del Pd è un passaggio obbligato per recuperare la sinistra? Quella di Renzi è l'accelerazione di un partito che guarda altrove. E che stringe patti con la destra politica, economica e finanziaria. Un centro liberal, insomma. Quantomeno Renzi non finge di essere ciò che non è. Si guarda bene dal definirsi di sinistra. E questo è ciò che di lui piace maggiormente a Silvio Berlusconi. Quindi, quella cosiddetta sinistra storica è destinata a sparire definitivamente? Se per storica si intende una sinistra tradizionale, ideologizzata, di "retroguardia" probabilmente sì. Ma l'esigenza di una sinistra nuova si tradurrà inevitabilmente, presto o tardi, in un soggetto politico nuovo che parta da una analisi critica della società e del modello economico dominante, e dia risposte radicalmente diverse. La pace, la libertà, il lavoro, l'eguaglianza, lo stato sociale, la giustizia, l'ambiente Quale di questi valori è di destra e quale di sinistra? O forse sarebbe più opportuno affermare che questi sono, semplicemente, i "temi", ma che diversa è la risposta fornita dalla destra e da una vera sinistra. La maggior parte dei nostri interlocutori nel libro sostiene che ci sono state esperienze molto virtuose in questi anni dalle quali partire. Ma il riferimento non è ai partiti, quanto ai movimenti, come Emergency, Libera di don Ciotti, la Tavola della Pace, il Movimento per l'acqua pubblica, Slow food. Organizzazioni che hanno combattuto battaglie di cui la sinistra partitica sembra essersi dimenticata. Quali scenari futuri ti aspetti? Sono un ottimista di natura, nonostante le avversità storiche. La sinistra può guidare processi di trasformazione del Paese se la smette, come sottolinea nel nostro libro Moni Ovadia, di annegare nei settarismi o nelle differenze puntigliose. O nel narcisismo, una vera e propria peste. Parafrasando Flaiano, la situazione della sinistra in Italia è grave ma non è seria

19 È TORNATA L'AMATISSIMA Rai Gulp sta trasmettendo la seconda serie di "Violetta", interpretata da Martina Stoessel. La protagonista si ritrova con i suoi amici storici Leòn, Andrés, Ludmilla, Nata, Max, Francesca e tanti altri, a cui si aggiungono Diego, Lara e Marco. Ancora una volta, la musica e la danza saranno il fil rouge delle loro avventure È diventata l'amica speciale di milioni di piccole donne e piccoli uomini che sono stati letteralmente polarizzati dalle sue coinvolgenti avventure, sempre al ritmo di musica e danza. Un fenomeno televisivo ormai planetario che ha fatto centro nel cuore di tantissimi adolescenti di tutto il mondo. Su Rai Gulp, Canale della Direzione Rai Ragazzi, per la gioia dei suoi fedelissimi telespettatori, è arrivata da fine aprile, dal lunedì al venerdì alle 19.30, la seconda stagione della serie Disney "Violetta" con i nuovi attesissimi episodi. Dopo le vacanze estive, Violetta e i suoi amici si ritrovano ancora una volta allo Studio 21 e per loro sarà molto emozionante rivedersi. Nell'atmosfera magica di sempre arriveranno nuovi protagonisti e non mancheranno altre storie d'amore. La dolce Vilu, sempre interpretata da Martina Stoessel, è finalmente cosciente della sua passione per la musica, ha più fiducia in se stessa e splenderà sul palco insieme ai suoi compagni. Suo padre, però, continuerà a seguirla ovunque e a scoraggiare chiunque cerchi di conquistarla. Insieme a lei torneranno Leòn, Andrés, Ludmilla, Nata, Max, Francesca e tanti altri, tra cui i nuovi arrivi Diego, Lara e Marco. La serie, interamente girata a Buenos Aires, è

20 composta da due cicli che comprendono in totale centosessanta episodi, ma a febbraio, per la felicità dei suoi fan, è stata annunciata la produzione della terza stagione. Su Rai Gulp, fin dal debutto, ha riscosso un grande ascolto ed anche l'esordio delle nuove puntate della seconda serie hanno segnato immediatamente ottimi risultati. Musica, commedia e sentimenti sono al centro delle avventure, un prodotto che miscela i valori tradizionali, propri della Disney, a vicende ricche di emozioni, passioni, umorismo e allegria. Il tutto viene sviluppato su uno sfondo musicale composto da canzoni originali, cantate dai personaggi e diventate in poco tempo grandissimi successi. I primi tre album "Violetta", "Violetta - La musica è il mio mondo/ le canzoni inedite", "Hoy Somos Mas" hanno venduto un totale di oltre centoquarantamila copie. Il primo si è aggiudicato il disco di platino, mentre gli altri due il disco d'oro. Nel novembre 2013 gli attori principali. guidati da Martina Stoessel, Diego Dominguez (Diego), Jorge Blanco (Leòn) Mercedes Lambre (Ludmilla) e Lodovica Comello (Francesca), insieme ad un gruppo di straordinari ballerini e un'eccezionale band, hanno portato i ritmi e la musica di questo originale spettacolo in Europa con la tournée "Violetta il Concerto". Un live show diventato evento, con una vera e propria caccia al posto, che ha registrato il tutto esaurito in Italia con centossantamila biglietti venduti in otto città per trentadue concerti complessivi. In contemporanea alla messa in onda della seconda serie, è arrivato nelle sale italiane, il 30 aprile scorso, il film "Violetta- Backstage Pass", che racconta il "dietro le quinte" dei concerti live, sold out in tutto il mondo. Una nuova occasione per rivivere le emozioni dello show, scoprire cosa si nasconde dietro il sipario e cantare con i protagonisti dello spettacolo. Il pubblico rimane coinvolto nei momenti più emozionanti del concerto, può vivere l'adrenalina che cresce nei protagonisti prima di calcare il palco e può divertirsi a scoprire tanti segreti dei loro artisti preferiti. Un'occasione che fa tornare alla mente "Violetta - L'Evento", il memorabile appuntamento al cinema che l'anno scorso, in un week-end di maggio, ha catturato duentosettantacinquemila ammiratrici scatenate che hanno invaso duecento cinema di tutt'italia. Il fenomeno Violetta impazza anche sul web: la sua pagina Facebook ufficiale ha ormai superato un milione di fan e il sito di Rai Gulp ( ha fatto segnare tre milioni di contatti, mentre su Youtube la clip in cui Violetta canta "Yo soy asi" ha registrato trenta milioni di visualizzazioni. (S.S.) VIOLETTA RITROVA LA SUA GRANDE "FAMIGLIA" LEÒN La pausa estiva gli ha portato un nuovo hobby e una nuova passione, grazie ai quali ha conosciuto Lara, una ragazza molto speciale. Non sarà facile per lui tornare a scuola e allo Studio 21. Come reagirà di fronte a Violetta? Sarà costretto a scegliere tra lei e Lara? Come se non bastasse, León dovrà superare un altro ostacolo: Diego, uno del gruppo molto sicuro di sé che diventerà il principale antagonista di León nella lotta alla conquista del cuore di Violetta. LUDMILLA È e resterà sempre la star dello Studio 21. Ma se vuole diventare una cantante di successo, deve assolutamente imparare a lavorare in armonia con i suoi compagni di classe, accettando di far parte di una squadra. Nonostante abbia promesso di voler essere una persona migliore, mettendo da parte le divergenze con Violetta e con gli altri studenti, nessuno realmente si fida di lei. MAXI Resta il miglior ballerino dello Studio 21. È spiritoso, creativo e anche un po' sognatore. La sua ambizione principale è quella di sfondare nella musica. Ha passato le vacanze pensando a Nata e non vede l'ora di incontrarla nuovamente. VIOLETTA Ha finalmente scoperto la sua passione per la musica. La vedremo brillare sul palco insieme ai suoi amici dello Studio 21, più combattiva e sicura di sé. Ma non sarà sempre semplice per lei, infatti, suo padre continuerà a seguirla ovunque mostrandosi più protettivo che mai. Inoltre, l'arrivo di un nuovo e misterioso compagno di classe porterà scompiglio e confusione nella sua vita. Ancora una volta, la ragazza sarà costretta a guardarsi dentro e far chiarezza sui propri sentimenti. NATA È la migliore amica di Ludmilla, ma a volte si comporta come fosse anche il suo cagnolino. Nel profondo è molto insicura ed è convinta che l'unico modo per avere successo sia quello di frequentare Ludmilla. Nata ha ancora una cotta per Maxi, nonostante l'estate sia trascorsa senza mai incontrarsi. CAMILLA È molto divertente e responsabile. Fedele fino alla fine, non c'è nulla che non farebbe per sostenere i suoi amici e le proprie convinzioni. Ha grande talento, ma sa benissimo di non aver ancora sviluppato al massimo le proprie potenzialità. Nonostante Broadway continui a implorare il suo perdono, è ancora ANDRÉS È il migliore amico di León e suo fedele compagno di avventure. A volte può sembrare un po' goffo e distratto, ma è sempre molto caparbio in tutto ciò a cui si dedica. Chissà che in questa nuova stagione non arrivi l'amore a bussare alla sua porta? FRANCESCA È la migliore amica di Violetta. Il suo talento nel canto e nella danza sembra non conoscere limiti. Rispetto ai suoi compagni, dà spesso l'impressione di avere un approccio alla vita molto più maturo. In questa nuova stagione, giocherà un ruolo fondamentale nel tenere unito il gruppo

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