Mondo verticale Vertical World. Maurizio Vogliazzo*

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1 26 Projects Verso il cielo o verso il cuore della Terra, la verticalità in architettura è da sempre utopia, sfida, sogno o incubo, folie, ma anche opportunità, prospettiva, soluzione. Sempre alla ricerca dell equilibrio e della sintesi tra queste varie interpretazioni, i progettisti continuano a proporre le proprie visioni di questa tipologia, simbolo universale della capacità umana di imporsi sul territorio. Up into the sky or down into the center of the Earth, in the world of architecture verticality has always been a challenge, utopian dream/nightmare or folly, but it has also provided opportunities, prospects and solutions. Constantly seeking a balance and synthesis of these various interpretations, architectural designers keep on proposing their own visions for this stylistic type, a universal symbol of mankind s capacity to impose itself on the land. Mondo verticale Vertical World Maurizio Vogliazzo* La popolazione del pianeta Terra, che poco dopo la fine della seconda guerra mondiale si aggirava attorno ai 2 miliardi di persone, al momento ammonta circa a 7 miliardi e 250 milioni. Anche se non ha senso dire al momento, visto il ritmo della crescita, valutabile soltanto in via teorica, secondo per secondo. Le conseguenze sono imprevedibili e di fatto incontrollabili. Ma ciò che da tempo è ben noto come irreversibile è il progressivo concentrarsi delle popolazioni nelle grandi aree urbane, dando luogo a continue mutazioni fra di loro poco comparabili, rendendo incerti e rapidamente obsoleti i numerosi modelli interpretativi che si sono susseguiti nel tempo. Mentre il consumo di suolo non conosce soste, come dimostrano gli indici in continua crescita della densità e dell abbandono, apparentemente opposti ma fra loro complementari. Al momento sul piano della geopolitica non paiono darsi strategie alle quali potersi affidare per far fronte in qualche modo ragionevole e sostenibile a questo insieme di accadimenti il cui unico comune carattere di fondo è quello di una estrema instabilità. Può essere interessante rilevare come, fra le tante conseguenze di questa situazione contemporanea priva di precedenti (per di più in ambiente globale ormai completamente ICT in mutamento inarrestabile), tutte le discipline volte alla previsione, alla regolazione e alla pianificazione o, come si usa dire di questi tempi, alla messa a punto di sistemi di governance, si trovino in uno stato di imbarazzata sofferenza. Non fanno eccezione quelle che dichiarano ancora di occuparsi degli assetti territoriali, pur avendo da tempo abbandonato la nozione tradizionale dell urbanistica, ben altrimenti fisica, per scivolare e infine essere incorporate nell alveo indistinto e dagli esiti ben poco palpabili delle politiche gestionali, delle tecniche negoziali, delle pratiche dell intermediazione. Con la confusione che ne deriva in termini operativi: una selva di prescrizioni, o meglio di piani (termine talmente abusato da avere ormai perduto ogni significato) dalla quale è impossibile districarsi, una sorta di folle e sterile tabella Excel, e questo proprio quando l indeterminatezza delle attuali condizioni richiederebbe il coraggio della sperimentazione e di un pensiero seriamente utopico. Assorbire l inesorabile aumento della densità demografica nelle grandi aree urbane e nel medesimo tempo cercare di contenere il consumo di suolo, evitando tra l altro il fenomeno tanto studiato (invano) e tanto deprecato dello sprawl, è un problema che induce a pensare che non ci siano altre soluzioni se non quella di una progressiva verticalizzazione, se così si può dire, degli insediamenti. Percorso per altro già ampiamente praticato, in scala ridotta (generalmente una ventina di piani al massimo) da almeno un secolo in Europa soprattutto, ma anche altrove, seguendo sia input di interessi meramente immobiliari, sia dettami di una urbanistica rozza, sia suggestioni di rovinose ideologie sociologiche, accompagnate spesso e volentieri da sollecitazioni tecnologiche prefabbricatorie palesemente insostenibili nel tempo. Con il risultato di dar luogo a periferie desolate, deprimenti, inaccettabili, e soprattutto non riscattabili in alcun modo, come dimostra la inagibilità delle molte proposte avanzate spesso e da varie parti. Nello stesso tempo è bene tentare qualche chiarimento in tema di verticalizzazione. Partendo per così dire dall alto, come l argomento suggerisce, si trovano i cosiddetti grattacieli, una famiglia ormai sterminata, per i quali è ancora sostanzialmente valida la nota definizione originaria compiutamente formulata già da Louis Sullivan a Chicago, finora mai contraddetta o integrata, salvo alcuni esperimenti di arricchimento funzionale, percentualmente nel complesso poco rilevanti. La loro destinazione d uso o, per meglio dire, la loro ragion d essere continua a riguardare soprattutto gli uffici e i servizi terziari delle varie generazioni che si sono susseguite, ivi comprendendo l ospitalità temporanea e il loisir metropolitano, a partire dal caso leggendario dell Athletic Club Manhattan per arrivare, esempio fra i tanti possibili, ai Giardini Pensili di Singapore. Questi manufatti hanno dato luogo a una forma urbis del tutto nuova e stupefacente. Una vera e propria città verticale, che agli occhi affascinati di Sinbad, il piccolo indimenticabile esploratore urbano uscito dal calamaio di Claude Bragdon, appare come una megalopoli fatta di fontane ghiacciate. Non sono più le avventure di Little Nemo a Slumberland, il paese dei sogni, disegnate anni prima dalla penna di Winsor McCay. Ora è un viaggio in un mondo reale, che la fantasia di un ragazzino percepisce come una magia straordinaria. La suggestione di questa immagine è potente, sarebbe certamente piaciuta a Bruno Munari, che ne avrebbe colto il prezioso contributo di metodo, visto che questa capacità di trasfigurazione poetica, un vero e proprio pensiero laterale, è davvero cosa ben poco diffusa oggi nella progettazione architettonica. Viene anche da pensare a quale formidabile ibridazione potrebbe dare luogo l enorme cupola geodetica pensata da Richard Buckminster Fuller per Midtown Manhattan: una porzione considerevole di questa città verticale incorporata in un macroambiente perfettamente controllato. Nel corso di ormai più di un secolo la vicenda dei grattacieli è punteggiata da una serie fittissima di episodi memorabili, tesi a inseguire condizioni al limite. Per tutti basta ricordare il mai realizzato (forse fortunatamente) grattacielo alto un miglio, pensato nel 1956 da Frank Lloyd Wright per Chicago: 528 piani, impiegati, posti per auto, piattaforme per 150 elicotteri. Un record di densità e concentrazione puntiforme, potenzialmente in grado di liberare una distesa di suolo sgarbatamente occupata da una edilizia diffusa prevalentemente mediocre od obsoleta; nel medesimo tempo una quantità di problemi logistici probabilmente insuperabili. Ma siamo negli Stati Uniti, in una fase di sviluppo mai più eguagliata, dove prendono corpo nuovi modelli di assetti territoriali at-

2 INDUSTRIARSI INDUSTRIOUSNESS tentamente sostenuti da nuove reti di infrastrutture: modelli parzialmente in crisi ma ancora largamente praticati e che comunque in larga misura costituiscono oggi il paesaggio delle aree metropolitane, ovunque esse si trovino. Con il passare del tempo, e in maniera sempre più accelerata dall inarrestabile diffusione dell ICT, nei paesi occidentali a sviluppo maturo, dopo la decimazione dei blue-collars, è tuttora in corso quella dei white-collars, o per lo meno una loro profonda trasformazione, con rilevanti cambiamenti in termini di collocazione territoriale e di morfologia dei luoghi di lavoro. Non per questo si deve pensare che il modello yankee di grattacielo venga abbandonato. Tutt altro: diventa anzi planetario, migrando nei paesi dove ora si registrano alti tassi di crescita, modificando radicalmente e, va detto, violentemente il paesaggio e l assetto fisico di più recenti ed enormi aree metropolitane. Notizie di superamento del record mondiale di altezza si susseguono rapidamente, provenendo da luoghi inconsueti. Ma le Manhattan non sono replicabili, né avrebbe senso il tentare di farlo. Prevalgono di conseguenza le intenzioni dimostrative, i desideri di affermazione e di riconoscimento, che si suppone possano realizzarsi replicando quello che più di ogni altra cosa per cent anni è stato considerato in qualche modo il simbolo di un grande potere: il grattacielo, appunto. Valga per tutti l esempio della BOC Tower di Hong Kong (all epoca ancora protettorato inglese), progettata da Ieoh Ming Pei, che fra il 1988 e il 1992 ha detenuto il primato del più alto edificio mai costruito fuori dagli Stati Uniti. Tuttavia la situazione rispetto a quegli anni non ancora lontani è poi radicalmente cambiata. Nelle sterminate aree urbane della Repubblica Popolare Cinese, i grattacieli si sono trasformati rapidamente in una vera e propria necessità, dovendo far fronte, da un lato, a inurbamenti massicci e, dall altro, all esplosione economica con l infinità di servizi e spazi che tutto ciò comporta. Sicché, con una certa cautela, si può dire che in questo caso è così venuta a configurarsi una sorta di nuova conformazione di città verticale, con caratteri propri, non facilmente decifrabili da occhi occidentali. Una situazione di estremo interesse, da non confondersi nella maniera più assoluta con gli exploits che si susseguono negli Emirati, i quali fungono essenzialmente da vessilli di potenza finanziaria e da richiamo immobiliare che, riducendo le architetture a una sorta di simulazione costruita, non si vede in quale maniera potranno mai dar luogo a formazioni urbane in qualche modo corrispondenti, e tanto meno adatte, a reali e importanti mutamenti sociali ormai poco differibili. Al di là della grande attenzione che va dedicata a tutti questi casi interessanti, e fra loro così differenti, di verticalizzazione, rimane il fatto che la loro reale incidenza per influire sulla condizione di stress globale che si darà sul nostro pianeta fra una quarantina di anni, quando la popolazione ammonterà a circa nove miliardi di persone, sei dei quali concentrati nelle grandi aree metropolitane, sarà generalmente molto limitata. Ma allora, che scenario ci si deve attendere? Distese sterminate di favelas, baraccopoli e via di seguito? Una sorta di inesorabile e divorante Città del Messico? Non certo comunque un revival di Mietskasernen sotto mentite spoglie, alte quaranta, cinquanta piani. E neppure una distesa di Suburbs in the Sky, la definizione dice tutto, spacciati come sostenibili per via di suggeriti intrecci con dotazioni vegetali verticali, come la Eco Town di Ken Yeang o come Cloud, pensata da MVRDV per Seoul. E tuttavia quanti sostengono di possedere le competenze per mettere a punto per tempo politiche opportune e conseguenti strategie e agende di interventi paiono curiosamente afasici e sterili sotto il profilo progettuale e propositivo, finendo col ridursi a cercare di inseguire quello che è già da tempo avvenuto, cincischiando nel frattempo con questioni di scarso rilievo. È chiaro che cercare soluzioni non azzardate è tutt altro che facile. Eppure questi problemi sono già stati affrontati diverse volte da parte dell architettura, per esempio attorno agli anni sessanta del secolo scorso dal movimento megastrutturalista, e segnatamente dagli architetti giapponesi del gruppo Metabolism, appassionatamente tesi a progettare e mettere a punto attentamente una ampia gamma di proposte che con il passare del tempo hanno ormai perduto ogni risvolto utopico, anche per quanto riguarda la tecnologia, trasformandosi in possibilità del tutto concrete, realizzabili, attuabili anche sotto il profilo economico, attente a salvaguardare ragionevolmente la natura dei valori urbani, considerati a ragione come irrinunciabili in una società che possa continuare a definirsi civile. Come dichiara appunto Fumihiko Maki (fondatore nel 1959 del gruppo, con Kurokawa, Kikutake e Otaka), nelle sue Investigations in Collective Form dando una delle decisive definizioni di megastruttura: una vasta intelaiatura dove sono ospitate tutte le funzioni di una città o di una parte di essa. L ha resa possibile la tecnologia contemporanea. In un certo senso, si tratta di un elemento artificiale del paesaggio. È come la grande collina sulla quale venivano edificate le città italiane. Difficile essere più chiari di così. Altrettanto difficile non condividere la definizione, e le intenzioni sottostanti. Oggi poi, nell era dell ICT, allora ancora lontana, sono disponibili nuovi potenti supporti. Delineando una sorta di megalopoli-paesaggio verticale ad alta qualità diffusa, questa direzione di ricerca e di progetto indicata da Metabolism sembra davvero l unica rimasta sul campo in grado di garantire una via d uscita sostenibile sotto ogni aspetto, dando forma, costruendo e sviluppando le condizioni di fondo necessarie a un ambiente diversamente organizzato, piacevole, dove poter condurre esistenze che possano definirsi tali. Ecco, per l ennesima volta, la prova che l architettura dimostra il suo ruolo davvero importante per la vita degli uomini. * Maurizio Vogliazzo, architetto, è professore ordinario di Progettazione Architettonica presso il Politecnico di Milano. Inoltre è titolare di History and Theory of 20th-century Italian Design presso la University College di Londra (UCL), visiting professor a Barcellona (ETSAB), Lisbona (FAUTL, UAL), Matosinhos (ESAD), Parigi (EHESS), Brisbane (QUT); è direttore di ricerca per CNR, MIUR, UE ed enti pubblici e privati. Già direttore del CRIFA (Politecnico Milano) e della Scuola estiva internazionale di Mantova, è coordinatore Erasmus dal Dirige ALAD Laboratories (Architecture&Land Ambient Design, Premiato in concorsi nazionali e internazionali, è autore di architetture realizzate e pubblicate. Ha esposto a New York, Chicago, Berlino, Parigi, Milano, Venezia. Membro di giurie nazionali e internazionali, è autore di articoli, saggi e libri, apparsi in Italia e all estero. 27

3 28 T he population of planet Earth, which was around two billion people at the end of the Second World War, has, at the moment, reached a total of approximately seven billion, two hundred and fifty million. Although it actually makes no sense to say at the moment, considering the rate at which it is growing that means it can only be estimated theoretically, second by second. The consequences are unpredictable and, in actual fact, uncontrollable. But what for some time now is known to be an irreversible phenomenon is the gradual concentration of populations in major urban areas, resulting in constant changes that cannot really be compared and making all the various interpretive models developed over the years distinctly uncertain and soon obsolete. Meanwhile land is being relentlessly used up, as demonstrated by the constantly increasing indexes of density and abandonment that may seem to be conflicting but are actually complementary to each other. At the moment there do not seem to be any geopolitical strategies that can be relied on to tackle this combination of events in a reasonable and sustainable manner. Events whose only underlying common denominator is their extreme instability. It might be interesting to note that, among all the various consequences of this current situation that is quite unprecedented (and, moreover, evolving in a totally ICT-dominated global environment undergoing unstoppable changes), all the various disciplines involved in forecasting, governing and planning or, as we now say, aimed at developing governance systems, find themselves in an embarrassingly awkward state. Those claiming to be involved in handling territorial layouts are no exception to this, although for some time now they have abandoned the traditional notion of town-planning (of a much more physical nature) and are sliding into and ultimately being engulfed in an indistinguishable quagmire of management policies, negotiation techniques and mediation practices, whose results are anything but tangible. This is inevitably leading to confusion on a practical level: a swarm of provisions or other plans (an expression that is so abused that it is now quite meaningless) that it is impossible to break free from, a kind of crazy and sterile Excel chart: at a time when the indeterminacy of the current state of affairs calls for the boldness to experiment and think along genuinely utopian lines. Absorbing the inevitable rise in population density in major urban areas and, at the same time, attempting to constrain the amount of land used up, significantly avoiding the much studied (in vain) and highly deplored phenomenon of sprawl, is an issue that makes us think that the gradual verticalization (if we might call it that) of settlements is the only solution. An approach that has already been widely practiced on a reduced scale (generally speaking about 20 urban plans at the most) for at least a century in Europe in particular, but also elsewhere, based on input from property-related interests or following the dictates of course urban planning or even destructive sociological ideologies, often drawing on prefabricated building technology that is clearly unsustainable over time. This has resulted in the creation of desolate, depressing, unacceptable and, above all, unredeemable suburbs, as demonstrated by the unfeasibility of all the various ideas proposed so often by so many different people. In the same time it is certainly worth clarifying certain matters regarding the issue of verticalization. Starting, so to speak, from the top (as the subject matter suggests), we have our so-called skyscrapers, an endless array of them, whose original definition fully explicated by Louis Sullivan in Chicago and as of yet never contradicted or supplemented, except for the odd functional consideration of very little relevance in percentage terms is still basically valid. Their purpose or, rather, their reason for being is still connected with various generations of offices and services, including temporary hospitality and inner-city leisure, starting with the legendary case of the Manhattan Athletic Club and extending to include, among the numerous possible examples, to the Hanging Gardens of Singapore. These constructions have resulted in a totally new and astounding kind of urban form. Authentic vertical cities, which, in the startled eyes of Sinbad, Claude Bragdon s unforgettable little urban explorer, look like megalopolises made of frozen fountains. We are no longer talking about the adventures of Little Nemo in Slumberland, a kind of dreamland drawn so skillfully by Winsor McCay many years ago. It is now a journey through the real world, which a young boy s imagination sees as some kind of extraordinary magic. This is an extremely powerful image that would certainly have been appreciated by Bruno Munari, who would certainly have realized its invaluable contribution in terms of method, bearing in mind that this capacity for poetic transfiguration, authentic lateral thinking, is rarely found in architectural design nowadays. We cannot help imagining what kind of hybrid form could be created from the gigantic geodetic dome designed by Richard Buckminster Fuller for Midtown Manhattan: a considerable portion of this vertical city incorporated in a carefully controlled macro-environment. For over a century now the history of skyscrapers contains a whole array of memorable episodes in the quest to reach their limits: first and foremost the never actually constructed (perhaps fortunately) mile high skyscraper designed by Frank Lloyd Wright for Chicago in Five hundred and twenty-eight floors, a hundred thousand staff, room for fifteen thousand cars, landing pads for one hundred and fifty helicopters. A record in terms of density and concentration, potentially capable of freeing up a large expanse of land so ungraciously taken up by predominantly mediocre and obsolete buildings; but also a huge number of logistic issues that probably could not be dealt with. But we are talking about the United States during a period of unparalleled growth, when new territorial organiza-

4 tion models took shape carefully supported by new networks of infrastructures: models now partly in jeopardy but still widely implemented and which, nevertheless, now largely constitute the landscape of metropolitan areas everywhere. As time has gone by and on an increasingly rapid basis due to the unstoppable spread of ICT, the decimation of blue-collar workers in fully developed Western countries is now being followed by the elimination (or, at least, profound transformation) of white-collar workers with radical changes in terms of the territorial location and morphology of workplaces. This should not fool us into thinking that the Yankee model of skyscrapers is being abandoned. On the contrary: it is now taking on a planetary scale, migrating to those countries currently experiencing the highest growth rates, radically modifying and, it needs to be said, violently altering the physical layout and landscape of more recent, gigantic metropolitan areas. News about new records in terms of height are coming from the most unusual places at a startling rate. But Manhattan cannot be copied, neither would it make any sense to try and do so. This means that everything is now deliberately demonstrative, striving to make a mark or gain recognition, which is assumed to be achievable by copying what has, more than anything else over the last hundred years, been considered in some sense to be the ultimate symbol of a great power: the skyscraper. Exemplary in this respect is BOC Tower in Hong Kong (at the time still under British rule) designed by Ieoh Ming Pei, which from held the record for the tallest building ever constructed outside the United States. Nevertheless the situation has radically changed compared to back then, even though that was not so long ago. Skyscrapers have rapidly become an authentic necessity in the boundless urban areas of the People s Republic of China, as the country strives to get to grips with, on one hand, the masses of people flowing into the nation s cities and, on the other, an economic boom inevitably requiring an endless array of services and spaces. This means we can rather cautiously claim that, in this instance, a sort of new configuration of the vertical city has come about with its own distinctive traits that our Western eyes struggle to decipher. An extremely interesting situation that must in no way be confused with the exploits going on in the Emirates, whose constructions are basically vessels of financial power and real-estate appeal. It is hard to imagine how, by reducing architecture to a kind of built simulation, they will be able to create urban layouts in any way corresponding to or adapted to those real and important social changes that cannot be put off any longer. Apart from the considerable attention devoted to these interesting and all very different cases of verticalization, the fact remains that their real capacity to influence the amount of global stress our planet will be subjected to in about forty years time when its population will be approximately nine billion people, six billion of whom concentrated in major metropolitan areas, will, generally speaking, be rather constrained. So what kind of scenario can we actually expect? Boundless expanses of favelas, shanty towns etc.? Some sort of relentless, all-consuming Mexico City? Certainly not a revival in Mietskasernen in disguise that are forty or fifty stories high. Neither will there be an expanse of Suburbs in the Sky, the name says it all, passed off as sustainable due to some suggestive intertwining of vertical vegetation, like for instance Ken Yeang s Eco Town or Cloud devised by MVRDV for the city of Seoul. And yet all those people who claim to have the skill and expertise required to duly develop suitable policies and subsequent strategies and agendas of projects seem to be strangely aphasic and sterile from a design/project viewpoint, ultimately ending up merely trying to follow what has already happened some time ago, in the meantime dillydallying over highly insignificant issues. Obviously coming up with solutions that are not reckless is anything but easy. But these issues have already been tackled on several occasions by architecture, for example back in the 1960s by the mega-structuralist movement and, most notably, by Japanese architects from the Metabolism group, who passionately set about carefully designing and developing a wide range of solutions, which, as time has gone by, have lost all their utopian implications, even as regards technology, turning into genuinely feasible possibilities that could actually be constructed even from a financial viewpoint, while carefully safeguarding (as is only reasonable) the true nature of urban values, which are rightly considered to be so essential for a society that wants to carry on describing itself as civil. As Fumihiko Maki (the group s founder back in 1959 together with Kurokawa, Kikutake and Otaka) wrote in his Investigations in Collective Form providing one of the most incisive definitions of a mega-structure: a vast framework accommodating all the functions of a city or part of it. This is been made possible by modern-day technology. In some sense it is an artificial part of the landscape. It is like those big hills on which Italian cities were once built. Nothing could be clearer than that. And it is hard not to agree with this definition and what it entails. And then nowadays in the age of ICT, a distant prospect back then, powerful new means are now available. By outlining a sort of diffused high-quality vertical landscape-megalopolis, this line of experimentation and design proposed by Metabolism really does seem to be the only means left for guaranteeing a sustainable way out in every respect, giving shape to, contriving and developing the underlying conditions required for an environment organized in a different and more pleasurable way, where people can live lives worthy of that name. Here, yet again, we have proof that architecture has a genuinely important role to play in people s lives. * Maurizio Vogliazzo is an Architect and Full Professor of Architectural Design at Milan Polytechnic. He also holds a chair in the History and Theory of 20th-century Italian Design at University College London (UCL) and is a Visiting Professor in Barcelona (ETSAB), Lisbon (FAUTL, UAL), Matosinhos (ESAD), Paris (EHESS) and Brisbane (QUT); he is the Head of Research for CNR, MIUR, UE and other private/public bodies. Head of CRIFA (Milan Polytechnic) and the Mantua Summer School, he has also been an Erasmus Coordinator since He is also in charge of ALAD Laboratories (Architecture&Land Ambient Design, The winner of both national and international competitions, his works of architecture had been constructed and published. His work has been displayed in New York, Chicago, Berlin, Paris, Milan, Venice. He is a frequent member of both national and international panels of judges and the author of articles, essays and books published in Italy and abroad. 29

5 Altezze fiabesche Fairy-Tale Heights Stoccolma, il Castello Spröjs Stockholm, Spröjs Castle Progetto di Visiondivision Project by Visiondivision 30

6 INDUSTRIARSI INDUSTRIOUSNESS 31

7 32 Nel 2008 Anders Berensson e Ulf Mejergren, fondatori del gruppo Visiondivision a Stoccolma, hanno stupito la stampa internazionale con l audace progetto di Tornado Tower. Una torre a forma di tornado, autosufficiente in termini di produzione energetica, che include tra gli altri un maestoso teatro e servizi commerciali e residenziali, presentata in concorso a Taipei, Taiwan, ma scartata perché considerata troppo pionieristica. A distanza di pochi anni, gli autori, abili nel mescolare design, ingegneristica, sostenibilità e appeal immaginifico applicato all architettura, per rilanciare l immagine di Stoccolma e risolvere la problematica di carenza di residenze della città, hanno proposto un progetto tecnofiabesco, il Castello Spröjs, flottante su un isola collegata al centro della città da un ponte, che rende possibile combinare una serie di torri modulari in un unica grande struttura con differenti soluzioni di layout. Stoccolma, che nel 2010 è stata capitale verde d Europa, è nota per i suoi progetti di architettura e design sostenibile. Questa incantevole città sospesa sull acqua, e non a caso chiamata la Venezia del Nord, negli ultimi anni ha investito molto nell architettura contemporanea per rifarsi il look e richiamare più turismo internazionale. Tra le proposte più interessanti, il progetto Under Bridge (2014), presentato sempre dal gruppo Visiondivision, che sfrutta il sistema di ponti caratteristico della capitale svedese. Stoccolma, infatti, si estende su piccole isole, che separano il centro dalla periferia dove i ponti assumono una funzione primaria di collegamento tra i diversi quartieri della città. Il progetto Under Bridge consiste nella pedonalizzazione del più importante ponte della città, il Tranebergsbron, risalente al 1934, che collega l isola Kungsholmen ai quartieri occidentali, attualmente attraversato dalle macchine, trasformandolo in un nevralgico passaggio pedonale e in una galleria d arte con cinema all aperto: un centro vitale e di cultura al servizio del cittadino. Ma Stoccolma è anche la città dei castelli, tra cui il famoso Drottningholm, residenza reale del XVII secolo e dimora ufficiale della famiglia reale dal 1981, detto la Versailles del Nord, dichiarato Patrimonio dell Umanità da parte dell Unesco. E chissà che nel 2020 non sorga dall acqua il visionario e fiabesco Castello Spröjs, un assemblaggio di torri di diversa altezza che modificherà radicalmente lo skyline della città. La proposta di Visiondivision si propone come una soluzione architettonica per contenere in un unico spazio il concept di una città polifunzionale e autonoma dal centro, puntando sull impatto scenografico e su un design tecno-dreamcreativo, possibile grazie alle nuove tecniche costruttive. Il castello invita a riflettere sul cambiamento di atteggiamento del verticalismo, che in questo caso non punta sul modello modernista del grattacielo americano, ma guarda a un passato leggendario, rielaborando gli stilemi dell immaginario collettivo in stile Walt Disney. Il verticalismo più o meno eco-sostenibile, qui si spinge oltre e ancora una volta prevede uno sforzo ingegneristico di progettazione, possibile grazie alle tecnologie sostenibili. Il verticalismo in chiave fantasy nell età dell ecologia prevede un architettura più legata all immaginazione che ai modelli modernisti-funzionalisti del Novecento, più evocativa, monumentale e scenografica, che si pone con la natura in un rapporto non di diversità, bensì di integrazione. Anche la creatività può interagire con l ingegneria green, come dimostra questo castello sorprendente, da interpretare non secondo i canoni di un verticalismo di facciata rivestito con forme più o meno organiche, ma come ritorno strutturaleformale a prototipi del passato declinati in chiave fantasy ed edificati su canoni post-funzionalisti dalle intenzioni emozionali.

8 Rendering del Castello Spröjs e del nuovo skyline di Stoccolma. Rendering of the Spröjs Castle and the new Stockholm s skyline. 33

9 34 Vista notturna del castello e, pagina a fianco, particolare delle torri. Nighttime view of the castle and, opposite page, detail of the towers. Anders Berensson and Ulf Mejergren, the founders of the Visiondivision team based in Stockholm, astounded the international press in 2008 with their bold Tornado Tower project. A tornado-shaped tower that is self-sufficient in terms of energy generation, incorporating, amongst other things, a magnificent theater and commercial-residential facilities. The project was entered in a competition in Taipei, Taiwan, but was rejected because it was considered to be too pioneering. Just a few years later, the architects, who are extremely clever at combining design, engineering, sustainability and visual appeal applied to architecture, have come up with a technical/fairy tale-style project to revamp Stockholm s image and solve the issue of housing shortages in the city. Spröjs Castle, floating on an island connected to the city center by a bridge, makes it possible to integrate a set of modular towers into one giant structure with various different layouts. Stockholm, which was the green capital of Europe in 2010, is renowned for its sustainable architecture and design projects. This charming city suspended above water and, hardly surprisingly, known as the Venice of the North, has invested heavily in modern-day architecture over recent years to revamp its look and attract even more international tourism. Among the most interesting projects, the Under Bridge project (2014), again designed by the Visiondivision team, which exploits the system of bridges found in the Swedish capital. Stockholm actually extends across small islands separating the city center from the suburbs, where the bridges serve the primary purpose of connecting together the city s various different neighborhoods. The Under Bridge project involves pedestrianizing the city s most important bridge, Tranebergsbron Bridge, dating back to 1934, which connects Kungsholmen Island to the Western quarters, currently open to road traffic, transforming it into a key pedestrian way and art gallery with an outdoor cinema: a vibrant cultural center serving the city s inhabitants. But Stockholm is also a city of castles including famous Drottningholm Castle, a royal residence ever since the 17th century and the official home of the Royal family since 1981, also known as Versailles of the North and a UNESCO World Heritage site. And who knows, may be visionary, fairy tale-like Spröjs Castle will emerge from the water in 2020 in a combination of towers of various different heights that will radically alter the city skyline. Visiondivision s project is an architectural means of incorporating in one single space the concept of a multifunctional city, independent from the main center, focusing on visual impact and creative-techno-dream design made possible by the latest building techniques. The castle invites us to think about a change in attitude towards vertical design, which, in this case, does not focus on the modernist model of the American skyscraper but rather harks towards a legendary past by reworking the stylistic features of the Walt Disney style embedded in our collective psyche. More or less eco-sustainable verticalism is taken even further here and, once again, calls for the kind of cutting-edge engineering design made possible by sustainable technology. Fantasy-style verticalism in the age of ecology envisages architecture more closely tied to the imagination rather than more striking, monumental and visually-impacting 20th-century modernist-functionalist models, interacting with nature not in terms of diversity but rather integration. Creativity can indeed interact with green engineering, as demonstrated by this striking castle that needs to be interpreted not along the lines of superficial verticalism clad in more or less organic forms, but rather as a structural-formal return to the prototypes of the past interpreted with greater imagination and constructed along more emotional post-functionalist lines.

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12 Stoccolma è costituita essenzialmente da isolati con cortili interni, che non vengono sfruttati a pieno. Questo progetto mira a cambiare le regole edilizie per i cortili per consentire sperimentazioni senza limite di altezza che saranno in grado di risolvere la grave carenza di abitazioni che affligge Stoccolma. Stockholm consists chiefly of blocks with inner courtyards, yards that are not used to their full potential. This project aims to change the planning regulations for the courtyards to allow a no limit height experimentation that will be able to solve the dire lack of housing that Stockholm faces. 37

13 Torri schierate Array Of Towers Ras Al Khaimah, Città Verticale Ras Al Khaimah, Vertical City Progetto di Helmut Jahn Project by Helmut Jahn 38 Ras Al Khaimah è tra i luoghi più affascinanti dei sette Emirati Arabi Uniti, in via di trasformazione urbanistica e architettonica, in bilico tra innovazione, tradizione e svolta eco-sostenibile, situato all imbocco del Golfo d Arabia. A seguito di una rapida crescita demografica e al miglioramento delle infrastrutture del turismo, negli ultimi anni, la città sta attuando ambiziose iniziative di pianificazione e di restyling del look all insegna del verticalismo e della sostenibilità ambientale. Tra i segni più evidenti di una Città che sale, basta uno sguardo ai progetti per la nuova Gateway City, a 35 chilometri dalla Città Vecchia e facilmente raggiungibile dall Aeroporto Internazionale di Ras Al Khaimah e dalla Emirates Highway che collega Dubai ad Abu Dhabi, due centri nevralgici della movida araba. Il master plan per la nuova RAK Gateway City è pensato per una popolazione di abitanti in un contesto confortevole e pedonale dotato di infrastrutture all avanguardia. Caratterizzerà quest area la Vertical City, perfettamente integrata con il tessuto urbano di questa nuova città nata in poco tempo dal deserto e innovativa non soltanto dal punto di vista formale, ma anche strutturale e funzionale. La torre più alta del complesso farà capolino da tutti i lati della città, con la sua spirale multifunzionale alta 800 metri. Questa torre iconica e totemica, di forte impatto scenografico, diventerà l elemento distintivo della Gateway City, con servizi commerciali, uffici, hotel, residenze e spazi di lusso all ultimo piano, da dove si godrà un panorama mozzafiato sul Golfo Persico. Le altre nove torri materializzano innovativi concept strutturali-ingegneristici eco-sostenibili che prevedono un trasporto verticale e ingegneria green. Al contrario di altre città verticali, comuni nel Medio Oriente, questa si distinguerà non tanto per la sua forma, ma per l impiego di materiali innovativi e sostenibili, poiché sarà la prima a mirare all integrazione di architetturaingegneria e tecnologia naturale e a sperimentare energia prodotta con il sole, la luce, il vento, l acqua e non con macchinari sofisticati. Funzionalismo e sostenibilità saranno le caratteristiche fondamentali della nuova Vertical City, che potrebbe assurgere a modello architettonico anche per gli altri Emirati Arabi. Le strade e i porticati si interfacceranno direttamente con l infrastruttura, così i sistemi di trasporto e le vie pedonali all interno di Vertical City faciliteranno il transito da un punto all altro. Le coperture leggere in tessuto, un omaggio alla cultura nomadica locale, produrranno ombra, protezione dal sole e riparo dai venti e dalle occasionali piogge. Sul piano formale sarà interessante la contrapposizione tra le torri più alte e gli edifici più bassi, che ospiteranno i parcheggi e gli accessi ai servizi, aperti su ampi spazi pedonali. Dal master plan è chiaro che non si tratta della solita foresta di torri ascensionali di diversa grandezza, ma di un progetto più strutturato e unitario, progettato come una sinfonia di architetture mai tentata prima in Medio Oriente. E infatti, la stessa momentanea interruzione del progetto per motivi finanziari testimonia come gli Emirati Arabi non siano ancora pronti per raggiungere tali altezze e una tale simbiosi tra architettura, ingegneria e sostenibilità. Schizzo concettuale e, nella pagina a fianco, modello della Vertical City, asse centrale di Gateway City. Concept sketch and, opposite page, model of the Vertical City, the central axis of Gateway City.

14 INDUSTRIARSI INDUSTRIOUSNESS 39

15 40 Schizzo per lo studio dell incidenza delle ombre sulle facciate delle varie torri del complesso. Sketch for the study of the shades incidence on the facades of the complex of towers. Ras Al Khaimah is one of the most fascinating of the seven United Arab Emirates that is currently undergoing urban-architectural transformation on the cusp between innovation, tradition and a turn towards eco-sustainability. It is situated at the mouth of the Arabian Gulf. Following a boom in the population and improvements in tourist infrastructures, over the last few years the city has been undertaking ambitious planning and image-making operations in the name of verticalism and environmental sustainability. One of the most striking symbols of a City that is rising upwards is the series of projects for the new Gateway City, just 35 km away from the Old City that can easily be reached from Ras Al Khaimah International Airport and Emirates Highway connecting Dubai to Abu Dhabi, two of the nerve centers of Arabian night/society life. The master plan for new RAK Gateway City is designed for a population of 220,000 in a comfortable, pedestrian setting equipped with cutting-edge infrastructures. One of the distinctive features of this area is Vertical City, perfectly knit into the urban fabric of this new city that has been created in a very short period of time out in the desert and is extremely innovative not just from a formal but also a structural and functional viewpoint. The highest tower in the complex will be visible from all over the city with its 800-meter-tall multipurpose spiral. This iconic and highly visually striking tower will become the most distinctive trait of Gateway City, offering commercial facilities, offices, hotels, housing and luxury spaces upon the top floor, which offers breath-taking views across the Persian Gulf. The other nine towers will give material form to innovative eco-sustainable structural-engineering

16 concepts involving vertical transportation and green engineering. In contrast with other Vertical Cities found throughout the Middle East, this city will not stand out so much for its form as for the use of innovative and sustainable materials, because it will be the first to attempt to integrate architecture-engineering with natural technology and experiment with solar, light, wind and water power and not just sophisticated machinery. Functionalism and sustainability will be the key features of new Vertical City, which could set the architectural benchmark for the other Arab Emirates. The roads and colonnades will interface directly with the main infrastructure, and new transport systems and pedestrian parts will make it easier to move from one point to another. The lightweight roofs made of fabric as a tribute to local nomadic culture will create shade, protection against the sunshine and shelter from the winds and occasional rainfall. On a stylistic level there will be an interesting contrast between the tallest towers and lower buildings accommodating the parking facilities and entrances to the various services opening onto spacious pedestrian areas. The master plan clearly shows that this is not the usual forest of upward-thrusting towers of various heights and sizes, but rather a more carefully structured and unitary project designed according to a symphony of architectural works never previously tested out in the Middle East. And even the fact that the project has momentarily been interrupted for financial reasons shows that the Arab Emirates still are not ready to achieve these heights or this kind of symbiosis between architecture, engineering and sustainability. 41

17 42

18 L elemento centrale della Gateway City sarà una torre polifunzionale alta 800 m. Central element of Gateway City will be a multifunctional 800-m high tower. 43

19 Rendering della Vertical City, immaginata come riflesso contemporaneo dello skyline di Chicago. Rendering of Vertical City, imagined as the contemporary reflection of Chicago skyline. 44

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