MAGNOLIE INTEGRAZIONE AGLI STUDI SPECIALISTICI SUGLI ASPETTI AMBIENTALI INDICE

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2 INDICE 1 PREMESSA 2 2 SISTEMA FISICO Aspetti Normativi Inquadramento Ambientale Inquadramento geografico Inquadramento Climatico Inquadramento Geologico Inquadramento Geomorfologico Inquadramento Idrologico Inquadramento Idrogeologico Stato ambientale attuale Stato attuale delle matrici ambientali e obiettivi di qualità Acqua Acque superficiali Acque sotterranee Suolo e sottosuolo Modello litologico stratigrafico Proprietà geotecniche del sottosuolo Possibili effetti sulle matrici ambientali nello stato di progetto Potenzialità e rischi per le matrici in fase di cantiere Suolo e sottosuolo Acque superficiali Acque sotterranee Potenzialità rischi per le matrici in fase di esercizio Suolo e sottosuolo Acque superficiali Acque sotterranee Rischi per la salute umana Conclusioni SISTEMA DELLA MOBILITA : FASE DI CANTIERE 44 4 FATTORI DI INQUINAMENTO: COMPONENTE ARIA Riferimenti Normativi Qualità dell aria nella Provincia di Modena Analisi dello stato di progetto Modello di simulazione Metodo di analisi Parametri metereologici Area di studio Simulazione della ricaduta inquinanti, fase di esercizio Fase di cantiere Valutazioni conclusive VALUTAZIONE PREVISIONALE DI IMPATTO ACUSTICO: FASE DI CANTIERE Riferimenti normativi Studio della situazione prevista Modello Previsionale Conclusioni PPCERI07A /07/10 1/93

3 PREMESSA Il presente documento accoglie i contributi integrativi degli studi specialistici sviluppati nell ambito della redazione del Rapporto ambientale di verifica VAS, redatto in seguito alla richiesta di integrazioni del Comune di Castelfranco Emilia, di cui alla comunicazione prot del 24/04/ Le integrazioni hanno interessato gli elementi nel seguito specificati: Sistema fisico: suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee. Sono state approfondite le analisi relativamente alla fase di esercizio e di cantiere. Sistema della mobilità: fase di cantiere. Il tema della mobilità è stato esaurientemente trattato in fase di presentazione del PUA relativamente alla fase di esercizio (cfr. Studio dell'accessibilita' e analisi di traffico, elaborato PPCERI02A0, a cui si rimanda). Nella presente relazione sono illustrate le ricadute sulla mobilità in fase di cantiere, definita in base al progetto preliminare presentato (cfr. elaborati Relazione tecnico illustrativa (progetto preliminare del parcheggio multipiano e del centro commerciale elaborato PPCERI06A0), Schema ampliamento del centro commerciale: pianta fondazioni, pt, sezioni fondazioni e solai (progetto preliminare del centro commerciale) elaborato PPCEOC01A0, Schema parcheggio multipiano: piante fondazioni, piano terra, primo e secondo (progetto preliminare del parcheggio multipiano), elaborato PPCEOC02A0 e Schema parcheggio multipiano: sezioni e prospetti (progetto preliminare del parcheggio multipiano), elaborato PPCEOC03A0); Fattori di inquinamento: componente aria. Sono state approfondite le ananlisi relativamente alla fase di esercizio e di cantiere. Fattori di inquinamento: componente rumore, fase di cantiere. In fase di presentazione del PUA è stata analizzata la valutazione previsionale di impatto acustico (cfr. Relazione di impatto acustico elaborato PPCERI03A0, a cui si rimanda). Nella presente sede è illustrato lo studio d impatto acustico relativamente alla fase di cantiere, sulla base del progetto 1 A seguito di una specifica verifica effettuata con gli uffici competenti della Provincia di Modena, in cui sono state valutati preliminarmente i rapporti fra la procedura di VAS, quella di Screening, cui deve essere sottoposto il progetto del Centro Commerciale e dei parcheggi (di cui D.Lgs. 152/06 es.m.ei., e alla LR 9/99 es.m.ei.) e il PUA (di cui alla LR 20/00), si è ritenuto opportuno concordare di includere la procedura di Screening nella VAS, nell ottica della non duplicazione delle procedure. Infatti, le procedure di VAS e Screening hanno uno sviluppo pressoché contestuale e coordinato anche rispetto al progetto di PUA, con elementi di analisi e valutazione del tutto affini e coincidenti, pertanto l inclusione e la contestualizzazione delle due procedure raggiunge lo scopo di poter recepire in sede di approvazione definitiva del PUA le eventuali ricadute dello screening. Pertanto la VAS avrà anche i contenuti dello Screening. A tal fine le analisi e valutazioni sono state sviluppate sulla base di un progetto preliminare, di cui agli elaborati cartografici di piano e hanno richiesto le presenti integrazioni agli studi di impatto specialistici sulle componenti ambientali già sviluppati. PPCERI07A /07/10 2/93

4 preliminare sviluppato (cfr. elaborati Relazione tecnico illustrativa (progetto preliminare del parcheggio multipiano e del centro commerciale elaborato PPCERI06A0), Schema ampliamento del centro commerciale: pianta fondazioni, pt, sezioni fondazioni e solai (progetto preliminare del centro commerciale) elaborato PPCEOC01A0, Schema parcheggio multipiano: piante fondazioni, piano terra, primo e secondo (progetto preliminare del parcheggio multipiano), elaborato PPCEOC02A0 e Schema parcheggio multipiano: sezioni e prospetti (progetto preliminare del parcheggio multipiano), elaborato PPCEOC03A0); 2 SISTEMA FISICO Come richiesto delle amministrazioni competenti in questa sede verranno approfondite le tematiche relative all interazione PUA ambiente, per verificare la tipologia e l entità delle problematiche connesse alla realizzazione dell opera. Verranno omessi, o solo brevemente ripresi, in quanto già ampiamente sviluppati nella documentazione tecnica presentata, alcuni aspetti relativi alle caratteristiche specifiche dell intervento, quali la collocazione geografica, l inquadramento nei piani urbanistici vigenti e i riferimenti normativi nazionali e regionali; si darà spazio piuttosto ad una trattazione approfondita del contesto geologico, geomorfologico e idrogeologico delle aree direttamente e indirettamente interessate dal PUA, cui seguirà la definizione dello stato ambientale attuale, con particolare attenzione alle matrici coinvolte. Verranno infine evidenziate le interazioni ambientali e le possibili ricadute negative per le stesse matrici nella fase temporanea di cantiere e nella fase permanente di esercizio. 2.1 Aspetti Normativi Così come indicato all art. 9, comma 2, del D.Lgs. n 152/2006, e ss. mm. e ii., nel rapporto ambientale devono essere individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l attuazione del Piano o programma proposto potrebbe avere sull ambiente ; gli Allegati 1 e 2 alla parte Seconda del medesimo decreto forniscono, rispettivamente, le informazioni che devono comparire nel rapporto preliminare e i criteri specifici di verifica di effetti significativi sull ambiente. In particolare l Allegato 1 cita quanto segue, in merito alle informazioni da inserire nel rapporto ambientale: PPCERI07A /07/10 3/93

5 Punto f: possibili effetti significativi sull ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità il suolo, l aria, l acqua, i fattori climatici. Devono essere considerati tutti gli effetti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi. Punto g: misure previste per impedire, ridurre o compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull ambiente dell attuazione del Piano o programma. L Allegato 2 ( Criteri per verificare se lo specifico Piano o programma oggetto di approvazione possa avere effetti significativi sull ambiente ) indica, al punto 2, di tener conto, tra gli altri aspetti, di: rischi per la salute umana o per l ambiente (ad es. in caso di incidenti); superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite. Il presente documento si occuperà della trattazione degli aspetti sopra citati, a partire dalla descrizione del contesto ambientale dello stato di fatto. Il tutto sarà necessariamente preceduto dalla caratterizzazione geologica, geomorfologica e idrogeologica, prima generale e a seguire di dettaglio, dell area oggetto di intervento. 2.2 Inquadramento Ambientale Inquadramento geografico Il centro commerciale Le Magnolie è localizzato nella porzione meridionale dell abitato di Castelfranco Emilia (MO), fra il canale Muzza ed il centro storico. L area in cui è prevista l attuazione del PUA di riqualificazione ed ampliamento del centro commerciale ha una superficie di circa m 2 ed è delimitata (Figura 1Figura 1): da via Circondaria a nord; da via Loda a est; dallo scolo Muzza a sud; da aree residenziali e dal campo sportivo della parrocchia a ovest. Dal punto di vista cartografico la zona in esame è interamente rappresentata: nell elemento della Carta Tecnica Regionale dell Emilia - Romagna alla scala 1:5.000; nella sezione 220-NO della Carta Tecnica Regionale dell Emilia - Romagna alla scala 1: PPCERI07A /07/10 4/93

6 Si tratta di un area urbanizzata pianeggiante in cui le quote della superficie topografica sono comprese tra 40.8 e 42.1 m s.l.m. FIGURA 1. AREA OGGETTO DEL PUA AMBITO APC.A N Inquadramento Climatico Nella relazione allegata al Quadro Conoscitivo Preliminare del PSC del Comunale di Castelfranco Emilia Il territorio rurale: valori ecologici del paesaggio, si evidenzia che nella pianura modenese la tipologia climatica ha caratteristiche prossime a quelle continentali. Infatti, il clima è caratterizzato da inverni rigidi e da estati calde, da un elevato grado di umidità e dalla frequente presenza di nebbia nella stagione invernale. La precipitazione media annua registrata presso la stazione pluviometrica di Ravarino (23 m s.l.m.) nel periodo è stata di 706 mm. Osservando la distribuzione delle precipitazioni medie mensili nello stesso periodo (figura 2), si può notare come i mesi più piovosi risultino rispettivamente: settembre (84.6 mm), agosto (78.2 PPCERI07A /07/10 5/93

7 mm), novembre (71.5 mm) e marzo (67.8). Viceversa i periodi più siccitosi si registrano mediamente nei mesi di luglio (37.6 mm) e aprile (42.4 mm). FIGURA 2. PRECIPITAZIONI MEDIE MENSILI REGISTRATE ALLA STAZIONE DI RAVARINO NEL PERIODO Le temperature massima, minima e media annua registrate a Ravarino nel periodo sono state rispettivamente pari a: 17.2, 9.0 e 13.1 C. Il mese con la media delle temperature massime più elevate è luglio con 28.1 C, seguito da agosto con 27.1 C (figura 3). I mesi con la media delle temperature minime più bassa sono dicembre e gennaio con 1.2 C. La temperatura minima assoluta registrata nel periodo è stata di -17 C (14/01/1980). FIGURA 3. TEMPERATURE MASSIME, MINIME E MEDIE MENSILI REGISTRATE ALLA STAZIONE DI RAVARINO NEL PERIODO Dati meteo-climatici più recenti relativi alla pianura di Modena sono reperibili nel documento: La qualità dell aria nella Provincia di Modena 18 Relazione annuale, 2008 (Provincia di Modena e ARPA Emilia-Romagna, 2009). Per le analisi della VAS sono qui individuate alcune stazioni meteorologiche considerate rappresentative di 3 aree omogenee dal punto di vista climatico e cioè (figura 4): la pianura settentrionale, stazione di Mirandola (Rete Agrmet Climat, attiva dal 27/05/2004) e stazione di Finale Emilia (Rete Locale, attiva dal 05/07/1988); PPCERI07A /07/10 6/93

8 la pianura centrale, stazione di Modena Urbana (Rete meteorologica urbana della regione Emilia Romagna, attiva dal 11/05/2004); la pedecollina, stazione di Formigine (Rete Agrmet Climat, attiva dal 20/05/2004) e stazione di Vignola (Rete Locale, attiva dal 22/07/1998). FIGURA 4. UBICAZIONI DELLA STAZIONI METEOROLOGICHE UTILIZZATE NELLA VAS: LA QUALITÀ DELL ARIA NELLA PROVINCIA DI MODENA 18 RELAZIONE ANNUALE, 2008 (PROVINCIA DI MODENA E ARPA EMILIA- ROMAGNA, 2009). In figura 5 è rappresentato l andamento delle precipitazioni registrate presso i pluviometri di Modena Urbana, Vignola e Mirandola nel Come si può vedere, durante i mesi più piovosi (maggio, giugno, novembre e dicembre) si registra una notevole variabilità spaziale nelle precipitazioni. Viceversa, durante i mesi più aridi le piogge presentano una distribuzione spaziale più uniforme. Vignola e quindi la zona climatica pedecollinare presentano maggior piovosità rispetto ai settori della pianura centrale e settentrionale. PPCERI07A /07/10 7/93

9 FIGURA 5. ANDAMENTO MENSILE DELLA PRECIPITAZIONE CUMULATA IN MM DI PIOGGIA (DATI MISURATI) ANNO 2008 PER LE STAZIONI DI: MODENA URBANA, VIGNOLA E MIRANDOLA (PROVINCIA DI MODENA E ARPA EMILIA-ROMAGNA, 2009). Per effettuare un confronto di piovosità negli ultimi anni ( , figura 6) si possono utilizzare i dati misurati nelle stazioni con le serie storiche più complete, purché appartenenti alla stessa area climatica omogenea (pianura settentrionale, pianura centrale e pedecollina). Si osserva che, dal 2002 al 2008, la pianura settentrionale è stata caratterizzata da minori precipitazioni, ad eccezione del 2006, anno in cui è risultata l area più piovosa. Nella maggior parte degli anni analizzati, l area con maggior piovosità è quella centrale. Per meglio evidenziare la piovosità complessiva del territorio, nel grafico è stata riportata anche la somma del dato annuo misurato nelle tre stazioni: il 2004 risulta l anno più piovoso, mentre il 2006 ha avuto i minori apporti pluviometrici. Rispetto al 2007, nel 2008 la piovosità è aumentata in tutta la provincia, con un incremento delle precipitazioni nella fascia pedecollinare e nella pianura centrale; in leggero aumento anche nella pianura settentrionale. La temperatura media mensile rilevata nelle tre stazioni meteorologiche (figura 7) mostra un andamento stagionale in cui agosto risulta il mese più caldo (temperatura media mensile per Modena oltre i 25 C) e dicembre quello più freddo (con temperature di 3-4 C). Sia dall andamento stagionale che dalle medie annuali (Modena 14.8 C, Finale 13.9 C e Vignola 13.8 C), si osserva come la stazione urbana di Modena presenti valori dell ordine di circa 1 C superiori rispetto a quelli registrati a Finale e a Vignola; questo aspetto evidenzia la presenza sulla città di Modena dell effetto dell isola di calore urbana. PPCERI07A /07/10 8/93

10 FIGURA 6. PRECIPITAZIONE ANNUA CUMULATA IN MM DI PIOGGIA E TOTALE ANNUO NELLE STAZIONI PRESE COME RIFERIMENTO PER IL PERIODO : MODENA ALBARETO, MIRANDOLA FINALE E FORMIGINE VIGNOLA (PROVINCIA DI MODENA E ARPA EMILIA-ROMAGNA, 2009). FIGURA 7 ANDAMENTO MENSILE DELLA TEMPERATURE (DATI MISURATI) ANNO 2008 PER LE STAZIONI DI MODENA URBANA, VIGNOLA E MIRANDOLA (PROVINCIA DI MODENA E ARPA EMILIA- ROMAGNA, 2009). Sostanzialmente è possibile concludere che l area della pianura centrale (ove Castefranco si trova) rappresenta l area di pianura e prima collina quella con maggiore piovosità, pertanto si dovrà prestare attenzione alla regimazione delle acque piovane nonché alla laminazione delle stesse, anche in considerazione dell indice di copertura utilizzato in sede di progetto di PUA. PPCERI07A /07/10 9/93

11 2.2.3 Inquadramento Geologico Il territorio comunale di Castelfranco Emilia si inserisce nel quadro stratigrafico ed evolutivo del bacino sedimentario terziario della Pianura Padana (Pieri e Groppi, 1981; Castiglioni et al., 1997; Carcano & Piccin, 2002). Questa è costituita prevalentemente da depositi sedimentari, sciolti o cementati, riferibili ad ambienti deposizionali dapprima marini (depositi torbiditici e bacinali di mare profondo, Pliocene), successivamente transizionali (litorali e deltizi, Pliocene sup. Pleistocene inf.) e infine continentali di piana fluvioglaciale e/o fluviale (Pleistocene medio Olocene). La formazione ed il successivo riempimento del bacino di sedimentazione sono legati all orogenesi delle Alpi e dell Appennino settentrionale. Il riempimento del bacino marino, fino alle condizioni di continentalità, avviene attraverso eventi tettonico-sedimentari separati nel tempo da periodi di forte subsidenza bacinale. Questo andamento ad impulsi successivi è testimoniato da numerose superfici di discontinuità stratigrafica che marcano le diverse fasi ed affiorano sul margine appenninico. La ricostruzione del loro andamento nel sottosuolo permette di definire il quadro stratigrafico secondo i criteri della stratigrafia sequenziale. Si possono distinguere tre sequenze deposizionali (cicli sedimentari) composti a loro volta da sequenze o cicli base (unità stratigrafiche) comprendenti un episodio sedimentario, solitamente ripetitivo, che determina il sistema de posizionale (Regione Emilia-Romagna e ENI- AGIP, 1998; Ricci Lucchi et al., 1982): sequenza deposizionale inferiore (Supersintema del Pliocene medio-superiore); sequenza deposizionale intermedia (Supersintema del Quaternario marino); sequenza deposizionale superiore (Supersintema Emiliano-Romagnolo). La sequenza deposizionale inferiore è limitata verso il basso da una discontinuità che la separa dalla sottostante sequenza miocenica sommitale attraverso depositi clastici ipoalini e continentali di mare interno (Formazione clastica continentale, Iaccarino e Papani, 1982). Nel modenese è rappresentata in affioramento dall Unità di Gorzano e dalle Argille del Rio del Petrolio (Gasperi et al., 1987) e nel sottosuolo dalla Formazione di Porto Corsini (Dondi, Mostardini & Rizzini, 1982). Il contatto è trasgressivo, marcato da una fase erosiva e probabilmente si mantiene con queste caratteristiche su tutta l area deposizionale. L età è attribuibile al Miocene superiore-pliocene inferiore. La sequenza deposizionale inferiore è delimitata superiormente da una superficie di discontinuità conforme, con la sequenza deposizionale intermedia. Costituisce la risposta sedimentaria ad una fase di quiescenza tettonica durante la quale prevale subsidenza bacinale con depositi ciclici di facies prevalentemente fini, successiva all evento tettonico di sollevamento regionale della fase precedente. All interno del ciclo avvengono fasi di sollevamento che non alterano però PPCERI07A /07/10 10/93

12 sostanzialmente il carattere generale di subsidenza bacinale, mantenendosi nel complesso con caratteristiche di blanda regressione. La sedimentazione, prevalentemente argilloso-siltosa avviene in ambiente neritico infralitorale di piattaforma, è rapida ma viene compensata da un elevata subsidenza. Avviene probabilmente a spese di un sistema fluvio-deltizio o marino marginale progradante verso mare che determina l instaurarsi delle condizioni per la deposizione della sequenza deposizionale intermedia. La sequenza deposizionale intermedia è delimitata sia superiormente che inferiormente da superfici di discontinuità conformi. È legata ad un evento tettonico di sollevamento che determina un importante regressione regionale e la conseguente sedimentazione di un prisma sedimentario fluvio-deltizio progradante. La sedimentazione, prevalentemente argillosa di fronte deltizio o costiera, costituisce nell insieme una sequenza regressiva con passaggio da condizioni marine di piattaforma a depositi continentali (Milazziano e Calabriano della Carta geologica d Italia; Sabbie di Castelvetro, Gasperi et al., 1987; Sabbie gialle di Imola, Ricci Lucchi e al., 1982). In seguito ad una nuova fase di subsidenza bacinale e quiescenza tettonica avviene la deposizione di una sequenza costituita da depositi di piana alluvionale e conoide distale di alimentazione appenninica (sequenza deposizionale superiore). L alternanza delle facies fini e grossolane è dovuta ad oscillazioni cicliche climatiche ed eustatiche che portano progressivamente alla massima espansione dell area deposizionale (Diluvium p.p., Alluvium, Terrazzi ed Alluvioni della Carta geologica d Italia; Formazione fluvio-lacustre, Cremaschi, 1982; Sintema Emiliano- Romagnolo, Regione Emilia-Romagna, ENI-AGIP, 1998; Unità di Cà di Sola, Pianura alluvionale, Unità dei corsi d acqua principali, Unità dei corsi d acqua minori, Gasperi et al., 1987). La sequenza deposizionale viene interrotta da limitati sollevamenti tettonici con spostamento verso la pianura delle cerniere strutturali che causano la fine della trasgressione e l inizio del terrazzamento alluvionale. Nella Relazione Geologico Ambientale del PSC di Castelfranco Emilia (Franchi & Asti per Comune di Castelfranco Emilia, 2003), nel territorio comunale il Supersintema Emiliano-Romagnolo è caratterizzato dai depositi alluvionali del Fiume Panaro e dei corsi d'acqua minori di tipo appenninico, tra i quali di primaria importanza risulta senz altro il Torrente Samoggia. Si tratta di depositi di origine continentale a granulometria assai variabile sia in senso areale che verticale, con prevalenza di granulometrie più grossolane, in corrispondenza della parte distale della conoide del Panaro e dei tracciati, sia attuale che passati, dello stesso fiume e granulometrie mediamente più fini in allontanamento da essi e verso nord. Lo spessore della coltre alluvionale è compresa tra 100 e 150 m circa procedendo da sud verso nord. Tali depositi, di età compresa tra il Pleistocene medio e l Olocene ricoprono un substrato datato Pliocene-Pleistocene inferiore, PPCERI07A /07/10 11/93

13 costituito da formazioni marine prevalentemente argillose, affioranti più a sud, lungo il margine appenninico e a luoghi lungo l alveo del Fiume Panaro nei Comuni di Savignano e Vignola. Pertanto, la sequenza deposizionale superiore, che interessa maggiormente ai fini del nostro PUA, è caratterizzata dai depositi alluvionali (principalmente Fiume Panaro e Torrente Samoggia). Presentano granulometria assai variabile sia in senso areale che verticale, con prevalenza di: granulometrie più grossolane, in corrispondenza della porzione della conoide del Panaro posta a maggior distanza dallo stesso, nonché dei tracciati (attuale e passati) dello stesso fiume; granulometrie mediamente più fini in allontanamento da essi e verso nord Inquadramento Geomorfologico I lineamenti geomorfologici dell area di interesse sono dedotti dalla Relazione Geologico Ambientale Quadro Conoscitivo Preliminare del PSC di Castelfranco Emilia (Franchi & Asti per Comune di Castelfranco Emilia, 2003). Il territorio comunale si colloca nell area di transizione tra alta e media pianura modenese, dove le forme del paesaggio sono riconducibili essenzialmente a due agenti morfogenetici principali, i corsi d acqua (primo tra tutti il Fiume Panaro), la cui azione si è espletata principalmente in passato, e l'intervento antropico, che con l'attività agricola, la costruzione di arginature per il contenimento delle piene, il modellamento delle sponde, ha considerevolmente trasformato la morfologia dell'area. L'analisi dell assetto altimetrico permette di evidenziare strutture di origine naturale, riconducibili a processi erosivi e deposizionali, che nel contesto territoriale sono ascrivibili ad una morfogenesi essenzialmente legata alla dinamica fluviale e torrentizia. Particolarmente evidenti appaiono, in questo contesto, le strutture nastriformi a forma convessa, altimetricamente più rilevate rispetto alle aree circostanti (dossi), da ricollegarsi ad episodi alluvionali del Fiume Panaro e del T. Samoggia o paleoalvei degli stessi ed aree depresse, concave, caratterizzate da un gradiente altimetrico (valli o catini), costituenti un avvallamento chiuso, in cui il drenaggio delle acque risulta sostanzialmente più difficoltoso. Le strutture dossive presentano particolare rilevanza sia dal punto di vista idraulico che da quello idrogeologico. Attualmente, infatti, i dossi, insieme ad altre strutture per lo più artificiali (argini idraulici, rilevati stradali), determinano la suddivisione della morfologia della pianura in vaste celle idrauliche più o meno chiuse, che definiscono il limite d invaso delle eventuali acque di esondazione: in altre parole, una rotta od una tracimazione degli argini, in generale, determinerà PPCERI07A /07/10 12/93

14 l esondazione di una sola di queste celle, circoscrivendo l area allagata e mantenendo libera dalle acque non solo la parte emersa dei dossi stessi, ma anche i terreni delle celle circostanti. Il secondo aspetto è quello più prettamente idrogeologico, e più precisamente il contributo idrico che i dossi di pianura apportano direttamente agli acquiferi prossimi alla superficie ed indirettamente (secondo il modello comunemente accettato per la pianura padana meridionale dell acquifero multistrato) anche a quelli più profondi. Le strutture dossive, essendo generalmente costituite da sedimenti più grossolani (sabbie) perciò più permeabili, rappresentano delle aree d infiltrazione preferenziale delle acque meteoriche. Nel dettaglio si rileva che il PUA in oggetto coincide con il tracciato del dosso di Castelfranco Emilia individuato nella Tavola 1.2 Geomorfologia del PSC di Castelfranco Emilia (Franchi & Asti per Comune di Castelfranco Emilia, 2003; figura 8). Tale struttura dossiva non risulta però inserita tra le aree ed elementi interessati da rischi naturali (paleodossi di accertato interesse idraulico) delimitate nella Tavola 1.1 Sistema ambientale del PSC di Castelfranco Emilia. FIGURA 8. ESTRATTO DELLA CARTA GEOMORFOLOGICA DEL PSC DI CASTELFRANCO EMILIA SUL PUA (TAVOLA 1.2; FRANCHI & ASTI PER COMUNE DI CASTELFRANCO EMILIA, 2003; IN ARANCIONE LE AREE DI DOSSO FLUVIALE; IN MARRONE A TRATTEGGIO LE LINEE DI DISPLUVIO PRINCIPALI E IN MARRONE CONTINUO LE CURVE DI LIVELLO DEL MICRORILIEVO). PPCERI07A /07/10 13/93

15 2.2.5 Inquadramento Idrologico La rete idrografica superficiale del territorio comunale di Castelfranco Emilia è caratterizzata dalla presenza, oltre che del Fiume Panaro, che ne delimita il confine nord-occidentale e del Torrente Samoggia, che scorre lungo il lato sud-orientale, di canali e fossi minori, più o meno interconnessi, i cui percorsi sono il prodotto di modificazioni sia artificiali che naturali, a diversa funzionalità, utilizzati a scopo o puramente irriguo, o esclusivamente di scolo, o ad uso promiscuo. Dal punto di vista idraulico il territorio è gestito dal Consorzio della Bonifica Burana che gestisce i numerosi canali di derivazione appartenenti alla rete irrigua e di scolo, che raccolgono le acque dell alta pianura facendole defluire verso N-NE, in accordo con le direttrici dettate dall assetto altimetrico dell area e dalla centuriazione. Il sistema idraulico è organizzato in tre bacini scolanti principali, facenti capo, a loro volta, ai seguenti canali: Diversivo Muzza: raccoglie le acque dei terreni posti a monte della via Emilia e ricompresi entro il territorio comunale di Castelfranco, che vengono direttamente recapitate nel Fiume Panaro in località Sant Anna. Canale Collettore delle Acque Alte: raccoglie le acque provenienti dai terreni di parte dei comuni di Savignano sul Panaro, San Cesario e Castelfranco Emilia e s immette nel Fiume Panaro in comune di Finale Emilia, in località Foscaglia; ad esso fa capo il Canal Torbido. Canale di San Giovanni (Canale di Cento): ha origine nel territorio comunale di Castelfranco Emilia e s immette, dopo aver attraversato il comprensorio consorziale con direzione sudovest nord-est, nel Po di Volano. Di particolare interesse per il PUA in oggetto è il sistema costituito dallo Scolo Muzza - Condotto Muzza, in quanto rappresenta il margine meridionale dell area di intervento. Tra gli elementi del reticolo idrografico minore lo Scolo Muzza è uno tra quelli a maggior dimensione e a maggior grado di naturalità; ha origine dai rilievi collinari a ovest di Bazzano, da dove si dirige verso Piumazzo e da qui a Castelfranco Emilia. Nei pressi dell abitato il canale si dirama: un tratto, quello più recente (Diversivo Muzza o Scolo Muzza), si dispone parallelamente alla via Emilia sino a confluire nel Fiume Panaro nei pressi di S. Anna, mentre il tratto originario (Muzza Abbandonata o Condotto Muzza), attraversa la via Emilia, dirigendosi verso N-NE, seguendo un tracciato rettilineo. Oltre a svolgere la funzione di collettore di scolo delle acque meteoriche, lo Scolo Muzza è stato utilizzato, in passato, come ricettore degli scarichi civili di Bazzano, Piumazzo e di una parte dell abitato di Castelfranco; svolge tuttora la funzione di canale di derivazione delle acque del canal Torbido, quando quest ultimo è sottoposto ad interventi di manutenzione o risistemazione degli PPCERI07A /07/10 14/93

16 argini. All interno del territorio comunale lo Scolo Muzza presenta una lunghezza di m ed un bacino di 6.298,9 mq. L ampiezza totale del bacino, invece, risulta pari ad oltre ,7 mq Inquadramento Idrogeologico Per la definizione di un modello idrogeologico concettuale del territorio in esame è necessario fare riferimento a quanto illustrato relativamente all evoluzione sedimentaria del bacino padano ed i particolare al modello deposizionale attivo nel Quaternario recente. In sintesi si può affermare che la Pianura Padana è un grande bacino sedimentario caratterizzato da notevole subsidenza e sede di sedimentazione prevalentemente marina fino a tutto il Quaternario antico, mentre nell Olocene prevale la sedimentazione di tipo fluvio-glaciale lungo i margini alpino ed appenninico e fluviale nel settore centrale. A grande scala nel sottosuolo della Regione Emilia-Romagna si riconoscono 3 Gruppi Acquiferi, separati da altrettante barriere di permeabilità di estensione regionale, denominati Gruppo Acquifero A, B e C (Regione Emilia- Romagna, ENI AGIP, 1998; figura 9). I tre gruppi acquiferi sono suddivisi in tredici unità idrostratigrafiche inferiori, denominate complessi acquiferi. La distinzione tra gruppo acquifero e complesso acquifero è effettuata sulla base del volume immagazzinato (maggiore nel primo), oltre che sullo spessore e sulla continuità areale dei livelli impermeabili delle diverse unità. L acquitardo basale (costituito dalla Formazione delle Argille Azzurre) è il limite della circolazione idrica sotterranea che si estende al di sotto della Pianura Padana ed emerge lungo il margine appenninico. FIGURA 9. SCHEMA DELLE UNITÀ IDROSTRATIGRAFICHE RICONOSCIUTE A SCALA REGIONALE (REGIONE EMILIA-ROMAGNA, ENI-AGIP, 1998). PPCERI07A /07/10 15/93

17 Il gruppo acquifero A (A1, A2, A3 e A4 in figura 9 e figura 10) è quello caratterizzato dal maggiore volume di strati poroso-permeabili. Nell area di interesse il suo limite basale varia tra i 100 m s.l.m. a sud di Piumazzo sino a oltre i 200 m s.l.m. al limite comunale con Nonantola. Lo spessore cumulato degli acquiferi utili è compreso tra i 20 e i 40 m in località Piumazzo e supera gli 80 metri a Castelfranco Emilia e a Manzolino. La profondità basale del gruppo acquifero B (B1, B2, B3 e B4 in figura 9 e figura 10), è compresa tra i -150 e i -200 m s.l.m. in località Piumazzo, approfondendosi progressivamente, sino a raggiungere i 300 m s.l.m. in corrispondenza di Castelfranco Emilia. Lo spessore cumulato dei depositi poroso permeabili è più contenuto e si assesta intorno ai 20 m lungo l asse Spilamberto San Cesario Castelfranco Emilia. La profondità basale del gruppo acquifero C (C1, C2, C3, C4 e C5 in figura 9 e figura 10), è intorno ai 300 m s.l.m. in località Piumazzo e si approfondisce regolarmente sino oltre i 500 m s.l.m. a nord di Castelfranco. Lo spessore utile, è compreso tra i 20 ed i 40 metri in località Piumazzo tra i 40 e i 60 metri tra Piumazzo e Castelfranco. FIGURA 10. SEZIONE IDROSTRATIGRAFICA CON ANDAMENTO SUD OVEST NORD EST, NEL TRATTO TERME DELLA SALVAROLA - CREVALCORE SINO AL LIMITE REGIONALE (REGIONE EMILIA- ROMAGNA & ENI-AGIP, 1998). Per quanto concerne le caratteristiche gruppo acquifero A nel settore emiliano si può affermare che esso è costituito da sedimenti ghiaiosi indifferenziati in matrice sabbiosa e/o limosa, nella zona PPCERI07A /07/10 16/93

18 di alta pianura, a cui si intercalano, verso nord, strati di materiali fini, presenti sino poco a N delle città di Parma, Reggio Emilia e Modena e di dominio appenninico; nella media pianura sono presenti sedimenti pelitici con intercalazioni sabbiose e sabbioso-limose, ad estensione complessivamente ridotta, intercalate in sequenze prevalenti limo-argillose con trasmissività molto bassa, ancora riferibili ai corsi d acqua appenninici, fino alla direttrice Busseto-Novellara- Concordia-Mirandola, a nord della quale prevalgono i sedimenti sabbiosi deposti dal Fiume Po, con un acquifero a sabbie prevalenti, idrogeologicamente connesso con il fiume stesso. In particolare il territorio comunale di Castelfranco Emilia è compreso nell Unità idrogeologica del Conoide del Fiume Panaro, ascrivibile al gruppo acquifero A. La conoide del Fiume Panaro si è formata allo sbocco dello stesso in pianura presso Vignola, a partire dal Pleistocene mediosuperiore, alla chiusura del ciclo marino pliocenico-calabriano e dopo il definivo sollevamento della catena appenninica. Essa è formata da più corpi alluvionali sovrapposti, di età compresa tra il Pleistocene medio e l Olocene; le numerose pubblicazioni edite per quest area evidenziano la presenza di un acquifero multistrato, caratterizzato cioè dall alternarsi di depositi permeabili e di livelli a permeabilità sufficientemente bassa, tale da differenziare idraulicamente gli acquiferi, pur non impedendo rapporti di interscambio tra di essi; i materiali alluvionali presentano spessore variabile, tra qualche metro presso Vignola, fino a 150 m a S. Cesario, a 200 m a Castelfranco, fino ad oltre 200 m a Manzolino. Il substrato della conoide, al margine appenninico, è costituito dalle argille marine grigio-azzurre (Pliocene medio superiore Pleistocene inf.), depositi prevalentemente argillosi con rare intercalazioni ciottolose o conglomeratiche. Il materiale trasportato dal fiume è stato depositato in funzione della velocità della corrente: a monte prevalgono i depositi più grossolani (zona di apice), mentre, verso valle, al diminuire della velocità della corrente, divengono prevalenti i depositi più fini (zona distale); le alluvioni ghiaiose, che costituiscono sino all altezza di S. Cesario un unico grosso bancone, si suddividono verso valle in più livelli lenticolari, separati da setti argillosi, che dapprima discontinui, diventano via via più numerosi e più frequenti allontanandosi in senso trasversale dal fiume e verso nord. L attività tettonica ha favorito la deposizione di consistenti accumuli di sedimenti nelle aree a maggiore subsidenza naturale, condizionando il corso del fiume; si osserva, infatti, che il fiume scorre attualmente in posizione marginale rispetto all intera estensione della conoide, incidendo le proprie alluvioni, indicando una progressiva migrazione dello stesso da est verso ovest. Le divagazioni del corso d acqua nella pianura hanno fatto sì che nei depositi continentali si alternassero fasi deposizionali e fasi erosive. PPCERI07A /07/10 17/93

19 Per quanto riguarda i rapporti falda-fiume, si osserva un rapporto diretto tra i due, caratterizzato da un cambio di condizioni idrauliche spostandosi da sud verso nord; il Panaro risulta infatti alimentante sino all altezza di S. Cesario, tra quest ultima località e la quota 35 m s.l.m. i rapporti variano in relazione alle quote piezometriche della falda ed alle altezze idrometriche del corso d acqua. Per quanto riguarda i livelli acquiferi, mentre nella zona sud-occidentale del territorio comunale, sono costituiti da terreni prevalentemente ghiaiosi ad elevata trasmissività, caratterizzati da notevole potenza e modesta profondità, spostandosi verso nord e nordest, tendono ad assottigliarsi, divenendo gradatamente discontinui, anastomizzandosi con livelli limo-argillosi improduttivi, dando quindi origine ad un sistema acquifero molto articolato; i livelli acquiferi via via più profondi, sono formati da terreni a granulometria decrescente, fino ad essere costituiti da sabbie a media trasmissività, nel settore nord orientale dell area comunale. La falda è libera nella zona di monte, sino grosso modo all altezza dell autostrada, dove va a costituire il limite superiore dell acquifero saturo, mentre verso valle, per la progressiva presenza di coperture fini e di intercalazioni permeabili o semipermeabili, l acquifero si evolve divenendo confinato. Per quanto riguarda la trasmissività dell acquifero, i valori maggiori si riscontrano nella zona sudoccidentale del territorio comunale, a ovest di Piumazzo, dove si registrano valori sino a 16 x 10-3 m2/s, la trasmissività diminuisce, sia spostandosi verso est, che verso nord. Numerose sono le ricostruzioni della superficie piezometrica disponibili per la zona di Castelfranco Emilia, la prima è relativa ad allo Studio idrogeologico del territorio comunale e del nuovo campo acquifero (Pellegrini & Pagotto per Comune di Castelfranco Emilia, 1992). In figura 11 viene riportata la carta delle soggiacenze dell acquifero multifalda dove, per l area in oggetto, è indicata una soggiacenza compresa tra 4 ed 8 m da p.c. Tra gli allegati alla Relazione Geologico Ambientale - Quadro Conoscitivo Preliminare del Piano Strutturare Comunale di Castelfranco Emilia (Franchi & Asti per Comune di Castelfranco Emilia, 2003) è presente una ricostruzione della superficie piezometrica con relativa carta delle soggiacenze per il territorio comunale (Tavole 1.6a e 1.6b). Secondo questa ricostruzione (figura 12), fatta a partire da rilievi piezometrici effettuati nel 2002, nei pressi dell area di PUA la superficie piezometrica dell acquifero multifalda sarebbe compresa tra 33 e 32 m s.l.m. con direzione circa SO-NE e gradiente pari all 1, mentre i valori di soggiacenza sarebbero compresi tra 8 e 7 metri da p.c. Ricostruzioni piezometriche dell acquifero multifalda più recenti ma meno dettagliate sono disponibili nel Report sulle acque superficiali e sotterranee della provincia di Modena (8 PPCERI07A /07/10 18/93

20 relazione) Anni a cura di ARPA & Provincia di Modena (2007), dove vengono presentati i dati relativi alla qualità delle acque sotterranee in Provincia di Modena. In tale documento vengono presentate le piezometrie medie degli anni 2005 (figura 13) e 2006 (Figura 14Figura 14) e la carta delle soggiacenze medie del 2006 (figura 15). In questi documenti, a causa del minore dettaglio, l abitato di Castelfranco Emilia è caratterizzato da carichi piezometrici dell acquifero pari a 50 m s.l.m., che corrispondono a soggiacenze di circa 5 metri da piano campagna. FIGURA 11. CARTA DELLE SOGGIACENZE DERIVATA DALLO STUDIO IDROGEOLOGICO DEL TERRITORIO COMUNALE E DEL NUOVO CAMPO ACQUIFERO (PELLEGRINI & PAGOTTO PER COMUNE DI CASTELFRANCO EMILIA, 1992). PPCERI07A /07/10 19/93

21 FIGURA 12. PIEZOMETRIA ALLEGATA ALLA RELAZIONE GEOLOGICO AMBIENTALE - QUADRO CONOSCITIVO PRELIMINARE DEL PIANO STRUTTURARE COMUNALE DI CASTELFRANCO EMILIA (FRANCHI & ASTI PER COMUNE DI CASTELFRANCO EMILIA, 2003). FIGURA 13. PIEZOMETRIA MEDIA ANNO 2005, QUOTA IN M S.L.M. (ARPA & PROVINCIA DI MODENA, 2007). PPCERI07A /07/10 20/93

22 FIGURA 14. PIEZOMETRIA MEDIA ANNO 2006, QUOTA IN M S.L.M. (ARPA & PROVINCIA DI MODENA, 2007). FIGURA 15. SOGGIACENZA MEDIA ANNO 2006, IN M DI PROFONDITÀ DA P.C. (ARPA & PROVINCIA DI MODENA, 2007). PPCERI07A /07/10 21/93

23 2.3 Stato ambientale attuale La definizione del contesto ambientale dello stato di fatto è stato ricostruito con riferimento al PTCP della Provincia di Modena (2009) e al PSC del Comune di Castelfranco Emilia (2006). L area interessata dal PUA si colloca, come già riportato, in un contesto fortemente urbanizzato, nella porzione sud del capoluogo comunale. La carta del sistema ambientale del PSC di Castelfranco Emilia (TAV di cui si riporta l estratto di interesse in figura 16) indica che la quasi totalità dell area (ambito 30 APC.a) rientra in zona classificata a vulnerabilità media (retino rigato giallo orizzontale) relativamente alle zone di protezione delle acque sotterranee, mentre l estremità a ovest non presenta alcun elemento di criticità ambientale. FIGURA 16. STRALCIO SISTEMA AMBIENTALE PSC, TAV 1.1 (COMUNE DI CASTELFRANCO EMILIA, 2006) La consultazione della cartografia tematica del più recente PTCP della Provincia di Modena (2009) ha consentito di caratterizzare l area di intervento dal punto di vista della vulnerabilità idraulica; come indicato nello stralcio di Carta della criticità e pericolosità idraulica riportato in figura 17, l area interessata dal Piano si colloca in un settore nel complesso privo di elementi di particolare rilievo, rientrando solamente all interno del limite delle aree soggette a criticità idraulica; questo aspetto riguarda tuttavia l intera fascia pedecollinare e di pianura del territorio provinciale, pertanto PPCERI07A /07/10 22/93

24 può essere considerato un fattore di criticità consueta. Per quanto riguarda invece la vulnerabilità dei corpi idrici superficiali e sotterranei, il PTCP classifica l area di intervento come settore ricco di falde idriche (retino verde in figura 18), che però, grazie alla presenza di un livello di copertura prevalentemente fine (paragrafo ), non risultano sensibili ad eventuali interferenza. A conferma di questo, nella tavola relativa al rischio di inquinamento acque (figura 19) il territorio è classificato a basso rischio sull area circostante il capoluogo comunale, mentre è medio in corrispondenza dell agglomerato urbano (in cui rientra il PUA): in questo caso il grado medio è determinato più dalla presenza di potenziali fonti di inquinamento che dalle condizioni litostratigrafiche. La litologia limoso argillosa presente da p.c. fino a circa 15 metri di profondità (paragrafo ) costituisce, infatti, una barriera idrodinamica alla propagazione di un eventuale inquinante nel sottosuolo. Infine, nella Tavola 1.16 del Quadro conoscitivo del PSC di Castelfranco Emilia, che rappresenta i Vincoli ambientali derivanti da strumenti di tutela sovraordinati, emerge che l area del PUA in oggetto ricade nella fascia di vincolo legislativo Corso d acqua svincolato con Del. G.R. n 2351 del 29/12/2000 e successivamente oggetto di proposta di vincolo non ancora perfezionato da parte della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio dell Emilia-Romagna in data 26/2/2001, ai sensi dell art.146 lett. C del Dlgs N 490/99 ; il corso d acqua è rappresentato dal Canale Diversivo Muzza (figura 20). FIGURA 17. STRALCIO PTCP CARTA DELLA CRITICITÀ E PERICOLOSITÀ IDRAULICA, TAV (PROVINCIA DI MODENA, 2009); IL POLIGONO ROSSO INDICA L UBICAZIONE DEL PUA IN OGGETTO. PPCERI07A /07/10 23/93

25 FIGURA 18. STRALCIO PTCP RISCHIO INQUINAMENTO ACQUE: ZONE DI PROTEZIONE DELLE ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE DESTINATE AL CONSUMO UMANO, TAV (PROVINCIA DI MODENA, 2009); IL POLIGONO ROSSO INDICA L UBICAZIONE DEL PUA IN OGGETTO. FIGURA 19. STRALCIO PTCP RISCHIO INQUINAMENTO ACQUE: VULNERABILITÀ ALL INQUINAMENTO DELL ACQUIFERO PRINCIPALE, TAV (PROVINCIA DI MODENA, 2009); IL POLIGONO ROSSO INDICA L UBICAZIONE DEL PUA IN OGGETTO. PPCERI07A /07/10 24/93

26 FIGURA 20. STRALCIO VINCOLI AMBIENTALI DERIVANTI DA STRUMENTI DI TUTELA SOVRAORDINATI, TAV QUADRO CONOSCITIVO PRELIMINARE DEL PSC DI CASTELFRANCO EMILIA (MAGGIO 2003); IL POLIGONO ROSSO INDICA L UBICAZIONE DEL PUA IN OGGETTO. 2.4 Stato attuale delle matrici ambientali e obiettivi di qualità Questo paragrafo è dedicato all illustrazione dello stato di fatto delle matrici ambientali nel comprensorio provinciale e comunale. La documentazione consultata riguarda i rapporti ambientali più recenti stilati dagli organi di competenza. Sono state analizzate le matrici Acqua, Suolo e Sottosuolo Acqua Acque superficiali Il report ufficiale più aggiornato pubblicato da ARPA (2008) presenta i dati relativi alle attività di monitoraggio delle acque superficiali in provincia di Modena dal 2001 al 2007, basate sul quadro conoscitivo del Piano di Tutela delle Acque (ARPA, 2005). PPCERI07A /07/10 25/93

27 Essendo ancora in attesa dell emanazione degli allegati contenenti le nuove procedure tecniche per l applicazione della Direttiva, il D.Lgs. 152/99 rimane ad oggi l unico riferimento per l elaborazione e la classificazione dei dati, per la verifica del raggiungimento degli obiettivi intermedi del P.T.A. al La qualità chimico-microbiologica è basata sul Livello di Inquinamento espresso dai Macrodescrittori (L.I.M.) che si ottiene sommando i punteggi ottenuti dai 7 parametri chimici e microbiologici definiti macrodescrittori, considerando il 75 percentile della serie delle misure considerate. I macrodescrittori sono: 100-OD (% sat.), B.O.D.5 (O2 mg/l), C.O.D. (O2 mg/l), NH4 (N mg/l), NO3 (N mg/l), Fosforo totale (P mg/l), Escherichia coli (U.F.C./100 ml). La qualità biologica utilizza il metodo I.B.E. (Indice Biotico Esteso), basato sul calcolo delle abbondanze delle specie bentoniche riscontrate. Per il calcolo del valore di IBE, il decreto prevede di effettuare la media dei singoli valori rilevati durante l anno nelle campagne di misura che, come buona prassi, possono essere distribuite stagionalmente o rapportate ai regimi idrologici più appropriati per il corso d acqua indagato. Gli indici biotici ottenuti sono poi trasformati in cinque classi di qualità. Per la definizione dello Stato Ecologico dei Corsi d acqua (S.E.C.A.) viene utilizzata la metodologia descritta dal D.Lgs. 152/99, che attribuisce il risultato peggiore tra quelli derivanti dall I.B.E. e dal macrodescrittore. Lo stato ecologico di un corpo idrico superficiale e l espressione della complessità degli ecosistemi acquatici della natura chimica e fisica delle acque e dei sedimenti, delle caratteristiche del flusso idrico e della struttura fisica del corpo idrico, considerando come prioritario lo stato della componente biotica dell ecosistema. La classificazione ecologica viene effettuata incrociando il dato risultante dai macrodescrittori con il risultato dell I.B.E., attribuendo alla sezione in esame o al tratto da essa rappresentato, il risultato peggiore tra quelli derivati dalle valutazioni relative ad I.B.E. e macrodescrittori. L integrazione dello stato ecologico con i parametri chimici elencati in tabella 1, Allegato 1 D.Lgs. 152/99 definisce lo stato ambientale (S.A.C.A.). Lo Stato ambientale dei corsi d acqua viene definito dal confronto tra lo stato ecologico e i dati relativi alla presenza di microinquinanti ovvero di sostanze chimiche pericolose indicate nella tabella 19 dell allegato 1 del D. Lgs. 152/99. Lo stato chimico è definito in base alla presenza di microinquinanti ovvero di sostanze chimiche pericolose. La valutazione e effettuata inizialmente in base ai valori soglia riportati nella direttiva 76/464/CEE e nelle direttive da essa derivate, nelle parti riguardanti gli obiettivi di qualità, nonché nell allegato 2 sezione B al D.Lgs. 152/99; nel caso per gli stessi parametri siano riportati valori diversi, deve essere considerato il più restrittivo. PPCERI07A /07/10 26/93

28 Nella zona di Castelfranco Emilia l unico corso d acqua monitorato dalla rete ARPA regionale o da reti provinciali integrative è il Fiume Panaro. Come si può vedere in Figura 21Figura 21, 3 stazioni sono ubicate nei pressi di Castelfranco Emilia, che si trova in destra idrografica al Fiume Panaro, ad una distanza di circa 4-5 km dal corso d acqua. I dati essenziali delle stazioni con una breve descrizione sono riassunti in Tabella 1Tabella 1: le stazioni più rappresentative sono sicuramente la P5 e la P6, ma la P4 è una stazione di tipo significativo in cui i parametri biologici vengono rilevati con maggior frequenza e per questo si è scelto di includerla nella presentazione dei dati. Per tutte le stazioni il codice L.I.M. (Tabella 2Tabella 2) che presentava un livello 3 nel 2001, a partire dal 2002 fino al 2007 si mantiene stabile su un livello 2 (nella scala crescente da 1 a 5). Relativamente allo stato ecologico (Tabella 3Tabella 3), mentre la stazione di monte (P4) si mantiene sempre in classe II (Ambiente in cui sono evidenti alcuni effetti dell inquinamento), alle stazioni di valle risulta un comportamento oscillatorio negli anni, con spostamenti da classe II a classe III e viceversa: semplificando, si osserva un miglioramento negli anni e poi un peggioramento (con passaggio in classe III) negli anni Analogamente osservando i valori dell indice S.E.C.A. in Tabella 4Tabella 4: esso ricade in classe III per tutte le stazioni nel 2001, poi passa alla classe II nel 2002, mantenendosi così fino al 2007 per la stazione di Ponte Marano (P4) e ritornando a classe III nel 2005 alle stazioni P5 e P6. Infine, l indice S.A.C.A. (Tabella 5Tabella 5) è disponibile solo per la stazione di Ponte Marano (P4) e per quella finale di Ponte Bondeno (P10) in Provincia di Ferrara, prima dell immissione nel Fiume Po: nella prima si mantiene buono dal 2003 al 2007, nella seconda si mantiene sufficiente dal 2003 al Gli obiettivi qualità definiti nel PTA (ARPA, 2005; pagina 213, tabella 2-6) per queste due stazioni erano i seguenti, espressi attraverso l indice S.A.C.A.: - P4: buono per il 2008, buono per il 2016; - P10: sufficiente per il 2008, buono per il I dati disponibili al 2007 dimostrano che gli obiettivi al 2008 sono stati raggiunti. Si riporta infine la sintesi dello stato di qualità delle acque superficiali del bacino del Panaro tratto da ARPA (2008): La classificazione chimico-microbiologica relativa all anno 2007 risulta invariata rispetto al biennio precedente per tutti i punti monitorati. Il valore di L.I.M. segue il profilo altimetrico e nella zona di Castelfranco Emilia, come per tutto il tratto collinare fino alla via Emilia nella stazione di S. Ambrogio, si attesta su un livello 2, passando poi ad un livello 3 dalla stazione di Bomporto alla chiusura di bacino (Bondeno), quindi molto più a valle di Castelfranco. Anche per quanto attiene la qualità biologica, si riscontra una certa stazionarietà con l anno precedente, tranne che per un lieve peggioramento della stazione di S. Ambrogio, che passa da una III-II PPCERI07A /07/10 27/93

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