NESSUNA COLPA,NESSUNA VERGOGNA. LE COLPE DEL SISTEMA, LA PAROLA DELLE DONNE
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- Michela Coppola
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1 NESSUNA COLPA,NESSUNA VERGOGNA. LE COLPE DEL SISTEMA, LA PAROLA DELLE DONNE Natascia de Matteis e Stefania Doglioli (Centro studi e documentazione Pensiero Femminile) Abbiamo appena proiettato il video di una delle donne che ha fatto coming out in piazza Castello a Torino durante l'iniziativa nessuna colpa nessuna vergogna ( che abbiamo organizzato per la giornata mondiale contro la violenza alle donne il 23 novembre 2013 Le donne che subiscono violenza spesso si sentono in colpa e si vergognano, diventando così vittime di una nuova, meschina e a volte peggiore violenza, che paralizza, rende inermi e nasconde la nostra forza. Anche quando è finita a volte continuiamo a sentire la vergogna della nostra esperienza ed è faticoso parlarne. Temiamo che dicendolo alle altre e agli altri verremo giudicate e saremo considerate delle perdenti, sporche, inadeguate. Come se parlarne danneggiasse la nostra dignità per colpa di chi senza alcun senso della dignità ha commesso contro di noi un crimine. Da dove nasce questa vergogna? Come è stato costruito uno stigma sociale così potente da superare l'innato istinto di sopravvivenza? Cosa ci ha costrette a trasformare la libertà in resilienza? Siamo di fronte ad una responsabilità sociale immensa di cui dobbiamo renderci consapevoli per poterla trasformare e non possiamo che cominciare dalla sua storia. Il 1981 è stato un anno importante per la storia italiana e l omicidio delle donne. È l anno in cui sono state abrogate dal Codice penale le disposizioni sul delitto d'onore, per precisione con la Legge n. 442 del 5 agosto Secondo il Codice Penale si parlava di delitto d'onore in riferimento a: Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia. La circostanza prevista richiedeva che vi fosse uno stato d'ira. Crediamo che non sia difficile riscontrare un parallelismo con la più moderna parola raptus. Il raptus viene infatti definito: un improvviso impulso di forte intensità che può portare ad uno stato ansioso e/o alla momentanea perdita della capacità di intendere e di volere. In assenza delle attenuanti sancite dal delitto d'onore si ricorre a nuovi tipi di attenuanti, l'incapacità di intendere e di volere, a partire da una identica cornice culturale. È invece importante sottolineare subito che la violenza di genere si esprime con una escalation di episodi
2 sempre più gravi, non è quasi mai episodica e spessissimo i suoi autori sono lucidissimi. Contemporaneamente al delitto d onore vigeva l'istituto del "matrimonio riparatore", che prevedeva l'estinzione del reato di violenza carnale nel caso che lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando l'onore della famiglia. Le persone, le donne, hanno poca importanza, ciò che bisogna difendere è la famiglia, o meglio l onore del capofamiglia che è il vero rappresentante di tutta la famiglia, in ogni ambito della vita politica e sociale, Per capofamiglia si intende il membro di un nucleo familiare cui si riconosce giuridicamente e socialmente autorità sugli altri membri. Quanto meno fino al 1975 che con la riforma del diritto di famiglia toglie parte delle prerogative al capofamiglia. In Italia, il capofamiglia è sempre stato riconosciuto come l uomo del nucleo, marito e padre, cui si attribuiva patria potestà e potestà maritale. Secondo la potestà maritale, l uomo ha il diritto di impartire ordini e divieti alla moglie, come anche il diritto di punirla. Oggi capofamiglia in antropologia, economia e sociologia è usato per indicare il membro della famiglia il cui lavoro all esterno rappresenta la principale fonte di reddito famigliare. Purtroppo la segregazione orizzontale e verticale per genere nel mondo del lavoro continua a giocare a sfavore delle donne. Ed infatti non è difficile trovare nella stampa articoli che si riferiscono all uomo di casa come al capofamiglia, illegittimamente perlopiù. Ma nel manuale per l operatore dell ufficio anagrafe si cita il DPR n.233 che solo nel 1989 prevede che non sia più accettabile la dichiarazione resa attraverso la firma del capofamiglia in conformità con il nuovo diritto di famiglia. Con calma. È stato incredibilmente difficile per la legge italiana considerare la donna come soggetto e non come oggetto. Usare il proprio cognome? Per una moglie italiana era impossibile fino al Solo nel 1983 la corte costituzionale dichiara illegittime le disposizioni secondo le quali la cittadinanza italiana può essere trasmessa solo dal padre e non dalla madre. Intraprendere la carriera di magistrato? Niente da fare, per una donna del nostro Paese, fino al Più facile, invece, essere condannate per tradimento, visto che l adulterio femminile cessa di reato solo nel Ci sarà la legge sull aborto, quella sul divorzio, ma rimarrà fino al 1996 la convinzione che lo stupro sia un reato contro la morale e non contro la persona. Nel 2009 la legge sullo stalking stabilisce il reato di atti persecutori. Il delitto d'onore veniva visto come una manifestazione degli esiti estremi della pressione esercitata dalla reputazione sociale. In tutti i passaggi che abbiamo visto ci siamo
3 confrontate con l'idea della donna vista come oggetto e quindi passibile di possesso. Cosa c'è in comune con ciò che ora definiamo femminicidio? Nelle parole di Parolisi, noto uxoricida, MELANIA, TU SEI UNA "COSA" MIA O DI NESSUNO sono evidenti entrambi gli aspetti. Il termine femminicidio è nato in occasione della strage delle donne di Ciudad Juarez, una cittadina al confine con il Texas, tra l'altro proprio davanti a El Paso, dove vengono confinati i sex offenders statunitensi, ad oggi circa 700. In questa cittadina proliferano le fabbriche, si producono merci di proprietà e mercato statunitense, e in parte anche giapponese e coreano, sfruttando la manodopera femminile messicana. Ciudad juarez è anche la capitale del narcotraffico. I corpi delle donne uccise vengono trovati fatti a pezzi e torturati nel deserto e nelle discariche. A fronte di circa 5000 omicidi dal 93 ad oggi si sono registrati nel solo stupri e violenze. Una delle vittime più recenti era una ragazza di 16 anni data in dono ad un boss della droga il giorno di san Valentino e ritrovata a pezzi. Ogni anno nel mondo vengono uccise sessantaseimila donne e bambine, una cifra enorme che rappresenta circa un quinto di tutti gli omicidi (396mila). La violenza contro le donne comincia ancor prima di venire al mondo. Secondo alcune stime sarebbero 100 milioni le bambine mai nate a causa degli aborti selettivi. Nei prossimi dieci anni 142 milioni di ragazzine si sposeranno prima di aver compiuto i 18 anni. Ogni anno si calcola che circa 800mila persone vengano fatte espatriare per essere vendute. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite il 70% delle donne almeno una volta nella vita è vittima di un episodio di violenza da parte di un uomo che spesso è il marito, il partner o qualcuno di conosciuto. Il termine femminicidio indica quindi, al momento della sua formulazione, la violenza fisica, psicologica, economica, istituzionale, rivolta contro la donna «in quanto donna». Il percorso di riconoscimento del femminicidio come crimine contro l'umanità, ora preso in considerazione anche a livello europeo, ha una valenza universale: consente di individuare il filo rosso che segna, a livello globale, la matrice comune di ogni forma di violenza e discriminazione contro le donne, ovvero la mancata considerazione della dignità delle stesse come persone. In Italia il dibattito si è tradotto in una legge contro il femminicidio decisamente controversa, che si è detta necessaria in seguito alla ratifica della convenzione di Istanbul. Della legge è stato biasimato in particolare l'impianto repressivo del provvedimento e soprattutto l'assenza di idee per favorire il cambiamento culturale, a partire dalle scuole ed è stato condiviso il timore che il decreto non preveda finanziamenti o iniziative per il
4 sostegno dei centri anti violenza e di quelli di ascolto per uomini abusanti. Del tutto negativo anche il commento di Barbara Spinelli, avvocata ed esperta di femminicidio, che osserva che il provvedimento insiste sulla repressione, «ma le carceri italiane sono al collasso - scrive la giurista - Alla maggior parte degli arresti seguirà l'adozione di misure cautelari non detentive. La procedibilità d'ufficio, se non accompagnata da un effettivo supporto alle donne, rischia di aggravarne la situazione». È un'impostazione che condividiamo pienamente e proprio perché ciò che vogliamo esprimere con il nostro intervento è un parere totalmente contrario al considerare il femminicidio e la violenza contro le donne un fenomeno emergenziale, posizione che sostiene il trattamento repressivo contro interventi integrati di prevenzione ed accoglienza, e che è per questo estremamente pericolosa oltre che completamente infondata. L'allarme emergenza arriva oltre che dai media dal presidente del Senato, Piero Grasso, che, in occasione del convegno nella Sala Zuccari di Palazzo Madama, sulla "Convenzione di Istanbul e media", ha messo in guardia su quella che definisce una vera e propria emergenza sociale. Il presidente del Senato ha insistito sulla necessità di prevenire comportamenti violenti e di utilizzare "tutti i mezzi a nostra disposizione per garantire la sicurezza delle donne nelle strade, nei luoghi pubblici, all'interno delle pareti domestiche. Queste ultime - ha aggiunto - sono il luogo dove è certamente più difficile intervenire perché è necessaria la collaborazione della vittima, che in molti casi non denuncia per sfiducia nelle istituzioni, per paura, per mancanza di mezzi. Non dobbiamo dimenticare che vi sono anche casi, invece, in cui le donne, pur avendo denunciato, continuano a subire violenza fino a trovare la morte. E questo è intollerabile". Laura Boldrini, non concorda con Grasso nel definire il femminicidio un'emergenza. "Ma è davvero emergenza la violenza contro le donne? I numeri testimoniano purtroppo che non si tratta di un'emergenza intesa nel senso di inaspettato, imprevedibile", ha detto Boldrini ricordando che le statistiche dicono che "oltre il 70% delle donne uccise aveva già fatto denuncia nei confronti dell'uomo che poi le avrebbe assassinate". Dai primi del '900 ad oggi i dati del ministero mostrano una diminuzione degli omicidi uomo su uomo, mentre quelli uomo su donna si aggirano sempre sullo stesso numero. Negli ultimi 20 anni il numero totale di omicidi in Italia è nettamente diminuito, oggi sono un terzo rispetto a quelli del Gli omicidi di donne risultano stabili. Nel 2010, sempre secondo i dati del Ministero, il 44,9% delle vittime di omicidio è stata uccisa da un partner o un ex partner, il 23,7% da un parente. Mentre gli uomini uccisi da un partner o ex-partner sono stati il 3,8%, il 15% da un parente.
5 Ad aggravare il quadro c'è il dato, riportato dalla cooperativa sociale BeFree che dal 2010 ha attivato a Roma lo Sportello Sos donna attivo 24 ore al giorno, secondo il quale delle 124 donne uccise lo scorso anno, il 40% aveva già sporto denuncia contro il suo assassino. È evidente che ci troviamo di fronte ad un fenomeno specifico che ha le sue radici in una cultura incapace di superare il nodo della distribuzione del potere tra i generi e che è stata più incisiva nell'intervenire sulla distribuzione del potere all'interno delle associazioni mafiose. Non possiamo esimerci dal pensare a come in ogni campo tutto sia determinato dai gruppi portatori di interesse e come in questo caso a chi detiene il potere non sia ancora chiaro che le donne sono una risorsa e non un competitor da combattere e relegare a ruoli riproduttivi e per questo motivo è necessario fare ogni sforzo possibile per promuovere un cambiamento culturale. Che il femminicidio non sia un'emergenza, ma un fenomeno strutturale lo ribadisce Sabbadini sottolineando la necessità di politiche costanti mirate alla sua diminuzione. Il fatto che i femminicidi non diminuiscano dimostra che questo è un fenomeno strutturale del nostro paese, L associazione D.i.Re ha pubblicato una lettera inviata a Mario Orfeo, direttore del Tg1 per protestare contro un certo modo di fare cronaca. Non si può raccontare l uccisione di una donna come l atto di un uomo innamoratissimo e tranquillo, e nascondere con la parola lite una relazione costruita con molta probabilità sul controllo e le pressioni psicologiche. Il femminicidio non avviene come un fulmine a ciel sereno in una relazione di affetto e amore, ma è sempre l atto estremo e finale di giorni, mesi ed anni di maltrattamenti. L informazione corretta deve spiegare, chiarire, ripetere che il controllo e il senso di possesso non sono componenti dell amore, l amore è fatto di altro. Altrimenti come si può sensibilizzare e insegnare a riconoscere la violenza? Gli omicidi sono però solo la punta di un iceberg di violenza sulla donna. Secondo l ultima indagine Istat in merito di violenza contro le donne (non sui femminicidi) pubblicata nel 2007, nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate, parliamo del 93% delle violenze subite da un partner e il 96% di quelle subite da un non partner. Anche il 91,6% degli stupri non viene denunciato, e il 33,9% delle donne che ha subito violenza dal proprio compagno non parla con nessuno dell accaduto così come il 24 per cento di quelle che l hanno subita non dal partner. La violenza inoltre non è solo fisica. Sempre stando ai numeri dell indagine Istat sono 2,77 milioni le donne vittime di stalking, 7,13 milioni quelle che hanno subito violenza psicologica: isolamento, controllo, violenza economica, intimidazioni.
6 Leggi e dati ci dicono quindi molto chiaramente che la violenza non è un emergenza. È un buon esercizio, quando si cerca di comprendere qualcosa, prendere in considerazione il contesto e immaginare situazioni concrete. Nell 83, quando avevo 13 anni io ho subito un abuso sessuale, solo due anni prima mio padre avrebbe potuto uccidermi per salvare l onore della famiglia, nel caso avessi denunciato lo stupro avrebbero anche potuto obbligarmi a ricorrere all istituto del matrimonio riparatore. Solo 13 anni dopo quello stupro sarebbe stato considerato un reato contro la persona. Non stupisce che una ragazzina in quel clima culturale decidesse di starsene zitta e soprattutto non stupisce che si portasse addosso un senso di vergogna che ha rinnovato la violenza subita, ogni giorno per anni. I cambiamenti culturali sono molto lenti, mia nonna, aveva 52 anni nel 1975, quando ha potuto cominciare a pensare che il marito non avesse più per legge il compito di punirla ed è morta continuando a pensare che la soluzione in caso di violenza fosse una ed una sola, nascondere, nascondere tutto e restare sposata, come mi consigliò di fare quando decisi di separarmi anche a causa di un ossessivo controllo esercitato da un giovane e passionale marito su una giovane e libera sposa. Lei mi diede un consiglio da nonna, da donna a donna: puoi fare quello che vuoi, devi sono non fartene accorgere. È così che io sono cresciuta, è così che sono cresciute in tante. È una cultura che sminuisce le donne quella in cui ci troviamo ancora a vivere, che ci rende fragili poiché cerca ancora di togliere loro valore, stima, dignità. Gli esempi sono tanti, riguardano la sottorappresentazione delle donne in politica, le difficoltà nelle carriere, le molestie in strada, la violenza e il sessismo degli spot, gli insulti sui social media e nella vita reale, ma anche le disparità salariali, la mancanza di donne nei ruoli decisionali e tutti quegli aspetti che, messi in relazione, il World Economic Forum elabora nel Global Gender Gap Index, un indicatore che ci dice come sono messi i paesi del mondo in fatto di equità di genere. L'Italia è al 71 posto, lontana dai paesi limitrofi dell'ue. Vi citiamo un esempio su come si può esercitare la svalorizzazione di una donna senza bisogno di aggredirla, la trasmissione è Omnibus, 11 novembre 2013, il senatore Minzolini contro Ascani, allora deputata di 26 anni. Mentre lei parla lui ride e poi la appella chiamandola tesoro si gira proprio verso di lei e le dice senti tesoro. Strategia efficacissima per toglierle autorevolezza, tanto efficace e tanto normale che nessuno e nessuna presente nella trasmissione si stupisce di quel tesoro, provate ad immaginare il senatore che chiama tesoro Casini e diteci se l effetto sarebbe stato lo stesso. Le cause della violenza non risiedono nel brutto carattere dei maltrattanti, ma nella cultura
7 che li legittima e li educa al sopruso e che contemporaneamente educa alla colpa e alla vergogna le donne che loro aggrediscono. Un senso di vergogna di cui dovrebbe invece vergognarsi l intera società in cui viviamo. Un senso di vergogna che difficilmente si prova a causa di episodi improvvisi che accadono in uno stato di emergenza e che non si prova mai quando si subisce un qualunque altro reato. Ci si sente in colpa quando ci cade in testa una tegola? Quando un tifone spazza via la nostra casa? Quando troviamo la cantina alluvionata? Se la macchina prende fuoco? Se ci rompiamo una gamba in un bosco? Ci sentiamo in colpa se una macchina ci investe? Se ci viene un infarto? Ci sentiamo in colpa quando ci rubano in casa? No, non ci sentiamo in colpa perché non potevamo fare nulla per evitare quello che è accaduto, perché questi episodi possono capitare a chiunque e non sono ascrivibili ad una speciale categoria di persone e perché non esiste una struttura culturale che ci suggerisca di doverci vergognare per uno qualunque di questi episodi. Ma ci sentiamo in colpa quando subiamo violenza. Riuscite a trovare un senso in tutto questo? Il senso è che questo senso di colpa e vergogna è stato costruito nel tempo per poter esercitare un potere. E questa non è un emergenza. Potremmo piuttosto chiamarle tutte storie di ordinaria emergenza. Anche un terremoto è un emergenza solo se non si sono costruite case con criteri antisismici. Lo spostamento delle placche è strutturale, solo se si fa finta che non esista si incorre in un emergenza. La violenza è tanto consueta, così profondamente connaturata alla nostra cultura che spesso neppure la riconosciamo fino ad arrivare alle sue estreme conseguenze. Quando poi i vicini intervistati diranno: chi poteva immaginarlo? Era una persona normale dobbiamo crederci veramente perché stanno dicendo la verità. La violenza purtroppo è fatta da persone normali poiché è essa stessa normale, normale nel senso di consueta. La violenza non è un insieme di scoppi occasionali di pazzia, ma una storia di brutale normalità. La domanda è: tutto ciò che è normale è legittimo? Così come tutto ciò che è inconsueto deve essere eliminato? Crediamo non ci sia bisogno di proporre una risposta.
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