S T A M P A CO SIGLIO EUROPEO IL PRESIDE TE. Cernobbio, 7 settembre 2013 EUCO 179/13 PRESSE 364 PR PCE 157

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1 CO SIGLIO EUROPEO IL PRESIDE TE Cernobbio, 7 settembre 2013 EUCO 179/13 PRESSE 364 PR PCE 157 "I presupposti per la crescita economica e l'occupazione" Discorso del presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy al Forum Ambrosetti di Cernobbio È un piacere per me essere con voi questa mattina, qui a Cernobbio. E vorrei cogliere l'occasione per rendere omaggio all'ex presidente del Consiglio dei Ministri Monti, senza il quale l'italia e la zona euro sarebbero andate incontro a una situazione drammatica. Su questo punto sono certo che la storia gli renderà merito. Ho raggiunto l'italia in aereo direttamente dalla riunione del G20 che si è appena svolta a San Pietroburgo. Questo G20 il mio quarto è stato abbastanza diverso dai precedenti, anche se rimane molta incertezza nell'economia mondiale. Questa volta il rallentamento e i problemi strutturali nei mercati emergenti, le decisioni di politica monetaria degli Stati Uniti e l'"abenomia" in Giappone hanno contribuito a spostare i riflettori lontano dall'europa. La nostra situazione, che è stata al centro dell'attenzione negli ultimi tre anni ad ogni G8 e G20, lo è in misura minore oggi. È una buona notizia, ma non casuale. L'Europa ha risposto attivamente alla crisi. Coraggiosi sforzi nazionali non da ultimo qui in Italia, il nostro lavoro collettivo, la nostra pazienza e tenacia hanno contribuito a rafforzare la nostra credibilità, e stanno cominciando a dare risultati concreti. Sebbene in passato lo abbiano spesso sottovalutato, i nostri partner di tutto il mondo (e con loro i mercati) sanno ora che siamo determinati a difendere l'euro e l'unione. S T A M P A Dirk De Backer - Portavoce del Presidente (0) (0) Preben Aamann - Portavoce aggiunto del Presidente (0) (0) press.president@consilium.europa.eu EUCO 179/13 1

2 È incoraggiante che nelle ultime settimane si siano diffuse alcune notizie economiche positive. Modeste, ineguali, forse fragili, ma pur sempre positive. I dati sulla crescita sono leggermente migliorati in alcuni paesi, non da ultimo in Portogallo che ha fatto registrare il più forte tasso di crescita trimestrale nell'unione. Qui in Italia, la fiducia dei consumatori e delle imprese sta prudentemente risalendo. Questi timidi segnali sono come germogli. E come tutti i germogli, devono essere curati e nutriti. Un'incipiente ripresa, insomma, ma che non deve assolutamente farci perdere la concentrazione o far diminuire la nostra determinazione. Dobbiamo restare vigili, proseguire le riforme in corso e, soprattutto, attuare rapidamente e integralmente le misure che abbiamo deciso. Perché siamo ancora molto lontani dagli obiettivi che ci siamo prefissati. Soprattutto sul fronte dell'occupazione. Il nostro continente sta attraversando una fase di trasformazione. Per loro stessa natura, le contrazioni economiche sono dolorose. Si tratta quindi di agevolare l'adattamento restando al tempo stesso concentrati sugli obiettivi a lungo termine, ossia il miglioramento delle condizioni di vita dei nostri cittadini e un'economia pronta ad affrontare le sfide del XXI secolo. Pertanto dobbiamo pensare in termini più strategici alle basi della futura crescita in Europa, ed è appunto questo il tema che vorrei affrontare con voi oggi: i presupposti per la crescita e l'occupazione in Europa. In realtà i tassi di crescita strutturale in Europa hanno iniziato a rallentare già ben prima della crisi. Nel decennio precedente abbiamo compensato e nascosto questo fenomeno permettendo che si verificasse un rapido accumulo di debito pubblico e privato. Bolle ed eccessi finanziari ci hanno lasciato con settori pubblici sovradimensionati, banche vulnerabili e imprese e famiglie sotto pressione. Ovviamente il nostro futuro deve essere diverso. Cosa possiamo cambiare per ripristinare la crescita strutturale in Europa? Come possiamo garantire un futuro prospero e sostenibile tra venti o cinquant'anni? Per rispondere a questi interrogativi, propongo di riesaminare alcuni fondamentali dell'economia. Nelle mie osservazioni prenderò in esame uno alla volta i principi di base dell'offerta e della domanda. E come vedrete, anche migliorare la governance della zona euro è un elemento chiave della nostra strategia di crescita. Iniziamo dall'offerta. Semplificando, per poter consumare un'economia deve innanzi tutto essere capace di produrre (ossia, se vogliamo, deve disporre di un motore ben funzionante), e poi ha bisogno di carburante della migliore qualità. In altri termini la crescita è una funzione della produttività ("produttività totale dei fattori", il nostro motore), e del carburante, ossia il lavoro e il capitale. A livello dell'unione europea stiamo lavorando su tutti e tre questi aspetti. Permettetemi di iniziare dalla produttività, il nostro motore. È l'elemento principale. È qui che intervengono l'innovazione e il progresso tecnologico, la flessibilità e l'efficienza dei nostri mercati, e il nostro spirito imprenditoriale. Il buon funzionamento del motore dipende da numerosi fattori, da un'alchimia che gli economisti riescono solo in modo imperfetto a ridurre in equazioni. Ma vi sono aspetti concreti su cui in Europa dobbiamo concentrarci, e lo stiamo facendo. Investire nell'innovazione, nel capitale umano, sostenendo la ricerca e lo sviluppo e i brevetti, anche attraverso l'istruzione, i tirocini e la formazione : questa è stata una priorità fondamentale dei leader europei quando, all'inizio dell'anno, hanno negoziato il bilancio dell'ue per i prossimi sette anni. Tutte queste voci di bilancio registrano un aumento del 40%, a fronte di un bilancio in leggera diminuzione. EUCO 179/13 2

3 Anche in un contesto di ristrettezze di bilancio, investire per la crescita futura resta assolutamente cruciale! Certamente per l'ue, e so che anche numerosi governi nazionali si stanno impegnando a fondo in questa direzione. Diminuire la burocrazia per le imprese e aumentare l'efficienza del settore pubblico significano liberare più risorse da investire in futuro! Prendiamo gli investimenti in materia di infrastrutture e tecnologia, ad esempio nelle TIC. In questo settore, diciamolo francamente, siamo ancora in ritardo rispetto ai nostri concorrenti a livello mondiale. Sulle reti di fibre. O sulla tecnologia 4G. Pensate: attualmente, gli Stati Uniti, il Giappone e la Corea detengono quasi il 90% degli abbonamenti 4G a livello mondiale, contro soltanto il 6% dell'europa. (A casa mia in Belgio, ad esempio, non ho copertura 4G! Mentre in un passato non troppo lontano, in quanto inventori del GSM, noi europei eravamo leader in questo campo!) Per le imprese, recuperare il ritardo accumulato rappresenterebbe un enorme impulso. Quindi, fra sette settimane ho convocato un Consiglio europeo affinché i leader possano discutere come recuperare il tempo perso nel settore digitale. In un'ottica di aumenti di produttività, attenzione ai diritti dei consumatori e alle opportunità di lavoro. E sottolineo: lavoro! Con tassi di disoccupazione alle stelle, non è difficile comprendere l'importanza di qualcosa come posti vacanti per specialisti di TIC. Oltre agli investimenti interni, anche l'apertura di mercati all'estero svolge un ruolo essenziale. A margine del G8, lo scorso giugno, abbiamo dato il via a negoziati sul libero scambio con gli Stati Uniti un'iniziativa promettente e di grandi potenzialità, anche per le imprese. Ma la nostra scommessa migliore per aumentare la produttività resta il nostro mercato unico europeo, che possiamo sfruttare ancora di più. Non da ultimo nel settore dei servizi, o in quello energetico. Attualmente, rispetto ai suoi concorrenti statunitensi, l'industria europea paga il doppio per l'elettricità e quattro volte tanto per il gas. Le nostre imprese sono molto più avanzate sul piano del risparmio energetico (costi energetici elevati sono un buon incentivo per una produzione ecocompatibile). Ma a causa degli elevati costi dell'energia non traggono vantaggi dalla loro maggiore efficienza energetica. È per questo motivo che, lo scorso maggio, il Consiglio europeo ha adottato alcune decisioni volte ad abbattere le barriere nel settore dell'energia e ad ampliare le nostre scelte energetiche, affinché l'energia sia più abbordabile per le imprese e i cittadini. Dopo la produttività: il lavoro. Senza lavoro non c'è crescita, ovviamente. A questo proposito l'osservazione cruciale è che siamo un continente che sta invecchiando. L'aspettativa di vita in Europa aumenta di tre mesi ogni anno. Nel 2013, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, la nostra popolazione in età lavorativa, di poco più di 300 milioni di persone, ha iniziato a calare. Nel frattempo il numero di anziani è in costante crescita. Di conseguenza, mentre oggi abbiamo circa tre pensionati ogni dieci lavoratori, nel 2060 il rapporto sarà di sei a dieci. Una sfida colossale per le nostre economie sociali di mercato. Ma rallegriamoci anche del fatto che vivremo tutti più a lungo! A causa dell'invecchiamento e della riduzione della forza lavoro, senza sforzi per migliorare la partecipazione al mercato del lavoro in particolare da parte di giovani adulti, donne, anziani e minoranze, inevitabilmente andremo incontro a un calo della crescita e del benessere. È un dato di fatto aritmetico, che dovrebbe spingerci a riflettere seriamente almeno a quattro temi, ognuno dei quali a suo modo delicato: EUCO 179/13 3

4 primo: la riforma dei sistemi pensionistici molti dei nostri Stati membri sono impegnati in una riforma delle pensioni; secondo: rendere le assunzioni più interessanti per le imprese il che significa, essenzialmente, ridurre il peso fiscale sul lavoro; terzo: politiche volte ad aumentare il numero di donne e di persone non più giovani sul mercato del lavoro; e infine: riflettere attentamente alle nostre politiche dell'immigrazione per i prossimi vent'anni, in quanto un modo ovvio per rimediare al problema della contrazione della forza lavoro consiste nella migrazione. (O nel fare più figli!) In termini di politiche, tutti e quattro questi aspetti sono principalmente di competenza nazionale. Ma con la crisi finanziaria è diventato sempre più evidente che quanto avviene (o non avviene) in un paese può incidere su tutti gli altri. Pertanto, abbiamo già approfondito il dialogo e il coordinamento in un'ampia gamma di settori, e dobbiamo continuare in questa direzione magari anche attraverso impegni reciproci più vincolanti nel campo delle riforme strutturali. Mi auguro che prima della fine del mio mandato si possa giungere a un accordo su questi contratti di riforma, che costituiscono un elemento portante della nuova unione economica e monetaria. Ho parlato di produttività e lavoro, permettetemi ora di affrontare l'altro fattore essenziale: il capitale. Per un'impresa, il finanziamento di nuovi investimenti può provenire dagli utili dell'impresa stessa, se il bilancio aziendale è in attivo. Ma in molti paesi europei le società devono far fronte a debiti ereditati e a ristrutturazioni. Quindi in questo momento gli investimenti europei in campo industriale sono modesti. Il settore pubblico può essere d'aiuto. Non scommettendo sui vincitori, ma dotando l'industria di un quadro politico che le consenta di modernizzarsi e di essere più competitiva. Questo è il motivo per cui ho messo l'industria all'ordine del giorno delle prossime riunioni del Consiglio europeo di ottobre e febbraio un tema che discuteremo sulla base di idee concrete presentate dalla Commissione. Al di là degli investimenti industriali, si tratta della nostra competitività globale, del nostro spirito imprenditoriale. Ovunque inizia a farsi strada la consapevolezza che un settore come quello manifatturiero, che rappresenta 37 milioni di posti di lavoro e tre quarti delle esportazioni dell'ue, non è qualcosa che appartiene al passato, ma è anche il nostro futuro. E questo vale anche per l'italia! Perché siete maestri nella fabbricazione di oggetti unanimemente seducenti! Ma torniamo al capitale. Oltre ai finanziamenti forniti dalle imprese stesse (grazie a bilanci in attivo), è essenziale avere un settore finanziario sano. In Europa il settore bancario è fondamentale per far sì che le imprese e le famiglie ottengano finanziamenti per i loro progetti. Ora, l'unione economica e monetaria è stata fondata originariamente sul principio secondo cui l'integrazione finanziaria avrebbe migliorato questa intermediazione finanziaria, e che ciò a sua volta avrebbe contribuito a promuovere la crescita (e in effetti così è stato). Ma è vero anche il contrario come abbiamo imparato a nostre spese negli ultimi anni, quando la frammentazione finanziaria ha fatto a pezzi le nostre economie. Questa è la lezione che teniamo a mente nel lavorare a una reale unione economica e monetaria, in particolare nel costruire un'unione bancaria, con l'obiettivo di preparare la zona euro al futuro forse il maggior risultato dello scorso anno. Con un meccanismo di vigilanza unico per tutte le banche della zona euro (che sarà presto operativo) e un meccanismo di risoluzione unico, la nuova unione bancaria sarà la pietra miliare della nostra architettura finanziaria. EUCO 179/13 4

5 Vi ricordo che nel giugno 2012 abbiamo deciso di istituire un meccanismo di vigilanza unico entro la fine dell'anno, il che rappresenta un enorme cambiamento, e nel dicembre 2012 è stato già raggiunto un accordo sulla sua configurazione. Come abbiamo mantenuto la promessa per il meccanismo di vigilanza, così faremo con il meccanismo di risoluzione unico. Su questo non ho dubbi. Nel frattempo, per far fronte all'immediata contrazione del credito, la Banca centrale europea ha raccolto la sfida di distribuire liquidità in tutto il sistema bancario. E i leader europei hanno deciso a giugno un massiccio piano d'investimenti per le regioni in difficoltà, finanziato dal bilancio dell'unione e dalla Banca europea per gli investimenti. Tutto questo avviene, me ne rendo conto, mentre l'intero ecosistema finanziario sta subendo straordinarie trasformazioni, e continuerà a subirle nel prossimo decennio, per giungere a banche più sicure (e forse più piccole) e anche, speriamo, a una percentuale maggiore di finanziamenti non bancari. Questi cambiamenti dovranno essere gestiti adeguatamente, in quanto sono fondamentali per il finanziamento della nostra economia perché il nostro motore possa essere alimentato correttamente. Signore e signori, anche quando è alimentato con carburante di qualità e ha caratteristiche d'alta gamma, un motore ha bisogno, per essere messo in moto, di uno scopo. Allo stesso modo, un'economia che dispone di una buona offerta ha bisogno di domanda. Di domanda nell'immediato, ma anche della prospettiva di una domanda sostenibile a medio e lungo termine. E per questo è essenziale mantenere la fiducia. Per evitare l'alternanza di periodi di espansione e contrazione, di esuberanza e di depressione, nonché le incertezze legate a un processo decisionale irregolare la prudenza è fondamentale. Nell'approccio europeo alla crisi, il ripristino della fiducia dei consumatori e degli investitori è stato fondamentale. Abbiamo sempre saputo, dopo il doppio shock che ha investito prima le banche e poi la zona euro, che ci sarebbe voluto del tempo. Come recita un proverbio olandese: "La fiducia se ne va al galoppo e torna al passo". E in effetti è così. Ma anche se lentamente, sta tornando. E dobbiamo stare attenti a non sprecare questa occasione facendo marcia indietro sulle riforme nazionali ed europee! Negli ultimi anni abbiamo sperimentato ancora una volta che quando la fiducia è compromessa, quando la domanda è in caduta libera, i governi diventano l'erogatore di denaro di ultima istanza. Nel 2008, gli americani e gli europei hanno applicato le lezioni del New Deal degli anni '30, con un gigantesco stimolo all'economia (pari all'1,5% del PIL dell'ue) che ci ha permesso di evitare il peggio. Naturalmente, per essere in grado d'intervenire con forza quando le cose vanno male, occorre creare il margine di bilancio per poterlo fare quando le cose vanno bene. Conosciamo i danni risultanti da un debito insostenibile. Per questo il risanamento di bilancio è un elemento così importante della strategia europea. Per risanare le finanze pubbliche, la sfida per ciascun paese consiste nel trovare il ritmo giusto, il giusto equilibrio, anche tra breve e lungo termine. Ad esempio, avanzare più rapidamente sul cammino delle riforme per avere il massimo impatto immediato sulla crescita. Oppure, mirare ad alleviare il peso della spesa pubblica anziché aumentare l'onere fiscale. EUCO 179/13 5

6 La flessibilità delle nostre norme di bilancio comuni rende per l'appunto possibili queste scelte. Prima dell'estate abbiamo dimostrato, ad esempio in Portogallo, in Irlanda, che possiamo essere flessibili sugli obiettivi nominali fintanto che sono in atto sforzi strutturali. Anche altri paesi, come la Francia, in cambio di maggiori riforme strutturali hanno ottenuto più tempo tempo che non va sprecato ma utilizzato. Questo dovrebbe lasciare spazio anche per un sostegno a breve termine e mirato a favore della crescita e dell'occupazione. Si tratta di un principio che il Consiglio europeo ha sostenuto a più riprese, dal patto per la crescita del giugno 2012 al nostro ultimo vertice prima dell'estate, in cui abbiamo insistito, ad esempio, a favore di iniziative ambiziose contro la disoccupazione giovanile e di un più facile accesso al credito per le PMI. È essenziale mantenere la coesione sociale e la stabilità. Oltre a queste misure, il consolidamento delle basi dell'unione monetaria è una parte essenziale della nostra strategia di crescita. Ciò implica una maggiore integrazione finanziaria, economica e di bilancio dei passi importanti anche dal punto di vista politico, come i leader sanno bene. Questo punto è stato al centro della mia riflessione su come progredire verso una reale unione economica e monetaria, nelle relazioni che ho presentato lo scorso anno al Consiglio europeo. Per una zona euro più forte, mi adopererò affinché si prosegua in questa direzione. Per concludere, l'europa può trovare e incentivare fonti di crescita e occupazione nuove, sostenibili, per i giovani, per la prossima generazione. Senza dimenticare alcuni principi fondamentali. L'Europa è un continente unico, privilegiato nel mondo. Un'alchimia da custodire gelosamente: fatta di prosperità, libertà e sicurezza, senza dimenticare la solidarietà insita nei nostri modelli sociali. È un risultato di cui andare orgogliosi, che può motivarci a rinnovarci e ad adattarci restando fedeli a noi stessi nel nuovo mondo. Sono consapevole che l'ideale europeo è messo a dura prova in numerosi paesi, se non in tutti. Per la prima volta dobbiamo difendere l'europa, dal punto di vista politico e a tutti i livelli, per convincere realmente l'opinione pubblica. Tuttavia, riusciremo a convincere i cittadini non con la retorica e con le sole parole (anche se le parole sono necessarie), ma con i risultati, con la crescita, con nuovi posti di lavoro. Negli ultimi anni abbiamo fronteggiato una crisi guardando al futuro. Ciò vale per la maggior parte degli Stati membri e per l'unione nel suo insieme. In ciascuna azione immediata di "sopravvivenza" non abbiamo mai perso di vista il lungo termine. Pensate ai nostri sforzi per costruire un'unione monetaria più forte, alla nostra insistenza sulle riforme economiche strutturali, a con quanta attenzione abbiamo evitato di combattere questa crisi gettando le basi per una crisi futura. Usciremo da questa crisi più forti. Non è una strada facile, ma il tempo ci darà ragione. Forse non gli elettori dell'anno prossimo, ma sicuramente i successivi e, in ogni caso, gli storici futuri! Perché una cosa è certa: l'europa può farcela ce l'ha fatta in passato, ce la farà in futuro. Grazie [in italiano nel testo ndt] EUCO 179/13 6

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