Conferenza AICI Italia è cultura. Gli istituti culturali per lo sviluppo del paese, Torino, settembre 2014
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1 Conferenza AICI Italia è cultura. Gli istituti culturali per lo sviluppo del paese, Torino, settembre 2014 Relazione di Paolo Soddu (consulente culturale della Fondazione Einaudi) al workshop intitolato Gli istituti tra continuità e innovazione. In questo intervento utilizzerò il caso della Fondazione Luigi Einaudi onlus come paradigma dell evoluzione di istituzioni culturali, operanti sia nel campo della conservazione e valorizzazione sia della formazione e della ricerca. E stata una delle prime istituzioni culturali ad assumere anche nella denominazione il termine Fondazione: si proponeva come una novità in una fase della storia del paese ricca di attese, di potenzialità e di disponibilità non soltanto finanziarie, del pubblico come del privato. Nelle aspirazioni originarie vi era l ambizione di essere internazionale e tale termine appariva nella prima denominazione, soppresso solo in seguito ai rilievi del Consiglio di Stato. Tra i fondatori, che nel luglio 1964 si assunsero anche l impegno di finanziarne la realizzazione, erano soggetti di diritto pubblico e privato, con l apporto scientifico dell Università di Torino. A essi si aggiunse il contributo della Banca d Italia, che consentì alla Fondazione di dotarsi di un proprio patrimonio finanziario, mentre con la legge del 1970 fu stabilito l intervento dello Stato per dieci anni a partire dal 1968, secondo il regime allora in vigore delle norme ad hoc per ciascun ente imparentato con la cultura. Alla scadenza nel 1977, un gruppo di senatori, primo firmatario Spadolini, presentò un disegno di legge che stanziava un contributo annuo dello Stato di 300 milioni di lire. Fu in quell occasione che la Fondazione realizzò un efficace campagna di stampa che conseguì due risultati: d un canto la conferma del finanziamento pubblico, dall altro, su sollecitazione di Rosario Villari allora deputato comunista e componente la Commissione Istruzione della Camera, l avvio di una legislazione di insieme sugli istituti di cultura. La Fondazione fu da subito un ente che conservava beni culturali, che promuoveva ricerca, che formava e che diveniva luogo riconosciuto del dibattito culturale in città e nel paese. Come ha sostenuto Maria Teresa Silvestrini, il gruppo torinese che le aveva dato impulso, tra i quali erano Norberto Bobbio, Luigi Firpo e Alessandro Passerin d Entrèves, aveva promosso nel secondo dopoguerra il rinnovamento della scienza politica e sociale operando nell Istituto di scienze politiche della Facoltà di Giurisprudenza dal quale ebbe origine, alla fine degli anni sessanta, la Facoltà di Scienze politiche dell Università di Torino. L Istituto aveva peraltro realizzato un intensa collaborazione con l Istituto di economia 1
2 Cognetti de Martiis (Luigi Einaudi ne era stato prima allievo e poi animatore), e con l Istituto di storia in quegli anni diretto da Franco Venturi. Di Solari era stato allievo anche Mario Einaudi, il figlio primogenito di Luigi, che della Fondazione fu il vero ideatore. Aveva lasciato l Italia nel 1933 e, divenuto insieme con la moglie Manon Michels cittadino americano, dal 1945 insegnava alla Cornell University. Nei primi anni sessanta a Cornell egli aveva fondato il Center for International studies, il cui modello fu un riferimento essenziale per la definizione della natura, dell identità, degli orientamenti e della struttura della Fondazione Einaudi. Nel quadro delle profonde trasformazioni del tempo, la società italiana si dotava di strumenti che dovevano contribuire al superamento dei suoi storici squilibri e delle persistenti sacche di arretratezza con lo slancio verso la società industriale. L infittirsi delle relazioni e dei legami con gli altri paesi occidentali rendeva urgente la costruzione di solide strutture per una salto di qualità nella formazione delle nuove generazioni affinché da esse nascesse una classe dirigente capace di governare, nelle diverse responsabilità, la crescente complessità della società italiana in evoluzione. Questa funzione, era convinzione dei fondatori, poteva essere svolta con maggiore efficacia e successo da un istituzione di tipo privatistico, tuttavia strettamente intrecciata con il patrimonio di conoscenze depositato nelle Università, e assolvere così al compimento di una formazione superiore per il quale esse non avevano ancora gli strumenti. Insomma, una istituzione privata sussidiaria dell Università e dei luoghi di formazione superiore e, per questa ragione, sostenuta anche con risorse pubbliche. L altro aspetto essenziale fu la natura della Fondazione come ente diretto e autonomo di ricerca. In quel luogo il perfezionamento della formazione intellettuale e professionale degli assegnatari dei contributi di ricerca dava vita a specifiche forme di sociabilità che solo ed entro quell ambito acquisivano senso. Questa seconda natura della Fondazione caratterizzò l intero periodo in cui Mario Einaudi svolse un ruolo di direzione, che coincise con la fase precedente l entrata in funzione dei dottorati di ricerca nelle Università, il cui primo ciclo fu indetto proprio nel Il riadattamento del modello del Center for international studies si concretizzò nella scelta di valorizzare specifiche aree di ricerca il cui senso risiedeva nell intento di favorire la formazione di settori della classe dirigenti secondo coordinate culturali allora in voga e che erano state fin dal 1962 al centro della Nota aggiuntiva. In questo senso, Einaudi e gli studiosi che componevano il Comitato scientifico condividevano, pur nei perimetri di una rigorosa 2
3 delimitazione scientifica, un medesimo ethos che si richiamava alle culture democratiche dell Occidente e la Fondazione si proponeva di offrire alle nuove generazioni, che al suo interno si formavano, strumenti culturali che erano stati gli ingredienti fondamentali della «grande trasformazione» in Occidente. Ciò si tradusse in una struttura organizzativa complessa, con la presenza, accanto al Comitato scientifico, di ricercatori interni, oltre che dei borsisti che, in Italia o all estero, ma con un luogo preciso di riferimento, la sede della Fondazione Einaudi a Torino, approfondivano e perfezionavano la propria formazione con seminari, incontri che facevano il punto sull andamento delle ricerche e definivano gli strumenti metodologici. Erano pertanto introdotte forti innovazioni che imponevano alla ricerca di misurarsi con la multidisciplinarietà, con il lavoro di gruppo, con l evoluzione delle metodologie. Nel primo decennio della Fondazione rimasero quindi aperte due strade. La Fondazione, infatti, nasceva e operava anche sulla base della consapevolezza che fosse necessario colmare le carenze del sistema dell istruzione italiano e in particolare dell Università. La struttura articolata, composta alla fine degli anni sessanta da due collaboratori scientifici, cinque ricercatori senior, quindici ricercatori e cinque borsisti, faceva prevedere l avvio di un cammino teso a fare della Fondazione un centro autonomo di elaborazione scientifica, accanto ma differenziato dall Università. Con questa ipotesi coabitava il progetto caldeggiato da Luigi Firpo, che invece accordava il primato alla formazione delle nuove generazioni destinate alla carriera universitaria, conseguendone un implicita rinuncia quindi a un attività autonoma della ricerca. Il passaggio alla direzione caldeggiata da Firpo, a partire dalla metà degli anni settanta, fu senz altro agevolato dalle ricadute delle tensioni e dei conflitti sociali che innervarono il lungo autunno caldo italiano. L ambizione di produrre autonomamente ricerca aveva inevitabilmente comportato la creazione di una struttura gerarchica tra coloro che la ricerca conducevano, rafforzando la prospettiva che in Fondazione fosse possibile percorrere una carriera autonoma e non semplicemente, come era nei voti, compiere e maturare la propria formazione. Ne derivò l abbandono delle aspirazioni che avevano accompagnato il primo decennio di vita: le risorse furono rivolte al sostegno della formazione postuniversitaria, con le borse di studio annuali rinnovabili e con i contributi di ricerca. Nel 1984, come si è accennato, si dovettero fare i conti con l introduzione dei dottorati di ricerca: fu rivista l offerta formativa con l obiettivo di sostenere i giovani nel periodo di 3
4 interregno tra la laurea e il dottorato, tra il dottorato e l avvio della carriera universitaria. Entrati i dottorati a regime, la Fondazione ha perseverato nel sostegno ai giovani, puntando soprattutto a garantirne la formazione nella fase seguente il dottorato, sostenendo in particolare, ma non solo, quanti proseguono gli studi all estero. Il terzo aspetto delle attività della Fondazione è quello maggiormente condiviso da analoghi istituti culturali e cioè la conservazione e la valorizzazione del patrimonio archivistico e librario, cresciuto nel corso dei decenni sulla radice della donazione dell eroe eponimo cui è dedicata l istituzione e nella messa a disposizione di questo patrimonio del pubblico. La Fondazione risente dei problemi finanziari comuni alla generalità delle istituzioni culturali italiane, in seguito al ritiro progressivo delle istituzioni pubbliche, sebbene essa possa in parte sopperire grazie al sostegno della San Giacomo Charitable Foundation presieduta da Luigi R. Einaudi. I suoi fini istituzionali si concentrano essenzialmente su due fondamentali questioni: è luogo di conservazione e di potenziamento del patrimonio culturale, offre sostegno a giovani studiosi di scienze umane e di economia con la messa in concorso di borse di studio, che quest anno ammontano a undici per una spesa complessiva di circa euro. Riguardo la ricerca, il sostegno è quindi in gran parte indiretto nel senso che la Fondazione sceglie, con le borse di studio, di concentrare le proprie risorse su filoni di ricerca su cui si impegnano le Università. Continua a essere uno dei luoghi del dibattito culturale e promuove convegni di respiro internazionale. E un evoluzione, quindi, che è un processo di adattamento ai mutamenti che sono intervenuti nell organizzazione della cultura e più in generale nella società italiana. In definitiva la scelta è stata di coniugare ricerca e formazione, nel senso che si è preferito sostenere quanto si produce nell Università italiana, agevolando e privilegiando percorsi di specializzazione all estero. La Fondazione continua ad avere propri campi di attività scientifica i cui risultati sono messi a disposizione con gli «Annali» e con gli «Studi» da essa pubblicati. Tuttavia ha rinunciato per un certo periodo a essere essa stessa centro di centro di ricerca dotato di autonomie strutture, non solo perché non più sostenibile economicamente, ma anche perché effettivamente l evoluzione del sistema universitario ha fattto si che le Fondazioni svolgessero un ruolo integrativo e di sostegno. La direzione futura induce a potenziare nuovamente, grazie anche alle risorse intellettuali alle quali la Fondazione può attingere, la ricerca nel quadro di interconnessione sempre più feconda sul piano internazionale, sia a livello europeo con il programma Horizon 2020, sia su un piano globale. E certo necessario fare innanzitutto rete, ma non è sufficiente. 4
5 Il quadro globale deve essere necessariamente tenuto presente, favorendo una maggiore comunicazione e una più stretta integrazione tra i centri di cultura italiani e il mondo globale. Siamo spesso preoccupati e giustamente per la fuga di cervelli, per il fatto, cioè, che le nuove generazioni alimentano una sensibile emigrazione intellettuale, come se si riproponesse la condizione contrassegnante le fasi del decollo industriale e di consolidamento delle trasformazioni strutturali del paese. Dimenticando che ai flussi migratori verso l esterno l Italia accompagnava, allora, la capacità di attarre intelligenze, tecnici, imprenditori che hanno avuto un ruolo non secondario. Occorre che le nostre fondazioni culturali si pongano al servizio di questo immane compito che è decisivo per il futuro dell Italia, e cioè la capacità attrattiva in un mondo sempre più interconnesso, mobile e competitivo. Certo è questione assai più generale che presuppone l identificazione di quale tipo di società vogliamo costruire in questi tempi di rapidissimi cambiamenti. Le istituzioni culturali, però, possono svolgere un compito fondamentale che sconti e rovesci quelli che oggi ci appaiono gli handicap nazionali. Forse sarebbe decisivo e prioritario anche sapere costruire un diverso rapporto tra le generazioni, intessere un filo che le leghi e che preveda la disponibilità delle generazioni mature di investire sulle nuove. In fin dei conti, fu ciò che fece Luigi Einaudi, delle cui opere la Fondazione, insieme con l omonima fondazione romana, ha incominciato la pubblicazione di un edizione critica. Fu egli, infatti, a istituire le prime borse che premiarono nella prima edizione Massimo L. Salvadori e Giampaolo Pansa. In questo spirito si muove anche la nostra esperienza degli Amici della Fondazione Luigi Einaudi, analoga ad altre diffusesi negli ultimi anni nel paese: ha voluto costituire appunto un richiamo a un modello di solidarietà, che consenta, a chi ha usufruito dei vantaggi di una formazione altrimenti non realizzabile, di potere contribuire a far sì che di un analogo percorso possano avvantaggiarsi anche le nuove generazioni che si affacciano alla vita adulta. Anche questo è un modo con il quale realizzare un modo di stare insieme in continuità con le culture profonde che hanno formato la democrazia degli italiani. 5
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