CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO

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1 CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO NONA LEGISLATURA PROGETTO DI LEGGE N. 190 DISEGNO DI LEGGE di iniziativa della Giunta regionale (DGR 15/DDL del 26 luglio 2011) PIANO SOCIO-SANITARIO REGIONALE PER IL TRIENNIO VERSIONE AGGIORNATA ALLA DATA DEL 22 MARZO 2012 in giallo le modifiche inserite nella prima revisione in azzurro le modifiche della seconda revisione in verde le ultime modifiche barrate le parti che si propone di togliere rispetto al testo approvato dalla Giunta Regionale Presentato alla Presidenza del Consiglio il 27 luglio Trasmesso alle Commissioni consiliari Prima e QUINTA e ai Consiglieri regionali. 1

2 TESTO MODIFICATO A SEGUITO DEGLI EMENDAMENTI PERVENUTI PIANO SOCIO-SANITARIO REGIONALE PER IL TRIENNIO NORME IN MATERIA DI PROGRAMMAZIONE SOCIO SANITARIA E APPROVAZIONE DEL PIANO SOCIO-SANITARIO REGIONALE Art. 1 Modifiche dell articolo 6 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N All articolo 6 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N. 517, dopo il comma 1 è inserito il seguente: 1 bis. Il piano socio sanitario regionale ha durata quinquennale. 2. Alla lettera b del comma 2 dell articolo 6 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N. 517, la parola triennio è sostituita con la parola quinquennio. Art. 2 Piano socio-sanitario regionale In attuazione dell articolo 55 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 Istituzione del servizio sanitario nazionale, degli articoli 2 e 6 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 Riordino della disciplina in materia sanitaria e successive modificazioni, in coerenza con il vigente Piano sanitario nazionale e con il Programma regionale di sviluppo (PRS) approvato con legge regionale 9 marzo 2007, n. 5, è approvato il Piano socio-sanitario regionale Il Piano socio-sanitario regionale individua gli indirizzi di programmazione sociosanitaria regionale per il quinquennio ed è approvato nel testo allegato che forma parte integrante della presente legge. 3. Il Piano socio-sanitario regionale è attuato dai provvedimenti di attuazione nei settori dell assistenza territoriale, dell assistenza ospedaliera, del settore socio sanitario e delle reti assistenziali, adottati dalla Giunta regionale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e trasmessi alla competente commissione consiliare, che esprime il proprio parere entro 30 giorni dalla data di ricevimento, trascorsi i quali si prescinde dal parere stesso. 4. Sui provvedimenti adottati ai sensi del comma 3, la Giunta regionale acquisisce il parere della Conferenza regionale permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria di cui all articolo 113 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e successive modificazioni, da esprimersi entro trenta giorni, trascorsi i quali esso si intende espresso favorevolmente. 5. La Giunta regionale, acquisiti i pareri di cui ai commi 3 e 4, approva i provvedimenti di attuazione di cui al comma 3 nei trenta giorni successivi. 2

3 6. La Regione assicura le necessarie risorse per garantire sul territorio regionale i livelli essenziali di assistenza di cui all articolo 1 del decreto legislativo n. 502/1992 e all articolo 22, commi 2 e 4 della legge 8 novembre 2000, n. 328 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Art. 3 Norma transitoria. 1. Il Piano socio-sanitario regionale ha durata e validità per il quinquennio Fino all approvazione del Piano socio-sanitario regionale successivo mantengono piena validità le norme e le disposizioni del Piano stesso. 2. Le disposizioni del Piano socio-sanitario regionale per il triennio mantengono la loro efficacia sino a quando non siano approvati gli specifici provvedimenti di attuazione di cui all articolo 2, comma 3. Art. 4 Norme in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza 1. Il Direttore dell IPAB viene nominato dal Consiglio di Amministrazione entro novanta giorni dal suo insediamento con un contratto di diritto privato. 2. La durata dell incarico di Direttore dell IPAB non può essere inferiore a tre anni ed eccedere il termine di cinque anni e non può comunque superare i novanta giorni successivi alla data di cessazione del Consiglio di Amministrazione che lo ha nominato, fatto salvo il limite minimo dei tre anni. 3. Sono fatti salvi i diritti acquisiti. Art. 5 - Disposizioni in materia di contabilità delle IPAB 1. Le IPAB adottano la contabilità economico-patrimoniale, con particolare riguardo ai sistemi di controllo di gestione, all'individuazione di centri di costo e di responsabilità e di analisi di costi e dei benefici. 2. Le IPAB adottano un regolamento di contabilità e provvedono all'organizzazione contabile attenendosi alle disposizioni ed ai principi di cui al Codice civile, nel rispetto dei criteri contabili indicati nello schema di bilancio elaborato dalla Giunta regionale ai sensi dell articolo 4. La gestione economico patrimoniale delle IPAB si basa sul principio dell obbligo del pareggio di bilancio. 3. Nel regolamento di cui al comma 2 le IPAB prevedono l articolazione della propria organizzazione per centri di costo che consentano la programmazione e la rendicontazione della gestione economica e amministrativa nonché delle risorse umane e strumentali. Il regime di contabilità analitica per centri di costo e di responsabilità consente verifiche periodiche dei risultati raggiunti, compiute anche dai revisori dei conti. 4. Il bilancio di esercizio, approvato dal consiglio di amministrazione entro quattro mesi successivi alla chiusura dell esercizio annuale fissata al 31 dicembre dell'anno precedente, è trasmesso, entro trenta giorni dall'approvazione, alla struttura regionale competente in materia di servizi sociali, al Presidente della Conferenza dei Sindaci di appartenenza e contestualmente pubblicato per almeno quindici giorni nell'albo dell'ipab. Il documento di programmazione economico-finanziaria di durata annuale, redatto rispettando gli schemi del bilancio di esercizio contiene altresì il piano di valorizzazione del patrimonio. Art. 6 Modifiche all articolo 13 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N. 517 e abrogazione dell articolo 116 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n

4 1. Il comma 8 dell articolo 13 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N. 517 è sostituito dal seguente 8. Il Presidente della Giunta regionale risolve il contratto del direttore generale dichiarandone la decadenza e provvede quindi alla sua sostituzione, nei casi previsti dal decreto legislativo 502/1992 e dalle disposizioni contenute nel presente articolo. 2. Dopo il comma 8 dell articolo 13 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N. 517, sono inseriti i seguenti commi: 9. età anagrafica non superiore ai 65 anni al momento della nomina; 10. L incarico di Direttore Generale ha una durata di tre anni; 11. Il medesimo Direttore non può effettuare più di due mandati consecutivi nella stessa Azienda; 12. I Direttori Generali sono soggetti a valutazione annuale, con riferimento agli obiettivi loro assegnati dalla Giunta Regionale. 13. La valutazione fa riferimento a: a) rispetto dei vincoli di bilancio garantendo i livelli essenziali di assistenza b) rispetto della programmazione regionale c) qualità ed efficacia dell organizzazione dei servizi socio sanitari sul territorio delle Aziende ULSS. 14. Con riferimento a quanto previsto nella lettera a) la valutazione compete alla Giunta Regionale; Con riferimento a quanto previsto nella lettera b) la valutazione compete alla competente Commissione Consiliare; con riferimento a quanto previsto nella lettera c) la valutazione compete alle Conferenze dei Sindaci. 15. La pesatura delle valutazioni viene fissata con provvedimento di Giunta in modo tale che sia garantito un sostanziale equilibrio tra i vari soggetti. 16. Il Direttore Generale, il Direttore Sanitario, il Direttore Amministrativo e il Direttore dei servizi sociali e della funzione territoriale possono assumere incarichi esterni (di rappresentanza, collaborazione, consulenza o gestione), esclusivamente sulla base di una preventiva formale autorizzazione del Presidente della Regione. 17. Il mancato raggiungimento dell equilibrio economico di bilancio in relazione alle risorse assegnate costituisce causa di risoluzione del contratto del Direttore Generale. Rappresentano, altresì, ulteriori cause di risoluzione: il mancato rispetto delle direttive vincolanti emanate dalla Giunta Regionale e la mancata realizzazione degli obiettivi contenuti negli atti di programmazione regionale. 18. Il Presidente della Giunta Regionale può procedere alla nomina di un Commissario con i poteri del Direttore Generale per la risoluzione di particolari complessità gestionali o per la necessità di sviluppare progettualità programmatorie. La gestione commissariale avrà durata di 12 mesi eventualmente rinnovabili. 19. E abrogato l articolo 116 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n Art. 7 - Modifiche all articolo 16 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N I commi 1 e 2 dell articolo 16 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N. 517 sono sostituiti dai seguenti: Art. 16 Direttore dei servizi sociali e della funzione territoriale 1. Il coordinatore dei servizi sociali assume la denominazione di direttore dei servizi sociali e della funzione territoriale. 2. Il direttore dei servizi sociali e della funzione territoriale è nominato dal direttore generale con provvedimento motivato, sentito il sindaco, qualora l'ambito territoriale dell'unità locale socio-sanitaria coincida con quello del comune o la rappresentanza della conferenza dei sindaci o dei presidenti delle 4

5 circoscrizioni territoriali di riferimento. Egli è un laureato, preferibilmente nelle professioni sanitarie, mediche e non, che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni qualificata attività di direzione con autonoma gestione di budget e di risorse umane. Il rapporto di lavoro è a tempo pieno, regolato da contratto di diritto privato di durata triennale, rinnovabile, e non può comunque protrarsi oltre il settantesimo anno di età. Risponde al direttore generale del raggiungimento degli obiettivi e della gestione delle risorse assegnati. Al direttore dei servizi sociali e della funzione territoriale si applica, in quanto compatibile, la disciplina prevista dalla presente legge per il direttore sanitario e per il direttore amministrativo. 3. L espressione direttore dei servizi sociali si intende sostituita dall espressione direttore dei servizi sociali e della funzione territoriale in tutta la legislazione regionale. Art. 8 - Modifiche all articolo 23 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N Il comma 1 dell articolo 23 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N. 517 è sostituito dal seguente 1. I Dipartimenti di Prevenzione costituiscono un importante strumento per la promozione di stili di vita salutari e per il controllo dei fattori di rischio che incidono sulla salute della popolazione. Viene istituito per ogni ambito provinciale un Dipartimento funzionale dal quale dipendono tutte le strutture dell area della prevenzione delle Aziende ULSS che sussistono nell ambito del territorio provinciale medesimo. Il responsabile del Dipartimento funzionale rimane in carica tre anni e comunque non oltre i tre mesi dalla cessazione del mandato del Direttore Generale che lo ha nominato. Il medesimo Direttore non può effettuare più di due mandati consecutivi nello stesso ambito provinciale. 2. Il comma 2 dell articolo 23 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N. 517 è sostituito dal seguente 2. I Dipartimenti di Prevenzione sono organizzati nei seguenti servizi: servizio di Igiene degli Alimenti e Nutrizione; servizio di Igiene e Sanità Pubblica; servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro; servizi Veterinari. Per tale ambito potrà essere definita, con provvedimento di Giunta regionale, una rimodulazione del modello organizzativo, anche su base interaziendale, al fine di ottimizzare l erogazione dei LEA. servizio di Medicina Legale per un bacino di di abitanti. Art. 9 Attuazione delle funzioni regionali di programmazione indirizzo e controllo 1. Dopo l articolo 7 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N. 517 è inserito il seguente articolo 2 bis: Art. 7 bis Organizzazione dei settori strategici 1. Le unità operative complesse e/o dipartimentali relative a: sistema informativo provveditorato risorse umane gestione della logistica 5

6 ingegneria clinica vengono per ambiti territoriali ottimali, definiti con atto programmatorio della Giunta regionale, sul quale esprime parere vincolante la competente commissione consiliare. Art. 10 Schede di dotazione ospedaliera 1. La Giunta Regionale adegua, sentita la competente Commissione consiliare, che esprime parere obbligatorio e vincolante entro 90 giorni dal ricevimento del provvedimento, le schede di dotazione ospedaliera, di cui alla legge regionale 30 agosto 1993, n. 39 e all articolo 14 della legge regionale 3 febbraio 1996, n. 5, alle disposizioni previste dal presente PSSR. Le schede definiscono la dotazione strutturale ospedaliera delle Aziende ULSS, dello IOV e delle Aziende Ospedaliere, indicano l ammontare dei posti letto per aree omogenee e le unità operative autonome, specificando la tipologia di struttura (ossia unità complessa e semplice a valenza dipartimentale) e il setting assistenziale (ordinario, diurno, ambulatoriale). 2. Sono abrogate tutte le disposizioni regionali in contrasto con il presente articolo. 3. E abrogato il comma 7 dell articolo 14 della legge regionale 3 febbraio 1996, n. 5. Art. 11 Schede di dotazione territoriale dei servizi e delle strutture di ricovero intermedio extra ospedaliero 1. la Giunta regionale approva, sentita la competente commissione consiliare, che esprime parere obbligatorio e vincolante entro 90 giorni dal ricevimento del provvedimento, contestualmente alle schede di dotazione ospedaliera al fine di rendere omogenea la prevenzione, l assistenza e la cura nel proprio territorio e per garantire la continuità dell assistenza e delle cure, le schede di dotazione territoriale delle unità organizzative dei servizi e delle attività extraospedaliere da garantire in ogni ULSS, tenendo conto sia dell articolazione distrettuale sia della distribuzione delle strutture sul territorio regionale. 2. Le schede di dotazione territoriale contengono anche la previsione delle strutture residenziali e semiresidenziali sanitarie e socio sanitarie. 3. E fatta salva la specificità del territorio bellunese in conformità a quanto previsto dall articolo 15 del nuovo Statuto regionale. Art. 12 Razionalizzazione delle strutture di ricovero intermedio extra ospedaliero 1. I direttori generali delle Aziende ULSS, mediante il piano generale attuativo triennale, i piani annuali e il piano di zona, assumono, in accordo con la conferenza dei Sindaci, i provvedimenti di razionalizzazione delle funzioni extraospedaliere, tenendo conto, delle strutture già accreditate, degli obiettivi e dei vincoli della programmazione regionale e del budget assegnato. La gamma dei servizi residenziali e semiresidenziali è prevista dalla LR 22/2002; i rapporti tra le aziende del SSSR e gli enti locali con i gestori delle strutture accreditate sono regolati mediante accordo contrattuale ai sensi dell articolo 17 della LR 22/2002. Art. 13 Conferimento incarichi apicali di unità complesse 1. Il Direttore Generale procede alla nomina dei Primari, sulla base della graduatoria degli idonei formulata dalla Commissione che accerta il possesso dei requisiti. 2. La Commissione di cui al comma 1 è nominata dal Direttore Generale ed è composta dal Direttore Sanitario, che la presiede, da 2 dirigenti dei ruoli del personale del Servizio Sanitario Nazionale, preposti ad una struttura complessa della disciplina oggetto dell incarico, di cui uno individuato dal direttore generale e uno dal Collegio di direzione. 6

7 3. Qualora il Direttore Generale non nomini il primo della graduatoria formulata dalla competente Commissione, deve adeguatamente motivare la propria decisione, dandone formale comunicazione ai competenti uffici regionali. Art Modifiche all articolo 115 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e all articolo 6, comma 4, della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N L articolo 115 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 è sostituito dal seguente: 1. Entro il 30 giugno di ogni anno la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale, tramite la competente commissione consiliare, la relazione sanitaria comprendente la verifica e l attuazione della valutazione del piano socio sanitario regionale, dell andamento della spesa sociale e sanitaria, dello stato sanitario della popolazione, dello stato dell organizzazione e dell attività dei presidi e dei servizi della Regione 2. Dopo il comma 1 dell articolo 115 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 è inserito il seguente comma: 2. Gli Assessori regionali alla sanità e al sociale sono tenuti a relazionare, con cadenza semestrale, alla competente Commissione consiliare in ordine all andamento della spesa sanitaria e sociale dell anno in corso. 3. Il comma 4 dell articolo 6 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, N. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, N. 517 è abrogato. Art Modifiche all articolo 128 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n Dopo il comma 5 dell articolo 128 della legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 è inserito il seguente comma: 5 bis In conformità ai principi contenuti nel nuovo Statuto regionale, il piano di zona è anche strumento di programmazione delle politiche sociali e socio-sanitarie definite a livello locale in coerenza con la programmazione regionale Art Trasparenza 1. Tutte le strutture sanitarie, sociali o socio sanitarie, persone fisiche o giuridiche, operanti nel territorio della Regione del Veneto, indipendentemente dalla forma giuridica in cui sono costituite o denominate, che siano destinatarie di pubblici finanziamenti o di convenzioni con la pubblica amministrazione in base alle quali erogano dei servizi, hanno l obbligo di rendere pubblici, per le parti inerenti il finanziamento pubblico, i propri bilanci annuali, nei cinque anni successivi all erogazione del finanziamento, sia agli utenti sia agli enti locali territoriali. 2. A tal fine, i soggetti di cui al comma precedente provvedono alla pubblicazione dei bilanci mediante l inserimento nei propri siti internet. La pubblicazione deve avere le caratteristiche della completezza, 7

8 della facile accessibilità da parte degli utenti ed evidenziare in maniera adeguata quanto ricevuto dalla pubblica amministrazione. 3. I soggetti che non adempiano o adempiano in modo parziale e/o difforme all obbligo di cui ai commi precedenti, non possono più essere destinatari di pubblici finanziamenti nè di convenzioni con la pubblica amministrazione. 8

9 INDICE PREMESSA IL CONTESTO ELEMENTI DELLA CORNICE ISTITUZIONALE QUESTIONE PRELIMINARE: DETERMINAZIONE DEI NUOVI LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA SCENARIO SOCIO-DEMOGRAFICO E EPIDEMIOLOGICO Scenario socio-demografico Scenario epidemiologico e bisogni di salute Gli ambiti di priorità a livello di gruppi di popolazione POTENZIALITÀ DELLE STRUTTURE SOCIO-SANITARIE Le strutture ospedaliere Le strutture residenziali socio-sanitarie Dall analisi alle linee di indirizzo CRITICITÀ E SFIDE DA AFFRONTARE COSTRUIRE LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE I RIFERIMENTI PER UNA PROGRAMMAZIONE IN VENETO UMANIZZAZIONE DELL ASSISTENZA UN PIANO INTEGRATO PER LO SVILUPPO DEL SISTEMA L integrazione socio-sanitaria L integrazione Ospedale-Territorio UN PATTO CON UNA COMUNITÀ COMPETENTE E PARTECIPE LE RELAZIONI SOCIO-SANITARIE INTERNAZIONALI GLI AMBITI DELLA PROGRAMMAZIONE ASSISTENZA TERRITORIALE Obiettivi di salute prioritari nell assistenza territoriale Modelli organizzativi dell assistenza territoriale La filiera dell assistenza territoriale ASSISTENZA OSPEDALIERA La rete ospedaliera su due livelli Modelli organizzativi gestionali Definizione della rete di offerta ospedaliera pubblica e privata Le reti cliniche integrate anche con il Territorio Rapporti con l Università ASSISTENZA SPECIALISTICA, FARMACEUTICA E PROTESICA Assistenza specialistica Assistenza farmaceutica e dei dispositivi medici Assistenza protesica PROMOZIONE DELLA SALUTE E PREVENZIONE DELLE MALATTIE Aree prioritarie di intervento La rete dei Dipartimenti di Prevenzione AREE DI INTERVENTO SOCIALE E SANITARIO Organizzazione degli interventi socio-sanitari La famiglia: una risorsa da sostenere Area famiglia, infanzia, adolescenza, giovani Area anziani Area disabilità Area delle dipendenze Area della salute mentale

10 3.5.8 Area della Sanità penitenziaria STRUMENTI A SUPPORTO DEL GOVERNO DEL SISTEMA QUALITÀ E SICUREZZA DELLE PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE Clinical governance Risk management e sicurezza del paziente Accreditamento istituzionale e politiche per il miglioramento continuo della qualità RICERCA E INNOVAZIONE Health Technology Assessment Tecnologie innovative AZIONI PER LA VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE UMANE La formazione La formazione di base L Educazione Continua in Medicina VERSO UN CRUSCOTTO DI GOVERNO Il sistema di controllo interno e il sistema degli indicatori Il sistema informativo integrato Il sistema degli Osservatori Strutture e attività a supporto della programmazione STRUMENTI DELLA PROGRAMMAZIONE AZIENDALE IL SISTEMA DEI FINANZIAMENTI FINANZIAMENTO DEL SSSR IL FINANZIAMENTO DEGLI INVESTIMENTI

11 PREMESSA L evoluzione dell assetto istituzionale del nostro Paese con l enfasi sul federalismo fiscale, il quadro economico nazionale e l analogo contesto europeo caratterizzati da una crescita molto contenuta del Prodotto Interno Lordo, i cambiamenti demografici ed epidemiologici nel Veneto, la prolungata fase di crisi economica in cui la domanda assistenziale aumenta ma si riduce la disponibilità finanziaria delle famiglie, nonché l introduzione e la rapida diffusione di nuove tecnologie pongono oggi di fronte a crescenti problemi di sostenibilità del Sistema Socio-Sanitario Regionale (SSSR) e richiedono uno sforzo sinergico ai vari livelli di governo per ridefinire le linee di programmazione socio-sanitaria della Regione Veneto. È richiesto un forte impegno, per lo più di razionalizzazione, per migliorare aspetti essenziali e strategici dell offerta e della domanda, tenendo conto dello scenario, della storia e della specificità del SSSR veneto. In particolare, sul versante dell offerta, occorre puntare a rivedere e perfezionare l equità allocativa, la produttività delle strutture sanitarie, l accessibilità dei servizi e la qualità delle prestazioni che si erogano agli assistiti del Veneto, la continuità dell assistenza. Sul versante della domanda urge lavorare sul piano di una mirata appropriatezza clinica ed organizzativa, su un più accentuato senso di partecipazione civica degli utenti per una corretta fruizione dei servizi socio-sanitari. La sostenibilità economica del SSSR va, pertanto, perseguita mediante un sistema di governance multilivello, da declinare a livello regionale, aziendale e comunale, atto anche a garantire il massimo equilibrio tra la garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ed il sistema dei finanziamenti. Questa nuova fase della programmazione rappresenta, dunque, una sfida decisiva e comporta un accresciuto livello di responsabilità da parte dell Amministrazione pubblica, dei professionisti e degli assistiti del Veneto per ridisegnare gradualmente il SSSR, anche in un nuovo quadro di diritti e doveri. Il nuovo Piano Socio-Sanitario Regionale (PSSR), pur confermando le linee di indirizzo della precedente programmazione, introduce importanti elementi di novità. Esso: - pone al centro la persona, nella considerazione che la salute é patrimonio della collettività, che le scelte della politica debbono privilegiare la tutela della salute, che il dovere civico alla salute é basato su doveri di solidarietà sociale, che se per ciascun cittadino l impegno a proteggere la propria salute è un dovere civico, per gli operatori sanitari è anche un dovere etico-professionale, che l umanizzazione deve essere un vincolo pregnante del sistema-salute; - valorizza il rapporto con gli Enti locali e con le Comunità; - definisce gli obiettivi di salute e le modalità di erogazione dei LEA; - individua nel Territorio la propria scelta operativa strategica; - riorganizza la rete dell assistenza ospedaliera e territoriale sulla base anche delle conoscenze epidemiologiche e delle modifiche nei profili di bisogno; - dà valore di riferimento precipuo alle migliori pratiche, valutandone la trasferibilità in una logica di sistema; - semplifica e migliora gli adempimenti e le procedure; - attiva funzioni di monitoraggio e di governo del sistema; - risponde a criteri di sostenibilità economica, individuando costi e risorse occorrenti. Una nuova programmazione correlata ai bisogni consolidati ed emergenti della società veneta di oggi deve, quindi, prevedere interventi di riorganizzazione strutturale e funzionale, promuovendo la diretta correlazione tra responsabilità, risorse disponibili ed azioni di miglioramento dell appropriatezza clinica ed organizzativa, in sintonia con quelle specificità che rendono unico il modello veneto. Tale strategia di fondo implica una somma di interventi specifici e coordinati, finalizzati a: - mantenere e garantire un erogazione uniforme dei LEA su tutto il territorio regionale; - sviluppare la rete assistenziale territoriale; - rideterminare le reti cliniche ospedaliere; - potenziare le iniziative di promozione alla salute ed i piani di prevenzione; - ricercare la massima appropriatezza in ambito farmaceutico, specialistico e protesico; - individuare il fabbisogno strutturale e tecnologico della rete assistenziale; - promuovere la formazione continua, la ricerca e l innovazione; 11

12 - introdurre e diffondere strumenti di clinical governance, mirati anche alla qualità ed alla sicurezza dei pazienti; - definire un attività informativa regionale che sia funzionale all azione di governo regionale e locale; - sviluppare, in modo coordinato ed integrato, il sistema informativo regionale con le Aziende ULSS e le Aziende Ospedaliere al fine di assicurare la continuità e la sicurezza dell assistenza socio-sanitaria; - attuare avanzate metodologie per la verifica ed il controllo di qualità della gestione economicofinanziaria delle Aziende ULSS e delle Aziende Ospedaliere. Tutto ciò comporta per le Aziende ULSS e le Aziende Ospedaliere il doveroso compito di aggiornare il proprio Atto aziendale in relazione alle indicazioni contenute nel nuovo PSSR, e di adeguare gli atti di programmazione, quali il Piano Attuativo Locale e il Piano di Zona. Le Aziende potranno, peraltro, proporre modalità organizzative e gestionali innovative che siano ritenute migliorative ai fini dell attuazione degli indirizzi programmatici della Regione. 12

13 1. IL CONTESTO 1.1 ELEMENTI DELLA CORNICE ISTITUZIONALE Il Patto per la Salute , secondo l intesa sottoscritta il 3/12/2009 tra Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e di Bolzano, delinea le linee programmatiche e le risorse per la Sanità nel triennio, prevedendo come azione strategica l avvio di un monitoraggio sistematico dei fattori di spesa. In tale contesto vengono focalizzate alcune misure di specifico interesse per la programmazione regionale tra cui: - la riduzione dei posti letto per acuti da 4,5 a 4 per mille abitanti, di cui lo 0,7 da dedicare a lungodegenza e riabilitazione; - l individuazione dei 108 DRG a rischio di inappropriatezza e dei 24 DRG da trasferire dalla day surgery al regime ambulatoriale; - il perfezionamento di accordi interregionali sulla mobilità sanitaria perché nei nuovi standard siano compresi anche i pazienti di altre regioni e l individuazione di standard di ospedalizzazione, struttura e appropriatezza delle prestazioni; - le regressioni tariffarie per il privato accreditato; - la riduzione stabile degli organici e il ridimensionamento dei fondi per i contratti integrativi. Inoltre le misure previste dalla manovra finanziaria, in particolare il blocco delle procedure contrattuali e negoziali del personale, nonché la riduzione nel triennio del fondo di finanziamento, potrebbero condizionare il mantenimento degli attuali standard quali-quantitativi dell assistenza socio-sanitaria regionale. Occorre perciò prevedere tempestivamente la messa in atto di strategie in materia di organizzazione dei servizi, di reti assistenziali, di appropriatezza nell uso delle risorse. Il federalismo costituisce oggi uno dei capisaldi su cui riformare il sistema ed una direttrice prioritaria lungo la quale plasmare e sviluppare i contenuti e le finalità del PSSR. Più precisamente la L. n. 42/2009 di delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell art. 119 della Costituzione, dispone il superamento graduale del criterio della spesa storica nei settori di competenza regionale, in particolare nella Sanità. In attuazione della stessa L. n. 42/2009, il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato il Decreto Legislativo che norma il passaggio ad un sistema di finanziamento sulla base dei costi standard dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP, ossia LEA nel settore sanitario), vale a dire quelli che sono i costi teorici efficienti rispetto all utilizzo dei fattori produttivi ed alla struttura demografica della popolazione. Nel nuovo sistema verranno distinti gli elementi oggettivi e strutturali che definiscono il costo di un bene o di un servizio in condizioni ottimali di efficienza dalle spese dovute ad inefficienze organizzative ed operative (vale a dire la differenza di spesa rispetto al costo standard). Ciò non di meno, va evidenziato che una parziale differenza nei costi dei servizi sanitari tra i Sistemi Sanitari delle singole Regioni può dipendere anche dalla diversità delle realtà economico-sociali, dalla diversa struttura della spesa sanitaria totale in termini di spesa pubblica e spesa privata, da specifiche differenze storico-culturali. Non va poi trascurato il fatto che le Regioni di maggiori dimensioni (sia in termini di superficie che di popolazione residente) hanno la possibilità di ottenere economie di scala, più difficilmente conseguibili dalle Regioni più piccole o meno abitate, o da quelle che presentano nel proprio territorio aree montane più o meno vaste. Una volta determinati i costi standard nazionali, corrispondenti ad ogni tipologia di bene o prestazione, e superato definitivamente il criterio della spesa storica, tutte le spese dovute ad inefficienze non saranno più coperte dalla solidarietà interregionale. L obiettivo è di migliorare progressivamente equità e qualità del sistema nel rispetto del vincolo delle risorse programmate, ampliandone l efficienza in rapporto alle esigenze concrete, senza pregiudicare qualità e quantità delle prestazioni. Anzi, l introduzione del costo standard, quale parametro per calcolare il fabbisogno sanitario, permetterà di eliminare sprechi e distorsioni, rendendo più uniformi i Sistemi Sanitari regionali ed aumentando la responsabilizzazione finanziaria ed amministrativa dei vari livelli di governo. La sua costruzione e la sua successiva applicazione pongono alcune questioni operative. Innanzitutto sarà necessario definire un quadro normativo che fissi con precisione i LEP e precostituisca adeguati strumenti di governance. In secondo luogo occorrerà gestire con grande 13

14 equilibrio la fase di transizione dal criterio della spesa storica a quello del costo standard. In terzo luogo sarà indispensabile adottare uno strumento di approccio dinamico per una ricerca continua del miglioramento di costi e prestazioni. Il passaggio al federalismo fiscale comporta, pertanto, l introduzione di elementi di forte capacità innovativa all interno dei Servizi sanitari regionali, pur in un quadro nazionale unitario e con linee di indirizzo e programmazione condivise tra Stato e Regioni. In ambito veneto l orientamento è di costruire un processo di definizione ed applicazione dei costi standard in maniera contestualizzata, considerando come parametri di riferimento le migliori performance conseguite nelle Aziende Sanitarie nel rapporto costi-benefici, tenuto conto delle caratteristiche demografiche e morfologiche dei loro territori. In questa direzione si colloca la determinazione degli obiettivi di qualità ed economicità che le Direzioni Strategiche delle Aziende Sanitarie saranno tenute a perseguire nel biennio Tali obiettivi verranno identificati mediante modelli di benchmarking in via di elaborazione, e saranno parametrati sulle performance delle Aziende più efficienti dal punto di vista gestionale ed economico. Detta sperimentazione è suffragata da tre elementi di fondo: - la credibilità degli standard in quanto livelli conseguibili ed aderenti alla genesi e alla filosofia del modello socio-sanitario veneto; - la sistematizzazione del miglioramento derivante da un graduale assestamento del sistema sui livelli di performance ottimali, riducendo le differenze tra le varie Aziende Sanitarie; - la valorizzazione delle esperienze attuate nei diversi contesti aziendali. La costruzione ed applicazione di un siffatto modello richiede però il consolidamento di uno strumento di monitoraggio del sistema a supporto dell azione di governo. Allo stesso modo si rende necessario avviare un percorso per la definizione di costi standard anche nell ambito socio-sanitario. 1.2 QUESTIONE PRELIMINARE: DETERMINAZIONE DEI NUOVI LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA Il diritto alla salute potrà essere veramente garantito solo se si darà effettiva attuazione all erogazione delle prestazioni previste dai LEA, ai percorsi assistenziali, all equità nell accesso ai servizi. La L. n.833/1978 ha espresso un modello di sistema sanitario universalistico che ha superato sia la frammentazione del sistema mutualistico, sia quella dell apparato centrale e periferico. I principi di fondo del sistema sono: la responsabilità pubblica della tutela della salute, l equità di accesso ai servizi sanitari, la globalità di copertura in base alle necessità assistenziali di ciascuno, il finanziamento pubblico attraverso la fiscalità generale. Tale concezione di equità, democrazia e trasparenza del sistema sanitario pubblico, come possibilità di pari opportunità, accesso e fruizione di interventi, e con standard di prestazioni garantite in modo omogeneo superando eventuali divari storicamente esistenti, va applicata anche nel contesto veneto. I LEA dovranno, dunque, essere declinati in un contesto programmatorio che valuti la qualità delle prestazioni, l appropriatezza del setting assistenziale e dei tempi di erogazione rispetto alla tipologia del bisogno, con un costante monitoraggio finalizzato ad individuare il grado di copertura della domanda e l efficacia delle cure. La rideterminazione dei LEA nazionali dovrà essere accompagnata dalla definizione di indicatori che consentano un costante monitoraggio del work in progress, promuovendo, dove necessario, le azioni correttive e migliorative per superare disuguaglianze ed iniquità. Il sistema di governo regionale sarà, dunque, impostato anche su questi indicatori, e dovrà stabilire meccanismi premiali e sanzionatori ai fini del rispetto non solo degli obiettivi economico-finanziari, ma anche delle attività da garantire al cittadino secondo standard di quantità e qualità. In ogni caso l obiettivo di garantire i LEA in modo uniforme su tutto il territorio regionale viene ad essere strettamente correlato con la ricerca dell appropriatezza e con la flessibilità nei modelli organizzativi, al fine di assicurare risposte adeguate, sia in termini qualitativi che quantitativi, ai bisogni diversi dei territori. Rappresenta, altresì, una caratterizzazione del SSSR veneto la garanzia di prestazioni aggiuntive ad integrazione dei LEA nazionali, che vengono dunque a configurarsi come un valore aggiunto garantito nel territorio veneto. 14

15 1.3 SCENARIO SOCIO-DEMOGRAFICO E EPIDEMIOLOGICO Scenario socio-demografico Il Veneto ha circa abitanti, il 51% di sesso femminile, un età media per gli uomini di 41 anni e per le donne di 44, un dato demografico di 10 nati ogni mille abitanti (il 30% di nazionalità straniera). Il saldo naturale è positivo e pari a nel 2008, dovuto proprio alla presenza di altre etnie, ed é in termini di popolazione la quinta regione italiana dopo Lombardia, Campania, Lazio e Sicilia, con un incremento demografico complessivo, registrato nell ultimo decennio, pari al +9%. La distribuzione della popolazione si presenta molto eterogenea: più della metà dei Comuni annovera meno di 5 mila abitanti, prevalentemente nelle aree montane e nel Polesine, e solo un quinto ne ha più di 10 mila. La popolazione si concentra soprattutto in un area metropolitana compresa fra le 5 province di Padova, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza, ciascuna delle quali presenta una popolazione tra gli e i abitanti; mentre le altre due province di Rovigo e Belluno si attestano attorno ai abitanti. Caratteristica principale della popolazione veneta è l invecchiamento, in coerenza con la situazione nazionale, per l effetto congiunto del calo delle nascite e dell allungamento della vita media. La speranza di vita alla nascita, secondo i dati del 2008, è di poco più di 79 anni per gli uomini e di poco più di 85 anni per le donne (contro i 73 e i quasi 81 anni rispettivamente nel 1990). La speranza di vita a 75 anni è pari a 11,1 per gli uomini ed a 13,8 per le donne, e nell ultimo quinquennio è cresciuta di quasi un anno, seppure gli anni di vita vissuti in più non siano sempre in condizioni di buona salute. La struttura demografica regionale si caratterizza, pertanto, per una forte componente di anziani, in costante aumento negli ultimi 15 anni relativamente a tutte le fasce di età, ma con un incremento più consistente per la classe degli ultra 85enni. Si restringe invece la quota di adulti in età lavorativa e sono pochi i giovani a rappresentare il ricambio generazionale. La dimostrazione di questo fenomeno emerge da un analisi della curva ascensionale che privilegia la terza età: nel 2009 i soggetti con età uguale o superiore ai 65 anni erano , pari al 20% della popolazione veneta (41% uomini e 59% donne), anche se considerare anziane le persone con più di 65 anni può essere in parte fuorviante dal punto di vista sociale, economico e sociosanitario. La componente anziana, più spesso in condizioni di fragilità e più esposta al rischio di patologie croniche, quella cioè costretta a ricorrere maggiormente ai servizi socio-sanitari, si colloca nella fascia degli ultra 75enni, che rappresenta il 9,4% della popolazione residente (valore di poco inferiore a quello dell intero Paese). Per contro, gli adulti in età lavorativa rappresentano il 66% della popolazione, e i giovani sotto i 15 anni il 14%: l indice di dipendenza strutturale (numero di individui in età non lavorativa ogni 100 in età potenzialmente lavorativa) risulta così pari al 51% (con una proporzione dunque di un soggetto non in età lavorativa ogni due in età lavorativa). L indice di vecchiaia (calcolato come rapporto tra il numero di anziani ultra 64enni e il numero dei minori di 15 anni) risulta pari a 139% (con una proporzione di sette anziani ogni cinque minori). In questo contesto emergono differenze anche sostanziali all interno dei territori delle singole Aziende ULSS. Infatti le Aziende ULSS che comprendono le aree geografiche del Polesine, della gronda lagunare e dell area montana mostrano percentuali di anziani piuttosto elevate (22-25%) rispetto al totale della popolazione, mentre nelle Aziende ULSS, appartenenti ad aree centrali a forte vocazione industriale, due terzi della popolazione risultano in età attiva e la quota di anziani supera solo di poco quella dei giovani. L invecchiamento della popolazione, la propensione dei giovani a rimandare la separazione dalla famiglia d origine e l instabilità coniugale incidono sull assetto della struttura familiare. Nel Veneto aumenta il numero delle persone che vivono sole e delle coppie senza figli. Nel 2008 il numero medio di componenti per famiglia era di 2,5 a fronte dei 3,3 di trent anni fa; oltre una famiglia su quattro era costituita da una sola persona (in quasi metà dei casi il componente aveva più di 64 anni); il 60% dei nuclei familiari aveva almeno un figlio; il 33% era senza figli; le famiglie allargate non superavano il 5,5%; il 61% degli uomini e il 48,3% delle donne di età compresa tra i 18 e i 34 anni viveva nelle famiglie di origine (con percentuali inferiori a quelle del resto d Italia, ma ben superiori alla media europea). 15

16 Gli stranieri residenti nel Veneto all inizio del 2009 erano circa pari al 9,3% del totale degli abitanti (con una componente femminile, fra l altro in crescita, pari al 49%, una quota del 13% di minori che è la più elevata in Italia, ed una presenza marcata nel Veneto centrale più industrializzato ed a maggiore densità abitativa), ma si prevede che nel 2020 raggiungeranno quota 800 mila, ossia oltre il 15% del complesso della popolazione. Una realtà, dunque, consolidata, stanziale e in espansione, che ha sortito come effetto sull andamento demografico del Veneto il calo dell età media e l innalzamento del tasso di natalità, visto che i figli degli immigrati nati in questa Regione rappresentano il 30% delle nascite totali. Con riferimento ai paesi d origine, maggiormente rappresentate sono, nell ordine, le provenienze dalla Romania (18,7%), dal Marocco (11,1%), dall Albania (8,3%), dalla Moldavia (5,3%). Come visto, l analisi demografica evidenzia alcune macrospecificità che costituiscono un orizzonte di riferimento strategico per una programmazione che sia davvero mirata, e che si possono così ribadire: - progressivo invecchiamento della popolazione con aumento della quota di grandi anziani soli, in prevalenza donne; - disomogeneità distributiva della popolazione anziana concentrata nelle aree montane, polesane e lagunari, in Comuni per lo più di piccole dimensioni e connotati da bassa densità abitativa, fatta eccezione per i grandi capoluoghi di provincia che alla elevata densità abitativa associano una altrettanto elevata quota di anziani; - ripresa della natalità prevalentemente ascrivibile alla popolazione straniera e, in parte minore, all aumento della fertilità nella popolazione autoctona; - crescita della popolazione immigrata e sua diversa distribuzione (anche per paese di provenienza) nel territorio regionale con maggiori presenze nelle aree centrali più segnate dall industrializzazione; - famiglia profondamente mutata rispetto al passato, con un minor numero di componenti, una significativa quota di nuclei formati da un solo componente anziano, ed una elevata percentuale di giovani tra i 18 e i 34 anni che vivono nell abitazione dei genitori. Tali trasformazioni produrranno un impatto rilevante nel prossimo futuro. La famiglia, sostenuta da specifiche azioni regionali, diventerà sempre più la vera risorsa del sistema anche se avrà seri limiti nell assistenza al paziente cronico, come dimostra la previsione del caregiver ratio (rapporto tra il numero di anziani ultra 80enni ed il numero di donne fra 50 e 64 anni che rappresentano convenzionalmente i familiari che prestano l assistenza). Nel Veneto, infatti, questo rapporto è destinato a ridursi dal valore attuale di 1,5 (quasi due caregiver familiari ogni tre ultra 80enni) a un valore stimato per il 2025 di 0,7 (poco più di mezzo caregiver ogni anziano). Inoltre, in base agli odierni modelli di vita e di lavoro, neppure la coabitazione potrà garantire la possibilità di prendersi cura dei soggetti deboli della famiglia in termini di tempo, dedizione e prestazioni, per cui si dovrà ancora di più fare ricorso a varie forme di sostegno esterno Scenario epidemiologico e bisogni di salute Mortalità generale e per causa I profili di mortalità generale mostrano valori inferiori al dato nazionale, il trend è in costante decremento, in particolare per le malattie cardiocircolatorie. La mortalità infantile è bassa, registrando una caduta dei tassi di mortalità specifici, sia neonatale precoce (1,7 nati vivi), che tardiva (0,6 nati vivi), più accentuata per quanto attiene la quota più precoce di mortalità, giunta ormai ai livelli più bassi presenti in Europa, ma associata ad una persistente disomogeneità territoriale e ad un calo assai più contenuto della natimortalità (2,9 nati). La riduzione della mortalità neonatale è ascrivibile ad una elevata sopravvivenza dei neonati di bassissima età (dalle 28 alle 22 settimane), il cui trattamento richiede una considerevole disponibilità di risorse di assistenza intensiva neonatale. Il quadro complessivo è, dunque, assolutamente confortante. Nel 2008 i decessi tra i residenti sono stati , con un tasso grezzo di mortalità del 9 negli uomini e del 9,2 nelle donne. Il tasso standardizzato di mortalità negli ultimi 14 anni ( ) per gli uomini si riduce del 25% e per le donne del 21%, con una netta diminuzione complessiva in tutte le fasce di età, soprattutto in quelle giovanili e adulte. 16

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