Progetto Ospedale Senza Dolore

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1 Progetto Ospedale Senza Dolore Dispensa al Corso di Formazione per Infermieri Professionali Adattamento a cura di A. Sbanotto e E. Scaffidi Anno 2003 COSD IEO

2 Progetto Ospedale Senza Dolore IEO A cura del Comitato Ospedale Senza Dolore dell Istituto Europeo di Oncologia di Milano Presidente: Segretario: Componenti: Dott. Leonardo la Pietra Dott. Alberto Sbanotto Sig.ra Santina Bonardi, Sig. Pierluigi Deriu, Dott.ssa Emanuela Omodeo Salè, Dott.ssa Elena Scaffidi, Prof. Vittorio Ventafridda, Dott. Marco Venturino COSD IEO

3 1. INTRODUZIONE Perché un opuscolo sul dolore destinato agli infermieri? Noi sappiamo che il dolore non è ineluttabile; possiamo riconoscerlo, e possiamo combatterlo. Spesso infatti, alla fine dei nostri studi, siamo abituati a non vedere più, né ad ascoltare, né a considerare il paziente che si lamenta, ma piuttosto a pensare che sia un simulatore, o che stia esagerando, perché ci dà fastidio, ci disturba, interrompe la nostra routine, ci fa anche male. Altre volte, dopo aver segnalato il dolore, averlo presentato nelle consegne e non aver visto alcuna conseguenza o prescrizione contro di esso, abbiamo uniformato la nostra condotta a quella dei nostri colleghi: Non si può fare niente. Allora si fa finta di non vedere, non si cerca più di curarlo non ci si rapporta più nemmeno con esso. Il dolore che si sopporta meglio, infatti, è quello degli altri. In realtà se non vogliamo più sentirlo né vederlo, se il paziente rinuncia a comunicarci il suo dolore, ci dovremmo ricordare le definizioni della nostra professione espresse di seguito in alcuni punti. L infermiere esercita la sua professione nel rispetto della vita e della persona umana. Egli rispetta la dignità e l intimità del paziente e della sua famiglia. Il rispetto della vita e della persona umana presuppone che noi riconosciamo l individuo e la sua sofferenza, ma anche che agiamo facendo ciò che può essere utile alla sua scomparsa. Il rispetto della dignità chiede che nessuno sia afflitto da dolori inutili ed evitabili. Prevenire e valutare la sofferenza e lo sconforto delle persone e partecipare al loro sollievo Questo é il nostro principale scopo. Prima di intraprendere la lettura, ricordiamoci che il Codice Deontologico obbliga il medico a sforzarsi nell alleviare le sofferenze del suo paziente. Inoltre deve esserci tutta un équipe insieme in questa lotta. La terapia del dolore rappresenta, peraltro, un esempio di collaborazione tra infermieri, medici, psichiatri, fisioterapisti, neurologi, psicologi, operatori sociali, familiari... Proteggere, mantenere, ripristinare e promuovere la salute delle persone o l autonomia delle loro funzioni vitali, fisiche e psichiche, tenendo conto della personalità di ognuno di essi, nelle componenti psicologica, sociale, economica e culturale Sappiamo che una persona che soffre non é più se stessa, è difficile conservare un equilibrio psicologico soddisfacente quando il dolore si insinua e diventa duraturo; senza parlare delle limitazioni che esso impone all autonomia fisica. Sottolineiamo anche, tenendo conto della personalità nella sua componente culturale, che non bisogna disprezzare il dolore di colui che, per le sue radici culturali, lo esprime con forza, e con continuità. Non dobbiamo giudicare i mezzi ai quali l individuo ricorre per esprimere il proprio sconforto; é tale sconforto, e soltanto esso, che importa. COSD IEO

4 Partecipare alla raccolta delle informazioni e ai metodi che saranno utilizzati dal medico per stabilire la diagnosi. Insistiamo soprattutto sulla raccolta di informazioni; ciò costituisce spesso un problema. Certi pazienti prostrati per tutta la mattinata appariranno, perfettamente rilassati al momento delle visite dei familiari fatte più tardi; altri, al contrario, manifesteranno dolore solo alla vista dei membri della loro famiglia; altri ancora riserveranno i loro pianti esclusivamente all infermiere e non ammetteranno mai di essere stati male quando il medico effettuerà la sua visita. Sarà tentato di dire: non sto più male anche se questo non sopprimerà i suoi pianti. Non bisogna dimenticare nessun pianto, poiché noi non possiamo giudicare ciò che prova colui che soffre; solo lui è in grado di dirlo e noi non abbiamo il diritto di censurarlo. Un altro punto riguardal infermiere: applicare le prescrizioni mediche e i protocolli stabiliti dal medico ed anche il paziente. La prescrizione medica, quando si vuole trattare il dolore deve recare l orario, visto che in alcuni casi si utilizza più di una prescrizione al giorno. Le prescrizioni di analgesici non vanno dimenticate o ridotte nelle dosi! Non c è da temere, infatti, di prescrivere la dose adeguata quando si aggiunge sulla ricetta la dicitura : in caso di inefficacia ripeterla fino a x volte nella giornata. La normativa relative alle regole professionali degli infermieri afferma che: Si deve chiedere al medico prescrittore un supplemento d informazioni riguardo la prescrizione ogni volta che lo si ritiene necessario perché insufficientemente chiara. Non esitiamo dunque a parlare con il medico non tanto perché questo gioverà alla nostra formazione, ma soprattutto al paziente. Purtroppo, però, il dolore non si arresta con adeguate prescrizioni mediche e il punto seguente ci ricorda: Partecipare alla sorveglianza clinica dei pazienti e alla messa in opera delle terapie. Sorveglianza di: Oppioidi (attenzione ai dosaggi, a problemi di stipsi e alla secchezza della bocca) Corticosteroidi (attenzione a fornire un adatta copertura gastrica) Antidepressivi associati agli analgesici (attenzione a possibili interazioni con altri farmaci) Le dosi sono efficaci? Avendo trattato la causa del dolore è possibile diminuire le dosi di analgesici? Favorire il mantenimento, l inserimento o il reinserimento dei malati nel loro contesto familiare e sociale. Assistere i pazienti in fin di vita e se necessario anche le loro famiglie. Il controllo del dolore migliora la qualità della vita (poter tornare a vivere nella propria casa con la pompa di morfina in grado di alleviare il dolore!). Quando non esiste più alcuna ragionevole speranza di guarigione bisogna, infine saper ascoltare l angoscia di chi sta per morire visto che anche questa rappresenta un dolore. In questo caso il vostro paziente non avrà bisogno di analgesici: egli non avrà dolore, starà male. I soli farmaci che potrete utilizzare per curarlo saranno la vostra presenza, il vostro ascolto e talvolta la vostra parola. COSD IEO

5 In conclusione appare evidente che l infermiere gioca un ruolo fondamentale nei confronti del dolore. COSD IEO

6 2. GENERALITÀ Comprendere il dolore: esperienza soggettiva di un disordine fisico. Qualunque sia il meccanismo iniziale (somatico, neurologico o psicologico), il dolore propriamente detto costituisce in tutti i casi un esperienza soggettiva, un fenomeno neuropsicologico, centrale. La classica dicotomia somatico/psicologico può eventualmente riguardare il meccanismo generatore (l eziologia) ma non il fenomeno dolore in sé stesso. L Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) propone di definire il dolore come un esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata ad un pericolo tissutale presente o potenziale, o descritto in termini di potenziale danno. L aspetto interessante di questa definizione è di non ridurre la nozione di dolore alle sole cause lesive. Se il pianto scaturisce da un disordine fisico, anche se non documentato, si tratta, malgrado tutto, di un dolore. Questa nozione ha delle importanti conseguenze nella pratica clinica in quanto si sa che, in un modello strettamente periferico, questi dolori rischiano di essere assimilati a dei dolori immaginari, discutibili, simulati, cosa che conduce ad attitudini di rifiuto verso il paziente. Un punto di vista centrale aiuta a meglio comprendere le classiche nozioni di discordanza anatomoclinica, di placebo-sensibilità, il ruolo della personalità. La relazione tra l entità del danno tessutale e la severità del dolore è incerta, in quanto numerosi fattori neurofisiologici o neuropsicologici possono modificare la sua integrazione centrale. Prendiamo allora in considerazione successivamente le componenti sensorio-discriminative, affettivo-emozionali, cognitive e comportamentali del dolore. Componente sensorio-discriminativa La componente sensorio-discriminativa corrisponde ai meccanismi neurofisiologici che permettono la decodificazione della qualità (scarica elettrica, torsione, ustione, ecc..), della durata (breve, continua, ) dell intensità e della localizzazione dei messaggi nocicettivi. In rapporto ad altri sistemi sensoriali, le performances della decodificazione dei messaggi nocicettivi non sono affatto perfette. Si sa che il dolore può mancare in numerosi casi o apparire solo ad uno stadio troppo avanzato, come nel cancro. Si conosce soltanto la localizzazione imprecisa dei dolori profondi, in particolare di quelli di origine viscerale ed il fenomeno del dolore proiettato. Di fatto, di queste caratteristiche sensoriali, certi autori considerano che il dolore si rapporta di più alla percezione di uno stato di bisogno (dolore/segnale di allarme) come la fame o la sete piuttosto che ad un sistema sensoriale come la vista o l udito. Componente affettivo-emozionale Se il dolore occupa un posto speciale tra le percezioni, è soprattutto la sua componente affettiva particolare che fa parte integrante dell esperienza dolorosa e gli conferisce la sua tonalità spiacevole, aggressiva, penosa, difficilmente sopportabile. Se il dolore intenso impone un trattamento sintomatico, è a causa di questo impatto sull individuo. Smorzare la tonalità affettiva del dolore rappresenta già una forma di trattamento. Essa, infatti, è determinata non solo dalla causa stessa del dolore, ma anche dal suo contesto. Il significato della malattia, l incertezza della sua evoluzione, sono anch essi fattori che vanno a modulare il vissuto doloroso. COSD IEO

7 Questa componente affettiva può sfociare in stati emozionali correlati, come l ansia o la depressione. Tale correlazione spiega una regola d approccio al dolore, che consiste nel valutare sistematicamente i livelli d ansia e di depressione, oltre che i fattori in causa. Componente cognitiva Il termine cognitivo designa un insieme di processi mentali suscettibili di influenzare una percezione (in tal caso il dolore) e le reazioni comportamentali che esso determina: processo di attenzione e di distrazione, interpretazioni e valori attribuiti al dolore, anticipazioni, raffronti con esperienze dolorose precedenti personali o osservate, decisioni sul comportamento da adottare. Dopo le osservazioni classiche di Becher, si conosce l influenza del significato accordato alla malattia sul livello di dolore. Studiando comparativamente 2 gruppi di feriti, militari e civili, che presentavano delle lesioni apparentemente identiche, egli ha osservato che i militari richiedevano meno analgesici. La spiegazione di questa differenza stava nel fatto che, nei due gruppi, il traumatismo ed il suo contesto rivestivano dei significati tutt altro differenti: comparativamente positivi per i militari (vita salva, fine del rischio del combattimento, buona considerazione della fascia sociale, etc...), comparativamente negativi per i civili (perdita dell impiego, perdite finanziarie, disinserimento sociale,..). Componente comportamentale Tale componente ingloba l insieme delle manifestazioni verbali e non verbali osservate dalla persona che soffre (pianti, mimica, posture antalgiche, impossibilità di mantenere un comportamento normale, ). Queste manifestazioni possono apparire come reattive ad un dolore percepito. Esse costituiscono degli indici fedeli della importanza del problema del dolore. Esse assicurano anche una funzione di comunicazione con ciò che ci circonda. Ciò che si è appreso precedentemente, in funzione dell influenza familiare ed etno-culturale, degli standard sociali legati all età ed al sesso, sono suscettibili di modificare la reazione attuale di un individuo. Le reazioni dell ambiente (familiare, professionale, sanitario) possono interferire con il comportamento del malato con dolore, e contribuire al suo equilibrio. COSD IEO

8 3. BASI NEUROFISIOLOGICHE La comprensione dei meccanismi del dolore ha beneficiato, nel corso degli ultimi 20 anni, di progressi considerevoli realizzati nei differenti campi di ricerca delle Neuroscienze. Scopo di questo capitolo è quello di fare il punto sulle principali acquisizioni neurofisiologiche concernenti i meccanismi del dolore, riferendosi in maniera non esaustiva a certi aspetti patologici e farmacologici. Esamineremo successivamente come i messaggi indotti dalle stimolazioni periferiche che saranno percepiti come dolorosi, sono trasmessi, modulati ed integrati a diversi livelli del sistema nervoso. Dalla periferia al midollo spinale In periferia Il messaggio nocicettivo (nocicettivo: termine introdotto da Sherrington per designare ciò che può provocare un danno tissutale) deriva dallo stimolo delle terminazioni nervose libere amieliniche e mieliniche costituenti arborizzazioni sia nei tessuti cutanei, muscolari ed articolari, sia nelle pareti dei visceri. I messaggi nocicettivi sono in seguito veicolati nei nervi da differenti tipi di fibre (chiamate nocicettori) catalogate secondo il loro diametro e l esistenza o meno della guaina mielinica. Il perfezionamento delle tecniche di registrazione dell attività elettrica delle fibre nervose periferiche dell uomo ha permesso di identificare quelle prodotte dalle stimolazioni nocicettive. Questi studi hanno permesso di scoprire che il ruolo maggiore, nella ricezione e nella modulazione dell intensità del dolore cutaneo, è giocato dai nocicettori polimodali di tipo C. Le fibre C sono delle fibre senza mielina (con un sottile diametro inferiore ad un micron, ed una velocità di conduzione lenta inferiore a 2 m/s). Polimodale significa che tali fibre sono attivate da diversi stimoli intensi: meccanici, termici e chimici. Quando si applicano degli stimoli ripetuti, queste fibre sono la sede del fenomeno di sensibilizzazione che si manifesta almeno con una delle seguenti modificazioni: diminuzione della soglia di attivazione, aumento delle risposte, comparsa di attività spontanea. Fisiopatologia del dolore Questi fenomeni possono essere all origine delle reazioni di iperalgesia Recettori periferici: (sensibilità accentuata per stimoli normalmente Primo dolore dolorosi) osservata in Secondo dolore certe condizioni Intensità di patologiche dell uomo. dolore Le altre fibre nocicettive sono le fibre A delta scarsamente mielinizzate, tempo nell ambito delle quali sono state identificate varie sottoclassi. Si tratta di fibre con una maggiore Assoni mielinici Fibre C (amieliniche) velocità di conduzione, spesso legate al fenomeno dell allodinia (percezione come dolore di uno stimolo non doloroso, ad COSD IEO

9 esempio il tocco della mano). Le fibre che trasmettono messaggi nocicettivi indotti a livello dei tessuti profondi (muscoli, articolazioni, visceri) sono state studiate solo nell animale. A livello dei muscoli, un gran numero di fibre A delta e C sono nocicettori polimodali particolarmente eccitati dalle sostanze algogene e dagli stimoli termici. Non si può dunque affermare che tutte queste fibre sottili siano implicate nella nocicezione; infatti, attraverso la loro attivazione durante la contrazione muscolare, certe potrebbero essere implicate nell induzione dei riaggiustamenti circolatori e respiratori durante l esercizio muscolare. I nocicettori sono stati chiaramente identificati anche a livello delle articolazioni. E attualmente difficile sapere in quale misura il dolore di origine viscerale risulta dall attivazione di nocicettori specifici o dall attivazione eccessiva dei recettori che, in condizioni normali, partecipano alla regolazione riflessa della funzione viscerale. Le fibre sottili A delta o C, attivate da stimoli che nell animale scatenano reazioni simili al dolore, sono state evidenziate a livello del cuore, della pleura, della cavità addominale, della colecisti, dell intestino, dei testicoli e dell utero. Tuttavia, alcune di queste fibre sono ugualmente eccitate durante la distensione o la contrazione moderata dei visceri, ed accrescono la loro scarica all aumentare della stimolazione; in tal caso non si tratta dunque di recettori specifici. Genesi dei messaggi nocicettivi Gli intimi meccanismi responsabili della genesi dei messaggi nocicettivi non sono stati ancora chiariti. Pertanto, anche se l eventualità di una attivazione diretta delle terminazioni periferiche non può essere scartata, è per ora ben stabilito che numerosi fattori chimici sono capaci di modificare l attività delle fibre afferenti primarie di piccolo diametro. Alcune di queste sostanze (bradichinina, istamina, serotonina, prostaglandine ) sono infatti capaci di attivare e/o di sensibilizzare i nocicettori; altre, come la sostanza P, intervengono nei processi di infiammazione neurogena (il classico riflesso assonico) allorquando il sistema simpatico con la liberazione della noradrenalina modula l attività dei nocicettori nelle condizioni patologiche particolari, come in caso di lesioni dei nervi periferici. La grande diversità delle sostanze presenti a livello periferico pone numerosi problemi per la messa a punto di nuovi analgesici. Dal punto di vista terapeutico, l ideale sarebbe di proporre ai pazienti un cocktail di sostanze, agenti su differenti fattori, cosa che sembrerebbe illusoria. Ma siamo più ottimisti, poiché è verosimile che ognuno di questi fattori gioca un ruolo più o meno preponderante secondo l eziologia e le componenti della sindrome dolorosa considerata. E dunque necessario approfondire le nostre conoscenze sui nocicettori, tanto dal punto di vista della biologia molecolare quanto dal punto di vista fisiopatologico. Questo è giustificato dal fatto che lavori elettrofisiologici relativamente recenti hanno mostrato l esistenza di nocicettori silenziosi in assenza di lesione. In altri termini, una percentuale elevata di fibre C e A delta non può essere attivata da stimolazioni estreme che provengano da un tessuto sano, ma presenta un attività spontanea elevata ed una soglia di attivazione relativamente bassa dopo la creazione di un infiammazione articolare o cutanea. La dimostrazione dell esistenza di recettori silenziosi apporta argomenti supplementari per l utilizzo e la messa a punto dei modelli sperimentali del dolore che sono essenziali per la comprensione della fisio-farmacologia del dolore. Dopo il loro tragitto nei nervi periferici, le fibre afferenti raggiungono il sistema nervoso centrale attraverso le radici spinali posteriori o il loro equivalente a livello dei nervi cranici. COSD IEO

10 Le fibre A delta e C terminano a livello degli strati superficiali delle corna dorsali del midollo (lamina I e II di Rexed) I neurotrasmettitori Uno dei problemi maggiori che è stato oggetto di numerose ricerche riguarda i neurotrasmettitori che sarebbero liberati a livello di queste terminazioni. La sostanza P (un peptide costituito da 11 aminoacidi) è stato per lungo tempo considerato come il neurotrasmettitore del dolore. Tuttavia il problema è molto più complesso poiché una stessa fibra nervosa può ugualmente contenere numerosi altri peptidi (somatostatina, CGRP ) il cui il ruolo va determinato. In più, le fibre afferenti di piccolo diametro, contengono anche aminoacidi eccitatori, come il glutammato e la sostanza P, che possono eccitare i neuroni del corno dorsale del midollo. Inoltre, è stato dimostrato che glutammato e sostanza P possono essere simultaneamente liberati per opera di stimoli nocicettivi. Alla luce dei lavori attuali, è ancora difficile stabilire il ruolo rispettivo del glutammato e della sostanza P. Sottolineiamo che la messa a punto di antagonisti specifici non peptidici della sostanza P (numerosi laboratori ne hanno già sintetizzati) e di recettori al N-metil-D-aspartato costituisce uno degli assi di ricerca maggiori per la messa a punto di analgesici. A livello delle corna dorsali del midollo spinale Nelle corna dorsali del midollo, due principali gruppi di cellule sono attivate dalla messa in gioco di fibre sottili: I neuroni nocicettivi chiamati non specifici poiché rispondono a volte a stimolazioni meccaniche leggere e a stimoli nocicettivi meccanici, termici e talvolta chimici; possiedono la proprietà di accrescere la loro scarica in funzione dell intensità dello stimolo; I neuroni nocicettivi chiamati specifici in quanto non sono eccitati che da stimolazioni meccaniche e/o termiche intense (vale a dire unicamente nocicettive ). Questi neuroni (soprattutto quelli del primo gruppo) sono inoltre attivati da stimoli viscerali, muscolari ed articolari intensi. L esistenza di una convergenza viscero-somatica va nel senso della teoria della proiezione convergente avanzata per spiegare i meccanismi dei dolori proiettati. Secondo questa teoria, questi dolori sarebbero legati alla convergenza di messaggi nocicettivi cutanei e viscerali su una popolazione di neuroni spinali che trasmettono l informazione ai centri sopramidollari. In condizioni abituali, quelli che sarebbero soprattutto attivati dai nocicettori dei tegumenti; in condizioni patologiche, sarebbero attivati da nocicettori viscerali, l informazione nocicettiva sarebbe allora interpretata come proveniente da territori cutanei che ne sono abitualmente l origine. Ad esempio, l angina pectoris si manifesta frequentemente con dolore all arto superiore sinistro, la colica epatica, invece, con un dolore a livello della scapola destra.. Questi due gruppi di neuroni sono localizzati a livello degli strati superficiali delle corna dorsali (lamina I e II) e nelle zone più COSD IEO

11 profonde (lamina V e VI). Ci sono, inoltre, altri neuroni attivati dallo stimolo doloroso che sono localizzati nella regione ventrale della sostanza grigia del midollo spinale. E ormai dimostrato che i neuroni localizzati nelle corna dorsali giocano un ruolo fondamentale: molti di essi sono all origine dei fasci ascendenti e la loro attività è chiaramente depressa dalla morfina e da diverse tecniche di neurostimolazione utilizzate nella clinica per indurre effetti analgesici. Dal midollo spinale al cervello Organizzazione delle vie ascendenti Osservazioni cliniche fatte sull uomo e studi elettrofisiologici fatti sugli animali dimostrano indiscutibilmente che la maggior parte delle fibre ascendenti che si mettono in comunicazione con le strutture sopramidollari responsabili della ricezione del dolore provengono da neuroni i cui assoni incrociano il midollo ed entrano nel quadrante midollare controlaterale. La sezione a questo livello (cordotomia anterolaterale) è ancora utilizzata, in alcuni casi, per il trattamento del dolore neoplastico ribelle ad ogni tipo di terapia. Il fascio spino-talamico è frequentemente associato, erroneamente, al cordone anterolaterale. In realtà questo contiene altre vie ascendenti come il fascio spino-reticolare che termina a livello delle regioni bulbari, pontine e mesencefaliche in modo bilaterale. In più, un discreto numero di neuroni nocicettivi danno origine ad un fascio spinale ascendente esclusivamente omolaterale e con un ruolo non ancora precisato. Recenti acquisizioni suggeriscono che questo possa essere implicato non solo nella trasmissione del dolore dovuto ad un eccesso di nocicezione, ma anche nel processo di riaggiustamento consecutivo a lesioni nervose periferiche o midollari. Non si può, dunque, attribuire una funzione univoca ad un determinato fascio. Per l elevata percentuale di neuroni nocicettivi e per l entità di convergenze cutanee, viscerali e muscolari su questi neuroni, il fascio spino talamico occupa un posto privilegiato nella trasmissione di messaggi nocicettivi nei primati. Lo sviluppo di avanzate tecniche anatomiche ha messo in evidenza la complessità dell organizzazione delle vie ascendenti. A titolo d esempio si consideri che una sola fibra ascendente alla volta può proiettarsi a livello reticolare e talamico. COSD IEO

12 L analisi quantitativa di questi collaterali permetterà di stabilire con maggiore precisione l importanza dei fasci ascendenti. La loro molteplicità lascia già intravedere le difficoltà incontrate per l esplorazione di strutture sovraspinali implicate nei processi nocicettivi. Le strutture cerebrali Nota la complessità dei fasci ascendenti cerebrali che conducono messaggi nocicettivi nelle varie regioni risulta evidente che è sempre più difficile seguire il percorso di tali messaggi nell ambito del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e che numerose aree cerebrali sono implicate nelle diverse componenti del dolore. Questo spiega l insuccesso terapeutico di interventi neurochirurgici su diverse aree cerebrali volti ad alleviare il dolore ribelle e a scoprire un centro unico per il dolore. La complessità delle vie del dolore e delle strutture nelle quali esse terminano è aumentata dalla difficoltà nell approccio sperimentale, del tronco cerebrale e delle strutture del cervello anteriore. In primo luogo, lo sperimentatore deve tener conto dei differenti problemi etici sollevati da tali esperimenti che devono essere compiuti su animali in anestesia e con nevrasse intatto. E evidente che l effetto depressivo generale degli anestetici sul SNC provoca differenze molto importanti nell ambito dei risultati ottenuti a seconda del tipo di anestetico utilizzato. In secondo luogo, ci sono discordanze per ciò che concerne le terminazioni delle vie del dolore. Infine, c è confusione in letteratura che deriva dalla nomenclatura utilizzata dai diversi autori nei loro differenti schemi anatomici delle aree sovraspinali. A dispetto di tutte queste difficoltà i risultati fisiologici ed anatomici ottenuti nel corso degli ultimi anni, hanno permesso di fare progressi nella comprensione dei meccanismi coinvolti a livello sovraspinale che determinano la sensazione dolorosa. Era logico cominciare gli studi dalle strutture che ricevono proiezioni dirette ed indirette provenienti da neuroni delle corna dorsali midollari. Nonostante ci siano sempre state discussioni sull importanza delle proiezioni del fascio spino talamico, recentemente sono stati compiuti studi elettrofisiologici sulla scimmia a livello del nucleo ventro-postero-laterale e nel ratto a livello del complesso ventro-basale. In tali strutture esistono numerosi neuroni che vengono attivati da stimolazioni nocicettive, meccaniche e termiche. La loro soglia di attivazione per stimoli termici si situa intorno ai 44 C. Le risposte di questi neuroni sono in grado di dare informazioni sulle caratteristiche della stimolazione meccanica ottenuta (intensità, durata, localizzazione). Non c è dubbio che tali neuroni siano implicati nella componente sensorio-discriminativa del dolore. Le risposte di tali neuroni agli stimoli nocicettivi inoltre, sono fortemente depressi da piccole dosi di morfina che inducono effetti analgesici quando iniettate nell animale libero nei suoi movimenti. Studi anatomici hanno chiaramente dimostrato che i neuroni talamici sia nel ratto che nella scimmia si proiettano massivamente a livello della corteccia somestesica primaria. Sembra logico pensare, quindi, che tali aree corticali siano implicate nell integrazione di messaggi nocicettivi. Ciò contrasterebbe con teorie secondo le quali la corteccia non sarebbe affatto implicata nella sensazione di dolore, visti i risultati di studi neurochirurgici nei quali si dimostrava che la stimolazione corticale non provocava dolore. L implicazione della corteccia somestesica primaria è oggi chiaramente stabilita nelle due specie animali studiate. COSD IEO

13 Un certo numero di neuroni presenta caratteristiche simili a quelle dei neuroni talamici. Questi risultati concordano con quelli condotti sull uomo con la PET (tomografia ad emissione di positroni). Il ruolo funzionale delle altre regioni talamiche che ricevono proiezioni dirette del midollo spinale deve essere ancora chiarito. Alcune di esse potrebbero essere implicate nelle risposte motorie conseguenti all applicazione di uno stimolo doloroso. Numerosi studi hanno dimostrato l intervento di diverse strutture della formazione reticolare bulbare, pontina e di strutture talamiche dove si proiettano tali vie. Tenendo conto delle proiezioni di tali regioni a livello dei nuclei striati sembra che esse possano contribuire alla attivazione dei sistemi di difesa contro un aggressione nocicettiva. Questo vale anche per la formazione reticolare mesencefalica. La dimostrazione della via spino-ponto-amigdaliana è relativamente recente. I neuroni all origine di tale via sono localizzati negli strati superficiali del corno dorsale del midollo spinale, l informazione è trasporatata a livello del nucleo pontino e poi è proiettata nel nucleo centrale dell amigdala. A questi tre livelli va constatato che numerosi neuroni rispondono esclusivamente a stimolazioni nocicettive. Il ruolo di questa via spino-ponto-amigdaliana è tuttora oggetto di speculazioni. Tenendo conto delle caratteristiche sopra descritte è stato proposto che essa possa essere implicata nell aspetto affettivo ed emozionale del dolore. Da certi autori è stata descritta una via spino-ipotalamica diretta, la cui importanza resta ancora da confermarsi. La molteplicità dei fasci ascendenti suggerisce indiscutibilmente che la nocicezione ed il dolore non dipendono da un unico sistema e che non esiste un centro specifico per il dolore. La modulazione del messaggio nocicettivo Il sistema del dolore si può descrivere come un sistema rigido che permette la trasmissione di messaggi nocicettivi dalla periferia ai centri superiori dell encefalo. In realtà, nei diversi livelli del circuito, il trasferimento dell informazione è costantemente modulato da diversi sistemi di controllo. La loro evidenza costituisce l acquisizione più importante nell ambito della fisiologia del dolore nel corso degli ultimi 20 anni. I sistemi di controllo sono stati studiati a livello spinale, dove modulano la trasmissione dei messaggi nocicettivi a livello del corno dorsale, che non può più essere considerato come un semplice mediatore tra i nervi periferici ed il cervello. Nel 1965 Melzack e Wall hanno proposto una teoria del dolore, detta del gate control (teoria del cancello) che attribuisce un ruolo importante alle integrazioni midollari. Tale teoria sottolinea il fatto che le fibre afferenti di grosso diametro (A alfa e beta) che trasmettono messaggi tattili blocchino, a livello midollare, i neuroni nocicettivi della lamina 5. L inibizione è ugualmente ottenuta da stimolazione dei cordoni posteriori. Il circuito sinaptico inizialmente proposto per questa inibizione è oggi considerato parzialmente inesatto, poiché i fenomeni d inibizione non sono esclusivamente presinaptici ma anche postsinaptici. L azione inibitoria delle grosse fibre sui messaggi nocicettivi è diventata una nozione classica. Tale meccanismo è alla base di stimolazioni analgesiche periferiche o midollari utilizzate in clinica (neurostimolazione transcutanea, stimolazione dei cordoni posteriori del midollo). Queste ricerche hanno avuto importanti ripercussioni per il trattamento dei dolori ribelli. I diversi interventi neurochirurgici che consistevano nell interrompere o nel distruggere le vie ed i relé del dolore (sezione di nervi, di radici dorsali, cordotomie, sezioni talmiche..) vengono progressivamente abbandonati ad eccezione di casi particolari. COSD IEO

14 In parte gli interventi neurochirurgici ablativi hanno lasciato posto alle tecniche di neurostimolazione che rafforzano l attività dei sistemi di controllo inibitori e che hanno il vantaggio di non produrre lesioni irreversibili del sistema nervoso. A livello dei circuiti spinali la trasmissione dei messaggi nocicettivi è controllata da sistemi di controllo di origine segmentaria e sovraspinale. La Teoria del Gate Control (Melzack e Wall, 1965) I controlli segmentari E ormai dimostrato che l attivazione delle fibre nervose cutanee di grosso diametro (A alfa e beta) che danno origine a deboli sensazioni tattili blocca a livello midollare le risposte dei neuroni spinali a stimoli nocicettivi. Tali acquisizioni sperimentali spiegano in parte gli effetti favorevoli dell utilizzo terapeutico delle tecniche di neurostimolazione periferica di bassa intensità e di frequenza elevata. In questo caso, la stimolazione può essere applicata sia a livello dei nervi periferici, attraverso elettrodi cutanei in prossimità del nervo, sia a livello dei cordoni posteriori midollari attraversi l inserimento di elettrodi in posizione extradurale per via percutanea. Queste tecniche si sono rivelate utili soprattutto nel caso di dolori dovuti a lesioni del sistema nervoso periferico. I controlli di origine sovraspinale Si esercitano soprattutto in certe regioni del tronco cerebrale da cui originano vie discendenti inibitrici. Inizialmente, è stato messo in evidenza nel ratto che la stimolazione della sostanza grigia periacqueduttale produce interessanti effetti analgesici. É stato precisato che questi effetti derivano principalmente dalla regione ventrale della sostanza grigia periacqueduttale corrispondente al nucleo dorsale del rafe, ricco di nuclei serotoninergici. È stato confermato il ruolo di altri nuclei del rafe, specie a livello del ponte o del bulbo, dove sono stati evocati potenti effetti analgesici stimolando il nucleo rafe magno. Il fatto che queste COSD IEO

15 stimolazioni profonde blocchino certi riflessi nocicettivi suggerisce che l analgesia risulta, almeno in parte, dalla messa in gioco di vie discendenti inibitorie confermando, ancora una volta, che la stimolazione di questi nuclei deprime in maniera intensa le risposte nei neuroni delle corna dorsali a stimoli dolorosi. La farmacologia dei sistemi discendenti è molto complessa ed è oggetto di molti lavori spesso difficili da interpretare poiché le metodologie utilizzate sono molto varie. La partecipazione di vie bulbo-spinali serotoninergiche è ben acquisita, così come quella dei sistemi discendenti noradrenergici. È stato dimostrato, inoltre, che la somministrazione di naloxone (antagonista degli oppioidi) abolisce o riduce gli effetti analgesici indotti dalla stimolazione della sostanza grigia periacqueduttale o del nucleo rafe magno. Ciò suggerisce che la stimolazione centrale libera endorfine. A partire da queste acquisizioni, diversi autori hanno supposto l esistenza di un sistema analgesico endogeno, chiamando in causa diverse strutture mesencefaliche, pontine e bulbari; esso farebbe parte di un anello di feed-back negativo attivato da stimolazioni intense provocando di conseguenza l inibizione della trasmissione dei messaggi nocicettivi a livello midollare. L evidenza di sistemi di controllo ha permesso di stabilire nuovi approcci nella lotta contro il dolore, ed una migliore conoscenza della farmacologia di questi sistemi dovrebbe permettere di proporre nuovi trattamenti più specifici e più efficaci. Ad esempio, molti laboratori stanno studiando i sistemi monoaminoergici. Nell animale alcuni agonisti alfa-2 noradrenergici sono in grado di indurre effetti analgesici potenti. Il ruolo delle endorfine resta ancora incerto. nonostante queste sostanze siano presenti a livello delle strutture che giocano un ruolo strategico noto nella nocicezione. COSD IEO

16 4. BASI PSICOLOGICHE Tutte le figure che prestano cura al sofferente debbono essere in grado di comprendere il malato e lo insieme di fattori psico-sociali suscettibili di peggiorare o mantenere il dolore oncologico e non. In alcuni casi la collaborazione con lo psicologo o con lo psichiatra diventa auspicabile. La difficoltà sta allora nel fare accettare la strategia al malato. La richiesta di consulenza psichiatrica o psicologica nel malato con dolore non deve essere interpretata come prova che si pensi ad un dolore immaginario. La capacità di invio allo psichiatra è un buon indice di funzionamento dell équipe (o della rete). L invio è semplificato quando lo psichiatra è presentato come colui che conosce bene certi farmaci analgesici (antidepressivi) o che conosce un certo numero di tecniche di controllo del dolore (rilassamento, ipnosi ), e questo per i pazienti reticenti che sono spesso quelli che hanno problemi psicologici. L invio allo psichiatra sarà più facilmente accettato quando sarà presentato precocemente nell ambito della consultazione iniziale, (non dopo il fallimento dei trattamenti proposti) e come una procedura sistematica in caso di dolore cronico. La relazione con il paziente che ha dolore Il primo contatto con un paziente con dolore cronico può essere delicato perché si ha a che fare con la sua aggressività, con i sentimenti di frustrazione e con la sfiducia che trapela dalle sue parole. La relazione è sempre facilitata quando l operatore sanitario mostra chiaramente al paziente di credere al suo dolore e che prova empatia nei suoi confronti. Credere al dolore non significa accettare tutte le concezioni del malato sul suo stato o sulla natura del dolore: bisogna saper spiegare che le cause non sono univoche e far condividere un modello di rappresentazione del problema che renderà legittima la strategia terapeutica. In ogni caso, il colloquio con il malato con dolore cronico non può essere concepito in un atmosfera di urgenza: bisogna saper essere disponibili ad ascoltare e a creare un clima di confidenza indispensabile per una relazione di qualità. Contesto socio-economico Si tratta di valutare l eventuale implicazione tra il dolore persistente e la situazione professionale, compito del sistema delle assicurazioni. Questa fase di valutazione fissa l ambito in cui potrà essere condotta la riabilitazione. Se l handicap doloroso mantiene il paziente lontano dal lavoro, bisogna valutare, consigliare ed eventualmente imporre la strategia più adeguata. In caso di controversia con il sistema delle assicurazioni, è spesso illusorio prevedere un miglioramento prima che essa sia stata risolta. Bisogna saper adottare un attitudine molto chiara circa l ambivalenza della situazione: la scomparsa totale e definitiva del dolore penalizzerebbe il malato nel suo percorso. La riformulazione degli obiettivi reali da perseguire rappresenta la tappa essenziale prima della messa in atto del programma terapeutico. Il contratto stipulato con il paziente può comportare il suo sostegno lungo il percorso. Può succedere che l analisi della situazione sottolinei l importanza del ruolo dei benefici secondari (o la loro ricerca) nella perennità del dolore. In altri casi, una valutazione attenta potrà contribuire a bloccare strade senza uscita, malintesi o errori amministrativi, prendendo contatti con il consulente medico, con il medico del lavoro, con il datore di lavoro. COSD IEO

17 Componente affettivo emozionale La valutazione della componente affettivo-emozionale comprende la valutazione sistematica dell umore. Il ricorso a questionari di auto-valutazione o di etero-valutazione della depressione costituisce un valido aiuto. La depressione è frequente (dal 30 al 50% dei casi) in tutte le patologie dolorose persistenti non oncologiche esaminate nei centri di trattamento del dolore. Essa può spiegare la resistenza alle diverse terapie e influire sul comportamento doloroso. L esistenza di turbe della personalità associate può aver contribuito alla perennità del dolore. Bisogna tenerne conto quando si definisce il programma terapeutico. Una consulenza psichiatrica sarà allora indispensabile sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico. Il compito dello psichiatra è quello di ripercorrere la storia della sintomatologia dolorosa e di stabilire legami temporali con gli avvenimenti della vita. Ciò spiega come un sintomo, inizialmente somatico, è diventato, nel malato, una modalità relazionale con la sua famiglia, con l ambiente socio-professionale, con il personale sanitario, o con il sistema delle assicurazioni. Questi fattori sono in grado di spiegare la persistenza del dolore ed il fallimento delle terapie. Componente cognitiva Essa rappresenta la maniera in cui il paziente immagina la causa del suo dolore e la modalità con cui vi si rapporta. Il colloquio si allarga ad altri problemi, inerenti il dolore, che il paziente ha sperimentato di persona o tramite familiari: la loro durata, la sensibilità al trattamento, l ansia generata dallo stretto rapporto con la malattia. Spesso si scoprirà: Lo smarrimento causato da pareri medici discordanti L incertezza dovuta ad esami diagnostici risultati negativi, lasciando ad intendere che l origine del dolore è misteriosa poiché non visualizzabile La convinzione del fatto che ogni dolore persistente testimonia un processo patologico evolutivo suscettibile di peggioramento (ad esempio, la lombalgia cronica può evolvere in paralisi degli arti inferiori) L incomprensione che deriva dal sentirsi abbandonati, inevitabile qualora terapeuta e paziente abbiano fissato un obiettivo curativo radicale Una convinzione esagerata dell origine esclusivamente somatica, rinforzata dalle numerose consulenze psichiatriche richieste e vissute come prova che non si crede al dolore I commenti e le interpretazioni errate devono essere espressi e chiariti poiché alimentano l angoscia del paziente. Fare il punto della situazione aiuterà il paziente a relazionarsi meglio al dolore Componente comportamentale L impatto del dolore sul comportamento fornisce numerosi indici per valutare l intensità dello stesso. Nei casi più complessi il lamento doloroso è diventato una via di comunicazione privilegiata con il mondo circostante, conferendo al dolore una dimensione relazionale che va considerata. Si dovranno osservare le diverse manifestazioni motorie o verbali che testimoniano il dolore durante il colloquio, l esame clinico, le situazioni statiche e dinamiche: mimica, sospiri, posizioni antalgiche, limitazioni dei movimenti, impaccio. COSD IEO

18 Tali manifestazioni possono costituire uno dei criteri di valutazione del trattamento. Nel caso della lombalgia, la ripresa video fatta durante un percorso con ostacoli rappresenta un metodo interessante per la valutazione dei risultati terapeutici. I lamenti verbali possono essere quantificati a seconda della loro manifestazione, spontanea o su interrogazione oppure in relazione alla quantità di proposizioni relative al dolore presenti durante un discorso. Per valutare l impatto del dolore sull insieme delle attività del malato si deve entrare nel dettaglio della vita quotidiana con l aiuto, eventuale, dei familiari. La limitazione delle attività è uno degli elementi che indicano la gravità di una sindrome dolorosa: tempo passato allungati, attività quotidiane (bagno, abbigliamento, spesa giornaliera, salire e scendere le scale) sostenute, evitate o realizzate tramite l aiuto di una terza persona, attività di svago, attività sessuale, relazioni sociali. Il comportamento dei familiari di fronte al dolore va conosciuto: attitudine all allontanamento, alla sollecitudine, all attenzione esagerata. Alcune di queste reazioni mantengono i pazienti con dolore nel loro handicap. L attuazione di circoli viziosi deve essere spiegata a coloro che vivono con il malato e possono costituire l oggetto del trattamento specifico. Obiettivi da raggiungere La valutazione non sarà completa se non si saranno precisate le attese del paziente. Nei casi più complessi esse non possono essere esplicitate ed una delle prime misure terapeutiche consisterà nel fissare, insieme al paziente, obiettivi ragionevoli della terapia. Davanti ad una richiesta tutto o niente, con la ricerca della soluzione totale e definitiva, bisogna saper riformulare le attese verso obiettivi più realistici come il saper convivere con il dolore e la ripresa delle attività. Alcuni pazienti hanno già trovato un modus vivendi e hanno bisogno di essere confortati in questo comportamento, o di essere ben consigliati sulle attuali possibilità di alleviare il dolore. Il ruolo dell informazione non è affatto trascurabile in fatto di diversità dei metodi analgesici ; attraverso di essa i pazienti possono essere sollecitati, in un quadro pubblicitario o meno. Talvolta il paziente che ha affrontato il problema fino ad un certo punto si consulta poiché è stanco, depresso; egli può esprimere la sua richiesta in termini di alleviamento completo del dolore. Può anche essere stato consigliato da coloro che lo circondano, persuaso che si può fare meglio, o stanco di sopportare certe sofferenze. Se si è raggiunto un certo equilibrio, bisognerà pesare minuziosamente i vantaggi e gli svantaggi di nuove proposte terapeutiche, essendo perfettamente informati di ciò che oggi è possibile e di ciò che non lo è. COSD IEO

19 5. DIFFERENTI TIPI DI DOLORE Esistono vari tipi di dolore che si possono classificare secondo: Il meccanismo fisiopatologico (da eccesso di nocicezione, neurogeno, psicogeno). La durata dell evoluzione (acuto, cronico). Il tipo di patologia in causa (maligna o benigna). Meccanismo fisiopatologico Il percorso diagnostico deve permettere di precisare non soltanto l esistenza e la natura del processo patologico in causa, ma anche di comprendere il meccanismo che genera il dolore. Il trattamento sintomatico deriva per gran parte da una comprensione soddisfacente di tale meccanismo. Anche se numerosi meccanismi fisiopatologici non sono ancora perfettamente compresi, la distinzione di tre principali tipi di meccanismo conserva un valore operativo, sia per la valutazione che per le decisioni terapeutiche. L origine somatica: il dolore nocicettivo (da eccesso di stimolazione nocicettiva). L eccesso di stimolazione nocicettiva è il meccanismo correntemente riscontrato nella maggioranza dei dolori acuti (traumatici, infettivi, degenerativi ). Nello stadio cronico, lo si ritrova nelle patologie lesive persistenti, come ad esempio nelle patologie reumatiche croniche o nel cancro. Esso si esprime su un piano semeiologico spesso secondo un ritmo meccanico (aumento del dolore per attività fisica) o infiammatorio (risveglio notturno dovuto al dolore). Attraverso particolari manovre effettuate in corso di esame obiettivo è spesso possibile evocare il dolore. Le immagini permettono di documentare la lesione in causa. Il meccanismo corrisponde qui alla rappresentazione più usuale del dolore. Un processo patologico attiva, a livello periferico, il sistema fisiologico di trasmissione dei messaggi nocicettivi. L informazione, nata a livello dei recettori, è trasmessa alle strutture centrali. Da un punto di vista terapeutico, è legittimo intervenire sul processo periferico stesso (trattamento eziologico) o limitarne gli effetti eccitatori utilizzando analgesici periferici o centrali, o cercando di interrompere i messaggi nei diversi livelli della trasmissione periferica o centrale (blocchi anestetici). L origine neurogena Per il clinico, almeno due tipi di meccanismi di lesione nervosa possono essere responsabili dei dolori neurogeni. Alcuni dolori risultano dalla compressione di un tronco, di una radice, o di un plesso (sciatico da ernia del disco, sindrome canalare, tumore ). In questo primo caso si tratta di dolore neurogeno che si può chiamare di tipo neurogenico. Altri, invece, non sono legati ad una compressione persistente e sopraggiungono come sequele. In questo secondo caso, la dizione di neuropatico o da deafferentazione permette di spiegare la persistenza del dolore. Il meccanismo della deafferentazione periferica è stato oggetto di numerosi studi, sia clinici che sperimentali. Esso costituisce il tipico esempio di un meccanismo centrale all origine del dolore che si oppone ai dolori da eccesso di nocicezione, dovuti all eccitazione periferica. Dopo lesione o sezione delle afferenze periferiche, i neuroni di relais spinali o sovraspinali possono risultare ipereccitabili ad opera di meccanismi non ancora perfettamente conosciuti: mancanza di inibizione, smascheramento di connessioni eccitatrici, ipersensibilità lavori recenti COSD IEO

20 dimostrano ugualmente la partecipazione di meccanismi periferici nei dolori che si verificano dopo lesione nervosa periferica: ipersensibilità delle terminazioni sezionate, trasmissione dell impulso da fibra a fibra per contiguità. La complessità dei meccanismi centrali e periferici fa oggi preferire i termini di dolore neurogenico o di dolore neuropatico, senza pregiudicare la componente periferica o centrale del dolore. Resta al clinico precisare se il dolore è mantenuto da una lesione che comprime le vie nervose. La nozione di deafferentazione è stata tuttavia estremamente utile per sottolineare la possibilità che si produca un dolore centrale, persistente, in assenza di mantenimento ad opera di una stimolazione periferica. Le principali cause di dolori neurogeni sono l arto fantasma, la zona, la sezione di nervi, la paraplegia, L origine neurogena del dolore è identificata in un contesto conosciuto come attesa neurologica ; essa è spesso mal identificata in corso di cancro o nelle sequele post-chirurgiche. In corso di cancro, la lesione neurologica può essere dovuta sia all infiltrazione tumorale che alle complicanze delle terapie (plessite da radioterapia, ). I dolori neurogeni sono una causa frequente di dolore cronico. Spesso, l analisi retrospettiva delle documentazioni cliniche mostra che solo in pochi casi essi sono stati diagnosticati ed adeguatamente trattati. I dolori neurogeni hanno particolari caratteristiche semeiologiche che ne facilitano il riconoscimento. Caratteristiche semeiologiche del dolore neurogeno (alcune di queste caratteristiche possono mancare) Descrizione clinica: Componente continua (bruciore) Componente acuta, intermittente (scariche elettriche) Disestesie (formicolii, pìzzichi) Dolore che può contrastare con l assenza di lesione somatica Possibilità di intervallo libero dopo la lesione iniziale Esame neurologico: Segni di iposensibilità (ipoestesia, anestesia) Segni di ipersensibilità ( allodinìa, iperpatia) I dolori neurogeni sono abitualmente poco sensibili ai comuni analgesici e agli NSAIDs. Il trattamento farmacologico iniziale prevede l uso di sostanze ad azione centrale: antidepressivi triciclici (amitriptilina, clomipramina) per il dolore di ogni tipo, e gli anti-epilettici (carbamazepina, clonazepam, valproato di sodio, gabapentina) per la componente accessuale, a fitta, anche se tali schematismi non sono sempre rispettati, trattandosi di terapie individualizzate. Allo stesso tempo si proporranno le tecniche di neurostimolazione e si eviteranno le tecniche anestesiologiche o le sezioni neurochirurgiche. Queste ultime sono assolutamente controindicate in quanto in grado di peggiorare la deafferentazione. L origine sine materia e psicogena Anche se la natura sine materia è prevedibile precocemente, è solamente allo stadio cronico del dolore, dopo aver escluso ogni altra causa, che l origine funzionale del dolore si manifesta. Si deve ammettere che è semplice diagnosticare dolore funzionale dopo che un minuzioso esame clinico e paraclinico risulti negativo. COSD IEO

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